Luglio 2017
anno cXXii (LViii della 7aSerie) Fascicolo Vii
Fondata neLL’anno 1893
da Gennaro ESCOBEDO e già diretta da Giuseppe SABATINI
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direttore
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LA GIUSTIZIA PENALE
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Rivista mensile di Dottrina, Giurisprudenza e Legislazione
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Ordinario di procedura penale
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Ordinario di procedura penale
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Ordinario di procedura penale
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Emerito di procedura penale
CARLO FEDERICO GROSSO
Ordinario di diritto penale
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Ordinario di procedura penale
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Emerito di procedura penale
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Ordinario di diritto penale
Il Comitato scientifico e la Redazione de “La Giustizia Penale” per tradizione ultracentenaria si attengono ad una rigorosa selezione qualitativa dei lavori che pubblicano.
In ottemperanza alle modalità recentemente elaborate in sede universitaria sulla classificazione delle riviste giuridiche, i testi me- ritevoli di pubblicazione sono in forma anonima sottoposti all’ulteriore giudizio di valenti studiosi italiani e stranieri del mondo ac- cademico e dell’avvocatura, persone esterne alla Rivista di grande esperienza ed indipendenti.
NOTE A SENTENZA
CATENA R., Considerazioni sulla giurisprudenza costituzionale in relazione al concorso di circostanze alla luce della recente sentenza n. 205 del 2017, I, 200.
GIARDA A - ALLOISIO M., Diritto di partecipazione ed ele- zione di domicilio presso il difensore d’ufficio, III, 393.
DIBATTITI
GARRAFFA P., Misure antiviolenza negli stadi: vecchi e nuovi contrasti, vecchie e nuove questioni, vecchi e nuovi chiarimenti, III, 399.
TREGLIA S., Depenalizzazione: verso la meta oltrepassando la metà, II, 409.
SOMMARIO
LEGISLAZIONE
Legge 23 giugno 2017, n. 103 - Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario, I, 222.
Codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze adottato in data 4 aprile 2007, I, 223.
RECENSIONI
GIARDA A. - SPANGHER G., Codice di procedura penale com- mentato, Wolters Kluwer Italia, ed. 2017, pp. 11168, di MI- CHELA ALLOISIO, III, 445.
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE DECISIONI DELLA CORTE
CIRCOSTANZE DEL REATO - Concorso di circostanze aggra- vanti e attenuanti - Reati fallimentari - Divieto di prevalenza dell’attenuante del danno di speciale tenuità di cui all’art. 219, comma 3, legge fallimentare sulla recidiva reiterata - Viola- zione degli artt. 3, 25, comma 2, 27, comma 3, Cost. - Illegit- timità costituzionale in parte qua, I, 193.
DEPENALIZZAZIONE - Attuazione della legge di delega contenuta nell’art. 2 della l. 67 del 2014 mediante il d. lgs. 8 del 2016 - Inserimento di un limite alla operatività della clau- sola generale di depenalizzazione di tutti i reati puniti con la sola pena pecuniaria - Esclusione dei reati contenuti nel Codice penale, salvo espressa individuazione nominativa - Questione di legittimità costituzionale per violazione degli artt. 77 e 76 della Costituzione - Infondatezza, I, 213.
PATROCINIO A SPESE DELLA REGIONE LIGURIA - Pre- supposti - Qualifica di indagato per aver commesso un delitto per eccesso colposo di legittima difesa ovvero assoluzione per la sussistenza della esimente della legittima difesa - Ratio ispi- ratrice della norma interferente con la materia «ordine pubblico e sicurezza» - Violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. l) - Illegittimità costituzionale in parte qua, I, 209.
GIURISPRUDENZA INDICE PER MATERIA
ADESCAMENTO DI MINORENNI - Fattispecie residuale - Configurabilità solo nell’ipotesi in cui il reato-fine non sussista neppure nella forma del delitto tentato - Fattispecie, II, 400, 122.
APPLICAZIONE DELLA PENA SU RICHIESTA DELLE PARTI - Rigetto della istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova - Impugnabilità della sentenza per far va- lere la nullità del rigetto - Possibilità - Esclusione - Ragioni, III, 385, 110.
ARMI - Detenzione illegale e porto in luogo pubblico di armi comuni da sparo o da guerra - Assorbimento nella fattispecie di vendita senza licenza - Esclusione - Concorso materiale tra i reati, II, 401, 123.
ASSENZA DELL’IMPUTATO - Certezza della conoscenza del
procedimento da parte dell’imputato - Valutazione del giudice circa la effettività della conoscenza anche in presenza di un atto apparentemente idoneo a produrre la conoscenza stessa - Necessità, III, 391.
ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE DI TIPO MAFIOSO - Partecipazione - Investitura formale o commissione di reati- fine - Necessità - Esclusione - Necessaria valutazione unitaria degli elementi rivelatori della stabile compenetrazione nella organizzazione - Fattispecie, II, 401, 124.
ATTI SESSUALI CON MINORENNE - Procedibilità d’ufficio - Casi - Fatto commesso da persona cui il minore è affidato per ragioni di custodia - Nozione - Fattispecie, II, 401, 125.
CIRCOSTANZE DEL REATO - Circostanze aggravanti co- muni - Circostanza aggravante dell’aver commesso il fatto con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla qualità di ministro di un culto - Nozione - Fattispecie in tema di vio- lenza sessuale, II 402, 126.
COLPA - Colpa medica - Abrogazione dell’art. 3, comma 1, del d. l. 158 del 2012 - Riviviscenza della normativa precedente che non distingue tra diversi gradi di colpa - Fatti commessi anteriormente all’entrata in vigore del nuovo regime - Appli- cazione della disciplina più favorevole ex art. 2, comma 4, C.p., II, 385.
CONFISCA - Confisca per equivalente del profitto del reato - Obbligatorietà - Necessaria disposizione anche in caso di ap- plicazione dela pena su richiesta delle parti - Ratio, II, 402, 127.
DIBATTIMENTO - Provvedimenti del giudice in ordine alla prova - Ordinanza di revoca della ammissione di prove ritenute superflue - Obbligo di motivazione puntuale sulla superfluità - Omissione - Nullità relativa dell’ordinanza - Ragioni, III, 385, 111.
FALSITÀ IN ATTI - Falsa attribuzione di lavori altrui - Con- dotta di chi esegue o procura elaborati in favore di concorrenti impegnati nelle prove scritte dell’esame di abilitazione alla professione forense - Configurabilità del reato di falso ideolo- gico per induzione - Esclusione - Ragioni - Sussumibilità nella fattispecie speciale di cui alla l. 475 del 1925, artt. 1 e 2, II, 403, 128.
FALSITÀ IN ATTI - Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici - Circostanza aggravante del fatto con- cernente un atto pubblico di fede privilegiata - Nozione, II, 403, 129.
