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La procreazione come unica ed esclusiva fonte dell’obbligo di mantenimento dei figli da parte dei genitori determina l’eccezionalità e la sussidiarietà dell’intervento degli ascendenti di grado superiore. - Judicium

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TRIBUNALE CIVILE DI RIETI, sez. promiscua, ordinanza 19 Novembre 2012 – 20 Novembre 2012 – Giudice Monocratico MARTUCCI.

MATRIMONIO -DIRITTI E DOVERI DEI CONIUGI -MANTENIMENTO DELLA PROLE - OBBLIGO SUSSIDIARIO DEGLI ASCENDENTI - OBBLIGO AL MANTENIMENTO EX ART. 148 C.C. OVVERO AGLI ALIMENTI EX ART. 433 C.C. IN CAPO AGLI ASCENDENTI - SUSSISTENZA - CONDIZIONI - ONERE DELLA PROVA INCOMBENTE SULLA PARTE RICORRENTE.

L’obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli – che investe contemporaneamente tutti gli ascendenti di pari grado di entrambi i genitori – va inteso non solo nel senso che l’obbligazione degli ascendenti è subordinata e, quindi, sussidiaria rispetto a quella, primaria dei genitori, ma anche nel senso che agli ascendenti non ci si possa rivolgere per un aiuto economico per il solo fatto che uno dei due genitori non dia il proprio contributo al mantenimento dei figli, se l’altro genitore è in grado di mantenerli.

GIANLUCA LUDOVICI

La procreazione come unica ed esclusiva fonte dell’obbligo di mantenimento dei figli da parte dei genitori determina l’eccezionalità e la

sussidiarietà dell’intervento degli ascendenti di grado superiore.

SOMMARIO: 1. Il fatto. – 2. I motivi della decisione. – 3. Profili processuali: litisconsorzio necessario ex art. 148 c.c. ed integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 102 c.p.c. – 4. L’obbligo di mantenimento della prole da parte degli ascendenti di grado superiore ai genitori: natura e caratteri dell’adempimento – 5. Onere della prova – 6. Conclusioni.

1. La sentenza in epigrafe, tra i presupposti logico-giuridici del decisum in essa contenuto, afferma, sulla scorta di consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, l’obbligo di tutti gli ascendenti di pari grado di entrambi i genitori di fornire a questi ultimi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti della prole, precisando altresì che tale onere va inteso non solo nel senso che l’obbligazione degli ascendenti è subordinata e, quindi, sussidiaria rispetto a quella primaria dei genitori, ma anche nel senso che agli ascendenti non ci si possa rivolgere per un aiuto economico solo in virtù del fatto che uno dei due genitori non

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dia il proprio contributo di mantenimento ai figli, se l’altro genitore è in grado di mantenerli.

Questi in breve i fatti di causa. Con Ricorso ex art. 148. c.c. in data 24 Gennaio 2012, la Sig.ra E.S. adiva il Tribunale Ordinario di Rieti al fine di conseguire un decreto che prescrivesse ai Sigg.ri Te.S. e M.C. (genitori del di lei coniuge legalmente separato, Sig. To.S., e nonni paterni della figlia nata dal matrimonio tra quest’ultimo e la ricorrente) «il versamento, quale contributo per il mantenimento della minore A.M.S.S. della somma di € 300,00 (trecento/00) così come determinata in sede di decreto di omologa del 24.06.2009, ovvero della maggiore o minore somma che risulterà di giustizia».

A sostegno della propria domanda parte ricorrente allegava di essere casalinga e di non riuscire a fare fronte alle spese correnti per sé e per la di lei figlia e ciò anche in ragione del mancato adempimento, da parte del Sig.

To.S., dell’obbligo di corresponsione in favore della minore A.M.S.S.

dell’assegno di mantenimento (di importo pari ad € 300,00 mensili) previsto in sede di separazione consensuale. Argomentava altresì che i Sigg.ri Te.S. e M.C., in quanto percettori di pensione, sarebbero stati in condizioni economico-finanziarie tali da poter sopperire al mancato assolvimento della obbligazione di mantenimento assunta dal Sig. To.S., chiedendone de facto l’adempimento da parte dei soli nonni paterni della minore A.M.S.S..

I convenuti-resistenti si costituivano in giudizio con Memoria difensiva per costituzione e risposta in data 09 Maggio 2012, eccependo che: 1) in rito, risultava non correttamente integrato il contraddittorio ex art.

