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TAGETE n. 3 Settembre 2003 Anno IX
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LA RESPONSABILITÀ DEL MEDICO DI FAMIGLIA NELLA CERTIFICAZIONE
Dr. Santo Fazio∗
Per i molteplici problemi giuridici, assicurativi, deontologici ed etici che investono la responsabilità del medico, la certificazione riguardante il giudizio di prognosi di inabilità temporanea è forse l'atto medico che più è pressante nella quotidianità del medico di Medicina Generale.
Tale atto, in questi ultimi tempi, è riuscito a spostare il rapporto tra medico e paziente in quello tra medicina e società.
È per questo, quindi, che si impone al medico di famiglia di saper e dover improntare la propria condotta secondo scienza e coscienza e di avere sempre ben presente, sì gli obblighi verso il proprio paziente, ma di non perdere mai di vista le responsabilità che sul piano giuridico sono insite in una certificazione.
Non può certo essere sottaciuta la grossa conflittualità psicologica che investe il medico di libera scelta quando, nella circostanza della certificazione, deve equilibrarsi tra il rapporto di fiducia che ha instaurato con il proprio paziente, e il dover assumere un atteggiamento di rigida osservanza medico legale nei suoi confronti.
Questa posizione si è fatta più pressante nella circostanza della certificazione di prognosi di invalidità temporanea in ambito assicurativo INAIL, laddove, la legge istintiva del Servizio Sanitario Nazionale (legge 333/1978) ha demandato l'obbligo della cura dell'infortunato al SSN, e quindi al medico di medicina generale, affidando all'INAIL solo il compito dell'aspetto medico - legale.
∗Medico di famiglia.
Tagete n. 3-2003 Ed. Acomep
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TAGETE n. 3 Settembre 2003 Anno IX
2 Va da sé che nella circostanza del rilascio di certificazioni, concernenti la valutazione prognostica della invalidità per malattia, il rischio in cui può facilmente incorrere il medico, proprio per quel rapporto fiduciario con l'assistito, è quello di una certificazione compiacente, configurata nella descrizione di una obbiettività volutamente imprecisa, intesa ad alterare ed ipertrofizzare una verità clinica.
Si vuol ricordare, a tal proposito, che tale certificazione, che torna a danno della verità, dal punto di vista giuridico configura sempre una dichiarazione mentitoria e quindi una falsità ideologica, ponendo in essere un reato che viene in ogni caso consumato, anche se il rilascio delle certificazioni non riesce a raggiungere lo scopo prefissato.
È pur vero però, che l'approccio con il proprio paziente è un approccio fondato sulla reciproca fiducia, comprensione e confidenza, ed è difficile pertanto esercitare su di lui un atteggiamento di fiscalità.
Non vuole certo questa essere una richiesta di attenuanti, ma di fronte ad una dichiarata ostilità dell'opinione pubblica che mostra di avere una visione a dir poco miope e volutamente deviata sulla correttezza del medico di Medicina Generale, si vuole ricordare quanto è stato difficile essere obbiettivamente distaccati con coloro i quali si è cresciuti condividendo ansie e preoccupazioni, con chi ti ha confidato i problemi più intimi, con chi per questo ti ha permesso di ritenerti a ragione il suo medico di famiglia.
Tagete n. 3-2003 Ed. Acomep