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L’ATTUAZIONE REGOLAMENTARE DEL RISARCIMENTO DIRETTO. PRIME NOTE DI COMMENTO

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L’ATTUAZIONE REGOLAMENTARE DEL RISARCIMENTO DIRETTO.

PRIME NOTE DI COMMENTO

Prof. Avv. Flavio Peccenini* ABSTRACT

L’attuazione regolamentare dell’istituto del “risarcimento diretto”, effettuata con D.P.R. 254/2006, è oggetto del primo intervento dell’Avv. Flavio Peccenini, Professore Ass.to di Diritto Privato dell’Università di Bologna. In particolare l’Autore ponendosi nelle “vesti” della vittima di un sinistro stradale verificatosi in Italia in data posteriore al 1° Febbraio 2007, offre alcuni validi spunti interpretativi della disciplina, a partire dalla condizione fattuale originaria: il sinistro deve essere conseguenza di una “collisione” come afferma il Regolamento Attuativo e solo tra due veicoli a motore? L’Autore ritiene che:

a. la definizione offerta dal D.P.R. [“collisione”] non sia applicabile e pertanto anche i danni causati da sinistri “senza collisione” non potranno essere esclusi dal risarcimento diretto;

b. per due veicoli a motore deve intendersi che “l’indennizzo diretto non potrà trovare applicazione quando il veicolo abbia coinvolto, oltre due veicoli, anche - ad es. - un velocipede od un pedone (ad es., Tizio tampona Caio che, sull’abbrivio, investe un pedone in procinto di attraversare la strada).”

Come compilare quindi la richiesta di risarcimento? “La forma della richiesta può essere quella della raccomandata con avviso di ricevimento ovvero consegnata a mano, ma anche quella del telegramma, del fax o per via telematica (solo questa ultima modalità di invio può essere esclusa dal contratto di assicurazione)”.

Le modalità sono parzialmente differenti dalla procedura ordinaria ex Art. 148 Codice Ass.ni Private ma occorre ricordare che unicamente con le denunzia a mezzo di lettera raccomandata A.r. potrà far decorrere i termini di proponibilità dell’azione giudiziale [Art. 145 Codice Ass.ni Private “decorsi sessanta giorni, ovvero novanta in caso di danno alla persona, decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto alla propria impresa di assicurazione il risarcimento del danno, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento”].

A seguito dell’offerta liquidativa il danneggiato può accettare oppure [con il diniego o il silenzio dello stesso]

imputare la somma in conto dell’eventuale maggior risarcimento: la Compagnia Ass.va che del veicolo vettore salda l’importo quale, secondo l’Avv. Peccenini, “mandataria ex lege senza rappresentanza” della Compagnia del civilmente responsabile: “Da questa qualificazione discende che l’assicuratore della vittima non potrebbe, per un verso, opporre a quest’ultima le eccezioni relative ai suoi rapporti con essa; e per altro verso può opporle tutte le eccezioni che le sarebbero state opponibili dall’assicuratore del responsabile, ivi comprese quelle di inesistenza o inefficacia del contratto di assicurazione stipulato dal responsabile”. Interessante infine la disamina dell’Autore in merito all’obbligo di assistenza tecnica ed informativa che in base all’art. 9 del D.P.R.

la Compagnia è tenuta a fornire al danneggiato laddove viene qualificato come obbligo contrattuale, di correttezza e buona fede: obbligo che può dirsi adempiuto secondo l’Autore, “solo quando il danneggiato, posto dinanzi ad una offerta transattiva, sia adeguatamente informato dei criteri in base ai quali si sia pervenuti a formulare quella offerta, ivi compresa la sussistenza di eventuali dubbi od incertezza circa l’esistenza o la risarcibilità di uno o più danni. Diversamente, il danneggiato non potrebbe mai sapere se la somma che gli viene offerta sia equa o meno, e non potrebbe mai esercitare liberamente e con cognizione di causa la propria libertà negoziale di transigere la controversia”. L’assistenza tecnica prestata dovrebbe rendere [almeno in linea teorica] evitabile il ricorso al parere di un legale ma attenzione: “Postilla finale: se l’assicuratore non adempie al proprio obbligo di informazione ed assistenza, il diritto al risarcimento del danno per il ricorso all’assistenza legale non dipenderà più dalla verificazione del sinistro bensì dall’inadempimento”.

