IV. Funzioni olomorfe
La teoria delle funzioni di una variabile complessa `e un capitolo centrale e pieno di fa- scino della matematica. Ha la sua preistoria nelle opere di Leonhard Euler (1707–1783), Joseph-Louis Lagrange (1736–1813) e Carl Friedrich Gauss (1777–1855), il suo periodo aureo con Augustin-Louis Cauchy (1789–1857), G. F. Bernhard Riemann (1826–1866), Hermann Schwarz (1843–1921) e Karl Weierstrass (1815–1897), ed `e il risultato del contributo di molti matematici tral il 1800 e il 1950. Le idee, i metodi e i risultati della teoria delle funzioni olomorfe, al di l` a della loro bellezza estetica giocano un ruolo fondamentale in molte branche della matematica sia pura che applicata. Noi qui ci limiteremo a darne solo una introduzione, ad un livello elementare.
1 Funzioni da C in C
Numeri complessi
Ricordiamo che, se si associa ad ogni z = a + ib ∈ C il punto (a, b) ∈ R 2 , si ottiene una identificazione tra l’insieme dei numeri complessi C e R 2 , che rispetta le strutture di spazio vettoriale in C e R 2 . La struttura di prodotto di numeri complessi da’ inoltre un modo semplice di descrivere le rotazioni orientate del piano della geometria. Infatti se z = a + ib, w = c + id sono due numeri complessi, si ha
zw = (a + ib)(c − id) = (ac + bd) + i(bc − ad) = (z|w) R
2+ i det(w, z) (1.1) e dunque, se θ `e l’angolo formato dai vettori z = (a, b) e w = (c, d), misurato da w a z,
wz = |z||w|(cos θ + i sin θ).
In particolare si ritrova che iz, la moltiplicazione di z = a + ib per i, corrisponde al vettore ottenuto ruotando di π/2 in senso antiorario il vettore z: infatti izz = i |z| 2 =
|z| 2 (0 + i1).
Derivata complessa
Ricordiamo, cfr. Vol. III, Cap. 7, che in analogia con la derivata delle funzioni di una
variabile si pone
1.1 Definizione. Sia f : Ω ⊂ C → C, Ω aperto, z 0 ∈ Ω. Si dice che f `e derivabile in senso complesso in z 0 con derivata f 0 (z 0 ) se esiste finito (in C)
f 0 (z 0 ) = lim
z→z
0f (z) − f(z 0 ) z − z 0 .
f 0 (z 0 ) `e detta la derivata complessa di f in z 0 . Se f ha derivata complessa in ogni punto di Ω, si dice che f `e olomorfa in Ω. La classe delle funzioni olomorfe su Ω si denota con H(Ω).
1.2 ¶ Mostrare che, come nel caso delle funzioni di una variabile reale.
(i) Se f ha derivata complessa in z
0, allora f `e continua in z
0.
(ii) Se f, g hanno derivata complessa in z
0, allora f + g, f g hanno derivata complessa in z
0e (f + g)
0(z
0) = f
0(z
0) + g
0(z
0), (f g)
0(z
0) = f
0(z
0)g(z
0) + f (z
0)g
0(z
0).
In particolare H(Ω) `e un anello su C.
(iii) Se f, g hanno derivata complessa e g(z
0) 6= 0, allora f/g ha derivata complessa in z
0e
“ f g
”
0(z
0) = f
0(z
0)g(z
0) − g
0(z
0)f (z
0) g
2(z
0) .
(iv) Siano Ω ⊂ C aperto, z
0∈ Ω, f : Ω → C, A un aperto in C con f(z
0) ∈ A e g : A → C. Se f ha derivata complessa in z
0e g ha derivata complessa in f (z
0), allora g ◦ f ha derivata complessa in z
0e (g ◦ f)
0(z
0) = g
0(f (z
0))f
0(z
0).
(v) se F ha derivata complessa in Ω, e γ : [0, 1] → Ω `e di classe C
1, allora t → F (γ(t)) `e derivabile in [0, 1] e
d
dt F (γ(t)) = F
0(γ(t))γ
0(t) ∀t ∈ [0, 1].
1.3 ¶ Siano f ∈ H(Ω), g ∈ H(∆) con Ω, ∆ aperti e f = g in Ω ∩ ∆. Allora la funzione
F (z) :=
( f (z) se z ∈ Ω, g(z) se z ∈ ∆
`e olomorfa in Ω ∪ ∆.
1.4 ¶ Mostrare che
(i) I polinomi in z ∈ C sono funzioni olomorfe su C.
(ii) La funzione R(z) := P (z)/Q(z) quoziente di due polinomi P e Q `e olomorfa in Ω := {z ∈ C | Q(z) 6= 0}.
Le equazioni di Cauchy–Riemann
Cominiciamo con qualche notazione. Sia f una funzione differentiabile a valori com- plessi, f (z) = f (x, y) = u(x, y) + iv(x, y) se z := x + iy. Indichiamo rispettivamente con f x e f y la prima e la seconda colonna della matrice jacobiana di f (x, y) :
Df (z) = [f x |f y ] =
u x u y
v x v y
. Definiamo
∂f
∂z = f z := 1
2 (f x − if y ), ∂f
∂z = f z := 1
2 (f x + if y ), in modo che
f x = f z + f z , f y = i(f z − f z ).
Funzioni da C in C 139
file = cauchy.ps file = riemann.ps
file = weierstrass.ps
Figura 1.1.
Poniamo quindi
dz := dx + i dy, dz := dx − i dy, in modo che dx = 1 2 (dz + dz), dy = 2i 1 (dz − dz) e
df = f x dx + f y dy = f z dz + f z dz.
Ora, f : Ω ⊂ C → C, Ω aperto, ha derivata complessa in z 0 := x 0 + iy 0 se e solo se f (z 0 + w) = f (z 0 ) + f 0 (z 0 ) w + o( |w|) per w → 0. (1.2) D’altra parte f = u + iv `e differentiabile (in senso reale) in (x 0 , y 0 ) se
( u(x 0 + x, y 0 + y) = u(x 0 , y 0 ) + u x (x 0 , y 0 ) x + u y (x 0 , y 0 ) y + o( |w|), v(x 0 + x, y 0 + y) = v(x 0 , y 0 ) + v x (x 0 , y 0 ) x + v y (x 0 , y 0 ) y + o( |w|)
per w = x + iy → 0, che possiamo riscrivere, moltiplicando la seconda relazione per i e sommandola alla prima, come
f (z 0 + w) = f (z 0 ) + f x (z 0 )x + f y (z 0 )y + o( |w|) per w → 0. (1.3) Confrontando le (1.2) (1.3) si ottiene subito
1.5 Proposizione. f : Ω ⊂ C → C ha derivata complessa in z 0 ∈ Ω se e solo se f `e differenziabile (in senso reale) in z 0 e per qualche λ ∈ C
∂f
∂w (z 0 ) = Df (z 0 )(w) = λ w. (1.4)
In questo caso λ = f 0 (z 0 ).
La condizione (1.4) afferma che il differenziale (reale) di una funzione f con derivata complessa in z
0esiste ed agisce sui vettori di R
2con una moltiplicazione complessa
w −→ ∂f
∂w (z
0) = df (z
0)(w) = λ w.
E’ una condizione particolarmente stringente. Infatti due vettori w
1, w
2∈ C vengono mappati dal differenziale nei vettori λ w
1, λ w
2, i.e. in vettori ruotati dello stesso angolo e amplificati allo stesso modo di |λ|. In particolare vettori w
1e w
2perpendicolari e di lunghezza uguale hanno immagini λ w
1e λ w
2perpendicolari e di lunghezza uguale. Se poi w
2= iw
1, i.e., w
2`e il ruotato di w
1di π/2 in senso antiorario, allora banalmente λw
2= i λw
1, i.e., l’immagine di w
2`e il ruotato di π/2 in senso antiorario dell’immagine di w
1.
