• Non ci sono risultati.

Sezione II centrale d appello

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Sezione II centrale d appello"

Copied!
37
0
0

Testo completo

(1)

Sezione II centrale d’appello

577 – Sezione II centrale d’appello; sentenza 7 set- tembre 2017; Pres. Imperiali, Est. Padula, P.M.

Buccarelli; Zimelli c. Proc. gen. e altro.

Conferma Corte conti, Sez. giur. reg. Lazio, 6 luglio 2011, n. 998.

Responsabilità amministrativa e contabile – Di- pendente pubblico – Assenza per malat- tia – Svolgimento di attività private che

(2)

ostacolano la regolare ripresa del lavoro – Re- sponsabilità del dipendente – Falsità della cer- tificazione medica – Prova – Esclusione.

C.g.c., art. 1.

Sussiste la responsabilità amministrativa del dipendente pubblico assente per malattia, il quale compia attività lavorative private incompatibili con la malattia, tali da pregiudicare il recupero delle normali energie psico-fisiche, indipendentemente dalla prova che i certificati medici esibiti dal dipen- dente attestassero un falso stato patologico. (1)(1)

(1) Per i profili di responsabilità amministrativa connessi alle assenze per malattia dei lavoratori pubblici, v.:

Corte conti, Sez. giur. reg. Veneto, 24 dicembre 2014, n.

237, in questa Rivista, 2014, fasc. 5-6, 327, con nota di ri- chiami, secondo cui risponde di danno erariale, per l’indebita percezione della retribuzione e per il disservizio cagionato all’amministrazione, il militare della Guardia di finanza che si sia assentato dal servizio per malattia facendo apparire uno stato di salute incompatibile con il servizio, ma conducendo, nel periodo di assenza, un regime di vita tale da escludere l’inabilità al servizio stesso;

Corte conti, Sez. giur. reg. Umbria, 4 agosto 2014, n. 94, ibidem, 324, con nota di richiami, che ha affermato la respon- sabilità amministrativa del dipendente il quale, assente giusti- ficato per malattia, abbia posto in essere comportamenti volti a rallentare la sua guarigione (in motivazione, si precisa che costituisce specifico obbligo di servizio quello di agevolare la guarigione, al fine di consentire la ripresa del servizio con la maggiore sollecitudine possibile);

Corte conti, Sez. I centr. app., 7 giugno 2004, n. 211, ivi, 2004, fasc. 3, 96, secondo cui l’effettuazione di attività e incom- benze durante il periodo di congedo per malattia non dimostra ex se l’inesistenza delle infermità attestate dalle certificazioni mediche prodotte dall’interessato, le quali, in quanto atti pub- blici, fanno fede sino a querela di falso.

Nella giurisprudenza di legittimità, v.:

Cass. 5 ottobre 2016, n. 19933, in Rep. Foro it., 2016, voce Impiegato dello Stato e pubblico, n. 357, per cui è suscettibi- le di rilievo disciplinare la condotta del medico dirigente in rapporto di lavoro pubblico non esclusivo (c.d. extramoenia), che, durante il periodo di assenza per malattia, presti attività libero-professionale presso una casa di cura privata, sia pure per un breve arco temporale e per prestazioni numericamente limi- tate, senza avere offerto la prestazione lavorativa alla pubblica amministrazione datrice di lavoro, venendo egli meno ai canoni della reciproca lealtà e della buona fede, che, nel rapporto di lavoro, connotano le reciproche obbligazioni delle parti, anche in funzione del buon andamento dell’amministrazione;

Cass. 6 novembre 2015, n. 22726, ibidem, voce Lavoro (rapporto di), n. 1131, per cui, nel caso di assenza per malattia, il lavoratore non ha l’onere di provare, ad ulteriore conferma della certificazione medica, la perdurante inabilità tempora- nea rispetto all’attività lavorativa, mentre è a carico del datore di lavoro la dimostrazione che, in relazione alla natura degli impegni lavorativi attributi al dipendente, il suo allontanarsi

Fatto – Con la sentenza impugnata la Sezione re- gionale per il Lazio ha condannato, a titolo di dolo, il sig. Lorenzo Maria Zimelli al pagamento, in favo- re del Ministero dell’Interno, della somma di euro 4.476,10, comprensiva di rivalutazione monetaria sino alla data di pubblicazione della sentenza, oltre agli interessi legali da quest’ultima data fino al sod- disfo e alle spese di giustizia. Ha anche dichiarato inammissibile la citazione con riferimento al risarci- mento per lesione all’immagine e respinto la richie- sta relativa al danno da disservizio.

A seguito dell’istruttoria compiuta dalla procura regionale era emerso che lo Zimelli, dipendente della Polizia di Stato, durante periodi di assenza per malat- tia, aveva svolto attività connesse alla propria azien- da di affittacamere, insieme al carabiniere Roberto Macrì; quest’ultimo per tali fatti è stato condannato dalla Sezione laziale con sentenza (17 giugno 2008, n. 1015) passata in giudicato.

L’inquirente ha quantificato il danno nell’am- montare delle retribuzioni indebitamente percepite (euro 4.476,10), per mancata prestazione lavorativa, nei periodi di riferimento. (Omissis)

Diritto – La Sezione laziale ha ritenuto dimo- strato, sulla base delle informative della Questura di Roma, dai verbali di indagini delegate dalla procura militare della Repubblica all’ufficio di coordinamen- to di polizia giudiziaria e dagli accertamenti svolti dal Comando regione Carabinieri Marche-Stazione di Camerino, che il convenuto avesse compiuto, nei periodi di malattia (23 febbraio-4 marzo 2005; 5-14 marzo 2005; 31 marzo-6 aprile 2005; 12-26 aprile 2005; 26 giugno-2 luglio 2005), attività “presumibil- mente legate all’affitto turistico di camere” e “con- nesse alla ristrutturazione di un appartamento”.

L’appellante ha evidenziato che:

- il fatto che vi sia un contratto di noleggio stipu- lato a nome del ricorrente non varrebbe a fondare la presunzione che il ricorrente fosse alla guida, essen- do “più che plausibile” che “il mezzo sia stato […]

condotto dal Macrì”; in ogni caso il noleggio è stato riscontrato in due sole circostanze;

dall’abitazione per compiere attività della vita privata contrasti con gli obblighi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del rapporto lavorativo;

Cass. 5 agosto 2015, n. 16465, ivi, 2015, voce cit., n. 1188, secondo cui costituisce illecito disciplinare lo svolgimento di attività extralavorativa durante il periodo di assenza per ma- lattia, non solo se da tale comportamento derivi un’effettiva impossibilità temporanea della ripresa del lavoro, ma anche quando la ripresa sia solo messa in pericolo dalla condotta im- prudente del lavoratore.

(3)

- mancherebbe la prova che lo Zimelli si sia reca- to il 4 marzo 2005 presso un esercizio commerciale a Tolentino per l’acquisto di materiale da utilizzare nell’attività imprenditoriale, accompagnando il Ma- crì;- non sussisterebbe inoltre la prova che i certifi- cati medici dallo Zimelli abbiano attestato un falso stato patologico e che l’assenza dal servizio sia stata arbitraria.

Premesso che lo Zimelli era titolare di partita Iva (omissis) per l’attività di “Affittacamere, B&B, Resi- dence” sita (omissis), con inizio di attività 6 maggio 2004 (copia interrogazione Agenzia delle entrate in atti), va evidenziato che in occasione del noleggio presso la (omissis) del 4 marzo 2005, ore 13.50, la

“lettera di noleggio” emessa in favore dello Zimelli Lorenzo Maria di pari data recava la dicitura “nes- suna altra guida è autorizzata”; alla restituzione del veicolo in data 6 marzo 2005, ore 9:00, risultavano percorsi 2.201 chilometri.

La suddetta dicitura era apposta anche nella “let- tera di noleggio” di un furgone emessa dalla medesi- ma società in favore dello Zimelli Lorenzo Maria in data 19 aprile 2005.

Inoltre il titolare della ‘Fallimenti’ s.r.l. in To- lentino dichiarava (informativa del citato Comando regione Carabinieri del 9 marzo 2005) che il cara- biniere Macrì Roberto nel pomeriggio del 4 marzo 2005 si era recato presso la società per acquistare mattonelle, quadri, sedie e altro, assieme ad altro soggetto; dichiarava anche che il Macrì gli aveva confidato di “portare sempre l’autista”, che gli pre- sentò un giovane come socio e che aveva venduto al Macrì materiale per le pensioni site in Roma alle quali era cointeressato.

