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Baby sitter: lavoro e fisco

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Baby sitter: lavoro e fisco

written by Carlos Arija Garcia | 30/04/2018

A che cosa ha diritto chi si prende cura dei bambini. Come funzionano contratto e pagamenti con busta paga, voucher o Libretto famiglia.

Siamo sinceri: chi chiama una baby sitter per accudire i figli quando si è al lavoro o quella sera che si vuole uscire a mangiare una pizza con gli amici raramente pensa a mettere le cose nero su bianco, a fare un contratto di lavoro vero e proprio, a pagarle i contributi ed a versare le tasse al Fisco. Di solito, si contatta una studentessa che ha bisogno di guadagnare qualche soldo per pagarsi le sue spese senza gravare sui genitori e la si paga a ore, a fine prestazione o settimanalmente, ma rigorosamente in nero. Eppure così facendo si corre un grosso rischio perché la baby sitter è, a tutti gli effetti, una lavoratrice domestica con tanto di contratto collettivo nazionale di categoria che fissa orari, compensi, modalità di avvio e di cessazione del rapporto e quant’altro. Una lavoratrice per la quale bisogna fare i conti con le tasse. Insomma, anche sulle baby sitter bisogna tenere ben presenti i concetti di lavoro e di Fisco, come succede con colf e badanti, giusto per citare altri esempi di collaboratori domestici. Vediamo in quali termini.

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Baby sitter: quale rapporto di lavoro

Come accennato, la baby sitter rientra di norma tra i lavoratori domestici e, pertanto, è soggetta alla legge sulla tutela dei rapporti di lavoro [1] e alla contrattazione collettiva, cioè al contratto nazionale di categoria, per le baby sitter che vengono assunte per prestare la loro opera in forma continuativa e prevalente per almeno 4 ore giornaliere dietro una retribuzione in denaro o in natura.

Naturalmente, la diretta interessata può prestare la propria attività come lavoratrice autonoma (sarà tenuta a rilasciare regolare ricevuta o fattura) o come collaboratrice saltuaria. In quest’ultimo caso, è possibile ricorrere:

al voucher baby sitting;

al Libretto famiglia.

Baby sitter: lavoro come dipendente

Assumere una baby sitter comporta dei vantaggi per entrambi le parti. Il datore di lavoro può:

evitare una sanzione da 1.500 a 12.000 euro per la mancata iscrizione della lavoratrice all’Inps, oltre a dover pagare dei contributi arretrati ed interessi cumulati;

ottenere delle agevolazioni dal Fisco sulla dichiarazione dei redditi fino a 1.500 euro di contributi.

La baby sitter può:

usufruire di prestazioni pensionistiche e assicurative, come la disoccupazione, la maternità, la pensione di anzianità, ecc.;

avere un Tfr e la tredicesima;

maturare fino a 26 giorni di ferie all’anno;

avere diritto agli scatti di anzianità e al bonus Renzi.

Come accennato, il contratto nazionale di riferimento per le baby sitter è quello del lavoro domestico. Qui vengono inquadrate nel livello A super, insieme all’addetto alla compagnia. Si tratta, quindi, di lavoratori non addetti all’assistenza di persone con esperienza professionale non superiore a 12 mesi con mansioni saltuarie e/o occasionali.

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Baby sitter dipendente: la retribuzione

Quanto deve guadagnare una baby sitter assunta come dipendente? Secondo il contratto del lavoro domestico in cui sono inquadrate, i minimi tabellari decorrono dal 1° gennaio di ogni anno e vengono incrementati in base alla rivalutazione Istat. Tenendo conto, dunque, del livello A super, la baby sitter non convivente guadagna dal 1° gennaio 2018 5,39 euro l’ora. Ma ci sono altre voci che formano l’intera retribuzione. In particolare, lo stipendio è composto da:

la retribuzione minima contrattuale (quella appena citata);

eventuali scatti di anzianità: 4% sulla retribuzione minima ogni biennio presso lo stesso datore di lavoro per un massimo di 7 scatti;

eventuale compenso sostitutivo per vitto e alloggio;

eventuale superminimo.