Se f `e differenziabile in z
0, la (1.4) `e equivalente a
f
y(z
0) = if
x(z
0). (1.5)
e quindi f
0(z
0) = f
x(z
0) = f
z(z
0). A parole la (1.4) esprime il fatto che il vettore f
ysi ottiene ruotando di π/2 in senso antiorario il vettore f
x. La (1.4) si puo’ anche riscrivere come
∂f
∂z (z
0) = 0, (1.6)
oppure come le identit` a
8 >
> <
> >
:
∂u
∂x (x
0, y
0) = ∂v
∂y (x
0, y
0),
∂u
∂y (x
0, y
0) = − ∂v
∂x (x
0, y
0)
(1.7)
nelle componenti di f , f =: u + iv. Infine la (1.5) `e anche equivalente alle condizioni 8 >
<
> :
|f
x(z
0)| = |f
y(z
0)|, (f
x(z
0)|f
y(z
0)) = 0, det Df (z
0) ≥ 0.
(1.8)
Pertanto
1.6 Proposizione. Sia Ω aperto. f ∈ H(Ω) se e solo se f `e differenziabile (in senso reale) in Ω e una delle condizioni seguenti `e verificata
(i) f y (z) = if x (z) ∀z ∈ Ω, (ii) ∂f ∂z (z) = 0 ∀z ∈ Ω,
(iii) f := u + iv soddisfa le equazioni di Cauchy–Riemann dette equazioni di Cauchy-
Riemann.
∂u
∂x (x, y) = ∂v
∂y (x, y),
∂u
∂y (x, y) = − ∂v
∂x (x, y)
∀z = x + iy ∈ Ω,
(iv) f verifica le condizioni di conformalit` a
( |f x (z) | = |f y (z) |, (f x (z) |f y (z)) = 0, e det Df (z) ≥ 0 ∀z ∈ Ω.
In questo caso f 0 (z) = ∂f ∂z (z) = ∂f ∂x (z) ∀z ∈ Ω.
Il teorema fondamentale del calcolo in C 141
2 Il teorema fondamentale del calcolo in C
Integrale di linea
Sia f : Ω → C, Ω ⊂ C aperto, una funzione continua e sia γ : [0, 1] → Ω ⊂ C una curva C 1 in Ω. L’integrale di f (z) dz lungo la curva γ `e definito da
Z
γ
f (z) dz :=
Z 1 0
f (γ(t))γ 0 (t) dt = Z 1
0 <
f (γ(t))γ 0 (t) dt + i
Z 1 0 =
f (γ(t))γ 0 (t) dt.
L’integrale di f (z) dz lungo una linea γ `e dunque la versione complessa dell’integrale di una 1-forma differenziale lungo una curva, cfr. Cap. 3. Ricordiamo rapidamente alcune propriet` a. E’ presto visto, usando la formula di cambiamento di variabili per integrali unidimensionali che, se δ : [a, b] → Ω `e una riparametrizzazione di γ, i.e. se δ = γ ◦ h essendo h : [a, b] → [0, 1] di classe C 1 e con h 0 ≥ 0, allora
Z
δ
f (z) dz = Z
γ
f (z) dz
Ricordiamo infine che se γ : [0, 1] → Ω e δ : [a, b] → Ω sono due curve semplici di classe C 1 con la stessa immagine e γ(0) = δ(a), γ(1) = δ(b), allora γ e δ sono ciascuna la riparametrizzazione dell’altra e dunque
Z
γ
f (z) dz
dipende in realt` a solo dalla traiettoria γ(A) di γ. Ricordiamo infine le stime, che seguono direttamente dalla definizione,
Z
γ
f (z) dz ≤
Z
γ |f(z)| ds ≤ ||f|| ∞,Ω L(γ)
avendo denotato con ds l’elemento d’arco e con L(γ) la lunghezza della curva γ.
Primitive olomorfe e integrali
2.1 Definizione. Siano Ω un aperto e f : Ω → C. Si dice che F ∈ H(Ω) `e una primitiva olomorfa di f in Ω se F 0 (z) = f (z) ∀z ∈ Ω.
Contrariamente al caso di funzioni di una variabile reale, non `e detto che una funzione f : Ω → C continua, o anche olomorfa in Ω, abbia una primitiva olomorfa F in Ω.
2.2 Esempio Sia f (z) =
1z, z 6= 0 e γ(t) := e
it, t ∈ [0, 2π]. Evidentemente f ∈ H(C \ {0}). Se esistesse una primitiva olomorfa F di f (z) dz su C \ {0}, allora
0 = F (1) − F (1) = F (γ(2π)) − F (γ(0)) = Z
γ
dz z =
Z
2π 0ie
ite
itdt = 2π i (2.1)
un assurdo.
2.3 Teorema (fondamentale del calcolo). Siano Ω ⊂ C un aperto connesso e f : Ω → C una funzione continua. F ∈ H(Ω) `e una primitiva olomorfa per f in Ω se e solo se per ogni z, w ∈ Ω e ogni curva γ : [0, 1] → Ω di classe C 1 a tratti con γ(0) = w, γ(1) = z si ha
F (z) − F (w) = Z
γ
f (z) dz.
Dimostrazione. Supponiamo che F sia una primitiva olomorfa di f . Allora f (γ(t))γ
0(t) = F
0(γ(t))γ
0(t) =
d
dt
(F (γ(t))), cfr. Esercizio 1.2. Segue dal teorema fondamentale del calcolo per funzioni di variabile reale,
Z
γ
f (z) dz = Z
10
F
0(γ(t))γ
0(t) dt = Z
10
d
dt (F (γ(t))) dt = F (γ(1)) − F (γ(0)).
Viceversa sia z ∈ Ω e δ > 0 tale che B(z, δ) ⊂ Ω. Per ogni h, |h| < δ, segue dall’ipotesi che F (z + h) − F (z) =
Z
γ
f (w) dw
essendo γ la spezzata che congiunge z con z + h muovendo prima in orizzontale e quindi in verticale, cfr. Figura 2.3. Si noti che la lunghezza di γ non supera √
2 |h| e che l’immagine di γ `e contenuta in
B(z, |h|). Essendo Z
γ
dw = h, si ha
˛ ˛
˛F (z + h) − F (z) − hf(z) ˛ ˛ ˛ =
˛ ˛
˛ ˛ Z
γ
(f (ζ) − f(z)) dζ
˛ ˛
˛ ˛ ≤ sup
ζ∈B(z,|h|)
˛ ˛
˛f(ζ) − f(z) ˛ ˛ ˛ √ 2 |h|
e quindi ˛ ˛ ˛ ˛ F (z + h) − F (z)
h − f(z)
˛ ˛
˛ ˛ ≤
√ 2 sup
ζ∈B(z,|h|)
|f(ζ) − f(z)|
Essendo f continua in z, per h → 0, si ottiene che F ha derivata complessa in z con F
0(z) = f (z) . 2.4 ¶ Sia Ω ⊂ C un aperto connesso e F : Ω → C tale che F
0(z) = 0 ∀z ∈ Ω, allora F `e costante in Ω.
2.5 Teorema. Sia Ω un dominio di C. f : Ω → C ha una primitiva olomorfa in Ω se
e solo se Z
γ
f (z) dz = 0 (2.2)
per ogni curva chiusa γ di classe C 1 a tratti con immagine in Ω.
Dimostrazione. Se f ha una primitiva olomorfa in Ω, allora la (2.2) segue dal teorema fondamentale del calcolo.
Viceversa, assumiamo la (2.2). Siano z
0, z ∈ Ω e δ
z: [0, 1] → Ω una curva di classe C
1a tratti con δ(0) = z
0e δ(1) = z. Sia
F (z) :=
Z
δz
f (ζ) dζ
Per ipotesi F (z) non dipende dalla scelta di δ
zma solo da z, dunque F : Ω → C `e univocamete definita. Se ora z, w ∈ Ω e γ : [0, 1] → Ω `e una curva C
1a tratti con γ(0) = w, γ(1) = z, allora
F (z) − F (w) = Z
δz
f (ζ) dζ − Z
δw
f (ζ) dζ = Z
γ
f (ζ) dζ
ancora per la (2.2). F `e allora una primitiva olomorfa di f in Ω per il teorema fondamentale del
calcolo.
Il teorema fondamentale del calcolo in C 143
A
R
Figura 2.1. A `e ammissibile, ma A ∩ R non lo `e.