E ancora (relazione, con allegati, della Questura di Roma del 14 gennaio 2001), sempre il 4 marzo 2005 la carta di credito intestata allo Zimelli risulta- va essere stata utilizzata per il pedaggio autostradale nel tratto Roma Nord-Orte, in un autogrill e in un centro commerciale in località Pieve Torina, prossi- ma a Tolentino e il 5 marzo per la tratta di ritorno Orte-Roma Nord.

Alcuni reperti fotografici hanno evidenziato che lo Zimelli nella mattinata dell’1 aprile 2005 era de- dito ad attività non bene identificate in compagnia del Macrì in Roma; il 28 giugno 2005 e il 30 giugno 2005 è stato visto uscire da un hotel sempre in Roma e in compagnia del Macrì (annotazioni nelle stesse date di indagini della Polizia giudiziaria).

Al contrario di quanto ritenuto dall’appellante i suddetti elementi perfezionano presunzioni gravi,

precise e concordanti in ordine al fatto che lo Zimelli il 4 marzo 2005 fosse alla guida del furgone insie- me al Macrì per un viaggio di lunga percorrenza per svolgere attività connesse alla gestione della propria azienda.

La sussistenza della responsabilità dell’appellan- te va confermata, indipendentemente dalla prova che i certificati medici presentati dallo Zimelli attestas- sero un falso stato patologico, per il fatto che egli consapevolmente abbia compiuto attività incompati- bili con la malattia impeditiva della prestazione lavo- rativa, tali da pregiudicare il recupero delle normali energie psico-fisiche.

È dovere del dipendente, come correttamente os- servato dalla Procura generale, astenersi da qualsiasi attività, lavorativa o meno, che ostacoli la puntuale ripresa del lavoro alla scadenza del periodo di assen- za pronosticato nell’attestazione sanitaria.

Le attività svolte dallo Zimelli (soprattutto la gui- da di furgoni per lunghi percorsi nonché l’acquisto di materiali per l’edilizia e di arredo) non dimostrano affatto attenzione per quest’ultima esigenza, tenuto conto delle diagnosi, espresse nelle certificazioni, di lombosciatalgia, postumi di trauma distorsivo al collo, trauma cervicale-contrattura, dorsalgia in fase acuta (atto di citazione).

Per il complesso delle esposte considerazioni l’appello va respinto in quanto infondato.

Confermata la condanna alle spese stabilita nel giudizio di primo grado, l’appellante Zimel- li Lorenzo Maria va condannato, in ragione della soccombenza, al pagamento delle spese del pre- sente grado di giudizio, che si liquidano come in dispositivo.

P.q.m., la Corte dei conti, Sezione II giurisdizio- nale centrale d’appello, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, respinge l’appello proposto dal sig.

Zimelli Lorenzo Maria avverso la sentenza della Se- zione giurisdizionale Regione Lazio, 6 luglio 2011, n. 998.

I

581 – Sezione II centrale d’appello; sentenza 8 set- tembre 2017; Pres. Imperiali, Est. Padula, P.M.

de Petris; Cinelli e altri c. Proc. reg. Lazio.

Conferma Corte conti, Sez. giur. reg. Lazio, 27 aprile 2011, n. 685.

Responsabilità amministrativa e contabile – Enti privati no profit – Amministratori – Indebita

(4)

percezione di finanziamenti europei – Danno erariale.

C.g.c., art. 1; l. 14 gennaio 1994 n. 20, disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti, art. 1.

Responsabilità amministrativa e contabile – Enti privati no profit – Amministratori – Indebita percezione di finanziamenti europei – Pro- va – Fatti inidonei ad integrare il reato di truf- fa o altri reati – Irrilevanza – Violazione della convenzione in base alla quale i fondi sono sta- ti erogati – Sufficienza.

C.g.c., art. 95.

Sussiste la responsabilità amministrativa degli amministratori (nella specie, presidente e vice pre- sidente) di un ente no profit per il danno cagionato alla regione dall’aver ottenuto, mediante la presen- tazione di documentazione falsa, finanziamenti eu- ropei in relazione all’attuazione di progetti di for- mazione professionale non svolti o realizzati solo in parte, con ciò sottraendo i fondi stessi allo scopo cui erano destinati. (1)(1)

Nel giudizio di responsabilità amministrativa nei confronti di un ente privato e dei suoi amministrato- ri che abbiano illecitamente percepito fondi europei,

(1-8) I. - Con riferimento alle massime (1)-(4), sulla respon- sabilità erariale di soggetti privati per l’illecita percezione di contributi europei erogati a sostegno di settori economici, v., di recente, Corte conti, Sez. app. reg. Sicilia, 27 febbraio 2017, n.

43, in questa Rivista, 2017, fasc. 1-2, 362, con nota di richiami, per cui sussiste la responsabilità amministrativa del soggetto privato che, pur non essendo iscritto quale imprenditore agri- colo nel registro delle imprese presso la camera di commercio, abbia percepito contributi europei (nella specie, per il sostegno all’agricoltura), falsamente attestando la qualifica di agricoltore (in motivazione, si precisa che è configurabile quale presuppo- sto della responsabilità amministrativa un rapporto di servizio tra la pubblica amministrazione e i soggetti privati che, ponendo in essere i presupposti per l’illegittima percezione di contributi da essa erogati per specifiche finalità, abbiano frustrato lo scopo perseguito dall’amministrazione).

Con riferimento alla responsabilità amministrativa di sog- getti privati che abbiano illecitamente utilizzato contributi pub- blici erogati per la realizzazione di specifici programmi nell’am- bito dei fini propri dell’amministrazione, v., da ultimo, Corte conti, Sez. giur. reg. Abruzzo, 29 marzo 2017, n. 37, ibidem, 393, con nota di richiami, secondo cui sussiste la responsabilità amministrativa del presidente e dell’amministratore delegato di una associazione imprenditoriale che abbiano illecitamen- te utilizzato le risorse del “fondo paritetico interprofessionale nazionale per la formazione continua”, alimentato anche dal bilancio statale, destinandole a finalità diverse dalla formazione professionale del personale (nella specie, i responsabili dell’or- ganizzazione di corsi di formazione, finanziati a beneficio delle imprese e dei lavoratori aquilani colpiti dal sisma del 6 aprile

non rileva, ai fini dell’accertamento della responsa- bilità, la inidoneità dei fatti materiali ad integrare la fattispecie di truffa o altro reato, essendo sufficien- te la prova della violazione, da parte dei convenuti, della convenzione in base alla quale i fondi sono sta- ti erogati (nella specie, era stato disatteso l’obbligo, previsto nella convenzione, di tenuta delle scritture contabili in modo idoneo a consentire la verifica, da parte dell’amministrazione, della corretta destina- zione delle somme erogate). (2)

2009, avevano utilizzato, nel rendicontare le spese sostenute, artifizi e raggiri al fine di appropriarsi illecitamente di parte dei fondi stessi).

Nel senso che sussiste la responsabilità amministrativa del privato beneficiario di contributi pubblici (erogati, nella specie, a sostegno di iniziative imprenditoriali, nell’ambito del programma operativo regionale 2007-2013), il quale, avendo acquistato determinati beni con tali contributi, li abbia vendu- ti o distratti ad altri scopi prima dello scadere del vincolo di destinazione previsto per gli stessi beni dal disciplinare del fi- nanziamento, v. Corte conti, Sez. giur. reg. Veneto, 20 dicembre 2016, n. 220, ibidem, 466, con nota di richiami.

I.1. - Nella giurisprudenza di legittimità v. Cass., S.U., ord.

31 luglio 2017, n. 18991, ibidem, fasc. 3-4, 486, con nota di richiami, per cui è configurabile un rapporto di servizio tra la pubblica amministrazione erogatrice di un finanziamento sta- tale e i legali rappresentanti di società private beneficiarie dei medesimi (o di coloro che con esse intrattengano un rapporto organico), i quali, disponendo della somma erogata in modo diverso da quello preventivato o ponendo in essere i presupposti per la sua illegittima percezione, abbiano frustrato lo scopo perseguito dall’amministrazione, distogliendo le risorse con- seguite dalle finalità cui erano preordinate; e tanto senza che un’eventuale responsabilità della società o di altri soggetti elida, di per sé sola, quella dei legali rappresentanti stessi, operando il concorso dell’una e dell’altra e applicandosi l’art. 2055 c.c.; e neppure ostandovi la possibilità di costituzione di parte civile, sia perché non è necessario riferire l’art. 75 c.p.c. anche al giudizio contabile, sia perché l’art. 538 c.p.p. può interpretarsi nel senso che al giudice contabile è comunque riservata in via esclusiva la giurisdizione in punto di condanna specifica al risarcimento del danno.

