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L’OSSERVATOREROMANOGIORNALE QUOTIDIANOUnicuique suum

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L’OSSERVATORE ROMANO

GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt

Anno CLVII n. 131 (4 7. 5 6 5 ) Città del Vaticano giovedì 8 giugno 2017

.

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N OSTRE I NFORMAZIONI

Nomine di Vescovi Ausiliari Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare dell’A rc i - diocesi di São Sebastião do Rio de Janeiro (Brasile) il Reverendo Juarez Delorto Secco, del clero della Diocesi di Cachoeiro de Itapemirim, finora Parroco della Catte- drale, assegnandogli la Sede titolare vescovile di Vegesela di Numidia.

Il Santo Padre ha nomina- to Vescovi Ausiliari dell’A rc i - diocesi di Curitiba (Brasile):

— il Reverendo Francisco Cota de Oliveira, del clero della Diocesi di Divinópolis, finora Parroco di Nossa Se- nhora do Pilar a Pitangui, assegnandogli la Sede titola- re vescovile di Fiorentino;

— il Reverendo Padre Amilton Manoel da Silva, C.P., finora Parroco di São Paulo da Cruz a São Paulo, assegnandogli la Sede titola- re vescovile di Tusuro.

All’udienza generale l’appello a cristiani, ebrei e musulmani

C’è bisogno di pregare per la pace

Uomo ferisce un poliziotto prima di essere neutralizzato ma l’Eliseo esclude la pista terrorismo

Paura a Notre-Dame

Le forze arabo-curde sono entrate per la prima volta nella città

Battaglia finale per Raqqa

Almeno dodici morti negli assalti al parlamento e al mausoleo di Khomeyni

Teheran sotto attacco

Immediata la rivendicazione del sedicente stato islamico

Militare francese durante i controlli intorno a Notre-Dame (Reuters) TEHERAN, 7. Attacco senza preceden-

ti al cuore del gigante sciita, l’Iran.

Questa mattina a Teheran un com- mando composto forse da tre uomi- ni ha fatto irruzione nel parlamento iraniano, dove era in corso una se- duta dei deputati. Quasi contempo- raneamente un altro gruppo armato ha colpito il mausoleo della Guida suprema Ruhollah Khomeyni. En- trambi gli attacchi sono stati rivendi- cati dal cosiddetto stato islamico (Is). Il bilancio, ancora non definiti- vo, è di almeno dodici vittime e ol- tre trenta feriti.

Le prime testimonianze locali del- l’attacco al parlamento parlano di al- meno quattro uomini armati che hanno aperto il fuoco ferendo due civili e uccidendo una guardia. Altre fonti, tra cui la Bbc, riferiscono di otto feriti. Le teste di cuoio hanno subito circondato l’edificio. I terrori- sti si sono dunque asserragliati in un cortile con diversi ostaggi. Uno dei jihadisti è quindi riuscito a uscire dal palazzo e ha aperto il fuoco sui passanti. Un altro è stato catturato vivo. Il terzo si è barricato in una stanza e si è fatto esplodere. La maggior parte delle vittime si sareb- be registrato proprio durante l’attac- co al parlamento. Alcuni colpi d'ar- ma da fuoco avrebbero raggiunto anche l’area riservata ai giornalisti.

Copione molto simile, quello dell’attacco al mausoleo dedicato a Khomeyni. Anche qui un gruppo ar- mato (quattro persone dicono i me- dia locali) ha sparato tra la folla dei pellegrini nell’edificio e uno degli assalitori, si parla di una donna, si è fatto esplodere. Poco dopo un altro assalitore si è fatto saltare in aria.

Un terzo uomo del commando è sta- to ucciso dalle forze di sicurezza pri- ma che riuscisse ad azionare la sua cintura esplosiva. L’intera area del mausoleo è stata accerchiata dalle forze di sicurezza. Il bilancio provvi- sorio parla soltanto di un morto e due feriti, ma si teme che possa ag- gravarsi di ora in ora.

Un terzo commando era pronto a entrare in azione, ma, stando a quanto riferiscono i media, è stato neutralizzato dalla polizia. L’intelli- gence non ha reso noto quale fosse l’obiettivo di questo gruppo. A sca- tenare il panico è stata anche la noti- zia, successivamente smentita, di un’esplosione nella metro.

L’emergenza è altissima. Ad attac- chi ancora in corso si è riunito il ga- binetto di sicurezza del governo. Im- mediatamente rafforzate tutte le mi- sure di sicurezza e i controlli. Le strade del centro di Teheran che portano al parlamento sono state

chiuse. In un primo briefing con la stampa, il ministro iraniano dell’in- telligence, Mahmoud Alavi, ha con- fermato che sono entrati in azione diversi gruppi di terroristi, ma non

ha dato un numero esatto. Il mini- stro ha spiegato che altri attacchi so- no stati sventati dalle forze di sicu- rezza che hanno anche effettuato nu- merosi arresti in diverse parti della

capitale. Per il presidente del parla- mento, Ali Larijani, «l’attacco dimo- stra che i terroristi hanno l’Iran co- me obiettivo» perché «l’Iran è un hub attivo ed efficace nella lotta al t e r ro r i s m o » .

Molteplici le chiavi di lettura at- traverso le quali, in queste ore, gli analisti internazionali sui media stanno cercando di interpretare quanto accaduto a Teheran. La linea prevalente vede negli attacchi la classica strategia dell’Is che risponde alle sconfitte in Iraq e in Siria con attentati contro civili e istituzioni.

Non bisogna mai dimenticare che gli uomini di Al Baghdadi stanno per- dendo terreno non solo a Raqqa, la loro ultima roccaforte siriana, ma an- che nella città irachena Mosul, da mesi sotto assedio da parte delle for- ze di Baghdad sostenute dalla coali- zione internazionale a guida statuni- tense.

Inoltre a fine marzo era comparso per la prima volta un video in per- siano in cui i jihadisti chiedevano al- la minoranza sunnita in Iran, che vi- ve prevalentemente nelle regioni su- doccidentali, di insorgere contro il dominio sciita. L’importanza del vi- deo era stata minimizzata da diversi esperti. Le autorità di Teheran avevano promesso il rafforzamento dei controlli contro la propaganda jihadista. Già nell’estate del 2016 le agenzie iraniane scrissero che erano state arrestate 18 persone che comu- nicavano sull’applicazione Telegram per reclutare nuovi aderenti e organizzare attentati contro la popo- lazione.

Gli attacchi di oggi, tuttavia, fan- no capire che purtroppo i miliziani sono riusciti a penetrare in territorio iraniano.

Giustificazione ed evangelizzazione

PAGINA4 Eric Rimmington, «Il ritorno del figliol prodigo»

«Nel nostro tempo c’è tanto biso- gno di pregare per la pace»: è il nuovo accorato appello del Papa a

«cristiani, ebrei e musulmani» alla vigilia dell’iniziativa «Un minuto per la pace», che si svolge giovedì in diversi paesi in ricordo dell’in- contro dell’8 giugno 2014 in Vati- cano tra il Pontefice e i presidenti israeliano e palestinese. Francesco lo ha lanciato al termine del- l’udienza generale di mercoledì 7, salutando i gruppi di fedeli presen- ti in piazza San Pietro.

In precedenza, proseguendo le catechesi sulla speranza cristiana alla luce della Scrittura, il Papa

aveva parlato della preghiera di Gesù (Luca 11, v1-4) soffermandosi in particolare sul Padre nostro. In- fatti, ha spiegato, «tutto il mistero della preghiera cristiana si riassume qui, in questa parola: avere il co- raggio di chiamare Dio con il no- me di Padre».

Per questo, ha proseguito, «non siamo mai soli. Possiamo essere lontani, ostili», addirittura «po- tremmo anche professarci “senza D io”. Ma Dio non può stare senza di noi: lui non sarà mai un Dio

“senza l’uomo”; è lui che non può stare senza di noi, e questo è un mistero grande! E questa certezza

— ha concluso — è la sorgente della nostra speranza».

PAGINA8

PARIGI, 7. Paura a Notre-Dame do- ve, fra migliaia di fedeli e turisti, l’algerino Farid Ikken si è avventato con un martello contro tre poliziotti gridando «questo è per la Siria!».

Un agente è stato ferito al collo, un altro ha reagito e gli ha sparato alle gambe riuscendo poi a immobiliz- zarlo. Per circa due ore oltre mille persone sono rimaste confinate nella cattedrale, tutta la zona dell’Île Saint-Louis è stata transennata.

La Francia è convinta che l’ag- gressione a Notre-Dame sia stato

«un atto isolato», ha detto il porta- voce del governo, Christophe Casta- ner. L’aggressore non aveva dato

«in alcun momento segni di radica- lizzazione», ha aggiunto intervistato sulla radio Rtl, sottolineando di non avere «altri elementi di inchiesta che questi». Nelle stesse ore è stato ri- trovato un video in cui Farid Ikken giura fedeltà al gruppo al sedicente stato islamico (Is). Lo riferiscono fonti investigative a France info, ag- giungendo che il filmato è stato tro- vato durante una perquisizione della polizia nell’appartamento che l’ag- gressore aveva affittato a Cergy, nel dipartimento della Val-d’O ise.

