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m e r c o l e d ì 19 NOVEMBRE 1975

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Sesoconti Parlamentari — 2715 — Assem blea Regionale Siciliana

VII Legislatura CCCLXXXVIII SEDUTA 19 Novembre 1975

C C C L X X X V I I I S E D U T A

(Antimeridiana)

m e r c o l e d ì 19 N O V E M B R E 1975

Presidenza del Vice Presidente CORALLO

I N D I C E

Dichiarazioni del Presidente della Regione (Seguito della discussione) :

P R E S I D E N T E ...

GRILLO M O R A S S U T T I ...

GENNA ...

Pag.

2715, 2726 2715 2725

La seduta è aperta alle ore 11,00.

MARINO GIOACCHINO, segretario ff., dà lettura del processo verbale della seduta pre­

cedente, che, non sorgendo osservazioni, si intende approvato.

Seguito della discussione sulle dichiarazioni del Presidente della Regione.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione sulle dichiara­

zioni del Presidente della Regione.

E’ iscritto a parlare l’onorevole Grillo Mo- rassutti. Ne ha facoltà.

GRILLO MORASSUTTI. Onorevole Pre­

sidente, onorevoli colleghi, il dibattito che si è acceso sulle dichiarazioni del Presidente della Regione, ha destato, com’era ovvio, l’interesse e l’attenzione di tutte le parti politiche.

E a noi sembra che le dichiarazioni rese a nome del Governo che si era confrontato con una forza di opposizione, hanno poi, nel corso del dibattito d’Aula, provocato una se­

rie di interventi, da parte degli stessi gruppi di maggioranza, che a nostro avviso non sono in armonia o tentano di dare interpre­

tazioni diverse alle dichiarazioni stesse. Che non sono di difficile interpretazione, ma co­

stituiscono un fatto politico di rilevantissima importanza, vorremmo dire storico.

Quello che molti hanno voluto interpre­

tare come un patto di fine legislatura, a nostro avviso è tutt’altro che un accordo su leggi o su iniziative che l’Assemblea regio­

nale deve esaminare ed approvare in questo scorcio di legislatura, poiché nessun accen­

no, neppure indiretto, viene fatto sui con­

tenuti. Si tratta invece di un accordo poli­

tico che mira a modificare nella sostanza quello che è stato sino a questo momento un rapporto tra potere esecutivo, determi­

nato da una maggioranza assembleare, e Assemblea nel suo complesso.

Quindi, avvenimento storico. Avvenimento storico perchè indubbiamente le dichiara­

zioni del Presidente Bonfiglio nel momento in cui verranno ratificate da questa Assem­

blea, determineranno un nuovo corso poli­

tico, che questa volta vedrà una modifica non nel quadro della maggioranza, ma nei rapporti tra esecutivo e legislativo; vedrà una modifica sostanziale nei rapporti di po­

tere tra partiti di governo e partiti di op­

posizione; vedrà l’accentuarsi di una nuova impostazione che, a nostro avviso, porterà

Resoconti, f. 366 (500)

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Resoconti Parlamentari 2716

VII Legislatura CCCLXXXVIII SEDUTA 19 Novem bre 1975

a delle svolte e che si appresta a divenire regime politico in Sicilia. E ciò a danno di queir assemblearismo che alcuni ritenevano di avere notato nelle spinte della estrema sinistra volte a costringere il potere esecu­

tivo a confrontarsi, di volta in volta, nella propria autonomia funzionale, nei propri atti amministrativi, con la volontà di un altro potere che dovrebbe essere soltanto legisla­

tivo.

Quindi, accordo di potere. Accordo che avrà delle conseguenze non tanto, direi, in questa legislatura, ma nella storia del po­

polo siciliano. Io penso che se dovessimo fare una cronaca di questi ultimi avveni­

menti, potremmo realizzare una cronaca pit­

toresca. Cronaca pittoresca che è vicina alla storia e alle tradizioni del popolo siciliano.

L’onorevole Bonfiglio si è presentato alla Assemblea regionale siciliana, giovedì sera, della scorsa settimana, per pronunziare il suo discorso. Ebbene, a me sembra che in quella occasione questo palazzo abbia rivis­

suto un momento della sua storia nel senso che quello di giovedì sera possa essere in­

cluso negli avvenimenti storici di cui questo palazzo è stato protagonista.

In effetti, giovedì scorso, a Palazzo dei Normanni si respirava un’aria strana, da grande avvenimento, un po’ l’aria che si respira nei palazzi reali quando la figlia del re deve andare sposa al principe straniero e, soprattutto, quando questo matrimonio av­

viene, come sempre nelle famiglie reali, per motivi di Stato; il principe straniero, vit­

torioso sul campo a cui si dona la figlia del re per placarne le ire. Questo principe stra­

niero, definito sino ad alcuni anni prima come un barbaro, come un orco che man­

giava di notte i bambini, viene improvvi­

samente dipinto come un meraviglioso prin­

cipe azzurro necessario alla felicità della figlia del re.

Giovedì sera era questa l’atmosfera del Palazzo dei Normanni. C’erano i paggi ve­

stiti a festa nel tentativo, imbarazzante per molti, di riuscire a contrarre uno stomaco da troppi anni dilatato e di gonfiare un petto definitivamente avvizzito. Ma, vi era­

no, soprattutto i cortigiani. I cortigiani che affollavano le sale, pronti al nuovo inchino e all’applauso nei riguardi del nuovo so­

vrano, e che erano felici di tutto purché, a cose fatte, il banchetto fosse lauto per

appagare l ’unico senso rimasto vivo nei cor­

tigiani di Sicilia: il palato.

Debbo dire che quando, finalmente, il cor­

teo dello sposo arrivò al Palazzo dei Nor­

manni, l’avvenimento fu degno di nota. Lo sposo, per l’occasione, indossava un doppio petto blu e inforcava degli occhiali con mon­

tatura d’oro zecchino. Si avvicinò a ricevere l ’omaggio del re e subito si capì che inten­

deva ricevere gli onori, prendersi la donna, iniziare a esercitare il potere lasciando solo al vecchio re l’omaggio del titolo e ai corti­

giani promettendo banchetti e banchetti an­

cora. Il potere reale del regno veniva quindi assunto dal nuovo principe.

E tutto ciò, amici miei, avveniva in Sicilia non aH’indomani di una battaglia perduta, da parte delle schiere del re, ma senza che lo scontro si fosse verificato, cioè senza che le truppe del re avessero subito sconfitte.

Praticamente, onorevoli colleghi, si trat­

tava dell’accettazione di un fatto inoppu­

gnabile. Il re aveva capito che era inutile andare a cercare lo scontro, in quanto le proprie milizie non sarebbero state in grado di nulla fare se non scappare indecorosa­

mente al primo contatto con il nemico.

Quindi, meglio ricercare, per via diploma­

tica, come Bisanzio insegnò per secoli e se­

coli, un compromesso col barbaro invasore.

Un compromesso che man mano andasse acquietando la sua ansia di conquista e che lo ingentilisse nel cammino fino a quando, arrivato sotto le porte della città, invece di essere il rozzo barbaro fosse già il prin­

cipe ingentilito pronto a rientrare in quefio che era il contesto del mondo di Bisanzio.

