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Carte di credito business e inerenza dei costi

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Academic year: 2022

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Gioacchino Pantoni e Claudio Sabbatini

Carte di credito business e

inerenza dei costi

in collaborazione con

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Carte di credito business e inerenza dei costi

di Gioacchino Pantoni e Claudio Sabbatini

Limitazioni all’uso del contante

La lotta contro il terrorismo, il riciclaggio di denaro sporco e le infiltrazioni mafiose, è passa- ta – nel corso degli anni – attraverso molteplici provvedimenti legislativi.

Si pensi alle sempre più stringenti limitazioni all’uso del denaro contante che ha visto una oscil- lazione del limite massimo, per poi trovare un as- sestamento alla soglia di  999,99.

Di recente l’art. 1, co. 713, L. 23.12.2014, n.

190 (Legge di stabilità 2015) ha modificato l’art.

25, co. 5, L. 133/1999 che contiene il limite pre- visto per la tracciabilità dei movimenti finanziari (pagamenti/versamenti) delle associazioni spor- tive dilettantistiche (secondo la – non condivisa interpretazione recata dalla – R.M. 19.11.2014, n. 102/E, il limite di tracciabilità si applica a tut- ti i soggetti che fruiscono del regime di cui alla L. 398/1991). Si prevede che le movimentazioni debbano effettuarsi tramite c/c bancari o postali,

carte di credito / bancomat, ecc. per le società, associazioni ed altri enti sportivi dilettantistici se esse sono di importo pari o superiore a 1.000 euro (in precedenza l’obbligo scattava se il trasferimen- to, non artificiosamente frazionato, era superiore a 516,46 euro). Proprio la diversità di limite tra la soglia «ordinaria» (art. 49, D.Lgs. 21.11.2007, n. 231) e quella «speciale» delle associazioni/so- cietà sportive ha dato luogo a molteplici conten- ziosi con l’Amministrazione finanziaria, poiché molti dirigenti sportivi non erano a conoscenza delle regole specifiche di settore. Si ricorda che l’inosservanza dell’obbligo in esame comporta la decadenza dal regime forfetario ex L. 398/1991 e l’applicazione della sanzione da 258 a 2.065 euro ex art. 11, D.Lgs. 471/1997.

In tema di tracciabilità dei pagamenti non va, altresì, trascurato quanto previsto nell’ambito degli appalti pubblici. L’art. 3, L. 13.8.2010, n.

136, al fine di prevenire le infiltrazioni criminali nell’attività di esecuzione delle commesse pub- bliche di appalto di lavori, servizi e forniture ha In sintesi

Sono maturi i tempi perché si possa assistere ad un allineamento tra l’evoluzione di moderni sistemi di paga- mento e la prassi dell’Amministrazione finanziaria.

Nel presente elaborato si intende ripercorrere la normativa – e relativa interpretazione di prassi e giurispru- denza – sulla possibilità di detrarre l’Iva e dedurre i costi sostenuti mediante l’utilizzo di carte di credito cd.

business.

Il Legislatore nazionale, come pure quello comunitario, preme per un utilizzo sempre più diffuso degli strumenti di pagamento che consentano la tracciabilità dei movimenti finanziari.

Proprio in vista di un nuovo approccio tra Fisco e contribuente, è necessario confermare la piena libertà di effettuazione delle transazioni, al fine di non complicarne l’effettuazione.

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previsto alcuni obblighi: in particolare, gli ap- paltatori, i subappaltatori e i subcontraenti del- la filiera delle imprese nonché i concessionari di finanziamenti pubblici anche europei a qualsiasi titolo interessati ai lavori, ai servizi e alle forni- ture pubblici devono utilizzare uno o più conti correnti bancari o postali, accesi presso banche o presso la società Poste italiane spa, dedicati, anche non in via esclusiva, alle commesse pubbliche. A parziale attenuazione della rigidità del sistema, relativamente alle modalità di utilizzo, la norma prevede che – oltre che per gli acquisti giornalie- ri di piccolo importo – i pagamenti effettuati a dipendenti, consulenti e fornitori di beni e ser- vizi, nonché quelli destinati all’acquisto di im- mobilizzazioni tecniche, debbano essere eseguiti utilizzando il conto corrente dedicato mentre i pagamenti eseguiti in favore di enti previdenziali, assicurativi e istituzionali o di gestori e fornitori di pubblici servizi, ovvero ancora quelli riguardanti il pagamento di tributi, possono essere effettuati anche con strumenti differenti dal bonifico ban- cario o postale (assegno bancario non trasferibile, Riba, Carta di Credito), fermo restando l’obbligo di documentazione della spesa.