I.2. - Nel senso che sussiste la giurisdizione della Corte dei conti nella controversia avente ad oggetto il risarcimento del danno cagionato da una società privata e dal suo amministratore per aver falsamente attestato l’esecuzione di attività inerenti alla realizzazione di un programma della pubblica amministra- zione finanziato con contributi pubblici, v. Cass., S.U., ord. n.

18991/2017, cit.

I.3. - Sul concorso tra il reato di malversazione ai danni del- lo Stato e quello di truffa nelle ipotesi di illecito conseguimento di erogazioni pubbliche da parte di privati, in ragione dell’au- tonomia delle due fattispecie, v. Cass. pen., S.U., 23 febbraio 2017, n. 20664, ibidem, fasc. 1-2, 634, con nota di richiami.

II. - Con riferimento alla massima (5), nel senso che il giudicato penale di assoluzione con la formula “perché il fat- to non sussiste”, con conseguente applicazione extrapenale

(5)

II

612 – Sezione II centrale d’appello; sentenza 18 set- tembre 2017; Pres. Calamaro, Est. Padula, P.M.

Lombardo; Di Manno e altro c. Proc. reg. Lazio.

Conferma Corte conti, Sez. giur. reg. Lazio, 9 settem- bre 2011, n. 1338.

Responsabilità amministrativa e contabile – So- cietà cooperativa sociale – Amministratore unico – Fondi europei – Attestazioni relative a spese inesistenti della società – Danno erariale.

C.g.c., art. 1; l. 14 gennaio 1994 n. 20, art. 1.

Sussiste la responsabilità amministrativa di una società cooperativa sociale e del suo amministratore unico, i quali, al fine di appropriarsi illecitamente di fondi europei (nella specie, di finanziamenti all’at- tività di formazione), abbiano prodotto attestazioni relative a spese inesistenti, distraendo in tal modo il finanziamento erogato dal perseguimento dei fini pubblici per i quali esso era stato concesso. (3)

III

626 – Sezione II centrale d’appello; sentenza 19 settembre 2017; Pres. Imperiali, Est. Buccarelli, P.M. D’Alesio; Teleservizi s.p.a. e altri c. Proc.

reg. Campania.

Conferma Corte conti, Sez. giur. reg. Campania, 30 maggio 2013, n. 685.

Responsabilità amministrativa e contabile – So- cietà privata – Legale rappresentante – Finan- ziamenti nazionali ed europei – Utilizzo per attività oggettivamente diverse da quelle sta- bilite – Danno erariale.

C.g.c., art. 1; l. 14 gennaio 1994 n. 20, art. 1.

Sussiste la responsabilità amministrativa di una società cooperativa privata e del suo legale rap- presentante per l’irregolare gestione di contributi pubblici (nazionali ed europei) ottenuti per la rea- lizzazione di un determinato progetto (nella specie, per l’inserimento sociale, attraverso il lavoro, di di- soccupati di lunga durata), qualora l’attività svolta dalla società sia risultata oggettivamente diversa da

dell’art. 652 c.p.p. (per cui la sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha, quanto all’accertamento che il fatto non sussiste, efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risar- cimento del danno promosso dal danneggiato), richiede, in sede di giudizio di responsabilità amministrativa, una valutazione

quella inerente al progetto e di valore inferiore ri- spetto a quella pattuita con l’amministrazione. (4)

IV

634 – Sezione II centrale d’appello; sentenza 21 set- tembre 2017; Pres. Imperiali, Est. Padula, P.M.

Impeciati; Amati c. Proc. reg. Lazio.

Riforma Corte conti, Sez. giur. reg. Lazio, 15 febbra- io 2011, n. 279.

Processo contabile – Rapporti con il giudizio pe- nale – Sentenza penale di assoluzione “perché il fatto non sussiste” – Rilevanza nel giudizio di responsabilità amministrativa – Esclusione.

Cost., art. 103; c.p.p., art. 578; c.g.c., art. 106.

Responsabilità amministrativa e contabile – So- cietà cooperativa sociale – Finanziamenti eu- ropei – Opere corrispondenti a quelle previste

della sua motivazione, poiché la formula “il fatto non sussiste”, pur escludendo la responsabilità penale, può non escludere la sussistenza di un’ipotesi di danno erariale, v. Corte conti, Sez.

giur. reg. Friuli-Venezia Giulia, 18 settembre 2013, n. 62, ivi, 2013, fasc. 5-6, 430.

Con riferimento alla rilevanza, nel giudizio di responsabi- lità amministrativa, della sentenza penale di assoluzione con la diversa formula “perché il fatto non costituisce reato”, v., da ultimo, Corte conti, Sez. I centr. app., 23 febbraio 2017, n. 60, ivi, 2017, fasc. 1-2, 305, con nota di richiami (sub II), secondo cui l’assoluzione penale per il delitto di abuso di ufficio perché

“il fatto non costituisce reato” non impedisce l’esercizio dell’a- zione di responsabilità amministrativa per i fatti accertati nel giudizio penale, comunque soggetti ad autonoma valutazione da parte del giudice contabile, poiché per il menzionato reato la responsabilità penale è prevista solo a titolo di dolo, mentre per la sussistenza della responsabilità amministrativa è sufficiente una condotta gravemente colposa.

III. - Non constano precedenti sulla massima (6).

IV. - Con riferimento alla massima (7), nel senso che sussiste la giurisdizione della Corte dei conti sulla domanda della procura contabile per la restituzione alla Commissione europea delle somme erogate in via diretta e illecitamente per- cepite, giacché l’azione di risarcimento dei danni erariali e la possibilità per le amministrazioni interessate di promuovere le ordinarie azioni civilistiche di responsabilità restano – anche quando investano i medesimi fatti materiali – reciprocamente indipendenti, integrando le eventuali interferenze tra i giudi- zi una questione di proponibilità dell’azione di responsabilità innanzi al giudice contabile e non di giurisdizione, v., citata in motivazione, Cass., S.U., ord. 10 settembre 2013, n. 20701, ivi, 2013, fasc. 5-6, 556, con nota di richiami.

Nella giurisprudenza contabile, nel senso che non sussiste alcun nesso di pregiudizialità tecnica del processo ammini- strativo rispetto al giudizio di responsabilità amministrativa innanzi alla Corte dei conti, pur se entrambi i giudizi siano

(6)

dal progetto finanziato – Danno erariale – In- sussistenza.

C.g.c., art. 1; l. 14 gennaio 1994 n. 20, art. 1.

Processo contabile – Rapporti con il giudizio am- ministrativo e con il giudizio civile – Illecita percezione di contributi europei da parte di privati – Coesistenza del giudizio di responsa- bilità amministrativa con il giudizio ammini- strativo e con il giudizio civile – Ammissibilità.

Cost., art. 103; c.g.a., art. 1; c.g.c., art. 1; Tfue, art.

325.Responsabilità amministrativa e contabile – So- cietà cooperativa sociale – Finanziamenti eu- ropei – Convenzione con l’amministrazione pubblica – Irregolarità della documentazio- ne – Danno erariale.

C.g.c., art. 1; l. 14 gennaio 1994 n. 20, art. 1.

