TETSO DELLE RELAZIONI COLLEGATE ALLA SENTENZA DELLE SEZIONI UNITE DELLA CORTE DI CASSAZIONE 25.10.2004 n. 20644 A PROPOSITO DEL DIES A QUO DEL TERMINE DI PrESCRIZIONE DELL’AZIONE DI RIDUZIONE
Archivio Relazioni Civili della Corte di Cassazione
Autore Migliucci
Numero 20040006R Data 19/01/2004
Provvedimenti Collegati
N.
20644 del 2004 Rv. 577811
Tipo Relazione (R)
Collegamenti altre risoluzioni
2004 0114R
Schema di classificazione 168175
168 SUCCESSIONI "MORTIS CAUSA" - 175 AZIONE DI RIDUZIONE (LESIONE DELLA QUOTA DI RISERVA) - IN GENERE
SUCCESSIONI "MORTIS CAUSA" - SUCCESSIONE NECESSARIA - REINTEGRAZIONE DELLA QUOTA DI RISERVA DEI LEGITTIMARI - AZIONE DI RIDUZIONE (LESIONE DELLA QUOTA DI
RISERVA) - IN GENERE -
Riduzione delle disposizioni testamentarie - Prescrizione dell'azione - Decorrenza - Dies a quo - Apertura della successione o pubblicazione (comunicazione) del testamento - Rilevanza - Mancata conoscenza del testamento - Effetti - Impedimento all'esercizio del diritto - Configurabilità - Scoperta successiva del testamento - (Ir)rilevanza - Contrasto di giurisprudenza.
Schema di classificazione 168410
168 SUCCESSIONI "MORTIS CAUSA" - 410 TERMINE - IN GENERE
SUCCESSIONI "MORTIS CAUSA" - SUCCESSIONE TESTAMENTARIA - TESTAMENTO IN GENERE -
TERMINE - IN GENERE -
Riduzione delle disposizioni testamentarie - Prescrizione dell'azione - Decorrenza - Dies a quo - Apertura della successione o pubblicazione (comunicazione) del testamento - Rilevanza - Mancata conoscenza del testamento - Effetti - Impedimento all'esercizio del diritto - Configurabilità - Scoperta successiva del testamento - (Ir)rilevanza - Contrasto di giurisprudenza.
Riferimenti Giurisprudenziali
C.COST. 83191 C.COST. 87458
Riferimenti normativi
Cod. Civ. art. 459
Cod. Civ. art. 480
Cod. Civ. art. 536
Cod. Civ. art. 554
Cod. Civ. art. 564
Cod. Civ. art. 2934
Cod. Civ. art. 2935
Cod. Civ. art. 2941
Cod. Civ. art. 2942
Cod. Proc. Civ. art. 749
Massime precedenti Conformi
N. 645 del 1956 Rv. 880434
N. 1089 del 1959 Rv. 0
N. 99 del 1970 Rv. 344793
N. 2651 del 1970 Rv. 349076
N. 4230 del 1987 Rv. 452983
N. 459 del 1990 Rv. 464992
N. 2326 del 1990 Rv. 466087
N. 817 del 1992 Rv. 475440
N. 8063 del 1992 Rv. 477970
N. 11873 del 1993 Rv. 484559
N. 1490 del 1995 Rv. 490372
N. 4235 del 1996 Rv. 497441
N. 7259 del 1996 Rv. 499027
N. 10775 del 1996 Rv. 501007
N. 4939 del 1997 Rv. 504911
N. 11809 del 1997 Rv. 510371
N. 7878 del 1998 Rv. 517940
N. 11348 del 1998 Rv. 520584
N. 251 del 1999 Rv. 522213
N. 4389 del 1999 Rv. 525957
N. 5920 del 1999 Rv. 527497
N. 12575 del 2000 Rv. 540397
N. 9618 del 2001 Rv. 548217
N. 15622 del 2001 Rv. 551018
Testo del Documento
Relazione su contrasto in materia civile (Ricorsi N.RG. 13545/2000 e 17581/2000)
Rel. n. 6
Roma, 19 gennaio 2004
Oggetto: SUCCESSIONI "MORTIS CAUSA" - SUCCESSIONE NECESSARIA - REINTEGRAZIONE DELLA QUOTA DI RISERVA DEI LEGITTIMARI - AZIONE DI RIDUZIONE (LESIONE DELLA QUOTA DI RISERVA) - IN GENERE. SUCCESSIONI "MORTIS CAUSA" SUCCESSIONE TESTAMENTARIA - TESTAMENTO IN GENERE - TERMINE - IN GENERE.
Riduzione delle disposizioni testamentarie - Prescrizione dell'azione - Decorrenza - Dies a quo - Apertura della successione o pubblicazione (comunicazione) del testamento - Rilevanza - Mancata conoscenza del testamento - Effetti - Impedimento all'esercizio del diritto - Configurabilità - Scoperta successiva del testamento - (Ir)rilevanza - Contrasto di giurisprudenza.
SOMMARIO:
1.- L'ordinanza interlocutoria del 23 gennaio 2003 della II Sezione civile: i termini del denunciato contrasto. La fattispecie. 2.- a) L'azione di riduzione:
natura. La posizione del legittimario. b) La pubblicazione del testamento:
effetti.
3.- I principi generali in materia di decorrenza della prescrizione:
l'art. 2935 c.c. - Gli impedimenti di fatto: natura ed irrilevanza. 4.- Gli orientamenti della Suprema Corte in merito al denunciato contrasto sulla decorrenza della prescrizione dell'azione di riduzione delle disposizioni testamentarie.
A) I orientamento: il termine di prescrizione decorre in ogni caso dall'apertura
della successione;
B) II orientamento: il termine di prescrizione decorre non dall'apertura della
successione ma dalla pubblicazione del testamento.
5.- I contributi della dottrina.
6.- Osservazioni conclusive.
1.- L'ordinanza interlocutoria del 23 gennaio 2003 della II Sezione civile: i termini del denunciato contrasto. La fattispecie. Con riferimento al ricorso n.
RG.13545/2000, avente ad oggetto l'azione di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della quota riservata ai legittimari, con ordinanza interlocutoria del 23 gennaio 2003, la II Sezione civile della S.C., rilevando l'esistenza all'interno della Corte di un contrasto di giurisprudenza in merito alla decorrenza del termine di prescrizione dell'azione di riduzione delle disposizioni testamentarie, ha trasmesso gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite. La domanda, proposta da alcuni coeredi per la riduzione delle disposizioni lesive della rispettiva quota di legittima contenute in un testamento olografo -pubblicato a distanza di due anni
dalla morte del de cuius- è stata in primo grado rigettata: il Tribunale, accogliendo l'eccezione sollevata dai convenuti, ha ritenuto prescritta l'azione proposta dopo il decorso del termine decennale successivo alla data dell'apertura della successione. La Corte di appello, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha invece escluso che il termine di prescrizione fosse maturato, sul rilievo che lo stesso decorre non dalla data di apertura della successione ma da quella di acquisita conoscenza del testamento e cioè dalla sua pubblicazione.
