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Titolo I "Del contratto di locazione&#34

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Organo: INAIL

Documento: Circolare n.12 del 6 marzo 1980

Oggetto: Legge 27 luglio 1978, n. 392. Disciplina delle locazioni di immobili urbani.

La Gazzetta Ufficiale n. 211 del 29 luglio 1978 ha pubblicato la legge 27 luglio 1978, n. 392, riguardante la disciplina delle locazioni di immobili urbani (all n. 1).

Il provvedimento legislativo, composto da 85 articoli, e suddiviso nel modo seguente:

- Titolo I "Del contratto di locazione" con tre Capi e 57 articoli (da 1 a 57).

- Titolo II "Disciplina transitoria" con tre Capi e 17 articoli (da 58 a 74).

- Titolo III "Fondo sociale" con 4 articoli (da 75 a 78) - Titolo IV "Disposizioni finali" con 7 articoli (da 79 a 85).

Il Titolo I detta la disciplina generale delle locazioni degli immobili per abitazione e per altri usi, innovando in modo organico l'intera materia e sostituendo il previgente regime vincolistico (sono, infatti, abrogate tutte le disposizioni incompatibili con la nuova legge).

Il Titolo II contiene la cosiddetta disciplina transitoria, che si applica ai contratti in corso al momento dell'entrata in vigore della legge (30 luglio 1978) e che ha lo scopo di consentire il passaggio graduale dal precedente regime vincolistico alla nuova disciplina.

Il Titolo III, infine, introduce il Fondo sociale, cioè un meccanismo di intervento statale a favore dei conduttori più bisognosi.

La presente circolare illustra le disposizioni legislative che maggiormente interessano la gestione del patrimonio immobiliare dell'Istituto; il commento è stato articolato in cinque parti:

- regime ordinario delle locazioni di immobili adibiti ad uso di abitazione;

- regime transitorio delle locazioni di immobili adibiti ad uso di abitazione;

- regime ordinario delle locazioni di immobili adibiti ad uso diverso dall'abitazione;

- regime transitorio delle locazioni di immobili adibiti ad uso diverso dall'abitazione;

- disposizioni operative.

Le norme di legge che attengono alla procedure processuali saranno oggetto di separate istruzioni.

REGIME ORDINARIO DELLE LOCAZIONI DI IMMOBILI URBANI ADIBITI AD USO DI ABITAZIONE

Le norme del Titolo I, Capo I (artt.1-26) della legge ettano il regime ordinario delle locazioni di unità immobiliari urbane adibite ad uso di abitazione.

Esse si applicano immediatamente ed integralmente alle locazioni concluse dopo il 30 luglio 1978 e cioè:

- le prime locazioni successive a quella data;

- le locazioni di unità che si rendono libere e vengono riaffittate;

- i cambi di alloggio richiesti da conduttori che già occupano appartamenti dell'Istituto.

Le stesse norme si applicano altresì alle locazioni in corso al 30 luglio 1978 se non sono espressamente modificate o sostituite dalle disposizioni del Titolo II, Capo I (artt. 58-66) che detta il regime transitorio

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delle locazioni ad uso abitativo e del quale si tratterà in seguito.

1) Durata della locazione.

L'art. 1 introduce una durata minima "legale" delle locazioni di unità immobiliari ad uso di abitazione, disponendo che essa non possa essere inferiore ai quattro anni. Di conseguenza se si è convenuta tra le parti una durata Inferiore oppure a tempo indeterminato, questa deve intendersi di quattro anni. Fanno eccezione le locazioni stipulate per soddisfare esigenze abitative di natura transitoria (art. 26).

Pertanto i contratti dovranno essere stipulati per quattro anni e si rinnoveranno tacitamente di quadriennio In quadriennio, salvo disdetta da intimarsi sei mesi prima della scadenza a mezzo di lettera raccomandata (art. 3).

Nel corso del rapporto il locatore non ha il diritto di chiedere il rilascio dell'immobile prima della scadenza per nessun motivo, salvo l'inadempimento degli obblighi contrattuali (ai sensi degli artt. 5 e 55 della legge in esame e degli artt; 1453 e seguenti del codice civile).

Il conduttore, invece, (art. 4) può recedere in qualsiasi momento dal contratto, con preavviso di sei mesi, per gravi motivi (di salute, di lavoro, di studio dei figli, ecc.). In questi casi le pratiche devono essere sottoposte alla Direzione generale per le decisioni.

L'art. 6 regola la successione nel rapporto di locazione, nei casi di morte del conduttore, di separazione giudiziale e di separazione consensuale.

Si richiama l'attenzione sul fatto che la legge, in caso di morte del conduttore, pone come condizione per il subentro la "abituale convivenza" col defunto da parte di chi chieda di succedergli nel contratto; è opportuno perciò svolgere periodici accertamenti per verificare che i coabitanti in un appartamento siano effettivamente coloro che sono stati indicati in contratto, o con dichiarazione formale successiva, come componenti il nucleo famigliare del conduttore, in modo da evitare che vengano predisposte "convivenze"

fittizie per subentrare nel contratto.

2) Determinazione canone.

L'art. 12 dispone che il canone di locazione di immobili ad uso abitazione sia determinato nel modo seguente:

- costo base moltiplicato (*) per i coefficienti correttivi costo unitàrio di produzione;

- costo unitàrio di produzione moltiplicato per la superficie convenzionale valore locativo;

- valore locativo moltiplicato per 0,0385 = equo canone annuo.

Si forniscono, ora, alcune precisazioni sugli elementi che concorrono alla determinazione del canone avvertendo che tali elementi devono tutti essere indicati in contratto per espressa disposizione legislativa (art. 12, quarto comma).

Costo base (art. 14)

E' fissato dall'art. 14 per gli immobili ultimati entro il 31 dicembre 1975; è fissato con D.P.R. da emanare entro il 31 marzo di ogni anno per gli immobili ultimati dopo il 31 dicembre 1975 (art. 22). Finora sono stati fissati con D.P.R. (v. allegati 2 e 2 bis) i costi base per immobili ultimati negli anni 1976, 1977 e 1978.

Circa le modalità di accertamento della data di ultimazione dei lavori di costruzione degli immobili, la legge afferma che essa e quella risultante dal certificato di abitabilità, o, in mancanza, dal certificato di ultimazione dei lavori presentato agli Uffici delle imposte, oppure quella comunque accertata.

Giova chiarire che la data di ultimazione non va confusa con la data di rilascio o di decorrenza dell'abitabilità, ma va desunta dal certificato sempreche vi sia stata riportata.

L'uso del termine "comunque" rende possibile la prova della data sia a mezzo di una pubblica certificazione sia a mezzo di una attestazione privata.

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Le Unità operative provvederanno, perciò, all'accertamento della data di ultimazione ricorrendo in primo luogo agli strumenti indicati dalla legge e, in assenza, ad ogni altro mezzo probatorio (ad es. data riportata nel contratto di acquisto dell'immobile, data di allaccio delle utenze essenziali, ecc.). In caso di contrasto con gli inquilini il problema andrà sottoposto alla Direzione generale con tutti gli elementi di valutazione.

Coefficienti correttivi del costo base.

A) Tipologia (art. 16)

L'elencazione dell'art. 16 e strettamente riferita alla categoria catastale; pertanto ogni obiezione che dovesse pervenire dagli inquilini circa pretese incongruenze tra categoria catastale e caratteristiche oggettive dell'immobile sarà irrilevante, fin quando gli interessati non avranno ottenuto la rettifica della categoria.

(*) La moltiplicazione deve essere effettuata in sequenza: ad es. 250.000 x 1,25 = risultato x 1,20 = risultato x 1,30 e cosi via.

Per quanto riguarda gli alloggi non ancora censiti in catasto, il secondo comma dell'art. 16 stabilisce che gli interessati devono presentare all'Ufficio tecnico erariale competente per territorio - al solo fine di conoscere la categoria - apposita domanda, corredata da una planimetria dell'unità immobiliare locata, con una sommaria descrizione dell'edificio, delle rifiniture dell'unità immobiliare medesima nonchè degli impianti in essa installati. Si fa presente che, a tali fini, si considerano come non censite anche le unità per le quali sia già stata presentata denuncia di variazione, purchè relativa esclusivamente a significative modifiche nella consistenza e/o a rilevante integrazione della dotazione di impianti.

L'U.T.E. provvede entro 90 giorni dalla richiesta senza obbligo di sopralluogo.

