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La ψυχή dell'eroe nell'Iliade

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica

Corso di Laurea in Filologia e Storia dell’Antichità

Tesi di Laurea Magistrale

La ψυχή dell’eroe nell’Iliade

Relatore:

Candidato:

Prof.ssa Maria Isabella Bertagna

Marta Santoro

Correlatore:

Prof.ssa Margherita Erbì

(2)

1

Indice

Premessa………...

Primo capitolo: la ψυχή nel corpo………

Il. IX 307-322: la ψυχή messa in pericolo in battaglia………..

Il. IX 401-405: quanto vale la ψυχή?...

Il. XXI 562-570: anche Achille è vulnerabile………

Il. XXII 157-166: la posta in palio della corsa di Ettore e Achille………

Il. XXII 248-259: Ettore pronto a combattere………...

Il. XXII 317-329: la furia letale di Achille………

Il. XXII 330-343: la supplica di Ettore………..

Secondo capitolo: la ψυχή fuori dal corpo………

Il. I 1-7: le anime gettate nell’Ade……….

Il. IX 406-416: il destino della ψυχή………..

Il. XXII 355-366: la ψυχή abbandona Ettore……….

Il. XXIII 65-70: la ψυχή di Patroclo in sogno ad Achille………...

Il. XXIII 99-107: la ψυχή nell’Ade………

Terzo capitolo: la ψυχή sulla soglia………..

Il. XXII 460-476: lo svenimento di Andromaca………

Quarto capitolo: analogie e differenze tra la ψυχή ed il θυμός………

Quinto capitolo: i profili degli eroi………...

La ψυχή di Ettore………...

La ψυχή di Achille……….

La ψυχή di Patroclo………

La ψυχή di Andromaca………..

Conclusione………...

Bibliografia………...

(3)

2

Premessa

Il presente lavoro ha come oggetto lo studio della ψυχή nell’Iliade, con la puntuale

analisi di tutte le occorrenze.

L’obiettivo è mostrare come sia possibile giungere a delineare profili degli eroi

secondo la caratterizzazione della loro ψυχή, distinguendo di volta in volta il valore

ed il significato che il termine assume.

A cosa corrisponde esattamente la ψυχή

1

? Il mondo greco è fondamentalmente

diverso dal nostro, ricorda Snell. Lo studioso afferma che la

ψυχή non ha in origine

un legame con l’anima pensante e senziente

2

. In Omero

la

ψυχή è l’anima che “anima”

l’uomo e lo tiene in vita, dunque costituisce il principio vitale senza il quale

l’individuo non sopravvive, ma non ricopre alcun ruolo nella sua esistenza quanto

all’universo psichico. Appare, quindi, evidente che molte delle funzioni

tradizionalmente proprie dell’anima non vengono svolte dalla ψυχή: fino a Platone,

non compare un’entità specifica corrispondente intesa come «centro coordinatore sia

delle funzioni vitali di base che della vita intellettuale ed emotiva», dichiara

Centrone

3

. La ψυχή può lasciare il corpo in maniera definitiva, temporanea, quindi al

momento della morte o dello svenimento

4

. Omero ci descrive il suo allontanamento:

la ψυχή esce dalla bocca, dallo squarcio di una ferita o dagli arti e si dirige all’Ade,

rappresentando l’immagine (εἴδωλον) del defunto. Inoltre può essere messa in gioco

o in pericolo, situazioni in cui ne emerge l’importanza che le viene attribuita.

Cercheremo proprio di capire in quali contesti ψυχή è usato e come Omero connette

il termine ad un lessico ben preciso. Spesso, infatti, la ψυχή è accostata ad altri lemmi

come

μένος, αἰών, φρένες. Di particolare interesse è la relazione con il θυμός che, in

alcuni casi, assume un valore molto vicino a quello di ψυχή.

1 Rohde (1970), I, 6, definisce la ψυχή un «ospite straniero, […] un altro io» che vive all’interno del corpo. L’esistenza di un secondo io sarebbe da collegare ai fenomeni del sogno, del deliquio e dell’estasi. Cfr. pp. 3-9 in cui lo studioso descrive il rapporto la tra la ψυχή ed il corpo.

2 Snell (1963), 28 sgg., ricorda che in Omero manca la parola corrispondente ad “anima” e “spirito”. Sembrerebbe una lacuna nella lingua omerica, ma come per il “corpo”, vengono utilizzate altre voci che possono prendere il posto delle espressioni moderne, pur non avendo lo stesso valore. Quanto al corpo, esso viene concepito come pluralità, insieme di membra, dimostrato anche dalle raffigurazioni nell’arte greca arcaica. Cfr. pp. 24-28 per i vari modi utilizzati per designarlo.

3 Centrone (2015), 151. Lo studioso mette in risalto la difficile ricostruzione dell’evoluzione del termine: evidenzia la complessità relativa al motivo per cui ψυχή, da entità con un ruolo nei processi vitali, sia giunta poi ad indicare l’anima.

(4)

3

Primo capitolo: la ψυχή nel corpo

Il. IX 307-322: la ψυχή messa in pericolo in battaglia

Τὸν δ᾽ ἀπαμειβόμενος προσέφη πόδας ὠκὺς Ἀχιλλεύς·

“διογενὲς Λαερτιάδη πολυμήχαν᾽ Ὀδυσσεῦ,

χρὴ μὲν δὴ τὸν μῦθον ἀπηλεγέως ἀποειπεῖν,

ᾗ περ δὴ φρονέω τε καὶ ὡς τετελεσμένον ἔσται, (310)

ὡς μή μοι τρύζητε παρήμενοι ἄλλοθεν ἄλλος.

ἐχθρὸς γάρ μοι κεῖνος ὁμῶς Ἀΐδαο πύλῃσιν

ὅς χ᾽ ἕτερον μὲν κεύθῃ ἐνὶ φρεσίν, ἄλλο δὲ εἴπῃ.

αὐτὰρ ἐγὼν ἐρέω ὥς μοι δοκεῖ εἶναι ἄριστα·

οὔτ᾽ ἔμεγ᾽ Ἀτρεΐδην Ἀγαμέμνονα πεισέμεν οἴω (315)

οὔτ᾽ ἄλλους Δαναούς, ἐπεὶ οὐκ ἄρα τις χάρις ἦεν

μάρνασθαι δηΐοισιν ἐπ᾽ ἀνδράσι νωλεμὲς αἰεί.

ἴση μοῖρα μένοντι, καὶ εἰ μάλα τις πολεμίζοι·

ἐν δὲ ἰῇ τιμῇ ἠμὲν κακὸς ἠδὲ καὶ ἐσθλός·

κάτθαν᾽ ὁμῶς ὅ τ᾽ ἀεργὸς ἀνὴρ ὅ τε πολλὰ ἐοργώς. (320)

οὐδέ τί μοι περίκειται, ἐπεὶ πάθον ἄλγεα θυμῷ,

αἰεὶ ἐμὴν ψυχὴν παραβαλλόμενος πολεμίζειν.

A lui disse in risposta Achille piè veloce

5

:

“Divino figlio di Laerte, ingegnoso Odisseo,

5 Nei versi precedenti è contenuto il pratico e chiaro ragionamento di Odisseo (224-306), giunto da Achille insieme a Fenice ed Aiace, per tentare di convincere l’eroe a tornare in battaglia. Odisseo comincia col ricordare la condizione disperata degli Achei (229-251), per concludere prospettandogli la possibilità di uccidere Ettore (304-306).

(5)

4

bisogna che io ti dica chiaramente la mia parola,

come la penso e come avrà compimento,

(310)

perché non ciarliate, sedendomi vicini uno qui e l’altro là.

Mi è odioso colui, come le porte dell’Ade,

che una cosa dice e un’altra nasconde in cuore.

Io invece dirò ciò che a me sembra meglio:

penso che non mi persuaderà Agamennone, figlio di Atreo, (315)

e neanche gli altri Danai, poiché non si ha gratitudine

a combattere sempre, incessantemente, con i nemici.

Parte uguale a chi resta fermo e a chi combatte con ardore,

nello stesso onore sono tenuti il vigliacco ed il valoroso;

muore allo stesso modo chi non fa niente e chi ha fatto tanto.

(320)

E a me non resta nulla, dopo aver tanto sofferto

mettendo a repentaglio nella lotta la mia vita senza tregua.

Il IX

6

dell’Iliade ha come tema centrale l’ambasceria ad Achille. I Greci sono

angosciati dopo l’assalto troiano ed Agamennone vorrebbe far ritorno in patria

(16-28). Il capo degli Achei, riconoscendo di aver sbagliato nei confronti di Achille, si

dichiara disposto a restituirgli Briseide, segno tangibile del γῆρας, insieme a ricchi

doni (114-161). Nestore, il più saggio ed anziano tra gli Achei, consiglia di inviare ad

Achille messi scelti

7

per indurlo a tornare in campo (162-172).