Con la citata ordinanza il Collegio argomenta nel modo seguente. Con l'unico motivo del ricorso principale si lamenta la falsa applicazione degli artt. 554, 620 e 2935 c.c., in quanto i giudici di appello si sarebbero erroneamente discostati dal principio giurisprudenziale secondo cui la prescrizione decennale del diritto di esercitare l'azione di riduzione decorre dalla data di apertura della successione e non da quella di pubblicazione del testamento. Il diritto del legittimario -osservano in proposito i ricorrenti- viene in rilievo sin dall'apertura della successione ed è da tale data che esso può essere fatto valere.
La questione è stata risolta dalla prevalente giurisprudenza di questa Corte nel senso della decorrenza del termine di prescrizione dell'azione del legittimario di riduzione delle disposizioni testamentarie dalla data di apertura della successione non rilevando nè l'eventuale ignoranza dell'esistenza di un testamento, ne' la circostanza che il testamento olografo non sia in possesso del legittimario (Cass. 25-11-1997 n. 11809; 25-1-1992 n. 817; 26-1-1990 n. 459;
7-5-1987 n. 4230).
Il contrario orientamento giurisprudenziale (Cass. 17-1-1970 n. 99) è stato di recente ribadito dalla sentenza n. 5920 del 15-6-1999 con la quale si è affermato che il termine di prescrizione in questione decorre dalla data di pubblicazione del testamento e non dall'apertura della successione e si è precisato che i legittimari possono chiedere la riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della quota di riserva solo dal momento della avvenuta pubblicazione del testamento da cui discende una presunzione iuris tantum di conoscenza delle disposizioni in esso contenute: pertanto solo da tale data, salvo prova contraria, i legittimari sono in condizione di fare valere il loro diritto.
Per delineare i termini del contrasto sembrano opportuni brevi cenni in ordine ai presupposti dell'azione di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima allo scopo di verificare -con riferimento alla disciplina del decorso della prescrizione in via generale prevista dall'art.
2935 c.c.- l'influenza che -sull'esercizio del diritto del legittimario- può spiegare la conoscenza o meno del testamento da parte del medesimo, tenendo conto in proposito anche degli effetti riconducibili alla pubblicazione dell'atto di ultima volontà. 2.- a) L'azione di riduzione: natura. La posizione del legittimario. b) La pubblicazione del testamento: effetti.
a) La tutela dei diritti dei legittimari è disciplinata dagli artt. 553-564 del codice civile che, sotto la denominazione "della reintegrazione della quota riservata ai legittimari" prevede tre azioni autonome seppure strettamente connesse:
l'azione di riduzione in senso stretto, l'azione di restituzione contro i beneficiari delle disposizioni ridotte e l'azione di restituzione contro i terzi acquirenti.
L'azione di riduzione in senso stretto ha lo scopo di fare dichiarare l'inefficacia (totale o parziale) delle disposizioni testamentarie e delle donazioni lesive della quota riservata per legge ai legittimari, di cui il testatore non poteva disporre. In particolare l'art. 554 c.c. prevede:
le disposizioni testamentarie eccedenti la quota di cui il defunto poteva disporre sono soggette a riduzione nei limiti della quota medesima.
Secondo l'art. 564 c.c. (condizioni di ammissibilità dell'azione di riduzione) il legittimario che non ha accettato l'eredità con beneficio d'inventario non può chiedere la riduzione delle donazioni e dei legati , salvo che siano fatti a persone chiamate come coeredi, ancorché abbiano rinunziato all'eredità (primo comma).
L'azione di riduzione delle disposizioni testamentarie e delle donazioni,
prevista rispettivamente dagli artt. 554 e 555 c.c., ha natura personale (e non reale), essendo diretta a tutelare, previo accertamento della qualità di legittimario, il diritto intangibile alla quota dell'eredità riservata dalla legge alle categorie indicate dall'art. 536 c.c. nei confronti dei beneficiari
delle relative disposizioni (Cass. 7259/1996).
L'azione di riduzione, in definitiva, è diretta non tanto ad accertare la qualità di erede legittimario dell'attore quanto piuttosto a verificare la sussistenza della lesione del diritto intangibile riservato per legge per effetto di atti di disposizione compiuti dal testatore e, in caso positivo, a reintegrare la relativa quota, previa declaratoria di inefficacia relativa degli
atti lesivi (Cass. 11873/1993)1.
In particolare per stabilire se vi sia stata la lesione del diritto del legittimario a una quota del valore della massa, si procede alla stima del valore della disponibile (art. 556 c.c.) attraverso la riunione fittizia del relictum -al netto dei debiti- al donatum (dal quale vanno detratti i legati e le donazioni a favore del legittimario): qualora vi sia stata lesione della legittima la reintegrazione della quota avviene attraverso la riduzione prima della disposizioni testamentarie e successivamente delle donazioni. L'azione è attribuita al legittimario in quanto tale (art. 557 c.c.) e non come erede, atteso che il legittimario pretermesso -a differenza di quello leso- assume la qualità di chiamato all'eredità, sia pure con efficacia retroattiva, soltanto dal momento della sentenza che accoglie la domanda di riduzione, rimuovendo l'efficacia preclusiva delle disposizioni testamentarie e delle donazioni: la condizione stabilita dall'art. 564 c.c., della preventiva accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, vale soltanto per il legittimario che abbia in pari tempo la qualità di erede (per disposizione testamentaria o per delazione ab intestato) e non anche per il legittimario totalmente pretermesso
(Cass. 251/1999; 10775/1996; 11873/1993)2.
L'art. 480 c.c. prevede :
il diritto di accettare l'eredità si prescrive in dieci anni (primo comma);
il termine decorre dal giorno dell'apertura della successione e, in caso di istituzione condizionale, dal giorno in cui si verifica la condizione (secondo comma);
il termine non decorre per i chiamati ulteriori, se vi è stata accettazione da parte di precedenti chiamati e successivamente il loro acquisto ereditario è
venuto meno( terzo comma);
Secondo Cass. 12575/2000 l'apertura della successione fa sorgere nei destinatari della vocatio il diritto di accettare l'eredità, soggetto al termine di prescrizione di dieci anni, salvo che si tratti di chiamati ulteriori: sono da considerare tali soltanto coloro che subentrano in luogo dei rinunzianti secondo il meccanismo delle devoluzioni disciplinato dagli artt. 522 e 523 c.c. In base all'art. 459 c.c. l'acquisto dell'eredità, che avviene con la sua accettazione,
risale al momento dell'apertura della successione.
b) La questione sottoposta al giudizio delle S.U. rende, altresì, opportuno l'esame della disciplina della pubblicazione del testamento, che, secondo la prevalente dottrina, ha natura di pubblicità-notizia, non rientrando fra i requisiti di validità e di efficacia del negozio di ultima volontà (Cass.