FURTO - Circostanze aggravanti - Circostanza aggravante del- l’aver commesso il fatto con destrezza - Approfittamento della situazione di assenza di vigilanza sulla res - Configurabilità dell’aggravante - Esclusione, II, 404, 130.
FURTO - Impossessamento di telefono cellulare oggetto di smarrimento - Altruità della cosa - Sussistenza - Codice IMEI indice della appartenenza ad altri, II, 404, 131.
IMPUGNAZIONI - Interesse ad impugnare - Nozione - Fatti- specie, III, 386, 112.
IMPUTATO - Incertezza sull’età dell’imputato - Accertamento SOMMARIO
- Documento di identità estero di autenticità verificata - Pre- valenza dei dati risultanti dallo stesso sugli esiti diversi del- l’esame radiografico, III, 386, 113.
MISURE CAUTELARI - Misure cautelari personali - Custodia cautelare in carcere - Estinzione della custodia per omesso in- terrogatorio della persona in stato di custodia cautelare - Ri- messione in libertà - Sussistenza dei presupposti per disporre il fermo di indiziato di un delitto - Provvedimento di fermo da parte del P.M. - Richiesta di convalida del fermo e di emissione di una nuova misura cautelare - Interrogatorio di garanzia svolto dal giudice all’indagato in stato di detenzione - Legitti- mità della procedura, III, 386, 114.
MISURE CAUTELARI - Misure cautelari personali - Revoca o sostituzione delle misure - Sostituzione della misura degli ar- resti domiciliari con l’obbligo di presentazione alla p.g. e, cu- mulativamente, con l’obbligo di dimora nel comune di residenza - Legittimità - Condizioni, III, 387, 115.
MISURE CAUTELARI - Misure cautelari reali - Sequestro preventivo finalizzato alla confisca - Beni immobili dell’inda- gato alienati per far venir meno le garanzie della riscossione da parte dell’Erario in caso di reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte - Legittimità del sequestro - Ra- gioni - Beni strumento attraverso il quale è stato commesso il reato ex art. 240 comma 1 C.p., III, 387, 116.
MORTE O LESIONI COME CONSEGUENZA DI ALTRO DELITTO - Morte dell’assuntore di sostanza stupefacente - Responsabilità del cedente la sostanza - Condizioni - Viola- zione di regola precauzionale diversa dalla norma che punisce la condotta di cessione - Fattispecie, II, 404, 132.
NOTIFICAZIONI - Domicilio dichiarato, eletto o determinato per le notificazioni - Elezione di domicilio innanzi alla p.g.
presso il difensore nominato d’ufficio - Prova della conoscenza del processo da parte dell’imputato - Esclusione, III, 391.
NOTIFICAZIONI - Notificazioni all’imputato - Notifica della citazione dell’imputato - Nullità assoluta della notificazione - Casi - Omissione o esecuzione con forme diverse da quelle pre- scritte e inidonee a determinare la conoscenza effettiva da parte dell’imputato - Fattispecie, III, 388, 117.
OMICIDIO COLPOSO - Elemento soggettivo - Incidente stra- dale causato da omessa o insufficiente manutenzione della strada - Responsabilità del soggetto incaricato del servizio - Rimproverabilità del fatto secondo gli ordinari criteri di impu- tazione della colpa - Fattispecie, II, 405, 133.
ORDINAMENTO PENITENZIARIO - Permessi premio - Re- quisiti - Regolare condotta - Sufficienza - Esclusione - Neces- saria assenza di pericolosità sociale del detenuto - Criteri di valutazione, II, 405, 134.
PROVE - Dibattimento - Facoltà di astensione dei prossimi congiunti - Lettura delle dichiarazioni rese nelle indagini pre- liminari dal congiunto che si sia astenuto - Possibilità - Esclu- sione - Ragioni, III, 388, 118.
PROVE - Mezzi di prova - Videoriprese effettuate prima e al di fuori del procedimento penale - Prove atipiche - Esclusione - Prova documentale - Mancata acquisizione - Possibilità di te- stimonianza sul loro contenuto rappresentativo, III, 389, 119.
PROVE - Prova documentale - Documento che riproduca di- chiarazioni unitamente ad altri dati - Acquisibilità - Ragioni, III, 389, 120.
QUERELA - Diritto di querela esercitato da un curatore spe- ciale - Nomina del curatore speciale su richiesta del P.M. - Ter- mine per la proposizione della querela - Decorre dal giorno in cui è notificato il provvedimento di nomina al curatore spe- ciale, II, 406, 135.
QUERELA - Diritto di querela esercitato da un curatore spe- ciale - Presupposti - Persona inferma di mente - Infermità men- tale - Nozione - Fattispecie, II, 406, 136.
REATI EDILIZI - Rilascio in sanatoria del permesso di co- struire - Operatività quale causa di estinzione del reato - Limiti - Giudicato - Fattispecie in tema di decreto penale di condanna non opposto, II, 407, 137.
REATI FALLIMENTARI - Reati di bancarotta - Discrimen tra le fattispecie di bancarotta fraudolenta patrimoniale e docu- mentale da una parte e quella di bancarotta impropria - Defini- zione, II, 407, 138.
REATI TRIBUTARI - Dichiarazione infedele - Omesso inse- rimento tra i componenti positivi della somma corrispondente alla ritenuta d’acconto operata dal sostituto d’imposta e non versata - Configurabilità del reato - Ragioni, II, 407, 139.
RESPONSABILITÀ COLPOSA PER MORTE O LESIONI PERSONALI IN AMBITO SANITARIO - Ambito di applica- zione - Definizione, II, 385.
RICUSAZIONE - Termine per la proposizione della dichiara- zione di ricusazione - Immediatamente dopo la verifica della regolare costituzione delle parti - Rinvio dell’udienza per nul- lità della notifica al difensore - Legittimità della proposizione dell’istanza alla successiva udienza - Ragioni, III, 390, 121.
SENTENZA - Decisione sulle questioni civili - Condanna alle spese relative all’azione civile - Parte civile costituita nei con- fronti di più imputati - Condanna in solido delle spese - Legit- timità - Ragioni, III, 390, 122.
SOTTRAZIONE DI PERSONE INCAPACI - Sottrazione di minore di anni quattordici - Sottrazione di minore da parte di un genitore senza il consenso dell’altro per un tempo rilevante - Configurabilità del reato, II, 408, 140.
STUPEFACENTI - Circostanza aggravante della ingente quan- tità - Compatibilità con il delitto tentato - Condizioni, II, 408, 141.
SUCCESSIONE DI LEGGI PENALI NEL TEMPO - Declara- toria di incostituzionalità di una norma penale - Norma più fa- vorevole al reo - Applicabilità ai fatti commessi durante la sua vigenza - Applicabilità anche ai fatti commessi vigente la pre- cedente normativa più severa - Esclusione - Ragioni, II, 408, 142.
UDIENZA PRELIMINARE - Avviso di fissazione dell’udienza preliminare - Omessa notifica all’imputato - Nullità assoluta ed insanabile - Ragioni, III, 390, 123.