Alla luce di questa strategia, la Democra­

zia cristiana ha ritenuto di agire. Cioè, ha ritenuto di dovere ripetere l’esperienza so­

cialista. Esperienza storica importante: fal­

limentare per quelle masse lavoratrici che avevano visto, nelle forze socialiste, uno dei protagonisti delle loro lotte, ma certamente utile per le forze reazionarie e retrive che intendevano frenare l’impulso di riforma, l’ondata che dalla, base, inserendo e invi­

schiando nella struttura clientelare dello Stato, una forza, come quella socialista, pei' ingentilire il barbaro e farlo divenire anche egli parte delle delizie e del lusso del P9' ter e.

Non v ’è dubbio che l ’esperienza con i so­

cialisti è riuscita. Non a caso ronorevole

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Resoconti Parlamentari — 2717 Assem blea Regionale Siciliana

VII Legislatura CCCLXXXVni SEDUTA 19 Novem bre 1975

Capria, ieri sera, affannosamente tentava di dare una giustificazione al passaggio dei so­

cialisti all’interno di questa esperienza go­

vernativa con la Democrazia cristiana, di­

cendo: Avete visto? Siamo riusciti perlo­

meno a portare la Democrazia cristiana ad un dibattito aperto con le forze popolari della sinistra; abbiamo determinato nella De­

mocrazia cristiana la necessità di colloquiare solo a sinistra. Se non altro l ’onorevole Ca­

pria cercava una giustificazione politica, ideo­

logica a quello che indubbiamente è stato il fallimento morale dell’azione delle forze socialiste all’interno della struttura dello Sta­

to e della nostra Regione. Perchè solo que­

sto può ancora dare credibilità, di fronte al proletariato, ad un Partito socialista, che certamente esercita il potere non nella ma­

niera in cui lo ha esercitato la Democrazia cristiana per anni, ma in maniera più dete­

riore in quanto ha ritenuto di confondere riforme di struttura con esigenze particolari che venivano dal mondo circoscritto del partito.

Ecco il dranmia dei socialisti; la necessità di inserire a tutti i costi la struttura del partito nelle strutture organizzative dello Stato, della Regione, senza capire che pri­

ma ancora era necessario che le strutture di partito si inserissero in quella vocazione rivoluzionaria che avevano professato nelle piazze, e non con la mentalità di chi si inserisce nelle strutture solamente per ap­

pagare esigenze, a volta legittime, di anni di abbandono e di emarginazione della vita pubblica ed economica della nazione.

Ora, a me sembra che la Democrazia cri­

stiana nel tentativo di ripetere l ’esperienza socialista con il Partito comunista italiano, abbia fatto male i suoi conti. A noi non interessa, sul piano amministrativo, se a pre­

siedere il Consiglio di amministrazione del­

l’Ente minerario siciliano, venga nominato, invece di un democristiano, un socialista o un comunista. A noi non interessa se la base clientelare dei ricoveri invece di essere niantenuta a mezzadria tra Democrazia cri­

stiana e socialisti domani veda un terzo in­

terlocutore: il Partito comunista italiano.

Cioè, a noi non riguarda quello che può essere il fatto tecnico di una spartizione di potere o di sottopotere. A noi interessa qualcosa di diverso, che sta a monte, ed è scelta tecnica e politica nella quale o

meglio attraverso la quale, la Sicilia si ri­

troverà in un regime senza via di uscita.

Qual è la strategia del Partito comunista che forse è sfuggita alla Democrazia cri­

stiana? La strategia è questa: nel momento in cui si vuole istituzionalizzare un rapporto diretto tra esecutivo e Assemblea, si aggiun­

ge subito un altro rapporto, tra maggioranza e opposizione, in cui l’opposizione è ricono­

sciuta interlocutrice valida ed è quella di sinistra, cioè il Partito comunista italiano.

A questo punto, onorevoli colleghi, cosa succede? Succede che non è più l’Assemblea in effetti a ricevere questo confronto col potere esecutivo, ma sono commissioni od organi, in ogni caso eletti, o rappresentanti di questa Assemblea; e questi organi vedono eletti alcuni dei loro membri in rappre­

sentanza della maggioranza ed altri in rap­

presentanza della opposizione, intendendosi per membri in rappresentanza della opposi­

zione quelli del Partito comunista italiano.

Con il che — e in effetti, onorevoli col­

leghi, questo è il dato essenziale — viene a raffigurarsi in questi organi (cioè nelle Commissioni, che assumono sempre più lo aspetto di un parlamento ristretto e dalle quali è stata esclusa, attraverso una scelta politica, una parte della opposizione) non più una maggioranza, composta da demo- cristiani, socialisti, socialdemocratici e repub­

blicani, e una opposizione di estrema sini­

stra, una nuova maggioranza di fatto che vede l’opposizione ufficialmente riconosciuta

— quella comunista — unirsi con la parte dell’attuale maggioranza che è di ispirazione marxista, per fare divenire opposizione, nei fatti, la rappresentanza di quelle forze po­

litiche che marxiste non sono o che non si ispirano o non vogliono ispirarsi, a volte, ai parametri della politica marxista.

Ecco il gioco, ecco il pericolo di quella che è non una piattaforma di fine legisla­

tura, ma senza dubbio una piattaforma dalla quale parte un nuovo tipo di organizzazione, un nuovo tipo di gestione del potere in Si­

cilia. E se in quest’Aula la Democrazia cri­

stiana, partito di maggioranza relativa, in un confronto politico generale coi gruppi parlamentari, può riscontrare una presenza su posizioni anticomuniste del 58 per cento dell’Assemblea regionale, in questi organi ristretti, in cui l’opposizione istituzionale di­

viene il Partito comunista italiano, improv­

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Resoconti Parlamentari

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visamente viene a crearsi una maggioranza di ispirazione marxista ed una minoranza di ispirazione non marxista.

Questo è il nodo politico; e questa è la vittoria strutturale del Partito comunista ita­

liano. Non è importante il fatto che membri del Partito comunista possono entrare a far parte delle Commissioni di controllo o che una parte del potere venga delegato al Par­

tito comunista che in effetti già lo esercita;

ma è importante questo tipo di scelta, per la quale le forze antimarxiste diventano au­

tomaticamente minoranza, quando l’espres­

sione popolare ha dato invece la minoranza in Sicilia alle forze marxiste.

Ecco qual è il tradimento. Ecco qual è il motivo per cui noi oggi sosteniamo che que­

sto sia non un patto politico di periodo, ma un fatto politico che varca certamente il periodo di fine legislatura. E nessuno potrà convincerci —• del resto le dichiarazioni del Presidente della Regione non lo dicono -—

che noi ci troviamo di fronte ad accordi tecnici per concludere l ’esame di alcuni di­

segni di legge. Nessuno ce lo può dire in buona fede — a noi che la vita di questa Assemblea abbiamo seguito — in quanto sino ad ora tutte le leggi sono state, sul piano ’ tecnico, di volta in volta concordate dal Governo col Partito comunista. Quello che oggi viene presentato in Assemblea non è più, quindi, un discorso di natura tecnica, ma un discorso che travalica il significato che lo stesso onorevole Sardo ha voluto dare, quello, cioè, di un accordo per riuscire a presentarsi al popolo siciliano con un car­

net pieno alle elezioni.

Onorevoli colleghi, patetico l’intervento dell’onorevole Sardo quando dice che la Democrazia cristiana — parlandone egli a nome, essendo capogruppo — rifiuta il patto autonomistico, la collaborazione organica col Partito comunista che resta, in effetti, solo espressione dell’opposizione. Puerile! Se vo­

lessimo sostenere che l’intervento dell’ono­

revole Sardo è in buona fede, dovremmo a questo punto pensare che una parte della Democrazia cristiana ha avuto interesse a confondere le idee agli stessi democristiani.