Dal quadro appena delineato risulta che il Le- gislatore ha cercato negli anni di favorire (anche imponendo specifici obblighi) l’utilizzo di stru- menti di pagamento tracciabili.

All’evoluzione normativa, però, non hanno fatto seguito in maniera adeguata i chiarimenti di prassi ministeriale: difatti, l’Amministrazione finanziaria non ha sempre dato piena libertà agli operatori economici di utilizzare strumenti di pa- gamento, come le carte di credito, per documen- tare i costi.

D’altro lato, la velocità delle transazioni eco- nomiche deve essere supportata da altrettanti ra- pidi strumenti di pagamento, onde consentire agli operatori economici di concentrarsi sul business e non sugli intoppi burocratici.

Infine, l’utilizzo di strumenti di pagamento

«rapidi», come le carte di credito, può tradursi anche in vantaggi in termini di semplificazioni contabili (si veda quanto si dirà a breve sui rim- borsi spese sostenute dai dipendenti e sulle schede carburanti) e di predisposizione dagli accertamen-

ti (specie quelli famigerati delle indagini finanzia- rie).

Spese di trasferta

Nella prassi aziendale, capita spesso di scorgere che nelle note spese del dipendente siano inseriti anche documenti che sono già chiaramente riferi- bili (intestati) al datore di lavoro che lo ha inviato in trasferta.

Si tratta di una accortezza non necessaria.

Invero, la nota spese assolve la funzione di at- tribuire la «paternità» del costo al datore di lavoro che in definitiva lo sostiene, mediante il rimborso al dipendente.

Infatti, in essa vanno indicati i documenti non intestati alla società, onde consentire all’azienda di dedurre dal reddito i costi sostenuti altrimenti privi del requisito della certezza: a tal fine fa fe- de la dichiarazione resa dal dipendente sulla no- ta spese stessa (C.M. 16.7.1998, n. 188/E; C.M.

23.12.1997, n. 326/E).

Già la R.M. 17.2.1982, n. 8/512 affermava che la dichiarazione del dipendente relativa ai costi sostenuti per conto dell’impresa deve in ge- nerale ritenersi veritiera e come tale documento idoneo ai fini della deducibilità dei costi stessi, non necessitando quindi di documenti rilasciati da terzi ed intestati all’impresa datrice di lavoro.

Per la deducibilità dei costi è sufficiente la nota spese dei dipendenti, anche se i documenti giusti- ficativi (scontrini o ricevute fiscali) non conten- gono l’indicazione dell’azienda (R.M. 21.9.1979, n. 9/1108; R.M. 5.1.1981, n. 9/2796; R.M.

19.4.1980, n. 876).

Dette spese, ancorché anonime (assenza di un documento intestato al datore di lavoro), rispet- tano – grazie all’attestazione del dipendente – il requisito della certezza e dell’inerenza (art. 109, co. 1 e 5, D.P.R. 917/1986).

La C.M. 16.7.1998, n. 188/E, richiamando il paragrafo 2.4.1. della C.M. 23.12.1997, n. 326/E, secondo cui le spese di viaggio (treno, aereo, nave) e di trasporto (taxi, autobus, metropolitana) con mezzi pubblici possono essere documentati attra- verso i relativi biglietti anche se anonimi, preci-

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sa che anche ai fini della documentazione delle altre spese sostenute in occasione delle trasferte, quali quelle di vitto e alloggio e quelle rimbor- sabili in esenzione d’imposta fino ad un importo massimo giornaliero di  15,49 e  25,82 per le trasferte all’estero (ad esempio lavanderia, par- cheggio, telefono, mance, depositi bagagli, servizi igienico-sanitari, ecc. – C.M. 326/E/1997), non è necessaria l’intestazione al dipendente dei docu- menti stessi, essendo sufficiente che le spese stesse risultino sostenute nei luoghi e nel tempo di svol- gimento delle trasferte stesse «e che siano attestate dal dipendente mediante nota riepilogativa».

Nel Libro unico del lavoro (e di conseguen- za nel cedolino paga) non è necessario indicare i rimborsi relativi a fatture o ricevute intestate alla società (risposta del Ministero del Lavoro all’In- terpello 6.7.2010, n. 27), a prescindere dalla mo- dalità di pagamento (contanti, in cedolino, trami- te carta di credito aziendale, ecc.).

Per completezza, si ricorda che la nota spese rilasciata dai lavoratori dipendenti che attestano il sostenimento delle spese in occasione di trasfer- te di lavoro è esente da bollo, salvo il caso d’uso (art. 25, Tariffa Parte Seconda, allegata al D.P.R.