Le indennità in natura vengono calcolate in base a delle tabelle convenzionali in alcune circostanze, come per esempio:

calcolo della 13ma;

calcolo del Tfr;

ferie godute in luogo diverso da quello in cui si verifica la convivenza.

La baby sitter deve ricevere lo stipendio entro il giorno 10 del mese successivo. Quindi, ad esempio, la retribuzione di gennaio deve essere corrisposta entro il 10 febbraio, quella di febbraio entro il 10 marzo e così via.

Almeno 30 giorni prima della scadenza della presentazione della dichiarazione dei redditi, il datore di lavoro deve consegnare alla baby sitter la Certificazione unica (ex Cud) che riporta l’ammontare di tutte le somme erogate durante l’anno precedente.

Baby sitter dipendente: l’orario di lavoro

L’orario di lavoro della baby sitter viene concordato insieme al datore di lavoro per un massimo di 10 ore al giorno non consecutive oppure per 8 ore giornaliere consecutive, e per un totale di 40 ore settimanali distribuite in 5 o 6 giorni nel caso più abituale delle baby sitter non conviventi (altrimenti sarebbero 54 ore settimanali).

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Ci possono essere delle circostanze che richiedano qualche ora di lavoro straordinario da parte della baby sitter. In questo caso, come vengono calcolate?

Il lavoro straordinario deve essere richiesto con almeno una giornata di anticipo, tranne in casi di emergenza o di fronte ad un imprevisto e si compensa con:

una maggiorazione del 25% per le ore lavorate tra le 6 e le 22 (straordinario diurno);

una maggiorazione del 50% per le ore lavorate tra le 22 e le 6 (straordinario notturno);

una maggiorazione del 60% per le ore lavorate nei giorni di riposo e nelle festività infrasettimanali;

una maggiorazione del 40% per le ore lavorate in mezza giornata di riposo;

una maggiorazione del 10% per le ore eccedenti le 44 ore settimanali per i lavoratori non conviventi dalle 6 alle 22.

La maggiorazione si calcola sulla retribuzione globale di fatto.

Baby sitter dipendente: il lavoro festivo

Può succedere che una coppia abbia bisogno di una baby sitter in un giorno festivo, forse perché deve fare un week end fuori o un ponte che comprende una giornata segnata in rosso sul calendario. In questo caso, la lavoratrice assunta a che cosa ha diritto?

Intanto diciamo che sono considerate giornate festive:

il 1° gennaio (Capodanno);

il 6 gennaio (Epifania);

il lunedì dell’Angelo (o lunedì di Pasqua);

il 25 aprile (anniversario della Liberazione);

il 1° maggio (festa dei lavoratori);

il 2 giugno (festa della Repubblica);

il 15 agosto (Ferragosto);

il 1° novembre (festa di Ognissanti);

l’8 dicembre (festa dell’Immacolata);

il 25 dicembre (Natala);

il 26 dicembre (Santo Stefano);

il giorno del santo patrono della città in cui si lavora.

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La festività che cade di domenica o nel giorno di riposo stabilito deve comportare il recupero del riposo in un’altra giornata oppure il pagamento di 1/26 della retribuzione globale di fatto. Ma se in una di quelle giornate la baby sitter viene chiamata a lavorare, ha diritto a:

la retribuzione della normale giornata lavorativa;

la maggiorazione del 60% sulle ore lavorate.

Se il rapporto di lavoro è ad ore, le festività elencate devono essere corrisposte con la normale paga ragguagliata ad 1/6 dell’orario settimanale.

Baby sitter dipendente: le ferie

La baby sitter ha diritto alle ferie? Certo. Se è assunta come lavoratrice dipendente, al di là dell’orario di lavoro, ha diritto ha 26 giorni lavorativi di ferie all’anno su sei giorni lavorativi settimanali (altrimenti si riducono in modo proporzionale). Se la baby sitter ha lavorato meno di un anno, ha diritto ad 1/12 per ogni mese lavorato.