6 Questo libro permette il rientro in scena di Achille, fuori dalla vista e dalla mente dalla fine del primo. La sua caratterizzazione viene affinata: appare in contatto con i soggetti a lui più vicini, come Ettore negli incontri con Elena e Andromaca (VI 313-502). Il IX contribuisce particolarmente alla trama etica dell’Iliade. Senza di esso avremmo «a familiar story of heroism», viene ricordato in Hainsworth (1993), 56. Leaf (1960), I, 371, sostiene che «[…] in interplay of character and in glowing rhetoric, the book is unsurpassed in Homer, perhaps in literature». In relazione al rifiuto dell’offerta di Agamennone, «Achilleus is wrong but from an excess of rectitude. He rejects a fair offer, but does so from the highest heroic motives» afferma Hainsworth (1993), 57. Cfr. Ciani, Avezzù (1998), 23-24 per il IX dell’Iliade. 7 Ognuno degli inviati pronuncia un discorso efficace, con stili diversi, si legge in Griffin (1995), 16 sgg. Lo studioso sottolinea che probabilmente sarà esistita una versione dell’episodio in cui i messi

(6)

5

Nella sezione riportata è esposta parte della replica

8

di Achille ad Odisseo. Dal suo

discorso, uno dei più lunghi dell’intero poema, traspare una forte tensione, messa in

risalto da franchezza di espressioni e uno stile apparentemente informale.

L’affermazione iniziale corrisponde ad un elogio della sincerità

9

, attraverso il quale

Achille condanna l’ipocrisia di Agamennone e del suo portavoce Odisseo

10

, verso il

quale appare sospettoso. Achille, però, si dichiara deluso anche da tutti gli altri Danai:

nessuno si è dissociato dal gesto di Agamennone. Non si lascerà persuadere: tutti sono

accomunati dall’ingratitudine nel mancato riconoscimento dei meriti di chi si

distingue in battaglia

11

, che è generalmente nell’Iliade il mezzo per la realizzazione

erano due, dato l’utilizzo del duale in non meno di una dozzina di casi (182-198). Cfr. pp. 22 sgg. per altre difficoltà individuate nel testo e Ferrari (2018), XLIII-XLV.

8 Hainsworth (1993), 99, reputa Achille il più loquace ed impetuoso oratore dell’Iliade. La risposta dell’eroe si articola in quattro parti principali (1: 315-345; 2a: 346-363; 2b: 364-377; 3: 378-416; 4: 417-429), a seguito di una breve introduzione (308-314). Per Griffin (1995), 109, «This is the most splendid speech in Homer, in range and power». È un’esplosione di rabbia accumulata, che si riversa con pathos, ironia, amarezza. Per quanto riguarda lo stile, sono presenti generalizzazioni che occupano un solo verso, domande retoriche, confronti patetici, un abile uso di espressioni brevi accanto a frasi lunghe che si accumulano in una climax. Lo stesso Achille, però, maggiore inventore di similitudini (cfr. 323-324), non convince i suoi ascoltatori nel poema e così, in termini retorici, il suo discorso si rivela un fallimento, si legge in Griffin (1995), 16-17. Cfr. Griffin (1986), 52-57, per il vocabolario speciale della retorica declamatoria di Achille.

9 Griffin (1995), 111, mette in risalto che l’avverbio ἀπηλεγέως compare in Omero solo in questa sede e in Od. I 373. Deriva, o si pensava derivasse, da ἀλέγω: “senza preoccuparsi di niente o di nessuno”, “senza mezzi termini”. ἀποειπεῖν va inteso nel senso di “dichiarare”, “affermare”, non “negare” (come in 510, 675). L’effetto di questo annuncio, i cui termini menzionati compaiono al verso 309, è di rendere il discorso di Odisseo piuttosto superficiale, afferma lo studioso.

10 Il verbo τρύζητε, unica occorrenza in Omero al verso 311, ha qui il significato di “brontolare”, quello letterale risulta essere “tubare”, delle colombe. Riguardo il 312 (ἐχθρὸς γάρ μοι κεῖνος…), per Griffin (1995), 111, se in senso stretto viene mostrata appunto l’idea di Achille, che privilegia la chiarezza, il verso contiene anche un secondo significato, in contrasto implicito con quanto è stato appena detto. Platone attribuisce κεῖνος ad Odisseo (Hipp. Min. 365a). Per Ferrari (2018), 955, invece, visto l’egocentrismo di Achille, «la frase rappresenta […] solo un preambolo per meglio rivendicare la propria sincerità». Taplin (1992), 69 sgg., intravede uno sguardo di Achille all’incapacità di Odisseo di esprimere qualsiasi vera emozione da parte di Agamennone: le sue parole non vengono dal suo cuore. Noi sappiamo che Achille è stato paragonato all’Ade da parte di Agamennone (158 sgg.), un passaggio omesso da Odisseo; per noi, allora, è presente un’eco ironica rispetto al resto del passo, (cfr. Thornton (1978), 4). Lo scolio A al 313 chiarisce il significato del concetto: ὅτι δοκεῖ συγκεχύσθαι τὸ ‹ ἄλλο πρὸς τὸ › ἕτερον· ἔδει γὰρ ‘ἕτερον δὲ εἴπῃ’, ἑτέρου πρὸς ἕτερον ἀντιδιαστελλομένου· τὸ γὰρ ἄλλο ἐπὶ πλειόνων τίθεται.

11 Griffin (1995), 111-112, evidenzia che il verso 315 richiama ed amplia le parole sicure di sé di Agamennone (I 287-289) e la risposta di Achille (I 295-296), (cfr. Martin (1989), 207). Griffin aggiunge che i versi 316b-317 ricorrono identici in XVII 147b-148, in cui l’assenza di χάρις è rimproverata da Glauco ad Ettore, «la più amara delle accuse», si afferma in Paduano, Mirto (2012), XIV. Essa è, o dovrebbe essere reciproca. «Achilles is thus the one Homeric hero who does not accept the common language, and feels that it does not correspond to reality […] this otherness of Achilles is nowhere stated in clear and precise terms», afferma Parry (1956), 6. La ripetizione suggerisce che essi non devono essere trattati come non omerici ed unici nel loro pensiero, come talvolta si sostiene. Achille ha agito da eroe, ma non è stato trattato come tale, non solo da Agamennone ma anche dagli altri Achei (316 in risposta ai versi 300-302 in cui Odisseo chiede ad Achille di avere pietà per gli altri Achei). Hainsworth (1993), 103, sottolinea che Achille ha deciso che la sua perdita della τιμή (che Zeus ora ha efficacemente ripristinato in lui) è una ferita a cui non si può rimediare e che non vale la pena lottare per il κῦδος della vittoria.

(7)

6

umana. Il coraggio e l'eccellenza consentono la conquista di ricchezza, onore e gloria

e quindi conferiscono significato alla vita, ricorda Schein

12

. I versi dal 318 al 320

hanno l’aspetto di aforismi, contenendo affermazioni generali. Queste sono espresse

per mezzo di unità sintattiche che rientrano nella misura del verso. Achille rifiuta la

proposta proprio a partire da un’osservazione: la medesima μοῖρα è stabilita per

l’inattivo e per il grande combattente, e la stessa τιμή è attribuita al vile e al

coraggioso. Non esiste, quindi, un criterio d’onore condiviso da tutta la comunità. La

morte attende indistintamente tutti

13

, indipendentemente dagli sforzi in battaglia. Non

solo l’amministrazione della τιμή di Agamennone, ma lo stesso sistema morale che

prescrive quella τιμή appare sospetto ad Achille. Quest’ultimo rifiuta la base stessa

dell’ethos eroico

14

. Hainsworth ricorda l’affermazione di Achille al verso 319 secondo

cui gli ἐσθλοί (incluso se stesso) ricevono lo stesso onore dei κακοί (tra cui

Agamennone). Perché correre il rischio di tentare di essere ἐσθλός?

15

Perché πολλὰ

ἔρδειν? L’ἀεργός e il πολλὰ ἐοργώς vanno incontro al medesimo destino. «Achille

parla come se fosse in suo potere sovvertire il destino», si ricorda in Ciani, Avezzù

16

.

Alla luce di tutto ciò, perché allora avere una condotta temeraria, gettando la propria

vita in battaglia

17

?