642/1972).

Per contro, come detto, è possibile omettere nella nota spese i documenti deducibili dal reddi- to d’impresa perché già intestati alla società (art.

3, D.P.R. 21.12.1996, n. 696), inclusi quelli giu- stificati dall’estratto conto delle carte di credito (R.M. 5.10.1985, n. 8/727).

Con riguardo a quest’ultimo aspetto, la C.M.

4.4.1997, n. 97/E, punto 4.2 è chiara nell’affer- mare la possibilità di giustificare le spese, alterna- tivamente, con fattura/scontrino/ricevuta (questi ultimi due integrati) e l’estratto conto rilasciato dalla società che gestisce il circuito della carta di credito: «Il comma l dell’articolo 3 del decreto presi- denziale n. 696 del 1996, prevede nuove modalità di documentazione delle spese sostenute, agli effetti dell’applicazione delle imposte sui redditi. In partico- lare, detta norma stabilisce che, a tali fini, può essere utilizzato lo scontrino fiscale, emesso dagli appositi apparecchi misuratori fiscali previsti dall’art. l della legge 26 gennaio 1983, n. 18, purché lo stesso con- tenga la specificazione degli elementi attinenti alla

natura, alla qualità e alla quantità dell’operazione e l’indicazione del numero di codice fiscale dell’ac- quirente o del committente. Al riguardo si consente che gli elementi attinenti alla qualità dell’operazio- ne possano essere indicati in modo abbreviato purché comprensibile. Si precisa, inoltre, che, come, peraltro, si evince inequivocabilmente dal tenore letterale della disposizione, la documentazione delle spese, eventual- mente deducibili, mediante lo scontrino fiscale inte- grato, costituisce una facoltà per il soggetto destinata- rio dello scontrino medesimo. (...)

Debbono considerarsi, invece, illegittime eventuali integrazioni manuali o tramite timbri, da chiunque apposte. (...) Vale la pena di rilevare che l’innovazione in discorso rappresenta un’inversione di tendenza ri- spetto alla prassi amministrativa adottata in passato, (RR.MM. della soppressa Direzione Generale delle Tasse n. 342407 del 7 giugno 1983 e n. 626405 del 6 agosto 1991) che ha sempre escluso l’idoneità del- lo scontrino fiscale, anche se contenente gli elementi identificativi del cliente, a fungere da documento di giustificazione dei costi o da valido documento sosti- tutivo della fattura di cui all’art. 21 del D.P.R. n.

633 del 1972. Tuttavia possono essere ancora adottati i sistemi semplificati di documentazione delle spese consentiti in passato da questa Amministrazione (a titolo esemplificativo l’utilizzo di carte di credito in- testate a studi o aziende secondo le precisazioni della R.M. n. 8/727 del 5 ottobre 1985; l’uso di distinte bollate sottoscritte per l’acquisto di valori bollati con le modalità chiarite con la R.M. n. 9/1684 del 29 otto- bre 1976; l’esecuzione dei rimborsi a pie’ di lista con le precisazioni contenute nelle RR.MM. n. 9/1108 del 21 settembre 1979 e n. 9/2796 del 5 gennaio 1981, ecc.)».

Parrebbe dunque di capire che l’estratto con- to della carta di credito costituisca una modalità alternativa per individuare le spese deducibili dal reddito d’impresa, laddove si possa dimostrare l’i- nerenza all’attività.

Questo requisito, ossia la prova che si tratta di spesa sostenuta a fini aziendali e non personali, richiamando un’interpretazione che ha concesso di non indicare il codice fiscale dei dipenden- ti nei documenti relativa alla certificazione dei corrispettivi (R.M. 21.9.1979, n. 9/1108; R.M.

19.4.1980, n. 876; R.M. 5.1.1981, n. 9/2796;

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C.M. 97/E/1997) dovrebbe poter essere dimo- strato con ogni mezzo, ad esempio quando esiste riscontro tra luogo e tempo in cui la spesa è soste-

nuta e l’attività aziendale (es. appalto, missione o trasferta, partecipazione a fiera, ecc.). Si veda la seguente Tabella.

Documenti giustificativi delle spese

Documento giustificativo Riferimenti

Fattura intestata al datore di

lavoro La fattura è l’unico documento idoneo a consentire la detrazione dell’Iva, salvo quanto si dirà in relazione ai rifornimenti di carburante pagati esclusi- vamente mediante carte di credito.

In assenza di fattura l’Iva non detratta costituisce costo accessorio alla pre- stazione principale, deducibile secondo le ordinarie regole (si veda la C.M.

