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da altri processi produttivi permette infatti di limitare il ricorso a colture dedicate, da riservare all’uso alimenta- re e zootecnico.

Cosa dice la normativa

Nel recente decreto ministeriale 6 luglio 2012, in attuazione dell’art. 24 del decre- to legislativo n. 28/2011 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, il ruolo strategico delle biomasse residuali è stato uffi cialmente riconosciuto, diven- tando uno dei criteri premianti alla base del nuovo sistema di incentivazione per gli impianti iafr (impianti alimentati a fonti rinnovabili) che entreranno in atti- vità dopo il 31-12-2012.

Infatti, in pieno accordo con i prin- cipi già anticipati dal dlgs n. 28/2011, due sono stati i criteri adottati per dif- ferenziare le tariff e di incentivazione dell’energia elettrica derivante da fonti rinnovabili:

la tipologia e l’origine della biomassa impiegata come materia prima in ingres-

so agli impianti, con una diversifi cazione della tariff a tra «prodotti di origine biolo- gica» e «sottoprodotti», riservando a que- sti ultimi importi più alti (+27-29% circa);

la taglia dell’impianto, con l’indivi- duazione di 5 classi di potenza, di cui tre sino a 1 MW (sino a 300 kW; da 300 a 600 kW e da 600 kW a 1 MW), con la tariff a incentivante decrescente all’au- mentare della potenza.

In altre parole, la tariff a più elevata è riservata agli impianti di piccola taglia alimentati a sottoprodotti (tabella 1).

Quali materie prime nel digestore anaerobico

In quest’ultimo periodo l’interesse ver- so i sottoprodotti continua a essere mol- to alto, vista la possibilità di utilizzarli in parziale sostituzione degli insilati di mais; con questo nuovo decreto tale at- tenzione non potrà che aumentare.

Nel prossimo futuro la corretta ge- stione formale delle materie prime in ingresso all’impianto di biogas diven- terà quindi essenziale, non solo per non incorrere in sanzioni penali e/o ammi- nistrative ai sensi della normativa am- bientale (dlgs 152/02 e successive mo- difi che e integrazioni), ma anche per godere dell’incentivazione economica più elevata riservata ai sottoprodotti, estesa a tutta la produzione energetica quando i sottoprodotti rappresentano almeno il 70% in peso della biomassa in ingresso.

Prodotti e sottoprodotti, le regole non cambiano

di Lorella Rossi

L

a fi liera biogas-biometano è una fi liera tecnologicamente matu- ra e molto versatile, poiché per- mette di sfruttare indistinta- mente e con elevata effi cienza biomasse vegetali e/o animali, di scarto e/o dedi- cate e con contenuto di umidità molto diverso.

Nella pratica questo si traduce nella possibilità di mettere a punto dei «pia- ni di alimentazione» equilibrati ai fini della conversione energetica in biogas, ma alquanto variegati dal punto di vi- sta sia tecnico sia formale, in quanto costituiti da colture dedicate, eff luen- ti zootecnici, residui e sottoprodotti diversi di origine agroindustriale, fa- rine, ecc.

Per lo sviluppo sostenibile della fi- liera in ambito agricolo la possibilità di diversificare le matrici in ingresso agli impianti di biogas (prodotti, sotto- prodotti, rifiuti) riveste un ruolo stra- tegico: il ricorso a biomasse «residuali»

IL RUOLO STRATEGICO DELLE BIOMASSE RESIDUALI NELLA DIGESTIONE ANAEROBICA

In un impianto di biogas possono entrare prodotti e sottoprodotti. Con il decreto ministeriale 6 luglio 2012 questi fl ussi sono premiati in modo diverso, ma rimane l’obbligo del rispetto della normativa ambientale

e di quella igienico-sanitaria

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supplemento a L’Informatore Agrario •48/2012

BIOGAS

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In un impianto di biogas di tipo agri- colo (non autorizzato a trattare «rifi u- ti»), dal punto di vista formale, posso- no entrare:

prodotti, cioè colture dedicate, farine, granelle, ecc.;

sottoprodotti ai sensi dell’art. 184-bis della Parte IV del dlgs n. 152/06 conte- nente norme per la tutela ambientale, co- sì come modifi cato a seguito del recepi- mento della direttiva 2008/98/Ce.