Il Ministero delle Finanze in ordine alla suddetta disposizione, ha reso noto che presso i Comuni gli Uffici finanziari sono disponibili i modelli per la domanda di attribuzione della categoria catastale - domanda che va sottoscritta dal locatore e dal conduttore - e che sia la domanda sia la planimetria devono essere bollate mediante applicazione di marche (L. 2.000 per la domanda, L. 300 per la planimetria).

Come si vede, la procedura sopra esposta, oltre ad essere onerosa, comporta l'impegno di procedere alla descrizione sia pure sommaria dell'immobile e allegare le relative planimetrie.

Stante quanto sopra, sembra preferibile seguire un'altra procedura e cioè chiedere all'U.T.E. per gli immobili non censiti l'accatastamento di urgenza, corrispondendone il relativo diritto.

Tale procedura potrebbe comportare un certo ritardo rispetto ai 90 giorni previsti - termine comunque

"ordinatorio" - per la conoscenza della sola categoria; essa, tuttavia, sarebbe da preferire se il ritardo fosse contenibile in due o tre mesi, anche perchè, come è noto, il censimento dell'immobile nel nuovo catasto edilizio urbano interessa anche ai fini della dichiarazione dei redditi.

E' opportuno percio che le Unità periferiche verifichino per gli immobili ad uso abitativo non censiti in catasto, mediante diretti accessi all'U.T.E. quale sia la strada migliore da seguire, e si regolino in conseguenza.

Non si opterà, ovviamente, per la richiesta di accatastamento di urgenza, ma si seguirà la procedura prevista dall'art. 16 sopra illustrata, quando si tratti di conoscere la categoria di unità immobiliari già censite ma che abbiano subito trasformazioni ad uso abitativo.

Si precisa che, fin quando gli U.T.E. non avranno rilasciato i certificati, questo coefficiente non potrà essere applicato (non essendo ammesso il criterio dell'analogià) e l'equo canone sarà determinato provvisoriamente in attesa della certificazione che permetterà i conguagli, a norma del 4 comma, art. 62 (che pur riguardando espressamente una ipotesi "transitoria", e cioè i contratti in corso soggetti a proroga, può essere considerato un principio di portata generale).

B e C) Classe demografica dei Comuni (art. 17) - Ubicazione (art. 18)

Si tratta di disposizioni che non hanno bisogno di chiarimenti. C'è solo da rammentare che, ove i Comuni non avessero ancora proceduto alla ripartizione territoriale, il coefficiente di ubicazione viene tenuto in sospeso e si applica il 4° comma dell'art. 62 sopra richiamato.

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D) Livello di piano (art. 19)

Questo coefficiente si applica semprechè si tratti di unità immobiliari situate in edifici costituiti da almeno tre piani fuori terza. In mancanza di atti ufficiali dai quali possa desumersi il livello di piano si precisa che:

per piano terreno (coeff. = 0,90) si deve intendere quello con il pavimento situato entro un metro più in alto o più in basso rispetto al livello della strada di accesso all'edificio.

Quindi, il piano seminterrato (coefficiente = 0,80) deve intendersi quello con il pavimento situato oltre un metro più in basso rispetto al livello stradale.

Si precisa che in un edificio l'esistenza del piano seminterrato "abitabile" esclude il piano terreno, per cui le unità immobiliari immediatamente superiori (c.d. piano ammezzato o rialzato) vanno qualificate come piani intermedi (coefficiente 1).

Per piano attico (coefficiente = 1,20) si deve intendere quella con il pavimento a livello di gronda o superiore a tale livello, costruito in arretramento, anche parziale, rispetto al filo di facciata dell'edificio, con una o più terrazze a livello.

Qualora sorgessero problemi e contestazioni nell'identificare il coefficiente applicabile a causa del dislivello del terreno o per ragioni connesse con le caratteristiche costruttive dell'immobile, in linea generale il principio da seguire sarà quello di applicare provvisoriamente il coefficiente relativo al livello del piano più basso su cui l'abitazione abbia esposizione ed aperture e sottoporre il caso alla Direzione generale.

Per le abitazioni situate al quarto piano e superiori di edifici sprovvisti di ascensore, i coefficienti sono ridotti da 1 a 0,95 e da 1,20 a 1,10 per il piano attico.

E) Vetustà (art. 20)

Tale coefficiente si applica per ogni anno decorrente dal sesto anno successivo a quello di costruzione dell'immobile.

Dalla formula legislativa si evince che ai fini del calcolo ciò che è rilevante è l'anno come unità temporale;

ciò significa che:

- se ad esempio la costruzione e stata ultimata il 1° giugno 1970, il sesto anno successivo iniziera col 1°

gennaio 1976;

- se ad esempio l'immobile viene locato a partire dal 1° settembre 1979, ai fini dell'applicazione del coefficiente di vetustà varrà il degrado fino al 31 dicembre 1978.

Per l'accertamento dell'anno di costruzione, si fa rinvio a quanto detto a commento dell'art. 14, in ordine al costo base.

Qualora i mezzi di prova ivi indicati non fossero stati sufficienti per accertare la data di ultimazione dei lavori, questa si potrà desumere - ai fin della vetustà - dalla data di stipula del primo contratto di locazione.

L'ultimo comma dell'art. 20 dispone che se si è proceduto a lavori di integrale ristrutturazione o di completo restauro della unità immobiliare (non è quindi necessario che i lavori abbiano interessato l'intero edificio), l'anno di costruzione - ai soli fini dell'abbattimento del coefficiente di vetustà - e quello della ultimazione di tali lavori comunque accertato.

Si sottolinea che l'uso degli aggettivi "integrale" e "completo" sta ad intendere che gli interventi di ristrutturazione e di restauro debbono coinvolgere l'intera unità immobiliare e non soltanto una parte di essa.

Ai sensi dell'art. 21, 2° comma, gli elementi propri dell'unità immobiliare che devono essere interessati dagli interventi di ristrutturazione o di restauro sono:

1) pavimenti; 2) pareti e soffitti; 3) infissi; 4) impianto elettrico; 5) impianto idrico e servizi igienico- sanitari; 6) impianto di riscaldamento.

In linea di massima, l'unità immobiliare suscettibile di ristrutturazione o di restauro e quella classificabile, agli effetti dello stato di conservazione e manutenzione di cui al citato art. 21, come mediocre o scadente.

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Il requisito dell'integrale ristrutturazione o del completo restauro sussiste quando l'entità degli interventi, oltre ad interessare - ripetesi - tutti gli elementi costituitivi dell'unità immobiliare sia sotto il profilo qualitativo che quantitativo, assuma un contenuto rilevante rapportato al valore dell'unità stessa.

In ogni caso, la sussistenza dei suddetti requisiti deve essere confermata dal competente Servizio tecnico dell'Ispettorato Regionale.

L'art. 21 contiene coefficienti riduttivi del costo base in relazione allo stato di conservazione e manutenzione dell'immobile. Gli elementi per valutare lo stato dell'immobile sono analiticamente indicati nel D.M. 9 ottobre 1978 che si allega sub 3).

Si precisa che l'art. 21 non si applica nei casi in cui le mediocri o scadenti condizioni dell'immobile siano riconducibili alla negligente conduzione del locatario o alla omissione di interventi cui è obbligato dalle clausole contrattuali o dal codice civile. A questo scopo le Unità operative dovranno, all'inizio della locazione, redigere in contraddittorio e sottoscrivere il verbale di consegna dell'appartamento, secondo lo schema che si allega sub 4).

La classificazione dell'unità immobiliare come "mediocre" o "scadente" deve essere confermata per iscritto dal Servizio tecnico dell'Ispettorato Regionale.

Superficie convenzionale (art. 13)

La superficie convenzionale dell'immobile e il risultato della somma delle seguenti superfici:

a) l'intera superficie dell'alloggio al netto dei muri perimetrali ed interni; dovranno quindi computarsi gli armadi a muro, gli incavi, gli sguinci, le soglie delle porte interne e delle porte di ingresso, i vani-finestre, i vani ripostiglio, ecc.

La superficie cosi calcolata, se è compresa tra mq. 46 e mq. 70 e lo stato di conservazione e di manutenzione non è scadente, va maggiorata del 10%; se invece è inferiore a mq. 46 e lo stato non è scadente, va maggiorata del 20%.