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* Associato di Diritto Privato, Università di Bologna

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Mi sono convinto, dopo la lettura del d.p.r. 254/2006, che l’approccio più semplice al risarcimento diretto sia quello di prefigurare lo scenario che si mostrerà agli occhi della vittima di un sinistro che si verifichi in Italia (dico in Italia perché i sinistri occorsi all’estero sono disciplinati dal capo V del titolo X del Codice delle assicurazioni) a far tempo dal 1° febbraio 2007.

L’ignaro (di manzoniana memoria) danneggiato, a differenza di quanto avveniva in precedenza, invece di domandarsi semplicemente chi sia responsabile della condotta che ha cagionato l’evento, dovrà scegliere, meglio, identificare quale complesso normativo sia applicabile alla fattispecie che lo vede coinvolto, inoltrandosi nella lettura del Codice delle Assicurazioni private e del d.p.r. 254 del 18 luglio 2006.

Così, dopo aver preso atto che, ai sensi del 2° comma dell’art. 150 “Le disposizioni relative alla procedura prevista dall’articolo 149 non si applicano alle imprese di assicurazione con sede legale in altri Stati membri che operano nel territorio della Repubblica ai sensi degli articoli 23 e 24, salvo che le medesime abbiano aderito al sistema di risarcimento diretto”, scoprirà che la disciplina che lo riguarda è suscettibile di variare a seconda:

a) del tipo di danno subito: al veicolo, alle cose trasportate, alla persona;

b) in quest’ultimo caso, della entità dei postumi conseguenti alla lesione;

c) del ruolo da lui stesso rivestito nell’evento: conducente, proprietario, trasportato.

La nuova normativa, infatti, prende in considerazione tutte queste variabili per allocare

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l’una o l’altra fattispecie in questa o in quella disciplina: cioè in quella dell’art. 148, procedura di risarcimento (senza aggettivi), ovvero in quella dell’art. 149, procedura di risarcimento diretto, ovvero ancora in quella dell’art. 141, risarcimento del terzo trasportato.

All’ignaro ed ora anche un po’ preoccupato (ma forse non dovrebbe visto l’art. 9 del d.p.r., su cui ultra) danneggiato il percorso ermeneutico non sembrerà particolarmente semplice.

Infatti, non appena affronterà la lettura delle definizioni contenute nell’art. 1 del d.p.r.

[del tutto inutili perché già contenute nel Codice], rileverà che la definizione di sinistro (lettera C) come “collisione …tra due veicoli…” sembra (mi si passi il giuoco di parole)

“collidere” con quella di cui all’art. 149, ove non si parla di collisione; si domanderà allora quale sia l’effetto di tale difformità, approdando a queste possibili conclusioni:

A) vale la definizione del d.p.r., conseguentemente i danni causati da sinistri senza collisione saranno esclusi dal risarcimento diretto;

B) la definizione del d.p.r. non è applicabile, in quanto la norma regolamentare (fonte di secondo grado) non può contraddire la norma di legge (fonte primaria) riducendone la sfera di applicazione, in particolare quando la potestà regolamentare non era prevista relativamente a tali delimitazioni concernenti l’evento fonte di danno (a questo proposito l’art. 2 del d.p.r. ribadisce a chiare lettere la propria finalità, rivolta a disciplinare le modalità attuative del sistema del risarcimento diretto, così come previsto

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dall’art. 150, norma questa che a sua volta nelle cinque lettere del primo comma, nulla prevede in ordine alla ridefinizione dell’evento previsto dall’art. 149); l’art. 1, comma 1, lettera C del d.p.r. potrà dunque essere disapplicato dal Giudice.

Ritengo che questa seconda opzione sia quella preferibile.

Superato il primo ostacolo il danneggiato, fattosi interprete, incomincerà ad elencare (estrapolandoli dall’art. 149 - 1° e 2° comma - e dal d.p.r. - artt. 3 e 4) i presupposti soggettivi ed oggettivi di applicazione della disciplina del risarcimento diretto.

1) l’evento deve essersi verificato nel territorio italiano;

2) deve avere coinvolto due (e soltanto due) veicoli a motore.