Prodotti per biogas

Relativamente alla famiglia dei pro- dotti, tutto risulta abbastanza chiaro e semplice quando si ha a che fare con ma- teriali noti, quali appunto gli insilati, le farine, ecc.; la valutazione diventa invece più diffi cile e delicata quando si utiliz- zano i cosiddetti «prodotti per biogas», comparsi sul mercato a seguito del no- tevole sviluppo del settore. Questi pos- sono infatti derivare da miscele di com- ponenti diversi, non sempre di origine e composizione chiara e nota.

Su questo fronte, pertanto, è doveroso un atteggiamento cautelativo, che deve indur- re ad approfondire: la natura di tali pro- dotti, defi niti per biogas solo dal punto di vista commerciale; il loro reale potere metanigeno; l’eff ettiva assenza di compo- sti indesiderati di qualunque genere, che non deve essere data per scontata.

A questo punto occorre analizzare il quadro normativo nazionale per capire se c’è una defi nizione univoca di pro- dotto che possa aiutare gli operatori a rispondere alle domande: quando un be- ne può essere considerato e ceduto co- me prodotto? Quando ci sono standard qualitativi defi niti da norme specifi che?

Quando esiste un mercato e quindi una richiesta? Rispondere in realtà non è semplice né immediato e neppure uni- voco. Nella normativa nazionale non esi- ste una defi nizione uffi ciale; solamente dalla giurisprudenza si evince che con prodotto si intende:

«una conseguenza voluta di un pro- cesso produttivo»;

«una sostanza originata da un proces- so di produzione di cui è lo scopo prin- cipale».

Queste defi nizioni, anche se ancora vaghe ma simili nella sostanza, sono il primo passo per cercare di muoversi sul mercato con quel minimo di cognizione di causa che possa impedire di compiere scelte sbagliate.

A livello nazionale, inoltre, non esisto- no norme che fi ssano standard qualitati- vi minimi da rispettare per defi nire un

prodotto per biogas. Sono però dispo- nibili sul mercato sistemi di valutazione del potenziale metanigeno mediante test di laboratorio semplici e affi dabili; inol- tre, compilare una sorta di etichetta del prodotto per biogas che contenga tutte le informazioni utili per lo scopo cui è destinato, compreso il ciclo produttivo da cui deriva, non è diffi cile.

Ciò signifi ca che, pur non essendoci standard qualitativi di riferimento (né cogenti, né volontari), è possibile carat- terizzare in modo corretto e completo tali prodotti.

Sottoprodotti

Prima di analizzare il caso di quei fl us- si che possono entrare in impianto in quanto sottoprodotti, ai sensi dell’art.

184-bis del dlgs 152/06, è doveroso ri- cordare che, nonostante la lunga serie di sottoprodotti agricoli e agroindustriali elencati nella tabella contenuta nel nuo- vo decreto ministeriale 6 luglio 2012, dal punto di vista formale occorre sempre ri- spettare quanto previsto dalla normativa ambientale (Parte IV del dlgs n. 152/06) e igienico-sanitaria vigente (regolamento Ce n. 1069/09 per i sottoprodotti di ori- gine animale). Tale principio è ribadito in calce alla tabella 1-A di cui all’allegato 1 del decreto stesso.

Pertanto, a meno di future semplifi - cazioni almeno per alcune tipologie di sottoprodotti, un residuo di produzione, per quanto ricco di sostanza organica e idoneo alla conversione energetica, può

essere gestito come sottoprodotto, e come tale entrare nell’impianto di biogas, sola- mente se rispetta contemporaneamente i seguenti quattro punti (art. 184-bis):

la sostanza è originata da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo non è la pro- duzione di tale sostanza;

è certo che la sostanza sarà utilizzata, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;

la sostanza potrà essere utilizzata di- rettamente, senza alcun ulteriore trat- tamento diverso dalla normale pratica industriale;

l’ulteriore utilizzo è legale, ovvero la sostanza soddisfa, per l’utilizzo speci- fi co, tutti i requisiti pertinenti riguar- danti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’am- biente o la salute umana.