Nonostante che la formulazione legislativa non contenga indicazioni al riguardo, si ritiene che le maggiorazioni del 10% o del 20% siano applicabili sino al raggiungimento rispettivamente di mq. 70 e di mq. 46. Diversamente si potrebbero verificare casi di appartamenti con superfici superiori a quelle di altri appartamenti in termini assoluti ed invece inferiori in termini convenzionali (ad es. un appartamento di mq. 69 risulterebbe avere una superficie convenzionale, e perciò un canone, superiore ad un altro di mq.

75);

b) la superficie dell'autorimessa singola, al netto dei muri, calcolata al 50%;

c) la superficie del posto macchina in autorimesse di uso comune calcolata al 20%;

d) la superficie, al netto dei muri, di balconi, terrazze, cantine ed altri accessori simili, calcolata al 25%.

Per accessori simili si intendono i locali (ad es. ripostigli, soffitte, solai, ecc.) esterni all'unità immobiliare, non comunicanti con essa e coperta. Non rientrano, invece, in questo concetto le "verande" o i vani ricavati sul terrazzo anche con strutture mobili; infatti, essendo questi locali chiusi, coperti e incorporati nell'alloggio, le loro superfici vanno calcolate per intero e non considerate tra le pertinenze;

e) la superficie scoperta - di pertinenza dell'immobile in godimento esclusivo del conduttore calcolata al 15%.

Rientrano in questo concetto il posto macchina all'aperto, il giàrdino, il cortile, purchè riservato esclusivamente ad un inquilino; questo elemento entra nel computo della superficie convenzionale sino ad un massimo non eccedente la superficie, di cui alla lettera a): ad es. se un appartamento di mq. 120 ha un giàrdino in godimento esclusivo di mq. 1.000, la superficie convenzionale di quest'ultimo va computata per mq. 120 anzichè mq. 150, quale risulterebbe applicando l'aliquota del 15% a mq. 1.000;

f) la superficie condominiale a verde, calcolata al 10%, corrispondente alla quota millesimale dell'unità immobiliare. L'aggettivo "condominiale" deve essere inteso nel senso di "uso comune", sicchè questo elemento è computabile solo in presenza di parchi o giàrdini utilizzabili dai conduttori e quindi praticabili,

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con esclusione percio di superfici destinate a disimpegno per ingresso o simili, anche se ornati di piante o di aiuole, nonchè di muri di cinta o terrapieni attrezzati a verde per motivi di "tenuta" del terreno (esempio di calcolo: superficie a verde = mq. 500, millesimi dell'appartamento = 43, percio 500 X 0,10 = 50:1.000

= 0,05 X 43 = 2,15 mq.).

L'art. 13 prevede, infine, un correttivo da applicare per i vani con altezza inferiore a metri 1,70, la cui superficie va calcolata al 70% sia che si tratti di vani dell'alloggio sia che si tratti di locali delle pertinenze;

è ovvio che, qualora l'altezza sia talmente ridotta da non consentire alcuna utilizzazione, la relativa superficie non potrà essere computata in alcun modo.

Se solo una porzione di vano e inferiore a m.1,70, la riduzione si applica unicamente alla superficie corrispondente alla parte di vano in cui il soffitto scende sotto i m. 1,70.

Sul disposto dell'art. 13 è necessario fare ancora due puntualizzazioni.

Poichè l'elencazione delle pertinenze che concorrono alla determinazione della superficie convenzionale può reputarsi tassativa, devono escludersi dal computo tutte le ulteriori aree condominiali (scale, androni, locali caldaie, stenditoi in uso comune, ecc.).

Le autorimesse singole, i posti macchina, le cantine e soffitte, limitatamente ad una sola unità per ogni categoria, vanno a confluire nella superficie convenzionale dell'appartamento anche se hanno formato oggetto di contratto separato da quello relativo all'appartamento stesso, purchè siano situati nel medesimo complesso immobiliare ove è ubicato l'alloggio e possano ritenersi ad esso legati da nesso pertinenziale.

Nel caso in cui non si verifichino queste condizioni, le locazioni delle suddette unità non rientrano nel campo di applicazione della legge e la loro regolamentazione è lasciata esclusivamente alla volonta delle parti. In queste ipotesi, perciò le Unità operative provvederanno a disdettare i contratti in corso per la loro naturale scadenza, allo scopo di adeguare i canoni ai prezzi di mercato, e a stipulare nuovi contratti utilizzando lo schema all. n. 5) e seguendo le modalità fino ad oggi adottate.

3) Aggiornamento del canone (art. 24)

La norma prevede che il canone, definito ai sensi degli articoli da 12 a 23 (cfr. per l'art. 23 quanto si dirà appresso), è aggiornato in misura pari al 75% delle variazioni dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, secondo i dati statistici elaborati dall'ISTAT.

L'aggiornamento si applica sempre sull'equo canone base (e non sul canone già aggiornato pagato l'anno precedente), maggiorato eventualmente ex art. 23.

Le modalità di applicazione dell'art. 24 sono le seguenti.

L'indice base di riferimento (fatto uguale a 100) rispetto al quale andranno sempre, in seguito, calcolate le revisioni di aggiornamento quello del giugno 1978 (1); l'aggiornamento viene effettuato aggiungendo ogni anno all'equo canone base il 75% dell'intera variazione dell'indice ISTAT rispetto all'indice base, variazione che sarà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.

Tabella esemplificativa

Abitazione costruita entro il 1978 con equo canone di L. 150.000. Svalutazione costante negli anni pari al 10%.

Colonna A: anno considerato

Colonna B: indice ISTAT del mese di giugno

Colonna C: 75% della differenza tra l'indice dell'anno in atto e l'indice dell'anno base Colonna D: canone aggiornato da corrispondere

1° anno 1978 100 - -

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Come si può capire dalla tabella, per aggiornare ad es. il canone al quarto anno si calcola il 75% della differenza tra l'indice di giugno 1981 e l'indice di giugno 1978 (75% di 33,1 = 24,825), si applica questa percentuale all'equo 24,825 X 150.000 canone ( --- 37,237) e si ottiene così l'importo 100 che rappresenta l'aggiornamento da aggiungere all'equo canone base.

L'art. 24 prevede che l'aggiornamento avviene ogni anno, ma all'ultimo comma dispone che esso decorrerà solo dal mese successivo a quello in cui ne viene fatta richiesta con lettera raccomandata. E' necessario, perciò, che le Unità operative inviino agli inquilini entro il 31 luglio di ogni anno una lettera di richiesta di aggiornamento del canone secondo lo schema allegato sub 6), in modo da far decorrere l'aggiornamento stesso dal 1° agosto.

(1) Per gli immobili ultimati dopo il 1978, l'indice iniziale di riferimento e quello del mese di giugno dell'anno di costruzione.

Sull'art. 24 va fatta ancora una precisazione, e cioè che l'aggiornamento ISTAT opera a prescindere dall'esistenza di un rapporto contrattuale in corso; in altri termini, facendo riferimento alla precedente tabella esemplificativa, se un appartamento si è liberato nel 1978 e viene riaffittato nell'ottobre 1980, al nuovo inquilino andrà richiesto il canone aggiornato di L. 173.625 e non l'equo canone base di L.150.000.

Lo stesso dicasi nei casi in cui intercorra un intervallo superiore ad almeno un anno tra l'ultimazione di un fabbricato e la data di stipula dei contratti di locazione.

4) Adeguamento del canone (art. 25)

La disposizione sancisce il diritto di entrambe le parti all'adeguamento del canone per eventuali mutamenti della superficie convenzionale dell'immobile locato o di uno dei coefficienti correttivi del costo base.

L'adeguamento, richiedibile in ogni momento con lettera raccomandata tranne che per il coefficiente di vetustà che si applica solo al momento del rinnovo contrattuale, è operativo a partire dal mese successivo a quello della richiesta e nulla può essere preteso per differenze arretrate, anche se la modifica dei coefficienti è avvenuta prima della richiesta.

Per quanto riguarda il coefficiente di vetustà, le Unità provvederanno ad adeguare il canone ad ogni rinnovo contrattuale sulla base di quanto disposto dall'art. 20.

5) Integrazione del canone per riparazioni straordinarie (art. 23)

L'articolo in questione si applica soltanto alle locazioni di abitazioni con esclusione quindi delle locazioni ad uso diverso, le quali non sono soggette al "canone legale".

Il locatore può far valere il diritto a percepire l'interesse legale sul capitale impiegato:

a) quando si eseguano sull'immobile importanti ed improrogabili opere necessarie per conservare ad esso la sua destinazione o per evitare maggiori danni che ne compromettano l'efficienza in relazione all'uso a cui e adibito;

b) quando si eseguano comunque opere di straordinaria manutenzione di rilevante entità.