Nel primo attentato terroristico dopo l’elezione alla presidenza di Emmanuel Macron, si è ripetuto lo schema dell’assalto isolato agli uo- mini in divisa. Stavolta, però, l’aspi- rante attentatore non era un giovane radicalizzato di una banlieue, ma un laureato e dottorando, da tre anni iscritto all’università di Metz, ricer- catore in giornalismo. Stava scriven- do una tesi sui media e il nord Afri- ca.

L’uomo è entrato in azione poco dopo le 16 (ora locale) e oltre al martello che teneva in mano aveva nelle tasche due coltelli da cucina, come ha precisato il ministro dell’in- terno Gérard Collomb.

L’intervento delle forze speciali è stato immediato. La piazza è stata svuotata, l’intero quartiere transen- nato, dal pont Saint-Louis al Quai dove sorge la prefettura e dove qualche mese fa scattò l’allarme per un’auto abbandonata con delle bombole di gas all’interno. Per due ore sono restate bloccate all’interno della cattedrale centinaia di persone, mani sulla testa, in attesa delle per- quisizioni e degli accertamenti della

polizia, che li ha fatti uscire pochi alla volta ad allarme cessato, quan- do è stata esclusa l’ipotesi della pre- senza di un complice all’esterno o all’interno della cattedrale.

Sempre sul fronte terrorismo, in- tanto, la polizia londinese ha ferma- to questa mattina un uomo di 30 anni a Ilford nell’ambito delle inda- gini sull’attacco di sabato sera nella capitale britannica. L’arresto, scrive il quotidiano britannico «The Guar-

dian» citando Scotland Yard, è av- venuto dopo una perquisizione di un’abitazione nel quartiere dell’est della capitale dove vivevano almeno due dei terroristi del London Brid- ge. Ieri il Regno Unito si è fermato a metà giornata per un minuto di si- lenzio nel ricordo delle vittime dell’attacco che ha provocato 7 mor- ti e almeno 48 feriti, oltre alla morte dei tre terroristi uccisi dalle forze dell’ordine. L’iniziativa ha avuto luogo in tutto il paese, per le strade e in numerosi luoghi pubblici, dove gruppi di persone si sono radunate a centinaia, alcune tenendosi per mano, altre abbracciandosi in cer- chio. A Londra, in una giornata di pioggia, il sindaco Sadiq Khan ha presieduto una delle commemora- zioni nella sede del servizio comu- nale di ambulanze.

Un bambino tratto in salvo durante l’assalto jihadista al parlamento (Epa)

DA M A S C O, 7. Assalto finale a Raqqa, l’ultima roccaforte siriana del cosid- detto stato islamico (Is).

I combattenti delle Forze demo- cratiche siriane (Fds), l’alleanza ara- bo-curda appoggiata dagli Stati Uniti, sono riusciti ieri per la prima volta a entrare nella città. Ora avanzano da tre direzioni, nord, ove- st ed est. Le ultime notizie dicono che sono in corso pesanti combatti- menti soprattutto nella zona nord della città.

«La città è stata isolata» ha di- chiarato il portavoce delle Fds, Talal Sello, parlando dal villaggio di Ha- zima, alle porte di Raqqa, circonda- to dai suoi luogotenenti. «Con gli aerei della coalizione internazionale e le armi sofisticate che ci hanno fornito, toglieremo Raqqa all’Is» ha aggiunto Sello.

La coalizione internazionale a guida statunitense ha garantito il ri- fornimento costante di armi. Raqqa è ridotta a una città fantasma. I ne- gozi sono chiusi e la popolazione

rintanata nelle case; niente elettricità e acqua, i forni lavorano, ma scar- seggia la farina. Un residente, riferi- sce il «New York Times», ha rac- contato che aerei e droni della coali- zione hanno bombardato i traghetti che trasportavano verdure e frutta dentro Raqqa, che dunque si sono fermati.

Molte famiglie hanno lasciato la città, diretti a sud lungo l’Eufrate verso la città di Mayadeen, nella provincia di Deir Ezzor. Il coman- dante della coalizione anti-Is, Steve Townsend, prevede che la battaglia sarà «lunga e difficile», anche se

«assesterà un colpo decisivo» agli uomini di Al Baghdadi.

Adesso si teme la catastrofe uma- nitaria. Prima della battaglia a Raq- qa, dove vivono circa 300.000 perso- ne, le Fds avevano chiesto ai civili che si trovano nella città di allonta- narsi dalle postazioni dell’Is e dalle zone del fronte. Il problema è che spesso i jihadisti non permettono ai civili di fuggire.

Le legislative britanniche

Tra Brexit e incubo jihad

LUCAM. PO S S AT I A PA G I N A 2

(2)

L’OSSERVATORE ROMANO

GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano

o r n e t @ o s s ro m .v a w w w. o s s e r v a t o re ro m a n o .v a

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Allarme del segretario generale dell’Onu per la giornata mondiale degli oceani

Il pianeta rischia di soffocare

Nei mari ci sono oltre 150 milioni di tonnellate di plastica

Il voto per le legislative britanniche

Tra Brexit e incubo jihad

NEWYORK, 7. Gli oceani sono a ri- schio come mai prima d’ora, minac- ciati soprattutto dalla plastica che inquina i mari di ogni angolo del globo, ma anche dalla pesca non so- stenibile e dai cambiamenti climatici.

L’allarme è stato lanciato dal segre- tario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, in occasione della Conferenza sugli oceani che si svol- ge fino a venerdì al palazzo di Vetro di New York in occasione della gior- nata mondiale degli oceani che si ce- lebra domani. Citando studi recenti, Guterres ha sottolineato che se non si prenderanno misure adeguate in mare i rifiuti di plastica potrebbero superare la quantità di pesci presenti entro il 2050.

L’obiettivo di questo summit, ha sottolineato il segretario generale, è quello di «invertire la marea» e pro- vare a risolvere i problemi che l’uo- mo stesso «ha creato». Secondo le stime citate da Guterres, negli ocea- ni ci sono oltre 150 milioni di ton- nellate di plastica. Mentre per quan- to riguarda il clima le emissioni di carbonio stanno provocando l’innal- zamento del livello dei mari e ren- dendo le acque più acide, con sem- pre meno ossigeno.

Le minacce agli oceani e alla na- tura che li abita sono ben note, or- mai conclamate da studi scientifici, e il segretario delle Nazioni Unite lo ha ribadito a presidenti, ministri, di- plomatici e ambientalisti provenienti da oltre 200 paesi. Dall’inquinamen- to ai rifiuti, dal sovrasfruttamento della pesca, che soffre anche di ille- galità, all’acidificazione provocata dal riscaldamento globale. Se il re- sponsabile dei danni è l’uomo, Gu- terres ha ammonito: «Dobbiamo mettere da parte i vantaggi nazionali a breve termine, per prevenire una

catastrofe generale di lungo perio- do», soprattutto perché «preservare i nostri oceani», che coprono due ter- zi del pianeta, «e usarli in modo so- stenibile, vuol dire preservare la vita stessa». Gli stock di pesce sono in- fatti al collasso, mentre l’innalza- mento dei mari si fa più minaccioso per le città costiere.

Il cardinale Peter Turkson, prefet- to del dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, è interve- nuto ai lavori sottolineando nel suo intervento che se non verranno as- sunte misure per invertire la rotta

«questo secolo potrebbe essere testi- mone di una distruzione degli ecosi- stemi che non ha precedenti, con se- rie conseguenze per tutti noi». Non c’è bisogno, ha aggiunto il porpora- to, che si ricordi quanto «gli oceani e i mari siano fondamentali per la vita del pianeta, la nostra casa co- mune», in quanto non solo garanti- scono cibo e materie prime, ma an- che «benefici all’ambiente come la purificazione dell’aria, la regolazione del clima» e molto altro.

L’Unesco sollecita i paesi del mondo a condividere le conoscenze per realizzare politiche comuni basa- te sulla scienza.

di LUCAM. PO S S AT I È una vigilia segnata dall’odio e dalla violenza jihadista quella del voto britannico per le legislative.

Mai come ora, dalla fine della se- conda guerra mondiale, il Regno Unito si trova a dover far i conti con scelte delicatissime e strategi- che. A pochi giorni dagli attacchi di Londra e a una settimana dalla strage di Manchester, la questione della sicurezza e della lotta al ter- rorismo è il principale terreno sul quale si scontrano i laburisti di Je- remy Corbyn e i conservatori di Theresa May. Ma non l’unico: il prossimo governo britannico sarà chiamato a gestire i negoziati sulla Brexit, ad affrontare la complessa sfida dell’immigrazione e a giocare un nuovo ruolo in un mondo in cui la leadership statunitense è pro- fondamente cambiata e i rapporti con Cina e Russia diventano c ru c i a l i .