Una attenta dottrina (Marco Rossetti) si è domandata se l’avverbio “soltanto” vada logicamente riferito al tipo di “enti” coinvolti nel sinistro (soltanto veicoli), ovvero al numero di essi (soltanto due). Nel primo caso, l’indennizzo diretto non potrà trovare applicazione quando il veicolo abbia coinvolto, oltre due veicoli, anche - ad es. - un velocipede od un pedone (ad es., Tizio tampona Caio che, sull’abbrivio, investe un pedone in procinto di attraversare la strada). Nel secondo caso, invece, quel che rileva ai fini dell’applicabilità del sistema dell’indennizzo diretto è unicamente il coinvolgimento di veicoli a motore in numero non superiore a due, quale che fosse il numero di altri

“enti” coinvolti (pedoni, animali, veicoli non a motore).

La risposta data è di ritenere preferibile la prima soluzione; queste le motivazioni “La prima soluzione appare tuttavia preferibile, per due ragioni. La prima è che il sistema

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dell’indennizzo si fonda sul presupposto che ciascuno degli assicuratori tenuto al pagamento (quello della vittima in prima battuta, e quello del responsabile in via di rivalsa) abbiano assicurato almeno un veicolo coinvolto nel sinistro, e che non vi siano altre “partite” di danno da sistemare. Diversamente, infatti, il sistema si complicherebbe paurosamente: se, ad es., si ammettesse la praticabilità dell’indennizzo diretto anche se nel sinistro sia coinvolto un pedone, l’assicuratore del responsabile si vedrebbe esposto a due azioni: l’una, in via diretta, da parte del pedone danneggiato; l’altra, in via recuperatoria, da parte dell’assicuratore dell’altro automobilista che abbia riportato danni, il che impedirebbe la unitaria e contestuale definizione di ogni rapporto tra danneggiati ed assicuratore del danneggiante”.

La seconda ragione si ricava dal 4° comma dell’art. 140 che prevede il litisconsorzio necessario in tutte le ipotesi di pluralità di danneggiati le cui pretese eccedano la capienza del massimale “Se quindi fosse consentito all’automobilista danneggiato invocare le norme sull’indennizzo diretto anche quando in conseguenza del sinistro sia rimasto ferito - poniamo - un pedone, nel giudizio promosso dal danneggiato contro il proprio assicuratore dovrebbe essere chiamato anche il pedone, il quale però non avrebbe azione nei confronti dell’assicuratore convenuto, ma solo nei confronti dell’assicuratore del responsabile. Verrebbe quindi vulnerata in tal caso la ratio sia delle norme sull’indennizzo diretto, sia di quelle sul litisconsorzio necessario. Né varrebbe obiettare che l’art. 140, comma 4, cod. ass. (norma assurda sotto più d’un profilo)

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potrebbe essere salvificamente interpretato ritenendo che il litisconsorzio necessario sussista solo nei casi di incapienza del massimale, che ben raramente possono verificarsi nell’ipotesi di danni con esiti micropermanenti. Rarità non vuol dire infatti impossibilità, e non può in radice escludersi che una modesta lesione personale possa causare un rilevante danno patrimoniale da perdita del reddito, capace - unitamente agli altri danni causati dal sinistro - di esaurire il massimale”;

3) detti veicoli devono essere identificati, coperti da assicurazione ed immatricolati in Italia “ovvero veicoli immatricolati nella Repubblica di San Marino e nello Stato Città del Vaticano, se assicurati con imprese con sede legale nello Stato italiano o con imprese che esercitino l’assicurazione obbligatoria responsabilità civile auto ai sensi degli articoli 23 e 24 del codice delle assicurazioni private e che abbiano aderito al sistema del risarcimento diretto” (art. 4 lettera B del d.p.r.);

4) i danni risarcibili con la procedura di risarcimento diretto sono quelli causati:

• al veicolo quale che ne sia l’entità (potranno essere chiesti dal proprietario anche non contraente della polizza);

• alle cose trasportate di proprietà dell’assicurato o del conducente quale che ne sia l’entità;

• alla persona del conducente (proprietario o meno del veicolo, contraente o meno della polizza), non responsabile, se ha riportato lesioni dalle quali è derivata una I.P. non superiore al 9%.

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Relativamente al danno alla persona del conducente necessitano due approfondimenti.

Il primo concerne l’apparente contraddizione tra il 2° comma dell’art. 149 (risarcibilità del danno alla persona del conducente non responsabile) e il 1° comma dell’art. 5 del d.p.r. (applicabilità della procedura di risarcimento diretto, indifferentemente per danni a cose o alla persona, anche in presenza di concorso di colpa).