Focalizzandoci sulla ψυχή del verso 322, essa appartiene all’eroe Achille e presenta

12 Schein (1980), 126.

13 I versi dal 318 al 320 mostrano espressioni di tipo proverbiale, fa notare Griffin (1995), 112. Kim (2000), 87, sottolinea che l’esperienza porta Achille ad una visione che trascende il livello personale. I primi due sono affermazioni generiche riguardo il trattamento ricevuto da Achille in questa spedizione, mentre il 320 è universalmente vero di tutti gli uomini, riferendosi ad «[…] un generale livellamento fra gli esseri umani di fronte alla morte», ricorda Ferrari (2018), 955. Questo verso contiene un’espressione apparentemente estranea al resto del pensiero, perciò è considerato da molti (Bekker, Leaf, etc.) interpolato, sottolinea Pagani (2008), 373. Tuttavia, se al termine μοῖρα in 318 si attribuisce la doppia accezione (che le appartiene) di “parte spettante” e “sorte”, continua la studiosa, si potrebbe notare un’anticipazione del tema presente al 320. Hammer (2002), 178, parlerebbe di un probabile allargamento della prospettiva: come a valorosi e vili spetta lo stesso onore, così gli uni e gli altri sono attesi dalla morte. Riguardo il termine τιμή al verso 319, Kim (2000), 86, sottolinea che essa non è proporzionale agli sforzi compiuti. Questa non indica l’onore tra gli eroi, distinguendoli gli uni dagli altri, ma l’ultimo elemento condiviso: la loro mortalità. Cerri (1996), afferma che nei versi 318-319 Omero alluderebbe alla figura di Agamennone, avvezzo ad evitare le battaglie, ma sempre presente per dividere il bottino. Cfr. Sale (1963), 93.

14 Kim (2000), 87. Cfr. Griffin (1980), 76: «Achilles’ passionate rejection and his deeper insight thus belong together». Cfr. Claus (1975), 18-20, 23-26, per la concezione di Achille del sistema eroico spinta all’estremo, non totalmente in contrasto con quella della società.

15 Hainsworth (1993), 104, mette in risalto l’ideale corrispondenza per Achille tra il κλέος/ κῦδος e la τιμή. Questa uguaglianza risulta inesistente nella realtà, dal momento che il raggiungimento della fama non comporta distinzioni tra gli uomini, è lo status ipso facto a garantire κῦδος. Jinyo Kim (2000), 89, a commento dei versi menzionati sottolinea che Achille si è reso conto del mancato funzionamento del codice eroico nella società. La τιμή di ogni eroe è in definitiva la morte e o la perdita della propria ψυχή.

16 Cfr. Ciani, Avezzù (1998), 23.

(8)

7

il valore di “vita”. Il termine è retto dal παραβαλλόμενος che, in accostamento alla

ψυχή, indica il “mettere a rischio la vita”, sottolinea Snell

18

. Leaf evidenzia che questo

concetto espresso da παραβάλλω è l’unico che ricorre in Omero ed è rimasto legato

al verbo in tutta la letteratura greca

19

. Achille fa riferimento alla propria ψυχή nel

lamentarsi della mancanza di riconoscimento dei suoi meriti nel combattimento. Dopo

aver gettato in battaglia la sua vita senza tregua, è ora intenzionato a preservarla.

L’inserimento del lemma evidentemente serve come mezzo per esprimere una sua

particolare importanza in guerra, sottolineando il rischio di perderla. Essa appare

come un possesso, un bene prezioso, pericolosamente minacciata, afferma Jahn

20

.

Anche Sullivan

21

mette in risalto lo sforzo di Achille di difendere la ψυχή,

mantenendola nel corpo, finora messa in gioco. In questo caso, come in altre

occorrenze, la ψυχή viene menzionata in una situazione estrema

22

. Achille dichiara di

non aver guadagnato nulla “gettando la sua ψυχή” quando ha rischiato la vita nella

mischia. Martin afferma che quest’immagine potrebbe suggerire il gioco d’azzardo,

visto il pericolo che accomuna le due situazioni

23

, o più semplicemente, sostiene

Clarke, può riferirsi alla perdita di ψυχή che si verifica quando un uomo è ferito,

sfinito o morente. Lo studioso, per il quale la ψυχή appare il respiro espirato, afferma

che la stringa evidenziata potrebbe indicare, in modo non figurato, l’idea che il respiro

venga emesso quando un guerriero annaspa o geme per la stanchezza, l’incoscienza o

la morte. Il contesto di questo passaggio

24

è un discorso di peculiare introspezione ed

è interessante che la ψυχή viene alla ribalta nel momento in cui Achille sta riflettendo

sui propri sentimenti alla luce della prospettiva della morte: è quando è più

consapevole di se stesso e più isolato che la sua ψυχή inizia ad assumere quasi un

18 Snell (1955), 30.

19 Leaf (1960), I, 155, spiega ciò nel commentare Il. IV 6, in cui ricorre il termine παραβλήδην che, variamente chiarito, è tradotto così da Leaf: «by way of risking himself, (“drawing her fire in the modern metaphor), wilfully tempting her to retort upon himself». L’espressione indicherebbe “in maniera provocatoria”, a partire dall’idea del rischio.

20 Jahn (1987), 29. 21 Sullivan (1995), 81.

22 Cfr. Clarke (1999), 55, «[…] ψυχή appears only in the context of life lost or threatened, never of life held and enjoyed» ad eccezione dei casi in cui si riferisce alla morte o alla sopravvivenza all’Ade. Cfr. Dodds (1951), 16: «The only recorded function of the ψυχή in relation to the living man is to leave him».

23 Martin (1989), 192-193, vede questa immagine come una metafora tratta dal gioco d’azzardo, suggerendo la sua affinità con εὖχος ἐμοὶ δώσειν, ψυχὴν δ᾽ Ἄϊδι κλυτοπώλῳ (V 654 = XI 445, XVI 625): l’espressione elimina le distinzioni, dice, «riduce il vanto e l’anima alle pedine in un gioco di guerra». Lo studioso aggiunge che il verso 322 potrebbe essere visto come un’estensione di questa espressione utilizzata da Omero più volte.

(9)

8

ruolo esistenziale

25

. Ma anche se l’eroe la invoca in un momento in cui il suo umore

è dettato dal cedimento alle sue passioni nella più intensa autocoscienza, anche qui il

nucleo delle immagini è che la ψυχή si perderà nella morte, essa non sottolinea

emozione, pensiero o vita attiva. Il termine ha significato solo in senso negativo: esso

compare, infatti, per la presenza di una situazione di rischio

26

.

Sono presenti altri passaggi in Iliade

27

e Odissea in cui emerge ψυχή con questo

valore.

Per quanto riguarda l’Iliade, possiamo innanzitutto citare i versi 401-405 dello

stesso libro: οὐ γὰρ ἐμοὶ ψυχῆς ἀντάξιον οὐδ᾽ ὅσα φασὶν/ Ἴλιον ἐκτῆσθαι εὖ

ναιόμενον πτολίεθρον/τὸ πρὶν ἐπ᾽ εἰρήνης, πρὶν ἐλθεῖν υἷας Ἀχαιῶν,/ οὐδ᾽ ὅσα λάϊνος

οὐδὸς ἀφήτορος ἐντὸς ἐέργει/ Φοίβου Ἀπόλλωνος Πυθοῖ ἔνι πετρηέσσῃ. Achille

rifiuta i doni di Agamennone, non può esistere compensazione materiale per la sua

anima offesa. Hainsworth sottolinea che quando Achille lotta pone la sua vita in prima

linea (322). In caso di vittoria l’eroe riceve onore, se perde, perde anche la sua vita.

Citiamo un’ultima volta il libro IX, in particolare i versi 406-409

28

: ληϊστοὶ μὲν γάρ

τε βόες καὶ ἴφια μῆλα,/ κτητοὶ δὲ τρίποδές τε καὶ ἵππων ξανθὰ κάρηνα·/ ἀνδρὸς δὲ

ψυχὴ πάλιν ἐλθεῖν οὔτε λεϊστὴ/ οὔθ᾽ ἑλετή, ἐπεὶ ἄρ κεν ἀμείψεται ἕρκος ὀδόντων.

Come nei passi ricordati poc’anzi, è centrale ancora una volta la vita, sempre in

riferimento alla figura di Achille. L’eroe evidenzia la preziosità della ψυχή,

inafferrabile una volta andata via dalla bocca. Da questi versi emerge l’immagine

sorprendente e surrealista degli eroi che cercano di catturare, invano, non le città e i

beni appartenenti ad altri individui, ma la loro ψυχὴ andata via.

Nel libro XXI ai versi 569-570 compare la ψυχή, nuovamente con la valenza già

conosciuta: εἰ δέ κέ οἱ προπάροιθε πόλεος κατεναντίον ἔλθω·/ καὶ γάρ θην τούτῳ

τρωτὸς χρὼς ὀξέϊ χαλκῷ, /ἐν δὲ ἴα ψυχή, θνητὸν δέ ἕ φασ᾽ ἄνθρωποι/ ἔμμεναι: αὐτάρ

οἱ Κρονίδης Ζεὺς κῦδος ὀπάζει. Agenore è incerto sull’affrontare o meno Achille.

Il suo monologo ricorda quello di Ettore nel libro successivo (98-130). Agenore

evidenzia la presenza di un’unica vita in Achille, data la sua essenza mortale. Anche

25 Clarke (1999), 57. Sul linguaggio introspettivo di Achille cfr. Martin (1989), 146-230, in particolare 192-193 sull’immagine di ψυχή in IX 322.