2651/1970;
1089/1959; 645/1956).
Ai sensi dell'art. 620 c.c. chiunque è in possesso di un testamento olografo deve presentarlo al notaio per la pubblicazione appena ha notizia della morte
del testatore (I comma);
chiunque crede di avervi interesse può chiedere, con ricorso al tribunale del circondario in cui si è aperta la successione, che sia fissato un termine per la presentazione.
L'art. 621 c.c. prevede: il testamento segreto deve essere aperto e pubblicato dal notaio appena gli perviene la notizia della morte del testatore.
L'art. 623 c.c. stabilisce: il notaio, che ha ricevuto un testamento pubblico, appena gli è nota la morte del testatore, o, nel caso di testamento olografo o segreto, dopo la pubblicazione, comunica l'esistenza del testamento agli eredi e legatari di cui conosce il domicilio o la residenza3.
3.- I principi generali in materia di decorrenza della prescrizione:
l'art. 2935 c.c. - Gli impedimenti di fatto: natura ed irrilevanza. L'istituto della prescrizione (art. 2934 c.c.), che sanziona l'estinzione del diritto soggettivo per effetto dell'inerzia del suo titolare protratta per un certo tempo, trova fondamento nell'insopprimibile esigenza sociale di assicurare la
certezza dei rapporti giuridici4.
L'art. 2935 c.c. prevede che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere: il mancato esercizio del diritto, che -come si è accennato- costituisce il presupposto della prescrizione, postula necessariamente che il titolare sia posto in grado di esercitarlo.
Secondo la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte la norma di cui all'art. 2935 c.c., nello stabilire che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, si riferisce soltanto alla possibilità legale dell'esercizio del diritto con la conseguenza che l'impossibilità di fatto di agire, salve le eccezioni di legge, non vale ad
impedire il corso della prescrizione.
Il principio viene applicato in maniera rigorosa per escludere alcuna rilevanza agli impedimenti di fatto o alle condizioni soggettive, che non possono farsi rientrare fra le cause ostative di ordine giuridico.
Cass. 8063/1992 -in materia di successioni per causa di morte- evidenzia il carattere eccezionale dell'art. 624 c.c. che, nello stabilire la decorrenza del termine quinquennale di prescrizione dell'azione di impugnazione del testamento dal momento della conoscenza dell'errore, dolo o violenza, dà rilievo, in deroga al principio generale di cui all'art. 2935 c.c., all'impossibilità di mero fatto
di esercitare il diritto.
Cass. 4939/1997 (in materia di restituzione di una somma mutuata) sottolinea:
condizione necessaria e sufficiente perché la prescrizione decorra è che il titolare del diritto, pur potendo esercitarlo si astenga, rilevando soltanto la possibilità legale e non influendo, salve le eccezioni stabilite dalla legge, l'impossibilità di fatto di agire in cui il titolare venga a trovarsi: qualora le parti concordino un termine -per la restituzione della somma mutuata- a carattere indicativo, prevedendo che essa possa avvenire anche successivamente senza alcuna determinazione di scadenza, purché verso la corresponsione degli interessi ad un tasso concordato, tale patto, una volta maturato il periodo annuale indicativamente stabilito, fa sorgere per il creditore il diritto di chiedere la fissazione di un termine (ex art. 1183 c.c.), conferendo così all'inerzia del creditore protrattasi successivamente per un decennio, l'effetto di estinguere il diritto alla restituzione, tanto del capitale quanto degli interessi, stante l'accessorietà della relativa obbligazione. In particolare costituisce impedimento di mero fatto inidoneo, perciò, ad influire sul decorso della prescrizione l'ignoranza del diritto, anche se incolpevole.
Si segnalano alcune significative applicazioni del suddetto principio.
Cass. 15622/2001 (in tema di lavoro): il diritto all'assunzione nel posto di lavoro del ricorrente -utilmente collocato nella graduatoria degli idonei di un concorso- poteva essere fatto valere fin dall'assunzione del candidato collocato nella medesima graduatoria nel posto immediatamente successivo senza che potesse attribuirsi alcun rilievo in contrario alla mancata conoscenza della suddetta avvenuta assunzione, asseritamente ascrivibile alla mancata comunicazione;
Cass. 9618/2001 (lavoro): il contrasto in ordine alla natura subordinata o meno del rapporto di lavoro costituisce un impedimento di fatto e non di diritto all'esercizio, da parte del datore di lavoro, del diritto alla ripetizione dei contributi versati all'ente previdenziale e pertanto non incide sulla prescrizione (l'inizio del termine di prescrizione doveva essere individuato non dal momento in cui l'ente, escludendo la natura subordinata del relativo rapporto aveva annullato la posizione assicurativa, ma dai singoli versamenti
effettuati dal datore di lavoro);
Cass. 1490/1995 (danni): l'art. 2935 c.c., disponendo che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, si riferisce ad una possibilità legale di esercizio del diritto e non ad un semplice impedimento soggettivo, quale l'ignoranza del danneggiato sulla identità della persona obbligata a risarcirgli i danni;
Cass. 4389/1999 (contratti bancari): non vale ad impedire il corso della prescrizione il comportamento reticente del debitore (negazione da parte
dell'Istituto di credito dell'esistenza di libretti di risparmio nel patrimonio del dante causa degli attori), così come l'ignoranza del diritto, salvo che integri un doloso occultamento dell'esistenza del diritto rilevante ai sensi
dell'art. 2941 n. 8 c.c.
Cass. 11348/1998, con riferimento ai requisiti previsti dal citato dell'art.
2941 n. 8 c.c., precisa:
ai fini della sospensione della prescrizione di un diritto per occultamento doloso dell'esistenza dell'obbligazione è necessaria la sussistenza di un comportamento fraudolento diretto intenzionalmente a nascondere al creditore l'esistenza del debito. Tra gli impedimenti di fatto, che non incidono sul decorso della prescrizione, sono da considerare il mutamento di un precedente orientamento giurisprudenziale o l'esistenza di un vizio di costituzionalità
della norma (Cass. 4235/1996).