SOMMARIO
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LA GIUSTIZIA PENALE si pubblica in fascicoli divisi in tre parti: la prima parte (di almeno dodici sedicesimi annui) è dedicata ai Presupposti del Diritto e della Procedura penale; la seconda parte (di almeno ventisette sedicesimi annui) è dedicata al Diritto penale (Codice penale e leggi penali speciali); la terza parte (di almeno quindici sedicesimi annui) è dedi- cata alla Procedura penale (Codice di procedura penale e leggi penali speciali).
Ogni parte ha una numerazione autonoma: l’Indice è comune alle tre parti. Ai dodici fascicoli mensili segue un Indice generale annuale, con riferimento ai singoli articoli dei Codici e delle leggi speciali nonché un elenco cronologico delle sen- tenze riprodotte per esteso o per massima, con indice alfabetico delle parti a cui si riferiscono le sentenze, con indice anali- tico alfabetico delle parti a cui si riferiscono le sentenze, con indice analitico alfabetico e della bibliografia.
A) La Prima parte (I presupposti del diritto e della Procedura penale) contiene:
a) articoli originali, memorie e studi relativi alla criminologia, alla psichiatria, alla medicina legale, all’antropologia criminale, al diritto penitenziario, alle discipline ausiliarie del diritto e della procedura penale, al diritto internazionale, costi- tuzionale, amministrativo e civile;
b) sentenze con note critiche;
c) recensioni e bollettino bibliografico della dottrina italiana e straniera, relativi alle scienze sopra ricordate e alle scien- ze giuridiche e sociali in genere;
d) resoconti e commenti;
e) varietà.
B) La Seconda parte (Diritto Penale) e la Terza parte (Procedura Penale) contengono:
a) articoli originali di dottrina;
b) le principali sentenze per esteso, della Corte Suprema di Cassazione, del Tribunale Supremo Militare e dei giudici di merito, con note critiche e di commento;
c) massimario completo della giurisprudenza penale della Corte Suprema di Cassazione e massimario della giuri- sprudenza civile relativa ai rapporti fra giudizio civile e giudizio penale, alla responsabilità civile, alla circolazione stra- dale, con note di richiami;
d) massimario di giurisprudenza della Corte di cassazione interna di diritto e procedura penale militare;
e) dibattiti sui più importanti problemi e sulle questioni controverse in materia penale;
f) recensioni delle opere giuridiche italiane e straniere;
g) bollettino bibliografico delle pubblicazioni giuridiche con speciale riguardo alla duplice parte della dottrina;
h) sunti degli articoli pubblicati nelle Riviste italiane e straniere.
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Annate arretrate: da convenire. Prezzo del fascicolo arretrato € 13,94.
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Coordinatrice Anna Mascoli Sabatini
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A) La Prima parte (I presupposti del diritto e della Procedura penale) contiene:
a) articoli originali, memorie e studi relativi alla criminologia, alla psichiatria, alla medicina legale, all’antropologia criminale, al diritto penitenziario, alle discipline ausiliarie del diritto e della procedura penale, al diritto internazionale, costituzionale, ammini- strativo e civile;
b) sentenze con note critiche;
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B) La Seconda parte (Diritto Penale) e la Terza parte (Procedura Penale) contengono:
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b) le principali sentenze per esteso, della Corte Suprema di Cassazione, del Tribunale Supremo Militare e dei giudici di merito, con note critiche e di commento;
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE
DECISIONI DELLA CORTE
Sentenza n. 205 - 21 giugno 2017 Pres. Grossi - Rel. Lattanzi
Circostanze del reato - Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti - Reati fallimentari - Divieto di prevalenza dell’atte- nuante del danno di speciale tenuità di cui all’art. 219, comma 3, legge fallimentare sulla recidiva reiterata - Violazione degli artt. 3, 25, comma 2, 27, comma 3, Cost. - Illegittimità costitu- zionale in parte qua (Cost. artt. 3, 25, comma 2, 27, comma 3;
Cod. pen. artt. 69, comma 4, 99, comma 4)
Dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, del codice penale, come sostituito dall’art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione) - in riferimento agli artt. 3, 25, comma 2 e 27, comma 3 della Costituzione - nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art.
219, terzo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disci- plina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministra- zione controllata e della liquidazione coatta amministrativa) sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen.. (1)
(omissis) Ritenuto in fatto
1.– La Corte d’appello di Ancona, con ordinanza del 29 febbraio 2016 (r.o. n. 127 del 2016), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, que- stioni di legittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, del codice penale, come sostituito dall’art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giu- dizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in cui stabilisce il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 219, terzo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione con- trollata e della liquidazione coatta amministrativa) sulla recidiva reiterata, prevista dall’art. 99, quarto comma, cod. pen.
La Corte rimettente riferisce che l’imputato era stato condannato dal Tribunale di Urbino, per il reato di bancarotta fraudolenta do- cumentale, alla pena di due anni di reclusione, con le pene accessorie di cui all’art. 216, quarto comma, del r.d. n. 267 del 1942, per avere, in qualità di rappresentante legale della Colombo srl, indicato una giacenza di cassa inesistente, e non aver riportato in contabilità le somme prelevate per il proprio sostentamento.
Il giudice di primo grado, «in considerazione del modestissimo/inesistente pregiudizio economico arrecato ai debitori, della modestissima dimensione dell’impresa e del ridottissimo mo-
vimento degli affari, [aveva riconosciuto] all’imputato l’attenuante ad effetto speciale prevista dal R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art.
219, u.c. e, concesse le attenuanti generiche equivalenti alla conte- stata recidiva reiterata», aveva poi ridotto la pena per effetto del- l’attenuante speciale.
Avverso la sentenza del Tribunale di Urbino il Procuratore ge- nerale presso la Corte d’appello di Ancona aveva proposto ricorso immediato per cassazione lamentando la violazione dell’art. 69 cod. pen., «atteso che il Giudicante, anziché includere l’attenuante speciale predetta nel giudizio di bilanciamento operato ex art. 69 cod. pen., aveva operato la riduzione all’esito del giudizio di equi- valenza tra attenuanti generiche e recidiva reiterata, irrogando una pena illegale per difetto, atteso che, stante il principio di cui all’art.
69 co. 4 cod. pen., la pena finale non avrebbe potuto essere inferiore ai tre anni di reclusione».
In accoglimento del ricorso, la Corte di cassazione aveva annullato la sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio.
Nell’udienza fissata per il giudizio di rinvio la Corte d’appello di Ancona aveva sollevato «questioni di legittimità costituzionale […
] dell’art. 69 comma 4 cod. pen., come sostituito dall’art. 3 1. 5 di- cembre 2005 n. 251, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante d[e]l R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art.
219, u.c. sulla recidiva di cui all’art. 99 comma 4 cod. pen.».