Domini regolari
Un aperto connesso di C si chiama anche un dominio di C. Diciamo che A `e un dominio regolare se A `e un dominio la cui frontiera `e l’unione delle immagini di un numero finito di curve semplici chiuse C 1 a tratti che si toccano eventualmente sugli estremi.
In particolare per tutti i punti x del bordo ∂A tranne al piu’ un numero finito, `e definita la normale esterna ad A in x; indicheremo quindi con ∂ + A una curva C 1 a tratti che percorre il bordo di A in senso antiorario, i.e., lasciando alla sua destra la normale esterna ad A. La curva ∂ + A, pur non essendo univocamente definita, si chiama con un qualche abuso di linguaggio la frontiera orientata in senso antioriario, di A. In ogni caso, se f : Ω → C `e continua, l’integrale
Z
∂
+A
f (z) dz
`e univocamente definito, non dipendendo dalla parametrizzazione scelta nel percorrere
∂A in senso antiorario.
Sia Ω un aperto e A ⊂ Ω un dominio regolare di C. ` E falso in generale che se R ⊂ Ω
`e un rettangolo, allora A ∩ R sia ancora un dominio regolare di C, cfr. Figura 2.1.
Diremo che A ⊂⊂ Ω `e un dominio ammissibile per Ω se esiste una quadrettatura di C tale che per ogni quadrato aperto R della quadrettatura tale che R ∩ A 6= ∅ si abbia
(i) R ⊂ Ω,
(ii) R ∩ A sia un dominio regolare di C.
Non `e il caso di discutere questa definizione, anche perche’ a posteriori risulter` a del tutto superflua. Baster` a osservare per quel che segue che i domini piccoli, i rettangoli di Ω, le palle B(z, r) ⊂⊂ Ω, le corone A(z, r, R) := {w ∈ C | r < |w−z| < R} strettamente contenute in Ω e gli insiemi del tipo A := B(z 0 , r) \B(z, δ) con B(z, δ) ⊂ B(z 0 , r) ⊂⊂ Ω sono domini ammissibili.
2.6 Proposizione. Sia f : Ω → C una funzione continua definita su un dominio Ω ⊂ C. Sono fatti equivalenti
(i) per ogni rettangolo R ⊂ Ω con i lati paralleli agli assi, si ha R
∂
+R f (z) dz = 0,
(ii) per ogni rettangolo R ⊂ Ω con i lati paralleli agli assi e, per ogni z 0 ∈ R, la funzione
Ω
∂
+A A A
Figura 2.2. (a) Un dominio A ⊂ C. (b) A `e un dominio ammissibile in Ω.
F (z) :=
Z
γ
zf (ζ) dζ, z ∈ R,
dove γ z : [0, 1] → R `e la spezzata che congiunge z 0 = x 0 + iy 0 con x + iy 0 e quindi x + iy 0 con z = x + iy, `e una primitiva olomorfa di f in R,
(iii) per ogni dominio ammissibile A in Ω si ha Z
∂
+A
f (z) dz = 0.
Dimostrazione. (i) ⇒ (ii). Mostriamo che F
0(z) = f (z) ∀z ∈ R. Sia w 6= 0 tale che z + w ∈ R. Dalla (i) segue che
F (z + w) − F (z) = Z
γ
f (ζ) dζ
essendo γ la spezzata che congiunge z con z + w muovendo prima in orizzontale e quindi in verticale.
Si noti che la lunghezza di γ `e √
2 |w| e che l’immagine di γ `e contenuta in B(z, |w|). Si puo’ allora ripetere il ragionamento nella dimostrazione della Proposizione 2.6 e concludere che F ha derivata complessa in z e che F
0(z) = f (z).
(ii) ⇒ (iii). Sia R un rettangolo con i lati paralleli agli assi contenuto in Ω e sia F
Runa primitiva olomorfa di f in R. Segue dal Teorema 2.3
Z
γ
f (z)dz = Z
10
f (γ(t))γ
0(t) dt = Z
10
d
dt F (γ(t)) = F (γ(1)) − F (γ(0)) per ogni curva γ C
1a tratti contenuta in R, in particolare
z w
z
0Figura 2.3.
I teoremi fondamentali sulle funzioni olomorfe 145
Figura 2.4.
Z
∂+A
f (z) dz = 0
per ogni dominio A ⊂ R. Se ora A = ∪
Ni=1A
icon A
idomini disgiunti contenuti ciascuno in un rettangolo R
i⊂ Ω, si osserva che gli archi di curva in comune a piu’ di un A
isono percorsi esattamente due volte con orientazione opposta. Percio’ gli integrali sui tratti in comune si elidono e quindi
Z
∂+A
f (z) dz = X
N i=1Z
∂+Ai
f (z) dz = 0.
(iii) ⇒ (i). Ovvio.
Conviene evidenziare le differenze tra il Teorema 2.5 e la Proposizione 2.6.
2.7 Corollario. Sia Ω un dominio di C.
(i) f : Ω → C ha localmente primitive olomorfe se e solo se per ogni dominio A ⊂ Ω ammissibile per Ω si ha Z
∂
+A
f (z) dz = 0.
(ii) f ha una primitiva olomorfa in Ω se e solo se Z
γ
f (z) dz = 0.
per ogni curva chiusa C 1 a tratti contenuta in Ω.
3 I teoremi fondamentali sulle funzioni olomorfe
In questo paragrafo proviamo i teoremi fondamentali sulle funzioni olomorfe. In par-
ticolare proveremo che le funzioni olomorfe sono tutte e sole quelle funzioni che sono
localmente la somma di una serie di potenze.
3.1 Teorema (Goursat). Sia Ω un dominio di C e f ∈ H(Ω). Allora f ha localmente
primitive olomorfe e Z
∂
+A
f (z) dz = 0 per ogni dominio ammissibile A ⊂ Ω.
R
(2)1R
(3)1R
(4)1R
(1)1Figura 3.1.
Dimostrazione. Per la Proposizione 2.6, basta provare che per ogni rettangolo R ⊂ Ω con i lati paralleli agli assi, si ha R
∂+R
f (z), dz = 0. Diamo la dimostrazione dovuta a Edouard Goursat (1858–1936).
Sia R un rettangolo con lati paralleli agli assi strettamente contenuto in Ω. L’integrale R
∂+R
f (z) dz
`e allora ben definito (f `e continua in Ω). Supponiamo η(R) :=
Z
∂+R
f (z) dz 6= 0. (3.1)
Dividiamo R in quattro rettangoli uguali R
(1)1, . . . R
(4)1. Poiche’ i segmenti dei bordi comuni a due rettangoli si elidono, si ha
η(R) = X
4 i=1η(R
i1).
Segue che per almeno uno di essi R
1:= R
(j)1|η(R
1)| ≥ 1 4 |η(R)|
Dividendo R
1in quattro e procedendo per induzione, si costruisce una successione di rettangoli R
nuno dentro l’altro tali che diag (R
n) = 2
−ndiag (R), Perimetro (R
n) = 2
−nPerimetro (R) e
|η(R
n)| ≥ 4
−n|η(R)|. (3.2)
Sia ora z
∗= ∩
nR
n. Dalla definizione di olomorfia, per ogni > 0 esiste δ > 0 e n tali che per ogni n ≥ n si ha R
n⊂ B(z
∗, δ) e
|f(z) − f(z
∗) − f
0(z
∗)(z − z
∗)| ≤ |z − z
∗| ∀z ∈ B(z
∗, δ) da cui per ogni n sufficientemente grande si ha
|η(R
n)| =
˛ ˛
˛ ˛ Z
∂+Rn
“ f (z) − f(z
∗) − f
0(z
∗)(z − z
∗) dz ”˛˛
˛ ˛
≤ Z
∂+Rn
|z − z
∗| dz ≤ diag (R
n) Perimetro (R
n)
≤ c 4
−n.
Si ottiene quindi dalla (3.2) che |η(R) ≤ c . Essendo arbitrario, si conclude che η(R) = 0.
I teoremi fondamentali sulle funzioni olomorfe 147
z
∂
+A
Figura 3.2.