Il rischio maggiore è quello dell’ingovernabilità e dello stallo decisionale. Ed è un rischio concre- to. Il consenso dei Tories, dati am- piamente in vantaggio solo alcune settimane fa, si è eroso giorno per giorno. L’ultima rilevazione di YouGov attribuisce ai conservatori il 42 per cento delle preferenze, contro il 38 dei laburisti. Se il dato fosse confermato, 305 deputati an- drebbero al partito di May e 268 a quello di Corbyn. Entrambi i parti- ti sarebbero dunque lontani dalla soglia minima dei 326 seggi neces- sari a costituire una solida maggio- ranza di governo. Ancora più in- dietro i LibDem, unica forza politi- ca britannica apertamente contraria alla Brexit, che secondo il sondag- gio otterrebbe soltanto un nove per cento portando a Westminster solo tredici deputati.

La questione Brexit rende im- possibile ogni avvicinamento tra i conservatori e i liberaldemocratici.

May preme per una hard Brexit: la- sciare il mercato unico e l’unione doganale e trovare una nuova for- ma di partnership con Bruxelles.

Una strategia motivata anche dal programma economico dei Tories, che punta su due proposte chiave:

il lancio di un fondo di investimen- ti per la produttività nazionale di 23 miliardi di sterline e l’aumento del salario nazionale portandolo al sessanta per cento dei guadagni medi entro il 2020. I LibDem pre- mono invece per un nuovo referen- dum sulla Brexit. Nella loro agen-

da, sul piano economico, c’è un pacchetto da 100 miliardi di sterli- ne da destinare a investimenti nelle infrastrutture e l’ipotesi del salario minimo.

Il nodo Brexit pesa anche sul dialogo tra i laburisti e lo Scottish National Party (Snp) di Nicolas Sturgeon. La first minister scozzese ha aperto alla possibilità di un’in- tesa non organica, ma di program- ma, con il partito di Corbyn. Stan- do agli ultimi sondaggi, l’Snp por- terebbe a casa il quattro per cento dei consensi, tutti concentrati ov- viamente in Scozia, il che grazie al sistema elettorale britannico gli consentirebbe di ottenere 42 depu- tati, i quali, sommati ai 268 del La- bour, aprirebbe lo spazio per una maggioranza. Tuttavia, Sturgeon considera la permanenza in Europa un obiettivo irrinunciabile. Corbyn vuole la Brexit, ma con la perma- nenza nel mercato unico e nel- l’unione doganale. Le sue principa- li proposte economiche sono tre: ri- lanciare le nazionalizzazioni, eleva- re la tassazione sulle imprese fino al 28 per cento e rafforzare l’assi- stenza sociale.

L'altro grande capitolo di queste elezioni è il terrorismo. Gli attacchi degli ultimi giorni hanno messo la questione sicurezza al primo posto.

E paradossalmente in tale clima di tensione non è escluso che i partiti mettano da parte gli attriti e deci- dano di arrivare a un governo delle larghe intese. Certo sarà difficile, visto il clima della campagna elet- torale. Corbyn, all’indomani degli attacchi di Londra, ha chiesto le dimissioni di May, accusandola di avere tagliato migliaia di agenti di polizia durante i suoi sei anni da ministro dell’interno nel governo Cameron. Il premier ha risposto che i conservatori hanno invece di- feso il budget sulla sicurezza.

Anche se è molto difficile fare previsioni, l’ipotesi più probabile è che dal voto di domani non escano grandi novità. May potrebbe essere riconfermata, ma senza una mag- gioranza che le permetta di gover- nare. Entrerà allora nel gioco delle alleanze. In tal senso, il voto bri- tannico riflette la situazione gene- rale che caratterizza l’Europa, e non solo: la mancanza di autenti- che leadership e, quindi, di proget- ti politici di lungo termine, che sappiano guardare non al prossimo attentato o alle prossime elezioni, ma alle prossime generazioni.

La Santa Sede all’Exp o di Astana

D all’8 all’11 giugno il cardinale Peter K. A. Turkson, prefetto del dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, si recherà ad Astana, in Kazakhstan, in qualità di commissa- rio per la partecipazione della Santa Sede all’inaugurazione della manife- stazione Expo 2017 Future Energy. La Santa Sede, che partecipa alle Espo- sizioni universali fin dal 1851, sarà presente con un proprio padiglione, intitolato «Energy for the Common Good: Caring for our Common Ho- me», alla realizzazione del quale ha contribuito anche la Chiesa locale.

In esso si approfondisce il tema dell’energia del futuro, intesa come opportunità per la promozione dell’uomo e per il miglioramento della “casa comune” sulla base di un uso equo e sostenibile delle risorse naturali.

La struttura espositiva della Santa Sede, che si avvale di installazioni di carattere digitale e prevede che i vi- sitatori siano accompagnati attraver- so percorsi fotografici, artistici, cul- turali e spirituali, sviluppa quattro ambiti tematici: l’amore di Dio come origine della creazione dell’uomo e della terra; l’energia come strumento posto nelle mani dell’uomo, che non sempre ne ha fatto un uso adeguato;

l’energia volta allo sviluppo integrale della persona e alla cura della casa comune; la forza della spiritualità, con particolare riferimento alla pre- ghiera, alla ricerca di senso e al dia- logo interreligioso.

L’inaugurazione di Expo 2017 si terrà il 9 giugno, quella del padiglio- ne della Santa Sede il mattino del giorno seguente. Il cardinale Turk- son sarà accompagnato da Francis Assisi Chullikatt, nunzio apostolico in Kazakhstan, Kyrgyzstan e Tadjki- stan e da alcuni rappresentanti della Chiesa locale. Il national day della Santa Sede è in programma il 2 set- t e m b re .

D all’inizio dell’anno oltre 71.000 migranti via mare

Nave carica di migranti attracca nel porto di Tripoli (Reuters)

Il governo del Venezuela limita l’uso della forza Anche il Montenegro

entra a far parte della Nato L’Ue prolunga

le sanzioni alla Russia

BRUXELLES, 7. L’Unione europea ha deciso di prolungare per un anno le sanzioni contro la Russia per l’invasione e l’annessione del- la Crimea nel 2014. Le misure in- cludono — stando a quanto ripor- tano le fonti di stampa — un em- bargo sulle importazioni dalla Crimea e un divieto di esportare verso la penisola beni e tecnolo- gia provenienti dai paesi europei per i settori dei trasporti, delle te- lecomunicazioni e dell’energia. Le sanzioni sarebbero scadute il 23 giugno.

«Il Coreper, l’organo che riuni- sce gli ambasciatori dei ventotto paesi dell’Unione europea, ha de- ciso di sottoporre al Consiglio dei ministri l’approvazione del pro- lungamento fino al giugno 2018», riferisce l’agenzia di stampa

«Agi» citando una fonte a Bru- xelles. L’adozione formale della decisione dovrebbe avvenire in una prossima riunione del Consi- glio dei ministri dell’Ue.

Le sanzioni contro la Russia per l’intervento nell’Ucraina del- l’est scadranno invece nel prossi- mo mese di luglio. Non è escluso che l’opportunità di rinnovare o meno queste misure sia discussa dai capi di stato e di governo nell’imminente vertice europeo che si terrà dal 22 al 23 giugno a B ru x e l l e s .

BRUXELLES, 7. Il Montenegro è da formalmente il ventinovesimo membro della Nato. L’ampliamen- to dell’Alleanza è stato sancito for- malmente ieri con una cerimonia nel quartier generale di Bruxelles:

è stata alzata la bandiera del Mon- tenegro insieme a quelle degli altri 28 membri alla presenza del presi- dente Filip Vujanović. L’ultima formalità del processo di adesione, il deposito del cosiddetto “s t ru - mento di accesso”, è stata compiu- ta ieri al dipartimento di Stato americano a Washington alla pre-

senza del segretario generale Jens Stoltenberg, del primo ministro montenegrino Duško Marković, del ministro per gli affari esteri e l’integrazione europea, Srdjan Darmanović, e dal sottosegretario di stato per gli affari politici statu- nitense, Thomas Shannon. L’in- gresso del Montenegro è il primo allargamento dell’Alleanza Atlanti- ca dal primo aprile 2009, quando entrarono a farne parte Albania e Croazia. Gli altri paesi balcanici che ne fanno parte sono Grecia e Slovenia.

GINEVRA, 7. Dall’inizio dell’anno al 4 giugno scorso un totale di 71.418 migranti e rifugiati sono giunti in Europa via mare. Nel tentativo di attraversare il Mediterraneo 1650 di loro sono morti. Lo ha reso noto ieri a Ginevra l’Organizzazione in- ternazionale delle migrazioni (Oim) fornendo le ultime stime sul fenomeno. Secondo lo studio messo a punto dagli esperti, circa

l’85 per cento degli arrivi è stato registrato in Italia, con un numero assoluto di arrivi di 60.388 per- sone. Il rimanente degli immigrati è arrivato in Grecia, dove sono approdate 7443 persone, a Cipro e in Spagna. Nello stesso periodo dell’anno scorso erano stati registrati 206.790 arrivi (di cui 156.782 in Grecia). I morti erano stati 2512.

Merkel in Argentina

e Messico

BE R L I N O, 7. Il cancelliere tedesco Angela Merkel parte questa sera per la sua prima visita ufficiale in Argentina, tappa iniziale di un viaggio in America latina che pro- seguirà, venerdì e sabato, in Messi- co. La missione è finalizzata a pre- parare il vertice del G20 in pro- gramma tra un mese ad Amburgo.