In entrambe le fattispecie il dettato della legge è applicabile agli interventi eseguiti sia sull'intero edificio che su singole unità immobiliari.

Dall'insieme del 1° comma si desume che il legislatore consente l'applicazione dell'interesse nella misura del saggio legale non solo per gli interventi di riparazione in senso stretto e cioè quelli resi necessari dal verificarsi del deterioramento del bene ma anche per le opere dirette a prevenire possibili alterazioni, sempre che gli uni o le altre siano importanti e di rilevante entità.

2° anno 1979 110 7,5 161.250

3° anno 1980 121 15,75 173.625

4° anno 1981 133 24,825 187.237

5° anno 1982 146 34,807 202.211

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Perciò, sono senz'altro escluse dall'ambito di applicazione dell'articolo in esame e restano, quindi, a completo carico del locatore:

- le "migliorie" e le "addizioni", quali ad esempio l'installazione ex novo di un'autoclave, di un impianto citofonico, di un impianto di illuminazione prima inesistente, che non sono qualificabili opere di riparazione bensì innovazioni;

- la piccola manutenzione delle parti comuni degli stabili nonchè degli impianti tecnologici, come: ritocchi e stuccature di rivestimenti, piccole riprese di intonaco, fissaggio o sostituzione di limitati tratti di pavimentazione, sostituzione di lampadine, interruttori e valvole, sostituzione di brevi tratti di tubazioni e canalizzazione, revisione delle serrature e simili;

- i lavori di integrale ristrutturazione e di completo restauro dell'unità immobiliare, per i quali vale quanto detto commento dell'art. 20.

Sono, invece, a completo carico dell'inquilino, ai sensi dell'art. 1609 Codice Civile, le riparazioni di piccola manutenzione dell'appartamento.

In mancanza, da un lato, di una precisa definizione legislativa del concetto di rilevante entità e in vista, dall'altro, dell'esigenza di determinare anche sulla base dell'esperienza un criterio oggettivo e certo cui rifarsi, i casi di specie saranno per ora definiti dalla Direzione generale alla quale, ove ricorrano i presupposti, all'atto della formulazione delle proposte di intervento, dovranno essere contestualmente comunicati i seguenti dati:

- canone annuo determinato ai sensi di legge dell'unità interessata dall'intervento ovvero, ove trattasi di opere interessanti più unità immobiliari:

- ripartizione della spesa totale mediante le tabelle millesimali per tutte le unità locative;

- somma delle quote di capitale riferito a tutte le unità ad uso abitativo e somma dei canoni annui riferiti a dette unità.

Delle quote di capitale riferito alle unità ad uso diverso dall'abitazione dovrà prendersi nota per tenerne conto ai fini della determinazione del canone di mercato.

L'articolo in questione concorre alla formazione dell'equo canone base a qualunque fine; pertanto eventuali altri aumenti legali, come gli aggiornamenti ISTAT, si applicheranno sul canone conglobato, cioè comprensivo della quota del 5% di cui trattasi.

Tale quota, inoltre, si incorpora nel canone dovuto anche se si tratta di locazione per le quali il livello di equo canone si raggiungerà solo in futuro.

Come gli aggiornamenti (art. 24) e gli adeguamenti (articolo 25) anche l'aumento in questione si applica non ope legis bensì a richiesta; si richiama l'attenzione circa la necessità di provvedere in merito entro 30 giorni dall'ultimazione dei lavori onde far decorrere da tale data l'aumento; nel caso invece che la richiesta venga inoltrata successivamente a tale termine di trenta giorni, occorrerà provvedere, mediante raccomandata con ricevuta di ritorno, dal momento che l'aumento, in tale seconda ipotesi, potrà decorrere soltanto dal primo giorno del mese successivo a quello in cui detta richiesta è stata "ricevuta"

dall'inquilino.

6) Oneri accessori (art. 9)

L'art. 9 della legge pone a carico del conduttore, salvo patto contrario, le spese relative:

a) al servizio di portierato fino al 90% del relativo onere;

b) al servizio di pulizia delle parti comuni;

c) al funzionamento ed all'ordinaria manutenzione dell'ascensore;

d) alla fornitura dell'acqua e dell'energia elettrica;

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e) alla fornitura di riscaldamento e del condizionamento dell'aria;

f) allo spurgo dei pozzi neri e delle latrine;

g) all'eventuale fornitura di altri servizi comuni.

Si osserva innanzitutto che l'elencazione degli oneri accessori addebitabili agli inquilini è tassativa e, pertanto, ogni altro onere non esplicitamente previsto o non classificabile, per affinità, nella voce "altri servizi comuni" non e ripetibile dai medesimi.

Restano pertanto a Carico del locatore le spese di amministrazione, di ammortamento impianti, di assicurazione del fabbricato, di imposte e tasse nonchè gli interventi manutentivi sulle parti comuni (e relativi impianti e manufatti) qualora gli stessi non abbiano caratteristiche tali da rientrare nella previsione di cui all'articolo 23 già commentato.

Resta fermo inoltre - come già detto - l'obbligo del conduttore di provvedere, limitatamente all'unità immobiliare assunta in fitto alla piccola manutenzione.

Determinato così il campo degli oneri accessori addebitabili al conduttore, occorre precisare il significato delle singole voci che hanno formulazioni e, quindi,implicazioni volutamente diverse; infatti:

- soltanto e limitatamente agli impianti ascensori la legge pone a carico del conduttore gli oneri relativi sia al funzionamento sia all'ordinaria manutenzione degli impianti, mentre per il riscaldamento e condizionamento vanno computati soltanto gli oneri relativi alla "fornitura" del servizio da intendersi come costo del combustibile e/o della forza motrice e della conduzione dell'impianto;

- l'energia elettrica e l'acqua restano a totale carico del conduttore per i consumi risultanti dalle bollette emesse dagli enti erogatori; per l'energia elettrica in particolare si osserva che il legislatore ha significativamente usato una formulazione più specifica ("fornitura di energia") di quella prevista dall'articolo 19 della legge n. 253 del 1950 ("fornitura di luce") il che porta ad escludere dall'addebito ogni onere diverso dal puro consumo di energia;

- lo spurgo dei pozzi neri e delle latrine rimane totalmente a carico dei conduttori con abrogazione dell'art.

1610 del codice civile che disponeva esattamente il contrario; ovviamente tale disposizione non riguarda gli stabili dotati di rete fognaria;

- gli oneri relativi al servizio di pulizia delle parti comuni gravano interamente sui conduttori;

- nella voce residuale "fornitura di altri servizi comuni" si ritiene di poter includere a titolo esemplificativo:

acqua calda centralizzata, il servizio di rotazione dei bidoni dell'immondizia, il servizio di giàrdinaggio del verde comune in effettivo godimento degli inquilini, la manutenzione di impianti sportivi, ecc..

Per quanto riguarda il servizio di portierato, come è noto, il Consiglio di Amministrazione ha deliberato il recupero delle relative spese nella misura del 90% dei soli oneri derivanti dall'applicazione del contratto nazionale di categoria, con esclusione di quelli relativi al trattamento integrativo aziendale e alla retribuzione in natura.

L'ultimo comma dell'articolo 9 stabilisce che il conduttore ha diritto di prendere visione dei criteri di ripartizione degli oneri accessori, ma non precisa quali siano i criteri da adottare; sull'argomento si fa riserva di fornire dettagliate istruzioni.

Per il momento, si continuerà a richiedere agli inquilini, a titolo di anticipazione, una quota mensile pari al 10% del canone dovuto, salvi i conguagli che saranno effettuati allorchè saranno noti i consuntivi e i documenti giustificativi di spesa e si sarà in possesso delle tabelle millesimali (1).

La richiesta di versamento della quota di anticipazione dovrà essere rivolta a tutti i conduttori di qualunque tipo di unità immobiliare, con decorrenza 1° novembre 1978.

Tuttavia, limitatamente agli inquilini di unità immobiliari adibite ad uso diverso dall'abitazione, nei casi in cui la percentuale del 10% del canone si rivelasse eccessiva in rapporto alla quantità dei servizi prestati, le Unità operative potranno fissare quote percentuali inferiori al 10%; nessun rimborso, ovviamente, andrà richiesto agli inquilini che non fruiscono affatto di servizi comuni.

(10)

7) Partecipazione del conduttore all'assemblea dei condomini (art. 10)

Il primo e secondo comma dell'articolo non costituiscono sostanziali novità rispetto al dettato della legge 22 dicembre 1973, n. 841, che attribuiva diritto di autodeterminazione all'inquilinato in materia di servizio riscaldamento, tale diritto viene ora esteso anche al condizionamento dell'aria.