La sentenza penale di assoluzione con la formula

“perché il fatto non sussiste” non fa stato nel giudi- zio di responsabilità amministrativa, qualora i fatti contestati in tale giudizio, benché connessi a quelli che abbiano dato luogo all’assoluzione, non abbia- no formato oggetto del giudizio penale. (5)

Non sussiste danno erariale nel caso in cui una società cooperativa sociale, beneficiaria di finan- ziamenti europei per la bonifica di terreni agricoli, abbia realizzato opere che l’amministrazione abbia riconosciuto qualitativamente e quantitativamente corrispondenti a quelle per le quali il finanziamento stesso era stato erogato. (6)

In caso di illecita percezione, da parte di privati, di contributi erogati dall’Unione europea, l’oggetto del giudizio di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti è del tutto diverso rispetto sia a quello ammi- nistrativo, finalizzato alla verifica della legittimità dell’atto amministrativo di concessione del contri- buto, sia a quello civile promosso dall’amministra- zione nei confronti dei soggetti ritenuti responsabili;

né la coesistenza della azioni comporta un vulnus all’art. 325 del Trattato sul funzionamento dell’Ue (già art. 280 del Trattato Ce), il quale stabilisce che gli interessi finanziari europei sono assimilati a quel-

basati sui medesimi fatti storici, atteso che il primo riguarda la legittimità degli atti, mentre il secondo concerne la liceità dei comportamenti e la loro efficienza causale rispetto a un danno erariale, v., da ultimo, Corte conti, Sez. III centr. app., 15 giugno 2017, n. 303, in questo fascicolo, 368, con nota di D. Morgante.

In generale, nel senso che i rapporti tra giudizio penale e giudizio di responsabilità amministrativa (come anche i rapporti fra giudizio penale e giudizio civile) sono governati, anche quando l’uno e l’altro investono un medesimo fatto materiale, dai principi dell’autonomia e della separatezza, v. Cass., S.U.,

li nazionali e che gli Stati organizzano, assieme alla Commissione, una stretta e regolare cooperazione tra le autorità competenti, atteso che detti principi comportano che gli Stati sono tenuti a porre in es- sere ogni azione di diritto amministrativo, tributario o civile, diretta a recuperare le risorse, a sanzionare le violazioni e ad ottenere il risarcimento del danno, non interferendo sulla scelta dei singoli Stati di uti- lizzare gli specifici diversi rimedi. (7)

Sussiste la responsabilità amministrativa di una società cooperativa sociale, beneficiaria di finanzia- menti europei per interventi strutturali su fondi agri- coli, qualora, all’esito di verifiche amministrative, non sia risultata, su detti fondi, l’esistenza di beni riportati nei resoconti consuntivi, presentati dalla società alla pubblica amministrazione erogante, re- lativi alla gestione dei finanziamenti ricevuti (nella specie, l’atto di concessione obbligava il beneficia- rio a non sostituire per cinque anni le attrezzature acquistate con i fondi ricevuti, ma una verifica della Guardia di finanza, avvenuta nel quinquennio dal collaudo, aveva accertato la mancanza delle attrez- zature stesse). (8)

I

Sez. II centr. app., 8 settembre 2017, n. 581 Fatto – Con la sentenza indicata in epigrafe la Se- zione giurisdizionale Regione Lazio ha condannato i signori Cinelli Filogonio e Grande Stefano, nonché l’Agenzia orientamento e apprendimento (Agora) in persona dei legali rappresentanti, al pagamento, in solido tra loro, della somma complessiva di euro 541.035,40, oltre interessi legali dalla data di deposi- to della sentenza fino al soddisfo e spese di giustizia.

La vicenda che aveva interessato la procura re- gionale riguardava l’indebita percezione di contribu- ti comunitari; dagli accertamenti svolti dalla Guardia di finanza era emerso che, nell’ambito una vasta rete di enti no profit, creati al solo scopo di accedere ai finanziamenti europei e di lucrare sul regime fiscale delle onlus, Agora presentava documentazione falsa o riferita a prestazioni inesistenti per accedere ai fon- di Fse per progetti di formazione professionale non svolti o realizzati solo in parte.

L’organo requirente, nel contestare al presiden- te Cinelli e al vice presidente e cassiere Grande il danno erariale in euro 541.035,40, evidenziava che

21 maggio 2014, n. 11229, ivi, 2014, fasc. 3-4, 526, con nota di richiami, e, nella giurisprudenza penale, Cass. pen., Sez. IV, 16 marzo 2017, n. 35205, ivi, 2017, fasc. 3-4, 546, con nota di richiami.

(7)

l’importo era pari alla somma dei finanziamenti con- cessi e poi revocati dalla regione, che aveva avviato le operazioni di recupero, con riferimento ai proget- ti nn. 8913, 9110, 9278 e a 8 percorsi voucher, nn.

16307, 16398, 2432, 5746, 5749, 5782, 5786 e 5858.

La sezione regionale ha disposto con ord. n.

13/2010 un supplemento istruttorio al fine dell’ac- quisizione degli atti relativi alle modalità della con- cessione dei finanziamenti e di tutti gli atti e i prov- vedimenti riguardanti le revoche degli stessi; quindi con la sentenza impugnata ha dichiarato la propria giurisdizione; rigettato l’eccezione di difetto di legit- timazione passiva sollevata dal Grande; riconosciuto la responsabilità gravemente colposa dei convenuti per il contestato danno erariale. (Omissis)

Diritto – In via pregiudiziale si osserva che sulla questione oggetto del giudizio, concernente la re- sponsabilità amministrativa dei privati percettori di contributi comunitari, si è formato il giudicato im- plicito sulla giurisdizione, avendo il giudice di primo grado deciso nel merito, senza che la sentenza sia stata impugnata sul punto della giurisdizione.

Si richiama, in proposito, la consolidata giuri- sprudenza della Suprema corte, per la quale l’art.

37 c.p.c., secondo cui il difetto di giurisdizione “è rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo”, deve essere applicato tenendo conto dei principi di economia processuale e di ragionevo- le durata del processo. Ne consegue, secondo detta ricostruzione ermeneutica, che, poiché una statuizio- ne di merito comporta una pronunzia implicita sulla giurisdizione, la stessa non può, in assenza di una specifica impugnazione, essere sindacata d’ufficio da parte del giudice dell’impugnazione (S.U., 9 otto- bre 2008, n. 24883; 16 settembre 2010, n. 19579; 22 aprile 2013, n. 9693).

Si precisa che l’appellante deve prospettare tutte le censure con l’atto di appello e non può aggiungere nulla in successivi atti, poiché l’atto introduttivo del giudizio di appello consuma definitivamente il diritto di impugnazione fissando i limiti della devoluzione della controversia in sede di gravame, in conseguen- za della necessaria specificità dei motivi ex art. 342 c.p.c. (Cass. 27 giugno 2002, n. 9378, e numerosi precedenti ivi richiamati).

A tutto concedere, osserva il collegio che l’ecce- zione è infondata, tenuto conto che consolidata giuri- sprudenza delle Sezioni unite ha espresso il principio secondo il quale “1) tra l’amministrazione erogante e la persona fisica o giuridica destinataria della risorsa pubblica si instaura un rapporto di servizio di tipo funzionale o addirittura semplicemente un rappor-

to di fatto, che, in tutti i casi di indebita percezio- ne, distrazione o cattiva utilizzazione, per la natura del danno arrecato all’ente pubblico risulta idoneo a radicare la giurisdizione della Corte dei conti di cui al r.d. n. 1214/1934, artt. 13 e 52; 2) detto rapporto e la conseguente giurisdizione contabile si estendo- no anche alle persone fisiche che abbiano diretto o rappresentato o amministrato” l’ente, “comunque incidendo sulla realizzazione del programma impo- sto dalla pubblica amministrazione” (Cass., S.U., 10 settembre 2013, n. 20701, che cita n. 295/2013; nn.

5019 e 9963/2010; n. 20434/2009).

Va precisato che anche per i cosiddetti “corsi voucher”, il gestore dei corsi di formazione è piena- mente coinvolto nell’organizzazione della formazio- ne finanziata con risorse pubbliche (Corte conti, Sez.

I centr. app., 28 luglio 2015, n. 458).

Per quanto riguarda il primo motivo di appello si osserva innanzitutto che effettivamente, come rileva- to dalla Procura generale, il contenuto della specifica deduzione, volta a far valere il difetto di legittima- zione passiva del Grande, pone in evidenza una pos- sibile situazione di conflitto di interessi rispetto alla posizione del Cinelli, che, in caso di accoglimento dell’eccezione, risulterebbe unico responsabile quale rappresentante della associazione.

Senonché va rilevato che dal conferimento del mandato ad uno stesso difensore non può farsi deri- vare automaticamente l’effettività del conflitto, che va verificata in concreto (Cass. 25 giugno 2013, n.

15884, e precedenti ivi richiamati; 29 gennaio 2016, n. 1721).