I colloqui si concentreranno sul cli- ma e sul commercio, due temi al centro anche del summit tra le ven- ti economie più sviluppate.

CARACAS, 7. Il ministro della difesa del Venezuela, Vladimir Padrino López, ha sollecitato le forze di si- curezza a limitare l’uso della forza nelle strade dove da due mesi la popolazione protesta contro il pre- sidente Nicolás Maduro.

Parlando a un raduno militare, il ministro ha detto di non voler ve- dere «nessun altro tutore dell’o rd i - ne commettere atrocità nelle stra- de».

I morti negli scontri tra manife- stanti e forze dell’ordine sono saliti a settanta e il paese sta vivendo

una delle più gravi crisi politiche ed economiche della sua storia.

La polizia e la guardia nazionale sono state contestate, anche a livel- lo internazionale, per l’uso intensi- vo di gas lacrimogeni e proiettili di gomma contro i dimostranti. Le parole di Vladimir Padrino López giungono dopo le dure proteste dell’opposizione interna. I dimo- stranti hanno accusato inoltre le forze dell’ordine di sottrarre ai giornalisti telecamere e macchine fotografiche per evitare che imma- gini degli scontri si diffondano.

(3)

Mentre nel paese proseguono le violenze dei talebani

A Kabul la conferenza sulla sicurezza

Per valutazioni di impatto ambientale

Seoul blocca lo scudo antimissile

Putin auspica il dialogo per risolvere la crisi nel Golfo

DOHA, 7. Nella grave crisi diplo- matica tra Qatar e altre monar- chie del Golfo — Bahrein, Arabia Saudita, ed Emirati Arabi Uniti, che hanno interrotto le relazioni con Doha, una decisione seguita anche da Yemen, Egitto, Maldive e dal governo libico di Tobruk — si è inserita la Russia.

Il presidente russo, Vladimir Putin, ha infatti parlato per tele- fono con l’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad Al Thani, in- vitandolo a fare prevalere il dia- logo per risolvere le dispute.

La situazione nella regione ri- mane molto tesa. Attraverso un tweet, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha detto che la decisione di isolare il Qa- tar rappresenta «l’inizio della fine del terrorismo» perché — ha ag- giunto — «in questo modo si bloccano i finanziamenti per l’ideologia radicale».

Trump ha spiegato che il prov- vedimento è stato preso in Ara- bia Saudita, nel corso di un re- cente incontro con i leader dei principali paesi arabi. «È bello — scrive Trump sul social — v e d e re che la visita in Arabia Saudita sta pagando. Hanno detto che avrebbero assunto la linea dura sui finanziamenti al terrorismo, puntando al Qatar. E forse que- sto sarà l’inizio della fine dell’or- rore del terrorismo».

Il Qatar — dove c’è la più grande base statunitense dell’a re a con oltre 11.000 militari — si è dunque ritrovato completamente isolato. L’accusa è di finanziare il terrorismo in Siria, Libia, Yemen ed Egitto. Gli analisti ricordano che l’esecutivo di Doha ha diver- se relazioni con realtà estremiste e appoggia i Fratelli musulmani, ma nulla dimostra l’esistenza di finanziamenti diretti ai qaedisti o ai siriani di Al Nusra. In una no- ta ufficiale, il governo di Doha ha categoricamente negato le ac- cuse. «Stiamo combattendo il fi- nanziamento di qualsiasi gruppo terroristico», ha afferma il mini- stro degli esteri, Mohammed Al Thani.

KABUL, 7. L’Afghanistan è a un bi- vio: o si trova in tempi brevi una formula per avviare un dialogo di pace e fare tacere le armi, o ci sarà come unica alternativa «un’azione forte per sradicare il terrorismo».

È questo lo scenario offerto dal presidente, Ashraf Ghani, ai delega- ti di oltre 20 nazioni e organizzazio- ni internazionali, convenuti ieri alla Conferenza per la pace e la coope- razione per la sicurezza di Kabul.

Avendo fatto tesoro del fallimento di passate iniziative di dialogo con i talebani non sostenute da offerte concrete, Ghani ha nominato alla testa dell’alto consiglio per la pace Karim Khalili, già vice presidente durante i due mandati di Hamid Karzai, personalità che ha più volte teso la mano agli insorti, anche con- dannando raid con vittime talebane delle forze militari statunitensi.

Poi ha offerto ai jihadisti la possi- bilità di concordare il luogo per svolgere l’incontro necessario alla definizione di una Road Map, pale- sando anche la possibilità che i tale- bani possano aprire un ufficio di rappresentanza a Kabul. Di contro, gli insorti dovrebbero abbandonare le armi, permettere alle donne di istruirsi, e rompere ogni legame con i terroristi.

Per ora sembra proprio che l’of- ferta non abbia fatto cambiare opi- nione ai gruppi antigovernativi. Du- rante la conferenza, infatti, un razzo rivendicato dai talebani, è esploso nel compound dell’ambasciata in- diana a Kabul. Subito dopo, a He- rat, sconosciuti hanno fatto esplode- re una moto-bomba davanti a un cancello della grande moschea della città, con almeno otto morti. E mentre i lavori del summit si chiu- devano, un portavoce dei talebani ha diffuso un comunicato per soste- nere che «nessuna conferenza sull’Afghanistan darà risultati se ser- virà a prolungare l’o ccupazione», aggiungendo che «un dialogo di pa- ce in presenza degli invasori non produrrà mai risultati». Se invece, conclude il documento, tale confe- renza «mirasse a mettere fine all’o c- cupazione e a espellere tutte le forze militari straniere, allora sarebbe benvenuta». Un’ipotesi, però, che per ora a Kabul, nelle capitali euro- pee, e a Washington, nessuno pren- de davvero in considerazione.

Il sistema Thaad in azione durante un test (Reuters)

Sei morti nello stato del Madhya Pradesh

Scontri tra polizia e contadini indiani

SEOUL, 7. La Corea del Sud ha sospeso — «almeno per ora», indicano fonti a Seoul — lo spiegamento dello scu- do anti-missile Thaad di fabbricazione statunitense (Te r - minal High-Altitude Area Defense). Lo ha comunicato un funzionario dell’ufficio presidenziale sudcoreano, spiegando che non si tratta di un ritiro dei lanciatori e di altri equipaggiamenti già installati, ma che «quelli che devono essere ancora installati dovranno attendere». Il sistema anti-missilistico sarà soggetto alle valutazioni di impatto ambientale, inizialmente rimandate, prima dello

spiegamento nel sudest della Cotrea del Sud, cominciato alla fine di aprile. L’installazione — indicano gli analisti politici — ha generato molte proteste tra gli abitanti della zona e a livello internazionale, a cominciare dalla Cina, che in più occasioni ha dichiarato la propria opposizione al Thaad. Intanto, informa un dispaccio dell’agenzia di stampa nipponica Kyodo, le portaerei statunitensi USS Carl Vinson e USSRonald Reagan hanno lasciato ieri le acque del Mar del Giappone, dopo avere terminato le esercitazioni al largo della penisola coreana.

Per i danni causati dal disastro nucleare

Città risarcita dopo Fukushima

Arrestato in Turchia il direttore di Amnesty

AN KA R A , 7. La procura di Smirne ha emesso 23 mandati d’a r re s t o contro avvocati accusati di legami con la presunta rete golpista di Fethullah Gülen, tra cui il presi- dente di Amnesty international in Turchia, Taner Kiliç. Legale del giornalista italiano Gabriele Del Grande, trattenuto ad aprile per 2 settimane dopo essere stato ferma- to dalle autorità al confine con la Siria, Kiliç è stato arrestato nella sua abitazione a Smirne, che è sta- ta anche perquisita come il suo studio. Almeno altri 17 dei legali ricercati sono stati già fermati.

Tutti sono accusati di avere le- gami con l’organizzazione di Gü- len, imam e finanziere residente negli Stati Uniti dal 1999 e ritenu- to dal governo la mente del fallito golpe dello scorso 15 luglio.

L’Onu chiede lo stop degli insediamenti israeliani

NEWYORK, 7. L’Onu torna a chie- dere la pace in Vicino oriente. L’al- to commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Zeid Raad Al Hussein, ha affermato che la fine degli insediamenti israeliani in Cis- giordania è la condizione indispen- sabile per una pace duratura e giu- sta. Mantenere gli insediamenti è solo «il prolungamento di un dolo- re immenso» ha detto ieri Zeid nel suo discorso davanti al Consiglio Onu per i diritti umani, riunito in sessione a Ginevra. Zeid ha parlato non solo della «profondità della sofferenza palestinese», ma anche della «sofferenza degli ebrei: que- st’ultima dura da oltre due millen- ni, e culminò con quel crimine co- lossale» che è la Shoah. Palestinesi e israeliani meritano la libertà e la pace, ha aggiunto.

Intanto, si registrano nuove vio- lenze al confine tra Israele e la stri-

scia di Gaza. Ieri truppe israeliane hanno aperto il fuoco e ucciso un palestinese di 25 anni. Lo riferisco- no fonti mediche locali.