3.2 ¶ Siano Ω un dominio di C e z
0∈ A ⊂ B ⊂ Ω. Se A e B sono domini ammissibili per Ω, allora Z
∂+A
f (z) dz = Z
∂+B
f (z) dz ∀f ∈ H(Ω).
3.3 Teorema (Formula di Cauchy, I). Se f ∈ H(Ω), vale la formula di Cauchy:
per ogni dominio ammissibile A ⊂⊂ Ω e ogni z ∈ A si ha f (z) = 1
2πi Z
∂
+A
f (ζ) ζ − z dζ.
Dimostrazione. La funzione f (ζ)/(ζ − z) `e olomorfa in Ω \ {z}. Se poi δ `e sufficientemente piccolo in modo che B(z, δ) ⊂ A, l’insieme A \ B(z, δ) `e un dominio ammissibile per Ω \ {z}. Segue dal
Teorema 3.1 Z
∂+B(z,δ)
f (ζ) ζ − z dζ =
Z
∂+A
f (ζ) ζ − z dζ.
D’altra parte, essendo f continua in z,
˛ ˛
˛ ˛ Z
∂+B(z,δ)
f (ζ) − f(z) ζ − z dζ
˛ ˛
˛ ˛ ≤ 1
δ (2π δ) o(1) = o(1) per δ → 0, Inoltre, parametrizzando ∂
+B(z, δ) con ζ = z + δe
iθ, θ ∈ [0, 2π[, si trova
Z
∂B(z,δ)
dζ ζ − z =
Z
2π 0δie
iθδe
iθdθ = 2π i.
In conclusione, passando al limite per δ → 0, Z
∂+A
f (ζ)
ζ − z dζ = f (z) Z
∂+B(z,δ)
1
ζ − z dζ + o(1) = 2 π i f (z) + o(1) per δ → 0, Segue che o(1) `e identicamente nullo e la tesi `e provata.
Segue dalla formula di Cauchy e dal teorema di derivazione sotto il segno di integrale che ogni f ∈ H(Ω) `e C ∞ (Ω) e per ogni dominio ammissibile A ⊂ Ω e ogni z ∈ A
f (k) (z) = 1 2πi
Z
∂
+A
f (ζ) d k dz k
1
(ζ − z) dz = k!
2πi Z
∂
+A
f (ζ)
(ζ − z) k+1 dz. (3.3)
Di piu’, si ha
3.4 Teorema. Sia Ω ⊂ C un dominio. Ogni funzione f ∈ H(Ω) `e localmente la somma di una serie di potenze. Precisamente per ogni z 0 ∈ Ω
f (z) = X ∞ k=0
a k (z − z 0 ) k , z ∈ B(z 0 , ρ),
dove ρ := dist (z 0 , ∂Ω) e per ogni k a k := 1
2πi Z
∂
+A
f (ζ)
(ζ − z 0 ) k+1 dζ, (3.4)
essendo A un arbitrario dominio ammissibile per Ω contenente z 0 . Proviamo prima il
3.5 Lemma. Sia f : B(z 0 , r) ⊂ C → C una funzione continua su B(z 0 , r) tale che f (z) = 1
2πi Z
∂
+B(z
0,r)
f (ζ)
ζ − z dζ ∀z ∈ B(z 0 , r).
per ogni z ∈ B(z 0 , r). Allora f (z) `e la somma della serie di potenze complessa f (z) =
X ∞ k=0
a k (z − z 0 ) k , ∀z ∈ B(z 0 , r) dove per ogni k
a k := 1 2πi
Z
∂
+B(z
0,r)
f (ζ) (ζ − z 0 ) k+1 dζ
Dimostrazione. Per ogni ζ con |ζ − z
0| = r si ha 1
ζ − z = 1 ζ − z
01
1 −
z−zζ−z00= 1 ζ − z
0X
∞ k=0“ z − z
0ζ − z
0”
k.
e la convergenza `e totale (al variare di ζ) essendo |
z−zζ−z00| =
|z−zr0|< 1. Percio’ integrando termine a termine,
f (z) = 1 2πi
Z
∂+B(z0,r)
f (ζ) ζ − z dζ =
X
∞ k=0„ 1 2πi
Z
∂+B(z0,r)
f (ζ) (ζ − z
0)
k+1dζ
«
(z − z
0)
k.
Dimostrazione del Teorema 3.4. Se z ∈ B(z
0, ρ) e r `e tale che |z − z
0| < r < ρ. Per la formula di Cauchy
f (w) = 1 2πi
Z
∂+B(z0,r)
f (ζ)
ζ − w dζ ∀w ∈ B(z
0, r).
Segue quindi dal Lemma 3.5 che f (z) = P
∞k=0
a
k(z − z
0)
kcon a
k:= 1
2πi Z
∂+B(z0,r)
f (ζ) (ζ − z
0)
k+1dζ.
Si osserva ora che la funzione g(ζ) := f (ζ)/(ζ − z
0)
k+1`e olomorfa in Ω \ {z
0} e dunque se B(z
0, ) ⊂ A Z
∂+B(z0,r)
g(ζ) dζ = Z
∂+B(z0,)
g(ζ) dζ = Z
∂+A
g(ζ) dζ.
applicando il Teorema 3.1 rispettivamente ai domini ammissibili per B(z
0, r)\B(z
0, ) e A\B(z
0, ).
I teoremi fondamentali sulle funzioni olomorfe 149
3.6 Teorema. Sia S(z) = P ∞
k=0 a k (z − z 0 ) k , z ∈ B(z 0 , r), r > 0, la somma di una serie di potenze. Allora S `e di classe C ∞ (B(z 0 , r)) ed ha derivate complesse S (k) (z) di ogni ordine in B(z 0 , r). Per ogni k = 0, 1, 2, . . . S (k) (z) `e la somma della serie di potenze,
S (k) (z) = X ∞ k=n
n(n − 1) . . . (n − k + 1) a n (z − z 0 ) n−k ∀z ∈ B(z 0 , ρ).
In particolare
S (k) (z 0 ) = k! a k ∀k ≥ 0. (3.5)
Il teorema si ottiene applicando induttivamente la Proposizione 3.7 seguente 3.7 Proposizione. Sia S(z) = P ∞
k=0 a k (z − z 0 ) k , z ∈ B(z 0 , r), r > 0, la somma di una serie di potenze. Allora S `e C 1 (B(z 0 , r)) ∩ H(B(z 0 , r)) e
S 0 (z) = X ∞ k=1
k a k (z − z 0 ) k−1 ∀z ∈ B(z 0 , r).
Dimostrazione. Il raggio di convergenza ρ della serie P
∞k=1
k a
k(z − z
0)
k−1`e il raggio di convergenza della serie P
∞k=0
a
k(z − z
0)
k, percio’ ρ ≥ r. Sia T (z) := P
∞k=1
k a
k(z − z
0)
k−1la somma. Per ogni z, w ∈ B(z
0, r), sia γ : [0, 1] → B(z
0, r) una curva regolare con γ(0) = w e γ(1) = z, Poiche’ per ogni intero k ≥ 1, la derivata complessa di (z − z
0)
k`e k(z − z
0)
k−1, dal teorema fondamentale del calcolo, Teorema 2.3,, segue
X
p k=1a
k(z − z
0)
k− X
p k=1a
k(w − z
0)
k= Z
γ
X
p k=1k a
k(ζ − z
0)
k−1dζ
Poiche’ le somme parziali delle serie di potenze convergono uniformemente sui compatti strettamente contenuti nel cerchio di convergenza, si ricava passando al limite per p → ∞ che
X
p k=1a
k(z − z
0)
k→ S(z) − a
0, X
pk=1
a
k(w − z
0)
k→ S(w) − a
0, Z
γ
X
p k=1k a
k(ζ − z
0)
k−1dζ → Z
γ
T (ζ) dζ,
e quindi
S(z) − S(w) = Z
γ
T (ζ) dζ.
Essendo z, w e γ arbitrari, segue dal teorema fondamentale del calcolo, Teorema 2.3, che S `e derivabile in senso complesso e S
0(z) = T (z) ∀z ∈ B(z
0, r).