In punto di rilevanza, la Corte rimettente osserva che sull’esi- stenza della recidiva, «in difetto di impugnazione, si è formato il giudicato» ma che l’attenuante speciale in esame dovrebbe ritenersi prevalente, in considerazione della «assoluta modestia dei fatti, commessi a fini di sopravvivenza di una piccolissima attività d’im- presa; [del]la scarsa consistenza della recidiva reiterata». Il giudizio di prevalenza, impedito dalla disposizione censurata, consentirebbe quindi di applicare una pena inferiore a quella (minima) di tre anni di reclusione.
Ciò precisato, la Corte d’appello ritiene che la norma censurata sarebbe in contrasto con il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., perché condurrebbe, in determinati casi, ad applicare pene identiche per violazioni di rilievo penale enormemente diverso. Il recidivo reiterato responsabile di una bancarotta fraudolenta ultra- milionaria, al quale siano applicate le circostanze attenuanti gene- riche, verrebbe punito con la stessa pena prevista per il recidivo reiterato autore di un episodio di modesta gravità, «con limitati o nulli pregiudizi concreti ai creditori», al quale siano riconosciute le circostanze attenuanti generiche e quella prevista dall’art. 219, terzo comma, del r.d. n. 267 del 1942. «[L]a rilevantissima diffe- renza oggettiva, naturalistica, criminologica delle due condotte [verrebbe] completamente annullata in virtù di una esclusiva con- siderazione dei precedenti penali del loro autore».
La Corte rimettente rileva che l’art. 219, terzo comma, del r.d. n.
267 del 1942 prevede una circostanza attenuante ad effetto speciale, che comporta una riduzione della pena base fino al terzo, «sicché, ove ritenuta sussistente, la pena […] può variare da un minimo di [un] anno di reclusione a un massimo di [tre] anni e [quattro] mesi;
se però si applica la recidiva reiterata, i casi di speciale tenuità, per i quali l’art. 219 u.c. cit, prevede la pena della reclusione da un anno a tre anni e quattro mesi, devono essere puniti con la reclusione da tre a dieci anni».
Richiamata la giurisprudenza costituzionale sull’art. 69, quarto comma, cod. pen., come modificato dalla legge n. 251 del 2005 (sentenze n. 251 del 2012, n. 106 e n. 105 del 2014), la Corte ri- mettente osserva che la circostanza di cui all’art. 219, terzo comma, del r.d. n. 267 del 1942 «si pone quale temperamento degli effetti delle gravi sanzioni previste per i reati fallimentari in tutti i casi in cui gli stessi appaiono di speciale tenuità avuto riguardo, nella va- lutazione del pregiudizio economico arrecato ai creditori, alle di- mensioni dell’impresa, all’ammontare dell’attivo e del passivo e al movimento degli affari nel loro complesso (cfr., tra le altre, Cass.
7.I.2017
LA GIUSTIZIA PENALE 2017 (Parte Prima: I Presupposti)
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n. 21353/2003; n. 5300/2009)». Si tratta, insomma, di una circo- stanza attenuante finalizzata ad «adeguare la sanzione ai casi più lievi e frequenti».
Proprio per questa ragione il divieto di prevalenza delle attenuanti sulla recidiva reiterata posto dalla norma censurata «produce con- seguenze sanzionatorie irragionevoli, in quanto finisce per equipa- rare ai fini sanzionatori casi oggettivamente lievi a casi di particolare allarme sociale».
In particolare, nel caso di specie, assumerebbe «rilievo la divari- cazione tra il livello minimo di tre anni, per il primo comma dell’art.
216 r.d. cit e quello di un anno previsto per l’ipotesi attenuata (e lo stesso vale, mutatis mutandis, per la pena prevista per gli altri reati a cui è applicabile l’attenuante in questione: art. 217 e 218 r.d.
cit)». Ne consegue che, per effetto dell’equivalenza tra la recidiva reiterata e l’attenuante in questione, «l’imputato viene di fatto a subire un aumento assai superiore a quello specificamente previsto dall’art. 99, quarto comma, cod. pen., che, a seconda dei casi, è della metà o di due terzi: il che rende evidente il vulnus costituzio- nale proprio con riferimento ai casi marginali, di minima offensività, quale è quello per cui è processo».
Inoltre, la norma censurata sarebbe in contrasto con il «principio di offensività di cui all’art. 25, secondo comma, Cost., che, con il suo espresso richiamo al fatto commesso», attribuirebbe una rile- vanza fondamentale all’azione delittuosa per il suo obiettivo di- svalore e non solo in quanto manifestazione sintomatica di perico- losità sociale, implicando conseguentemente «la necessità di un trattamento penale differenziato per fatti diversi, senza che la con- siderazione della mera pericolosità dell’agente possa legittimamente avere rilievo esclusivo».
Infine, la norma censurata violerebbe il «principio di proporzio- nalità della pena (nelle sue due funzioni retributiva e rieducativa)», previsto dall’art. 27, terzo comma, Cost., «perché una pena spro- porzionata alla gravità del reato commesso da un lato non può cor- rettamente assolvere alla funzione di ristabilimento della legalità violata, dall’altro non potrà mai essere sentita dal condannato come rieducatrice»: la condanna a tre anni di reclusione per condotte di modestissimo valore non potrebbe essere considerata, chiunque ne sia l’autore, una risposta sanzionatoria proporzionata.
2.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei mi- nistri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto che le questioni siano dichiarate inammissibili o co- munque non fondate.
Ad avviso della difesa dello Stato il giudice rimettente non avrebbe sollevato le questioni in modo corretto, in quanto non avrebbe indicato per quali motivi il Tribunale aveva riconosciuto le circostanze attenuanti generiche, e quindi non sarebbe possibile verificare se la loro applicazione sia stata fondata proprio sullo scarso valore del danno patrimoniale. In questo caso, infatti, «la valorizzazione della tenuità del danno spiegherebbe certamente un effetto sul trattamento sanzionatorio, neutralizzando l’aumento di pena dovuto alla sussistenza della contestata recidiva».
Le questioni sarebbero allora inammissibili, per carente descri- zione della fattispecie oggetto del giudizio a quo.
L’Avvocatura generale dello Stato aggiunge che comunque le questioni non sono fondate, perché la norma censurata tenderebbe ad attuare «una forma di prevenzione generale della recidiva reite- rata, inasprendone il regime sanzionatorio».
Essa inoltre non comporterebbe l’applicazione di una pena spro- porzionata perché sanziona coloro che hanno commesso un altro reato pur essendo già recidivi, e hanno così dimostrato un alto e persistente grado di antisocialità.
Peraltro la stessa Corte costituzionale avrebbe chiarito che gli effetti della sentenza n. 251 del 2012 devono essere circoscritti alla sola circostanza considerata e non hanno carattere di generalità, e che vi sono casi in cui il divieto di cui all’art. 69, quarto comma,
cod. pen. può trovare giustificazione.