Cioè, di fronte a questo accordo di potere, che istituzionalizza la presenza del Partito comunista (e non sarebbe questo il punto), ma istituzionalizza soprattutto in Sicilia la maggioranza di sinistra (che elettoralmente

le sinistre non hanno) è da ritenere che un gruppo della Democrazia cristiana abbia avu­

to interesse a che ciò si verificasse confon­

dendo le idee agli altri amici del partito, la cui ingenuità, ovviamente, ci sembra piut­

tosto rilevante e — volendola ammettere — in ogni caso colpevole; perchè colpevole è l’assenza dei deputati democristiani in que- st’Aula durante tutto un dibattito che ri­

guarda le sorti di una Regione che ha affi­

dato alla Democrazia cristiana il ruolo di partito leader, di partito di maggioranza re­

lativa.

Che si \ruole fare? Si vuole, forse, coin­

volgere la più grande forza di opposizione per bloccare alcune indagini, alcune inchie­

ste? Si vuole, forse, annebbiare il discorso sull’Ente minerario siciliano, un ente che ha visto, sulle briciole, scivolare (con un mandato di cattura), il proprio Presidente, ma che, indubbiamente, costituisce un ter­

reno nel quale, scavando, potremmo trovare tale e tanta melma da coprire l’intera classe dirigente che opera oggi in Italia? Si è forse garantito questo strumento che è nato in maniera molto strana, cioè nel momento in cui le miniere entravano in crisi, e la mafia delle miniere non poteva continuare lo sfruttamento che aveva esercitato per se­

coli?

Non vorrenmio che dietro questa ri­

nuncia storica ad un ruolo, dietro questa machiavellica invenzione, che tende sempre più a far divenire regime tutto ciò che di democratico ha solo patenti indirette, allon­

tanando la volontà popolare da quelle che sono le scelte di vertice, vi fosse il tenta­

tivo di mascherare o di coprire per sempre fatti o vicende che certamente continueran­

no ad affiorare e che nei prossimi giorni 0 nelle prossime settimane sarà cura del Mo­

vimento sociale italiano - Destra nazionale tornare a riportare a galla. Per i falsi in bilancio della Sochimisi (falsi in bilancio, per intenderci, sono le partite di passività non inserite) si dovranno individuare i re­

sponsabili. Alcune operazioni dell’Ente mi­

nerario siciliano, sganciate da ogni logica economica, che hanno prodotto un certo tipo di assorbimento di denaro pubblico in am­

bienti non certamente legati alle sorti delle miniere o delle aziende collegate, dovranno trovare risposta. E se risposta non vorrà dare il Governo della Regione coperto dalla

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Hesoconti Parlamentari 2719 — Assem blea Regionale Siciliana

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opposizione ufficiale comunista, risposta riu­

sciremo a trovare in altri ambienti.

Debbo anche dire che se con questa ope­

razione di potere e di vertice, che è stata sostenuta da una parte dalla Democrazia cristiana, che non voleva perdere il potere, si mira a togliere la veste reale che il Mo­

vimento sociale italiano - Destra nazionale ha oggi, cioè la veste deirultimo schieramento di opposizione e, quindi, deU’ultimo stru­

mento dialettico attraverso cui ancora la De­

mocrazia avrebbe un senso, si commette un errore.

Perchè oggi come oggi, onorevoli colleghi, maggioranza ed opposizione nel paese reale non si confrontano nei parlamenti, ma allo interno delle strutture sociali, delle scuole, delle università, dei posti di lavoro, dei paesi, delle città, delle regioni. Un con­

fronto che, onorevoli colleghi, non è mai corporativo nel senso settoriale, ma che sempre più vede uniti, nel dissenso, giovani e anziani, operai, disoccupati, impiegati, pa­

dri di famiglia, cittadini, giovani in quanto tali e non in quanto studenti o lavoratori.

Questo tipo di confronto oggi in Italia av­

viene, checché se ne dica, non tra un’im­

postazione marxista e quella riformista di alcune forze, anche cattoliche, della società italiana. Noi respingiamo questa analisi che è priva di fondamento e che alcune forze cattoliche hanno tentato di portare avanti attraverso « Comunione e liberazione » o altri movimenti cattolici che stanno fiorendo oggi in Italia e che vorrebbero indicare il Movimento sociale italiano soltanto come una forza esasperata del liberalismo. Se vogliamo coprirci gli occhi copriamoceli, ma oggi in Europa — ■ badate non in Italia — e forse nel mondo, si fronteggiano due tipi di impostazioni culturali e due tipi di modi di vedere la vita e l’uomo nei confronti della società.

Si tratta di un grosso confronto che vede da un lato, indubbiamente, la concezione marxista della vita dell’uomo e, dall’altro, non più la concezione liberale o socialde-

• mocratica o mediatrice o confusionaria dei rapporti fra uomo e Stato, fra ceto sociale e forze produttive, tra classe e classe; per­

chè queste esperienze sono cadute nella mi­

sura in cui le ha già incluse in sè la visione marxista e materialista della vita, che attra­

verso le varie articolazioni ed esperienze rie­

sce a trovare modo di convivenza anche con quei sistemi economici e sociali che, pur continuando a diversificare i cittadini in clas­

si sociali, iniziano rm tipo di rapporto attra­

verso il quale la società marcia verso una pianificazione culturale ed economica che inevitabilmente porta al marxismo.

Le origini, del resto, filosofiche unitarie del pensiero liberale e del pensiero marxi­

sta non possono oggi creare confusioni su una etichetta che noi respingiamo: l’eti­

chetta di una destra politica che sia l’esa­

sperazione del principio liberale. Principio al quale noi non ci ispiriamo nè come pre­

supposto ideologico, nè come presupposto filosofico, nè come modello di società; prin­

cipio nel quale potranno trovare confronto solo le forze marxiste che si richiamano allo stesso materialismo storico. Noi abbiamo uno spazio diverso e un modo di sentire e di vedere la società in termini diversi.

Ecco perchè questo dibattito tra forze de­

mocristiane (e non tra forze cattoliche — lo sottolineerò in seguito) e comunisti ci la­

scia indifferenti. Perchè, da un lato, vi è la decadenza di una generazione che ha governato sbagliando, tentando di riprodurre modelli superati dalla storia e, dall’altro, vi è una forza in crescita, che è la forza mar­

xista, gonfia di esperienza ed arricchita da lotte anche giovanili che ormai pongono alla storia modelli di riferimento concreti.

Non ci riguarda. Ma riguarda la mia ge­

nerazione, che è cresciuta nella contrappo­

sizione con il marxismo, che ha messo radici in tntto il mondo e, soprattutto, in Europa.

Radici che a sinistra non vanno. O se ciò si verifica, contemporaneamente si consoli­

dano altre radici a destra. La mia gene­

razione ha individuato una visione comune dei rapporti politici e sociali, dei rapporti esistenziali, proprio con quelle forze più vive del cattolicesimo che hanno rifiutato la stra­

da che la Democrazia cristiana andava a percorrere e che, al di là della ufficialità, si sono incontrate più volte, sul piano scien­

tifico, con le nostre impostazioni culturali, in una visione della vita che esce fnori dal discorso obbligato di contrapposizione in cui il marxismo la vuole fare cadere.