102 c.p.c., prefigurando l’art. 148 c.c. un concorso di tutti gli ascendenti e, quindi, un’ipotesi di litisconsorzio necessario; 2) nel merito, non apparivano integrati gli elementi costitutivi della fattispecie astratta dedotta in giudizio, da un lato, per la ritenuta capacità patrimoniale della ricorrente e, dall’altro, per l’assoluta incapacità economico-finanziaria dei nonni paterni di provvedere al sostentamento della nipote minore di età. In via subordinata, laddove fosse stata pronunciata condanna al pagamento del contributo di mantenimento pro inadimplente patre, i Sigg.ri Te.S. e M.C. concludevano per l’estensione del medesimo obbligo ex art. 148 c.c. ai nonni materni, non evocati in giudizio.

Tenutasi in data 30 Maggio 2012 la prima udienza e prospettatasi la possibilità di un componimento bonario della controversia, il giudizio veniva rinviato per trattative, le quali, tuttavia, fallivano per cause non imputabili alle parti. Assunta, quindi, la riserva sulla decisione all’udienza del 16 Novembre 2012, la stessa veniva sciolta in data 19 Novembre 2012 con pronuncia del provvedimento di rigetto del ricorso ex art. 148 c.c. e compensazione delle spese di lite.

2. Così esprimeva il proprio convincimento il Tribunale adito: “il rapporto di genitorialità comporta l’assunzione di tutti i diritti e doveri

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il suo carattere essenzialmente patrimoniale, esula dallo stretto contenuto della potestà genitoriale ed in relazione al quale, pertanto, non rileva la circostanza che i genitori siano o meno conviventi, incombendo detto obbligo su entrambi, in quanto nascente dal fatto stesso della procreazione;

[…] nella specie non è necessario integrare il contraddittorio nei confronti di To.S., avendo la ricorrente chiesto l’emissione del provvedimento di natura patrimoniale nei soli confronti dei nonni della figlia minore; l’obbligo di mantenimento dei figli minori ex art. 148 c.c. spetta primariamente e integralmente ai loro genitori sicché, se uno dei due non possa o non voglia adempiere al proprio dovere, l’altro, nel preminente interesse dei figli, deve far fronte per intero alle loro esigenze con tutte le sue sostanze patrimoniali e sfruttando tutta la propria capacità di lavoro, salva la possibilità di convenire in giudizio l’inadempiente per ottenere un contributo proporzionale alle condizioni economiche globali di costui; pertanto l’obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli – che investe contemporaneamente tutti gli ascendenti di pari grado di entrambi i genitori – va inteso non solo nel senso che l’obbligazione degli ascendenti è subordinata e, quindi, sussidiaria rispetto a quella, primaria dei genitori, ma anche nel senso che agli ascendenti non ci si possa rivolgere per un aiuto economico per il solo fatto che uno dei due genitori non dia il proprio contributo al mantenimento dei figli, se l’altro genitore è in grado di mantenerli; così come il diritto agli alimenti ex art. 433 c.c., legato alla prova dello stato di bisogno e dell’impossibilità di reperire attività lavorativa, sorge solo qualora i genitori non siano in grado di adempiere al loro diretto e personale obbligo (cfr. Cass. 30.09.2010, n. 20509); nel caso di specie E.S. non ha provato in modo idoneo né l’incapienza di To.S., né la sua irreperibilità, né la propria incapacità lavorativa, quindi, non ricorrono i presupposti perché possa venire in rilievo l’obbligo dei resistenti di contribuire al mantenimento della nipote; il ricorso deve essere rigettato, ritenendo sussistere giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite, avendo agito l’attrice nel solo interesse della figlia minore”.

3. La sentenza in commento costituisce occasione per riflettere circa la possibilità di individuare o meno un’ipotesi di litisconsorzio necessario in tutti quei casi in cui uno o entrambi i genitori agiscano giudizialmente per ottenere il mantenimento della prole da parte dei propri ascendenti: più correttamente, ci si vuole interrogare se la vocatio in ius possa riguardare solo gli ascendenti contro cui l’azione giudiziale è espressamente destinata oppure se debba investire tutti gli ascendenti (con pari grado di parentela rispetto a quelli convenuti), anche se formalmente non considerati nell’atto introduttivo del procedimento.