Dalle risultanze processuali è emerso che la po- tenziale contrapposizione degli interessi è stata supe- rata; infatti la deduzione era stata proposta nel primo grado di giudizio dallo stesso avvocato costituito in appello, che difendeva i tre convenuti, e il Cinelli ha conferito nuovamente il mandato al medesimo pro- curatore in sede di gravame, non ritenendo, eviden- temente, di aver subito un pregiudizio dalla condotta difensiva del Grande.

In ogni caso la questione recede in considerazio- ne dell’infondatezza del motivo.

Infatti, ai sensi dell’art. 38 c.c., come è noto, ri- spondono delle obbligazioni sia il fondo comune che i rappresentanti che le hanno assunte; inoltre rispon- dono delle obbligazioni tutti coloro che, pur non ri- vestendo detto ruolo, agiscono “in nome e per conto”

dell’associazione.

Il Grande ha agito come legale rappresentante della predetta associazione, apponendo la firma sugli atti, in quanto effettivamente abilitato a spendere il

(8)

nome dell’ente (v. Cass., Sez. lav., 2 agosto 2003, n.

11772, e 16 maggio 2000, n. 6350), come conferma- to dalla nota in atti dell’Agora n. 26 del 27 febbra- io 2006 a firma del suddetto rappresentante legale, in cui si esplicita che “il sig. Stefano Grande, vice presidente dell’associazione, è persona autorizzata a rappresentare l’ente presso gli uffici regionali”. Egli inoltre era delegato a compiere “in nome e per conto del cliente” le operazioni relative ai conti correnti ac- cesi presso la Banca Intesa, come da deleghe del 17 dicembre 2005 in atti.

Va comunque evidenziato, in disparte l’appli- cazione dell’art. 38 c.c. e in un’ottica puramente pubblicistica, che secondo la giurisprudenza della Cassazione, con riferimento ai “fatti commessi da amministratori o rappresentanti legali dell’ente pri- vato destinatario dei contributi pubblici, distratti ir- regolarmente dal fine pubblico cui erano destinati”,

“non rileva neppure che il rapporto formale sussista tra detto soggetto e l’ente destinatario del contribu- to”, essendo “sufficiente che taluno, pur senza aver- ne i poteri, si sia comunque ingerito, anche in via di fatto, nella gestione di tali sostanze” (Cass., S.U., 27 aprile 2010, n. 9966; 26 gennaio 2011, n. 1781).

Nel delineato profilo, osserva il collegio, è emer- so dalle indagini della Guardia di finanza un coin- volgimento precipuo del Grande nella vicenda, in considerazione della funzione di vice presidente-rap- presentante dell’Agora e di gestore della cassa.

Nel verbale redatto dalla Guardia di finanza in data 16 novembre 2005 si riporta la seguente dichia- razione del Cinelli circa le modalità di incasso delle fatture: “Non sono in grado di riferire, in quanto di ciò si è sempre occupato […] Grande Stefano […]

che nell’ambito dell’Agora svolge le mansioni di vice presidente e tesoriere”. Il medesimo Grande di- chiarava: “Tutte le fatture emesse nei confronti dello […] ci sono state pagate per contanti”, aggiungendo precisazioni circa l’utilizzo degli incassi, così so- stanzialmente confermando l’indicazione del Cinelli circa le mansioni espletate.

Anche il secondo motivo è infondato.

Sottolinea il collegio, innanzitutto, che le som- me oggetto del contributo sono state destinate ad iniziative private, ma con la finalità di realizzazione dell’interesse collettivo tutelato, nell’ambito dell’im- piego delle risorse Por, Ob. 3, Fse 2000-2006, dalla normativa regionale.

Il vincolo di scopo, sotteso agli aiuti in questio- ne, è consistito nello “sviluppo della formazione continua” a vantaggio della “flessibilità del merca- to del lavoro” e della “competitività delle imprese”

(determinazione del direttore regionale n. 3345 del 12 agosto 2004, pubblicato sul B.u.r. Lazio n. 25 del 10 settembre 2004, suppl. ord. n. 7, recante l’avvi- so pubblico della suddetta misura, annualità 2003- 2004; analoghe finalità erano contenute nella delibe- ra giuntale n. 857 del 19 settembre 2003, pubblicata sul B.u.r. Lazio n. 30 del 30 ottobre 2003, suppl. ord.

n. 1, annualità 2002-2003).

È evidente come la Agora abbia inciso negati- vamente sulle modalità del programma posto dalla pubblica amministrazione, alla cui realizzazione era stata chiamata a partecipare con l’atto di concessione del contributo (Cass., S.U., 1 marzo 2006, n. 4511), dichiarando, con riferimento ai progetti nn. 8913, 9110 e 9278, di “accettare integralmente le condizio- ni espresse nella convenzione tipo allegata all’avvi- so” (unita alle comunicazioni di inizio attività). Nel- le convenzioni, il cui schema era allegato all’avviso pubblico, si poneva l’obbligo del soggetto attuatore

“di consentire l’esatta visione della destinazione data ai finanziamenti assegnati”, di tenere “tutte le regi- strazioni presso la sede di svolgimento delle attività o previa comunicazione presso altra sede del sogget- to”, di “inviare puntualmente alla Regione Lazio le certificazioni trimestrali e annuali della spesa soste- nuta consapevole della propria responsabilità relati- vamente al pregiudizio che un invio non puntuale dei dati può arrecare all’ente pubblico”.

Dalle relazioni della Guardia di finanza del 6 dicembre 2006, 15 giugno 2006 e 31 agosto 2005, dal verbale di verifica della Regione Lazio del 20 aprile 2006 e dalle note della regione 23 febbraio 2010, n. 25824/41/02, 26 aprile 2006, n. 50229, 6 giugno 2006, nn. 66376 e 66377, sono emerse gravi irregolarità, quali la presenza ai corsi in alcuni casi di pochissimi allievi; l’utilizzo per le operazioni di pagamento dei contanti senza rispettare il requisito della tracciabilità, rendendo impossibile riconciliare i pagamenti indicati nei registri cronologici di spesa con i prelievi e, quindi, di verificare la congruità dei flussi finanziari; l’affidamento della funzione di co- ordinatore in contemporanea alla medesima persona per corsi differenti.

Con specifico riferimento ai cosiddetti “corsi voucher”, attivati successivamente all’emissione della determinazione dirigenziale n. D5164 del 25 novembre 2004 concernente l’avviso per l’erogazio- ne dei voucher stessi, l’organizzazione dei percorsi formativi prevedeva la previa raccolta delle adesio- ni dei discenti mediante compilazione di un model- lo, approvato con la determinazione dirigenziale n.

D5384 del 2 dicembre 2004, scaricabile on line dal

(9)

catalogo regionale gestito da Laziodisu, ente stru- mentale della regione.

In tale meccanismo, precisa il collegio, l’annota- zione delle presenze al corso nell’apposito registro, contenente le firme degli alunni, originava la con- cessione del finanziamento all’ente erogatore della formazione. Senonché nei casi delle revoche dei contributi le irregolarità hanno riguardato proprio la mancanza dei registri, oltre a prelevamenti di denaro non giustificati.

Va precisato che l’inidoneità dei fatti materiali ad integrare la fattispecie del reato di truffa o di altro reato non assume rilievo nel giudizio contabile di danno, nell’ambito del quale sono significativi an- che i profili di irregolarità rispetto alle prescrizioni contenute nella normativa di settore, essendo il be- neficiario chiamato a partecipare al programma col- legato con la concessione del contributo attenendosi alle previste modalità di esecuzione.

Di converso, al fine di ritenere integrata la con- dotta produttiva di danno erariale, è sufficiente, tra le altre irregolarità, l’aver disatteso l’obbligo, previ- sto nella convenzione di cui ai tre progetti nn. 8913, 9110, 9278, di tenuta delle scritture contabili nel modo idoneo a consentire la verifica della destina- zione dei finanziamenti alla realizzazione dell’obiet- tivo di interesse pubblico. Detto obbligo sussisteva, anche nei precorsi voucher, a carico dell’ente percet- tore dei contributi, assoggettato, per il ruolo centrale svolto da quest’ultimo nell’ambito del programma di interesse pubblico, ai vincoli volti ad assicurare la corretta e veritiera gestione delle risorse pubbliche.

È appena il caso di evidenziare che per il presente giudizio non rilevano le conseguenze per l’Agora de- rivate dalla revoca dell’accreditamento disposta da parte della regione.