Nel caso in esame il divieto sarebbe giustificato perché «colpisce una attenuante ad effetto comune e lo “scalino” edittale determinato dal divieto di prevalenza non appare manifestamente sproporzionato, valutando i dati soggettivi, connessi alla colpevolezza ed alla peri- colosità dell’agente, rispetto a quelli oggettivi, legati alla concreta offensività della fattispecie».
La deroga al giudizio di bilanciamento sarebbe allora rispettosa della discrezionalità legislativa e quindi non sindacabile dalla Corte costituzionale, come sarebbe stato già ritenuto dalla sentenza n. 68 del 2012.
La norma non contrasterebbe neanche con il principio di offen- sività, posto dall’art. 25, secondo comma, Cost., che non impone di «attribuire rilievo soltanto all’oggetto del reato senza valutare il soggetto agente, e in particolare la sua pericolosità, soprattutto se recidivo».
Sarebbe infine infondata anche la censura relativa alla violazione dell’art. 27, terzo comma, Cost. La scelta legislativa di sanzionare la recidiva in modo rigoroso, indipendentemente dalla «gravità dei fatti commessi, dai loro tempi e modi e dalle sanzioni irrogate», rientrerebbe nella discrezionalità del legislatore e sarebbe immune dalle censure formulate dal rimettente, in quanto «il fatto stesso della persistenza nelle condotte antisociali, quali che esse siano, dimostra che la funzione rieducativa non ha potuto efficacemente esplicarsi».
Considerato in diritto
1.– La Corte d’appello di Ancona, con ordinanza del 29 febbraio 2016, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, questioni di legittimità co- stituzionale dell’art. 69, quarto comma, del codice penale, come sostituito dall’art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in cui stabilisce il divieto di prevalenza della circostanza at- tenuante di cui all’art. 219, terzo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato pre- ventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa) sulla recidiva reiterata, prevista dall’art. 99, quarto comma, cod. pen.
Ad avviso della Corte rimettente, la norma censurata sarebbe in contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 Cost., perché condurrebbe, in determinati casi, ad applicare pene identiche per violazioni di rilievo penale enormemente diverso: il recidivo reiterato responsabile di bancarotte fraudolente ultramilionarie, al quale siano applicate le circostanze attenuanti generiche, verrebbe punito con la stessa pena prevista per il recidivo reiterato autore di episodi di modesta gravità, «con limitati o nulli pregiudizi concreti ai creditori», al quale siano riconosciute le circostanze attenuanti generiche e quella prevista dall’art. 219, terzo comma, del r.d. n.
267 del 1942.
Sarebbe altresì violato il principio di ragionevolezza, in quanto, per effetto dell’equivalenza tra la recidiva reiterata e l’attenuante in questione, «l’imputato viene di fatto a subire un aumento assai superiore a quello specificamente previsto dall’art. 99, quarto comma, cod. pen., che, a seconda dei casi, è della metà o di due terzi: il che rende evidente il vulnus costituzionale proprio con ri- ferimento ai casi marginali, di minima offensività, quale è quello per cui è processo».
La questione sarebbe non manifestamente infondata anche con riferimento al «principio di offensività di cui all’art. 25, secondo comma, Cost., che, con il suo espresso richiamo al fatto commesso», attribuirebbe una rilevanza fondamentale all’azione delittuosa per il suo obiettivo disvalore e non solo in quanto manifestazione sin- LA GIUSTIZIA PENALE 2017 (Parte Prima: I Presupposti)
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tomatica di pericolosità sociale, implicando conseguentemente «la necessità di un trattamento penale differenziato per fatti diversi, senza che la considerazione della mera pericolosità dell’agente possa legittimamente avere rilievo esclusivo».
La norma censurata, infine, violerebbe il «principio di propor- zionalità della pena (nelle sue due funzioni retributiva e rieduca- tiva)», previsto dall’art. 27, terzo comma, Cost., «perché una pena sproporzionata alla gravità del reato commesso da un lato non può correttamente assolvere alla funzione di ristabilimento della legalità violata, dall’altro non potrà mai essere sentita dal condannato come rieducatrice»: la condanna a tre anni di reclusione per condotte di modestissimo valore non potrebbe essere considerata, chiunque ne sia l’autore, una risposta sanzionatoria proporzionata.
2.– L’Avvocatura generale dello Stato ha eccepito l’inammissi- bilità delle questioni, per carente descrizione della fattispecie oggetto del giudizio a quo e, di conseguenza, per difetto di motivazione sulla rilevanza. Il giudice rimettente, infatti, non avrebbe sollevato le questioni in modo corretto, in quanto non avrebbe indicato per quali motivi il Tribunale aveva riconosciuto le circostanze attenuanti generiche, e quindi non sarebbe possibile verificare se l’applicazione di tali circostanze sia stata fondata proprio sullo scarso valore del danno patrimoniale. In questo caso, infatti, «la valorizzazione della tenuità del danno spiegherebbe certamente un effetto sul trattamento sanzionatorio, neutralizzando l’aumento di pena dovuto alla sussi- stenza della contestata recidiva».
L’eccezione è infondata.
La Corte d’appello rimettente - chiamata a pronunciarsi in sede di rinvio in seguito all’annullamento, da parte della Corte di cassa- zione, della sentenza con cui il Tribunale di Urbino aveva condan- nato l’imputato alla pena di due anni di reclusione per il reato di bancarotta fraudolenta documentale, previo riconoscimento della recidiva reiterata, ritenuta equivalente alle circostanze attenuanti generiche, e dell’attenuante speciale prevista dall’art. 219, terzo comma, del r.d. n. 267 del 1942 - ha adeguatamente descritto la fattispecie e nessuna rilevanza può riconoscersi alla mancata indi- cazione dei motivi per i quali il giudice di primo grado ha applicato le attenuanti generiche. Secondo la sentenza di annullamento il giudice di rinvio deve limitarsi a determinare la pena all’esito del giudizio di comparazione tra le circostanze e ciò basta a dimostrare la rilevanza delle questioni.
3.– Nel merito, le questioni sono fondate.
4.– L’art. 219, terzo comma, del r.d. n. 267 del 1942 prevede una circostanza attenuante ad effetto speciale, che comporta una ridu- zione della pena base fino al terzo, nel caso in cui i fatti previsti negli artt. 216 (bancarotta fraudolenta), 217 (bancarotta semplice) e 218 (ricorso abusivo al credito) «hanno cagionato un danno pa- trimoniale di speciale tenuità».
Quando però questa attenuante concorre con l’aggravante della recidiva prevista dall’art. 99, quarto comma, cod. pen., la diminu- zione è impedita dalla norma censurata dell’art. 69, quarto comma, cod. pen.
Come questa Corte ha già rilevato, l’attuale formulazione dell’art.