Oggi, nel momento in cui si vogliono porre scelte diverse, nel momento in cui la Democrazia cristiana, in un dibattito stra­

nissimo, nel qnale si sente tutto ed il con­

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Resoconti Parlamentari

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trario di tutto, ricerca una nuova via, non vuole capire che dovrebbe guardare se stes­

sa, la propria storia culturale, le proprie originali indicazioni di modelli sociali che pure ha e che non vuole riscoprire tutta presa da una difesa temporale del potere, nella ricerca deU’appagamento, su questa strada, delle bramosie di alcune forze che questo appagamento non cercano.

Io rispetto profondamente la battaglia po­

litica dei comunisti e la rispetto perchè sono convinto che non è il Partito socialista che oggi si avvicina al potere; il Partito comu­

nista ha idee chiare, che noi abbiamo cono­

sciuto perchè ci siamo scontrati con le sue avanguardie giovanili, nelle università e nel­

le scuole dove si costruiscono i discorsi che riguardano la società di domani e dove non esistono più le forze del centro, tipo quelle che si ispirano a movimenti come la Demo­

crazia cristiana o come altri partiti.

Questo è il motivo della mia interruzione di ieri all’onorevole Mazza, quando affermava che non poteva incontrarsi con noi. Onore­

voli colleghi, nella realtà di una società qual è quella italiana, come farei io ad incon­

trarmi con un socialdemocratico? Dovrei an­

dare in qualche Ministero, cioè in qualche' posto di potere; certamente non lo incontro per strada, nè nella scuola, nè nelle univer­

sità, nè nei posti di lavoro e neanche lad­

dove sono più pressanti i problemi sociali.

Lo incontro laddove ancora una logica di potere lo pone, assieme al repubblicano, al socialista, al democristiano, che solo aspetto di potere ancora ha, ma che potrebbe, per la provenienza politica e culturale, ritrovare

•uno spazio — e questo noi lo confermia­

mo — di lotta airinterno della società ita­

liana.

In quei posti troviamo però il comunista.

Ed anche se molte volte il confronto non è possibile, in quanto le forze di sinistra preferiscono lo scontro, noi ammettiamo per primi che esiste una realtà che attrae verso sinistra, che è in movimento. Ma, appunto perchè siamo coscienti di tutto ciò, appunto perchè conosciamo le esperienze, anche de­

gli organi collegiali delle scuole o dei con­

sigli di amministrazione delle università, lad­

dove le forze socialiste o intermedie non hanno neppure lontanamente fatto riferi­

mento alle forze cattoliche o democristiane, ma hanno, di fatto, creato maggioranze con

le forze comuniste, noi oggi diciamo che la Democrazia cristiana sta commettendo il suo ultimo errore.

E — sia chiaro — non perchè cede po­

tere temporale ai comunisti (a noi questo non importa) nè perchè rinuncia alla parte del suo potere (perchè noi non siamo avvo­

cati d’ufficio di nessuno) ma perchè ha ini­

ziato un tipo di discorso che certamente non trova giustificazione — come ha detto l’ono­

revole Bonfìglio — nel tentativo di recupe­

rare la sinistra al discorso del meridione.

Onorevole Bonfìglio, lei forse vuole fare il discorso contrattuale con lo Stato assieme al Partito comunista italiano? Forse lei, che già non può farlo per la sua provenienza politica, ■vuole addirittura aggiungere il Par­

tito comunista nella ricerca di nuovi spazi per il riscatto del Mezzogiorno e della Si­

cilia insieme, in un’originale visione di unità delle forze autonomistiche? Onorevole Bon­

fìglio, ma lei legge? Io penso di sì; è uomo colto. Ma le scelte che hanno affossato il meridione d’Italia non sono sempre state nella logica del Partito comunista italiano e in quella — non tanto del suo Partito, che colpevole non è — della sinistra sto­

rica?

Il suo Partito colpevole non è perchè Sturzo individuò, nei primi anni dei suoi scritti, quelli che erano i mali del mezzo­

giorno d’Italia, che furono attenuati in gran parte, ma che si riproposero in maniera drammatica nel dopoguerra, quando le forze capitalistiche da un lato e le forze comu­

niste dall’altro scelsero il potenziamento, an­

cora una volta, del triangolo industriale del nord. Fecero la scelta operaia che è clas­

sica, come scelta storica del Partito comu­

nista che, attraverso il movimento operaio, riesce meglio a coordinare una sua azione di confronto e di scontro con le altre forze sociali.

Perchè, in definitiva, venne fatta la scelta operaia del nord? Perchè facendo affluire manodopera in massa, gente diseredata alla ricerca in qualsiasi modo di un salario, si favoriva il capitale privato, in quanto l’au­

mento deH’offerta di lavoro nelle piazze del nord automaticamente ne abbassava il costo.

In tal modo artificialmente, ancora una vol­

ta, si procurava il miracolo economico a spese del meridione d’Italia, mentre si crea­

va una massa di diseredati, che andavano

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Resoconti Parlamentari — 2721

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ad affollare i borghi delle grandi città; una massa di diseredati facilmente gliermibili dalla organizzazione classista e dalla voca­

zione classista del Partito comunista italiano.

Questa, che è una scelta storica, risale, onorevoli colleghi della Democrazia cristiana

— se ve ne siete in quest’Aula — , ad un discorso che certamente di ispirazione cat­

tolica non è, perchè la prima manovra di impoverimento del meridione d’Italia fu ap­

punto la espropriazione della mano morta e la rivendita di c|uesti territori da parte dello Stato ai piccoli e medi imprenditori dello stesso meridione. Con questa manovra si fece sparire il liquido esistente nelle ban­

che del sud, concentrandolo in quelle di Milano, Genova e Torino, i cui proprietari, inglesi e svizzeri, riproposero il protezioni­

smo industriale per rimettere in piedi gli opifici industriali del nord che concorren­

ziali più non erano nei riguardi di quelli europei.

Da tutto questo, anche dal punto di vista storico, scaturisce una domanda: come può oggi il Governo della Regione ritenere che, unito al Partito comunista, potrà riprendere la strada della contestazione nei confronti dello Stato che, fin dai tempi deH’unità d’Italia, molto deve restituire alla Sicilia?

A parte le più recenti teorizzazioni, che l’onorevole De Pasquale ha sconfessato di­

cendo che egli nel Comitato centrale si è opposto (e il Comitato centrale è un organo di alta democrazia in cui le opinioni per­

sonali trovano immediato confronto), al di là, cioè, delle posizioni più vicine al pro­

blema meridionale (che certamente non sono quelle confuse che sono state più volte espresse dal Governo della Regione negli ultimi anni) vi è una vocazione strutturale del Partito comunista a non portare il di­

scorso della rivendicazione meridionale su un piano di ritorno e di reinserimento, allo interno del meridione d’Italia, sia di forze di lavoro sia di forze di capitale. Il discorso del Partito comunista porta, invece, ad una emblematica posizione: quella dell’interven­

to assistenziale, suppletivo, che non solo non modifica i rapporti economici tra meridione e settentrione, ma li aggrava.

Li aggrava perchè la volontà di gonfiare artificialmente là circolazione monetaria nel Meridione d’Italia, non serve a nulla se questa circolazione monetaria serve solo ad

acquistare beni o servizi che nel meridione non sono prodotti; serve solo ad arricchire ancora di più coloro i quali beni e servizi producono nella logica di una società che mira ancora al profitto e considera ancora l’onere del lavoro quale il principale fra i costi di produzione, e riversa il beneficio effettivo che riesce a ricavare, in un com­

plesso economico che non riconduce nulla al meridione d’Italia.