Alla risposta corretta dovrà pervenirsi, si ritiene, per mezzo di un’ermeneutica che tenga nel dovuto conto tanto il dato letterale, quanto la

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ratio della disposizione in esame, nonché per ultimo, ma no da ultimo, l’argomento logico-sistematico.

La ragione ispiratrice dell’intervento legislativo1 è quella di fornire, sempre e comunque, ai figli minori un adeguato supporto economico, garantendo loro, e non ai propri genitori, in caso di difficoltà di questi ultimi, l’ausilio degli ascendenti, a partire dai nonni2, sino a quelli più risalenti nell’albero genealogico.

A ben vedere, infatti, l’aiuto dei nonni ed eventualmente quello degli altri ascendenti di grado più elevato, sembra trarre la propria origine giuridica da quella fonte sovraordinata3 dell’ordinamento giuridico che è la Carta Costituzionale; più precisamente, l’istituto in argomento pare affondare le proprie radici nell’obbligo generale di solidarietà sociale previsto dall’art. 2 Cost.4, nonché dal combinato disposto di questa ultima norma con le disposizioni degli artt. 29 e 30 Cost.5, concernenti i diritti della famiglia fondata sul matrimonio6.

1 L'istituto de quo è stato introdotto dalla legge n. 151 del 1975 di riforma del diritto di famiglia.

2 Con riferimento al termine “nonno” o “nonni” appare opportuno riportare le parole di S.

MEZZANOTTE, Il mantenimento dei figli da parte degli ascendenti, in Giur. merito, 2011, 3, 676 secondo cui: “Il termine nonno appare non completamente corretto ed esaustivo da un punto di vista giuridico, tant'è che il legislatore gli preferisce quello di ascendente o avo.

Nella dottrina e nella prassi anche giurisprudenziale tuttavia detto vocabolo, specie al plurale, è largamente usato sovente come sinonimo di ascendente”.

3 Si intende sovraordinata a quella primaria costituita dalla Legge. Sul tema della qualificazione delle fonti del diritto, cfr: T. MARTINES, Diritto Costituzionale, a cura di G. Silvestri, Milano, 2007; M. MAZZIOTTI DI CELSO - G.M. SALERNO, Manuale di Diritto Costituzionale, Milano, 2010; A. RUGGERI, Costituzione scritta e diritto costituzionale non scritto, Editoriale Scientifica, 2012.

4 “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

5 “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. Per la lettura costituzionalmente orientata degli istituti familiari propendono pure G. FURGIUELE, Libertà e famiglia, Milano, 1979, 209; A. TRABUCCHI, Famiglia e diritto nell'orizzonte degli anni 80, in Riv. dir. civ., 1986, 1202.

6 Appare qui il caso di precisare che anche in caso di famiglia di fatto si ritiene però comunque applicabile, in linea di principio, la disciplina di cui all'art. 148, c.c., quale misura coercitiva al fine di consentire al genitore-creditore di ottenere, per conto del figlio, le somme dovute a titolo di mantenimento dal genitore obbligato, senza necessità di fare ricorso ad una nuova procedura giudiziaria. In tal senso, in dottrina, si veda: C.M.

BIANCA, Diritto civile, II, Milano, 1995, 211. In giurisprudenza, invece, cfr. Trib. Min.

Bari 1 luglio 2009, in Giurisprudenzabarese.it, 2009, per cui l'applicazione di una tale disciplina in tema di famiglia di fatto come nell'ipotesi di cessazione della convivenza more uxorio, fa leva sul principio della responsabilità genitoriale, immanente nell'ordinamento e ricavabile dall'interpretazione sistematica dell'art. 261, c.c., che parifica i doveri e diritti del genitore nei confronti dei figli legittimi e di quelli naturali riconosciuti, e degli artt. 147 e148c.c., comprendenti il dovere dei genitori di concorrere a mantenere i figli in

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Per mera logica, dunque, se sussiste un generico dovere di solidarietà sociale ed economica tra gli appartenenti al medesimo ordinamento giuridico, allora a fortiori il medesimo dovere deve esistere anche all’interno di quel gruppo sociale più ristretto e caratterizzato dalla presenza di vincoli di sangue, di affetto, di parentela e di affinità tra i relativi membri che è la famiglia, intesa sia come fenomeno sociale, sia come istituto giuridico.