69, quarto comma, cod. pen. costituisce il punto di arrivo di un’evo- luzione legislativa dei criteri di bilanciamento iniziata con l’art. 6 del decreto-legge 11 aprile 1974, n. 99 (Provvedimenti urgenti sulla giustizia penale), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 220, che ha esteso il giudizio di comparazione alle circo- stanze autonome o indipendenti e a quelle inerenti alla persona del colpevole. «L’effetto è stato quello di consentire il riequilibrio di alcuni eccessi di penalizzazione, ma anche quello di rendere modi- ficabili, attraverso il giudizio di comparazione, le cornici edittali di alcune ipotesi circostanziali, di aggravamento o di attenuazione, sostanzialmente diverse dai reati base; ipotesi che solitamente ven- gono individuate dal legislatore attraverso la previsione di pene di specie diversa o di pene della stessa specie, ma con limiti edittali
indipendenti da quelli stabiliti per il reato base» (sentenza n. 251 del 2012; in seguito, sentenze n. 106 e n. 105 del 2014, n. 74 del 2016).
Rispetto a questo tipo di circostanze, «il criterio generalizzato, introdotto con la modificazione dell’art. 69, quarto comma, cod.
pen., ha mostrato delle incongruenze, inducendo il legislatore a in- tervenire con regole derogatorie, come è avvenuto con l’aggravante della “finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico”
(art. 1, decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, recante “Misure urgenti per la tutela dell’ordine democratico e della sicurezza pub- blica”, convertito, con modificazioni, nella legge 6 febbraio 1980, n. 15), e, in seguito, con varie altre disposizioni, generalmente adottate per impedire il bilanciamento della circostanza c.d. privi- legiata, di regola un’aggravante, o per limitarlo, in modo da esclu- dere la soccombenza di tale circostanza nella comparazione con le attenuanti; ed è appunto questo il risultato che si è voluto perseguire con la norma impugnata» (sentenza n. 251 del 2012; in seguito, sentenze n. 106 e n. 105 del 2014, n. 74 del 2016).
Si tratta di deroghe rientranti nell’ambito delle scelte riservate al legislatore, che questa Corte ha ritenuto sindacabili «soltanto ove trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell’arbitrio» (sen- tenza n. 68 del 2012), ed è sotto questo aspetto che vanno conside- rate le questioni sollevate.
5.– Anche nel caso in esame - come in quello concernente l’art.
73, comma 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipen- denza) e in quello relativo all’art. 648, secondo comma, cod. pen., rispettivamente decisi dalle sentenze di questa Corte n. 251 del 2012 e n. 105 del 2014 - il divieto di prevalenza dell’attenuante di cui all’art. 219, terzo comma, del r.d. n. 267 del 1942 sulla recidiva reiterata conduce a conseguenze sanzionatorie manifestamente ir- ragionevoli.
Come è stato ritenuto dalla giurisprudenza della Corte di cassa- zione, la circostanza attenuante prevista dall’art. 219, terzo comma, del r.d. n. 267 del 1942 è una circostanza speciale, di natura oggettiva e ad effetto speciale, perché prevede una diminuzione «fino al terzo» della pena in concreto comminata, e non in misura non ec- cedente un terzo, come le circostanze ad effetto comune, secondo quanto disposto dall’art. 65 cod. pen. La disposizione, insomma,
«allude non all’entità della pena da sottrarre a quella altrimenti in- dividuata, ma, direttamente, al risultato dello scomputo, cioè alla pena finale, che, dunque, può essere portata, appunto, fino al terzo di sé stessa (cioè fino al terzo di quella individuata prima del calcolo della incidenza dell’attenuante speciale)» (Corte di cassazione, se- zione quinta, 23 febbraio 2015, n. 15976; nello stesso senso, sezione quinta, 17 febbraio 2005, n. 10391).
Nel caso in questione è evidente la notevole divaricazione tra le cornici edittali stabilite dal legislatore per le fattispecie base previste dagli artt. 216, 217 e 218 del r.d. n. 267 del 1942 e quelle stabilite per le rispettive ipotesi attenuate a norma dell’art. 219, terzo comma.
Infatti la pena edittale per la bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale (art. 216, primo comma, numeri 1 e 2, del r.d. n.
267 del 1942), che va da tre a dieci anni di reclusione, per effetto dell’attenuante potrebbe essere ridotta nel minimo fino a un anno, e nel massimo fino a tre anni e quattro mesi di reclusione. Nella stessa proporzione potrebbero ovviamente essere ridotte le pene previste per gli altri reati ai quali è applicabile la circostanza.
Le differenti comminatorie edittali delle fattispecie criminose di base e delle rispettive ipotesi attenuate ex art. 219, terzo comma, del r.d. n. 267 del 1942 si collegano a diverse caratteristiche ogget- tive sul piano dell’offensività.
Il trattamento sanzionatorio, significativamente più mite, assi- curato ai fatti di bancarotta che hanno determinato un danno patri- moniale di particolare tenuità, «esprime una dimensione offensiva
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la cui effettiva portata è disconosciuta dalla norma censurata, che indirizza l’individuazione della pena concreta verso un’abnorme enfatizzazione delle componenti soggettive riconducibili alla reci- diva reiterata, a detrimento delle componenti oggettive del reato»
(sentenza n. 251 del 2012). In altri termini due fatti, quello di ban- carotta fraudolenta e quello di bancarotta che ha cagionato, alla massa dei creditori, un danno patrimoniale di speciale tenuità, che lo stesso assetto legislativo riconosce diversi sul piano dell’offesa, vengono ricondotti alla medesima cornice edittale, determinando la violazione dell’art. 25, secondo comma, Cost., «“che pone il fatto alla base della responsabilità penale” (sentenze n. 251 del 2012 e n. 249 del 2010)» (sentenza n. 105 del 2014).
Come è stato già rilevato da questa Corte, «la recidiva reiterata
“riflette i due aspetti della colpevolezza e della pericolosità, ed è da ritenere che questi, pur essendo pertinenti al reato, non possano assumere, nel processo di individualizzazione della pena, una rile- vanza tale da renderli comparativamente prevalenti rispetto al fatto oggettivo: il principio di offensività è chiamato ad operare non solo rispetto alla fattispecie base e alle circostanze, ma anche rispetto a tutti gli istituti che incidono sulla individualizzazione della pena e sulla sua determinazione finale. Se così non fosse, la rilevanza dell’offensività della fattispecie base potrebbe risultare “neutraliz- zata” da un processo di individualizzazione prevalentemente orien- tato sulla colpevolezza e sulla pericolosità” (sentenza n. 251 del 2012)» (sentenza n. 105 del 2014).
Inoltre, come ha esattamente rilevato la Corte rimettente, rispetto a una bancarotta fraudolenta che abbia cagionato un danno patrimo- niale di speciale tenuità, «per effetto dell’equivalenza tra la recidiva reiterata e l’attenuante in questione, l’imputato viene di fatto a subire un aumento assai superiore a quello specificamente previsto dall’art.
99, quarto comma, cod. pen., che, a seconda dei casi, è della metà o di due terzi».