Per la pratica applicazione della disposizione, ci si atterrà alle istruzioni già impartite con la lettera circolare n. 73 del 7 agosto 1974 tenendo presente che il diritto di autodeterminazione dell'inquilinato non si esaurisce nell'indicare il nominativo della ditta prescelta ma si estende a tutto il complesso di decisioni relative al tipo di gestione del servizio, alla fissazione dei termini di normale inizio e fine del medesimo, nonchè di eventuali proroghe, alle relazioni fra condizionamento e temperatura esterna ecc., nei limiti delle norme vigenti.

Si precisa inoltre che in caso di esistenza di un servizio di acqua calda centralizzato collegato con l'impianto di riscaldamento, si ritiene di dover riconoscere ai conduttori gli stessi poteri decisionali sopra descritti.

Essendo sancito inoltre il diritto di intervento degli inquilini anche in caso di modifiche, di altri servizi comuni si provvederà, qualora si verifichi tale ipotesi, ad informare i conduttori chiedendo che facciano conoscere il proprio avviso ma chiarendo contemporaneamente che il medesimo non avrà alcun carattere vincolante per l'Amministrazione.

Comunque, allo scopo sia di evitare eventuali contestazioni sia di non aumentare le ipotesi di contenzioso, sarà opportuno tenere nel debito conto il parere dell'inquilinato tentando sempre di trovare soluzioni quanto più possibile in linea con le indicazioni ricevute.

8) Deposito cauzionale (art. 11)

Dovrà essere richiesto nella misura di tre mensilità di canone (2) e sarà produttivo di interessi legali (5%) da corrispondere al conduttore alla fine di ogni anno contrattuale.

Circa le modalità di costituzione del deposito si rinvia alle direttive contenute nelle lettere del 29 maggio e 27 giugno 1979, con le quali in sintesi è stata esclusa, in maniera tassativa, per le nuove locazioni, l'acquisizione di depositi cauzionali in contanti, e si è invece disposto di adottare la forma del versamento del deposito stesso, a nome del conduttore, su conto bancario vincolato a favore dell'Istituto.

(1) Della definizione di dette operazioni di conguaglio, e prima della formulazione delle conseguenti richieste agli inquilini, dovrà essere data notizia a questa Direzione generale fornendo i relativi dati (canoni e oneri).

(2) Il deposito cauzionale va adeguato ad ogni rinnovo contrattuale.

9) Adempimenti di natura fiscale.

In ordine alla registrazione dei contratti di locazione, nel confermare le istruzioni di cui alla lettera in data 10 gennaio 1979, si ricorda che sono soggetti a registrazione in termine fisso solo gli atti il cui canone annuo superi le lire 1.200.000, sempreche non siano formati per atto pubblico o scrittura privata autenticata.

La predetta formalità va assolta, per le prime locazioni direttamente allo sportello degli uffici fiscali, consegnando copia del contratto sul quale sia apposito il bollo di L.2.000 per foglio, e riportante il numero di codice fiscale delle parti.

Per le annualità successive alla prima (comprese quelle conseguenti a proroghe del contratto comunque disposte), l'imposta va assolta utilizzando l'apposito bollettino di c/c postale.

Si conferma, inoltre, quanto previsto dalla citata lettera del 10 gennaio 1979, a proposito dei versamenti integrativi del tributo nelle ipotesi di aggiornamento e adeguamento del canone.

Come è già noto, le spese di registrazione sono a carico del conduttore e del locatore in parti uguali, ad eccezione dei contratti in cui e parte lo Stato per i quali obbligata al pagamento dell'imposta e sempre ed unicamente l'altra parte contraente.

(11)

REGIME ORDINARIO DELLE LOCAZIONI DI IMMOBILI URBANI ADIBITI AD USO DI ABITAZIONE

Le norme del Titolo II, Capo I (artt. 58-56) della legge dettano la disciplina transitoria delle locazioni di immobili adibiti ad uso di abitazione.

Esse si applicano ai contratti in corso alla data di entrata in vigore della legge (30 luglio 1978) ed hanno lo scopo di consentire che il passaggio dal vecchio regime vincolistico al nuovo regime delle locazioni avvenga in forma graduale per quanto attiene alla durata dei contratti, alle modalità di applicazione dell'equo canone e all'aggiornamento del canone.

Pertanto, come già detto in precedenza, anche ai contratti in corso si applicano - con effetto immediato - tutte le disposizioni- del regime ordinario che non siano espressamente modificate o sostituite dalle norme del Titolo II, Capo I.

più precisamente, sono immediatamente operative le seguenti disposizioni:

- art. 4 che riguarda il recesso del conduttore per gravi motivi;

- art. 5 che riguarda la risoluzione del contratto per inadempimento per morosità;

- art. 6 che riguarda la successione del contratto;

- art. 8 che riguarda le spese di registrazione;

- artt. 9 e 10 che riguardano gli oneri accessori;

- art. 11 che riguarda il deposito cauzionale;

- art. 23 che riguarda le riparazioni straordinarie;

- art. 25 che riguarda l'adeguamento del canone.

La durata delle locazioni in corso, le modalità di applicazione dell'equo canone e l'aggiornamento ISTAT sono disciplinati dalla legge in modo diverso, a seconda che si tratti di contratti soggetti o non soggetti a proroga legale.

A) Contratti in corso soggetti a proroga

Rientrano in questa categoria i contratti in corso alla data di entrata in vigore della legge (30 luglio 1978) soggetti a proroga secondo la precedente legislazione vincolistica: si tratta, in sostanza, dei contratti che erano in corso alla data del 30 giugno 1978 e che hanno fruito dell'ultima proroga legale stabilita con D.L.

24 giugno 1978, n. 298, perchè il conduttore non aveva un reddito complessivo netto superiore a L. 8 milioni. Non rientranoinvece in questa categoria, qualunque sia il reddito del conduttore, le locazioni aventi la prima scadenza contrattuale successiva al 31 luglio 1978, ultimo termine di proroga disposto dal citato decreto.

Il reddito complessivo netto (il cui accertamento, si ricorda, può essere effettuato dalle Sedi anche con indagini dirette) si intende riferito alla somma dei redditi imputabili al locatario e a tutti i soggetti di imposta che abbiano residenza anagrafica nell'alloggio in locazione (1).

1) Durata della locazione (art. 58)

Per questi contratti, la durata non e di quattro anni, ma e la seguente:

- sino al 31 dicembre 1982 per tutti i contratti stipulati entro il 31 dicembre 1952;

- sino al 30 giugno 1983 per tutti i contratti stipulati tra il 1° gennaio 1953 e il 7 novembre 1963;

- sino al 31 dicembre 1983 per tutti i contratti stipulati dopo il 7 novembre 1963.

(12)

Per data di stipula del contratto si deve intendere la data in cui fu conclusa la locazione con la persona che è ora conduttore dell'appartamento, tranne che non ci sia stata una successione nel contratto, nel qual caso si risale alla data di stipula con il precedente inquilino (dante causa).

Sempre per questi contratti, e solo per essi, il locatore può richiedere il rilascio dell'appartamento anche nel corso della durata legale, dandone preavviso di sei mesi al conduttore, mediante lettera raccomandata, se ricorrano le ipotesi previste dall'art. 59 (recesso del locatore).

Fra queste ipotesi, riveste particolare importanza per l'Istituto quella prevista al punto 2), che consente al locatore, in quanto ente pubblico che voglia disporre dell'immobile per l'esercizio delle proprie funzioni, di recedere dal contratto con le stesse modalità di cui all'art. 4 della legge n. 253 del 1950 (offerta in cambio di altro alloggio idoneo, canone non superiore del 20% rispetto al canone precedente, e, si intende, comunque non superiore all'equo canone, assunzione a carico dell'Istituto delle spese di trasloco).

(1) Per il concetto di reddito complessivo netto cfr. lettera circolare n. 24 del 19 aprile 1977, pagine 2 e 3.

2) Modalità di applicazione dell'equo canone (art. 62).

Per i contratti di che trattasi, il 1° comma dell'art. 62 stabilisce che l'equo canone, calcolato con i criteri indicatinella prima parte, non si applica subito ma soltanto a partire dal 30 luglio 1983.