Le ferie possono essere monetizzate solo in caso di cessazione del rapporto di lavoro (vanno pagate quelle non godute), altrimenti, la baby sitter ha diritto ad usufruire dei giorni residui.

Le ferie non possono essere godute durante il preavviso di licenziamento, di malattia o infortunio. Per ogni giorno di ferie, chi è assunto con retribuzione mensile deve ricevere la normale retribuzione. Chi, invece, è assunto ad ore. Deve percepire una retribuzione pari ad 1/6 dell’orario settimanale per ogni giorno di ferie godute.

Baby sitter dipendente: i permessi

La baby sitter ha diritto anche a permessi retribuiti in caso di:

visite mediche documentate se la visita coincide, anche solo parzialmente, con l’orario di lavoro e fino a 12 ore se non convivente con orario di lavoro fino a 30 ore settimanali oppure fino a 12 ore annue se con orario inferiore alle 30 ore settimanali;

decesso di un familiare fino al secondo grado di parentela per tre giorni di calendario.

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Baby sitter dipendente: la malattia

La baby sitter assunta come dipendente ha diritto anche alla malattia. Se, però, deve restare a casa deve avvisare il datore di lavoro e deve presentare il certificato medico.

Ha diritto a conservare il posto di lavoro per un periodo massimo di:

10 giorni di calendario se ha un’anzianità fino a 6 mesi;

45 giorni di calendario se ha un’anzianità da più di 6 mesi a 2 anni;

180 giorni di calendario se ha un’anzianità superiore a 6 mesi.

Ha anche diritto ad un’indennità di malattia a carico del datore di lavoro per un periodo massimo di:

8 giorni all’anno se ha un’anzianità fino a 6 mesi;

10 giorni all’anno se ha un’anzianità da più di 6 mesi a 2 anni;

15 giorni all’anno se ha un’anzianità superiore ai 6 mesi.

L’indennità spetta al 50% fino al terzo giorno di malattia e al 100% da quarto giorno in poi.

Baby sitter e maternità: l’infortunio

In caso di infortunio, la baby sitter assunta come dipendente deve avvisare tempestivamente il datore di lavoro presentando un certificato medico. Il datore, a sua volta, deve inoltrare la domanda di infortunio all’Inail entro 48 ore dall’evento o dal momento in cui ha ricevuto il certificato. Una copia di questa domanda deve essere inviata pure all’Autorità di pubblica sicurezza del luogo in cui è avvenuto l’infortunio. Se l’episodio ha provocato la morte del lavoratore, la comunicazione all’Inail va inviata entro 24 ore.

Come nel caso di malattia, la baby sitter che ha subìto l’infortunio ha diritto, durante il periodo di assenza, a conservare il posto di lavoro per:

10 giorni di calendario se ha un’anzianità fino a 6 mesi;

45 giorni di calendario se ha un’anzianità da più di 6 mesi a 2 anni;

180 giorni di calendario se ha un’anzianità superiore a 6 mesi.

Il datore di lavoro deve pagare l’indennità il giorno dell’infortunio più i 3 giorni

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successivi, mentre dal quarto giorno in poi il pagamento spetta all’Inail.

Baby sitter dipendente: il congedo per matrimonio

Chi lavora come baby sitter con contratto di assunzione ha diritto a 15 giorni di calendario di congedo retribuito per matrimonio. I giorni di permesso possono essere fruiti subito dopo le nozze oppure in un secondo momento, purché entro un anno dal matrimonio.

Baby sitter dipendente: la maternità

La baby sitter assunta come dipendente è tenuta ad avvisare il datore di lavoro della gravidanza presentando un regolare certificato medico in cui sia indicata anche la data presunta del parto. Durante la gravidanza, la lavoratrice non può essere licenziata, tranne che per giusta causa.