In questo caso, come può dirsi per tutta la disciplina codicistica dei rapporti familiari, l’obbligo nascente ex lege si sovrappone a (o esalta quello) che dovrebbe nascere ex sanguine e che chiama tutti indistintamente gli appartenenti al medesimo gruppo-famiglia a collaborare, seppur in misura diversa (come si vedrà più avanti) perché la prole (sia che si tratti di figli, nipoti o pronipoti) possa trovare tutte le condizioni necessarie per il proprio pieno e sano sviluppo morale e materiale.

Da tutto ciò può trarsi il logico convincimento che se tutti gli ascendenti di pari grado, in ragione di norme dettate dal foro interno della propria coscienza e dall’ordinamento giuridico di cui sono parte, sono sostanzialmente legati tra di loro al fine di assicurare l’adempimento del predetto dovere, allora la richiesta di assolvimento di quell’onere in sede giudiziale proveniente da uno o da entrambi i genitori non potrà che riguardare tutti quei soggetti moralmente, socialmente e giuridicamente co- obbligati per motivi di sangue e di diritto.

Passando all’esame del dato letterale, poi, alla medesima conclusione si deve giungere in modo addirittura più semplice. L’art. 148,comma I c.c., infatti, prevede expressis verbis il concorso di tutti gli ascendenti, legittimi e naturali, in ordine di prossimità, al sostentamento in via subordinata dei minori i cui genitori non abbiano mezzi sufficienti per il mantenimento della prole: dal dato normativo in senso stretto7 discende pertanto, quoad substantiam, una astratta obbligazione solidale ex lege tra tutti i nonni, materni e paterni, che sul piano processuale non può non tradursi in termini di necessaria partecipazione di tutti gli obbligati alla procedura giudiziale (ipotesi di litisconsorzio necessario ex art. 102,comma I c.p.c.).

Difatti l’accertamento in ordine alla giuridica concreta sussistenza dell’obbligo previsto dall’art. 148, comma I c.c. presuppone, tra le altre, una valutazione della capacità reddituale e patrimoniale di tutti gli ascendenti, senza distinzione di sorta, vale a dire un accertamento circa l’esistenza di determinate situazioni di fatto che coinvolgono tutti gli appartenenti al medesimo nucleo familiare; l’invocato provvedimento giudiziale, quindi, dovrà essere necessariamente pronunciato, laddove ne ricorrano gli estremi fattuali e giuridici, nei confronti tanto dei nonni paterni, quanto dei nonni

l'art. 148 c.c. è applicabile anche nei confronti dei genitori naturali, benché ricompreso nel capo riguardante i diritti ed i doveri che nascono dal matrimonio.

7 Per dato normativo in senso stretto si vuole intendere il testo della norma in disamina, poiché, come visto, l’art. 148 è solo la disposizione di fonte di rango primario che concretizza la più generale prescrizione di cui al combinato disposta degli artt. 2 e 29 Cost.

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materni, non rilevando in alcun modo la circostanza che l’inadempimento provenga ex latere matris o ex latere patris8. Atteso, infatti, che laddove il provvedimento giudiziale reclamato fosse di accoglimento, dovrebbe rivestire la forma del decreto di ingiunzione di pagamento di somme di denaro9, che senso logico potrebbe allora avere un provvedimento giudiziale con forza di giudicato se nel procedimento da cui lo stesso origina fossero stati esclusi alcuni degli attori principali della vicenda storica (rectius:

fattispecie concreta) oggetto del giudizio? Obiettivamente, nessuno!

Appare evidente, quindi, come ad una pronuncia sulla domanda ex art.

148 c.p.c. non possa pervenirsi se e fin quando non venga integrato il contraddittorio, con estensione di qualsiasi giudizio intrapreso nei confronti di uno solo degli ascendenti a tutti gli altri di pari grado, se viventi.

Concludendo sul punto, è facilmente intuibile come l’analisi della ratio logica sottesa alla norma in esame e del relativo testo conducano a ritenere ugualmente obbligati senza distinzioni di sorta tutti gli ascendenti del medesimo grado10, con la conseguenza che ove ne vengano chiamati in giudizio ai sensi dell’art. 148 c.c. solo alcuni, il giudice dovrà assolutamente integrare il contraddittorio, pena la lesione, da un lato, del diritto di difesa delle parti ingiustamente pretermesse e, dall’altro dei principi fondamentali che regolano il processo civile, con particolare riferimento a quelli consacrati negli artt. 102 c.p.c. e 2909 c.c.11