La condotta degli appellanti è connotata da colpa grave, che attinge sia l’associazione che coloro che hanno agito per essa, per la violazione di obblighi di servizio dei quali erano consapevoli.

Per quanto riguarda l’asserito concorso di colpa della Regione Lazio, la deduzione si presenta generi- ca, non essendo state indicate circostanziate condotte ascrivibili ad altri soggetti causative del pregiudizio contestato.

Per il mancato rispetto degli impegni derivanti dalla percezione dei finanziamenti il danno erariale è stato correttamente quantificato nella sentenza impu- gnata nell’intero importo dei contributi erogati.

Per quanto riguarda il rilievo della procura se- condo cui la condanna avrebbe dovuto essere pro- nunciata per quote e non via solidale, osserva il col-

legio che il disposto della sentenza non può essere modificato, in mancanza di un apposito motivo sul punto da parte degli appellanti, soccombenti in ordi- ne alla statuizione.

La notevole gravità dell’elemento soggettivo non consente l’esercizio del potere riduttivo.

L’esistenza dell’utilitas, inoltre, richiede apposi- ta dimostrazione da parte del deducente, nella specie non fornita.

Confermata la condanna alle spese stabilita nel giudizio di primo grado, gli appellanti vanno con- dannati, in ragione della soccombenza, al pagamen- to, in parti uguali, delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano come in dispositivo.

P.q.m., la Corte dei conti, Sezione II giurisdizio- nale centrale, disattesa ogni altra istanza ed eccezio- ne, respinge l’appello proposto da Cinelli Filogonio, Grande Stefano e Agenzia orientamento e appren- dimento (Agora) avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale Regione Lazio, 27 aprile 2011, n.

685.

II

Sez. II centr. app., 18 settembre 2017, n. 612 Fatto – Con la sentenza indicata in epigrafe la Sezione giurisdizionale Regione Lazio ha condan- nato la Società cooperativa sociale “La Giosa” a r.l.

e il sig. Franco Di Manno a risarcire, in solido tra loro, la Regione Lazio della somma di euro 600.000 comprensiva di rivalutazione monetaria e la Provin- cia di Latina della somma di euro 8.580,78 con ag- giunta della rivalutazione monetaria dall’erogazione dei contributi al giorno del deposito della sentenza, oltre, da quest’ultima data, agli interessi legali sino al soddisfo.

La vicenda che aveva interessato la procura re- gionale riguardava l’indebita percezione da parte della cooperativa “La Giosa” di finanziamenti pub- blici. Dagli accertamenti svolti dalla Guardia di fi- nanza era emerso che, attraverso la costituzione di plurime società, venivano presentate false attesta- zioni di spesa riferite a prestazioni inesistenti, per accedere ai finanziamenti europei per attività di for- mazione, mai svolta o realizzata solo in parte o con modalità diverse.

L’organo requirente, nel contestare il danno era- riale in euro 763.073,54, evidenziava che esso cor- rispondeva alla somma dei finanziamenti concessi e poi revocati in tutto dalla regione (4 corsi finanziati per euro 604.732,76 e 2 con rilascio di voucher per

(10)

euro 149.760) e in parte dalla provincia (2 corsi per euro 8.580,78).

I primi giudici hanno riconosciuto la responsa- bilità dolosa dei convenuti per il contestato danno erariale, condannando “La Giosa” e il Di Manno, in proprio e nella qualità di presidente della Società cooperativa, a risarcire la Regione Lazio, previa de- curtazione equitativa della somma contestata, con- siderato che taluni corsi erano stati effettuati; il ri- sarcimento in favore della provincia è stato disposto invece per l’intero importo contestato. (Omissis)

Diritto – In via del tutto pregiudiziale va di- sposta, in rito, la riunione degli appelli, ai sensi del combinato disposto degli artt. 335 c.p.c. e 26 r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, essendo stati prodotti entrambi avverso la stessa sentenza.

Con il primo motivo gli appellanti hanno lamen- tato l’insussistenza e la superficialità della motiva- zione, che avrebbe impedito di ricostruire il percorso logico giuridico attraverso il quale il giudice è giunto alla decisione, determinandone la nullità.

La sentenza laziale, pp. 3, 4, 5 e 6 si sarebbe li- mitata a “riportare” quanto scritto dal procuratore,

“senza valutarlo” e a “apprezzare” la relazione della Guardia di finanza, senza entrare “nel merito”.

Il motivo è infondato.

La sentenza non manca delle argomentazioni di fatto e di diritto atte a rilevare le ragioni della deci- sione, fermo restando che il disposto di cui all’art.

132 c.p.c., non richiede la redazione della motivazio- ne come trascrizione e commento dei verbali e degli atti di causa sulle cui emergenze è basata; soddisfa il requisito della adeguata motivazione il riferimento logico e coerente a quelle, tra le prospettazioni del- le parti vagliate nel loro complesso, che siano state ritenute di per sé sole idonee e sufficienti (Cass. 12 aprile 2011, n. 8294). Inoltre il giudice “ha la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal pro- posito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrile- vante” (Cass., Sez. lav., 15 luglio 2009, n. 16499).

Nella specie non ricorre alcuni vizio della moti- vazione, essendo enucleati nella pronuncia tutti gli elementi di valutazione fondanti l’iter logico seguito per affermare il perfezionamento della responsabilità dei convenuti.

La sentenza impugnata ha evidenziato gli ele- menti essenziali dell’atto introduttivo e della relazio- ne della Guardia di finanza ed ha formato il proprio convincimento secondo cui la cooperativa sociale

convenuta aveva percepito i contributi pubblici, li- quidati dalla Regione Lazio e dalla Provincia di La- tina, ponendo in essere “fittizie attività economiche, con emissione di fatture maggiorate o relative ad operazioni inesistenti”.

A tale valutazione la sezione regionale è perve- nuta a seguito della attenta disamina della relazione trasmessa alla procura regionale dalla Guardia di fi- nanza-Compagnia di Fondi con nota del 4 dicembre 2007, circa gli elementi di “irregolarità”, confermati anche dalla Regione Lazio.

Due socie comparivano “come docenti o co-do- centi, oppure con compiti di direzione o supervisione o semplici accompagnatrici a stages; in questo in- terscambio di ruoli hanno incassato varie fatture per attività di docenza mai svolte, come attestato dalle dichiarazioni di numerosi frequentatori dei corsi”;

esisteva nei rapporti con la ditta Agriform@t e con l’Associazione Psicomed onlus “una serie di trian- golazioni economiche, consistite in uno scambio di fatture fiscali per centinaia di migliaia di euro, con lo scopo di creare e/o maggiorare costi in capo alla medesima cooperativa” e di “locupletare contributi nazionali e comunitari”, effettuando “in maniera dif- forme al dichiarato, corsi di formazione non tenuti o tenuti con modalità sicuramente diverse”, oppure fatturando “costi e spese di gestione irreali”.

La sezione ha trovato riscontro nelle specifiche indicazioni contenute nella relazione citata della Guardia di finanza (fatture riportate dal foglio 23 in poi del processo verbale di constatazione; consulen- ze mai effettuate, acquisto di libri e pubblicazioni da parte della Agriform@t, con ricarichi dal 50 per cento al 100 per cento, rivenduti alla cooperativa La Giosa; affitto fittizio dei locali di quest’ultima alla Agriform@t).

Osserva il collegio che tutto il materiale relativo ai progetti, esaminato nel dettaglio dei singoli corsi dalla Guardia di finanza ed elencato minuziosamente nell’allegato n. 1 della relazione suindicata, era ben conosciuto dagli appellanti che lo hanno esibito in occasione delle verifiche in sede e avrebbe potuto es- sere oggetto di eventuali specifiche deduzioni; inol- tre i corsi voucher e i progetti di formazione sono stati specificamente indicati, con i numeri di codice e l’oggetto, nell’atto di citazione.

Gli appellanti hanno anche evidenziato che la motivazione è contradittoria e illogica, in quanto il giudice ha ritenuto che tutti i contributi fossero da restituire, come se i corsi non fossero mai stati tenuti, pur avendo ammesso, a p. 8, che “una qualche attivi- tà di formazione” era stata effettuata e che era stata

(11)

prodotta dal Di Manno documentazione “anche per corsi non oggetto del giudizio”, così riconoscendo che parte di essa concerneva proprio i corsi conte- stati.