La dottrina già menzionata e particolarmente attenta alle novità in esame, dopo aver rilevato che “Ora, che la limitazione dell’indennizzo diretto alle sole ipotesi di colpa esclusiva fosse una norma assurda e foriera di gravi complicazioni non è un mistero (in tutti i casi dubbi, il danneggiato per evitare sorprese converrà in giudizio sia il proprio assicuratore, nell’ipotesi in cui il giudice dovesse ritenere la colpa esclusiva dell’altro conducente; sia l’assicuratore altrui, per l’ipotesi in cui il giudice dovesse ravvisare un concorso di colpa)” esprime ”seri dubbi che questa menda possa essere eliminata con la fonte regolamentare” e così conclude “pertanto, sebbene la norma regolamentare sia oggettivamente più ragionevole di quella di legge, essa è illegittima, in quanto in contrasto con la fonte primaria”.

Il secondo approfondimento vale a chiarire quale danno, diverso da quello al veicolo, ovvero alle cose trasportate, sia risarcibile al conducente non colpevole.

L’art. 149 parla di danno alla persona contenuto nel limite previsto dall’art. 139 (lesioni pari o inferiori al 9%). Al fine di non rendere inutile l’introduzione della figura del risarcimento diretto occorre chiarire che il richiamo all’art. 139 va inteso, così come

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risulta dalla lettera della legge, “limitato” al limite (mi scuso della ripetizione) del grado di invalidità, in caso contrario, in presenza di lesioni che hanno causato oltre ad un danno biologico anche un danno patrimoniale, per quest’ultimo non si potrebbe fare ricorso alla procedura del risarcimento diretto; ma vi è di più: a tale procedura non si potrebbe ricorrere neppure per il risarcimento del danno morale.

Ne consegue che interpretare il richiamo all’art. 139 come limitante il risarcimento diretto al solo danno biologico vanificherebbe le ragioni stesse dell’introduzione della nuova procedura.

Resta la previsione di cui al primo comma dell’art. 3 del d.p.r. che così dispone: “La disciplina del risarcimento diretto si applica in tutte le ipotesi di danni al veicolo e di lesioni di lieve entità al conducente, anche quando nel sinistro siano coinvolti terzi trasportati” e sembra formulato proprio per trarre in inganno il danneggiato/ermeneuta.

Non ci si deve preoccupare, il legislatore, in un eccesso di zelo, ha soltanto voluto

“chiarire” che, anche nell’ipotesi di presenza a bordo del veicolo coinvolto nel sinistro di terzi trasportati, per i danni sopra indicati al punto 4 continua a valere la procedura di risarcimento diretto, fermo che per i trasportati vale la disciplina dell’art. 141 (così ribadisce anche il 2° comma dell’art. 3 del d.p.r.).

A questo punto il danneggiato, che con la necessaria diligenza ed adeguata preparazione, si è convinto che alla fattispecie che lo vede (ahimè!) coinvolto si applica la procedura del risarcimento diretto, dopo aver tirato un sospiro di sollievo, deve

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spostare la sua attenzione alle “Modalità della richiesta di risarcimento”, così scoprendo che quelle della procedura del risarcimento diretto sono parzialmente diverse da quelle della procedura senza aggettivi di cui all’art. 148.

Queste modalità (in attuazione della lettera B dell’art. 150) sono disciplinate dall’art. 5 del d.p.r.

Il primo comma (ripetendo il primo comma dell’art. 149) ribadisce che la richiesta di risarcimento deve essere rivolta all’impresa che ha stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato da parte del danneggiato, che si ritiene non responsabile, anche se solo in parte. Questa formulazione parrebbe contraddire la seconda parte del 2°

comma dell’art. 149, là dove il risarcimento diretto delle lesioni subite è accordato unicamente al conducente non responsabile; tuttavia la contraddizione non sussiste, se solo si considera che la richiesta può concernere sia il danno alla persona sia quello alle cose, per la risarcibilità del quale non ricorre la condizione della irresponsabilità del conducente.

La forma della richiesta può essere quella della raccomandata con avviso di ricevimento ovvero consegnata a mano, ma anche quella del telegramma, del fax o per via telematica (solo questa ultima modalità di invio può essere esclusa dal contratto di assicurazione).

Ai sensi dell’art. 148, invece, unica modalità per la richiesta è la raccomandata a.r., in base al richiamo all’art. 145.