19.5.2010, n. 25/E a rettifica della C.M. 3.3.2009, n. 6/E).

Ricevuta fiscale «integrata a cura del soggetto emittente con i dati identificativi del cliente»

Co. 1 dell’art. 3, D.P.R. 21.12.1996, n. 696 (R.M. 8.7.1975, n. 2/208; R.M.

29.10.1976 n. 9/1684; C.M. 8.6.1981, n. 46/128594).

Scontrino fiscale «parlante»

(ossia integrato con il codi- ce fiscale del cessionario o committente)

L’art. 3, D.P.R. 21.12.1996, n. 696 recita: «Ai fini della deducibilità delle spe- se sostenute per gli acquisti di beni e di servizi agli effetti dell’applicazione delle imposte sui redditi, può essere utilizzato lo scontrino fiscale, a con- dizione che questo contenga la specificazione degli elementi attinenti la natura, la qualità e la quantità dell’operazione e l’indicazione del numero di codice fiscale dell’acquirente o committente, ovvero la ricevuta fiscale integrata a cura del soggetto emittente con i dati identificativi del cliente».

Nota spese sottoscritta dal

dipendente Per i documenti anonimi (R.M. 21.9.1979, n. 9/1108; R.M. 19.4.1980, n.

876; R.M. 5.1.1981, n. 9/2796; R.M. 17.2.1982, n. 8/512; R.M. 5.10.1985, n. 8/727; C.M. 23.12.1997, n. 326/E; C.M. 16.7.1998, n. 188/E).

Estratto conto della carta di credito aziendale (intestata a studi e aziende)

R.M. 5.10.1985, n. 8/727; C.M. 4.4.1997, n. 97/E, punto 4.2).

Per le spese sostenute in un Paese estero è idonea la documentazione conforme alle norme del Paese stesso, anche se diversa da quella prescritta dalle norme italiane (R.M. 4.5.1984, n. 9/423).

A questo punto, non si vede il motivo per il quale se l’estratto conto della carta di credito aziendale consente di dedurre le spese di trasfer- ta dei dipendenti, lo stesso documento non possa anche consentire la deduzione del costo, ai fini della determinazione del reddito d’impresa o di lavoro autonomo, per le spese sostenute dall’im- prenditore individuale o dal professionista.

Al riguardo, si tenga presente che la discipli- na per i dipendenti si applica anche all’ammini- stratore di una società, per cui sarebbe incoerente con il sistema consentire la deduzione dei costi

– sostenuti mediante carta di credito azienda- le – all’amministratore della società e non anche all’imprenditore individuale o al professionista, sia esso parte o meno di uno studio associato.

La R.M. 5.10.1985, n. 8/727, in risposta a chiarimenti richiesti in relazione alla deduzione dei costi sostenuti nel reddito di lavoro autono- mo, ha affermato inequivocabilmente che «le di- sposizioni relative all’imposizione diretta non preve- dono, ai fini della deduzione del costo della categoria di reddito cui lo stesso inerisce – a differenza di quan- to avviene per l’Iva – particolari forme per i docu-

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menti da cui risultino i componenti positivi o negativi del reddito. Da ciò discende che, nella fattispecie in esame, la documentazione che verrà rilasciata dalla società costituirà valido titolo per la deduzione di cui trattasi e per l’annotazione nelle scritture contabili dei professionisti (...)».

Già la R.M. n. 8/727 del 1985 faceva riferi- mento ad un «modulo – fattura» rilasciato dalla società emittente la carta di credito, modulo che non è diverso dai consueti estratti conto riportan- ti i movimenti periodici della carta di credito, il quale contiene il nominativo del venditore e l’am- montare della spesa.

Come detto, la natura della spesa potrà essere provata con una connessione tra essa e l’attività dell’imprenditore/professionista.

Ad esempio, se un soggetto paga con carta di credito aziendale vitto ed alloggio – certificati da documenti non intestati (ma potrebbe essere anche il caso di assenza completa di documenti, come ad esempio i viaggi su piazza effettuati da tassisti, i quali non sono tenuti alla certificazione dei corrispettivi) – in occasione della partecipa- zione ad una fiera, dovrebbe poter dedurre i costi dimostrando la connessione delle spese con l’at- tività svolta in quel luogo e in quel tempo, o in altro modo.

Acquisti di carburante

Oltre a quanto retro osservato, tramite apposi- ta disposizione normativa, è stata considerata suf- ficiente la documentazione rilasciata dalla società emittente la carta di credito per giustificare gli acquisti di carburante, non solo ai fini dell’impo- sta sui redditi, ma anche ai fini dell’esercizio della detrazione ai fini Iva.