Essendo ogni funzione olomorfa localmente la somma di una serie di potenze, la sua derivata `e anch’essa localmente la somma di una serie di potenze, quindi una funzione olomorfa per la Proposizione 3.7
3.8 Corollario. Sia Ω un dominio di C. Se f ∈ H(Ω), allora f 0 ∈ H(Ω).
Segue inoltre
file = liouville.ps file = morera.ps
Figura 3.3.
z
0ρ
Figura 3.4.
3.9 Corollario. Sia f : Ω ⊂ C → C una funzione. Sono fatti equivalenti (i) f ∈ H(Ω),
(ii) f ha localmente primitive olomorfe, (iii) R
∂
+A f (z) dz = 0 per ogni dominio ammissibile A per Ω,
(iv) vale la formula di Cauchy: per ogni dominio ammissibile A per Ω si ha f (z) = 1
2πi Z
∂
+A
f (ζ)
ζ − z dζ ∀z ∈ A, (v) f `e localmente la somma di una serie di potenze.
Dimostrazione. (i) ⇒ (ii) `e il Teorema 3.1. L’equivalenza fra (ii) (iii) `e contenuta nella Proposizione 2.6.
L’implicazione (i) ⇒ (iv), (iv) ⇒ (v), (v) ⇒ (i) sono rispettivamente i Teoremi 3.3, 3.4 and 3.6.
Resta da provare che (iii) ⇒ (i). Se vale la (iii) f `e localmente la derivata di una funzione olomorfa.
E quindi a sua volta una funzione olomorfa per il Corollario 3.8. `
3.10 Osservazione. L’implicazione f olomorfa ⇒ f ∈ C 1 (Ω) `e riferita in letteratura come teorema di Goursat, mentre l’equivalenza tra (i) e (iii) `e nota come teorema di Morera.
3.1 Il teorema di Liouville
Sia f ∈ H(Ω). Dalle (3.5) e (3.4) o dalla (3.3) seguono le stime di Cauchy
3.2 Principio di identit` a 151
|f (k) (z 0 ) | ≤ k!
r k max
∂B(z
0,r) |f(z)| (3.6)
per ogni z 0 ∈ Ω e r < dist (z 0 , ∂Ω) Sono stime particolarmente stringenti. Segue ad esempio il famoso
3.11 Teorema (Liouville). Le uniche funzioni olomorfe e limitate in tutto C sono le costanti.
Dimostrazione. Supponiamo che |f(z)| ≤ M ∀z ∈ C. Si ha allora per ogni r > 0 e ogni z ∈ C
|f 0 (z) | ≤ M r
e quindi f 0 (z) = 0 per ogni z ∈ C. Segue dal teorema fondamentale del calcolo che f `e costante.
Una applicazione del teorema d Liouville `e una nuova dimostrazione del
3.12 Teorema (fondamentale dell’algebra). Un polinomio complesso di grado n ha n radici.
Dimostrazione. Basta provare che ogni polinomio complesso non costante ha almeno una radice. Supponiamo dunque per assurdo che P (z) sia un polinomio non costante e che P (z) 6= 0 ∀z. Allora 1/P (z) `e olomorfa su tutto C. Essendo d’altra parte P non costante, lim |z|→∞ |P (z)| = +∞ e 1/P (z) sarebbe limitata. Seguirebbe dal teorema di Liouville che 1/P (z) `e costante. Un assurdo.
Abbiamo in realt` a provato
3.13 Teorema. Sia f : C → C una funzione olomorfa su tutto C con |f(z)| ≥ M > 0 per |z| > R. Allora o f(z) `e costante o f ha uno zero.
3.2 Principio di identit` a
Se una funzione olomorfa f in Ω ha in un punto z 0 tutte le derivate nulle, per la (3.5) f `e la somma della serie di potenze nulla e quindi `e nulla in un intorno di z 0 . L’insieme
X := n
z ∈ Ω | f ( k)(z) = 0 ∀k o
`e allora aperto. Poiche’ d’altra parte X `e evidentemente chiuso, si conclude che X `e la componente connessa di Ω che contiene z 0 percio’ X = Ω. Si `e provato che
3.14 Teorema (Principio di identit` a). Se f e g sono funzioni olomorfe in un dominio (connesso) Ω e in un punto z 0 ∈ Ω si ha f (k) (z 0 ) = g (k) (z 0 ) per ogni k, allora f = g in Ω.
Si ha anche
3.15 Teorema. Sia f ∈ H(Ω) non identicamente nulla in un dominio Ω ⊂ C. Al- lora l’insieme Z(f ) = {z ∈ Ω | f(z) = 0} degli zeri di f `e discreto e senza punti di accumulazione.
Dimostrazione. Essendo Z(f ) chiuso, basta provare che Z(f ) `e discreto. Sia z 0 ∈ Z(f).
Sia k il primo intero non negativo per cui f (k) (z 0 ) 6= 0. Si scrive allora in un intorno U di z 0
f (z) = X ∞ j=k
f (k) (z 0 )
k! (z − z 0 ) j = (z − z 0 ) k g(z)
con g(z 0 ) 6= 0. Essendo g(z) 6= 0 in un intorno U di z 0 , f non ha altri zeri in U . In conclusione si ha
3.16 Teorema (Principio di identit` a). Siano f e g olomorfe in un dominio Ω ⊂ C.
Sono fatti equivalenti (i) f = g in Ω,
(ii) esiste z 0 ∈ Ω tale che ∀k si ha f (k) (z 0 ) = g (k) (z 0 ),
(iii) {z ∈ Ω | f(z) = g(z)} ha almeno un punto di accumulazione.
3.3 Funzioni olomorfe e forme chiuse
Le funzioni olomorfe descrivono i campi irrotazionali piani.
Potenziali e primitive olomorfe
Sia Ω un dominio di C. Un differenziale olomorfo in Ω `e una applicazione Ω → C ∗ , dove C ∗ `e il duale (complesso) di C. Poiche’ C ∗ ha dimensione uno e un generatore (su C), `e il differenziale complesso dz = dx + idy, ogni differenziale olomorfo si scrive come
ω(z) = f (z)dz
dove f : Ω → C (non necessariamente olomorfa). Decomponendo f in parte reale e immaginaria f = u + iv
f (z) dz = (u + iv)(dx + idy) = (udx − vdy) + i(vdx + udy). (3.7) i.e., le parti reale e immaginaria di un differenziale olomorfo sono forme differenziali reali in Ω, e le componenti (v, u) della parte immaginaria si ottengono ruotando le componenti (u, −v) della parte reale in senso antiorario di π/2. Inoltre se γ : [0, 1] → Ω
`e una curva C 1 a tratti e γ(t) = x(t) + iy(t), si ha Z
γ
f (z) dz : = Z 1
0
f (γ(t)) γ 0 (t) dt = Z 1
0
(ux 0 − vy 0 ) dt + i Z 1
0
(uy 0 + vx 0 ) dt
= Z
γ
(u dx − v dy) + i Z
γ
(u dy + v dx) = Z
γ <(f(z) dz) + i Z
γ =(f(z) dz.
3.3 Funzioni olomorfe e forme chiuse 153
Dato un differenziale olomorfo f (z) dz in Ω, scriviamo f =: u + iv, in modo che f (z) dz = (u dx − v dy) + i(v dx − u dy). Si dice che F = α + iβ `e un potenziale per f (z) dz se e solo se F ∈ C 1 (Ω) e α e β sono potenziali reali in Ω rispettivamente per u dx − v dy e u dy + v dx, i.e.,
( α x = u, α y = −v,
( β x = v, β y = u.
Questo accade se e solo se
( F x = α x + iβ x = u + iv = f, F y = α y + iβ y = −v + iu = if.
Le equazioni precedenti sono appunto le equazioni di Cauchy-Riemann per F . Si conclude allora dal Teorema 2.3
3.17 Proposizione. f = u i v ∈ cH(Ω) ha una primitiva olomorfa in Ω se e solo se i campi (u, −v) e (v, u) sono conservativi in Ω. F ∈ H(Ω) e F 0 = f in Ω se e solo se
<(f(z)) e =(F (z)) sono rispettivamente potenziali per i campi (u, −v) e (v, u) in Ω.