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Il danneggiato, tuttavia, non dovrà dimenticare che le modalità diverse dalla a.r.

previste dall’art. 5 del d.p.r. non sono sufficienti in relazione all’eventuale proposizione della pretesa risarcitoria in giudizio. L’art. 145, infatti, al 2° comma, così statuisce “Nel caso in cui si applichi la procedura di cui all’articolo 149 l’azione per il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione, può essere proposta solo dopo che siano decorsi sessanta giorni, ovvero novanta in caso di danno alla persona, decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto alla propria impresa di assicurazione il risarcimento del danno, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, inviata per conoscenza all’impresa di assicurazione dell’altro veicolo coinvolto, avendo osservato le modalità ed i contenuti previsti dagli articoli 149 e 150”.

Prudenza, quindi, vuole che ogni richiesta venga effettuata con le modalità volute dall’art. 145.

L’art. 6 del d.p.r., chiarisce quale debba essere il contenuto della richiesta, distinguendo tra l’ipotesi dei danni al veicolo o alle cose e quella del danno alla persona.

Per i danni alle cose o al veicolo, mentre l’art. 148 si limitava a richiedere, unitamente alla raccomandata:

● la denuncia secondo il modulo (in base al modello ISVAP) previsto dall’art. 143;

● l’indicazione del codice fiscale degli aventi diritto al risarcimento;

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● l’indicazione del luogo, dei giorni e delle ore in cui le cose danneggiate sono disponibili per l’ispezione diretta ad accertare l’entità del danno;

l’art. 6 richiede anche:

a) i nomi degli assicurati;

b) le targhe dei due veicoli coinvolti;

c) la denominazione delle rispettive imprese;

d) la descrizione delle circostanze e delle modalità del sinistro;

e) le generalità di eventuali testimoni;

f) l’indicazione dell’eventuale intervento degli Organi di polizia;

non vengono, invece, richiamati il codice fiscale (probabilmente perché l’estensore ha ritenuto che potessero essere già in possesso dell’assicuratore; ciò è però vero unicamente quando assicurato e danneggiato coincidono) e il modulo ex art. 143.

E’ tuttavia da ritenersi che il modulo possa essere egualmente allegato (anche ai fini della previsione di cui al 2° comma dell’art. 143 “quando il modulo sia firmato congiuntamente da entrambi i conducenti coinvolti nel sinistro si presume, salvo prova contraria da parte dell’impresa di assicurazione, che il sinistro si sia verificato nelle circostanze, con le modalità e con le conseguenze risultanti dal modulo stesso”) e si può persino ipotizzare che debba essere allegato, in quanto la previsione dell’art. 143 concerne tutte le procedure di risarcimento, nessuna esclusa; va in ogni caso allegato al fine del decorso del termine di 30 giorni, in caso di modulo sottoscritto da entrambi i

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conducenti.

Nell’ipotesi di lesioni, la richiesta deve inoltre indicare (e qui l’art. 6 del d.p.r. e l’art.

148 sono sovrapponibili):

1) età, attività, reddito del danneggiato;

2) entità delle lesioni;

3) attestazione medica comprovante la guarigione con o senza postumi;

4) la dichiarazione di cui all’art.142;

5) descrizione delle circostanze del sinistro.

Ricevuta la richiesta l’impresa è tenuta, in via alternativa a:

1) a formulare congrua offerta di risarcimento, eventualmente, in forma specifica, se prevista dal contratto (art. 8 lettera A del d.p.r.);

2) o comunicare i motivi che impediscono detta offerta (art. 8 lettera B del d.p.r.);

3) a comunicare a mezzo r.r. che il sinistro non rientra nella disciplina del risarcimento diretto (art. 11, 1° comma del d.p.r.).

La formulazione dell’offerta ovvero la comunicazione dei motivi di diniego deve essere fatta entro 90 giorni in caso di lesioni, 60 giorni in caso di danni a cose o al veicolo, 30 giorni in caso di modello di denuncia sottoscritto da entrambi i conducenti (il che sta a dimostrare l’opportunità di allegare tale modulo alla richiesta).

Qualora la richiesta sia incompleta, l’art. 7 del d.p.r. (così come l’art. 148) prevede “1- l’impresa, entro trenta giorni dalla ricezione, offrendo l’assistenza tecnica e informativa

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prevista dall’articolo 9, invita il danneggiato a fornire le integrazioni e i chiarimenti necessari per la regolarizzazione della richiesta; 2- Nell’ipotesi di cui al comma 1, i termini per la formulazione dell’offerta o per la comunicazione della mancata offerta sono interrotti e ricominciano a decorrere dalla data di ricezione delle integrazioni e dei chiarimenti richiesti”.