Fino all’emanazione del D.L. 13.5.2011, n.

70 la detrazione dell’Iva era consentita solo av- valendosi delle schede carburanti che sostituiva- no la fattura di cui al co. 3 dell’art. 22, D.P.R.

633/1972, stante il divieto di emissione di fattura per gli acquisti effettuati presso impianti strada- li di distribuzione di carburanti per autotrazione (D.P.R. 10.11.1997, n. 444).

In un’ottica di semplificazione, l’art. 7, co.

2, lett. p), D.L. 70/2011 ha inserito il co. 3-bis nell’art. 1, D.P.R. 444/1997 stabilendo che «(...) i soggetti all’imposta sul valore aggiunto che effettua- no gli acquisti di carburante esclusivamente median- te carte di credito, carte di debito o carte prepagate emesse da operatori finanziari soggetti all’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, non sono soggetti all’obbligo di tenuta della scheda carburante previsto dal presente regola- mento».

Non consentono di omettere la scheda car- burante le «carte fedeltà» associate al contratto di netting, attraverso il quale il gestore dell’im- pianto di distribuzione si obbliga nei confronti della società petrolifera ad effettuare cessioni di carburante in favore dell’utente (che per il paga- mento utilizza la carta magnetica rilasciata dalla stessa società petrolifera). Nel sistema descritto la società petrolifera effettua una somministrazione di beni (il carburante) direttamente all’utente (per il tramite dell’impianto di distribuzione stradale), per cui non si applica la disciplina della scheda carburante (si ricorda che il divieto di fatturazione è posto in capo al distributore stradale e non alla compagnia petrolifera).

La modalità di documentazione del costo può quindi avvenire, alternativamente, secondo le re- gole delle schede carburanti o in base alla docu- mentazione rilasciata dalla società che gestisce la carta di credito.

La C.M. 9.11.2012, n. 42/E ha precisato qua- le debba essere il contenuto minimo della docu- mentazione ottenuta dal soggetto passivo, ossia:

il mezzo di pagamento (carta di credito, che deve essere intestata al contribuente);

la data del rifornimento;

il soggetto che ha erogato il carburante;

l’ammontare del corrispettivo.

Si noti come anche in questo caso non viene ritenuto fondamentale la natura del bene o ser- vizio acquistato; eppure è risaputo che molti im- pianti distributori vendono altri beni o erogano altri servizi (caffè, portadocumenti, ecc.).

Si precisa che se la carta è utilizzata anche per acquisti diversi (es. caffè, giornali, olio, accessori),

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è necessario effettuare diverse transazioni, in mo- do che quello riferito al carburante sia un autono- mo movimento di acquisto.

Pur sapendo ciò, e pur consapevole della note- vole discrasia esistente tra il contenuto obbligato- rio relativo alla scheda carburante e il contenuto minimo richiesto per la documentazione relativa all’uso delle carte di credito, l’Agenzia delle Entra- te ha affermato che l’anzidetto contenuto minimo risultante dall’estratto conto dell’emittente la car- ta è sufficiente non solo per dedurre il costo, ma addirittura per detrarre l’Iva.

Anzi, l’utilizzo delle schede carburanti risulte- rà molto rischioso per l’acquirente, in quanto la giurisprudenza ha ritenuto che una scheda non compilata correttamente (es. mancante della fir- ma del gestore, del chilometraggio a fine periodo, della targa del veicolo, ecc.) può determinare l’i- nattendibilità della contabilità (Cass. 26.3.2009, n. 7272), nonché l’indeducibilità del costo (Cass.

9425/2014; Cass. 8699/2014; Cass. 28243/2013;

Cass. 27329/2012; Cass. 18.2.2011, n. 3947;

Cass. 7272/2009; Cass. 26539/2008; Cass.

21941/2007; Cass. 9.11.2005, n. 21769; Ctr del Lazio, Sentenza 223/04/2012; Ctp del Reggio Emilia, Sentenza 9/01/11) e, addirittura, la fat- tispecie di fattura falsa (art. 2, D.Lgs. 74/2000) con le responsabilità penali che ne derivano (Cass. 18698/2014; Cass. 27392/2012; Cass.

13.1.2012, n. 912).

L’utilizzo di strumenti di pagamento traccia- bili, invece, non richiede un comportamento così rigoroso nella compilazione di documenti conta- bili e solleva il contribuente da qualsiasi adem- pimento formale, essendo sufficienti gli elementi indicati nell’estratto conto della carta.