E sempre ieri uno sciopero gene- rale è stato proclamato in alcune lo- calità arabo-israeliane in segno di protesta per l’uccisione di un giova- ne durante tumulti avvenuti nella città di Kafr Qassem. Secondo la versione ufficiale il giovane, venti- nove anni, è stato colpito da un proiettile alla testa sparato da una guardia israeliana dall’interno di un commissariato che era stato assedia- to da una folla di dimostranti. Lo sciopero odierno coinvolge gli isti- tuti scolastici, gli uffici pubblici e anche il commercio.

La leadership politica degli arabi israeliani accusa gli agenti di avere

«il grilletto facile» quando agisce nelle località arabe.

Mentre cercavano di abbandonare Mosul

Centinaia di civili iracheni uccisi

BAGHDAD, 7. Le Nazioni Unite ac- cusano i jihadisti del cosiddetto sta- to islamico (Is) di aver ucciso in un solo giorno 163 civili che stavano tentando di fuggire da Mosul, dove è in corso una vasta offensiva da parte delle forze curde e irachene per riprendere il controllo della cit- tà. Fonti dell’Onu riferiscono di

«corpi di uomini, donne e bambini che ancora giacciono per le strade del quartiere Al Shira, nella parte occidentale di Mosul, dopo che 163 persone sono state uccise il primo giugno per impedire loro di fuggi- re». I jihadisti combattono porta a porta contro le forze appoggiate dagli aerei della coalizione interna- zionale a guida statunitense, che stanno cercando di riconquistare completamente Mosul, caduta in mano al califfato nel 2014 e ripresa in parte da Baghdad. Ma la resa non è dietro l’angolo.

TO KY O, 7. La cittadina giapponese di Namie, distante circa 6 chilome- tri dalla disastrata centrale nucleare di Fukushima, riceverà un inden- nizzo per la perdita di valore del proprio territorio. Lo ha anticipato ieri il canale televisivo pubblico Nhk, spiegando che la società di gestione dell’impianto — la Tokyo Electric Power Company (Tepco) — darà al comune di Namie circa due miliardi e mezzo di yen, l’equiva- lente di 19,4 milioni di euro.

È la prima volta — rilevano gli analisti — che la Tepco si accorda per ricompensare una municipalità danneggiata dalla catastrofe nuclea- re dell’11 marzo del 2011. Un anno fa, le autorità della cittadina aveva- no chiesto alla Tepco un risarci- mento pari a 92 milioni di euro per il danno a oltre 260 ettari di terre- no di proprietà del comune.

A distanza di sei anni dall’inci- dente nucleare (il più grave dopo quello di Chernobyl, in Ucraina, del 1986), l’ordine di sgombero per gli abitanti di Namie rimane in cor- so. Il governo della prefettura di Fukushima ha reso noto che la adiacente città di Futaba ha inoltra- to una simile richiesta di indenniz- zo ed è probabile che altri comuni solleveranno analoghe rivendicazio- ni. Fino a ora la Tepco aveva ac- consentito a ricompensare le perso- ne fisiche e le attività commerciali

localizzate nei luoghi danneggiati dalla sciagura, nei quali è stato im- posto l’ordine di evacuazione.

Secondo un’indagine del settem- bre dello scorso anno, il 52 per cen- to dei 21.400 residenti pre-disastro a Namie hanno deciso che non ritor- neranno alle proprie abitazioni.

Intanto, è stato riavviato ieri il reattore nucleare numero 3 della centrale di Takahama, lungo il ver- sante occidentale che costeggia il Mar del Giappone, dopo la sospen- sione decisa nel marzo dello scorso anno: l’impianto entrerà a regime già dal mese prossimo.

Il reattore numero tre era stato spento (insieme al numero 4) in se- guito alla decisione della corte di- strettuale di Otsu, a causa di pre- sunte falle nella sicurezza dell’im- pianto, in quella — rilevano gli os- servatori — che era stata la prima ingiunzione emessa per lo spegni- mento di una centrale atomica in Giappone. La decisione — tuttavia

— era stata ribaltata nel marzo di quest’anno dalla corte di appello di Osaka, consentendo la riattivazione di entrambi i due reattori.

I due reattori della centrale di Takahama generano energia nuclea- re con un combustibile ossido mi- sto, che è il prodotto di scarto dei processi di arricchimento dell’ura- nio e di plutonio.

Il fumo delle esplosioni nell’area di Mosul ovest (Reuters) NEWDELHI, 7. È finita in tragedia la protesta organizza-

ta ieri da un gruppo di contadini nel distretto indiano di Mandsaur, nello stato centrale del Madhya Pradesh.

Almeno sei agricoltori sono infatti morti negli scontri con le forze dell’ordine, intervenute in assetto antisom- mossa per sedare le proteste. Tra i motivi della protesta, rilevano fonti giornalistiche locali, c’è la richiesta di ele- vare il prezzo minimo dei prodotti coltivati in questa re- gione, ormai devastata dalla siccità, e permettere così ai contadini di rientrare nei costi di produzione.

In un primo momento le autorità locali hanno negato l’uso di armi da fuoco da parte degli agenti, ma, successivamente, il ministero dell’interno del Madhya Pradesh ha ammesso che «almeno in un caso gli agenti hanno sparato per legittima difesa». Le proteste, dopo quelle dello stesso tipo avvenute nel confinante stato centro-occidentale di Maharashtra, continuano, con gruppi di manifestanti che hanno appiccato il fuoco a numerosi veicoli. Si temono ulteriori vittime nelle pros- sime ore.

(4)

La logica di Dio

di ANDRÉBIRMELÉ

P

er far capire agli studenti che il messaggio della giustificazione è l’i n g re s - so in una logica di vita diversa, la logica di Dio che interrompe ogni logica umana, la sfida esistenziale che dà senso al Vangelo, un capovolgimento dei va- lori che è sale della terra e luce del mondo, ho sempre iniziato il mio corso sulla giustificazione raccon- tando in una luce nuova la parabo- la del figliol prodigo (Luca 15, 11- 32). E solo in un secondo momento sono passato a un nutrimento pao- lino più sostanzioso che acquistava allora un altro sapore.

Ho dunque raccontato la storia di quel giovane che, secondogenito costretto a lasciare la fattoria, recu- pera la sua parte di eredità e non deve giustificarsi per questo. Era un’usanza dell’epoca che la fattoria non venisse divisa tra gli eredi. Il secondogenito parte per realizzarsi con i propri mezzi, affidandosi al suo lavoro e ai suoi meriti. L’auto- realizzazione dell’umano! E fallisce.

Niente di nuovo. Si è preso false li- bertà con la libertà che gli è stata data e la libera gestione della sua libertà diventa la sua prigione.

Conducendo una vita da cani, peg- giore di quella dei maiali che pa- scola, il giovane rientra in se stesso, prepara una confessione del suo fal- limento e decide di mettersi al ser- vizio del padre come bracciante agricolo.

Fino a qui tutto normale per quanti ascoltavano Gesù. Poi inter- viene la rottura di logica. Vedendo- lo da lontano, il padre gli corre in- contro, si getta al collo del figlio che non ha neppure il tempo di di-

Ogni parabola è caratterizzata da una rottura di logica, poiché la lo- gica di Dio interrompe quella del mondo. Per spiegare la grazia, ossia la giustizia di Dio che interrompe la giustizia del mondo, la parabola del figliol prodigo mi sembra la più appropriata, sebbene se ne possano scegliere altre, come quella del fari- seo e del pubblicano narrata dall’evangelista Luca (Luca 18, 9- 14), l’unica in cui appare, al di fuori del contesto paolino, la parola “giu- stificato”.

Vorrei compiere un ulteriore pas- so e mostrare che questa parabola

di WA LT E R KASPER

N

ormalmente si indi- ca l’inizio dell’ecu- menismo moderno con la conferenza mondiale missiona- ria a Edimburgo nel 1910. La conferenza aveva concluso che il più grande ostacolo alla propaga- zione missionaria del Vangelo consiste nella divisione della cri- stianità in tante Chiese separate.

Una tesi, questa, che oggi, più che mai, richiede la nostra atten- zione. Essa dice che l’ecumeni- smo non è un programma istitu- zionale e organizzativo. Non si tratta di una reintegrazione di Chiese come istituzioni. Il tema guida è la propagazione del Van- gelo. Il concilio Vaticano IIha as- sunto la stessa posizione. Nel De- creto sull’ecumenismo, esso affer- ma: «Tale divisione contraddice apertamente alla volontà di Cri- sto, è di scandalo al mondo e danneggia la santissima causa della predicazione del vangelo a ogni creatura».

Così, l’epoca ecumenica va in- serita nella storia bimillenaria del- la predicazione del Vangelo in cui il Signore, risorto nello Spiri- to, si fa presente nella storia con la predicazione del Vangelo.