26 Possiamo aggiungere Od. III 71-74 e in Od. IX 252-255: “ὦ ξεῖνοι, τίνες ἐστέ; πόθεν πλεῖθ᾽ ὑγρὰ κέλευθα;/ἦ τι κατὰ πρῆξιν ἦ μαψιδίως ἀλάλησθε/οἷά τε ληιστῆρες ὑπεὶρ ἅλα, τοί τ᾽ ἀλόωνται/ ψυχὰς παρθέμενοι, κακὸν ἀλλοδαποῖσι φέροντες;” Viene chiesto rispettivamente a Telemaco e ad Odisseo se siano come i predoni che vagando, giocano la propria vita. Il verbo παρθέμενοι, come παραβαλλόμενος indica la “messa a repentaglio”.

27 Le sezioni dell’Iliade in cui compare la ψυχή con il valore di “vita messa in gioco” o comunque dove viene messa in risalto la sua importanza, verranno analizzate nel dettaglio nelle pagine seguenti. Per XXII 325, per cui compare una doppia interpretazione, rimandiamo alle pagine successive.

(10)

9

questa occorrenza può essere unita alle altre per l’unicità e l’alto valore del dono della

vita. Nel libro XXII ai versi 157-161 τῇ ῥα παραδραμέτην, φεύγων, ὃ δ᾽ ὄπισθε

διώκων·/ πρόσθε μὲν ἐσθλὸς ἔφευγε, δίωκε δέ μιν μέγ᾽ ἀμείνων/ καρπαλίμως, ἐπεὶ

οὐχ ἱερήϊον οὐδὲ βοείην/ ἀρνύσθην, ἅ τε ποσσὶν ἀέθλια γίγνεται ἀνδρῶν,/

ἀλλὰ περὶ

ψυχῆς θέον Ἕκτορος ἱπποδάμοιο appare nuovamente la ψυχή, premio in palio della

corsa di Ettore e Achille. Viene evidenziata la superiorità di questa posta in gioco

attraverso l’artificio della Priamel.

Sempre nel XXII, ricordiamo i versi 338-339

Τὸν δ᾽ ὀλιγοδρανέων προσέφη

κορυθαίολος Ἕκτωρ·/ “λίσσομ᾽ ὑπὲρ ψυχῆς καὶ γούνων σῶν τε τοκήων in cui il

termine mostra ha grande valore: Ettore supplica Achille

di dargli sepoltura, in nome

della sua ψυχή e di ciò che gli è più caro. L’eroe troiano implora l’avversario non di

avere salva la vita, ma di restituire il corpo ai genitori così da poter ricevere gli onori

funebri.

Appaiono rilevanti anche due passi dell’Odissea in cui emerge l’importanza della

ψυχή come “vita”. Per il primo, ricordiamo i versi 420-424 del IX libro: αὐτὰρ ἐγὼ

βούλευον, ὅπως ὄχ᾽ ἄριστα γένοιτο,/ εἴ τιν᾽ ἑταίροισιν θανάτου λύσιν ἠδ᾽ ἐμοὶ αὐτῷ/

εὑροίμην· πάντας δὲ δόλους καὶ μῆτιν ὕφαινον/ ὥς τε περὶ ψυχῆς· μέγα γὰρ κακὸν

ἐγγύθεν ἦεν./ ἥδε δέ μοι κατὰ θυμὸν ἀρίστη φαίνετο βουλή. Odisseo, prigioniero

insieme ai suoi compagni nella grotta di Polifemo, è in cerca di un piano per la fuga.

Di Benedetto evidenzia il suo impegno nella riflessione, alla ricerca di una via di

scampo

29

, <<come si fa se è in gioco la vita>>. Heubeck sottolinea come la nuova

situazione richieda un ulteriore piano

30

. Mette in risalto lo scopo della βουλή: trovare

i mezzi e le vie per il suo conseguimento. Ulisse pone la vita al primo posto ed escogita

uno stratagemma per trarla in salvo.

L’altro passo dell’Odissea, con cui si conclude la nostra analisi, è ai versi 241-246 del

libro XXII: μνηστῆρας δ᾽ ὤτρυνε Δαμαστορίδης Ἀγέλαος,/ Εὐρύνομός τε καὶ

Ἀμφιμέδων Δημοπτόλεμός τε,/ Πείσανδρός τε/ Πολυκτορίδης Πόλυβός τε δαΐφρων·/

οἱ γὰρ μνηστήρων ἀρετῇ ἔσαν ἔξοχ᾽ ἄριστοι, /ὅσσοι ἔτ᾽ ἔζωον περί τε ψυχέων

ἐμάχοντο· τοὺς δ᾽ ἤδη ἐδάμασσε βιὸς καὶ ταρφέες ἰοί. Vengono menzionati sei

29 Di Benedetto (2010), 528 sgg., evidenzia, come già nel III libro dell’Iliade ai versi 300-302, la conoscenza di Odisseo di ogni sorta di inganni, congiunta alla sua intelligenza. Anche nel libro IV 339 viene riconosciuta la stessa abilità di Ulisse. Infine in Odissea XIII 291-293 Atena fa riferimento agli inganni dell’eroe.

30 In Heubeck Privitera (ed. Valla) (1983), 210, si ricorda la prima “scena di riflessione” (299-318) che presenta una struttura simile (420: 299, 316; 421-423: 317). L’intensa riflessione è descritta nei versi 420-423.

(11)

10

pretendenti, come i più valenti, che combattono per la propria vita. De Jong evidenzia

l’importanza del catalogo attraverso cui vengono introdotti, elemento ricorrente nelle

scene di battaglia

31

. Esso funziona come un <<half-time score>>, dal momento che i

pretendenti citati sono ancora vivi, ma verranno presto uccisi. Essi verranno invitati

poi da Agelao a dimostrare il loro coraggio (252). Anche nei versi ricordati emerge il

grande valore della ψυχή, appartenente in questa sede a più di un personaggio.

Il libro IX fornisce un grande contributo alla trama etica dell’Iliade

32

. Esso descrive

l’ambasciata ad Achille: l’eroe viene raggiunto da Odisseo, Fenice ed Aiace affinchè

lo convincano a tornare in battaglia. Ogni inviato pronuncia un discorso nei confronti

dell’eroe greco. La sezione analizzata si concentra su una parte della replica di Achille

ad Odisseo. Si tratta di uno dei discorsi più lunghi dell’Iliade, articolato in quattro

sequenze. Achille evidenzia subito la sua intenzione di parlare apertamente, messa in

risalto dall’avverbio ἀπηλεγέως, presente solo qui e in Od. I 373. L’eroe non tollera

la mancanza di sincerità, affermazione dietro la quale probabilmente si nasconde uno

sguardo ad Odisseo. Achille non si lascerà persuadere da nessuno, poiché tutti sono

accomunati dall’ingratitudine verso chi s’impegna in battaglia. I versi 318-320

presentano affermazioni generiche: in particolare i primi due contengono osservazioni

a partire dalla spedizione cui ha partecipato Achille, l’ultimo un allargamento della

prospettiva

33

. Per Achille non esiste un criterio d’onore condiviso dalla comunità, la

morte attende tutti. Riguardo la ψυχή, compare accostata a παραβαλλόμενος che

permette di far risaltare il senso del rischio della vita, significato unico rimasto legato

al verbo per tutta la letteratura greca. Achille, dopo aver rischiato la sua vita in

battaglia, adesso vuole preservarla. Il concetto è accostato al gioco d’azzardo da

Martin

34

, mentre Clarke interpreta la ψυχή come “respiro espirato”

35

. Appare

importante il contesto in cui compare: l’introspezione permette alla ψυχή di venire

fuori, quasi come se avesse un ruolo esistenziale. In realtà, essa, come già sottolineato,

viene menzionata in casi di pericolo e non indica la vita attiva. Sono riportati, inoltre,

alcuni passaggi tratti dall’Iliade e dall’Odissea (analizzati nel dettaglio nelle pagine

seguenti) che sottolineano il valore della vita. Quest’ultima viene rischiata in battaglia,

31 De Jong (2001), 535, ne sottolinea la presenza in genere all’inizio di una battaglia (in questo caso con le lance, successivamente alla gara con l’arco). Cfr. Il. XI 57-60; XIII 790-792; XVII 216-218. 32 Hainsworth (1993), 56.

33 Hammer (2002), 178. 34 Martin (1989), 192-193. 35 Clarke (1995), 56.

(12)

11

considerata imparagonabile alle ricchezze, inafferrabile una volta andata via, unica,

da difendere.

Il. IX 401-405: quanto vale la ψυχή?

οὐ γὰρ ἐμοὶ ψυχῆς ἀντάξιον οὐδ᾽ ὅσα φασὶν

Ἴλιον ἐκτῆσθαι, εὖ ναιόμενον πτολίεθρον,

τὸ πρὶν ἐπ᾽ εἰρήνης, πρὶν ἐλθεῖν υἷας Ἀχαιῶν,

οὐδ᾽ ὅσα λάϊνος οὐδὸς ἀφήτορος ἐντὸς ἐέργει,

Φοίβου Ἀπόλλωνος, Πυθοῖ ἔνι πετρηέσσῃ.