In particolare Cass. 7878/1998, nell'esaminare l'influenza della dichiarazione d'incostituzionalità della norma sul decorso della prescrizione, esclude la natura di impedimento giuridico alla pregressa vigenza di disposizione di legge preclusiva od ostativa all'esercizio di un diritto, successivamente dichiarata incostituzionale (nella specie l'art. 19 L. 865/1971, nella parte in cui non consentiva l'esperimento dell'azione per la determinazione dell'indennizzo prima della relazione di stima), rilevando come la stessa costituisca un ostacolo di mero fatto, ovviabile attraverso la proposizione dell'incidente di costituzionalità idoneo, se del caso, a rimuoverlo5. Dunque il principio per cui contra non valentem agere non currit praescriptio si riferisce soltanto agli impedimenti di ordine giuridico che possono essere di carattere generale (come la condizione sospensiva e il termine) o essere previsti specificamente dall'ordinamento in relazione a determinati diritti o categorie di diritti.
Le condizioni soggettive del titolare del diritto, come in genere gli impedimenti di fatto, sono irrilevanti a meno che non rientrino in una delle ipotesi di sospensione della prescrizione previste in modo tassativo dall'ordinamento (Ord. Corte Cost. n. 458/1987, camera di consiglio 12-11-1987):
si tratta, in tal caso, di cause ostative all'esercizio del diritto che impediscono anche l'inizio della prescrizione6. Ancora con la sentenza 191/1983 la Corte Costituzionale, nel ritenere manifestamente infondata la questione di illegittimità dell'art. 480 secondo e terzo comma c.c. -in relazione all'art. 3 Cost.- nella parte in cui non prevede che per i figli naturali il termine di prescrizione del diritto di accettare l'eredità decorra dal giorno della dichiarazione giudiziale di paternità, da un canto, rileva che la norma costituisce ed esaurisce l'ambito della vocatio e dunque non comprende -in quanto non vocati- i figli naturali che abbiano ottenuto la dichiarazione giudiziale di paternità in epoca successiva all'apertura della successione e, d'altro lato, sottolinea come debba trovare applicazione, in tema di accettazione dell'eredità da parte dei detti figli naturali, il principio generale di cui all'art. 2935 c.c. della decorrenza della prescrizione dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere e pertanto è possibile risolvere la controversia mediante una interpretazione logico-sistematica della normativa in questione diversa dalla lettura offerta dal giudice a quo.
Cass. 2326/1990, decidendo la stessa controversia, afferma che il termine decennale per l'accettazione dell'eredità non decorre ne' dall'apertura della successione ne' dall'entrata in vigore della Costituzione ma dal passaggio in giudicato della dichiarazione dello stato di figlio legittimo (la vicenda era relativa alla petizione dell'eredità proposta dai figli naturali del de cuius nati anteriormente al I luglio 1939, che -a seguito della declaratoria d'incostituzionalità dell'art. 123 I e II comma c.c. di cui alla sentenza Corte Cost. n. 7/1963- avevano proposto anche separata azione per la dichiarazione giudiziale del loro status). 4.- Gli orientamenti della Suprema Corte in merito al denunciato contrasto sulla decorrenza della prescrizione dell'azione di
riduzione delle disposizioni testamentarie.
A) I orientamento: il termine di prescrizione decorre in ogni caso dall'apertura
della successione.
Cass. 11809/1997, seguendo l'indirizzo già delineato da Cass. 4230/1987 e 459/1990, esamina in modo specifico la questione oggetto del contrasto.
Il Collegio, investito della domanda di riduzione delle disposizioni contenute in un testamento olografo, argomenta nel modo seguente. Il termine di prescrizione dell'azione di riduzione di disposizioni testamentarie decorre
dall'apertura della successione atteso che:
il diritto del legittimario viene in rilievo sin dall'apertura della successione e da tale data può essere fatto valere. Sono irrilevanti l'eventuale ignoranza dell'esistenza di un testamento o la circostanza che il testamento olografo non sia nel possesso del legittimario, trattandosi di impedimenti di fatto e non legali, dal momento che, ai sensi dell'art. 2935 c.c., costituiscono cause ostative all'esercizio del diritto e quindi al decorso del termine prescrizionale solo gli impedimenti legali non anche quelli di fatto e tanto meno quelli di natura soggettiva salvo che si traducano in cause di sospensione del termine prescrizionale e che, ai sensi dell'art. 620 c.c., chiunque vi abbia interesse può chiedere al Pretore che sia fissato un termine per la
presentazione del testamento.
Le cause di sospensione del termine di prescrizione previste dagli artt. 2941 e 2942 c.c. sono tassative ed attengono tutte a particolari rapporti esistenti tra il titolare del diritto preso in considerazione e determinati soggetti ovvero a particolari condizioni soggettive dello stesso titolare.
Il dies a quo del termine prescrizionale del diritto alla riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima non si sposta dalla data di apertura della successione a quella di accertamento della lesione quando questa sia incerta, poiché l'accertamento della lesione è uno soltanto dei momenti dell'azione di riduzione, necessario per stabilire i termini quantitativi della riduzione delle disposizioni lesive del diritto dei legittimari.
Al riguardo la già citata Cass. 4230/1987 aveva ritenuto che il termine di prescrizione dell'azione di riduzione decorre sempre dalla data di apertura della successione, anche se il legittimario scopre successivamente la lesione della quota di legittima. Il principio era stato sostanzialmente formulato anche da Cass. 817/1992, che peraltro si era soffermata in particolare sull'ulteriore (diverso) profilo della decorrenza del termine di prescrizione dell'azione di simulazione -esercitata dal legittimario contestualmente all'azione di riduzione- dei negozi dispositivi compiuti in vita dal de cuius e dissimulanti donazioni:
per entrambe (le azioni) la prescrizione decennale decorre dall'apertura della successione, perché solo da tale momento, che coincide con l'acquisto della qualità di erede, la donazione dissimulata fatta in vita dal de cuius assume l'idoneità a ledere i diritti del legittimario, rendendo attuale e concreto il suo interesse ad agire in giudizio, ex art. 2935 c.c., per ottenere, previo ed attraverso l'accertamento della dedotta simulazione, una più favorevole determinazione della quota dell'asse ereditario. B) II orientamento: il termine di prescrizione decorre non dall'apertura della successione ma dalla
pubblicazione del testamento.
Cass. 5920/1999, nel richiamare il precedente (isolato) di Cass. 99/1970, si pone in consapevole contrasto in particolare con Cass. 4230/1987, da essa
espressamente citata.
La sentenza, nell'esaminare la domanda di riduzione delle disposizioni contenute
in un testamento pubblico ritiene quanto segue.