Nell’ipotesi sopra individuata sub 3 (il sinistro non rientra nella disciplina del risarcimento diretto), invece, sempre l’art. 11 del d.p.r. prevede che l’impresa trasmetta la richiesta, corredata della documentazione acquisita, per ogni ulteriore valutazione, all’impresa del responsabile, qualora quest’ultima le sia nota.

Ancora una volta appare utile, per non dire indispensabile, che la richiesta sia accompagnata dal modulo ISVAP, fermo restando quanto previsto dal 2° comma dell’art. 145.

Per quest’ultima ipotesi in esame il 3° comma dell’art. 11 risolve il problema della decorrenza dei termini sia di proponibilità dell’azione diretta (145) sia dell’obbligo di formulare offerta (148); ci si era, infatti, domandato se fosse onere del danneggiato inviare nuova richiesta alla Compagnia del responsabile; l’onere per il danneggiato non sussiste perché supplito dall’obbligo imposto all’assicuratore del veicolo utilizzato.

Riportando il testo dell’art. 7 del d.p.r. siamo incappati nella assistenza tecnica e informativa che la Compagnia è tenuta a dare al danneggiato, la disciplina di questa nuovo obbligo è contenuto nel tanto vituperato art. 9 del d.p.r., che qualifica questa

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attività di collaborazione come un obbligo contrattuale, di correttezza e buona fede, il cui contenuto minimo è quello normativamente previsto, salva ogni ulteriore specificazione che sia contrattualmente prevista. Detto obbligo, finalizzato ex lege alla

“migliore prestazione del servizio” e alla “piena realizzazione del diritto al risarcimento del danno” deve comprendere:

- supporto tecnico per la compilazione della richiesta di risarcimento;

- il controllo della richiesta;

- l’eventuale integrazione della stessa;

- illustrazione e la precisazione (il termine appare di difficile comprensione) dei criteri di responsabilità di cui all’allegato A) del d.p.r.

Quest’ ultimo aspetto del dovere di collaborazione andrà attuato con particolare riferimento all’art. 12 del d.p.r. che così dispone “1- L’impresa adotta le proprie determinazioni in ordine alla richiesta del danneggiato, applicando i criteri di accertamento della responsabilità dei sinistri stabiliti nella tabella di cui all’Allegato A, in conformità alla disciplina legislativa e regolamentare in materia di circolazione stradale.

2- Qualora il sinistro non rientri in alcuna delle ipotesi previste dalla tabella di cui al comma 1, l’accertamento della responsabilità è compiuto con riferimento alla fattispecie concreta, nel rispetto dei principi generali in tema di responsabilità derivante dalla circolazione dei veicoli”.

A questo punto del discorso è giunto il momento di occuparci dell’art. 9, norma

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particolarmente innovativa tale da poter introdurre notevoli modificazioni nell’attuale prassi di composizione della c.d. litigation di settore, e teoricamente vediamo, innanzitutto, come i primi commenti alla norma risolutiva delle preoccupazioni (sopra menzionate) dell’ignaro danneggiato hanno delineato il contenuto dell’obbligo di informativa e di assistenza tecnica: “Così, per fare qualche esempio, la nuova disposizione imporrà all’assicuratore di:

a) informare il danneggiato sui criteri di riparto della responsabilità tra lui e l’altro conducente coinvolto;

b) fare eseguire con solerzia una perizia sul veicolo o sulle altre cose danneggiate, ed una visita medico legale sulla persona della vittima;

c) spiegare alla vittima i criteri con i quali il consulente od il perito sono pervenuti alle rispettive conclusioni;

d) illustrare al danneggiato quali sono i pregiudizi al cui risarcimento ha diritto (patrimoniale, biologico, morale, da ritardato adempimento);

e) illustrare al danneggiato i criteri attraverso i quali le indicazioni scaturite dalla consulenza medico legale o dalla perizia sulle cose danneggiate sono state convertite in danaro;

f) se necessario, illustrare al danneggiato le ragioni per le quali non sono indennizzabili taluni dei danni da lui pure invocati;

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g) controllare che la richiesta di risarcimento predisposta dall’assicurato sia completa e conforme alle prescrizioni di cui all’art. 6 reg. 254/06; da ciò discende, quale ineludibile corollario, che l’assicuratore il quale riceva una richiesta di indennizzo diretto formulata in termini scorretti od incompleti, ha un vero e proprio obbligo contrattuale di “educare” (nel senso etimologico) il danneggiato, spiegandogli come vada integrata o corretta la richiesta”.