Il congedo di maternità, come per tutte le donne con contratto subordinato, è di 5 mesi:

1 o 2 mesi prima del parto;

3 0 4 mesi dopo il parto.

Durante il congedo per maternità, la baby sitter viene pagata dall’Inps e mantiene la maturazione e la conseguente liquidazione dei ratei di tredicesima da parte del datore di lavoro. Matura anche Tfr e ferie.

Baby sitter dipendente: risoluzione del rapporto di lavoro

Nel caso in cui datore di lavoro o baby sitter vogliano risolvere il contratto, la comunicazione va data in forma scritta. Alla lavoratrice con un meno di 25 ore settimanali spetta un preavviso pari a:

8 giorni con un’anzianità fino a 2 anni;

15 giorni con un’anzianità superiore a 2 anni.

Chi, invece, ha un contratto di più di 25 ore settimanali ha diritto ad un preavviso di:

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15 giorni con un’anzianità fino a 5 anni;

30 giorni con un’anzianità superiore a 5 anni.

Se la risoluzione del rapporto di lavoro avviene per dimissioni della baby sitter, i tempi di preavviso di riducono del 50%. Raddoppiano, invece, se la baby sitter viene licenziata entro il 31mo giorno successivo al termine del congedo per maternità.

Al momento della fine del rapporto di lavoro, il datore deve corrispondere il Tfr, pari a circa una mensilità per ogni anno lavorato.

Baby sitter autonoma: voucher e Libretto famiglia

Dal mese di gennaio 2018, la baby sitter che lavora in modo occasionale ed autonomo, quindi senza un contratto subordinato, può essere pagata con i voucher, chiamati in gergo tecnico «contributo di acquisto di servizi di baby sitting». Viene erogato con le modalità previste per il Libretto famiglia.

Il voucher permette di ottenere il pagamento della baby sitter da parte dell’Inps fino a 600 euro al mese, da riproporzionare in caso di prestazioni a part time.

Tuttavia, come appena accennato, per la retribuzione è necessario utilizzare il Libretto famiglia in quanto unica modalità consentita per pagare queste prestazioni occasionali da parte di datori di lavoro che non sono né imprese né professionisti. Solo chi ha già chiesto il pagamento con i vecchi voucher, può utilizzarli fino al 31 dicembre 2018.

Baby sitter autonome: a chi spetta il voucher

Il voucher per la baby sitter spetta alle lavoratrici madri che hanno terminato il periodo di congedo di maternità e rinuncino all’eventuale periodo di congedo parentale a cui hanno diritto. Nel dettaglio, hanno diritto a quest’agevolazione le lavoratrici che siano:

dipendenti del settore pubblico o privato;

iscritte alla Gestione separata dell’Inps;

autonome o imprenditrici.

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Il voucher per la baby sitter non spetta alle lavoratrici:

in gestazione;

che non hanno diritto al congedo parentale;

siano esentate al 100% dal pagamento della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati convenzionati;

usufruiscono dei benefici di cui al Fondo per le Politiche relative ai diritti ed alle pari opportunità.

Baby sitter autonome: come chiedere il voucher

La lavoratrice che intende usufruire del voucher per la baby sitter deve presentare domanda all’Inps entro il 31 dicembre 2018. L’accettazione della domanda è vincolata alle risorse disponibili. La richiesta va effettuata solo in via telematica accedendo al sito dell’Inps tramite il relativo dispositivo Pin oppure tramite patronato.

Se l’esigenza della lavoratrice interessa più figli, va presentata una domanda per ciascuno di bambini.

Le lavoratrici autonome hanno diritto a chiedere il voucher per la baby sitter se hanno concluso il teorico periodo di congedo di maternità e non è trascorso un anno dalla nascita del bambino o del suo ingresso in famiglia (in caso di adozione).