Il termine di prescrizione dell'azione di riduzione inizia a decorrere dalla pubblicazione del testamento: soltanto da tale momento, che determina una presunzione iuris tantum di conoscenza delle disposizioni lesive, i legittimari sono in condizione di fare valere il loro diritto e richiedere la riduzione delle disposizioni lesive della propria quota di riserva, atteso che da tale data , salvo prova contraria, sono a conoscenza della lesione. In base al combinato disposto degli artt. 620 e 623 c.c., in relazione all'art. 2935 c.c., secondo cui la prescrizione comincia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, la riduzione delle disposizioni contenute in un testamento non può essere chiesta se le stesse non sono ancora a conoscenza di coloro che da quelle disposizioni hanno visto leso il proprio diritto di legittimari e a nulla rileva che il testamento sia esecutivo. Anche se il testamento pubblico è eseguibile subito, e sin dall'apertura della successione
(art. 61 Legge notarile e a contrariis, ex art. 620 co.4 c.c.), infatti, la comunicazione agli eredi ed ai legatari, prevista dall'art. 623 c.c., deve essere fatta a cura del notaio che il testamento ha ricevuto e solo dall'avvenuta pubblicazione può discendere una presunzione iuris tantum di conoscenza delle disposizioni in esso contenute. La decisione, come già accennato, è conforme a Cass. 99/1970, secondo cui la riduzione delle disposizioni testamentarie (anche in quel caso si trattava di testamento pubblico) può essere chiesta solo se il testamento sia esecutivo e della esistenza ne siano a conoscenza gli aventi diritto: con la pubblicazione il testamento diventa esecutivo ed il notaio, dopo la pubblicazione, è tenuto ai sensi dell'art. 623 c.c. a comunicarne l'esistenza agli aventi diritto.
5.- I contributi della dottrina
La soluzione di Cass. 5920/1999 è stata criticata da quegli autori che, nell'individuare nella data dell'apertura della successione il dies a quo del termine di prescrizione, hanno sottolineato la valenza degli argomenti posti a sostegno dell'indirizzo tradizionale della Suprema Corte.
Si è in proposito osservato quanto segue.
La possibilità di chiedere al giudice la fissazione di un termine per la presentazione del testamento ha proprio lo scopo di procedere a quanto previsto dalla legge nei dieci anni dalla morte del disponente oltre che di rendere certa e pubblica una situazione che tale non è ancora, senza considerare che difficilmente il legittimario, legato da vincoli di parentela stretta con il de cuius, non sia a conoscenza dell'avvenuta morte del medesimo e dell'esistenza del testamento essendo stato istituito da oltre dieci anni il Registro Generale dei Testamenti presso il Ministero della Giustizia (al quale è tenuto a trasmettere il testamento il notaio che ha proceduto alla pubblicazione,
registrazione o ricezione del testamento).
Ad ulteriore conferma della prescrizione decennale decorrente dalla data dell'apertura della successione viene richiamato il disposto dell'art. 2652 n. 8 c.c., secondo cui -qualora la trascrizione delle domande di riduzione delle disposizioni lesive della quota di legittima avvenga oltre i dieci anni dall'apertura della successione- la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i terzi che hanno acquistato a titolo oneroso diritti in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda stessa7.
Alcuni autori ritengono, invece, che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno dell'apertura della successione, a meno che il presupposto dell'azione di riduzione venga in essere (con efficacia retroattiva) in un momento posteriore come nell'ipotesi in cui -a seguito di accertamento dello status di figlio legittimo o naturale (sentenza di accoglimento del reclamo della legittimità o della domanda di dichiarazione di paternità o maternità o naturale) la qualità di legittimario sia attribuita successivamente alla morte del de cuius:in tal caso -si rileva- il termine di prescrizione deve decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza8. La soluzione data dalla richiamata decisione Cass.
5920/1999 è stata condivisa da chi, nel sottolineare come prima della pubblicazione il testamento non è eseguibile, osserva che non si può pretendere che il legittimario possa agire per la riduzione di disposizioni lesive di cui
ignora l'esistenza;
la posizione del legittimario è simile a quella del figlio naturale dichiarato giudizialmente con sentenza successiva alla morte del de cuius;
non vi è alcuna ragione per applicare la regola della retroattività degli effetti della successione al momento della morte del de cuius: in base al combinato disposto degli artt. 620 e 2935 c.c. e secondo le regole sulla delazione dell'eredità, la lesione diventa attuale ed è esperibile l'azione di riduzione soltanto dalla pubblicazione del testamento;
infine altra possibilità di soluzione della questione è offerta all'interprete dall'applicazione analogica dell'art. 480 comma terzo c.c., secondo cui il termine non corre per i chiamati ulteriori se vi è stata accettazione dell'eredità da parte dei precedenti chiamati e successivamente il loro acquisto
ereditario è venuto meno.
Il legittimario pretermesso, come il chiamato ulteriore, acquista la possibilità di accettare solo a seguito dell'esito favorevole dell'azione di riduzione che
determina il venir meno dell'acquisto dei precedenti chiamati per la parte che viola la legittima; in base alla ratio della norma, che è quella di non pregiudicare la possibilità di accettare l'eredità per colui che ha conoscenza della propria chiamata solo dopo l'apertura della successione senza sua colpa, il termine di prescrizione non corre nei confronti del legittimario pretermesso perché anche questo ha avuto conoscenza della propria chiamata solo dopo l'apertura della successione senza sua colpa;per ragioni di giustizia e di eguaglianza la disposizione dovrebbe trovare applicazione anche a favore del
legittimario leso9. 6.- Osservazioni conclusive.
Il denunciato contrasto trova origine sostanzialmente nel diverso rilievo attribuito alla mancata conoscenza da parte del legittimario delle disposizioni lesive della quota riservatagli per legge contenute in un testamento di cui non sia avvenuta la pubblicazione (nel caso di testamento olografo o segreto) o la comunicazione da parte del notaio (nell'ipotesi di testamento pubblico).
Infatti, il primo orientamento (il termine di prescrizione decorre in ogni caso dall'apertura della successione) considera irrilevante l'ignoranza del testamento, circostanza ritenuta come un impedimento di fatto ma non legale, che, come tale, ai sensi dell'art. 2935 c.c., non può perciò influire sulla decorrenza della prescrizione: la tutela del legittimario, che potrebbe essere pregiudicato da una successiva e tardiva conoscenza del testamento, sarebbe comunque assicurata dalla possibilità di esperire il rimedio di cui al secondo comma dell'artt. 620 c.c e all'art. 749 c.p.c.10.
Il secondo indirizzo muove dalla premessa che in assenza di pubblicazione del testamento -che determina una presunzione iuris tantum di conoscenza- i legittimari, ignorando l'esistenza stessa delle disposizioni lesive, non sarebbero neppure in grado di fare valere il loro diritto: a seguito della pubblicazione essi vengono a conoscenza della lesione e quindi soltanto da tale
momento possono agire per la riduzione.
Cass. 5920/1999, che era stata investita della domanda di riduzione di disposizioni lesive contenute in un testamento pubblico, ha precisato, come sopra accennato, che, pur essendo il testamento pubblico eseguibile immediatamente, cioè sin dall'apertura della successione, il dies a quo del termine di prescrizione dell'azione di riduzione doveva essere individuato nella comunicazione compiuta dal notaio ai sensi dell'art. 623 c.c.