Si è del pari osservato che essendo l’assistenza finalizzata a garantire la piena realizzazione del diritto al risarcimento del danno…tale risultato

“ può effettivamente sussistere solo quando il danneggiato, posto dinanzi ad una offerta transattiva, sia adeguatamente informato dei criteri in base ai quali si sia pervenuti a formulare quella offerta, ivi compresa la sussistenza di eventuali dubbi od incertezza circa l’esistenza o la risarcibilità di uno o più danni. Diversamente, il danneggiato non potrebbe mai sapere se la somma che gli viene offerta sia equa o meno, e non potrebbe mai esercitare liberamente e con cognizione di causa la propria libertà negoziale di transigere la controversia”. Si è così sostenuto, con una immagine suggestiva che il danneggiato “ha diritto ad un vero e proprio “consenso informato” su tutte le caratteristiche dell’obbligazione risarcitoria gravante sul responsabile, ed anche sui possibili rischi od incertezze di una eventuale lite giudiziaria. Quest’ultimo tipo di informazioni, anzi, costituisce un elemento indefettibile del pacchetto di informazioni cui il danneggiato ha diritto, perché non può dirsi libera

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ed informata la scelta di accettare (o non accettare) la somma offerta, quando l’assicurato non sia messo in grado di valutare i pro ed i contra del ricorso alla giurisdizione”.

Da ultimo non deve dimenticarsi che trattandosi di obblighi contrattuali saranno applicabili sia l’art. 1218 c.c. in caso di inadempimento, sia l’art. 2952 c.c. quanto alla prescrizione.

Torniamo all’iter che sta percorrendo il danneggiato: l’impresa, ricevuta la richiesta, decorsi i termini (eventualmente sospesi), formulata l’offerta, deve procedere alla liquidazione, per conto dell’impresa di assicurazione del veicolo responsabile, provvedendo al pagamento nei 15 giorni dal momento dell’accettazione dell’offerta da parte del danneggiato (che rilascerà quietanza liberatoria valida anche nei confronti della impresa del responsabile civile, in altri termini, avente effetto liberatorio sia nei confronti dell’impresa che ha provveduto al pagamento, sia dell’impresa del responsabile).

Nello stesso termine l’impresa dovrà corrispondere la somma anche nell’ipotesi di rifiuto o di silenzio del danneggiato. In questi casi la somma pagata sarà imputata all’eventuale maggior risarcimento.

A proposito di questa previsione normativa di pagamento per conto, ci si è domandati quale sia la natura del meccanismo giuridico di sostituzione dell’assicuratore del danneggiato all’assicuratore del responsabile; tra le varie risposte la più convincente

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(sempre Rossetti) è quella che ritiene preferibile qualificare l’assicuratore del danneggiato quale “mandatario ex lege senza rappresentanza, tenuto ad adempiere per conto dell’assicuratore del responsabile l’obbligo di risarcimento. Da questa qualificazione discende che l’assicuratore della vittima non potrebbe, per un verso, opporre a quest’ultima le eccezioni relative ai suoi rapporti con essa; e per altro verso può opporle tutte le eccezioni che le sarebbero state opponibili dall’assicuratore del responsabile, ivi comprese quelle di inesistenza o inefficacia del contratto di assicurazione stipulato dal responsabile”.

Torniamo al silenzio o al rifiuto del danneggiato; normalmente sono le avvisaglie di un futuro contenzioso; cerchiamo, quindi, di prevedere le ipotesi che possono portare le parti innanzi all’autorità giudiziaria.

A) non vi è contrasto sull’applicabilità della procedura del risarcimento diretto, ma unicamente sull’entità del risarcimento; secondo il 6° comma dell’art. 149 il danneggiato ha azione diretta nei soli confronti della propria impresa di assicurazione, salvo l’intervenuto dell’impresa del responsabile e relativa estromissione di quella del danneggiato.

B) si discute se il sinistro rientri o meno nell’ambito di applicazione del risarcimento diretto; il legislatore nulla ha previsto, lasciando all’interprete la soluzione che, a mio avviso, può così ipotizzarsi: poiché non è ammissibile che il danneggiato sia costretto ad attendere l’esito del giudizio da lui proposto ex art. 149 prima di poter iniziare

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quello ex art. 148 (o viceversa), non può negarsi al danneggiato la possibilità di convenire contemporaneamente entrambe le Compagnie e ciò senza il rischio inevitabile di soccombenza quanto alle spese nei confronti di una di esse.