4. Sotto il profilo sostanziale il decisum in esame, facendo corretta applicazione dei principi di diritto tradizionalmente elaborati dal Giudice

8 Cfr. S. MEZZANOTTE, Il mantenimento dei figli da parte degli ascendenti, cit. in cui si legge che nessuna importanza riveste il fatto che il genitore inadempiente sia a sua volta il figlio degli ascendenti onerati: questi ultimi, invero, non sono i fideiussori delle obbligazioni assunte dai loro discendenti con il matrimonio o con la filiazione. La solidarietà familiare, nel nostro ordinamento, giustifica solo l'obbligo del mantenimento o degli alimenti, ma giammai una responsabilità patrimoniale sussidiaria di carattere generale per i debiti dei propri discendenti, il che significa che non è consentito ottenere dagli ascendenti del genitore inadempiente l'equivalente di quanto da questi non corrisposto. On giurisprudenza si vedano: Trib. Trani, decreto 13 aprile 2010, in www.dejure.giuffré.it;

Trib. Trani, decreto 23 luglio 2010, in www.dejure.giuffré.it.

9 Ossia di un provvedimento decisorio con accertamento (sommario) idoneo al passaggio in giudicato. Cfr. sul tema: R. TISCINI, I provvedimenti decisori senza accertamento, Torino, 2009.

10 In tal senso, implicitamente: Cass. 23 marzo 1995 n. 3402, in Giust. civ.

Mass. 1995, 676, nonché in Giust. civ. 1995, I, 1441, ed in Dir. famiglia 1995, 1409.

11 Il riferimento è al principio del giudicato sostanziale che per correttamente formarsi dal punto di vista logico-giuridico presuppone lo svolgimento di un processo in cui siano intervenuti tutti i soggetti coinvolti nella vicenda oggetto di accertamento da parte del giudice adito; non si dimentichi, infatti, che, in caso di accoglimento, il giudizio ex art. 148

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delle Leggi, consente una interessante ricognizione dei criteri guida dettati in subiecta materia12.

L'art. 147 c.c. impone ai genitori l'obbligo di mantenere i propri figli:

tale obbligo grava su di essi in senso primario ed integrale. Consegue che se uno dei due non voglia o non possa adempiere, l'altro dovrà farvi fronte con tutte le proprie risorse patrimoniali e reddituali, nonché sfruttando la propria capacità di lavoro, salva comunque la possibilità di agire contro l'inadempiente per ottenere un contributo proporzionale alle sue condizioni economiche.

Soltanto in via sussidiaria, invece, si concretizza l'obbligo degli ascendenti, di tutti gli ascendenti13 di fornire ai genitori i mezzi necessari per adempiere al loro dovere nei confronti dei figli. Peraltro tale dovere insorge non già perché uno dei due genitori è rimasto inadempiente al proprio obbligo, ma se ed in quanto l'altro genitore non ha mezzi per provvedervi14.

Il dovere degli ascendenti, pertanto, e' subordinato e sussidiario15 rispetto a quello primario dei genitori: ciò vuol dire che se anche uno solo di essi può affrontare le spese per il mantenimento della prole, i nonni non hanno alcun obbligo, poiché, come afferma la Suprema Corte, “sono i genitori i responsabili primi del mantenimento delle creature che hanno messo al mondo”16.

Per consolidata giurisprudenza di legittimità e di merito se i genitori non sono indigenti, deve escludersi che i nonni debbano contribuire al mantenimento del nipote al posto del figlio inadempiente. Un obbligo a carico degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari per adempiere al loro dovere nei confronti dei figli si concretizza non già perché uno dei due genitori sia rimasto inadempiente al proprio obbligo, ma se e in quanto

12 Sul rapporto nonni-nipoti sotto il profilo sociale e giuridico si veda: S.

MEZZANOTTE, Il rapporto nonni-nipoti: una relazione affettiva giuridicamente rilevante, in Giur. merito, 2008, 1913 ss. Più in generale, si considerino in materia di mantenimento della prole da parte degli ascendenti: M.DOGLIOTTI, Doveri familiari e obbligazioni alimentari, in Tratt. dir. civ. comm., fondato da Cicu e Messineo e continuato da Mengoni, Milano, 1994, 48 ss.; M. FINOCCHIARO, Autonomia negoziale e obbligazione di mantenimento del coniuge separato, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1984, 492; M.

ACONE, La tutela dei crediti di mantenimento, Napoli, 1985, 72.