La soluzione della questione all'esame delle S.U. rende evidentemente necessario stabilire, in relazione al disposto di cui all'art. 2935 c.c., il rilievo che -con riferimento all'esercizio del diritto del legittimario- possa attribuirsi alla scoperta successiva del testamento in assenza della pubblicazione o della
comunicazione di cui al citato art. 623 c.c.
L'indagine, dunque, dovrebbe partire dalla considerazione che l'azione esercitata dal legittimario per la reintegrazione della quota riservatagli per legge trova il suo presupposto nella lesione della legittima, che è determinata dalle disposizioni testamentarie, valide sin dal momento dell'apertura della successione, essendo contenute in un negozio unilaterale e non recettizio, che peraltro -nel caso di testamento olografo e segreto- diviene eseguibile soltanto a seguito della sua pubblicazione. In definitiva occorrerebbe stabilire se la conoscenza del testamento -momento dal quale, secondo Cass. 5920/1999, come detto, il legittimario può fare valere il suo diritto anche quando il testamento sia eseguibile (come nel caso di quello pubblico)- integri una condizione in assenza della quale si configuri un impedimento legale all'esercizio del diritto o non sia piuttosto, come in genere l'ignoranza anche incolpevole del diritto o comunque le condizioni soggettive del titolare, un impedimento di fatto, che secondo l'interpretazione consolidata dell'art. 2935 c.c., di cui si è detto, non dovrebbe assumere alcun rilevo, a meno non si versi nelle ipotesi -tassativamente previste dal legislatore- di sospensione della prescrizione, fra cui, ai sensi dell'art. 2941 n. 8 c.c., è previsto il doloso occultamento da
parte del debitore dell'esistenza del debito.
L'incidenza dell'ignoranza del testamento -sulla decorrenza del termine di prescrizione- andrebbe determinata, verificando gli effetti che -con riferimento all'esercizio del diritto del legittimario- siano riconducibili alla pubblicazione (e/o alla comunicazione) dell'atto di ultima volontà.
In considerazione anche della natura meramente dichiarativa di pubblicità-
notizia, che preferibilmente si attribuisce al procedimento di cui agli artt.
620-623 c.c., la mancata conoscenza del testamento -non pubblicato e/o non comunicato-potrebbe configurare un impedimento di fatto piuttosto che un impedimento giuridico ostativo all'esercizio del diritto del legittimario. Sotto tale prospettiva sembrerebbe, pertanto, più convincente l'orientamento che individua sempre nella data dell'apertura della successione il dies a quo di decorrenza del termine di prescrizione dell'azione di riduzione delle disposizioni testamentarie11. (Red. Emilio Migliucci)
IL DIRETTORE
dell'Ufficio del Massimario e del Ruolo
(Mario Delli Priscoli)
RIFERIMENTI NORMATIVI
CC 459
CC 480
CC 536
CC 554
CC 564
CC 2934
CC 2935
CC 2941
CC 2942
PC 749
RIFERIMENTI GIURISPRUDENZIALI
di legittimità
200115622 551018
200109618 548217
200012575 540397
199905920 527497
199904389 525957
199900251 522213
199811348 520584
199807878 517940
199711809 510371
199704939 504911
199610775 501007
199607259 499027
199604235 497441
199501490 490372
199311873 484559
199208063 477970
199200817 475440
199002326 466087
199000459 464992
198704230 452983
197002651 349076
197000099 344793
195901089 non reperibile in FIND (v. in Giust. civ. 1960, I, 585) 195600645 880434
giurisprudenza costituzionale
Corte Cost. 191/1983 (ud. 23-6-1983) n. mass. 11691 Ord. Corte Cost. 458/1987 (camera di cons. 12-11-1987) n. mass. 3781 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Azzariti-Martinez, Le successioni per causa di morte, 1979 Barbero, Sistema istituzionale del diritto privato italiano, 1953 vol.II Cariota Ferrara, Le successioni per causa di morte, 1976, tomo I Capozzi,
Successioni e donazioni 1982, tomo primo
Ferri, Dei legittimari in Commentario del codice civile a cura di Scialoja e
Branca, 1981
Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale , 1952, vol. I e vol. III
parte II
Branca, Della pubblicazione dei testamenti olografi e dei testamenti segreti, in Commentario del codice civile a cura di Scialoja e Branca, 1988
Stolfi, Nota a Trib. Venezia 15 luglio 1960 in Foro it. 1960 Giannattasio, Successioni testamentarie n. 2 sub art. 620 c.c. in Commentario del codice
civile, Utet, 1978
Scarpello Azzariti, Prescrizione e decadenza in Commentario del codice civile a
cura di Scialoja e Branca, 1977
Caponi, Della prescrizione in Riv. dir. civ. 1996 Santarsiere, Disposizioni testamentarie lesive della legittima - diritto di riduzione e prescrizione in Il nuovo Diritto, 1999 Sammartano, Successione ereditaria - Azione di riduzione delle disposizioni testamentarie -Prescrizione
- Decorrenza in Vita notarile, 1999
Mengoni, Successione necessaria 2000, in Trattato Cicu-Messineo. Le successioni
per causa di morte
Moscuzza, Il dies a quo del termine di prescrizione dell'azione di riduzione in
Giust. civ. 2000
1 Barbero, Sistema istituzionale del diritto privato italiano, 1953, vol. II, 972 rileva che presupposto per l'esercizio dell'azione di riduzione è la lesione della porzione legittima determinata dagli atti di disposizione compiuti dal de cuius;
l'azione di riduzione, secondo la dottrina prevalente, rappresenta un fenomeno di inefficacia relativa dell'atto di disposizione colpito dalla riduzione (in tal senso Capozzi, Successioni e donazioni, 1982, tomo primo, 317, il quale dopo avere esaminato le diverse posizioni della dottrina, rileva che la sentenza di riduzione non attua un nuovo trasferimento dei beni al patrimonio del defunto ma opera in modo che il trasferimento posto in essere dal de cuius con le disposizioni lesive si consideri non avvenuto nei confronti del legittimario).