Pur ribadendo che il contenuto minimo docu- mentabile, sopra indicato, è sufficiente per il rico- noscimento fiscale dell’operazione, l’Agenzia delle entrate auspica che dalla contabilità del contri- buente sia possibile rilevare ulteriori dettagli che consentano l’associazione «veicolo – transazione», al fine di ottenere una rendicontazione distinta per ciascun autoveicolo utilizzato, anche ai fini del controllo interno di gestione.

Quanto all’Iva, riteniamo che l’affermazione secondo cui l’estratto conto dei movimenti della

carta consenta anche la detrazione dell’Iva assol- ta sugli acquisti non sia conforme alla previsione dell’art. 178, Dir. 2006/112/CE secondo cui «Per poter esercitare il diritto a detrazione, il soggetto pas- sivo deve … essere in possesso di una fattura redatta conformemente agli articoli da 220 a 236 e agli arti- coli 238, 239 e 240».

La problematica era già sorta all’indomani dell’emanazione del D.L. 70, cosicché nella rispo- sta all’Interrogazione parlamentare 13.7.2011, n.

5-05095, l’Agenzia delle entrate aveva annunciato l’arrivo di chiarimenti con queste parole: «… le modifiche apportate dal decreto legge n. 70 del 2011, adottate in un’ottica di semplificazione degli adem- pimenti a carico dei contribuenti, vanno comunque coordinate … con l’esigenza di disporre di una serie di elementi minimali, necessari a consentire la verifica dell’esistenza del diritto alla detrazione in capo al sog- getto acquirente. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate rileva che gli aspetti sopra rappresentati, da definire tenendo anche conto delle prescrizioni dettate dalla normativa comunitaria in materia, sono in fase di approfondimento in vista della prossima emanazione di apposito documento di prassi».

Ad ogni modo, la citata C.M. 42/E/2012 ha consentito la detrazione anche dell’Iva inclusa ne- gli acquisti di carburante documentati da carte di credito e similari.

Se l’intento di semplificazione voluto dal Le- gislatore ha comportato anche una «deroga» alle disposizioni comunitarie in tema di detrazione Iva, non può non essere consentita la deducibilità ai fini delle imposte dirette sulla base degli stessi elementi presenti nell’estratto conto delle carte.

Vantaggi dell’utilizzo delle carte di credito

L’utilizzo diffuso delle carte di credito consen- te ulteriori opportunità e semplificazioni.

Ad esempio, quanto agli accertamenti finan- ziari, consente di vincere la presunzione contenu- ta nell’art. 32, D.P.R. 600/1973 per la quale si considerano – limitatamente al reddito d’impresa (Corte Cost. 6.10.2014, n. 228) – ricavi i prele- vamenti dei quali non si dimostri di averne tenuto

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conto nella contabilità ovvero non se ne indichi il beneficiario.

Dunque, se il contribuente indica il beneficia- rio delle somme prelevate (e ciò risulta dall’estrat- to conto della carta di credito), l’atto va annullato (Ctp di Bologna, Sentenza 4.6.2007, n. 158).

La tracciabilità è pure richiesta per la detrazio- ne/deduzione, nella dichiarazione dei redditi, di taluni oneri (es. erogazioni liberali a Onlus ed a partiti politici, ai sensi dell’art. 15, co. 1, D.P.R.

917/1986).

Un aspetto che potremmo dire chiarito, anche se indirettamente, riguarda il momento in cui il pagamento si considera effettuato.

È il caso dei componenti negativi del reddito di lavoro autonomo che segue, perlopiù, il prin- cipio di cassa.

Come noto, le società che gestiscono le carte di credito addebitano l’importo della spesa solo il mese successivo all’utilizzo della carta.

Potrebbe essere il caso di un professionista che ha effettuato un acquisto il 30.12.X, mentre l’ad- debito sul proprio conto corrente avviene solo il 15.1.X+1.

Ci si domanda in quale periodo d’imposta il professionista potrà dedurre il costo.

Si ritiene che la spesa pagata con carta di credi- to sia deducibile nel momento in cui è utilizzata la carta. Quindi, le spese contabilizzate nel mese di dicembre, addebitate sull’estratto conto nel mese di gennaio, si considerano comunque sostenute nel mese di dicembre.

Si veda quanto affermato dalla R.M.

23.4.2007, n. 77/E con specifico riferimento al momento in cui divengono deducibili dal reddito complessivo Irpef i contributi previdenziali paga- ti, tramite carta di credito, da un professionista alla propria Cassa di previdenza (art. 10, co. 1, D.P.R. 917/1986).