Non rinviene il collegio la contraddittorietà-ill- ogicità evidenziata dall’appellante.

Innanzitutto va evidenziato che è stato disatteso il dovere di tenuta delle scritture contabili nel modo idoneo a consentire la verifica della destinazione dei finanziamenti alla realizzazione dell’obiettivo di in- teresse pubblico (nell’ambito dell’impiego delle ri- sorse Por, Ob. 3, Fse 2000-2006) di sviluppo della formazione ai fini di inserimento degli aderenti nel mondo del lavoro.

Appurato il mancato rispetto degli impegni de- rivanti dalla percezione dei finanziamenti, il danno erariale è stato correttamente quantificato nella sen- tenza impugnata nell’intero importo dei contributi erogati. Inoltre la sezione regionale ha sostanzial- mente ritenuto sussistenti i presupposti di cui all’art.

1-bis l. 14 gennaio 1994, n. 20 nel testo modificato dal d.l. 23 ottobre 1996, n. 543 convertito dalla l. 20 dicembre 1996, n. 639 a termini del quale nel giudi- zio di responsabilità deve tenersi conto dei vantaggi comunque conseguiti dall’amministrazione.

Era risultato, infatti, che alcuni corsi finanziati dalla regione erano stati realizzati; per quelli finan- ziati dalla provincia il danno è stato confermato in quanto già quantificato dalla procura regionale sulla base dei costi ritenuti non ammissibili.

La quantificazione dei costi sostenuti per l’atti- vità di formazione svolta, peraltro “sporadica” ed

“episodica”, anche per la disorganicità della docu- mentazione depositata dai convenuti, non è risultata agevole; pertanto la sezione regionale, ai fini di de- curtazione dal danno complessivo, correttamente si è avvalsa del metodo equitativo.

Con il secondo motivo gli appellanti hanno la- mentato la violazione del diritto di difesa, per la mancanza, nella sentenza, della indicazione degli specifici elementi di fatto (circa le note della Regio- ne Lazio, le fatture false, quelle relative ad opera- zioni inesistenti, i corsi non effettuati), delle norme di legge e dei principi di diritto sui quali si fonda la sentenza.

Ribadisce il collegio che dalla relazione della Guardia di finanza e dalla documentazione allegata erano traibili tutti gli elementi necessari per un’ade- guata difesa.

Aggiungasi che nella sentenza sono stati chia- ramente indicati gli elementi costitutivi della re- sponsabilità sotto il profilo dell’antigiuridicità e

dell’elemento soggettivo (distrazione delle “somme destinate al perseguimento di fini pubblici, con ciò

‘frustrando’ lo scopo della erogazione”; “preordi- nazione alla costituzione di un’artificiosa attività di pseudoformazione, avente l’unico scopo di lucrare indebitamente i contributi”).

Con il terzo motivo gli appellanti hanno rilevato il vizio di illogicità al riguardo di ulteriori afferma- zioni contenute nella sentenza, circa:

- l’essersi la Regione Lazio costituita parte civi- le, il che non sarebbe rispondente al vero, ponendosi dubbi sulle stesse irregolarità;

- l’aver la regione asserito l’esistenza di irregola- rità, quando invece l’ente avrebbe attestato la confor- mità dei corsi, disponendone il pagamento.

Quanto al primo rilievo, osserva il collegio che esso non presenta alcun pregio, in quanto il primo giudice ha solo incidentalmente riferito che le irrego- larità avevano “indotto” la Regione Lazio (chieden- do all’Avvocatura regionale la nomina di un legale:

note del 23 dicembre 2009 e del 3 maggio 2010) a costituirsi nel procedimento penale avviato nei con- fronti del sig. Franco Di Manno, non certo conside- rando la costituzione una prova delle irregolarità.

Il secondo rilievo si presenta generico, conside- rato che la regione con determinazioni dirigenziali del 25 settembre 2007 e del 20 settembre 2008 ha disposto la revoca dei finanziamenti di cui è causa.

Per il complesso delle esposte considerazioni, gli appelli vanno respinti, in quanto infondati, con inte- grale conferma della sentenza impugnata.

Confermata la condanna alle spese stabilita nel giudizio di primo grado, gli appellanti vanno con- dannati, in ragione della soccombenza, al pagamen- to, in parti uguali, delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano come in dispositivo

P.q.m., la Corte dei conti, Sezione II giurisdizio- nale centrale d’appello, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, riunisce gli appelli proposti da Di Manno Franco (n. 42406) e dalla Società cooperativa socia- le “La Giosa” (n. 42427) avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale Regione Lazio, 9 settembre 2011, n. 1338 e li respinge.

III

Sez. II centr. app., 19 settembre 2017, n. 626 Fatto – Con la predetta sentenza la Sezione giu- risdizionale Regione Campania ha condannato Ales- sandro Maria Vecchione e la società Teleservizi It s.p.a. in persona del predetto legale rappresentante

(12)

pro tempore, al pagamento di euro 108.000 ciascuno (compresa la rivalutazione monetaria), a favore della Regione Campania, oltre interessi legali dal deposito della sentenza al soddisfo, e al pagamento in soli- do delle spese di giudizio di euro 2.323,92 a favore dello Stato; ha altresì condannato Ciro Vecchione (presidente del c.d.a. della società e socio di mino- ranza), nonché Francesco Girardi (funzionario della regione responsabile del progetto), al pagamento di euro 27.000 ciascuno a favore della Regione Campa- nia, oltre interessi legali dal deposito della sentenza al soddisfo, e al pagamento in solido delle spese di giudizio di euro 1.758,43, in favore dello Stato. Ha dichiarato la conversione del sequestro in pignora- mento ex art. 686 c.p.c. per le somme di cui ai capi di condanna, rispetto ai convenuti Ciro e Alessandro Maria Vecchione e alla società Teleservizi It s.p.a.

Il danno – azionato al 70 per cento in favore del Ministero del lavoro e al 30 per cento in favo- re della Regione Campania per complessivi euro 1.867.781,21 con atto di citazione del 14 ottobre 2011 – origina dalla irregolare gestione di contributi erogati per un progetto di inserimento sociale attra- verso il lavoro di disoccupati di lunga durata, co-fi- nanziato con fondi comunitari nell’ambito del Por Campania 2000-2006. (Omissis)

Diritto – (Omissis) Quanto al merito, oggetto del giudizio di appello è una fattispecie di danno erariale connesso alla scorretta utilizzazione di finanziamenti pubblici di derivazione comunitaria rispetto ai qua- li, anche in ragione della progressiva modificazione dei moduli operativi della pubblica amministrazione, le stesse attività di sviamento delle risorse pubbliche assumono forme che, oltre a riguardare ipotesi clas- siche e ricorrenti di indebita percezione o di mancata restituzione del finanziamento, attengono, come nel caso, alla valutazione dell’effettiva realizzazione del programma stabilito secondo il regolamento contrat- tuale siglato tra amministrazione e soggetto attuatore.

Sotto questo profilo le violazioni contrattuali imputate alla Teleservizi It e ai suoi amministratori appaiono evidenti con riferimento alla resa di una prestazione oggettivamente diversa – e non solo sul piano formale – e di minor valore rispetto a quella pattuita.

Da rimarcare riguardo a tale specifica conte- stazione, ben più che la modifica soggettiva delle imprese coinvolte nel progetto (venuto meno, pe- raltro, l’accordo con l’associazione imprenditoriale di categoria), il mancato rispetto, in maniera tale da pregiudicare ogni riconoscimento di utilità o di vantaggio che non sia stato già ampiamente remu-

nerato, del limite dimensionale richiesto alle impre- se cui sono stati destinati i lavoratori coinvolti; un inadempimento così rilevante e determinante da fare ritenere che la Teleservizi invece di attendere ad un progetto formativo e di inserimento sociale, abbia, in realtà, modificato unilateralmente l’oggetto con- trattuale e svolto le funzioni di società interinale e di intermediazione nel lavoro usufruendo di risorse evidentemente sproporzionate – oltre che non dovute in rapporto al mutamento della funzione economi- co-sociale del contratto.