2 Cariota Ferrara, Le successioni per causa di morte, 1976, tomo I, 179, escludendo che prima del positivo esito dell'azione di riduzione il legittimario pretermesso rivesta la qualità di erede, ritiene che egli sia titolare del diritto al diritto (all'eredità), cioè del diritto ad acquistare l'eredità;
prima dell'esito vittorioso dell'azione di riduzione non vi è alcuna delazione a favore del legittimario pretermesso, perché essa è impedita dalla disposizione lesiva -efficace fino alla sentenza di riduzione- non potendo esservi due delazioni diverse e incompatibili in ordine agli stessi beni (in proposito cfr Capozzi, op.cit., 280, il quale evidenzia come tale tesi trovi conferma negli artt. 536 c.c. (che definisce i legittimari come le persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità) e 551 comma secondo c.c. (il legatario in sostituzione di legittima non acquista la qualità di erede che acquisterebbe
quale legittimario conseguendo la legittima);
Ferri, Dei legittimari in Commentario del codice civile a cura di Scialoja e Branca, 1981, 265, rileva che l'azione di riduzione non è limitata a rimuovere un impedimento all'assunzione da parte del legittimario della qualità di erede, come invece nella petizione di eredità, ma ha la finalità di fargli conseguire in concreto i beni previa declaratoria di inefficacia delle disposizioni lesive della legittima; nello stesso senso Stolfi, Nota a Trib. Venezia 15 luglio 1960 in Foro it. 1960, 1417, il quale -nell'evidenziare come il legittimario pretermesso non si trovi nella stessa situazione degli altri successibili- sottolinea che il medesimo acquista la qualità di erede soltanto a seguito dell'esito fruttuoso dell'azione di riduzione, rilevando in modo particolare le
differenze con la petizione di eredità.
3 Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale,1952, vol. I, 499 e vol. III parte II, 186-188, sottolinea come l'esecuzione del testamento, che ha lo scopo di portare a conoscenza degli interessati (chiamati alla successione, familiari del defunto ed anche creditori ereditari e dell'erede) il trapasso dei diritti immobiliari e dei diritti sui mobili registrati, rientra nell'ambito della pubblicità-notizia; in tal caso l'inosservanza della pubblicità non incide sulla validità ed efficacia dell'atto: in particolare -osserva l'A.- la pubblicazione dell'olografo non è indispensabile per la sua efficacia ed eseguibilità, atteso che il testamento -essendo un negozio unilaterale non recettizio- produce effetti indipendentemente dalla conoscenza dei destinatari;
Branca, Della pubblicazione dei testamenti olografi e dei testamenti segreti, in Commentario del codice civile a cura di Scialoja e Branca, 1988, 75, evidenziando come il testamento olografo è eseguibile anche in assenza di
pubblicazione (per adempimento spontaneo dell'onerato o per impossibilità della pubblicazione), sottolinea che la pubblicazione non è requisito di efficacia del testamento -come invece ritenuto da altri autori (Giannattasio, Successioni testamentarie n. 2 sub art. 620 c.c. in Commentario del codice civile, Utet, 1978)- ma ha la funzione di eliminare un ostacolo alla esecuzione coatta del testamento: l'A., facendo riferimento alla distinzione fra diritto ed azione, chiarisce in proposito (v. pag. 91) che il diritto ex testamento nasce subito, cioè al momento dell'apertura della successione, ma la sua realizzazione con l'esperimento della relativa azione è subordinata alla pubblicazione.
L'A. rileva, in particolare, che la comunicazione, prevista dall'art. 623 c.c. a carico del notaio, ha sempre natura di pubblicità-notizia, che avendo la funzione di fare conoscere l'esistenza del testamento ai beneficiari, non può determinare l'acquisto o la perdita di diritti immediati e futuri: la prescrizione del diritto di accettare l'eredità decorre dall'apertura della successione, così come quella di impugnare il testamento da quando è cominciata l'esecuzione e non dal fatto che si conosca la loro esistenza (pag.176);
Azzariti-Martinez, Le successioni per causa di morte, 1979, 381, nell'evidenziare che l'art. 620 c.c. subordina alla pubblicazione soltanto la eseguibilità del testamento, sottolinea che gli effetti giuridici dell'atto si producono dal giorno dell'apertura della successione, indipendentemente dalla pubblicazione;
Tamburrino, Testamento, Enc. del dir., 1992, vol. XLIV, 492, rilevando che per l'efficacia del testamento olografo e di quello segreto è necessario il procedimento -previsto dagli artt. 620-623 c.c. per portarne a conoscenza l'esistenza e il contenuto- osserva che la pubblicazione è circostanza estrinseca all'atto, sicché la sua mancanza non può invalidarlo ma semmai ritardarne l'esecuzione. 4 In tal senso anche la dottrina più accreditata (cfr Scarpello Azzariti, Prescrizione e decadenza in Commentario del codice civile a
cura di Scialoja e Branca, 1977, 203).
5 La sentenza citata evidenzia come il carattere retroattivo tipico delle pronunce d'incostituzionalità di una norma ne comporta l'eliminazione ex tunc dall'ordinamento giuridico con la conseguenza che la norma medesima, dalla data di pubblicazione della pronuncia del giudice delle leggi, non è più idonea a produrre ne' tanto meno a conservare alcun effetto giuridico (eccezion fatta per i cosiddetti rapporti esauriti) e non può pertanto costituire la fonte normativa di un effetto impeditivo del decorso della prescrizione ex art. 2935 c.c.
6 Gli impedimenti di fatto assumono rilevanza soltanto se integrino cause di sospensione previste e disciplinate dall'ordinamento che dà rilevanza all'impossibilità materiale e morale o quanto meno ad ipotesi di grave difficoltà di esercitare il diritto per il titolare (cfr Scarpello Azzariti, op.
cit. pagg. 221 e 246). Caponi, Della prescrizione in Riv dir. civ. 1996, 721 e ss, nell'evidenziare il carattere tassativo delle cause di sospensione della prescrizione, dettato da esigenze di certezza, rileva come il diritto vivente si sia limitato a prendere in considerazione esclusivamente cause d'impossibilità giuridica dando rilevanza soltanto in via eccezionale ad ostacoli materiali, quale ad es. la situazione psicologica del lavoratore indotto a non esercitare il proprio diritto per timore del licenziamento, secondo quanto affermato da
Corte Cost. 63/1966.
7 In tal senso Sammartano, Successione ereditaria - Azione di riduzione delle disposizioni testamentarie - Prescrizione - Decorrenza in Vita notarile, 1999,
1252 e ss.
8 In tal senso Mengoni, Successione necessaria 2000, 333 in Trattato Cicu- Messineo Le successioni per causa di morte; Ferri, op. cit., 266.
9 In tal senso Moscuzza, Il dies a quo del termine di prescrizione dell'azione di riduzione in Giust. civ. 2000, I, 3295, il quale richiama anche App. Trento 19 dicembre 1998, secondo cui il termine di prescrizione decorre dalla pubblicazione, cioè dal momento in cui si presume conosciuta la disposizione testamentaria, perché altrimenti l'erede in possesso della scheda testamentaria potrebbe ometterne la pubblicazione, ponendo in essere una condotta fraudolenta fino alla prescrizione del diritto degli eredi pretermessi (v. la sentenza sopra citata in Il nuovo Diritto 1999, 849 con nota adesiva di Santarsiere, Disposizioni testamentarie lesive della legittima-diritto di riduzione e
prescrizione in Il nuovo Diritto 1999, 849).