L'unica eccezione è prevista dal 3° comma, dove si dispone che se l'equo canone è inferiore al canone attualmente corrisposto, esso si applica a decorrere dal novembre 1978 ("ope legis", senza che occorra cioè alcuna richiesta dell'inquilino il quale, se continua a pagare il canone superiore, potrà farsi restituire dal locatore quanto indebitamente pagato in più, sino a sei mesi dopo la riconsegna dell'immobile, ai sensi dell'art. 79, 2° comma).

Con il comma 2° dell'art. 62 il legislatore ha consentito, a decorrere dal 1° novembre 1978 e poi da ogni 30 luglio successivo, aumenti annuali del canone per portarlo gradualmente a raggiungere l'equo canone a partire dal sesto anno (cioè - dal 30 luglio 1983); tali aumenti non sono automatici, essendo necessaria una richiesta del locatore, senza però che esista alcun rapporto tra data della richiesta e data di decorrenza dell'aumento, che comunque resta fissato alle decorrenze di legge (1° novembre 1978 per la prima quota, 30 luglio 1979 per la seconda quota, 30 luglio 1980 per la terza quota e così via).

Gli aumenti sono dovuti in una percentuale (20% all'anno per i primi due anni, 15% all'anno per il restante periodo) da calcolare sulla differenza - tra il canone corrisposto (al 30 luglio 1978) (1) e l'equo canone.

Il canone corrisposto al 30 luglio 1978 deve essere calcolato al netto degli oneri accessori (l'art. 66 detta le modalità del calcolo); questa disposizione interessa solo le locazioni che l'Istituto ha concluso dopo il 1974, in quanto fino a quell'anno - salvo eccezioni - gli oneri accessori sono sempre stati a carico dell'Istituto medesimo.

Se per effetto dell'art. 25 (adeguamento del canone per modifica di uno dei coefficienti correttivi o della superficie) varia nel corso del rapporto la misura dell'equo canone, la percentuale di aumento va calcolata sulla differenza tra canone corrisposto al 30 luglio 1978 e "nuovo" equo canone.

Ad es.: se si verifica l'ipotesi: canone precedente = 100, equo canone = 200, al terzo anno equo canone = 250 (ex art. 25), la percentuale di aumento al terzo anno sarà del 55% (20% + 20% + 15%) di 150 (250 - 100).

3) Modalità di aggiornamento del canone (art. 63)

Per i contratti in corso soggetti a proroga, l'art. 63 esclude l'aggiornamento del canone ex art. 24 per i primi due anni, e cioè dal 30 luglio 1978 al 29 luglio 1980.

Dall'inizio del terzo, e cioè dal 30 luglio 1980, la variazione ISTAT in aumento si applichera nel modo seguente:

- nella misura del 20% dal 30 luglio 1980 al 29 luglio 1981;

- nella misura del 40% dal 30 luglio 1981 al 29 luglio 1982;

(13)

- nella misura del 60% dal 30 luglio 1982 al 29 luglio 1983;

(1) Per gli inquilini dipendenti che fruiscono dello sconto sul canone, le percentuali di aumento vanno calcolate sulla differenza fra il canone ridotto corrisposto al 30 luglio e l'equo canone.

- nella misura del 75% (cioè quella massima prevista dall'art. 24) a partire dal 30 luglio 1983 (cioè dalla data da cui decorrerà la integrale applicazione dell'equo canone).

Il calcolo per misurare le variazioni ISTAT dovrà operarsi seguendo le modalità già illustrate a proposito dell'art. 24 (e cioè il 20% della variazione ISTAT intervenuta tra giugno 1978 e giugno 1980, il 40% della variazione ISTAT intervenuta fra giugno 1978 e giugno 1981, e così via).

La base su cui si calcola l'aggiornamento è costituita dal canone effettivamente dovuto dall'inquilino, cioè dal canone sul quale via via vengono applicati gli aumenti legali differenziati ex art. 62, oltre alle eventuali maggiorazioni ex art. 23 e ex art. 25.

Ad esempio, se il canone attualmente corrisposto è 100 e l'equo canone è 200, l'inquilino deve corrispondere, ex art. 62:

(fatte salve le eventuali variazioni ex art. 23 e ex art. 25).

L'aggiornamento ISTAT, ex art. 63, sarà calcolato nel modo seguente:

Benchè non espressamente indicato dalla legge, è opportuno che anche per questo aggiornamento venga inviata all'inquilino una richiesta con lettera raccomandata almeno entro il 31 luglio 1980, 31 luglio 1981 e così via, in modo da far decorrere l'aggiornamento stesso da ogni 1° agosto.

Resta da esaminare il caso in cui il canone corrisposto al 30 luglio 1978 sia superiore all'equo canone, caso in cui, come già detto, l'equo canone scatta dal 1° novembre 1978. In questa ipotesi l'aggiornamento ISTAT si applicherà secondo le modalità previste dall'art. 24 e già illustrate (e perciò a decorrere dal 1°

agosto di ogni anno a far tempo dal 1° agosto 1979).

B) Contratti in corso non soggetti a proroga.

Rientrano in questa categoria i contratti in corso alla data di entrata in vigore della legge (30 luglio 1978) e che non erano soggetti alla proroga legale per uno dei seguenti motivi:

- perchè il reddito netto del conduttore e del suo nucleo familiare era superiore a L. 8.000.000;

- perchè, indipendentemente dal reddito del conduttore, la prima scadenza naturale del contratto era successiva al 31 luglio 1978 (cioè successiva al termine ultimo della proroga legale disposta D.L. 24 giugno 1978, n. 298);

- perchè il contratto era decaduto dalla proroga antecedentemente alla entrata in vigore della legge in esame in quanto rientrante in una delle fattispecie previste dalle precedenti leggi di proroga (si tratta dei

dal 1° novembre 1978 120

dal 30 luglio 1979 140

dal 30 luglio 1980 140

dal 30 luglio 1981 170

dal 30 luglio 1982 185

dal 30 luglio 1983 200

dal 30 luglio 1980 20% della variazione ISTAT su 155 dal 30 luglio 1981 40% della variazione ISTAT su 170 dal 30 luglio 1982 60% della variazione ISTAT su 185 dal 30 luglio 1983 75% della variazione ISTAT su 200

(14)

casi, tassativamente indicati dalla legge 8 agosto 1977, n. 510 ai quali non era applicabile la proroga legale; cfr. lettera circolare n. 49 del 16 settembre 1977). Le disposizioni concernenti i contratti in corso non soggetti a proroga si applicano anche ai contratti per i quali, alla data 30 luglio 1978 era in corso procedimento per convalida di licenza o di sfratto per finita locazione.

1) Durata della locazione (art. 65, commi 1° e 2°)

La durata di questi contratti è stabilita in quattro anni che decorrono dalla data di inizio della locazione o dalla data dell'ultimo rinnovo contrattuale comunque avvenuto.

Perciò, se un contratto fu originariamente stipulato ad es. il 1° marzo 1970 per la durata di un anno, e si è volontariamente o tacitamente rinnovato anno per anno, sino al 28 febbraio 1978, e da questa data che decorrono i quattro anni e il contratto scadrà quindi legalmente il 28 febbraio 1982. Oppure se un contratto è stato stipulato il 1° giugno 1978 per la durata di un anno, la durata legale diventerà di quattro anni e il contratto scadrà il 31 maggio 1982 (anziche il 31 maggio 1979).

Nei casi di contratti poliennali di durata convenzionale superiore a quella legale, la prima prevale sulla seconda; riprendendo l'esempio precedente, se un contratto è stato stipulato il 1° giugno 1978 per cinque anni, la sua scadenza resterà fissata al 31 maggio 1983 (non diventerà, cioè, il 31 maggio 1982), in quanto i quattro anni previsti dalla legge costituiscono la durata "minima" della locazione.

Per tutti questi contratti il locatore non può chiedere il rilascio dell'immobile prima della scadenza legale, salvoche per inadempimento, perchè e la facoltà di recesso prevista dall'art. 59 vale solo per i contratti in corso soggetti a proroga (su questo punto e stata sollevata eccezione di legittimità costituzionale).

2) modalità di applicazione dell'equo canone (art. 65, commi 3°, 4° e 5°)

Per i contratti di che trattasi; il 3° comma dell'art. 65 stabilisce che l'equo canone, calcolato con i criteri esposti nella prima parte della presente circolare, non si applica subito, ma a partire dal 30 luglio 1979.