Funzioni olomorfe e forme chiuse
3.18 Definizione. Sia f = u + iv : Ω ⊂ C. Un differenziale olomorfo f(z)dz si dice chiuso in Ω e si scrive d(f (z)dz) = 0, se le forme differenziali udx −vdy e vdx+udy sono chiuse in Ω, o equivalentemente, i campi (u, −v) e (v, u) in Ω ⊂ R 2 sono irrotazionali.
In altre parole f (z) dz `e chiuso se e solo se f `e di classe C 1 (Ω) e valgono le ( u y = v x ,
u x = −v y .
i.e., le condizione di Cauchy–Riemann per f . Ricordando il Teorema 2.3 e il fatto che le funzioni olomorfe sono di classe C 1 , cfr. Corollario 3.8, si ha
3.19 Proposizione. Sia f : Ω ⊂ C di classe C 1 . Allora f (z)dz `e chiusa in Ω se e solo se f ∈ H(Ω).
La teoria delle forme differenziali chiuse si applica quindi al calcolo degli integrali di differenziali olomorfi f (z) dz con f ∈ H(Ω). Percio’
3.20 Teorema (Invarianza per omotopia). Siano Ω un dominio di C e f ∈ H(Ω).
Se γ, δ : [0, 1] → Ω sono due curve C 1 a tratti omotope fra loro in Ω si ha Z
γ
f (z) dz = Z
δ
f (z) dz,
Dimostrazione. Essendo f olomorfa, f `e C
1e verifica le equazioni di Cauchy–Riemann, dunque f (z) dz
`e chiusa. Segue allora dalla teoria delle forme differenziali che gli integrali di linea lungo curve omotope
sono uguali.
z
0z
0Figura 3.5. (a) I(γ, z
0) = 2, (b) I(γ, z
0) = 0.
Indice di allacciamento
Sia γ : [0, 1] → Ω una curva chiusa di classe C 1 a tratti, e sia z ∈ C con z non appartenente all’immagine di γ. L’indice di allacciamento di γ rispetto a z, `e il numero
I(γ, z) := 1 2πi
Z
γ
dζ ζ − z . Ad esempio, se γ(t) := z + e ikt , t ∈ [0, 2π] e k ∈ Z, allora
I(γ, z) = 1 2πi
Z 2π 0
ike ikt
e ikt dt = k.
Se ora γ : [0, 1] → C `e una curva C 1 che non passa per z, `e facile verificare che γ(t) e δ(t) := z + γ(t) − z
|γ(t) − z|
sono omotope in C \ {z}, una omotopia essendo data dalla retrazione di C \ {z} su
∂B(z, 1),
h(t, s) = (1 − s)γ(t) + sδ(t), t, s ∈ [0, 1].
Poiche’ il differenziale olomorfo ζ−z dζ `e chiuso in C \ {z}, segue dal Teorema 3.20 che curve omotope in C \ {z} hanno lo stesso indice e quindi
I(γ, z) = I(δ, z).
Percio’ l’indice di γ in z `e il grado della curva t → |γ(t)−z| γ(t)−z da [0, 2π] su S 1 = ∂B(0, 1), cfr. Vol. III.
Segue, cfr. sempre il Vol. III, che
3.21 Proposizione. Siano z, z 0 ∈ C, z 6= z 0 . Indichiamo con π 1 (C \ {z}, z 0 ) il primo gruppo di omotopia di C \ {z} con punto base z 0 . Allora l’indice di allacciamento `e una applicazione bigettiva
I( ·, z) : π 1 (C \ {z}, z 0 ) −→ Z.
Si afferma che
(i) l’indice di allacciamento `e lo stesso per curve omotope,
Esempi di funzioni olomorfe 155
(ii) l’indice `e un intero,
(iii) per ogni intero k ∈ Z esiste una curva passante per z 0 con indice di allacciamento intorno a z uguale a k,
(iv) due curve sono omotope se e solo se hanno lo stesso indice.
3.22 ¶ Mostrare che
(i) I(γ, z) = 0 per ogni punto nella componente connessa illimitata di C \ γ([0, 1]).
(ii) I(γ, z) `e localmente costante in C \ Supp (γ), e quindi costante sulle componenti connesse di C \ γ.
(iii) I(∂
+B(0, 1), z) = 0 se z / ∈ B(0, 1), e I(∂
+B(0, 1), z) = 1 per ogni z ∈ B(0, 1).
3.23 Teorema (formula di Cauchy,II). Sia Ω un dominio d C e f ∈ H(Ω). Se γ : [0, 1] → Ω `e una curva chiusa C 1 a tratti in Ω allora
I(γ, z)f (z) = 1 2πi
Z
γ
f (ζ) ζ − z dζ.
per ogni z / ∈ γ([0, 1]).
Dimostrazione. Sia r > 0 tale che B(z, r) ⊂ Ω. e sia k := I(γ, z). Allora γ `e omotopa in C \ {z} a δ(t) := z + re ikt , t ∈ [0, 2π] perche’ I(γ, z) = k = I(δ, z). Dalla periodicit`a di e it e dalla formula di Cauchy, Teorema 3.1, segue che
Z
γ
f (ζ) ζ − z dζ =
Z
δ
f (ζ) ζ − z dζ =
Z 2π 0
f (e ikt )
e ikt ike ikt dt = ik Z 2π
0
f (e ikt ) dt
= k Z
∂
+B(z,r)
f (ζ)
ζ − z dζ = 2π k i f (z).
4 Esempi di funzioni olomorfe
4.1 Qualche funzione di variabile complessa
4.1 (f (z) = z
2) ` E una funzione olomorfa z
2: C → C con D(z
2) = 2z. In coordinate reali z
2= (x
2− y
2) + i2xy se z = x + iy,
e in coordinate polari,
z
2= r
2e
2iθse z = re
iθ. Si vede subito che la trasformazione z → z
2(i) manda rette per l’origine in semirette per l’origine.
(ii) manda cerchi con centro l’origine in cerchi di centro l’origine, (iii) manda le iperboli x
2− y
2= k in rette verticali,
(iv) manda le iperboli 2xy = k in rette orizzontali.
4.2 (La funzione esponenziale) L’esponenziale complesso e
z`e definito come e
z= e
x(cos y + i sin y), z = x + iy ∈ C.
L’esponenziale complesso `e una funzione olomorfa su C con De
z= e
zperche’, ad esempio,
∂e
z∂x = e
z, ∂e
z∂y = ie
z. Si vede subito che la trasformazione z → e
z(i) manda rette orizzontali in semirette per l’origine, (ii) manda rette verticali in cerchi per l’origine,
(iii) se z = x + iy si ha |e
z| ≤ e
x, in particolare e
z`e limitata su gni semipiano {z = x + iy | x < x
0}, (iv) e
z6= 0 ∀z ∈ C,
(v) e
znon `e iniettiva. Infatti e
z= e
wse e solo se z e w hanno parti reali uguali e parti immaginarie che differiscono di un multiplo intero di 2π,
e
z= e
wse e solo se z − w = 2πik, k ∈ Z.
Si dice che e
z` e periodica di periodo 2πi.
Infine, come abbiamo visto nel Vol. II, l’esponenziale complesso `e la somma di una serie di potenze convergente in tutto C
e
z= X
∞ n=0z
nn! , z ∈ C.
4.3 (Seno e coseno, seno e coseno iperbolico) Si definiscono le funzioni sin z e cos z, z ∈ C, e le funzioni iperboliche sinh z, cosh z, z ∈ C con le formule di Eulero
cos z := e
iz+ e
−iz2 , sin z = e
iz− e
−iz2i ,
cosh z := e
z+ e
−z2 , sinh z = e
z− e
−z2 .
Sono tutte funzioni olomorfe in C, e
D sin z = cos z, D sin z = − cos z, D sinh z = cosh z, D sinh z = cosh z.
La funzione cos z si annulla nei soli punti dell’asse reale z = π/2 + kπ, k ∈ Z e la funzione sin z si annulla nei soli punti dell’asse reale z = kπ, k ∈ Z. Si noti esplicitamente che le funzioni sin z e cos z non sono limitate. Dalla definizione se z = x + iy, x, y ∈ R,
e
|y|− e
−|y|2 ≤ | cos z| = |e
ixe
−y+ e
−ixe
y|
2 ≤ e
y+ e
−y2 = cosh y e analogamente
e
|y|− e
−|y|2 ≤ | sin z| = |e
ixe
−y− e
−ixe
y|
2 ≤ e
y+ e
−y2 = cosh y.