(405)

Non valgono quanto la vita, per me

36

, né le ricchezze che dicono

Troia abbia accumulato, città ben popolata,

prima, in tempo di pace, prima che arrivassero i Greci,

né quante racchiude al suo interno la soglia di pietra

di Febo Apollo, l’arciere, a Pito rocciosa.

(405)

Dalla sezione riportata apprendiamo parte del discorso di Achille, in risposta alla

generosità di Agamennone. Quest’ultimo, tramite i tre inviati, ha offerto una

ricompensa materiale per il rapimento di Briseide, ma Achille non è interessato a

questo tipo di risarcimento

37

. L’eroe non ha intenzione di tornare in guerra: il valore

36 La replica di Achille al discorso di Odisseo, cominciata al verso 307 (cfr. pp. prec.), mette in risalto la tendenza di Agamennone a tenere per sé il bottino (330-333) ed il rapimento di Briseide, premio di Achille da lui ripreso (334 sgg.). Achille non sarà più persuaso dal capo della spedizione, non gli interessano le ricchezze che Agamennone è disposto ad offrirgli (375 sgg.).

37 West (2011), 223, afferma che Achille ha rifiutato le belle offerte in precedenza per orgoglio; ora perché la sua vita vale di più. L’espressione al 401 è fonte di meraviglia, per la preferenza della ψυχή rispetto ai doni offerti, come testimoniato dallo scolio bT: δυσωπεῖ τοὺς πάροντας, εἴ γε δώρων προήσεται τὴν ψυχήν, αὐτῶν δῶρα διδόντων ὑπὲρ σωτερίας τῆς ἑαυτῶν ψυξῆς· καὶ ὅτι πρώην κατεφρόνει ψυχῆς ἀχαρίστῳ χαριζόμενος ἀνδρί. ὅτι δὲ οὐ φιλοψυχεῖ, πρὸς τὴν μητέρα φησίν· „αὐτίκα τεθναίην “ (XVIII 98). Cfr. 524-599 in cui Fenice racconta la vicenda di Meleagro che declina gli

(13)

12

della vita è impareggiabile, non compensabile da alcuna ricchezza, che siano i tesori

di Ilio o del tempio di Apollo a Delfi. Sottolinea ciò con «un’appassionata

dichiarazione di amore per la vita», si ricorda in Ciani, Avezzù

38

. Leuzzi afferma che

nell’ottica di Achille, non vale la pena affrontare i rischi della guerra, nemmeno nel

caso in cui fossero assicurati gloria e privilegi come contraccambio, perché non ne

esistono per la perdita della vita

39

.

Per quanto riguarda la ψυχή, essa compare al verso 401 e appartiene ad Achille.

Emerge il suo valore come “vita”. Jahn evidenzia che Omero descrive la ψυχή come

un possesso unico, irrecuperabile e prezioso. In ogni caso, essa appare responsabile

dell’esistenza del proprietario, proprio per la sua presenza; può quindi essere chiamata

come “il principio responsabile della vita umana”

40

. La ψυχή è accostata ad ἀντάξιον,

il cui uso come sostantivo, che rappresenta l’insieme delle successive due clausole, è

messo in risalto da Leaf

41

. Si tratta di un neutro nominale, afferma Snell, simile ad

ἄξιος, enfatizzato da

ἐμοί. Kim sottolinea che la vita è troppo importante, nessuna

promessa di τιμή o di κλέος può risarcire l’anima offesa di Achille e indurlo a

appelli a combattere precisamente perché la sua vita è in pericolo. Per Hainsworth (1993), 101, l’argomento del diniego di Achille è troppo egoista per poter avere una validità pratica. Fenice sottolineerà che nel mondo reale deve esistere una pacificazione. Dire che nessuna compensazione può essere sufficiente non è funzionale, secondo lo studioso; «it is simply an emphatic way of saying ‘no’». La rabbia, non il calcolo, è la motivazione di Achille, lo ammette egli stesso nei versi 646-648. Cfr. XVI 52-61, in cui l’eroe dichiara che anche se il dolore è ancora vivo, la collera non può durare per sempre. Nel verso 387 ἀπὸ πᾶσαν ἐμοὶ δόμεναι θυμαλγέα λώβην è nascosto quanto desiderato da Achille: “ripagami la mia vergogna”. Griffin (1995), 123, evidenzia che in questa sezione Agamennone non viene ricordato e i toni e i pensieri di Achille sono più pacati e riflessivi.

38 Ciani, Avezzù (1998), 23. «Non vi sono ricchezze, per quanto ingenti, che possano eguagliare il pregio della vita», si legge in Paduano, Mirto (2012), 893. Per Achille nessun bottino vale quanto la vita. Griffin (1995), 123, afferma che Achille rifiuta l’eroismo stesso, almeno alle condizioni che associa ad Agamennone. Riguardo la rocca di Priamo, Hainsworth (1993), 115, evidenzia che la ricchezza del re un tempo aveva superato quelle esistenti tra Lesbo e la Frigia (cfr. XXIV 544-555). Cfr. XVIII 288-290 e XXIV 543-548 per la prosperità di Troia prima dell’arrivo degli Achei. Ai versi 404-405 si accenna per l’unica volta nell’Iliade al santuario apollineo di Delfi, reso celebre dai suoi averi. Gli studiosi non sono d’accordo sulla questione se Delfi fosse un centro di culto nel periodo miceneo, e sull’esistenza ininterrotta durante il Medioevo ellenico. Il riferimento qui presente probabilmente non è precedente al 700 a. C., si dice in Griffin (1995), 124. Cfr. su quest’ultimo aspetto Morgan, (1990) 10 e Taplin, (1992), 33 sgg., che osserva che la ricchezza di Delfi non avrebbe potuto essere “leggendaria” prima del 700 a. C. Il termine ἀφήτορος al 404 ha sconcertato gli scoliasti. I glossografi lo hanno interpretato come “cavità” (στροφεύς), lettura accettata da Zenodoto, e proceduto a leggere νεοῦ per Φοίβου in 405. Riportiamo a questo proposito parte dello scolio aA al verso 404: πρὸς τοὺς Γλωσσογράφους ἀφήτορος τοῦ στροφέως ἀποδιδόντας. καὶ Ζηνόδοτος δὲ οὕτως ἐκδέδεκται· τὸν γὰρ ἑξῆς μετέγραφε· „νηοῦ Ἀπόλλωνος“.

39 Leuzzi (2008), 375.

40 Jahn (1987), 29, precisa che a differenza delle φρένες, in nessuno degli esempi del primo gruppo (cfr. p. 33) in cui compare la ψυχή, essa agisce attivamente, ma semplicemente esiste. Non si può, quindi, parlare di istanza responsabile della vita per eccellenza.

(14)

13

riprendere lo statuto d’eroe

42

. Sullivan evidenzia il grande valore della ψυχή

all’interno del corpo. Poichè al momento della morte essa si allontana, percependo in

qualche modo la sua debole natura, Achille avrebbe potuto apprezzare così tanto la

sua ψυχή, mentre era nel suo corpo, godendo di virilità e giovinezza. Queste venivano

perse alla morte

43

. Per Clarke la ψυχή viene definita come «the issue in the mortal

combat»: si è passati dal suo semplice significato a ciò la cui perdita equivale alla

morte.

Il discorso di Achille comincia con «un’appassionata dichiarazione di amore per la

vita

44

». L’eroe mostra toni pacati in questa sezione del discorso e non pronuncia il

nome di Agamennone, differentemente dai versi precedenti. Hainsworth evidenzia

che il motivo alla base del rifiuto di Achille è la rabbia, come verrà ricordato da lui

stesso successivamente

45

. Nessun bottino vale quanto la sua ψυχή. Per quanto riguarda

la ψυχή, si tratta di un possesso unico e prezioso, responsabile della vita del

proprietario. Essa è accostata ad ἀντάξιον, utilizzato come sostantivo che rappresenta

le due clausole successive. Clarke la definisce «the issue in the mortal combat

46

», la

cui perdita equivale alla morte.

Il. XXI 562-570: anche Achille è vulnerabile

ἀλλὰ τί ἤ μοι ταῦτα φίλος διελέξατο θυμός;

μή μ᾽ ἀπαειρόμενον πόλιος πεδίονδε νοήσῃ

καί με μεταΐξας μάρψῃ ταχέεσσι πόδεσσιν.

οὐκέτ᾽ ἔπειτ᾽ ἔσται θάνατον καὶ κῆρας ἀλύξαι·

(565)

λίην γὰρ κρατερὸς περὶ πάντων ἔστ᾽ ἀνθρώπων.