Per tutti i casi di ricorso all’Autorità giudiziaria, anche dopo l’emanazione del d.p.r., resta senza risposta il quesito relativo all’applicabilità del 3° comma dell’art. 144 (“nel giudizio promosso contro l’impresa di assicurazione è chiamato anche il responsabile del danno”) anche alle ipotesi disciplinate dall’art. 149, che come ricordiamo, fa riferimento all’azione diretta ai fini del 2° comma dell’art. 145, cioè del decorso del termine prima del quale l’azione non può essere proposta.

Ci si deve allora domandare se sia più coerente con il nuovo sistema risarcitorio codificato dall’art. 149 la partecipazione ovvero la non partecipazione al giudizio del responsabile del sinistro (che come è ormai noto viene identificato nel proprietario del veicolo, mentre l’eventuale citazione del conducente è unicamente strumentale a deferirgli l’interrogatorio formale).

Ragionando in termini non solo letterali (il richiamo all’azione diretta), ma anche di opportunità in relazione all’ipotesi che l’impresa del responsabile civile intervenga nel giudizio estromettendo l’altra impresa, la risposta appare positiva; in caso contrario dovrebbe ipotizzarsi che a seguito dell’estromissione dell’assicuratore del veicolo utilizzato, il giudizio proseguirebbe privo di un litisconsorte inizialmente non necessario, ma divenutolo a seguito dell’intervenuto volto all’estromissione; con l’ulteriore

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conseguenza che il giudice dovrebbe, a quel punto, ordinare all’attore l’integrazione del contraddittorio.

Ma vi è di più sotto il profilo sistematico, se solo si considera che non essendo stato abrogato l’art. 2054 c.c. il responsabile dell’evento continua a rimanere obbligato al risarcimento.

Dulcis in fundo o, se preferite, in cauda venenum resta da esaminare il 2° comma dell’art. 9 d.p.r. che così stabilisce: nel caso in cui la somma offerta dall’impresa di assicurazione sia accettata dal danneggiato “sugli importi corrisposti non sono dovuti compensi per la consulenza o assistenza professionale di cui si sia avvalso il danneggiato diversa da quella medico legale per i danni alla persona”.

La norma attua la delega contenuta nell’art. 150, comma 1, lettera (d), in ordine alla determinazione de “i limiti e le condizioni di risarcibilità dei danni accessori”.

Con il regolamento si è sicuramente tolto dall’imbarazzo l’interprete posto di fronte alla distinzione tra “danno principale” e “danni accessori” con una disposizione di carattere pratico: se il danneggiato accetta l’offerta non gli è dovuto alcun risarcimento per il danno eventualmente consistito nelle spese legali, nelle spese peritali di stima del danno al veicolo etc., Due osservazioni:

● la norma appare facilmente eludibile, potendosi prevedere che invalga la prassi di non far accettare dal proprio cliente le offerte che non siano comprensive delle spese legali;

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● non può porsi in dubbio il principio che le somme corrisposte a titolo di compenso al proprio legale o al proprio perito nella fase stragiudiziale possano formare oggetto di domanda di risarcimento nei confronti dell’altra parte a titolo di danno emergente, quando siano state necessarie e giustificate.

E’ proprio da questa affermazione che si devono prendere le mosse, perché un danno è risarcibile o non risarcibile non per il suo contenuto economico ovvero in relazione al precettore della somma corrisposta, occorre invece accertare se esista un idoneo nesso causale tra spesa ed evento ex art. 1223 c.c.: le spese legali e peritali che si dimostrino effettivamente necessarie non potranno non essere risarcite.

A questo proposito si è osservato (sempre Rossetti) che stante la previsione di assistenza e consulenza che l’impresa deve fornire al proprio assicurato può sostenersi, che tranne per ipotesi particolarmente controverse, la possibilità per il danneggiato di avvalersi della collaborazione del proprio assicuratore renda evitabile il ricorso al legale o al perito.

Postilla finale: se l’assicuratore non adempie al proprio obbligo di informazione ed assistenza, il diritto al risarcimento del danno per il ricorso all’assistenza legale non dipenderà più dalla verificazione del sinistro bensì dall’inadempimento.

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