13 Cfr. Cass. 10 gennaio 2002 n. 251, in Guida dir., 2002, 10, 51.

14 Cfr. ex multis: Cass. 23 marzo 1995 n. 3402, cit.

15 Peraltro, tale sussidiarietà viene definita “parziale” da S. MEZZANOTTE, Il mantenimento dei figli da parte degli ascendenti, cit., il quale afferma che: “non è indispensabile che i genitori omettano totalmente di provvedere al mantenimento della prole per configurare l'ipotesi di cui all'art. 148 c.c., essendo sufficiente che si verifichi un apporto contributivo inadeguato e deficitario da parte del nucleo genitoriale, perché gli ascendenti possano essere chiamati al loro intervento economico in via, come detto, suppletiva e complementare”.

16 Sic: Cass. 23 marzo 1995 n. 3402, cit. Conformi: Cass. 30 settembre 2010 n.ro 20509, in Diritto & Giustizia, 2010.

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l'altro non abbia mezzi per provvedervi17; al riguardo si consideri che

“l’obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi per mantenere la prole è assimilabile all'obbligo di corrispondere gli alimenti, disciplinato dagli artt. 433-448 c.c. Il dovere dei nonni di concorrere al mantenimento sussiste dunque solo qualora i redditi e i patrimoni dei genitori non siano, nel complesso, sufficienti a far fronte alle esigenze primarie dei figli. Il contributo a carico degli ascendenti, inoltre, deve essere assegnato sia in proporzione del bisogno di chi lo domanda, sia delle condizioni economiche di chi deve somministrarlo”18.

Ne deriva che l’obbligazione posta a carico degli ascendenti va considerata assolutamente eccezionale e per tale ragione, stante la mancata dimostrazione nel caso di specie dello stato di indigenza del padre della minore A.M.S.S. nonché dello stato di difficoltà economica e della incapacità lavorativa della madre della minore, hic non poteva configurarsi né in astratto, né in concreto, alcun dovere di mantenimento della nipote da parte dei Sigg.ri Te.S. e M.C.19

5. Quanto al profilo probatorio, vale anche in questo caso il principio sintetizzato dall’espressione “onus probandi incumbit ei qui dicit”: chi afferma l’esistenza di un diritto o bene della vita di cui pretende il riconoscimento giudiziale ha il dovere, ai sensi degli artt. 2697 e ss. c.c., di dimostrarne l’esistenza20. Hic, quindi, il genitore o i genitori che ricorrano alla procedura di cui all’art. 148 c.c. avranno l’obbligo di provare l’integrazione degli elementi costitutivi della fattispecie astratta dedotta in giudizio. In termini meno dogmatici, il ricorrente o i ricorrenti dovranno provare che i redditi e i patrimoni dei genitori non sono complessivamente sufficienti a far fronte alle esigenze primarie dei figli, a garantire a questi ultimi un sano sviluppo morale e materiale. Non si tratta evidentemente di una prova negativa o, meglio, di una prova su circostanze negative: oggetto di dimostrazione in corso di istruttoria, saranno, infatti, tutti gli elementi

17 Cass. 30 settembre 2010 n.ro 20509, cit.; conforme: Trib. Caltanissetta 07 marzo 2011, in www.dejure.giuffrè.it; Trib. Roma 07 aprile 2004, in Giur. merito, 2004, 1332; Trib.

Milano 30 giugno 2000, in Fam. dir., 2001, 534.

18 Trib. Vicenza 04 settembre 2009, in Il Civilista, 2011, 2, 19.

19 Si tenga conto, infatti, che l'obbligo di assicurare i mezzi di sussistenza ai figli di minori ricade su entrambi i genitori e permane indipendentemente dalle vicissitudini dei rapporti coniugali, laddove la semplice indicazione dello stato di disoccupazione dell'obbligato non è di per sé sufficiente a fare venire meno l'obbligo di fornire i mezzi di sussistenza alla famiglia, quando non risulti provato che le difficoltà economiche si siano tradotte in uno stato di vera e propria indigenza economica e nella oggettiva impossibilità di adempiere, sia pure in parte, alla prestazione; in questi termini Trib. Torino 04 maggio 2009, in Guida dir., 2009, 38, 52.