10 In proposito andrebbe, peraltro, analizzata l'applicabilità alla fattispecie in esame (ignoranza del testamento da parte del legittimario) delle citate norme che evidentemente postulano che il ricorrente sia invece edotto dell'esistenza di un testamento in possesso di un determinato soggetto.
11 Nell'ipotesi in cui in modo particolare ed evidente si manifesta l'esigenza di tutela della posizione del legittimario, come quando l'erede testamentario celi fraudolentemente il testamento allo scopo di pregiudicarne i diritti (fattispecie oggetto della controversia esaminata da App. Trento 19-12-1998 di cui si è detto sopra alla nota 8), dovrebbe comunque trovare applicazione la causa sospensiva del decorso della prescrizione di cui all'art. 2941 n.8 c.c.
alla quale si è fatto cenno.
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16
Autore Giusti
Numero 20040114R Data 03/11/2004
Provvedimenti Collegati
N.
20644 del 2004 Rv. 577811
Tipo Risoluzione di contrasto (R)
Collegamenti altre relazioni
2004 0006R
Schema di classificazione 168175
168 SUCCESSIONI "MORTIS CAUSA" - 175 AZIONE DI RIDUZIONE (LESIONE DELLA QUOTA DI RISERVA) - IN GENERE
SUCCESSIONI "MORTIS CAUSA" - SUCCESSIONE NECESSARIA - REINTEGRAZIONE DELLA QUOTA DI RISERVA DEI LEGITTIMARI - AZIONE DI RIDUZIONE (LESIONE DELLA QUOTA DI
RISERVA) - IN GENERE -
Disposizione testamentaria lesiva della legittima - Termine di prescrizione - Decorrenza.
Riferimenti normativi
Cod. Civ. art. 553
Cod. Civ. art. 554
Cod. Civ. art. 456
Cod. Civ. art. 470
Cod. Civ. art. 481
Cod. Civ. art. 620
Cod. Civ. art. 623
Cod. Civ. art. 2935
Cod. Civ. art. 2946
Massime precedenti Conformi
N. 99 del 1970 Rv. 344793
N. 4230 del 1987 Rv. 452983
N. 11809 del 1997 Rv. 510371
N. 5920 del 1999 Rv. 527497
N. 20644 del 2004 Rv. 577811
Testo del Documento
Informazione su avvenuta risoluzione di contrasto
Rel. n. 114
Roma, 3 novembre 2004
Oggetto: SUCCESSIONI "MORTIS CAUSA" - SUCCESSIONE NECESSARIA - REINTEGRAZIONE DELLA QUOTA DI RISERVA DEI LEGITTIMARI - AZIONE DI RIDUZIONE (LESIONE DELLA
QUOTA DI RISERVA) - IN GENERE - Disposizione testamentaria lesiva della
legittima - Termine di prescrizione - Decorrenza.
Nella materia indicata in oggetto, le Sezioni Unite di questa Suprema Corte, con sentenza N. 20644 del 25 ottobre 2004 (Pres. Corona; Rel. ed Est. Triola; P.M.
Iannelli D. (concl. conf.); in causa Pellegrino e altro c/ Pellegrino e altri;
Nn. Reg. Gen. 13545-17581/2000; resa all'udienza pubblica del 1 luglio 2004; N.
Reg. Sez. 626/04), hanno enunciato il principio di diritto così massimato da
questo Ufficio:
<<Il termine decennale di prescrizione dell'azione di riduzione decorre dalla data di accettazione dell'eredità da parte del chiamato in base a disposizioni
testamentarie lesive della legittima>>.
Così decidendo, le Sezioni Unite, nel comporre il contrasto di giurisprudenza emerso in senso alla II Sezione civile, prendono le distanze tanto dall'orientamento che faceva decorrere il termine di prescrizione dell'azione di riduzione dalla data di apertura della successione (sent. 7 maggio 1987, n.
4230, rv. 452983; sent. 25 novembre 1997, n. 11809, rv. 510371), quanto dall'indirizzo che individuava il dies a quo nella pubblicazione del testamento (sent. 17 gennaio 1970, n. 99, rv. 344793; sent. 15 giugno 1999, n. 5920, rv.
527497).
A tale soluzione le Sezioni Unite pervengono - dopo aver precisato che un problema di individuazione della decorrenza del termine di prescrizione dell'azione di riduzione può porsi in realtà solo con riferimento alla lesione di legittima ricollegabile a disposizioni testamentarie (giacché "nel caso in cui la lesione derivi da donazioni ... è indubbio che tale termine decorre dalla data di apertura della successione") - osservando:
- che "con la sola apertura della successione ... non si è ancora realizzata la lesione di legittima e quindi mancano le condizioni di diritto perché possa iniziare a decorrere il termine per l'esperimento del rimedio predisposto dal legislatore" (il legittimario infatti, fino a quando il chiamato in base al testamento non accetta l'eredità, rendendo attuale quella lesione di legittima che per effetto delle disposizioni testamentarie era solo potenziale, non è legittimato, per difetto di interesse, ad esperire l'azione di riduzione);
laddove, successivamente alla accettazione dell'eredità da parte del chiamato in base a testamento, "non costituisce ostacolo alla decorrenza del termine di prescrizione dell'azione di riduzione la mancata conoscenza da parte del legittimario leso di tale accettazione dell'eredità";
- che la decorrenza del termine neppure potrebbe individuarsi nella data di pubblicazione del testamento: per quanto riguarda il testamento pubblico, perché
"la comunicazione agli eredi e legatari da parte del notaio che l'ha ricevuto, prevista dall'art. 623 cod. civ., potrebbe in astratto valere come presunzione di conoscenza ... per i destinatari di tale comunicazione, ma non per il legittimario leso in base a tale testamento"; per quanto riguarda il testamento olografo, poi, perché a una tale pubblicazione può essere ricollegata l'accettazione dell'eredità solo ove la relativa richiesta provenga dal chiamato e questi assuma espressamente nel relativo verbale la qualità di erede, ed inoltre perché, più in generale, "la pubblicazione serve a dare legale esecuzione al testamento olografo, ma nulla esclude che il chiamato in base ad esso abbia compiuto in precedenza atti idonei a comportare l'accettazione dell'eredità e quindi la decorrenza del termine di prescrizione dell'azione di riduzione".
I magistrati addetti al settore civile sono invitati a dare notizia della massima sopra indicata con riguardo ai ricorsi in cui dovessero assumere rilevanza le questioni in essa affrontate. (Red. Alberto Giusti)
IL DIRETTORE
dell'Ufficio del Massimario e del Ruolo