Benché non si possa certamen- te affermare che Martin Lutero sia stato un ecumenista nel senso moderno, anche lui può essere in- quadrato in tale contesto, poiché, all’inizio, la sua intenzione fonda- mentale non era di costituire una

A che punto siamo su questo cammino ecumenico? Abbiamo riscoperto la nostra unità fonda- mentale in Gesù Cristo e la co- munione fondamentale già esi- stente, nell’unico battesimo in Gesù Cristo. Benché non ancora in piena comunione, appartenia- mo già oggi, in forme diverse, all’uno e unico corpo di Cristo, cioè la sua Chiesa. Nella situazio- ne attuale, questa comunanza, malgrado tutte le differenze anco- ra esistenti, non è cosa da poco;

non è soltanto un’idea astratta e la convinzione di alcuni strani ecumenismi, che si sono allonta- nati delle realtà ecclesiali concre- te. Anzi, questa comunanza è sta- ta riscoperta nel mezzo della real- tà del ventesimo secolo appena trascorso, che ha segnato la fine dell’epoca borghese moderna con la prima guerra mondiale, la fine dell’Europa tradizionale e classi- ca, che ha dato inizio alle svolte drammatiche del Novecento.

Nella seconda guerra mondia- le, soldati cattolici ed evangelici si sono incontrati nelle stesse trincee; la gente rimasta a casa si è messa al riparo negli stessi rifu- gi antiaerei durante i bombarda- menti; i perseguitati dai regimi fascisti e totalitari stavano insie- me negli stessi campi di concen- tramento; sulla base della loro fe- de cristiana, hanno riscoperto la loro comune resistenza alla disu- manità neopagana e atea. Dopo la guerra, quando molte chiese erano distrutte, diventò una nor- male prassi che cattolici e prote- stanti s’invitassero reciprocamente nelle rispettive chiese ancora fun- zionanti; fra le comunità è inizia- ta così una nuova amicizia che perdura tutt’oggi.

Dopo le svolte della guerra e del dopoguerra, l’ecumenismo è diventato una realtà quotidiana e

vissuta, che ha condotto le Chie- se separate a sperimentare una situazione nuova. Non esistono più, o esistono raramente, dei territori separati, esclusivamente cattolici o esclusivamente prote- stanti; nella nostra attuale socie- tà pluralista, cattolici e prote- stanti vivono porta a porta, spes- so nella stessa famiglia. La no- stra situazione post-borghese è anche una situazione post-con- fessionale, e spesso anche una si-

per trasmettere il nostro messag- gio sulla loro lunghezza d’onda.

In tale situazione nuova, per la gente comune, i dibattiti confes- sionali sono diventati obsoleti. Se non vogliamo che le Chiese si svuotino ancora di più, occorre concentrarci sul fondamentale.

Occorre dire che cosa significa credere insieme in Gesù Cristo, che cosa vuol dire essere redenti e giustificati da Gesù Cristo.

Dopo la Dichiarazione con- giunta sulla giustificazione, nes- suno dei documenti sulla Chiesa, l’eucaristia e i ministeri, è stato ufficialmente confermato. Sareb- be irresponsabile archiviare tutti questi risultati, lasciare che la polvere li ricopra sugli scaffali delle biblioteche e farne solo ma- teriale per dissertazioni dottorali.

Una proposta in prospettiva è dunque riprendere l’idea del pro- fessor Harding Mayer e provare a comporre un cosiddetto Docu- mento in via, che, con una certa ufficialità, confermi i risultati rag- giunti, senza negligere le doman- de ancora aperte. Malgrado tutti gli avvicinamenti riscontrati, re- steranno i problemi sul concetto dell’unità nella diversità o dell’unità nella diversità riconci- liata, la venerazione dei santi so- prattutto della Madonna, sulla questione del primato, e sui pro- blemi etici. Tuttavia, se non fac- ciamo un punto sullo stato del dialogo, la discussione si muove- rà sempre in cerchio.

Recentemente, nel 2017, un do- cumento di una commissione del- la Conferenza episcopale negli Statua di Lutero a Dresda

L u t e ro ecumenico

tuazione post-cristiana (nel senso sociologico del termine).

La vera divisione non esiste più fra i cattolici e gli evangelici, piuttosto, da una parte, fra coloro che credono in Gesù Cristo e in Dio Padre di Gesù Cristo, e, dall’al- tra, tra coloro che non credono in Cristo e spesso non credono nep- pure in Dio o — p er esprimersi in modo più cauto — tra coloro che sono indifferenti nei confronti di Dio e vivo- no come se Dio non esi- stesse.

Dietrich Bonhoeffer e il gesuita Alfred Delp, mentre erano prigionieri della Gestapo, prima della loro testimonianza di martiri, hanno speri- mentato questa situazio- ne di non religiosità del- le folle, che non conoscono più le differenze confessionali e neppure s’interessano a esse. Queste folle non sono neopagane, perché i pa- gani avevano la loro religione, ma in esse manca spesso l’antenna, cioè il segnale che trasmette la domanda e il desiderio di Dio, o almeno ci sembra che manchi, forse perché siamo noi a non sa-

Stati Uniti ha fatto un lavoro preparatorio per un tale Docu- mento in viae ha illustrato i pro- gressi raggiunti sui temi della Chiesa, dell’eucaristia, del mini- stero. Il recente simposio interna- zionale della Pontificia Università Gregoriana, su Lutero e i sacra- menti (26 febbraio - 1° marzo 2017), ha chiaramente confermato i risultati.

La divisione

non è tra cattolici ed evangelici Ma tra coloro che credono in Dio e coloro che vivono

come se Dio non esistesse

Chiesa riformatrice separata, ma di avviare una riforma, o meglio, una conversione evangelica della Chiesa universale, che chiame- remmo oggi una nuova evangeliz- zazione della Chiesa sempre da riformare. Per ragioni molteplici, sia teologiche sia non teologiche, e per colpa di tutte le parti coin- volte, la riforma protestante e la riforma cattolica (come la chia- miamo oggi, invece di controri- forma), sono sfociate in un con- fessionalismo e in un pluralismo di Chiese contrapposte le une al- le altre.

Il programma ecumenico do- vrebbe essere formulato nei se- guenti termini: un cattolicesimo evangelico e un protestantesimo cattolico.

Misericordia e clemenza

di SARAHCOAKLEY

V

iene spesso osservato come, già ai tempi di Lutero, la giustificazione ha finito con l’essere l’elemento distintivo della sua teologia e l’articulus stantis et cadentis ecclesiae della tradizio- ne luterana tout court, come viene pron- tamente riconosciuto nel paragrafo ini- ziale della Dichiarazione congiunta della Federazione luterana mondiale e della Chiesa cattolica. A tale proposito basta mettere a confronto solo due degli scritti di Lutero sulla giustificazione per indivi- duare tale sviluppo durante la sua vita e il cambiamento di certe priorità.

Nelle Lezioni sulla lettera ai Romani [glosse e scolio] del 1516-17, l’analisi del terzo capitolo della Lettera ai Romani si occupa esaurientemente dei “giudei” e, di fatto, parte dall’affermazione che

«l’apostolo mostra in che modo i giudei sono superiori ai gentili». Da qui ovvia- mente procede, seguendo Paolo, affer- mando che i giudei («specialmente quel- li eruditi»), purtroppo sono soggetti al

peccato quanto i gentili. «Tutti si sono allontanati dal vero cammino di rettitu- dine».

Riguardo all’hilastérion in Romani 3, 25, Lutero ribadisce con forza che que- sto è «il luogo di propiziazione» con- quistato nel sangue di Cristo; in altri termini, egli coglie pienamente la speci- ficità della matrice ebraica di trasforma- zione cultuale alla quale attinge Paolo per esporre la sua dottrina della giustifi- cazione. Tuttavia, nel 1536, e con la Di- sputa sulla giustificazionedi Lutero, pos- siamo senz’altro affermare che il legame con i temi ebraici, ricchi di contenuto, si è affievolito, e anche che la dottrina del- la giustificazione è già diventata sistema- ticamente “criteriologica” per la fede.

Così Lutero nella sua prefazione scrive:

«Poiché come avete spesso sentito, ec- cellentissimi fratelli, quell’articolo ri- guardante la giustificazione già di per se stesso crea veri teologi, perciò è indi- spensabile nella Chiesa, e così come lo dobbiamo spesso ricordare, dobbiamo spesso lavorarci su».

Ma la cosa affascinante è che, mentre sembra che si perda di vista il dibattito sulla matrice ebraica della giustificazio- ne, il tema della misericordia non viene abbandonato, bensì, a quanto pare, di nuovo intensificato. Ora, però, non vie- ne più collegato alla storia dell’ap ostasia ebraica, ma piuttosto al problema del peccato post-battesimale cristiano.

Nell’Argomento VII Lutero parla dell’errata presunzione che «se si è giu- stificati, non si può essere peccatori». Al contrario, afferma, è tutto falso; ma que- sto serve solo a mettere in evidenza «la grandezza della misericordia divina e quanto sia importante». Di fatto «la mi- sericordia di Dio perdona e l’amore è al tempo stesso clemente... A nessuna con- dizione il peccato è una fase transitoria, bensì veniamo giustificati ogni giorno dal perdono immeritato dei peccati e dalla giustificazione della misericordia di Dio». Quindi Lutero ha mantenuto l’en- fasi sulla misericordia (e aggiunto con forza il linguaggio della clemenza, che stranamente appare poco in Paolo).