εἰ δέ κέ οἱ προπάροιθε πόλεος κατεναντίον ἔλθω·

42 Kim (2000), 88. 43 Sullivan (1995), 81. 44 Ciani, Avezzù (1998), 23. 45 Cfr. 646-648. Hainsworth (1993), 101. 46 Clarke (1999), 58.

(15)

14

καὶ γάρ θην τούτῳ τρωτὸς χρὼς ὀξέϊ χαλκῷ,

ἐν δὲ ἴα ψυχή, θνητὸν δέ ἕ φασ᾽ ἄνθρωποι

ἔμμεναι· αὐτάρ οἱ Κρονίδης Ζεὺς κῦδος ὀπάζει”.

(570)

ma perché queste cose mi ha detto il mio cuore

47

?

Mentre fuggo dalla città verso il piano, dovesse vedermi

e, venutomi dietro, raggiungermi coi piedi veloci!

Non sarà possibile poi evitare la morte e il destino:

(565)

fra tutti gli uomini è troppo più forte.

Se invece gli andassi incontro davanti alla città:

anche la sua pelle, certo, è vulnerabile al bronzo affilato,

una sola vita è dentro di lui, gli uomini dicono sia un mortale;

ma Zeus Cronide a lui dà gloria”.

(570)

Nel XXI

48

dell’Iliade Achille, giunto allo Scamandro, dà inizio ad una battaglia nel

fiume e con il fiume. Cattura dodici giovani per sacrificarli in onore di Patroclo

(26-34). Dopo aver colpito Licaone e successivamente Asteropeo, gli si leva contro il

fiume, quest’ultimo stanco delle acque piene di morti (209 sgg.)

49

. Al fianco dell’eroe

greco si pongono Era e Poseidone; segue uno scontro tra gli dei (383-513). Al termine,

47 Nei versi precedenti Priamo consiglia di aprire le porte della città per far rifugiare i Troiani in fuga, incalzati da Achille (526-536). Agenore, eroe troiano figlio di Antenore, all’avvicinarsi di Achille si ferma e parla al proprio cuore, indeciso sulla condotta da adottare (550-570).

48 Questo libro non può essere considerato separatamente dal XX. Il contesto di entrambi è dominato dalle scene che descrivono la battaglia degli dei, tema lasciato poi in sospeso nel XX e ripreso in XXI (328-514), evidenzia Richardson (1993), 51. Gli scontri divini non solo conferiscono una dimensione cosmica all’aristeia di Achille, ma attraverso i libri in cui egli è in azione, si susseguono i temi della minaccia della distruzione di Troia e del suo continuo rinvio, continua lo studioso. Cfr. Cerri (1996), 40-41 per il XXI dell’Iliade e Whitman (1965), 272-273 sulla struttura del libro.

49 Va precisato che se in un primo momento Achille sembra obbedire all’ordine del dio-fiume di spostare la battaglia verso la pianura (222-226), si lancia poi di nuovo nel fiume, che allora gli si scaglia addosso con violenza (234 sgg.). La ribellione dello Scamandro evidenzia il carattere trasgressivo di Achille e prefigura l’ira degli dei per l’oltraggio che verrà inflitto al corpo di Ettore, si afferma in Ciani, Avezzù (1998), 34.

(16)

15

essi ritornano sull’Olimpo, ad eccezione di Apollo che entra a Troia, mentre Achille

continua a fare strage (515-525).

La porzione di testo riporta le battute finali del discorso di Agenore, incerto se

affrontare o meno Achille. Si tratta di un monologo deliberativo pronunciato sul

campo di battaglia, in una situazione di pericolo

50

. Questa sezione si apre con il verso

formulare che, in circostanze simili, indica il riscuotersi dai dubbi. Agenore si rivolge

al suo θυμός

51

, dopo aver valutato due possibili soluzioni per sottrarsi ad Achille:

fuggire davanti a lui o dirigersi verso la pianura, lungo una direzione diversa da quella

degli altri Troiani. Anche nel caso della seconda ipotesi, però, afferma che qualora

l’avversario si accorgesse di un suo allontanamento verso la piana, per lui sarebbe la

fine

52

. Riflette sull’ultima idea: affrontarlo davanti alla rocca

53

. Questa possibilità,

«apparentemente la più disperata, è quella che salva l’onore

54

». Agenore confida nella

vulnerabilità di Achille: sfidandolo davanti alla città, si scontrerebbe con un uomo

come lui, in possesso di una sola vita. Anch’egli è un mortale

55

e, in quanto tale, è

50 Con il monologo deliberativo il personaggio giunge ad una decisione per mezzo di un discorso rivolto a se stesso, recidendo il legame con il narratore ed esprimendo una propria capacità di scelta, mette in risalto Di Benedetto (1998), 159. Per questo tipo di monologo cfr. XI 403-410; XVII 90-105; XXII 98-130, simili tra loro nella struttura e nell’espressione. In tutti e quattro i casi l’eroe è il soggetto di una similitudine appena dopo o prima del discorso, fa notare Richardson (1993), 99. Agenore parla a se stesso direttamente dopo il riferimento ad Apollo che gli infonde coraggio (547). Cfr. Fenik (1978), 68-69, che mostra una specificità del monologo, analizzato, come gli altri, maggiormente da un punto di vista psicologico.

51 Il verso 562 è presente anche con Odisseo (XI 407), Menelao (XVII 97) ed Ettore (XXII 122). Siamo dinanzi a quattro situazioni in cui il problema contingente è affrontare una minaccia, con la lotta o con la fuga. Quest’ultima appare una possibilità ammessa dal codice eroico, poiché diversa dalla viltà, in quanto intesa come «[…] calcolo attento delle concrete chances di riuscita», si fa notare in Ciani, Avezzù (1998), 947-948. Il passo in questione lascia pensare che l’uomo arcaico possieda una vita interiore in cui oggettivare i propri sentimenti, e non sia agito dall’esterno. Il guerriero mostra di non disprezzare la vita (cfr. pp. 57-62). Cfr. Fenik (1978), 70-71, in merito alla capacità di scelta dell’uomo omerico. Richardson (1993), 99, evidenzia che, come altrove in Omero, l’intervento divino non impedisce ad un eroe di prendere una propria decisione e qui ne abbiamo un chiaro esempio. In Fenik (1978), 77, si mette in risalto che «Agenor does not review his choice in terms of the dictates of honor and shame». Lo studioso afferma che con Agenore vediamo una decisione presa in una situazione di panico e paura, nessuna questione di onore, ma di sopravvivenza. Cfr. Clarke (1999), 67-68.

52 Richardson (1993), 101, sottolinea che il 563 esprime la paura che ciò di cui parla possa accadere (cfr. XXII 123). ἀπαειρόμενον (solo qui in Omero) significa “mentre mi tolgo”, metafora dal salpare. Cfr. ἀπαίρειν “salpare” in attico. L’allitterazione di π (πόλιος, πεδίονδε) e al 564 μ (με μεταΐξας μάρψῃ) potrebbe essere accidentale. Cfr. XXII 455-456 nel contesto di paura di Andromaca che teme che Ettore possa essere stato tagliato fuori dalla rocca da Achille.

53 Ferrari (2018), 1067, afferma che l’incertezza di Agenore è messa in risalto dal periodo che resta inconcluso e dalla mancata presenza dell’apodosi, come al verso 556 e altrove.

54 Paduano, Mirto (2012), 1096.

55 Cerri (1996), 1102-1103, ricorda che non c’è alcuna allusione in Omero alla più tarda leggenda secondo la quale Achille era invulnerabile in tutto il corpo, ad eccezione del tallone, dopo essere stato immerso dalla madre nell’acqua miracolosa del fiume Stige, tenendolo appunto per il tallone. Di Benedetto (1998), 298-299, evidenzia che la morte di Achille non è narrata nell’Iliade, ma viene “ricostruita” nella parte finale del poema grazie ad anticipazioni. Cfr. pp. 32-41, in part. 32-35. Riguardo il verso 570, Aristarco lo espunge, considerandolo un’aggiunta destinata ad integrare con un

(17)

16

attesa la sua morte, afferma Napolitano. Achille diviene immortale in Omero proprio

perché vulnerabile. È la sua esposizione al vulnus a conferirgli l’immortalità, intesa

come il durare eterno del κλέος, tramite il canto epico. Egli «diviene il vulnerante

assoluto perché conscio di essere lui l’assolutamente vulnerabile, che sarà, perciò,

sicuramente vulnerato», dichiara la studiosa

56

.