Le funzioni cosh z e sinh z sono ottenute dal coseno e dal seno con una rotazione di π/2, cosh z = cos(iz), sinh z = −i sin(iz),
in particolare la funzione cosh hz si annulla nei punti z = i(π/2 + kπ), k ∈ Z, sull’asse immaginario e la funzione sinh hz si annulla nei punti z = ikπ, k ∈ Z, sempre sull’asse immaginario.
Infine le funzioni trigonometriche sono anche la somma delle rispettive serie di potenze centrate in zero, convergenti su tutto C. cfr. Vol. II,
cos z = X
∞ k=0(−1)
kz
2k(2k)! , sin z = X
∞ k=0(−1)
kz
2k+1(2k + 1)! .
cosh z = X
∞ k=0z
2k(2k)! , sinh z =
X
∞ k=0z
2k+1(2k + 1)! .
4.1 Qualche funzione di variabile complessa 157
4.4 (Tangente e cotangente, tangente e cotangente iperboliche) La funzione tan z :=
sin zcos z`e dunque ben definita e olomorfa in C \ {z = π/2 + kπ | k ∈ Z}. Si noti anche che tan z `e limitata e lontana da zero lontano dall’asse reale. Infatti se z = x + iy, si ha
olo.z1| tan z| = |e
ixe
−y− e
−ixe
y|
|e
ixe
−y+ e
−ixe
y| ≤ e
−y+ e
ye
y− e
−y= coth y, (4.1)
da cui | tan z| ≤ coth y
0su A := {z | |Im (z)| ≥ y
0}. Analogamente
| cot z| = 1
| tan z| = |e
ixe
−y+ e
−ixe
y|
|e
ixe
−y− e
−ixe
y| ≤ e
−y+ e
ye
y− e
−y= coth y. (4.2)
4.5 Teorema (Inversa locale di una funzione olomorfa). Siano Ω ⊂ C aperto, f : Ω → C olomorfa e z 0 ∈ Ω. Se f 0 (z 0 ) 6= 0,
(i) esiste un intorno U z
0di z 0 tale che f : U z
0→ C `e aperta e invertibile.
(ii) L’inversa g := f |U
z0−1
di f U
z0`e olomorfa in f (U z
0) e
g 0 (w) = 1
f 0 (g(w)) ∀w ∈ f(U z
0).
Come osservato piu’ volte, cfr. Cap 4, se f : R 2 → R 2 `e di classe C 1 , la condizione det Df (z) 6= 0 in ogni punto di Ω non `e piu’ sufficiente a garantire l’esistenza di una inversa globale, contrariamente al caso unidimensionale. La funzione periodica f (z) = e z ne `e un esempio.
Dimostrazione. Identifichiamo R
2con C e indichiamo con f la stessa funzione f : Ω ⊂ R
2→ R
2. Essendo f olomorfa,
Df (z) =
„ a b
−b a
«
se f
x:= a + ib. Percio’
0 6= |f
0(z)|
2= |f
x(z)|
2= a
2+ b
2= det Df (z).
Segue dal teorema di invertibilit` a che esiste U
z0tale che f
|Uz0`e aperta, invertibile con inversa g ∈ C
1(f (U
z0)). Resta da provare che g `e olomorfa. Siano v, w ∈ f(U
z0) e s := g(v), z = g(w) in U
z0. Poiche g `e continua se v → w allora s = g(v) → z = g(w) e quindi per v → w si ha
g(v) − g(w)
v − w = s − z
f (s) − f(z) → 1 f
0(z) .
4.6 Osservazione. Si osservi che la difficolt` a maggiore nella dimostrazione del Teo- rema 4.5 `e provare la continuit` a dell’inversa.
Logaritmo complesso
Dato z ∈ C, z 6= 0, ogni w ∈ C tale che e w = z si chiama logaritmo naturale di
z. Poiche’ z → e z `e 2πi periodica, vi sono infiniti punti w tali che e w = z. Si usa
dire la funzione inversa di e z , il logaritmo complesso, `e una funzione multivoca. Una
semplice descrizione puo’ essere data osservando che per ogni k ∈ Z la restrizione di e z
all’insieme
S k = {z = x + iy, | − π + 2kπ ≤ y < π + 2kπ}
`e bigettiva con immagine C \0. L’inversa, detto il foglio k-esimo del logaritmo, si indica con log (k) : C \ {0} → S k . Quando k = 0, la funzione log (0) w si indica anche con log w e si chiama la determinazione principale del logaritmo, o anche il logaritmo principale.
Per definizione
e log
(k)w = w ∀w ∈ C \ {0}
e
log (k) (e z ) = z se e solo se z ∈ S k , (4.3) mentre dal teorema di invertibilit` a segue
D log (k) (w) = 1
w ∀w ∈ \{0}.
Ovviamente tutti i fogli del logaritmo sono legati fra loro log (k) (z) = log z + i2kπ ∀k ∈ Z.
Infine notiamo come la difficolt` a nel descrivere l’esponenziale complesso `e la stessa che si incontra nell’invertire il moto circolare uniforme t → e it , t ∈ R. Ricordiamo che se
|z| = 1, l’argomento di z `e un numero t tale che e it = z. t `e quindi definito a meno di 2π. Per ogni k ∈ Z, definiamo il foglio k-esimo dell’argomento arg (k) (z) come l’unico t ∈ [−π + 2kπ, π + 2kπ[ tale che e it = z. Se ora z = x + iy e −π + 2kπ ≤ y < π + 2kπ e w ∈ C \ {0}, allora
( w = e z = e x e iy ,
−π + 2kπ ≤ y < π + 2kπ se e solo se
e x = |w|, e iy = |w| w ,
−π + 2kπ ≤ y < π + 2kπ da cui la formula polare per il logaritmo
log (k) w := x + iy = log |w| + iarg (k) w
|w|
. (4.4)
∀k ∈ Z e ∀w ∈ C \ {0}.
La descrizione fatta della funzione logaritmo con la descrizione dei suoi fogli come funzioni univoche non `e senza problemi. Si perde infatti la continuit` a dei fogli. Segue infatti dalla (4.3) che w → log (k) w `e discontinua lungo la semiretta z = te iπ , t > 0, perche’
log (k) w → −π + 2kπ se w → (−1, 0), =(w) < 0 log (k) w → π + 2kπ se w → (1, 0), =w > 0.
La semiretta t → t e iπ , t > 0, si chiama la retta di diramazione del foglio log (k) w.
Inoltre occorre fare attenzione nei calcoli. Dalla forma polare segue infatti che log(zw) = log z + log w +
( 0 se − π ≤ arg (z) + arg (w) < π,
2πi altrimenti.
4.1 Qualche funzione di variabile complessa 159
Potenze reali
Per ogni α ∈ R e z 6= 0 si puo’ definire la funzione multivoca z α su C \ {0} definendone i vari fogli con
(z α ) k := e α log
(k)z .
Poiche’ l’immagine di log (k) z `e la striscia S k := {w = x+iy | −π +2kπ ≤ y < π +2lπ}, l’immagine del k-esimo foglio di z α manda C \ {0} in modo biunivoco sul settore
I k := n
w = re iθ | α(2k − 1)π < θ < α(2k + 1)π, r > 0 o .
Vediamo ora quanti sono i fogli distinti di z α . Evidentemente (z α ) k = (z α ) h se e solo se
α(log (k) z − log (h) z) = 2πri
per qualche r ∈ Z, vale a dire se e solo se α(k − h) `e intero. Si hanno dunque tre casi (i) se α ∈ Z, tutti i fogli di z α sono coincidenti, la funzione z α `e la solita funzione
potenza
z α := z α log
(k)z ∀k e I k := C ∀k.