Se si confrontano i quattro punti sopra elencati con quelli vigenti in precedenza, emerge chiaramente la volontà di rende- re più facilmente applicabile il percorso di reimpiego dei sottoprodotti.

Due aspetti paiono particolarmente importanti.

I trattamenti sono ammessi. Con la vigente defi nizione in primo luogo so- no ammessi «trattamenti», purché faccia- no parte della normale pratica industria- le. La mera operazione di disidratazione dei sottoprodotti per ridurre il tenore di umidità o la riduzione di pezzatura non si confi gurano più come trattamenti pre-

TABELLA 1 - Vita utile convenzionale, tariffe incentivanti per nuovi impianti (*)

Tipologia Potenza (kW)

Vita utile degli impianti

(anni)

Tariffa incentivante

base (euro/MWh) Fonte rinnovabile: biogas

a) Prodotti di origine biologica

1 < P ≤ 300 20 180

300 < P ≤ 600 20 160

600 < P ≤ 1.000 20 140

1.000 < P ≤ 5.000 20 104

P > 5.000 20 91

b) Sottoprodotti di origine biologica di cui alla tabella 1-A; d) rifi uti non provenienti da raccolta differenziata diversi da quelli di cui alla lettara c)

1 < P ≤ 300 20 236

300 < P ≤ 600 20 206

600 < P ≤ 1.000 20 178

1.000 < P ≤ 5.000 20 125

P > 5.000 20 101

c) Rifi uti per i quali la frazione biodegradabile è determinata forfettariamente con le mo- dalità di cui all’allegato 2

1 < P ≤ 1.000 20 216

1.000 < P ≤ 5.000 20 109

P > 5.000 20 85

(*) Estratti dall’allegato 1 al decreto ministeriale 6 luglio 2012.

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liminari che, secondo le pregresse in- terpretazioni più restrittive, infi ciavano la possibilità di una loro gestione come sottoprodotti.

Parte integrante del processo produttivo. Il concetto di parte inte- grante di un processo produttivo per- mette di allargare i confi ni entro cui si colloca la produzione del sottoprodotto, perché la sostanza che si intende gesti- re come sottoprodotto può generarsi in qualunque punto e in qualunque mo- mento lungo il processo produttivo del prodotto principale.

Non risulta più obbligatorio che i sot- toprodotti abbiano un valore di mercato;

questo non signifi ca che i sottoprodotti non debbano essere pagati, ma solamen- te che il requisito non è vincolante per la loro gestione al di fuori del contesto normativo dei rifi uti.

Certezza del riutilizzo

Anche con la nuova defi nizione di sot- toprodotto il primo dei requisiti da ga- rantire è la certezza del riutilizzo; si trat- ta di un concetto fondamentale per di- mostrare che la sostanza in gioco non ha a che vedere con il concetto di rifi uto. Per questo bisogna sempre aver presente che dal punto di vista formale un materiale gestito come sottoprodotto non deve mai ricadere nella nozione di rifi uto durante tutte le diverse fasi gestionali (dalla pro- duzione sino alla destinazione fi nale).

In altre parole, dalla formazione e rac- colta presso il sito di produzione sino alla consegna e all’impiego presso l’utilizza- tore (l’impianto di biogas) non si devono mai evidenziare comportamenti di incu- ria, trascuratezza, considerati sinonimi di «abbandono» e quindi di volontà di

«disfarsi della sostanza in gioco».

Ciò presuppone in primo luogo che il produttore del fl usso che si intende ge- stire come sottoprodotto sia consapevo- le di diventare, oltre che produttore del bene principale, anche produttore di un prodotto secondario o sottoprodotto. Il percorso sottoprodotto è infatti un iter di favore che la legge mette a disposizione e che il produttore in piena autonomia decide di seguire.

Allo stesso modo, chi ritira sottopro- dotti, quale il gestore dell’impianto di biogas, deve dimostrare cura e modalità gestionali prestabilite, atte a valorizzare in modo adeguato la nuova materia pri- ma con cui alimentare il digestore.