Quando, invece, a parole, nelle ultime dichiarazioni programmatiche del Governo di centro-sinistra, l’onorevole Bonfìglio ave­

va indicato il rilancio dell’agricoltura quale valore economico portante dello sviluppo del­

la Sicilia, noi avevamo pensato che final­

mente si rompeva con una strategia che vedeva protagonista il Partito comunista. Ma si è trattato solo di una cortina di fumo lanciata verso la parte agricola della Sicilia, che è ancora la più viva e la più vitale, che produce e opera, che crea ricchezza.

L’unica parte della Sicilia che crea ric­

chezza!

Ma altre nubi si stanno avvicinando e nessuna posizione è venuta (e del resto, dati i nuovi equilibri, forse è stato meglio) sui problemi della mezzadria, della colonia par- ziaria, cioè di rapporti contrattuali in agri­

coltura che affondano radici nei secoli e nelle tradizioni del popolo siciliano.

10 penso che proprio questo tipo di scelta politica fatta da questo gruppo di governo della Democrazia cristiana, al di là degli interventi di contorno, repubblicani e social- democratici, che saranno stati acquisiti alla causa del compromesso storico da alcune momentanee garanzie (queste sì, di fine le­

gislatura; che vedranno gli Assessorati di competenza protagonisti di alcune leggi o leggine, che potranno mettere in movimento organizzazioni clientelari di partito) vi è il dato storico di un Partito socialista in pro­

fonda crisi e in profonda contraddizione. Di un Partito socialista che ormai si appiglia solo a fatti di principio per tentare di ma­

scherare la propria impotenza e la propria rabbia di fronte ad uno scavalcamento che lo ha danneggiato forse ancora di più degli stessi scandali nazionali nei quali è stato coinvolto.

11 Partito socialista, che ha modificato la sua anima proletaria con le clientele di potere, vede avvicinarsi il momento in cui

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le clientele di potere potranno essere vani­

ficate e il contatto popolare difficilmente po­

trà essere riconquistato.

E in questa profonda crisi vi è tutta l’ani- ma dell’intervento dell’onorevole Capria di ieri sera. Vi è lo sgomento, l’incertezza, la minaccia, la rabbia, il ritorno mite, finale, che lo ha ricondotto nelle acque placide di un conformismo che certamente l ’Assemblea regionale ormai ha acquisito per prassi, per quanto riguarda le forze della maggioranza governativa. I grandi assenti sono i depu­

tati della Democrazia cristiana, non gli As­

sessori, non gli uomini di potere del partito.

Assenti non solo da questo dibattito, ma assenti da quattro anni e mezzo. Assenti e colpevoli di avere ritenuto di potere aspet­

tare la crisi successiva per succedere al po­

sto di potere; colpevoli di avere tradito il proprio ruolo necessario e irrinunciabile di contrappositori, non solo nei riguardi di un Governo in cui sono rappresentati e sono magna -pars, ma di qualsiasi tipo di politica che li veda domani in crisi nei loro rap­

porti diretti con l’elettorato e con il popolo siciliano.

Il Partito comunista, questa volta, merita un riconoscimento ufficiale per l ’intelligenza politica con cui è riuscito a portare avanti questo disegno. Io penso che l’onorevole De Pasquale non sia tanto contento per il fatto che adesso potrà piazzare alcuni uo­

mini in alcuni posti vitali dell’Amministra­

zione regionale. Penso, invece, che l ’onore­

vole De Pasquale sia contento soprattutto del fatto che da ora in poi, con queste scelte di riferimento e di struttura, la De­

mocrazia cristiana diventa partito di mino­

ranza, rispetto al condizionamento della si­

nistra.

Del resto, è facile per il Partito comu­

nista ricattare i socialisti: basta suonargli la tromba del richiamo ideologico, avvertirli che stanno tradendo il vangelo di Marx e che saranno smascherati nei quartieri, nelle strade, nelle campagne, per immondi con­

nubi con il capitalismo. Ed immediatamente i socialisti risentono il richiamo della foresta e si allineano a quella che sarà la politica che il Partito comunista sceglierà nell’eser­

cizio ufficiale del potere in Sicilia! Politica contro cui anche futuri uomini coraggiosi della Democrazia cristiana (adesso non ne vediamo, ma ammettiamo che ve ne saranno

in Assemblea in avvenire) non potranno più fare nulla, perchè sarà già istituzionalizzata, sarà già entrata non nella prassi, ma nelle regole della conduzione della Regione sici­

liana.

Questi sono i motivi della nostra perples­

sità. Questi sono i motivi che inducono il gruppo del Movimento sociale italiano - De­

stra nazionale a sottolineare, nei vari aspetti, il fallimento di questa operazione come ope­

razione di mobilità legislativa e il successo della stessa come operazione di potere.

Il Movhnento sociale italiano avverte an­

che la necessità di dire che, al di là delle finzioni giuridiche che vedranno, sul piano assembleare e del potere, il Partito comu­

nista italiano assumere la veste di partito di opposizione, nessuno si illuda che questa opposizione possa essere gestita dal Partito comunista. L’opposizione, il dissenso, in Si­

cilia, non può che essere gestito da noi. E non, onorevole Presidente, onorevoli colle­

ghi, signori del Governo, perchè il Movi­

mento sociale italiano - Destra nazionale è l’unico partito che resta fuori dagli schemi.

No. Ma perchè, nella realtà dei fatti, il con­

senso e il dissenso muovono da presupposti ben precisi.

Cioè, nel momento in cui un partito, qual­

siasi impostazione ideologica esso abbia, va a coprire una certa area, se esso è tm par­

tito di governo, quell’area diventa area del consenso; se non è partito di governo di­

venta area del dissenso. Cioè, oggi gli spo­

stamenti aU’interno delle strutture della so­

cietà italiana, del paese reale, sono così vì­

schiosi e lenti, e le esigenze così pressanti, che nessuno può improvvisarsi forza di op­

posizione o di governo, se non tiene conto dei bisogni concreti e reali di alcuni ceti (che il Presidente della Regione definisce ceti emergenti, e che così vengono ormai definiti), della posizione di aggregati sociali, di categoria, che spingono inevitabilmente verso determinati obiettivi.

E a me non sembra che le spinte prin­

cipali oggi in Italia siano rivolte verso una maggiore collettivizzazione della società. A me non sembra che oggi il cittadino richie­

da una maggiore protezione delle strutture dello Stato. A me non sembra che oggi giovane richieda una maggiore comprensione aU’interno di fatti' economici e sociali e strut­

turali, che lo vedono garantito dal punto di

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Resoconti Parlamentari 2723 Assem blea Regionale Siciliana

VII Legislatura CCCLXXXVIII SEDUTA 19 Novembre 1975

vista economico, ma schiavo dal punto di vista dei suoi apporti intellettuali e culturali.

Se ciò non si vuole capire, sicuramente si è lontani da ogni tipo di aggiornamento culturale; lontani dalla realtà di una società che magari potrà ancora vedere il comunista davanti ad un corteo di scioperanti, ma che necessariamente, tra poco, vedrà questi scio­

peranti rivoltarsi contro quel comunista nel­

la misura in cui il comunista diventa parte integrante di un regime che risposta non può dare, nelle logiche impostazioni che sino ad oggi segue, a quell’ansia di libertà che vi è in ogni cittadino.