Dal momento che il contributo può essere concesso per un massimo di tre mesi su frazioni mensili intere, occorre, comunque, che:

al momento della presentazione della domanda, la richiedente possa fruire ancora di un mese di congedo parentale;

alla data di presentazione dell’istanza ci sia corrispondenza tra le mensilità richieste e le mensilità di congedo parentale ancora fruibili;

la domanda non sia presentata durante il dodicesimo mese di vita del minore, in quanto non sussiste più l’unità minima di congedo parentale (una mensilità) alla quale la madre può rinunciare.

Baby sitter autonoma: cosa deve contenere la domanda del voucher

Il contenuto della domanda per ottenere il voucher per la baby sitter cambia a

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seconda del tipo di lavoratrice che lo richiede.

Nel caso della lavoratrice dipendente ed iscritta alla Gestione separata, la domanda deve contenere:

i dati anagrafici, di residenza e, se esistenti, di domicilio;

il numero di cellulare, indirizzo Pec o e-mail per la ricezione delle comunicazioni da parte di INPS;

i dati del padre del minore e i periodi di congedo parentale da lui fruiti in relazione al minore per cui si chiede il beneficio;

i dati del minore;

i dati relativi al congedo di maternità fruiti per il minore indicato e, in particolare, la data dell’ultimo giorno di congedo;

i periodi di congedo parentale già fruiti per il minore stesso;

la decisione di accedere al contributo «voucher baby sitting» e per quante mensilità, con conseguente riduzione di altrettante mensilità di congedo parentale;

i dati relativi al proprio datore di lavoro o committente o, per le sole libere professioniste iscritte alla gestione separate, la dichiarazione di non avere datori di lavoro o committenti;

l’indicazione, in caso di part-time, il rapporto o i rapporti di lavoro per cui si chiede la concessione del beneficio;

la dichiarazione di aver presentato la dichiarazione ISEE.

Nel caso della lavoratrice autonoma, la domanda deve contenere:

i dati anagrafici, di residenza e, ove esistenti, di domicilio;

il numero di cellulare, indirizzo Pec o e-mail per la ricezione delle comunicazioni da parte di INPS;

i dati del padre del minore e i periodi di congedo parentale da lui fruiti in relazione al minore per cui si chiede il beneficio;

i dati del minore;

la data dell’ultimo giorno del periodo teorico di fruizione dell’indennità di maternità riferito al minore indicato;

i periodi di congedo parentale già fruiti per il minore stesso;

la decisione di accedere al contributo «voucher baby sitting» e per quante mensilità, con conseguente riduzione di altrettante mensilità di congedo parentale;

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la dichiarazione di aver presentato la dichiarazione ISEE.

Baby sitter autonoma: accoglimento o rigetto della domanda del voucher

L’Inps pubblica sul proprio sito online il provvedimento di accoglimento o di rigetto della domanda del voucher per la baby sitter. Tale decisione viene comunicata anche via Pec o e-mail, secondo la modalità indicata al momento di presentazione della richiesta. Se viene utilizzata la Pec, il provvedimento decorre dalla data di trasmissione dello stesso. Se utilizzata la posta elettronica non certificata, il provvedimento di intende ricevuto al momento della sua visualizzazione e, comunque, dal 61mo giorno successivo alla presentazione della domanda.

Baby sitter autonoma: periodo e modalità di fruizione del voucher

Se la domanda per ottenere il voucher per la baby sitter viene accolta, la fruizione avviene durante:

6 mesi, da fruire negli 11 mesi successivi al termine del congedo di maternità, per le madri lavoratrici dipendenti;

3 mesi, da fruire negli 11 mesi successivi al termine del congedo di maternità per le lavoratrici iscritte alla Gestione separata;

3 mesi, da richiedere al termine del periodo di fruizione dell’indennità di maternità e nei tre mesi successivi ovvero entro il primo anno di vita del bambino, per le lavoratrici autonome o imprenditrici.

La madre lavoratrice usufruisce dei benefici per frazioni mensili intere, con ciò intendendosi un mese continuativo di congedo.

La lavoratrice usufruisce di quattro mesi e un giorno di congedo parentale.

