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Come imprenditori, negli ultimi giorni abbiamo purtroppo osservato che le reazioni alle minacce, ai proiettili e alle scorte di sicurezza disposte, sono state lente e non corali, non ferme e unanimi

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01-07-2020 1+22

Lettera del presidente di Confindustria

Il no delle imprese a vecchi scambi la missione ora è ridefinire il lavoro

Carlo Bon orni

Gentile Direttore, tornano a perveni- re proiettili e minac- ce di morte a impren- ditori e a chi s'impegna nelmondo del lavoro. Nel- la storia italiana, purtrop-

La lettera

po non è la prima volta.

Durante troppi decenni di violenza e terrorismo, abbiamo imparato che il silenzio alle minacce crea esattamente quell'isola- mento che incoraggia chi è pronto alla violenza.

Continua a pag. 22

Il no delle imprese

a vecchi scambi, la missione ora è ridefinire il lavoro

Carlo Bonomi*

segue dalla prima pagina Troppi servitori dello Stato e della società civile, troppi riformisti che si impegnavano nel mondo del lavoro, isolati, caddero così più facilmente vittime del terrorismo.

Come imprenditori, negli ultimi giorni abbiamo purtroppo osservato che le reazioni alle minacce, ai proiettili e alle scorte di sicurezza disposte, sono state lente e non corali, non ferme e unanimi.

E' una constatazione che rafforza i molti segnali degli ultimi mesi, in cui le imprese si sono sentite sole.

Ho per questo deciso di scriverle. Per lanciare un appello. E per svolgere una sola considerazione essenziale.

L'appello non è scontato. Ciò che abbiamo imparato nella lotta al terrorismo non va dimenticato. Dagli anni Settanta, ogni qualvolta crisi profonde hanno colpito la nostra economia e società, la violenza ha preso piede, arruolato sostenitori e mietuto vittime approfittando delle divisioni sociali che, da dialettica fisiologica democratica, diventavano patologie senza controllo.

Questa volta, va evitato. E non bastano l'unità e la fermezza

delle istituzioni. Contro ogni violenza anche le forze

dell'impresa e del lavoro devono essere totalmente solidali.

La considerazione aggiuntiva riguarda invece il ruolo delle imprese. Non vorremmo che all'alzarsi dei toni contribuisse anche un forte e rischioso equivoco. E cioè che spiaccia a molti che le imprese, davanti alla più grande crisi economica del dopoguerra, consapevoli del fatto che le decisioni che l'Italia deve assumere avranno conseguenze per molti anni, avanzino con grande chiarezza e fermezza di toni le proprie proposte, e anche le proprie critiche.

Sappiamo perfettamente — le misure post Covid lo hanno confermato — che le decisioni del governo avvengono attraverso un faticoso processo di confronto tra partiti, e all'interno dei partiti stessi.

Rispettiamo questo processo, ma le imprese sono chiamate a un ruolo diverso. Quello di sottolineare con fermezza che nessuna decisione politica sul mondo del lavoro, delle imprese e sulla miglior allocazione delle risorse italiane ed europee disponibili, potrà sprigionare davvero tutto il suo potenziale di crescita, se non passa attraverso un confronto concreto e di contenuto tra imprese, sindacato e terzo settore.

Mi limito a un esempio concreto. Se la scelta di

protrarre divieto di licenziamenti e vecchia Cig prelude a un pacchetto di interventi fondato su norme che incidono sulla rappresentanza, sul salario minimo e sulla persistente assenza di politiche attive del lavoro, alle imprese tocca dire con tutta la chiarezza del caso che non saremmo d'accordo. E dirlo con fermezza prima che le decisioni vengano assunte. Assolviamo a un dovere civile nell'interesse non nostro, ma del Paese.

Ed è lo stesso spirito con cui ci rivolgiamo ai sindacati. I rinnovi contrattuali che ci attendono non possono essere affrontati col vecchio

meccanismo dello scambio tra salario e orario. Nei contratti dobbiamo, tutti insieme, realizzare una vera e proprie ridefinizione del lavoro, guardando alle filiere e alle aziende. Non considerando solo turni e orari e retribuzioni nazionali, ma obiettivi incentivati di produttività e innalzamento del capitale umano, diritti alla formazione permanente, al welfare sussidiario e alla conciliazione dei tempi di lavoro con la cura parentale.

E' un compito essenziale, per rilanciare l'Italia. E ci

auguriamo, in questo, che nessun equivoco possa sussistere tra la chiarezza con cui imprese e sindacati confronteranno le rispettive posizioni, e visioni ideologiche di antagonismo che

appartengono al passato.

*Presidente Confindustria

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