La compressione maggiore, infatti, oggi la stanno subendo proprio c|uei ceti che atti­

vità libera esercitano o vogliono esercitare.

Chi sta pagando lo scotto della crisi sono soprattutto i ceti legati alle categorie del commercio, dell’agricoltura, dell’artigianato e

pianificazione dall’alto, e dello schematismo demoliberale che vuole, nella privatizzazione di ogni iniziativa economica, un limite e un confine alla personalità dell’uomo, anche se alcune personalità possono trovare sfogo.

Oggi l’ansia è diversa. Vi è un’ansia di partecipazione collettiva, di tutti, quindi. Ma di una partecipazione effettiva che non può essere la partecipazione anarcoide dell’as- seniblea dei cittadini in piazza che decidono assieme le scelte della città; ma deve e può essere la partecipazione del lavoratore alla gestione e agli utili dell’impresa, del giovane ad un momento critico della sua formazione intellettuale.

E certamente questa non è la traccia del­

le nuove riforme che tendono a democratiz­

zare la scuola ma a renderla acritica; ma è la traccia della riforma gentiliana della scuola che voleva il contributo critico del i giovani. Che oggi non sono i giovani del docente e del discente, che rifuggiva dallo 1920, 1930, 1940, 1950, in cerca di occu­

pazione, di « 27 » fisso. Questi giovani han­

no subito una modifica integrale.

Il giovane di diciotto, venti, ventidue, venticinque aimi, oggi, rifiuta il condizio­

namento di quella che può essere la parte principale della propria esistenza, cioè la ricerca autonoma dei propri limiti e dei propri confini di fronte ad una società che consenta ad ogni individuo di arrivare sino a dove le proprie capacità lo possono portare.

Questi sono i dati per cui noi non cre­

diamo che l’amnento di 10 o 20 mila lire al mese alla categoria, possa placare la ten­

sione sociale; mentre siamo sicuri che la partecipazione di quella categoria alla ge­

stione della vita economica e alle scelte de­

cisionali di ciò che rappresenta il proprio mondo di lavoro, potrà non solo quietare le tensioni sociali (perchè l’obiettivo non è questo) ma innalzare il lavoratore, l’impie­

gato, il giovane in generale, al ruolo di protagonista e non di spettatore.

Ecco il nodo. Non vi è una richiesta di massificazione oggi nel mondo; non vi è la richiesta del posto ancorata ad una strut­

tura, o privatistica o di Stato, che renda tutti partecipi di una organizzazione, di una macchina, in cui ognuno abbia un posto di lavoro, il « 27 » assicurato, il pane e la pasta. Non è questa l’esigenza. E’ quella della partecipazione che rompe gli argini dello schematismo marxista, che vuole la

schematismo o dalla imposizione verticale della cultura; anche se poi è vero — e noi siamo i primi ad ammetterlo — che questa riforma non ebbe la sua logica conclusione e la sua realizzazione più completa.

Quelli, però, sono i canali, e verso quei lidi si muove la protesta, anche se oggi il sistema è riuscito in parte ad assorbirla, anche se oggi la compravendita del potere tra forze demoliberali e forze comuniste sta cercando di attenuare ed ingabbiare questo movimento rabbioso di rivolta. La rivolta è quella, il dato è quello.

Ed è di fronte a quei dati che Tinerzia intellettuale dei cattolici italiani o per lo meno di quel partito che li rappresenta uffi­

cialmente, ci lascia attoniti. Perchè abbiamo ritrovato nel pensiero cattolico, più volte, un’ansia di elevazione. Io, nei miei inter­

venti, per mio costume, non faccio quasi mai citazioni (perchè la citazione può essere solo un fatto antologico) e mi sforzo di rap­

presentare le indicazioni culturali che sca­

turiscono da un pensiero globalmente poli­

tico e non di speculare sulla citazione mar­

ginale; ma potremmo citare i maggiori au­

tori del pensiero sociale cattolico, per ritro­

vare in essi, ripeto, questa ansia di eleva­

zione, che nasce dalla concezione spirituale della vita, che, sia pure nella diversità delle impostazioni, ci vede concordi nel rifiuto del­

l’ideologia come schema irrinunciabile e nel­

la ricerca, attraverso il confronto dei fatti

Resoconti, f. 367 (500)

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Resoconti PaTlamentari 2Y24

VII Legislatura CCCLXXXVIII SEDUTA 19 Novem bre 1973,

e delle idee, di contenuti migliori. No allo Stato delle ideologie, si diceva una volta da parte dei giovani del Movimento sociale ita­

liano; ma io aggiungerei: sì allo Stato delle idee, cioè allo Stato in cui ogni cittadino abbia la possibilità reale di concepire, di plasmare, di confrontare, di rendere ope­

rante senza filtri la propria idea di vita.

E di fronte a tutto ciò la crisi. La crisi di una Democrazia cristiana che poteva ri­

fondarsi — come oggi si usa dire per molti partiti — ; ma poteva rifondarsi riscoprendo orizzonti che ha perduto nel momento in cui è diventato solo un partito che esercita il potere senza più aggiornarsi dal punto di vista culturale e spirituale.

E’ un partito, quindi, che ragiona con la visione del potere e che ritiene le scelte giuste o ingiuste nella misura in cui questo potere rimane o permane nelle sue mani, anche se più limitato; come se il potere ufficiale fosse qualcosa di concreto oggi in Italia; come se il potere effettivo non sia di fatto in tutto ciò che si muove aU’interno della società italiana; come se, per esempio, le vessazioni poliziesche nei riguardi di un movimento politico come il nostro abbiano potuto frenare, non l’affluenza di voti al Movimento sociale italiano - Destra nazionale (che non ci interessa o ci interessa molto limitatamente) ma la crescita culturale e politica dì una generazione che nel fascismo non si è formata, che in questo Stato de­

mocratico è nata e cresciuta e che rimane l’unica alternativa culturale e, anche sul piano scientifico, l’ultima strada diversa da quelli che sono le prospettive e i richiami della sinistra italiana.

Io sono convinto che i fatti amministrativi abbiano, oggi come oggi, rilevanza molto Ihnitata. Sono convinto che una Democrazia cristiana che perda voti e un Partito comu­

nista che acquisti nuovi voti, non spostino la sostanziale realtà di un grosso confronto storico. Sono convinto che anche se Bonfi- glio e tutti gli altri che rappresentano il Governo regionale, oggi ritengono di dovere in Sicilia aprire una esperienza istituzionale con il Partito comunista, essi stessi, insieme a quei democristiani che ritengono di segui' re questa esperienza, non sono fatto impor­

tante per la grossa base dei cattolici sici lìani che potranno valutare bene 0 male questa operazione, ma che certamente non

cambieranno, per questo motivo, i presup­

posti del loro credo politico, della loro pre­

senza nella società.

Ecco perchè, a differenza forse di molti altri, io oggi non drammatizzo nulla ma sottolineo quelli che sono i fatti concreti e quella che è la strategia che si nasconde dietro le dichiarazioni del Presidente Bon- figlio. E tutto ciò, ovviamente, mi porta ad una considerazione di amarezza: mentre avviene un dibattito di tale importanza, per lo meno per la storia formale della Sicilia, assenti ancora una volta sul piano culturale e politico, sono i deputati in quanto tali, e non i partiti in quanto tali. Cioè, ancora una volta, la rappresentanza democratica as­

sembleare trova un limite proprio in que­

sto dibattito.