(ii) Sia α ∈ Q, α = p/q con p, q interi primi fra loro. Allora α(k − h) `e intero se e solo se k − h `e un multiplo di q. Segue che z α ha q fogli distinti ottenuti ad esempio per k = 0, 1, . . . , q − 1. Se p = 1, l’immagine del foglio k-esimo `e il settore circolare
C k := n
z ∈ C |z| > 0, − π q + 2kπ
q ≤ arg z
|z|
< − π q + 2kπ
q o
Si noti che in questo caso le immagini dei fogli sono settori distinti per k = 0, 1, . . . , q − 1.
(iii) se a non `e razionale, vi sono allora infiniti fogli distinti.
Osserviamo infine che, se si sceglie sempre lo stesso foglio, in generale (zw) α 6= z α w α .
Infatti
(zw) α
z α w α = exp
α(log(zw) − log z − log w)
=
( 1 se − π ≤ arg (z) + arg (w) < π,
exp (2πiα) altrimenti.
file = cartanlibro.ps file = steinlibro.ps
Figura 4.1.
5 Singolarit` a puntuali di funzioni olomorfe
Cominciamo con una osservazione sugli zeri di una funzione olomorfa. Diciamo che z 0 ∈ Ω `e uno zero di ordine m per f ∈ H(Ω) se lo sviluppo f in serie di potenze centrato in z 0 ha la forma
f (z) = X ∞ k=m
a k (z − z 0 ) k = (z − z 0 ) m X ∞ k=0
a k+m (z − z 0 ) k
con a m 6= 0.
5.1 Proposizione. Siano f ∈ H(Ω) e z 0 ∈ Ω. Sono fatti equivalenti (i) f ha uno zero di ordine m in z 0 ,
(ii) f (z 0 ) = f 0 (z 0 ) = f 00 (z 0 ) = · · · = f (m−1) (z 0 ) = 0 e f (m) (z 0 ) 6= 0, (iii) esiste g ∈ H(Ω) tale che f(z) = (z − z 0 ) m g(z) con g(z 0 ) 6= 0,
(iv) m `e il piu’ grande intero k per cui f (z)/(z − z 0 ) k ha una singolarit` a eliminabile in z 0 .
5.2 ¶ Provare la Proposizione 5.1.
Sia Ω un dominio di C e z 0 ∈ Ω. Se f ∈ H(Ω \ {z 0 }), si dice che z 0 `e una singolarit` a per f . Distinguiamo tre casi
Singolarit` a eliminabili
Si dice che f ∈ H(Ω \ {z 0 }) si estende in modo continuo (rispettivamente in modo
olomorfo) in z 0 se esiste una funzione F ∈ C 0 (Ω) (rispettivamente F ∈ H(Ω)) tale
Singolarit` a puntuali di funzioni olomorfe 161
che F = f su Ω \ {z 0 }. Se f ∈ H(Ω \ {z 0 }) si estende in modo olomorfo a tutto Ω, si dice che z 0 `e una singolarit` a eliminabile per f . Una singolarit` a z 0 non eliminabile per f ∈ H(Ω \ {z 0 }) si chiama anche punto singolare per f.
5.3 Teorema (Estendibilit` a di Riemann). Sia f ∈ H(Ω \ {z 0 }). Sono fatti equivalenti
(i) z 0 `e una singolarit` a eliminabile per f , (ii) f si estende in modo olomorfo in z 0 , (iii) f si estende in modo continuo in z 0 , (iv) f `e limitata in un intorno di z 0 ,
(v) lim z→z
0(z − z 0 )f (z) = 0.
Dimostrazione. Ovviamente (i) ⇒ (ii) ⇒ (iii) ⇒ (iv) ⇒ (v). Proviamo che (v) ⇒ (i).
Siano
g(z) :=
( (z − z 0 )f (z) se z ∈ C \ {z 0 }
0 se z = 0 , e h(z) := (z − z 0 )g(z).
L’ipotesi (iv) `e equivalente alla continuit` a di g(z) in z 0 , conseguentemente h(z) − h(0) = h(z) = (z − z 0 )g(z 0 ) + (z − z 0 )o(1) per z → z 0 .
In altre parole h(z) `e derivabile in senso complesso in z 0 con h 0 (z 0 ) = g(z 0 ) = 0. Percio’
h ∈ H(Ω), e per la Proposizione 5.1
h(z) = (z − z 0 ) 2 k(z).
con k ∈ H(Ω). Percio’
(z − z 0 ) 2 f (z) = h(z) = (z − z 0 ) 2 k(z), e quindi la funzione k(z) `e una estensione di f a tutto Ω.
5.4 Corollario. Siano z 0 ∈ Ω e f ∈ H(Ω \ {z 0 }).
(i) z 0 `e una singolarit` a eliminabile per f se e solo se lim sup
z→z
0|f(z)| < +∞.
(ii) z 0 `e un punto singolare per f se e solo se lim sup
z→z
0|f(z)| = +∞.
file = alforhs.ps file = hille.ps
Figura 5.1.
Poli
Sia z 0 ∈ Ω un punto singolare per f ∈ H(Ω \ {z 0 }).
5.5 Definizione. Sia m intero, m ≥ 1. Si dice che z 0 `e un polo di ordine m per f ∈ H(Ω \ {z 0 }), o che f ha un polo di ordine m in z 0 , se e solo se z 0 `e una singolarit` a eliminabile per (z − z 0 ) m f (z) e non lo `e per (z − z 0 ) k f (z) per ogni k, 0 ≤ k < m.
In base al teorema di estensione di Riemann,
5.6 Proposizione. f ha un polo di ordine m in z 0 se e solo se m `e il pi` u piccolo intero k per cui |(z − z 0 ) k f (z) | `e limitata in un intorno di z 0 .
Le singolarit` a polari di una funzione olomorfa sono assai ben caratterizzate. Si ha 5.7 Teorema. f ∈ H(Ω \ {z 0 }) ha un polo in z 0 se solo se lim z→z
0|f(z)| = +∞.
Inoltre, dato m ≥ 1, sono fatti equivalenti tra loro (i) f ha un polo di ordine m in z 0 ,
(ii) esiste g ∈ H(Ω) con g(z 0 ) 6= 0 tale che f (z) = g(z)
(z − z 0 ) m per z ∈ Ω \ {z 0 }, (iii) f (z) = P ∞
k=−m a k (z − z 0 ) k in un intorno di z 0 ,
(iv) esistono r > 0 tale che B(z 0 , r) ⊂ Ω e h ∈ H(B(z 0 , r)) priva di zeri in B(z 0 , r) \{z 0 } e con uno zero di ordine m in z 0 tale che f = 1/h in B(z 0 , r) \ {z 0 },
(v) esistono B(z 0 , r) ⊂ Ω e costanti positive λ, Λ dipendenti anche da r tali che
λ 1
|z − z 0 | m ≤ |f(z)| ≤ Λ 1
|z − z 0 | m ∀z ∈ B(z 0 , r) \ {z 0 }.
Singolarit` a puntuali di funzioni olomorfe 163
Dimostrazione. Proviamo la seconda parte della tesi. La prima segue da (v).
(i) ⇒ (ii). Poich´e (z − z
0)
mf (z) `e olomorfa fuori da z
0e limitata, dal teorema di estendibilit` a di Riemann esiste g olomorfa in Ω tale che (z − z
0)
mf (z) = g(z). Se g(z
0) fosse zero, allora a sua volta g(z) = (z − z
0)b g(z) con b g olomorfa. La funzione (z − z
0)
m−1f (z) = b(g)(z) sarebbe limitata, contraddicendo il fatto che f ha un polo di ordine m.
(ii) `e evidentemente equivalente a (iii).
(ii) ⇒ (iv). Se g(z
0) 6= 0 allora g `e non nulla in una palla B(z
0, r) di centro z
0e dunque h(z) :=
(z − z
0)
m/g(z) `e olomorfa in B(z
0, r), non si annulla in B(z
0, r) \ {z
0} ed ha uno zero di ordine m in z = z
0.
(iv) ⇒ (v) Sia ρ > 0 tale che B(z
0, ρ) ⊂ Ω e tale che h(z) = (z − z
0)
mb h ∈ H(B(z
0, ρ)). Posto λ := inf
z∈B(z0,ρ/2)
|bh(z)|
−1, Λ := sup
z∈B(z0,ρ/2)