L'unica eccezione e prevista dal 5° comma, dove si dispone che se il canone corrisposto e superiore all'equo canone, questo si applica a decorrere dal 1° novembre 1978 ("ope legis" senza che occorra cioè alcuna richiesta dell'inquilino il quale, se continua a pagare il canone superiore, potrà farsi restituire dal locatore quanto indebitamente pagato in più, sino a sei mesi dopo la riconsegna dell'immobile, ai sensi dell'art. 79, 2° comma).

Con il comma 4°, il legislatore ha consentito che, a decorrere dal 1° novembre 1978, il canone corrisposto dal conduttore può essere aumentato nella misura del 50% della differenza tra il canone corrisposto al 30 luglio 1978 (1) e quello equo.

L'aumento non è automatico ma è necessaria una richiesta del locatore, senza però che esista alcun rapporto tra data della richiesta e data di decorrenza dell'aumento, che comunque resta fissata al 1°

novembre 1978.

(1) Per gli inquilini dipendenti che fruiscono dello sconto sul fitto, il canone corrisposto al 30 luglio 1978 e quello ridotto.

Il canone attualmente corrisposto deve essere calcolato al netto degli oneri accessori (l'articolo 66 detta le modalità del calcolo): questa disposizione interessa solo le locazioni che l'Istituto ha concluso dopo il 1974, in quanto fino a quell'anno - salvo eccezioni - tutti gli oneri accessori sono sempre stati a carico dell'Istituto medesimo.

3) Modalità di aggiornamento del canone (art. 65, comma 3°)

Gli aggiornamenti del canone dei contratti di cui si tratta sono regolati dal 3° comma dell'art. 65, il quale, facendo esplicito riferimento all'art. 24 della legge, dispone che l'aggiornamento si applica a partire dal 30 luglio 1979, nella misura del 75% delle variazioni ISTAT.

Il calcolo per misurare le variazioni ISTAT dovrà operarsi seguendo le modalità già illustrate a proposito dell'art. 24.

La base su cui si calcola l'aggiornamento è costituita dall'equo canone dovuto dall'inquilino.

(15)

L'aggiornamento deve essere richiesto a mezzo lettera raccomandata almeno entro il 31 luglio di ogni anno, in modo da far decorrere l'aggiornamento stesso da ogni 1° agosto.

Nei casi in cui il canone attualmente corrisposto sia superiore all'equo canone, che perciò scatta dal 1°

novembre 1978, l'aggiornamento ISTAT si applica secondo le modalità previste dall'art. 24 già illustrate (e perciò a decorrere dal 1° agosto di ogni anno a far tempo dal 1° agosto 1979).

Le disposizioni di legge fin qui commentate devono essere integralmente applicate anche alle locazioni di alloggi di proprietà a dipendenti, avendo il Consiglio di Amministrazione revocato, come è noto, le riduzioni dei canoni di locazione a qualsiasi titolo concesse, a decorrere dal 1° novembre 1978.

REGIME -ORDINARIO DELLE LOCAZIONI DI IMMOBILI URBANI ADIBITI AD USO DIVERSO DA QUELLO DI ABITAZIONE

Le norme del Titolo I, Capo II (artt. 27-42) della legge dettano il regime ordinario delle locazioni di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione.

Queste norme hanno due distinti ambiti di applicazione e cioè:

- le locazioni degli immobili adibiti ad una delle attività indicate nell'art. 27;

- le locazioni degli immobili adibiti ad una delle attività indicate nell'art. 42.

Alla prima categoria appartengono le locazioni di immobili adibiti:

- ad attività industriali, commerciali ed artigiànali, senza alcun riferimento nè alle dimensioni dell'impresa nè alla forma individuale o societaria che questa può presentare; vi appartengono anche gli immobili strumentali all'esercizio di dette attività (ad esempio magazzini o depositi);

- ad attività di interesse turistico comprese tra quelle di cui all'art. 2 della legge 12 marzo 1968, n. 326 (*). Con questa dizione il legislatore ha inteso riferirsi alle attività esercitate mediante le opere alla cui realizzazione sono volte le provvidenze contenute in quella legge, con esclusione delle attività alberghiere che sono espressamente indicate a parte;

- all'esercizio abituale e professionale di qualsiasi attività di lavoro autonomo. Con questa formula il legislatore ha inteso riferirsi a tutte le attivita economiche, legate all'esercizio sia delle professioni intellettuali di cui all'art. 2229 del Codice Civile, sia delle altre attività di lavoro autonomo;

- ad attività alberghiere.

A questa prima categoria di locazioni si applicano le disposizioni del Capo II, dall'art. 27 all'art. 41.

La seconda categoria di locazioni va individuata sulla base delle attivita indicate nell'art. 42, e cioè:

- attività ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche.

Tuttavia, se l'attività al cui svolgimento l'immobile e adibito, pur essendo identificabile con una delle aggettivazioni usate nell'art. 42, sia esercitata in forme e con finalità tali da far ritenere prevalente il profilo economico (e quindi lo scopo di profitto), la locazione rientra nella prima categoria (art. 27) e non in quella in esame (art.42);

- a sedi di partito o di sindacato;

- ad attività svolte dallo Stato e da altri enti pubblici territoriali, in qualità di conduttori.

A quest'ultimo proposito va precisato - e ciò con particolare riferimento alle locazioni "passive" dell'Istituto - che la mancata previsione nell'art. 42 dei contratti stipulati con enti previdenziali o in genere con enti pubblici non territoriali va superata attraverso l'interpretazione analogica della stessa norma, in quanto il caso non previsto degli enti previdenziali e degli enti pubblici in genere ha in comune con il caso regolato degli enti assistenziali e degli enti pubblici territoriali la medesima ratio legis.

(16)

(*) Legge 12 marzo 1963, n. 326- Art. 2- Soggetti ed opere ammessi alle agevolazioni - Agli enti pubblici e privati, alle associazioni in qualsiasi forma costituite, agli imprenditori in genere ed a chiunque eserciti attività di interesse turistico, possono essere concesse, nelle misure ed alle condizioni indicate nei successivi articoli, le provvidenze previste dalla presente legge per la realizzazione di:

a) opere di costruzione, ricostruzione, trasformazione, ampliamento e adattamento di alberghi, pensioni, locande; nonchè villaggi turistici a tipo alberghiero anche se costituiti in complessi di singole unità abitative, diffuse o concentrate, a proprietà frazionata, purchè ne sia assicurata la destinazione alberghiera e la gestione unitària, autostelli ed altri impianti aventi le caratteristiche di cui al decreto-legge 18 gennaio 1937, n. 975, convertito nella legge 30 dicembre 1937 n. 2651, e successive modificazioni;

b) opere di ammodernamento, di miglioramento, di arredamento o di rinnovo dell'arredamento degli esercizi di cui alla lettera a) del precedente articolo;

c) campeggi, villaggi turistici, case per ferie, alberghi per la gioventu - di cui alla legge 21 marzo 1958, n.

326 - nonchè rifugi alpini;

d) stabilimenti termali e balneari;

e) opere, impianti e servizi complementari all'attività turistica - compresi gli impianti sportivi e ricreativi - o comunque atti a favorire lo sviluppo del movimento turistico;

f) aziende della ristorazione ubicate in località di interesse turistico; altri pubblici esercizi ubicati nelle stesse localita e costituenti coefficiente di attrazione della clientela estera o nazionale; nonchè agenzie di viaggio e turismo; opere di segnaletica turistica e di uffici di informazioni e di assistenza turistica istituiti ad iniziativa degli enti pubblici nazionali e periferici del turismo.

A questa seconda categoria di locazioni si applicano gli artt. 27 (durata del contratto), 32 (aggiornamento del canone), 41 (che a sua volta richiama gli articoli da 7 a 11); il comma 1° dell'art. 28 - solo per i termini e le modalità di disdetta del contratto - e le disposizioni processuali di cui al Titolo I, Capo III.

Non trovano, invece, applicazione le norme in materia di rinnovazione del contratto (artt. 28, 29, 30, 31), di sublocazione e cessione del contratto (art. 36), di successione nel contratto (art. 37) e la disciplina relativa ai compenso per l'avviamento e al diritto di prelazione in caso di vendita o di nuova locazione dell'immobile (artt. 34, 35, 38, 39 e 40).

Le fattispecie considerate in tali norme avranno dunque la propria fonte di regolamentazione nelle specifiche previsioni contrattuali o, in assenza, nella disciplina di diritto comune (codice civile).