Per quanto concerne la ψυχή, essa, con il valore di “vita”, compare al 569 in

riferimento ad Achille. Il termine appare in accostamento ad ἴα

57

, eolico per μία, che

mette ancora più in risalto l’unicità della vita posseduta, accomunando l’eroe ai

mortali. Agenore afferma che gli uomini considerano appunto l’eroe greco θνητός,

con funzione di predicativo, in opposizione al divino. Lo status di Achille funge da

incoraggiamento per l’avversario: quest’ultimo, infatti, ricorda a se stesso che il rivale

è un mortale

58

. Anche Achille appare, quindi, in possesso di un’unica vita

59

. È la

proprietà o la perdita della ψυχή il criterio decisivo per l’esistenza o la morte del

relativo proprietario, secondo Jahn. Lo studioso sostiene che da questo passaggio

emerge l’importanza della ψυχή come bene unico e prezioso

60

. Al verso

immediatamente precedente si evidenzia “il corpo vulnerabile” dell’eroe. Egli appare

dotato di τρωτὸς χρώς, proprio come gli uomini. Snell cita il nostro passo in cui χρώς

si riferisce al corpo di un uomo in vita, in opposizione alla ψυχή

61

. τρωτός è appunto

il χρώς di Achille, afferma Agenore. L’aggettivo è un hapax omerico ed indica la

capacità di essere danneggiato, ricorda Snell

62

. Clarke evidenzia che i versi 568-570,

più di qualunque altro, hanno spinto gli studiosi a credere che il possesso, come anche

infinito il verso precedente, e sottolineando che indebolisce l'impressione della risoluzione di Agenore a combattere, si legge in Richardson (1993), 101. Riportiamo lo scolio 570 a1 A: ἀθετεῖται, ὅτι ὡς ἐλλείποντος τοῦ λόγου ἐνέταξέ τις αὐτόν. δεῖ δὲ τῷ „θνητὸν δέ ἕ φασ’ ἄνθρωποι“ (XXI 569) προσυπακούειν τὸ εἶναι. καὶ ὅτι ἐπιφερόμενον τὸ αὐτὰρ οἱ Κρονίδης Ζεὺς κῦδος ἐνάντιον ἐστὶ τῷ προτρέποντι τὸν Ἀγήνορα ἀντιστήναι Ἀχιλλεῖ.

56 Napolitano (2009), 34. Cfr. 13-43 per il legame tra immortalità e vulnerabilità.

57 Snell (1955), 1103, cita il nostro passo come esempio dell’utilizzo di ἴα come “uno”: «betont (nur) einer».

58 Solo in questo caso ed in XVI 622 (Merione si rivolge ad Enea), l’aggettivo, come caratteristica dell’avversario, è di conforto per un guerriero, sottolinea Snell (1987), 1049-1050.

59 Lo scolio bT ai versi 568-569 mette in risalto questa unicità, aggiungendo, però, la mancata considerazione del valore dell’eroe: ὁ διαλογισμός ἀνθρώπινος ὅτι ἕν σῶμα καὶ μία ψυχὴ καὶ τρωτὸς ὁ χρῶς· ἀλλὰ τὴν ἀρετὴν αὐτοῦ οὐδαμοῦ ἐνθυμεῖται.

60 Jahn (1987), 28-29. Cfr. pp. prec.

61 Snell (1955), 1284, «Leib ist verwundbar». Snell (1963), 24 sgg., osserva che in Omero il cadavere viene, invece, indicato dal termine σῶμα. χρώς si riferisce alla pelle intesa come superficie del corpo, involucro, termine probabilmente interpretato prima come “corpo”, prosegue Snell. Mentre i plurali γυῖα, μέλεα, ἅψεα ῥέθεα stanno ad indicare la materialità del corpo, χρώς ne è soltanto il limite e δέμας si riferisce alla statura, corporatura. Il corpo dell’uomo viene concepito in quest’epoca come pluralità di elementi. Cfr. Reale (1999) per il concetto di corpo in Omero.

(18)

17

la perdita della ψυχή, la definisce come la base della vita

63

. L’ambito è chiaramente

quello di un’espansione retorica, piuttosto che una semplice affermazione, ma

ciononostante pone la domanda cruciale: se l’uomo omerico muore perdendo la sua

ψυχή, ne consegue che vive grazie alla sua presenza? Ma il contesto mostra che ciò

su cui si sofferma Agenore è solo che Achille può morire, così che nuovamente la

ψυχή costituisce la discriminante tra la vita e la morte, e alla base dell’immagine vi è

la sua perdita, proprio come nell’immagine stessa di Achille della ψυχή che può

fuoriuscire solo una volta dalla bocca

64

. Se la ψυχή è “nell’“uomo, è lì solo come

qualcosa che andrà perso, conclude lo studioso. Sullivan ricorda come una singola

ψυχή è presente in ogni persona. Anche se Achille può essere un guerriero

terribilmente temibile, ha una sola “energia vitale”, una “vita” e solo un’“ombra” per

volare all’Ade

65

.

Il XXI dell’Iliade va considerato in connessione al libro che lo precede, per la cornice

degli eventi, in entrambi, rappresentata dalla battaglia degli dei. Achille, in preda ad

una furia selvaggia, commette una strage di Troiani nel fiume e, successivamente, si

scontra con lo Scamandro stesso. I versi analizzati riferiscono l’ultima parte del

monologo deliberativo di Agenore

66

, guerriero troiano indeciso sull’atteggiamento da

assumere nei confronti di Achille. L’eroe si rivolge al suo θυμός e, dopo aver valutato

due possibili soluzioni per sfuggire al nemico, decide di affrontarlo davanti alla rocca.

Questa ipotesi, «apparentemente la più disperata, è quella che salva l’onore

67

».

Agenore confida nella vulnerabilità dell’avversario, afferma, infatti, che anch’egli

possiede una sola vita ed è ritenuto mortale. In Omero non si allude all’invulnerabilità

di Achille. Egli è divenuto immortale proprio grazie alla sua esposizione al vulnus,

afferma Napolitano

68

. Quanto alla ψυχή, ne viene ricordata l’unicità sottolineata

ulteriormente da ἴα. Achille è θνητός, dotato di τρωτὸς χρώς (l’aggettivo è un hapax

omerico)

69

. Clarke afferma che il possesso, come anche la perdita della ψυχή, la

definisce the «basis of life». Sottolinea che alla base dell’immagine che ne emerge, vi

63 Clarke (1999), 58. Cfr. Otto (1923), 25, che utilizza il passaggio per provare che ψυχή può significare “vita”; cfr. Böhme (1929), 111-113, che specifica “vita in contrasto con la morte” e Adkins (1970), 14. 64 Cfr. pp. 57-62.

65 Sullivan (1995), 81.

66 Cfr. Di Benedetto (1998), 159 e Fenik (1978), 68-69 per il monologo deliberativo. 67 Paduano, Mirto (2012), 1096.

68 Napolitano (2009), 34. 69 Snell (1987), 662.

(19)

18

è la sua perdita. La ψυχή, infatti, presente nell’uomo, è qualcosa che andrà perso

70

.

Infine Sullivan mette in risalto l’esistenza di una singola ψυχή in ogni individuo, ciò

è valido anche nel caso di Achille

71

.

Il. XXII 157-166: la posta in palio della corsa di Ettore e Achille

τῇ ῥα παραδραμέτην, φεύγων, ὃ δ᾽ ὄπισθε διώκων·

πρόσθε μὲν ἐσθλὸς ἔφευγε, δίωκε δέ μιν μέγ᾽ ἀμείνων

καρπαλίμως, ἐπεὶ οὐχ ἱερήϊον οὐδὲ βοείην

ἀρνύσθην, ἅ τε ποσσὶν ἀέθλια γίγνεται ἀνδρῶν, (160)

ἀλλὰ περὶ ψυχῆς θέον Ἕκτορος ἱπποδάμοιο.

ὡς δ᾽ ὅτ᾽ ἀεθλοφόροι περὶ τέρματα μώνυχες ἵπποι

ῥίμφα μάλα τρωχῶσι· τὸ δὲ μέγα κεῖται ἄεθλον,

ἢ τρίπος ἠὲ γυνή, ἀνδρὸς κατατεθνηῶτος·

ὣς τὼ τρὶς Πριάμοιο πόλιν πέρι δινηθήτην (165)

καρπαλίμοισι πόδεσσι· θεοὶ δ᾽ ἐς πάντες ὁρῶντο·

Dunque i due corsero lì

72

, uno fuggendo, l’altro inseguendo:

un forte fuggiva davanti, lo inseguiva uno molto più forte,

velocemente, poiché non cercavano di ottenere una vittima sacrificale né

una pelle di bue, che sono i premi ai piedi degli uomini, (160)

ma correvano per la vita di Ettore domatore di cavalli.

70 Clarke (1999), 58-59. 71 Sullivan (1995), 81.

72 Nei versi precedenti viene descritta la corsa degli eroi lungo la strada carraia che costeggia le mura, oltre il posto di guardia e il caprifico, fino all’arrivo all’altezza di due fonti (145-156). I guerrieri si fermeranno vicino a queste sorgenti per affrontarsi (208). Cfr. Paduano, Mirto (2012), 1097 sgg.