Il documento di prassi ha chiarito che, in caso di utilizzo della carta di credito per il pagamento degli oneri, ai fini della deducibilità:

rileva il momento in cui viene utilizzata la car- ta;

nessuna rilevanza assume invece il momento,

diverso e successivo, in cui avviene l’effettivo addebito sul conto corrente del titolare della carta, momento che può anche collocarsi nel periodo d’imposta successivo.

Quindi, anche dal punto di vista Iva del vendi- tore, essendo considerato quale denaro contante, il pagamento effettuato tramite carta di credito dovrebbe configurare un’operazione effettuata (ai sensi dell’art. 6, D.P.R. 633/1972) nel momento in cui la carta di credito è utilizzata, anche se la contabilizzazione avverrà al momento in cui viene ricevuto l’estratto conto periodico.

Considerazioni conclusive ed evoluzione futura

La carta di credito può considerarsi uno stru- mento che consente al titolare di acquistare a cre- dito beni e servizi senza obbligo di pagamento diretto al fornitore (esercente commerciale con- venzionato); obbligo che invece viene assunto in proprio dal soggetto emittente la carta.

Il rapporto giuridico intercorrente tra emit- tente, fornitore e titolare della carta di credito, è oggi qualificato dalla dottrina come delegazione passiva di pagamento allo scoperto, conseguendo che la carta di credito non costituisce ex se, titolo di credito o altro mezzo di pagamento, bensì un semplice strumento di identificazione e legitti- mazione (art. 2002 c.c.) del titolare per l’acquisto di beni e servizi a credito (in questo senso anche R.M. 8/727/1985 che attribuisce questa defini- zione alla giurisprudenza).

L’emittente la carta di credito, quale compenso del proprio servizio, tratterrà una percentuale del- la somma versata.

Recentemente il vice direttore generale dell’A- bi, Gianfranco Torriero, durante un’audizione presso le commissioni Finanze e Attività produt- tive di Camera e Senato ha affermato che in Italia si utilizza ancora troppo il denaro contante: «C’è un gap significativo rispetto agli altri paesi europei su pagamenti elettronici: nel 2009, 90 pagamenti su cento in Italia erano effettuati in contanti, oggi siamo a 87 su cento. Se andiamo a vedere cosa è successo in Europa ci rendiamo conto che il gap è molto elevato,

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anzi in tre o quattro anni si è verificato un ulteriore aumento del divario tra comportamenti degli italiani e quelli medi area euro e del resto dei paesi Ue».

Secondo l’Abi l’internet banking è in ogni caso in forte incremento e il 70% dei conti correnti ha l›abilitazione all’uso del conto su internet, anche se solo il 48% dei clienti lo utilizza pienamente.

Quanto alle commissioni sulle transazione, Torriero ha ricordato che l’Ue ha da poco ap- provato il Regolamento sulle commissioni per le transazioni tramite carta di credito e ha aggiunto che le «norme che disciplinano i servizi di pagamen- to non possono sfuggire ad una logica totalmente eu- ropea, poiché anche in questo settore il permanere di regole nazionali sarebbe in netta contraddizione con i principi fondanti l’Unione bancaria e l’integrazione del mercato finanziario dei paesi dell’area dell’euro».

Se la normativa, anche europea, si sta evolven- do verso un utilizzo sempre più diffuso di stru- menti di pagamento tracciabili, è necessario che anche la prassi amministrativa stia al passo coi tempi, ad esempio chiarendo una volta per tutte che le risultanze degli estratti conto delle carte di credito, al pari degli estratti conto bancari, siano muniti dei criteri di inerenza voluti dall’art. 109, D.P.R. 917/1986, quindi superando alcune arcai- che prese di posizione, come quella della R.M. n.

526929/1973 che relegò l’estratto conto a mero

«documento riepilogativo». Anche una parte della giurisprudenza di merito ha ritenuto non giusti- ficabili i costi – sulla sola base degli addebiti sulle carte di crediti – in mancanza di documenti fiscali giustificativi (Ctr Toscana, sent. 18.9.2012, n. 39;

Ctr Lazio, sent. 6.3.2009, n. 53).

A ben vedere, non è l’assenza dei documen- ti fiscali ad impedire la deduzione per carenza di inerenza, esattamento come non è l’esistenza di tali giustificativi - di per sé – ad essere in grado di attestare inequivocabilmente il rispetto di detto principio sancito dall’art. 109, D.P.R. 917/1986.