L’accesso al beneficio avviene per un solo mese, residuandole 29 giorni da utilizzare solo come congedo parentale.

Sono stati eliminati i voucher cartacei a favore di quelli telematici per garantire una maggiore tracciabilità. Pertanto, è necessario essere in possesso del Pin o, in alternativa, autenticare la richiesta tramite la Carta nazionale dei servizi o lo Spid (il sistema di identità digitale).

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La lavoratrice madre, dunque, deve:

accedere alla procedura per l’assegnazione del voucher tramite la voce di menu «Committente/datori di lavoro (accesso con PIN)», presente nel menù delle funzionalità del Lavoro accessorio e scegliere di agire come committente/persona fisica;

tramite la voce «Appropriazione Bonus» entrare in possesso del voucher, che, in modalità telematica, andrà a far parte dell’importo disponibile utilizzabile per il pagamento delle prestazioni rese dalla baby sitter.

Inoltre, per accedere alla funzionalità e confermare l’appropriazione, la madre deve inserire i seguenti dati obbligatori:

il proprio codice fiscale;

il codice fiscale del bambino;

il numero di domanda;

l’anno di riferimento.

La lavoratrice deve appropriarsi del bonus nel termine di 120 giorni dalla ricevuta di accoglimento della domanda tramite i canali telematici. In mancanza, si considera come rinuncia tacita allo stesso.

Inoltre, entro 24 mesi dall’appropriazione del bonus, la lavoratrice madre deve restituire le mensilità di cui non ha usufruito. La rinuncia al beneficio può essere effettuata dal giorno successivo all’accoglimento della domanda. In tal caso, per la lavoratrice dipendente, al fine di reintegrare il periodo di congedo parentale spettante alla lavoratrice, l’INPS comunica, tramite PEC, al datore di lavoro:

l’avvenuta rinuncia al beneficio da parte della lavoratrice;

i mesi per i quali la rinuncia è stata esercitata.

Baby sitter autonoma: il Libretto famiglia

Chi non ha diritto ai voucher per la baby sitter deve effettuare i pagamenti attraverso il Libretto famiglia. Questo libretto è composto da titoli di pagamento del valore di 10 euro, utilizzabili per corrispondere delle prestazioni inferiori ad un’ora. Questi 10 euro sono così suddivisi:

8 euro per pagare la baby sitter;

1,65 euro per i contributi previdenziali destinati alla Gestione separata;

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0,25 euro per il premio assicurativo Inail;

0,10 euro per gli oneri di gestione.

Una volta effettuata la registrazione nella procedura Prestazioni occasionali, si deve fare l’acquisizione telematica del contributo per l’acquisto dei servizi della baby sitter, erogato tramite libretto famiglia, entro 120 giorni dalla comunicazione di accoglimento della domanda da parte dell’Inps. Il superamento di questo termine si intende come rinuncia al beneficio.

L’acquisizione telematica di solo una parte del beneficio, entro il termine di 120 giorni, comporta l’automatica rinuncia alla restante parte.

Baby sitter: si possono dedurre i costi?

Chi utilizza i servizi di una baby sitter può dedurre dal reddito complessivo Irpef i contributi previdenziali ed assistenziali anche se ha assunto la persona che si prende cura del bambino tramite un’agenzia interinale, a condizione che quest’ultima rilasci una certificazione attestante gli importi pagati, gli estremi anagrafici e il codice fiscale del soggetto che effettua il pagamento del lavoratore.

L’importo massimo deducibile ogni anno è di 1.549,37 euro.

Il datore di lavoro è tenuto a conservare i documenti che provano i versamenti effettuati (ricevute dei bollettini postali o ricevute del pagamento online).

Le spese per la baby sitter non sono deducibili se pagate per conto di un familiare.

Anche i contributi previdenziali versati attraverso i voucher per la baby sitter possono essere dedotti dal reddito complessivo per la quota rimasta a carico del committente e comunque per un importo non superiore a 1.549,37 euro.

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