Insomma la norma censurata si pone in contrasto, sia con l’art. 3, sia con l’art. 25, secondo comma, Cost., perché determina l’applica- zione irragionevole della stessa pena a fatti di bancarotta oggettiva- mente diversi e in modo non rispettoso del principio di offensività.
6.– È fondata anche la censura relativa alla violazione del prin- cipio di proporzionalità della pena (art. 27, terzo comma, Cost.).
L’art. 69, quarto comma, cod. pen., infatti, «nel precludere la prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata, rea- lizza “una deroga rispetto a un principio generale che governa la complessa attività commisurativa della pena da parte del giudice, saldando i criteri di determinazione della pena base con quelli me- diante i quali essa, secondo un processo finalisticamente indirizzato dall’art. 27, terzo comma, Cost., diviene adeguata al caso di specie anche per mezzo dell’applicazione delle circostanze” (sentenze n.
251 del 2012 e n. 183 del 2011)» (sentenze n. 106 e n. 105 del 2014). Nel caso in esame, infatti, il divieto legislativo di soccom- benza della recidiva reiterata rispetto all’attenuante di cui all’art.
219, terzo comma, del r.d. n. 267 del 1942 impedisce il necessario adeguamento, che dovrebbe avvenire attraverso l’applicazione della pena stabilita dal legislatore per la bancarotta fraudolenta con «un danno patrimoniale di speciale tenuità».
Come è stato già affermato da questa Corte, «la legittimità, in via generale, di trattamenti differenziati per il recidivo, ossia per
“un soggetto che delinque volontariamente pur dopo aver subito un processo ed una condanna per un delitto doloso, manifestando l’insufficienza, in chiave dissuasiva, dell’esperienza diretta e con- creta del sistema sanzionatorio penale” (sentenza n. 249 del 2010), non sottrae allo scrutinio di legittimità costituzionale le singole previsioni» (sentenze n. 251 del 2012, n. 106 e n. 105 del 2014).
Questo scrutinio nel caso in esame rivela il carattere palesemente sproporzionato del trattamento sanzionatorio determinato dall’in- nesto della deroga al giudizio di bilanciamento sull’assetto delineato dall’art. 219, terzo comma, del r.d. n. 267 del 1942. Perciò deve
concludersi che la norma censurata è in contrasto anche con la fi- nalità rieducativa della pena, che implica «un costante “principio di proporzione” tra qualità e quantità della sanzione, da una parte, e offesa, dall’altra» (sentenza n. 341 del 1994).
7.– Deve pertanto dichiararsi l’illegittimità costituzionale dell’art.
69, quarto comma, cod. pen., come sostituito dall’art. 3 della legge n. 251 del 2005, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 219, terzo comma, del r.d. n. 267 del 1942 sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen. (omissis).
(1) Considerazioni sulla giurisprudenza costituzionale in re- lazione al concorso di circostanze alla luce della recente sentenza n. 205 del 2017
1. La sentenza in esame rappresenta un ulteriore tassello lungo il progressivo percorso di erosione costituito dalle successive pronunce del giudice delle leggi che, nel corso degli ultimi anni, hanno avuto ad oggetto l’assetto normativo della recidiva, come risultante dalle modifiche al codice penale a seguito dell’entrata in vigore della legge 5 dicembre 2005, n. 251, con particolare riferimento al giu- dizio di bilanciamento tra circostanze disciplinato dall’art. 69, comma quarto, cod. pen..
Trattasi di una constatazione banale nella sua evidenza, se solo si considerano le precedenti tappe, rappresentate da altrettante sen- tenze della Corte costituzionale.
Con la sentenza più risalente, n. 251 del 2012, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art.69, quarto comma, cod. pen, nella parte in cui era previsto il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 73, comma quinto, del d.p.r. n. 309 del 1990 sulla recidiva, di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen.; a tale conclusione il giudice delle leggi è giunto sia in base alla mani- festa irragionevolezza del divieto - come palesata dalla consistente divaricazione delle cornici edittali previste, rispettivamente, per il reato circostanziato e per la fattispecie base di cui al primo comma dell’art. 73 d.p.r. 309 del 1990 - sia in quanto il divieto di prevalenza realizzava una deroga rispetto al principio di proporzionalità della pena, la quale viene adeguata al caso di specie anche per mezzo dell’applicazione delle circostanze e, pertanto, con evidenti riflessi anche in riferimento alla finalità rieducativa della pena.
Con la successiva sentenza n. 105 del 2014 è stata affermato che l’art. 69, quarto comma, cod. pen., è costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui prevedeva il divieto di prevalenza della circostanza attenuante del fatto di particolare tenuità, di cui all’art. 648, secondo comma, cod. pen., sulla recidiva prevista dall’art. 99, quarto comma, cod. pen., per ragioni sostanzialmente analoghe a quelle delle pre- cedente pronuncia: il divieto, infatti, determinava conseguenze ma- nifestamente irragionevoli sul piano sanzionatorio, per l’annulla- mento delle differenze tra i livelli minimi di pena previsti dal primo comma e dalla fattispecie circostanziata di cui al secondo comma dell’art. 648 cod. pen., per i quali sono previsti, rispettivamente, la pena detentiva da due ad otto anni di reclusione e la pena detentiva della reclusione da quindici giorni a sei anni; inoltre il divieto finiva per ricondurre alla medesima cornice edittale due condotte che lo stesso legislatore riconosce come profondamente diverse sotto il profilo dell’offensività; risultava, altresì, violato il principio di ugua- glianza, in quanto il recidivo reiterato, cui siano concesse le attenuanti generiche ed applicato il minimo della pena, viene assoggettato allo stesso trattamento sanzionatorio, tanto nel caso di ricettazione nor- male, anche di rilevante gravità, che nella ipotesi di fatto di particolare tenuità; infine, il citato divieto impediva, anche in tal caso, il neces- sario adeguamento della sanzione attraverso l’applicazione della pena stabilita dal legislatore per il fatto di particolare tenuità, impo- nendo un trattamento sanzionatorio palesemente sproporzionato e contrastante con la finalità rieducativa della pena.
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Sulla stessa scia si colloca la sentenza n. 106 del 2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dello stesso art. 69, quarto comma, cod. pen., nella parte in cui prevedeva il divieto di preva- lenza della circostanza attenuante di cui all’art. 609 bis, terzo comma, cod. pen., sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, dello stesso codice, richiamando anch’essa la violazione del prin- cipio di proporzionalità della pena e della finalità rieducativa della stessa, in quanto il citato divieto finiva per annullare la diversità delle cornici edittali previste dal primo e dal terzo comma dell’art.