La parabola del figliol prodigo è quella più appropriata per spiegare la grazia Ovvero la giustizia divina che interrompe la giustizia del mondo

re la frase che ha preparato. Il pa- dre lo invita a entrare in casa, gli dà un abito nuovo, un anello e dei calzari. Il Padre gli dà un nome, il secondogenito non è più condanna- to a farsi un nome da solo. È il fi- glio del Padre. E perciò si fa festa!

La logica del Padre è ingiusta agli occhi di quanti ascoltavano Gesù. Resta l’altro figlio, il primo- genito. Lui trova tutto ciò ingiusto e nel s o f t w a re che gli è proprio non ha torto. Ricorda al Padre il grande lavoro che ha svolto per compiacer- lo. Subodora errori morali, gravi peccati commessi dal fratello e con- testa la giustizia ingiusta del Padre.

Quest’ultimo ripete anche a lui che è suo figlio, ma il primogenito è in- capace d’intenderlo. Non ha com- preso nulla della logica di vita che propone il Vangelo.

La mia esperienza con gli stu- denti mi ha dimostrato che un simi- le esordio in materia apre una porta e dà loro accesso ai diversi aspetti della giustificazione. Questo ap- proccio mi ha anche permesso di raccontare la giustificazione a pla- tee molto diverse... e voi siete forse tra quelle che l’hanno già udita dal- la mia bocca.

Che Lutero abbia scelto il lin- guaggio paolino non è ovviamente privo di significato. Ma non è neanche esclusivo, nel senso che so- lo la teologia paolina sarebbe in grado di dire il Vangelo. L’utilizzo del vocabolario paolino della giusti- ficazione deve essere compreso in senso lato, come riepilogativo di tutti i discorsi biblici riguardanti la salvezza. Per i riformatori resta in- teso che gli altri autori biblici ripor- tano la stessa realtà quando utiliz- zano un’altra terminologia e parla- no per esempio di “la nuova nasci- ta”, “la guarigione”, “la liberazio- ne”, “la redenzione”.

Gesù si serve di parabole per il- lustrare i misteri del Regno di Dio.

caratterizzano quest’altra logica di vita che nasce dal Vangelo. Nella parabola del figliol prodigo c’è una dimensione preziosa: la preghiera del padre. Dopo aver invitato il se- condogenito a entrare e far festa, prega anche il primogenito di fare lo stesso. L’autorità del padre è preghiera. Io ti prego: accetta la ri- conciliazione che propongo. Questa preghiera è l’espressione dell’autori- tà paterna, la sola a meritare di es- sere chiamata autorità.

dà accesso a dimensio- ni fondamentali del messaggio della giusti- ficazione, che sono sempre quelle della teologia paolina, ma che qui sono presenta- te in un modo forse più percepibile.

Questa parabola esprime diversi ribalta- menti dei valori che Bartolomé Esteban Murillo, «Il ritorno del figliol

prodigo» (1667-1770, particolare)

Andrej Rublëv, «Icona di san Paolo» (1407)

Giustificazione ed evangelizzazione

L’evangelo della grazia

«Giustificazione, l’evangelo della grazia» è il tema dell’ottavo convegno ecumenico internazionale di spiritualità della Riforma che si è svolto, dal 26 al 28 maggio, nel monastero di Bose. Pubblichiamo stralci degli interventi del teologo del centro studi ecumenici della Federazione luterana mondiale, del cardinale presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e della teologa anglicana dell’università di Cambridge.

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La parrocchia nel ghetto di Varsavia

A colloquio con Ammar al Tuni

Il manoscritto murato nel sottoscala

Il recupero di questo libro ha anche un significato simbolico È la dimostrazione che un altro futuro è possibile dice il prete di Qaraqosh

In mostra a Roma

D all’Iraq

una preziosa eredità

Una collezione inedita di manoscritti iracheni antichi

— dal XIIIal XIXsecolo — tratti dall’archivio del convento domenicano di Mosul verrà presentata in occasione della mostra «Grandes heures des manuscrits irakiens», che si svolgerà dal 10 al 17 giugno presso il convento domenicano di Santa Maria sopra Minerva a Roma. Sin dal 1750 i preziosi manoscritti, più di ottocento in origine, erano custoditi nella biblioteca del convento di Mosul. Nel 2014, alla vigilia dell’assedio della piana di Ninive delle truppe del sedicente stato islamico, gran parte di loro sono stati trasferiti e messi in salvo a Erbil (Kurdistan iracheno) dal prete domenicano Najeeb Michaeel. Il religioso racconterà la sua impresa clamorosa, compiuta a rischio della propria vita, durante la conferenza Chrétiens d’Irak: Patrimoine sauvé et peuple disperséche si terrà il 12 giugno presso l’Istituto francese di Roma — Centro San Luigi. La mostra di manoscritti — corredata da un insieme di ricordi storici, in particolare da una serie di scatti provenienti dal fondo fotografico antico del convento (1855-1930) — verrà inaugurata il 9 giugno dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, alla presenza del priore del convento, padre Riccardo Lufrani, di monsignor Jean-Louis Bruguès, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa e presidente dell’associazione partner dell’evento l’Art sacré 2, e dell’ambasciatore di Francia presso la Santa Sede, Philippe Zeller. «Quest’esposizione — scrive Zeller nell’introduzione al catalogo della mostra — ci ricorda quanto il patrimonio di questi cristiani sia integrato, fin dai tempi apostolici, alla Terra che li ha visti nascere». Dal catalogo pubblichiamo stralci dell’introduzione firmata dal prefetto della Congregazione per le Chiese orientali.

«Questo edificio era il rifugio delle persone innocenti perseguitate dai nazisti» recita la targa che viene scoperta il 7 giugno a Varsavia durante la cerimonia per il conferimento alla chiesa di Ognissanti del titolo House of Lifeda parte della Fondazione Raoul Wallenberg. Durante la seconda guerra mondiale la parrocchia di Ognissanti si trovò collocata all’interno del ghetto creato dai nazisti, dove da quel momento dovevano vivere tutti gli ebrei di Varsavia, circa duemila dei quali erano cattolici. Il parroco, don Marceli Godlewski, stava per andare in pensione ma chiese al vescovo di poter rimanere in servizio nel ghetto per continuare l’attività pastorale con l’aiuto del viceparroco, don Antoni Czarnecki. I due sacerdoti assisterono indistintamente tutti gli abitanti del ghetto allestendo e gestendo una mensa che ogni giorno distribuiva circa cento pasti, ospitando negli edifici della parrocchia un centinaio di persone e producendo centinaia di falsi certificati di battesimo per aiutare gli ebrei a fuggire. Intanto, nella casa del parroco vicino Varsavia, le suore francescane gestivano un orfanotrofio che accoglieva i bambini fatti uscire dal ghetto. I due sacerdoti salvarono

oltre mille persone. La chiesa di Ognissanti a Varsavia

È morto Trento Longaretti

Il pittore che sapeva

fare tutto

«C

redo di essere uno di quei pittori che c’erano una volta, che sapevano fare tut- to»: così parlava di sé, in una recente in- tervista, il pittore Trento Longaretti, morto il 7 giugno a Bergamo: avrebbe compiuto 101 anni il prossimo 27 settembre. Non era immodestia la sua, perché, effetti- vamente, la sua arte sapeva investire, con maestria e competenza, vari ambiti: dal mosaico al graffito, dalle vetrate alle incisioni.

Il padre Alessandro, di professione fabbro, aveva scelto di chiamare i propri figli con nome patriottici, e Trento, nono figlio di tredici, aveva una sorella di no- me Trieste e un fratello di nome Vittorio. Fu la sua insegnante alle elementari a scoprirne il talento facen- dogli eseguire piccoli disegni, che subito riscossero il convinto plauso dei parenti e dei conoscenti. Il primo disegno risale al 1922.

Dal 1931 al 1939 frequentò l’Accademia di Brera ed è nel 1936 che cominciò a esporre i primi lavori. Do- vette lasciare l’accademia nel 1939 per adempiere gli obblighi militari durante la seconda guerra mondiale:

venne mandato prima in Slovenia, poi in Sicilia e quindi in Kosovo. Anche durante l’esperienza bellica continuò a disegnare e a dipingere. Nel 1942 riuscì a partecipare alla Biennale di Venezia, nonché alla

«Mostra degli Artisti in armi» presso il Palazzo delle Esposizioni a Roma. Terminato il conflitto, poté ri- prendere il lavoro a pieno ritmo e nel 1948, nel 1950 e nel 1956 partecipò nuovamente alla Biennale venezia- na.

In occasione del suo centesimo compleanno,

«L’Osservatore Romano» del 5 febbraio 2017 ha dedi- cato all’artista una monografia, pubblicando un sag- gio dello stesso Longaretti tratto dal catalogo della mostra organizzata in suo onore a Concesio. In quel saggio l’artista rendeva un commosso omaggio a Pao- lo VI, elogiandone in particolare la capacità di rivol- gersi «con tanta comprensione e appassionato magi- stero» agli artisti di ogni tendenza e fede.