Non a caso il Movimento sociale italiano - Destra nazionale ha voluto sottolineare que­

sto dibattito. Non tanto perchè nei fatti noi saremo la contrapposizione a tutto ciò che voi proporrete, ma perchè sentiamo anche, nella misura in cui abbiamo accettato il nostro ruolo di parlamentari, il dovere di compiere sino in fondo quella che è la nostra funzione. E lo facciamo, non perchè crediamo che queste assemblee pluralistiche siano le vere rappresentanti e depositarie di quelle che sono le esigenze o le richieste del popolo siciliano (il pluralismo rappre­

senta, a nostro avviso, solo una parte delle esigenze politiche e culturali di tutti i ceti sociali e dei cittadini in generale), ma perchè riteniamo che sia anche un problema di compostezza e di dignità svolgere il proprio ruolo obbedienti ad una logica, che si vuole magari riformare, ma che si è accettata nella sostanza e nella forma.

Ciò, invece, non viene avvertito dagli altri gruppi politici che ormai, quindi, stanno accettando. Ma stanno accettando che cosa?

L’accordo pentapartito raggiunto da forze di potere dei vari partiti al di sopra dell’As- semblea. Stanno accettando il criterio delle decisioni prese, da vari gruppi, al di sopra degli interessi reali delle categorie e delle forze sociali. Stanno accettando il criterio definitivo del distacco. In passato si trattò del distacco delle assemblee legislative dalla realtà delle forze popolari che premevano aU’esterno, e oggi, addirittura, si tratta del distacco del potere dei gruppi dallo stesso potere legislativo. E lo si vuole codificare.

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Resoconti Parlamentari 2725 Assem blea Regionale Siciliana

VII Legislatura CCCLXXXVIII SEDUTA 19 Novem bre 1975

Questa analisi porta a considerazioni che certamente, in parte, io ho svolto, ma che, per la restante parte saranno evidenziati da altri oratori del Movimento sociale italiano - Destra nazionale. Io volevo solamente, qui, rappresentare — e penso così di aver con­

cluso — c[uella che a nostro avviso è la visione di questa Assemblea e di questo ac­

cordo, che si fa a tutto danno dell’Assem- blea stessa, alla luce di una forza viva che opera aU’interno della società italiana e sici­

liana. Di una forza che, con buona pace dei democristiani, i quali ritenevano di riassor­

bire il fenomeno della destra attraverso espe­

rienze di tipo fanfaniano o di altro tipo, ri­

mane titolare di un discorso non di contrap­

posizione alla Democrazia cristiana che va a sinistra, ma a tutta la società, così come è orientata e diretta.

Un discorso di contrapposizione che coin­

volge, in una scelta di negazione, tutto ciò che proviene dalla Democrazia cristiana e proviene o potrebbe provenire dal Partito comunista. E non in quanto Democrazia cri­

stiana 0 Partito comunista, ma in quanto rappresentanti di fatti economici, sociali e politici che vanno verso una direzione che è inversa a quella verso cui desiderano marciare le giovani generazioni, cioè coloro i quali, ancora, aH’interno della società ita­

liana, vogliono portare un messaggio, un contributo, vogliono, in definitiva, essere protagonisti e non schiavi.

E tutto ciò nel panorama di questa sala semideserta, nel panorama di decadenza di una struttura che tende a rinnovarsi attra­

verso l’apporto di coloro i quali la vogliono morta definitivamente nella sostanza, anche se sono capacissimi di dare alla forma peso e aspetto di sostanza.

Il realismo politico del Partito comunista è ciò che oggi ci impone una maggiore pre­

senza sul piano critico per cercare, in tutti i luoghi e, quindi, anche in queste assem­

blee, di suonare un campanello di allarme;

non tanto a coloro che detengono il potere

■ per dirgli che lo perderanno, ma a coloro i quali, tra i rappresentanti delle varie forze politiche possono ancora trovare un minimo di energia e di coraggio per reagire, per determinare miove svolte, finalmente rivo­

luzionarie, aU’interno della società siciliana quindi, della società italiana.

PRESIDENTE. E’ iscritto a parlare l’ono­

revole Genna, Ne ha facoltà.

GENNA. Onorevole Presidente, onorevoli colleglli, se si fosse verificato che i rap­

presentanti di cinque partiti democratica­

mente eletti avessero fra di loro raggiunto un accordo e costituita una maggioranza e di questa nuova realtà ne rendessero par­

tecipe l ’Assemblea per averne il voto, avrei potuto, soltanto, esternare il mio dissenso di uomo libero, rappresentante di un partito libero.

Avrei soltanto potuto accusare tre partiti di avere tradito le proprie tradizioni, il proprio ideale e gli impegni assunti con il corpo elettorale che, in virtù di essi, li aveva qui eletti.

Avrei potuto ricordare al quarto di questi partiti che fa da servo sciocco ai comunisti, che tutti i partiti dell’internazionale socia­

lista, che neanche ipotizzano un’alleanza con i comunisti, svolgono un ruolo primario nei loro l'ispettivi paesi, mentre al Partito socia­

lista italiano non è riservato altro ruolo che quello di modesto, micidiale cavallo di Troia, di trappola di legno della democrazia ita­

liana.

Avrei, mio malgrado, dovuto congratular­

mi con il Partito comunista italiano, quale primo partito comunista del mondo che ar­

riva alle soglie del potere assoluto, non grazie all’appoggio delle armi, ma per la inettitudine e la vergognosa resa di uomini e partiti che si professano democratici.

Tutto questo avrei potuto dire se l’accordo che oggi il Presidente della Regione ci sot­

topone, fosse avvenuto alla luce del giorno ed apertamente dichiarato. Ma no, questo coraggio nè il Presidente della Regione, nè la Democrazia cristiana, nè i repubblicani, nè i socialdemocratici l’hanno dimostrato. Al tradimento essi assommano la viltà, essi mi­

rano a prolungare, ingigantendolo, l’equivo­

co del centro-sinistra, a truffare — sì, ono­

revoli colleglli, a truffare — ed a conti­

nuare a truffare il corpo elettorale spac­

ciando una realtà concreta, quella deH’inse- rimento ufficiale del Partito comunista nel­

l’arco del potere come entità puramente trascurabile, come manovretta politica per chiudere in bellezza la più squallida delle legislature di questa Assemblea.

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Resoconti Parlamentari 2726

VII Legislatura CCCLXXXVIII SEDUTA 19 No v e m bre 1975

I socialisti, questa volta, sono più sinceri, vogliono che il loro cavallo di Troia si vuoti vomitando i comunisti, e pretendono il rico­

noscimento della costituzione di una « mag­

gioranza di programma ». Ma che cosa è questa maggioranza di programma, onore­

voli colleglli, se non una maggioranza di governo? Il programma tracciato dal Pre­

sidente della Regione è quanto di più fu­

moso abbia mai partorito un governo demo- cristiano; se per stilare questo pateracchio a cinque sono occorsi mesi di riunioni se­

grete, per trasformarlo in articolati di legge occorrerà certamente più tempo di quanto non ne abbia questa legislatura e, soprat­

tutto, un lavoro costante, gomito a gomito, di questa pseudo maggioranza « esistente e vitale » e del Partito comunista italiano.