609 bis cod. pen., con conseguenze manifestamente irragionevoli sul piano sanzionatorio, tenuto conto della divaricazione tra i livelli minimi di pena previsti per la fattispecie base, pari ad anni cinque di reclusione, e per quella circostanziata, pari ad anni uno mesi otto di reclusione, in quanto, per effetto dell’equivalenza tra la re- cidiva reiterata e l’attenuante, l’imputato subiva un aumento di pena assai superiore a quello specificamente previsto dall’art. 99, quarto comma, cod. pen., che, a seconda dei casi, è della metà o di due terzi; risultava violato, infine, anche il principio di uguaglianza, atteso che fatti anche di minima entità finivano per essere irragio- nevolmente sanzionati con la stessa pena prevista dal primo comma dell’art. 609 bis, cod. pen., ossia per le ipotesi di violenza più gravi, vale a dire per condotte che, pur aggredendo il medesimo bene giuridico, risultano del tutto diverse, sia per le modalità, sia per il danno arrecato alla vittima.
Infine, con la più recente sentenza n. 74 del 2016, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 69, quarto comma, cod. pen., nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 73, comma 7, del d.p.r. 9 ottobre 1990, n.
309, sulla recidiva reiterata prevista dall’art. 99, quarto comma, cod.
pen.; il giudice delle leggi ha rilevato come la circostanza attenuante menzionata sia espressione di una scelta di politica criminale di tipo premiale, che incentiva, mediante una sensibile diminuzione di pena, il ravvedimento post-delittuoso del reo, rispondendo sia all’esigenza di tutela del bene giuridico sia a quella di prevenzione e repressione dei reati in materia di stupefacenti, affermando come dette finalità risulterebbero compromesse in modo manifestamente irragionevole dalla rilevanza ostativa ed insuperabile attribuita alla precedente at- tività delittuosa del reo, rispetto alla condotta di collaborazione suc- cessiva alla commissione del reato.
2. La Corte d’appello di Ancona, nel caso in esame - quale giudice di rinvio a seguito dell’annullamento, da parte della Corte di Cassazione, della sentenza con cui il Tribunale di Urbino aveva condannato l’imputato alla pena di anni due di reclusione per il reato di bancarotta fraudolenta documentale, previo riconoscimento della recidiva reiterata, ritenuta equivalente alle circostanze atte- nuanti generiche, e dell’attenuante speciale prevista dall’art. 219, terzo comma, del r.d. n. 267 del 1942 - ha sollevato plurime que- stioni di legittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, cod.
pen., nella parte in cui era stabilito il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 219, terzo comma, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, sulla recidiva reiterata, prevista dall’art. 99, quarto comma, cod. pen.
La norma censurata, ha osservato la Corte rimettente, risulterebbe in contrasto con il principio di uguaglianza, di cui all’art. 3 Cost., perché essa fa sì che vengano applicate pene identiche per violazioni di rilievo penale enormemente diverso, in quanto il recidivo reite- rato, responsabile di bancarotte fraudolente di notevole gravità, be- neficiando dell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, verrebbe punito con la stessa pena prevista per il recidivo reiterato autore di episodi di modesta gravità, al quale siano riconosciute le circostanze attenuanti generiche e quella prevista dall’art. 219, terzo comma, del r.d. n. 267 del 1942.
Altro principio violato - secondo l’ordinanza della Corte d’appello di Ancona - sarebbe quello di ragionevolezza, in quanto, per effetto
dell’equivalenza tra la recidiva reiterata e l’attenuante in questione, l’aumento di pena risulta superiore a quello specificamente previsto dall’art. 99, quarto comma, cod. pen., che, a seconda dei casi, è della metà o di due terzi, con evidente violazione del menzionato principio proprio con riferimento ai casi marginali, di minima offensività.
Parimenti violato apparirebbe - prosegue l’ordinanza di rimes- sione - il principio di offensività di cui all’art. 25, secondo comma, Cost., che attribuisce rilevanza fondamentale all’azione delittuosa per il suo obiettivo disvalore, e non solo in quanto manifestazione sintomatica di pericolosità sociale.
La norma censurata, infine, si porrebbe in contrasto con il prin- cipio di proporzionalità della pena, sia sotto l’aspetto della fun- zione retributiva che della funzione rieducativa, come previsto dall’art. 27, terzo comma, Cost., in quanto, in concreto, la con- danna a tre anni di reclusione per condotte di modestissimo valore non potrebbe essere considerata, chiunque ne sia l’autore, una ri- sposta sanzionatoria proporzionata.
3. La sentenza della Corte costituzionale in commento - che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, cod. pen., come sostituito dall’art. 3 della legge n. 251 del 2005, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 219, terzo comma, del r.d. n. 267 del 1942 sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen. - è scandita da successivi snodi descrittivi e ricostruttivi.
In motivazione si è premesso come l’attuale formulazione dell’art.
69, quarto comma, cod. pen. costituisca il punto di arrivo di un’evo- luzione legislativa che, relativamente ai criteri di bilanciamento, aveva avuto inizio con l’art. 6 d.l. 11 aprile 1974, n. 99, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 220: detta norma aveva esteso il giudizio di comparazione alle circostanze autonome o indipendenti e a quelle inerenti alla persona del colpevole. In proposito la sentenza ha affermato che «L’effetto è stato quello di consentire il riequilibrio di alcuni eccessi di penalizzazione, ma anche quello di rendere modificabili, attraverso il giudizio di com- parazione, le cornici edittali di alcune ipotesi circostanziali, di ag- gravamento o di attenuazione, sostanzialmente diverse dai reati base; ipotesi che solitamente vengono individuate dal legislatore attraverso la previsione di pene di specie diversa o di pene della stessa specie, ma con limiti edittali indipendenti da quelli stabiliti per il reato base».
Sotto detto aspetto occorre ricordare come la giurisprudenza della Corte costituzionale sia intervenuta sin da epoca risalente, avendo affrontato per la prima volta, con la sentenza n. 38 del 1985, le censure avanzate in relazione alla disposizione derogatoria del regime previsto dall’art. 69, comma quarto, cod. pen., introdotta dall’art. 1 d.l. 15 dicembre 1979, n. 625, in materia di aggravante della finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico.
In occasione di detto primo intervento il giudice delle leggi aveva chiaramente affermato come la preoccupazione del legislatore fosse stata “soltanto quella di non consentire che l’aggravante che in- troduceva potesse essere posta nel nulla dal potere discrezionale del giudice mediante il suo dissolvimento nel giudizio di equivalenza o addirittura di prevalenza delle attenuanti: ed è questo appunto ciò che soltanto si è inteso vietare”. La Corte costituzionale, pur ri- conoscendo che si trattava di una grave limitazione, aveva però af- fermato che la circostanza della finalità terroristica, pur avendo ca- rattere comune, era stata assoggettata chiaramente, da parte del legislatore, alla disciplina delle circostanze ad efficacia speciale, cosa che rientrava senza alcun dubbio nei poteri del legislatore,
“tanto più che alla circostanza, pur avendo caratteri comuni, non può essere negato un aspetto particolare, rappresentato dall’au- mento in misura fissa”; inoltre la disciplina delineata in funzione dell’applicazione della circostanza aggravante esaminata prescrive che gli aumenti per ulteriori, eventuali aggravanti, debbano appli-
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