A ciò si aggiungono le somme percepite a fronte di palesi illeciti contabili che attengono al dimidiato utilizzo di strumentazione informatica a fronte della sovrafatturazione di spese per il noleggio (dichiarato l’acquisto di 110 computers da società che succes- sivamente ha avuto come amministratore lo stesso Alessandro Maria Vecchione, ma verificata l’acqui- sizione effettiva di soli 55 apparecchi) e la contabi- lizzazione dei costi per alcune docenze che non risul- tano effettivamente espletate.

Il motivo di impugnazione che contrasta l’anti- giuridicità della condotta e la sussistenza del danno è, quindi, infondato.

Quest’ultima considerazione fa cadere ogni dubbio sulla sussistenza dell’elemento psicologico soggettivo nei termini della colpa grave in conside- razione – oltre al fatto che trattasi di inadempimento contrattuale palese come correttamente rilevato dalla sentenza impugnata, per cui spetta al debitore dimo- strare i fatti impeditivi di una prestazione conforme a contratto – della ampiezza delle violazioni riscon- trate al regolamento convenzionale che abbracciano tutti gli aspetti particolari della prestazione concor- data.

Per completezza, in ordine alla specifica posizio- ne del sig. Ciro Vecchione, che pure non è oggetto di puntuale motivo di impugnazione, la sentenza di I grado ha affermato la responsabilità ritenendo esten- sibile la disciplina commerciale di cui agli artt. 2392 e 2933 c.c. secondo i quali l’azione di responsabi- lità ivi contemplata trova fondamento nell’inadem- pimento dei doveri imposti a soci e amministratori deleganti dalla legge o dall’atto costitutivo, ovvero nell’inadempimento dell’obbligo generale di vi- gilanza o dell’altrettanto generale obbligo di inter- vento preventivo e successivo. Tale prospettazione è da condividere in quanto, nel caso, la responsabilità amministrativa oltre a discendere da una investitura formale in compiti di amministrazione (sia pure in forma di delegante), richiede di verificare una orga- nica responsabilità nell’illecita percezione o nello

(13)

sviamento nell’utilizzo delle risorse (Cass., S.U., 1 marzo 2006, n. 4511, e a seguire ex multis, Cass., S.U., n. 20434/2009; n. 5019/2010, n. 10062/2011;

nn. 295, 1774, 20701 e 26935/2013; n. 22114/2014 fino alle più recenti nn. 1515 e 1516 del 27 gennaio 2016).

Anche per le ragioni innanzi esposte, che esclu- dono in radice la possibilità di tenere in (ulteriore) considerazione vantaggi e utilità (peraltro, già detrat- ti dal danno dalla sentenza impugnata), a fronte del generale obbligo di restituzione dell’intero beneficio ogni volta che venga meno la causa legittima della sua concessione, appare da respingere la richiesta di applicazione del potere riduttivo in ordine alla quale gli appellanti non adducono alcun elemento – ester- no alla fattispecie di responsabilità amministrativa pienamente formata e acclarata – che ne giustifichi l’esercizio.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza.

P.q.m., la Corte dei conti, Sezione II giurisdi- zionale centrale d’appello, disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, definitivamente pronunciando rigetta l’appello iscritto al numero di RG 46407 e, per l’effetto, conferma la sentenza della Sezione giurisdizionale Regione Campania, 30 mag- gio 2013, n. 685.

IV

Sez. II centr. app., 21 settembre 2017, n. 634 Fatto – Con la sentenza impugnata la Sezione giurisdizionale Regione Lazio ha condannato il sig.

Amati Matteo, in qualità di presidente della Con- sortium società cooperativa integrata a responsabi- lità limitata s.r.l. nonché la società stessa al risarci- mento del danno in favore della Regione Lazio di euro 59.848,12 (totale di due poste di danno: euro 56.709,56 ed euro 3.138,56), oltre agli interessi dalla data della decisione sino al soddisfo e alle spese di giudizio.

La vicenda di illecito amministrativo-contabile riguardava l’indebita percezione di contributi pub- blici, concessi dall’Agea con due finanziamenti a valere sul fondo di orientamento e garanzia in agri- coltura, Sezione garanzia P.s.r. Lazio 2000-2006, Misura I.1., in relazione a due investimenti presso due aziende agricole, site in Roma, una nella loca- lità Tomba di Nerone, l’altra in Longone Sabino, il cui importo complessivo di euro 211.592,06 (euro 49.411,53 per la prima e euro 162.180,53 per la se- conda) sarebbe stato indebitamente percepito dalla società.

A seguito degli accertamenti della Guardia di fi- nanza, rappresentati in due relazioni finali, la citazio- ne ha evidenziato l’importo dei costi non ammissibili a finanziamento; essi sono stati desunti tenuto conto dell’esistenza di fatture emesse per operazioni inesi- stenti (per l’ammontare in totale di euro 326.123,30:

128.973,30+197.150, rispettivamente per le aziende di Tomba di Nerone e Longone Sabino) e di quelle che presentavano irregolarità di carattere ammini- strativo o erano correlate a beni risultati mancanti (relative all’investimento di Longone Sabino, indi- cate nella citazione in euro 77.172,95, di cui euro 70.034,97 per irregolarità ed euro 7.137,98 per beni mancanti).

La sezione territoriale per quanto riguarda il primo raggruppamento contestato dall’accusa ha confermato, limitatamente all’investimento in Roma, Tomba di Nerone (euro 128.973,30), che le fatture specificatamente indicate nell’atto di ci- tazione attestavano operazioni e attività non svol- te direttamente dalle due società che le avevano emesse, Antillide e C.M.C. 99, ovvero non erano corrispondenti a quelle oggetto del consuntivo.

La sezione regionale ha quindi calcolato il danno, ascritto quantomeno alla colpa grave, nella misura della quota di contributo rapportabile, pari al 43,97 per cento dei costi pari ad euro 128.973,30, ossia in euro 56.709,56.

Per quanto attiene al secondo raggruppamento in contestazione accusatoria, relative all’investimento in Longone Sabino, la sentenza impugnata ha con- fermato l’elemento soggettivo e oggettivo solo per la parte relativa ai beni e le opere mancanti (euro 7.137,98), calcolando il danno, anche in questo caso, nella misura della quota di contributo rapportabile al costo, pari al 43,97 per cento della suddetta cifra, os- sia in euro 3.138,56.

Per il resto, ossia per le spese, sempre per l’inve- stimento in Longone Sabino, correlate a operazioni inesistenti per euro 197.150 (primo raggruppamen- to) e per quelle per le irregolarità documentali per euro 70.034,97 (secondo raggruppamento), il primo giudice, pur confermato l’elemento soggettivo, ha evidenziato la mancanza di prova che le opere a con- suntivo non fossero state realizzate o fossero state re- alizzate in modo diverso da quello rendicontato, con- seguendone la mancanza di danno erariale. (Omissis) Diritto – Prende atto il collegio che l’istanza di sospensione del giudizio per pendenza del procedi- mento penale ha perso di attualità e che, peraltro, nella pubblica udienza del 5 aprile 2016, l’avv. Rosa Sciatta, per gli appellanti, ha dichiarato espressa-

Riferimenti

Documenti correlati

danno (ex multis: Sezione Giur. 76 del 2008); del resto, tutte le misure di sicurezza fanno parte del Diritto penale, sia perché sono previste e disciplinate dal relativo

to alla migrazione dal giudizio civile a quello con- tabile, che la stessa translatio iudicii, pur se voluta dal legislatore in adesione ai principi espressi dalla

ciale e sindacale del Paese, le prospettive per sviluppo e occupazione: in sostanza «vuole ave- re il termometro! sociale dell’Italia, tastare il polso alla gente»,

(...) (testimonianza Maresciallo (...) che aveva smentito l'assunto - nemmeno il Militare aveva capito cosa fosse accaduto quella sera - confermato.. che era sanzione che non

– Con appello incidentale la Procura regionale ha chiesto la riforma dell’impugnata sentenza con riferimento alla statuizione relativa ai soggetti in

2 I medicamenti contenenti sostanze controllate degli elenchi a, d possono essere prescritti ad animali curati ambulatorialmente unicamente mediante la ricetta per stupefacenti..

3) non potrebbe, inoltre, invocarsi, per la declaratoria di nullità, un ipotetico ‘principio di ragionevolezza’, poiché in tal caso la Sezione territoriale avrebbe trascurato di

− palese sproporzionalità per difetto della determinazione del danno. L’appellante, in buona sostanza, lamenta una stringata motivazione a supporto di una, quanto mai,