E che programma poi! « Pigliando le mos­

se da una diagnosi realistica e responsabile della gravità della crisi economico-sociale della Sicilia » (questa è Tintroduzione) si delineano una serie di provvedimenti che non fronteggeranno minimamente la crisi, ma che servono solo ad adeguare le strut­

ture burocratiche della Regione alle esigenze della futura gestione collettivizzata; cioè ci si prepara a trasformare questa disgraziata Sicilia, già vittima nel corso della storia di vessazioni e soprusi, in un’isola soffocata dalla miseria morale, civile ed economica del marxismo.

Questo programma, onorevoli colleglli, ser­

ve solo a preparare il trapasso dal regime liberal-democratico, nel quale vive il mondo civile, a quello collettivizzato dell’est dove centinaia di milioni di uomini sono costretti a lavorare per lo Stato senza diritto di scio­

pero, senza diritto di parola, senza diritto di pensiero.

E questo turpe mercato, onorevoli colle­

ghi, in quest’Aula lo si vuol fare passare in sordina, negando la realtà con fumosità verbali.

Onorevoli colleghi, a questo punto i di­

scorsi lunghi sono del tutto superflui. Il voto che qui si deve dare non è un voto ad un programma o ad un governo, è un voto di scelta, chiaro e preciso. Chi è per la libertà, per il progresso della nostra ci*

viltà non può approvare un accordo del genere.

In un voto veramente storico, come quello che siamo chiamati a dare, non può trovare

giustificazione nemmeno la disciplina di par­

tito. Il voto che ognuno di noi darà stasera 10 impegnerà nella sua coscienza di uomo;

se è un uomo veramente libero e democra­

tico non potrà che dire « no »; se invece c’è qualcuno che alla sacralità di questi princìpi antepone la convenienza personale, 11 gusto a guazzare nella melassa del pote­

re, vendendo a questo prezzo la libertà del proprio elettorato, è bene che dica alto e forte il suo « sì », in modo che resti a pe­

renne memoria.

Noi liberali diciamo « no ».

PRESIDENTE. Comunico che sono stati presentati i seguenti ordini del giorno;

numero 166, degli onorevoli Virga, Tri- coli, Cusimano, Mancuso, Cavallaro, Grillo Morassutti, Marino Giovanni;

L’Assemblea regionale siciliana rilevato che le modifiche apportate dal Parlamento ai decreti anticrisi, attraverso l’introduzione dell’articolo 18 bis, imposto dal Partito comunista italiano, in aperta con­

traddizione con l ’impegno di incrementare le attività edilizie e le opere pubbliche e di salvaguardare l ’occupazione, completano il blocco in tutto il territorio nazionale della costruzione di autostrade, sia programmate che in fase di realizzazione;

considerato che tale blocco è destinato ad avere gravissime conseguenze per la Sicilia in quanto rischiano di non essere completate le autostrade Palermo - Messina e Palermo - Mazara del Vallo, tuttora da definire nei tratti intermedi;

considerato che la sospensione dei lavori conseguente all’applicazione dei decreti anti­

crisi, oltre ad impedire la realizzazione di importantissime infrastrutture di base, rite­

nute indispensabili in quanto costituenti va­

lide e necessarie alternative alla attuale, dif- 3 ficoltosa viabilità ordinaria fra la Sicilia oc- \ cidentale e quella* orientale, comporterebbe 1 il licenziamento di migliaia di operai e tee- | nici direttamente ed indirettamente impe- | gnati alla realizzazione delle due grandi vie | di comunicazione;

considerato che la Regione siciliana è socio maggioritario nei consorzi per la realizza-

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Resoconti Parlamentari 2727 — Assem blea Regionale Siciliana

VII Legislatura CCCLXXXVIII SEDUTA 19 Novem bre 1975

zione delle due opere; che il Governo regio­

nale in risposta ad una interrogazione del Movimento sociale italiano - Destra naziona­

le, il 28 gennaio 1975 ha manifestato la volontà di ” assicurare in ogni caso il com­

pletamento della Palermo - Messina ” , men­

tre ha ripetutamente ribadito la necessità di portare a compimento la Palermo - Mazara del Vallo; che tutti i gruppi politici hanno ripetutamente manifestato l ’impegno in fa­

vore del completamento delle due auto­

strade;

ritenuto indispensabile pervenire al com­

pletamento della Palermo - Messina e della Palermo - Mazara del Vallo, al fine di rea­

lizzare un più rapido collegamento all’inter­

no dell’Isola e fra la Sicilia ed il continente, e per salvaguardare il posto di lavoro alle maestranze;

considerato che il Presidente della Re­

gione nelle sue dichiarazioni programmatiche non ha manifestato alcun impegno specifico in favore della definizione delle predette autostrade e della tutela del posto di lavoro dei tecnici e degli operai;

impegna il Governo della Regione ad intervenire tempestivamente presso il Governo nazionale ed i gruppi parlamentari della Camera dei deputati per sollecitare la modifica dei decreti anticrisi in modo che possano essere completate le autostrade Palermo - Messina e Palermo - Mazara del Vallo e tutelato il lavoro delle maestranze attualmente impegnate nella loro realizza­

zione »;

numero 167, degli onorevoli Cusimano, Tricoli, Cavallaro, Ciba, Ferrari, Fusco, Grillo Morassutti, Mancuso, Marino Gio­

vanni, Merendino, Paolone, Seminerà, Trin- gali, Virga:

« L’Assemblea regionale siciliana

• rilevato che sono in corso di esame da parte della Camera dei deputati le proposte di trasformazione coattiva della mezzadria e della colonia in affitto;

ravvisata la necessità di tutelare i diritti di proprietà e di libertà contrattuale sanciti dalla Costituzione, che con la nuova nor­

mativa verrebbero vanificati, con la conse­

guenza di ingenerare nelle campagne confu­

sione, tensioni e lotte destinate a riflettersi pesantemente su uno dei settori portanti deU’economia siciliana qual è, appunto, quel­

lo agricolo;

considerato che ogni trasformazione deve essere basata sul principio della libera con­

trattazione e della adesione volontaria e non sulla coercizione e che con la conversione forzosa dei patti di mezzadria e di colonia in contratti di affitto i proprietari conce­

denti saranno privati di ogni possibilità di esercitare le proprie funzioni imprendito­

riali;

considerato che il Presidente della Regio­

ne, nelle sue dichiarazioni programmatiche, non ha manifestato nessun impegno a favore della tutela dei diritti di proprietà e di libera iniziativa,

impegna il Governo della Regione a farsi portavoce della necessità di tutelare i diritti di proprietà e di libertà contrattuale sanciti dalla Costituzione e a sollecitare l’in­

tervento degli organi governativi centrali e dei gruppi parlamentari alla Camera dei de­

putati e al Senato per la sospensione dello esame dei disegni di legge tendenti a tra­

sformare coattivamente i patti di mezzadria e di colonia in contratti di affitto »;

numero 168, degli onorevoli Tricoli, Cu­

simano, Marino Giovanni, Grillo Morassutti, Cavallaro, Mancuso:

« L’Assemblea regionale siciliana udite le dichiarazioni del Presidente della Regione;

rilevato che il governo comrmista della Unione sovietica ha negato al fisico Andrei Sakarov il visto di uscita dal paese, impe­

dendogli di recarsi ad Oslo per ritirare il premio Nobel conferitogli per il suo impe­

gno in favore della pace e della libertà;

rilevato che con la mancata concessione del visto a Sakarov, il governo comunista deU’Unione sovietica ha rinnegato gli accor­

di di Helsinki da esso sottoscritti, i quali prevedono la libera circolazione degli uo­

mini e delle idee, ribadendo ulteriormente

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