20 Sul tema delle prove e dell’onere probatorio, si vedano: G. CARPI - M. TARUFFO, Commentario breve al codice di procedura civile, Padova, 2012; F.P. LUISO, Diritto processuale civile, II, Milano, 2011; N. PICARDI, Manuale del processo civile, Milano,

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(attivi e passivi) costitutivi del patrimonio del ricorrente21, sia sotto il profilo economico, sia sotto il profilo finanziario-reddituale, né più, né meno di quanto accade nel corso dei giudizi di separazione e divorzio per stabilire la necessità di riconoscere all’uno o all’altro coniuge il diritto di mantenimento medio tempore (all’esito dell’udienza presidenziale) o definitivo (all’esito del processo a cognizione piena). Ovviamente, una volta assolto l’onere probatorio da parte dell’attore-ricorrente, spetterà agli ascendenti evocati in causa la prova dei fatti modificativi, impeditivi ed estintivi afferenti tanto la propria persona, quanto quella della controparte giudiziale: tra di essi, a titolo esemplificativo, possono citarsi la presenza di non trascurabili situazioni debitorie pregresse, di rilevanti spese mediche o di consistenti canoni ed affitti, a fronte della percezione di pensioni cosiddette minime o sociali ovvero comunque particolarmente esigue, nonché il rifiuto di offerte di lavoro da parte del genitore ricorrente (o dei genitori ricorrenti) o della sussistenza di rendite o di altri tipi di entrate disposte in favore di questi ultimi.

Per nessun motivo, poi, si può escludere l’applicazione ai procedimenti civili ex art. 148 c.c. del principio dell’obbligo di contestazione specifica consacrato nell’art. 115, comma I c.p.c.; ne deriva che laddove chi agisce in giudizio avesse omesso, come in parte accaduto nel caso concreto deciso con il provvedimento in commento, di dare la prova della sussistenza di uno o tutti gli elementi costitutivi, la mancata contestazione specifica ad opera della controparte dei fatti ex adverso allegati ben potrebbe sopperire alle lacune probatorie imputabili al ricorrente. Nel caso di specie, dunque, il fatto che entrambe le parti del giudizio avessero concordato nel ritenere che il Sig. To.S., padre della minore A.M.S.S., fosse da tempo irreperibile ha dato luogo alla formazione di un fatto pacifico, mentre alla medesima conclusione non si è potuto giungere per quanto riguardava l’aspetto delle capacità reddituali e lavorative della madre della minore A.M.S.S., che, se dalla difesa di quest’ultima affermate, sono state oggetto di puntuale contestazione da parte della difesa dei Sigg.ri Te.S. e M.C.

In definitiva, può concludersi che il complessivo quadro probatorio è stato correttamente valutato dal giudicante investito della questione.

6. In sintesi, la decisione in commento appare corretta sotto il profilo sostanziale. Sebbene sia discutibile la scelta di non integrare il contraddittorio con l’ingresso in giudizio anche degli ascendenti ingiustamente pretermessi (i nonni materni ossia i genitori della ricorrente), l’organo giurisdizionale ha dimostrato di aver fatto applicazione dei principi

21 Il riferimento è alla presenza di entrate economiche di varia natura, come rendite da beni immobili o da prodotti finanziari, vitalizi, assegni di mantenimento, retribuzioni, pensioni di qualsiasi genere, etc…; quanto agli elementi passivi del patrimonio, si intendono tutte le uscite, quali ad esempio rate di mutui e per assicurazioni, spese per sé e per la prole e più in generale qualsivoglia situazione debitoria.

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di diritto costantemente enunciati in materia dai giudici di merito e di legittimità. In estrema sintesi, la fonte del dovere morale e giuridico di assistenza e mantenimento della prole da parte dei genitori è il fatto storico e naturale della procreazione, esclusivamente ed immediatamente imputabile a questi ultimi. L’obbligazione al mantenimento dei nipoti da parte dei nonni (rectius: di tutti gli ascendenti di pari grado) è, dunque, solo eccezionale, sussidiaria ed eventuale, subordinata alla materiale (e giudizialmente provata) incapacità reddituale-patrimoniale dei genitori di far fronte, sia pur singolarmente, al mantenimento dei propri figli. La dimostrazione di tale particolare stato incombe, secondo quanto previsto dai criteri generali in tema di prova, in capo al soggetto ricorrente, il quale dovrà dare dimostrazione della sussistenza della incapacità propria e dell’altro coniuge ovvero della mancanza di volontà di quest’ultimo a provvedere alla prole, vale a dire della integrazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie legale astratta dedotta in giudizio.

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