(20)

19

Come quando i cavalli dallo zoccolo unito, vincitori,

si muovono rapidissimi intorno alla meta: gran premio è proposto

o un tripode o donna, a gloria di un defunto;

così essi girarono tre volte intorno alla rocca di Priamo (165)

con rapidi piedi: tutti gli dei li guardavano;

Il XXII dell’Iliade è incentrato sulla narrazione del duello

73

di Achille ed Ettore e

l’uccisione dell’eroe troiano. Ettore, nonostante gli appelli di Priamo ed Ecuba

(37-89) e l’indecisione iniziale mostrata nei versi 98-130 che presentano un lungo

monologo

74

, decide infine di affrontare Achille (129-130). Quando però Achille si

avvicina, Ettore fugge (136).

Nella sezione riportata ha grande rilievo il tema della fuga con l’inseguimento

75

ad

essa connesso. Domina la scena la figura di Achille, molto più forte dell’avversario

76

.

L’inseguimento suggerisce l’idea di una gara, ma i guerrieri non competono per

ottenere un capo di bestiame o una pelle di bue, premi nelle corse degli atleti

77

.

73 Leuzzi (2008), 299, sottolinea la conclusione del primo duello tra Ettore e Achille grazie all’intervento di Apollo che avvolge Ettore nella nebbia (XX 407-454). Questo rappresenta il secondo e decisivo scontro, dilazionato attraverso diversi preliminari che accrescono la tensione e le attese del pubblico, anticipando la sorte dell’eroe ma ritardando la sua realizzazione. Morrison (1992), 49, evidenzia che «retardation and interruption may serve to stimulate an audience’s curiosity about when battle will in fact begin, but by reversing the course of the narrative, the narrator leads the audience to ask whether battle will begin at all».

74 Calzecchi Onesti (1990), 769, fa notare che dal monologo di Ettore emerge la preoccupazione del giudizio immediato dell’opinione pubblica, della “voce del popolo” che rappresenta il senso del dovere civico e dell’onore. Anche nel VI libro emerge il “rossore dei Teucri” ai versi 441-443. Per Ettore il pensiero di una gloria postuma è di conforto: cfr. VI, 459-461 e le sue ultime parole ai versi 304-305 di questo libro: “non senza gloria morirò, ma avendo compiuto qualcosa di grande, che anche i futuri lo sappiano”. Secondo Leuzzi (2008), 300, «questa sequenza crea una sospensione in una fase

determinante del racconto, accresce la tensione e dilata il tempo narrativo». 75 De Jong (2012), 99, mette in risalto i due aoristi dal valore aspettuale momentaneo (παραδραμέτην…

δινηθήτην) che, insieme ad una serie di imperfetti che esprimono invece una durata dell’azione nel passato (ἔφευγε, δίωκε, ἀρνύσθην, θέον), dipingono l’immagine della gara. Sottolinea altri punti del libro in cui è centrale l’inseguimento. Cfr. 143-144, 172-173, 188-193, 199-201. Ricorda inoltre l’importanza dell’uso del duale per far notare la connessione tra i due eroi che si fronteggiano in una corsa «of life and death». Due esempi sono presenti al verso 160 e 165. L’imperfetto ἀρνύσθην (160) evidenzia la contesa in corso in cui sono contrapposti i due eroi, l’aoristo δινηθήτην (165), sottolinea i tre giri intorno alla rocca di Priamo, azione descritta nella sua momentaneità.

76 De Jong (2012), 99, afferma che Omero e i personaggi sono concordi sulla superiorità di Achille a Troia, ma descrivendo Ettore come ἐσθλός, il narratore aggiunge splendore alla fuga dell’eroe troiano. Cfr. Denniston (1954), 371-372, per la disposizione di μέν e δέ, che presenta variazione dell’ordine in Omero.

77 Richardson (1993), 124, descrive i premi generalmente ottenuti nelle gare. ἱερήϊον sarebbe un animale sacrificale mentre βοείην può indicare una pelle di bue o uno scudo (cfr. VII 238 βῶν). I buoi

(21)

20

Nel caso della corsa di Ettore e Achille non si ambisce quindi ad un premio ordinario,

è in gioco la ψυχή di Ettore

78

, termine con valore di “vita”. Il parallelo con una gara

viene sviluppato nei versi successivi attraverso una similitudine. Ettore e Achille

vengono paragonati a due cavalli, che si confrontano durante i giochi istituiti per

onorare un defunto (162 sgg.). Interessante appare l’ipotesi di lettura della corsa di De

Jong come segno inquietante, presagio della morte di Ettore. La ritiene preferibile allo

scolio in base al quale Omero sarebbe a conoscenza delle corse dei cavalli solamente

nel contesto dei giochi funebri

79

. Sottolinea che la similitudine dei versi 162-166

appare come un’espansione della prima dei versi 22-24, dedicata al solo Achille

paragonato ad un cavallo da corsa vincitore (ὥς θ᾽ ἵππος ἀεθλοφόρος… ὣς

Ἀχιλεὺς…). Sono diversi i punti di contatto in questa sezione: l’importanza del premio

(161 ⁓ 163), la velocità dei cavalli (163 ⁓ 159, 166) e di conseguenza i ripetuti giri

della gara di corsa (162 περὶ τέρματα ⁓ 165) che richiamano quelli di Ettore e Achille

intorno alla rocca.

Dopo i tre giri il poeta sposta l’attenzione dagli eroi e dà spazio agli dei, simili a

spettatori di una competizione

80

.

venivano usati come premi nei giochi funebri, come ad esempio per Patroclo nel XXIII 260. Qui tuttavia il significato di “pelle di bue” appare più probabile, data la presenza di ἱερήϊον. D’accordo anche Paduano, Mirto (2012), 1103, in cui si ravvede nel termine una sineddoche per “scudo costruito con pelli bovine”. In Ciani, Avezzù (1987), 82 sgg., si ipotizza l’allusione dei premi ad una società primitiva, i successivi (164) potrebbero far riferimento ad uno stadio più avanzato. Si tratta di un esempio di incongruenza interna che testimonia la struttura stratificata del poema. Interessante risulta lo scolio bT al verso 159: καὶ νῦν Οἰταῖοι Ἡρακλεῖ πεντετήριον ἀγῶνα ποιοῦντες βύρσας διδόασιν. Ci precisa che le pelli di bue venivano offerte come premio nelle feste quinquennali dedicate ad Eracle, da parte degli abitanti dell’Eta. De Jong (2012), 100, puntualizza che i buoi venivano utilizzati specialmente come secondo premio (750). Sarebbe presente la focalizzazione del narratore che metterebbe in risalto il particolare contesto della gara, una corsa per la vita e la morte. Cfr. Moulton (1974), 396 e Griffin (1980), 139 per diverse interpretazioni.

78 Lo scolio b2 al verso 161 precisa la particolare importanza della posta in gioco per entrambi: ἐλεεινὸν τὸ πρᾶγμα· τὸ θἀτέρου γὰρ ἴδιον κοινὸν ἆθλον ἦν ἀμφοτέρων, τοῦ μέν, εἰ ἐκφύγοι, τὸ ἴδιον ὡς ἆθλον ἔχοντος, τοῦ δὲ, εἰ προφθάσαι, τὸ ἐκείνου λαμβάνοντος.

79 Scolio 164 a: ὅτι ἀμφίβολον, πότερον ἀνδρὸς τεθνεῶτος γυνὴ ἢ ἐπὶ τεθνεῶτι ἀνδρὶ, ὅ καὶ ὑγιές· οὐκ οἶδεν γὰρ ἄλλους ἢ τοὺς ἐπιταφίους ἀγῶνας Ὅμηρος. De Jong (2012), 101, evidenzia inoltre il verbo τρωχῶσι, presente solo in Od. VI 318 e in Od. XV 451 τροχόωντα, oltre a questa sede con il significato di “girare intorno”. In Chantraine (1968) si suggerisce una parentela con τροχός: ruota. Richardson (1993), 125, suggerisce il confronto con XXIII 262-897 per la tradizione in base alla quale le gare si sarebbero originate come giochi funebri. Al XXIII 262 il primo premio è rappresentato da una donna e un tripode insieme.

80 Richardson (1993), 125, pone l’accento sul numero dei giri compiuti dagli eroi. τρίς preannuncia la svolta decisiva del quarto giro. L’azione viene sospesa: l’immagine è bloccata, mentre gli dei discutono poi del destino di Ettore. Il più famoso esempio di questa tecnica è rappresentato dal racconto di come Odisseo si procurò la sua cicatrice, nella scena del riconoscimento da parte di Euriclea (Od. XIX 392- 468). De Jong (2012), 101 suggerisce il confronto con Il. XVI 784-787 in cui Patroclo attacca tre volte i Troiani ma la quarta volta viene colpito da Apollo. Da evidenziare è lo scolio bT al verso 165 περιδινηθήτην: ὡς ἀπὸ τόρνου περιεστράφησαν· ἐξ οὗ τὸ τάχος καὶ τὸ πρὸς μίαν γραμμὴν τρέχειν. I guerrieri giravano come intorno ad un cerchio (disegnato con il compasso): da ciò derivavano velocità

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