Quella di Longaretti è stata un’arte caratterizzata da un uso discreto ma al contempo incisivo del colo- re, strumento per realizzare un’opera che può definirsi un canto per immagini malinconico, trasognato, eppu- re sempre innervato da una sempre viva speranza di bene. E i protagonisti delle sue opere sono anzitutto madri, angeli, viandanti. Questi ultimi, in particolare, rivestono un ruolo primario nell’arte di Longaretti: nel viandante egli riconosce il povero, lo sfortunato, l’an- ziano, attori di un mondo su cui grava il senso della sofferenza ma dal quale traspira quel soffio di bene in grado di riscattare anche l’esistenza più travagliata.

Ed è proprio lungo questo cammino fatto di ombre, ma anche di luci, che il viandante, nella concezione di Longaretti, sviluppa la sua spiritualità e forgia il suo senso dell’infinito. (gabriele nicolò)

Trento Longaretti

«Madre a Nostra Signora di Guadalupe» (1972)

di ROSSELLAFABIANI

I

n Iraq la barbarie jihadista ha distrutto più di 1500 an- tichi manoscritti cristiani.

Oggi Qaraqosh, Bartillah, Talkef, Tallisqif, Karamles e Alqoush, centri a maggioranza cri- stiana della piana di Ninive, libe- rati dopo avere sofferto la furia devastatrice dei militanti del sedi- cente stato islamico, sono ridotti a cumuli di macerie. Oltre alla deva- stazione sono evidenti i segni dell’odio religioso: prima di an- darsene i jihadisti hanno bruciato la metà delle chiese e delle case marchiate da unaNin carattere arabo che sta per n a s a ra , seguace del Nazareno. Così Qaraqosh oggi

già presenti, dovuti al tempo e al suo continuo uso nei secoli. L’a rc i - vescovo Yohanna Petros Moshe l’ha consegnato ai volontari che lo hanno portato a Torino e affidato all’I c rc p a l .

Attribuibile alXVIsecolo, il li- bro è scritto in aramaico con un carattere siriaco in nero e rosso, colore quest’ultimo che segna le interruzioni, il cambio di lettura o di lettore. Testo dedicato al rito li- turgico e alle preghiere della Chie- sa siro-cattolica — era per il sacer- dote una sorta di manuale per i ri- ti di tutto l’anno liturgico — è co- stituito da 116 pagine di carta, con una coperta di legno e cuoio, ar- ricchito con alcuni disegni con simboli religiosi, in parte danneg- giati. Non è riportato il nome dell’amanuense che lo ha realizza- to, mentre sicuramente nei secoli sono stati effettuati degli interven- ti di restauro e di inserimento di pagine che sostituivano le origina- li, forse perdute o troppo usurate dal tempo.

Se bisogna ripartire dalla cultu- ra per ricucire rapporti di convi- venza pacifica tra religioni, stati e popoli, «il recupero del mano- scritto di Qaraqosh può sim- bolicamente rappresentare per tutti che un altro fu- turo è possibile», pro- segue don Ammar.

«Sono una parte im- portante del patrimonio cul-

turale della chiesa irachena — ag- giunge poi il religioso — anche i manoscritti conservati nel mona- stero di San Bahnam martire e di sua sorella Sarah a dieci minuti dalla città di Qaraqosh, officiato da monaci siro-cattolici».

Costruito nelIVsecolo dal re as- siro Sennacherib come penitenza per avere ucciso (insieme ad altre quaranta persone) i figli Behnam e Sarah che si erano convertiti al cri- stianesimo, il monastero è uno dei luoghi di culto più antichi e vene- rati del cristianesimo siro. Rare iscrizioni turche risalenti alXIIIse- colo lasciate da pellegrini mongoli ne rivelano l’appartenenza alla Chiesa d’Oriente da almeno dieci secoli. Il monastero veniva raggiun- to ogni anno da migliaia di cristiani e musulmani, oltre che da visitatori di tutto il mondo (cele- bre la visita nel

1909 dell’archeologa Gertrude Bell).

Occupato dai jihadisti nel 2014 per due anni, è stato saccheggiato e di- strutto, con la tomba di san Behnam che è stata fatta esplo dere.

Uno dei frati, però, è riuscito a nascondere i preziosi manoscritti conservati nella biblioteca: dopo averli messi in barili di ferro, li ha nascosti in una nicchia lungo un corridoio del monastero. Così, no- nostante la distruzione del mona- stero, i libri si sono salvati. Si tratta di antichi testi in siriaco, per lo più di autore anonimo: la mag- gior parte sono di natura spiritua- le, ma ci sono anche testi di astro- nomia, matematica e di altre scien- ze antiche.

è una città fantasma: i palazzi sventrati sono pieni di mine e di bombe al fosforo, non c’è acqua né elettricità, «ma non sono riusci- ti a distruggere tutto», ci dice don Ammar al Tuni, sacerdote diocesa- no a Qaraqosh che al Salone del libro di Torino ha presentato uno degli antichi manoscritti della Chiesa siro-cattolica salvato dalla d i s t ru z i o n e .

Grazie ai volontari della Focsiv (Federazione degli Organismi Cri- stiani Servizio Internazionale Vo- lontario) presenti da tre anni a Er- bil, il manoscritto è arrivato dun- que in Italia. Chiusa l’esp osizione torinese, è ora nelle mani dell’Isti- tuto centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio ar- chivistico e librario (Icrcpal), che ne studierà anche i contenuti, dan- dogli quindi una datazione e una collocazione storica. Poi il mano- scritto verrà restituito a monsignor Yohanna Petros Moshe, arcivesco- vo di Mossul dei Siri che lo custo- dirà insieme agli altri testi scampa- ti alla distruzione, che si spera po- tranno anch’essi venire presto re- staurati e catalogati. «Si tratta di un’eredità inestimabile», dice don Ammar. Nei manoscritti, infatti, è conservata la memoria della chiesa orientale: la Sacra scrittura e l’in- terpretazione dei testi, la liturgia, la letteratura antica e la poesia, soltanto per ricordare alcuni dei temi che vi sono trattati.

Il manoscritto di Qaraqosh è sopravvissuto ai venticinque mesi di occupazione della città da parte degli uomini del califfato poiché era stato murato, insieme ad altri volumi sacri antichi, nel vano di un sottoscala della casa dei sacer- doti della chiesa di Santa Maria Immacolata, il più grande luogo di culto cristiano di tutto l’Iraq. A liberazione avvenuta, è stato recu- perato dai sacerdoti senza che avesse subito danni, se non quelli

«L’incredulità di San Tommaso»

(inizio XVIIIsecolo Convento dei domenicani di Mosul)

di LEONARD OSANDRI

La mostra Grandes Heures des Manuscrits i ra k i e n s offrirà l’opportunità di vedere la preziosa e secolare eredità che ci giunge da quella terra tanto provata che è l’Iraq.

Il mio pensiero va soprattutto ai suoi figli e alle sue figlie che continuano a vivere e a testimoniare la fede in Cristo risorto, e si estende a quanti, in passato e ancora oggi, sono stati accolti nei paesi della dia- spora, tra i quali la Francia ha un posto particolare: tutti possono contemplare nei manoscritti esposti il tesoro conservato e trasmesso di generazione in generazione.

Sono i documenti della fede che hanno reso possibile le celebrazioni liturgiche, lo studio della Bibbia e l’a p p ro f o n d i m e n t o delle altre materie ai nostri fratelli e sorel- le vissuti in passato.

Bisogna ricordare che questi manoscrit- ti sono stati realizzati e conservati là dove la comunità cristiana era una minoranza nel paese, ma le veniva data la possibilità di apportare il suo contributo all’edifica- zione del bene comune, sviluppando tutte le espressioni della sua cultura: l’arte, la musica, la letteratura, la scienza.

Il ricordo di un passato di libertà e di testimonianza trasforma il desiderio di stabilità che anima il presente in una ac- corata supplica affinché il Signore tocchi i cuori violenti e conceda la pace tanto at- tesa.

Esprimo la mia riconoscenza alle istitu- zioni culturali della Repubblica francese che hanno collaborato alla realizzazione della mostra e hanno messo a disposizio- ne il prestigioso spazio degli Archivi Na- zionali: si tratta di una scelta molto felice che rende accessibile al mondo occidenta- le il patrimonio prezioso che purtroppo in Iraq viene sistematicamente distrutto da alcuni con una violenza cieca, proprio co- me i monumenti dell’epoca antica. Il ge- sto di per sé è grave, ma ancora più de- precabile è la cura con cui viene docu- mentato e divulgato il tentativo di annien- tare la testimonianza di millenni di storia dei diversi popoli che si sono succeduti nei Paesi del Tigri e dell’Eufrate.

Se alcuni distruggono, noi dobbiamo rendere omaggio a chi, profeticamente, ha

scelto di abitare in Iraq, immergendosi nella vita e costruendo fecondi legami con l’Occidente, nel pieno rispetto della parti- colarità delle tradizioni e dei riti orientali.

Predicatori, grazie ai quali è stato possibi- le salvare dalla distruzione numerosi ma- noscritti esposti.

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