Individuati cosi gli ambiti di applicazione delle disposizioni in esame, che in sostanza riguardano tutti gli immobili adibiti ad uso diverso dall'abitazione con pochissime eccezioni, si precisa che esse si applicano immediatamente alle locazioni concluse dopo il 30 luglio 1978 e cioè:

- le prime locazioni successive a quella data;

- le locazioni di unità che si rendono libere e vengono riaffittate.

Si passa ora a commentare gli articoli del Titolo I, Capo II, che principalmente interessano la gestione del patrimonio immobiliare dell'Istituto.

1) Durata della locazione (art. 27)

Tutti i contratti debbono avere una durata minima "legale" di sei anni; fanno eccezione i contratti stipulati per immobili adibiti ad attività alberghiera (alberghi, pensione, locande) per i quali la durata minima e di nove anni.

Il comma 5° dell'art. 27 prevede la possibilità di stipulare contratti anche di durata inferiore ma solo se l'attivita esercitata nell'immobile abbia, per sua natura, carattere transitorio (che dovrà risultare chiaramente nel testo del contratto); diversa dall'attività transitoria è l'ipotesi della attivita stagionale, che però non ricorre per le locazioni degli immobili di proprietà dell'Istituto.

Per effetto della norma in esame, il locatore non può chiedere il rilascio dell'immobile prima della scadenza

(17)

per nessun motivo, salvo l'inadempimento degli obblighi contrattuali ai sensi degli artt. 5 e 55 della legge in esame e degli articoli 1453 e seguenti del Codice civile.

Il conduttore, invece, può recedere in qualsiasi momento dal contratto, con preavviso di sei mesi, inviato a mezzo di lettera raccomandata, per gravi motivi (di salute, di lavoro, di necessità economica, ecc.). In questi casi le pratiche devono essere sottoposte alla Direzione generale per le decisioni.

Le predette disposizioni si applicano sia ai contratti di cui all'art. 27 sia a quelli di cui all'art. 42.

Invece, trascorsi i primi sei anni, il rapporto locatore-conduttore e disciplinato in modo diverso per le due categorie di locazioni.

I contratti di cui all'art. 42 si rinnovano tacitamente di sei anni in sei anni, ma a condizione che in essi sia stata inserita la clausola del tacito rinnovo. Se il locatore vuole rientrare in possesso dell'immobile o se intende rivedere il canone per allinearlo ai prezzi di mercato egli può, già alla prima scadenza, inviare disdetta con dodici mesi di anticipo e mediante lettera raccomandata, comunicando al conduttore le proprie intenzioni.

I contratti di cui all'art. 27, invece, se non sono disdettati con dodici mesi di anticipo e mediante lettera raccomandata, si rinnovano tacitamente di sei anni in sei anni (nove per gli alberghi), ai sensi del 1°

comma dell'art. 28 (a prescindere, cioè, dall'esistenza in contratto della clausola del tacito rinnovo); in sostanza la legge ha abolito per questi contratti la scadenza a termine fisso.

Per questi contratti, pero, l'ultimo comma dell'art. 28 rende obbligatorio il rinnovo alla scadenza del primo sessennio; infatti il locatore può esercitare la facoltà di diniego della rinnovazione solo per i motivi espressamente indicati all'art. 29 e con le modalità e i termini ivi previsti.

Fra quei motivi particolarmente importante per l'Istituto è quello indicato al punto b), che consente al locatore, in quanto ente pubblico che voglia disporre dell'immobile per finalità istituzionali, di negare il rinnovo del contratto alla prima scadenza con il preavviso di 12 mesi (o 18 per gli alberghi) mediante lettera raccomandata che specifichi il motivo sul quale la disdetta e fondata.

In pratica, dunque, salve le ipotesi di cui all'art. 29, la durata dei contratti di cui all'art. 27 sarà di dodici anni (o di diciotto per gli alberghi) e tanto dovrà attendere il locatore che vorrà rientrare in possesso dell'immobile o rivedere il canone.

2) Determinazione del canone.

Il canone e libero e va convenuto tra le parti; in questo caso, perciò, nulla cambia nelle incombenze delle Unità operative, che dovranno continuare a istruire le relative pratiche segnalando alla Direzione generale i prezzi praticati dal mercato edilizio locale.

Unica eccezione (che peraltro interessa solo marginalmente l'attività dell'Istituto) è rappresentata dalla fattispecie prevista dall'art. 72, in base alla quale i nuovi contratti di locazione di immobili il cui uso venga mutato da quello preesistente di abitazione non possono prevedere un canone superiore all'equo canone, determinato ai sensi degli articoli 12 e 24. Si tratta di una disposizione di natura transitoria perchè la sua applicazione e limitata al periodo 30 luglio 1978 - 29 luglio 1982, scaduto il quale il canone può essere allineato ai prezzi di mercato.

Questa disposizione non si applica nei casi in cui siano intervenute radicali trasformazioni dell'immobile autorizzate ai sensi delle vigenti leggi.

3) Aggiornamento del canone (art. 32)

Per i primi tre anni della locazione il canone contrattualmente convenuto non può essere aggiornato per eventuale variazione ISTAT, sicchè la clausola prevista in contratto sarà operante a partire dall'inizio del quarto anno; il canone sarà aggiornato ogni biennio del 75% delle variazioni subite dall'indice ISTAT nel biennio precedente. Ad esempio, se il contratto e iniziato il 10 luglio 1980, l'aggiornamento ISTAT si applicherà a partire dal 10 luglio 1983 e sarà pari al 75% delle variazioni registratesi tra il mese di dicembre del 1980 e il mese di dicembre del 1932; il secondo aggiornamento si applicherà a partire dal 1°

luglio 1985 e sarà pari al 75% delle variazioni registratesi tra il mese di dicembre 1982 e il mese di dicembre 1984 e così via.

(18)

Il canone su cui si opera l'aggiornamento è sempre quello convenuto inizialmente dalle parti, e non quello già aggiornato nel precedente biennio.

L'articolo in esame si applica anche alle locazioni di cui all'art. 42.

4) Successione nel contratto (art. 37)

L'art. 37, che disciplina la successione nel contratto, si applica alle locazioni di cui all'art. 27 ma non a quelle di cui all'art. 42; inoltre, per la sua stessa formulazione, si applica solo se il conduttore e una persona fisica o societa di persone, ma non può applicarsi se e una persona giuridica.

5) Indennità per la perdita dell'avviamento (artt. 34 e 35)

L'avviamento commerciale, sinora tutelato dalla legge 27 gennaio 1963, n. 19 (cfr. lettera circolare n. 27 del 23 aprile 1965), è ora regolato, con disciplina in parte innovativa, dagli artt. 34 e 35 della legge in esame.

L'indennità è dovuta in caso di cessazione del rapporto di locazione relativo agli immobili di cui all'art. 27 con le limitazioni dell'art. 35.

Sono percio escluse da queste disposizioni:

- le locazioni di immobili ove si svolgono le attività indicate nell'art. 42;

- le locazioni di immobili ove si svolgono le attivita indicate nell'art. 35, e cioè le seguenti:

- attività che non comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori. Con il termine

"consumatori" il legislatore ha inteso far riferimento agli acquirenti di beni e con quello di "utenti" ai destinatari di un servizio.

L'espressione "contatti diretti" consente di evidenziare che i destinatari dei beni o servizi offerti debbono in via normale frequentare l'immobile, mentre l'uso del termine "pubblico" vale ad identificare la massa dei fruitori minuti del prodotto, cioè gli utenti o consumatori finali.

La formula legislativa nel suo insieme si riferisce, perciò, alle attività dei grossisti, di coloro che forniscono i propri prodotti solo a grossisti, alle attività per corrispondenza, oltre che ovviamente agli immobili destinati a magazzino, deposito merci, ecc.;

- attività professionali. Questa espressione comprende l'attività dei liberi professionisti purchè l'esercizio della professione non costituisca elemento di attività organizzata in forma di impresa ex art. 2238 Codice Civile;

- attività di carattere transitorio;

- attività svolte in maniera complementare o all'interno di stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio stradali o autostradali, alberghi o villaggi turistici.

L'ambito di applicazione della norma può essere, quindi, individuato in tutti i rapporti di locazione relativi agli immobili in cui si svolgano attività industriali, commerciali, artigianali e di interesse turistico che comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, oltre che le attività alberghiere.

L'art. 34 dispone, inoltre, l'esclusione dell'indennità anche in casi in cui il conduttore teoricamente ne avrebbe diritto. Questi casi sono:

- risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore;

- disdetta del conduttore;

- recesso del conduttore;

- cessazione del rapporto di locazione dovuta a una procedura fallimentare in corso a carico del

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