L’inerenza – ossia la riferibilità del costo all’at- tività imprenditoriale/professionale – deve poter essere dimostrata in qualunque altro modo. Fa- cendo un parallelo tratto dal mondo del «lavoro», la Cassazione ha espresso un principio di diritto in materia di deducibilità di costi relativi a rim- borsi chilometrici, affermando che «l’onere pro-

batorio del datore di lavoro che invochi l’esclusione dall’imponibile contributivo delle erogazioni in favore dei lavoratori è assolto documentando i rimborsi chi- lometrici con riferimento al mese di riferimento, ai chilometri percorsi nel mese, al tipo di automezzo usa- to dal dipendente, all’importo corrisposto a rimborso del costo chilometrico sulla base della tariffa ACI, sen- za che occorra, al riguardo, documentazione specifica ed analitica recante, con esauriente scheda mensile per ciascun dipendente o documento similare, l’analitica indicazione dei viaggi giornalmente compiuti, della località di partenza e di destinazione, con specifica- zione dei clienti visitati e riepilogo giornaliero dei chi- lometri percorsi» (Cass. 20.2.2012, n. 2419).

Nello stesso modo, la legge non prescrive – in ordine all’inerenza dei costi – una specifica documentazione fiscale: il citato art. 3, D.P.R.

696/1996 afferma che ai fini della deducibilità delle spese per gli acquisti di beni e servizi agli effetti delle imposte sui redditi può essere utiliz- zato lo scontrino fiscale «parlante» o la ricevuta fiscale integrata con il dati identificativi del clien- te, lasciando aperta la possibilità di utilizzare altri strumenti di prova.

A questo punto si richiama un altro concetto a suo tempo espresso con riferimento all’indetrai- bilità dell’Iva sulle spese telefoniche sostenute a seguito della stipula di contratti family.

La C.M. 27.5.1994, n. 73/E, risposta 10.8 sottolineò che «il contratto richiamato concerne utenza privata (...) e quindi non si verte nelle ipotesi di utilizzazione di servizio nell’esercizio di impresa arte e professione, condizione essenziale perché possa essere esercitato dall’utente del servizio il diritto di detrazione della relativa imposta assolta per rivalsa».

Il principio espresso dovrebbe poter anche es- sere letto al contrario: se il contratto fosse stato di tipo business, il presupposto dell’inerenza si deve considerare rispettato per default, salvo che l’Am- ministrazione finanziaria non provi, anche me- diante presunzioni semplici – purché munite dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (art.

2729 c.c.) – l’indeducibilità del costo per violazio- ne delle norme di legge.

In quest’ultimo caso, vale il criterio di ripar- tizione dell’onere della prova tra Fisco e contri- buente, sancito dalla giurisprudenza di legittimi-

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tà, secondo il quale «in tema di presunzioni vale il principio secondo cui non occorre che la relazione tra fatto noto e fatto ignoto presenti carattere di certez- za, ma basta che abbia contenuto di ragionevole cer- tezza, essendo sufficiente che all’accertamento del fatto ignoto si pervenga dalla considerazione di un fatto no- to attraverso un processo logico deduttivo basato sull’id quod plerumque accidit. Pertanto, una volta che l’amministrazione abbia fornito oggettivi elementi di prova, anche indiziari, in ordine all’inesistenza dell’operazione o dell’inattendibilità della scrittura addotta dal contribuente a base della richiesta di de- trazione, sarà il contribuente a dovere offrire la prova circa la verità e inerenza dell’operazione medesima»

(Cass. 12.12.2013 n. 27844; Cass. 10.1.2006 n.

154 e Cass. 25.10.2006 n. 22874).

In pratica dovrebbe essere valorizzato il prin- cipio – espresso in relazione alle spese sostenute nelle trasferte dei dipendenti – che consente di creare una connessione delle spese aziendali con

i costi laddove sia dimostrata «la connessione delle spese con l’attività svolta in quel luogo e in quel tem- po, o in altro modo».

Ci pare, in conclusione, che un utile strumen- to per semplificare, migliorare ed efficientare la propria attività lavorativa, ma anche per garantire un più facile distinguo – prima facie – delle spese aziendali/professionali da quelle personali, po- trebbe essere costituito dall’utilizzo di carte di cre- dito aziendali (per le spese esclusivamente inerenti all’attività d’impresa o di lavoro autonomo) e da carte di credito per le spese di natura personale.

Il professionista, l’imprenditore, dovrebbe così poter dedurre i costi perché connessi all’attività svolta in quel luogo e tempo.

Per i propri dipendenti, la deduzione è resa ancora più semplice in virtù della valenza della dichiarazione dagli stessi resi circa il sostenimento delle spese in occasione di una trasferta di lavoro.

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