La certezza dell’eff ettivo reimpiego del sottoprodotto in un altro processo pro- duttivo viene dimostrata con uno specifi -

co contratto di scambio tra i due sogget- ti coinvolti, il produttore e l’utilizzatore;

contratto in cui occorre fare espressamen- te riferimento all’art. 184-bis del dlgs n.

152/06, oltre che descrivere quali-quantita- tivamente i fl ussi di materiale, gli eventuali picchi di produzione, ecc. Il contratto deve essere stipulato prima di

avviare l’attività.

L’uti lizzatore dei sottoprodotti, quale l’azienda agricola dota- ta di impianto di biogas, deve invece preoccupar-

si di verifi care se il ricorso a sottoprodotti è già previsto nella documentazione tecni- ca presentata a corredo dell’iter svolto per arrivare alla costruzione e alla gestione del proprio impianto (autorizzazione unica o denuncia di inizio attività-segnalazione certifi cata di inizio attività). Qualora non sia così, occorre procedere di conseguen- za con le modalità che le diverse Regioni o Province prevedono.

Uso agronomico del digestato

Chi ritira sottoprodotti agroindustriali deve valutare un ulteriore aspetto, che è quello dell’uso agronomico del digestato.

Il digestato da effl uenti zootecnici, in mi- scela con colture vegetali e residui coltura- li, può essere destinato allo spandimento agronomico sulla base dei criteri contenu- ti nel decreto ministeriale 7-4-2006.

La situazione diventa più complessa se agli effl uenti zootecnici, alle colture dedi- cate e ai residui colturali si aggiungono i residui agroindustriali gestiti come sotto- prodotti ai sensi del dlgs 152/06, perché nel dm 7-4-2006 queste biomasse non so- no contemplate tra quelle possibili in in- gresso alla digestione anaerobica. Non è previsto dal decreto ministeriale neppure

il digestato da sole colture vegetali.

La situazione è più aperta ma diversi- fi cata a livello regionale. In alcuni casi le normative di recepimento del dm nazio- nale ammettono anche i residui agroin- dustriali, sempre che siano gestiti come sottoprodotti ai sensi del dlgs 152/06, in altri no. In altre situazio- ni la semplice aggiunta di sottoprodotti alle matrici conferisce lo status di ri- fi uto a tutto il digestato, cambiando la normativa di riferimento; è il caso della Regione Veneto, che fa riferimen- to alla normativa che regola l’uso agro- nomico dei fanghi.

Servono chiarimenti dalla normativa

Per chiarire in modo univoco a livello nazionale il ruolo della digestione anae- robica, delle biomasse in ingresso e della gestione del digestato, le Regioni pada- ne hanno predisposto una proposta di modifi ca del dm 7-4-2006 che recepi- sca il «digestato» nel proprio ambito di applicazione. L’auspicio è che la sua ap- provazione avvenga in tempi rapidi, per superare il paradosso di incentivare da un lato il recupero e la valorizzazione energetica dei sottoprodotti e, dall’altro, di collocare nuovamente il digestato nel contesto dei rifi uti a causa della quota di sottoprodotti in ingresso a una linea che tratta biomasse agricole.

Quindi, per favorire il recupero dei sottoprodotti agroindustriali in impian- ti di biogas agricoli è necessario soste- nere l’esclusione dalla normativa rifi uti di tutta la fi liera, partendo dalla costru- zione dell’impianto fi no all’uso agrono- mico del digestato, anche in presenza di sottoprodotti di origine animale.

Questa semplifi cazione dovrà però es- sere applicata garantendo nel contempo la trasparenza dell’attività e la tracciabi- lità delle biomasse trattate; ciò al fi ne di dimostrare la correttezza e la sostenibi- lità ambientale dell’attività svolta nel- l’impianto, ma anche per avere le carte in regola per accedere in futuro agli in- centivi più vantaggiosi.

Lorella Rossi Crpa, Centro ricerche produzioni animali Reggio Emilia

Per commenti all’articolo, chiarimenti o suggerimenti scrivi a:

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Il primo requisito di un sottoprodotto è la certezza

del riutilizzo

Con la nuova normativa la gestione formale delle materie prime in ingresso all’impianto diventa essenziale

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