Facolt` a di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea Specialistica in Scienze Fisiche
Anno Accademico 2005/2006
Tesi di Laurea Specialistica
Analisi della dinamica interna di nubi molecolari translucent ad alta latitudine
Galattica.
Candidato: Relatore:
Francesco Costagliola Steven Neil Shore
A Roberto e Laura,
due eroi di sempre.
Indice
1 Introduzione 6
1.1 Formazione di strutture . . . . 7
1.1.1 Teorema del Viriale . . . . 7
1.1.2 Instabilit´ a di Jeans . . . . 8
1.1.3 Instabilit´ a termica . . . . 9
1.2 Nubi Molecolari . . . . 11
1.2.1 Chimica Interstellare . . . . 12
1.2.2 Emissione molecolare . . . . 13
1.2.3 Allargamento doppler del profilo di riga . . . . 18
1.2.4 High Latitude Molecular Couds . . . . 18
2 Turbolenza 25 2.1 Fenomenologia . . . . 25
2.2 Instabilit´ a di Kelvin-Helmoltz . . . . 26
2.3 Trattazione Probabilistica . . . . 28
2.4 Teoria di Kolmogorov (1941): La Cascata Turbolenta . . . . 30
2.5 Intermittenza e modelli multifrattali . . . . 35
2.5.1 Modello β . . . . 36
2.5.2 Modelli multifrattali . . . . 37
2.5.3 Modello lognormale . . . . 39
2.6 Turbolenza Comprimibile . . . . 40
2.7 Turbolenza in presenza di campi magnetici . . . . 42
2.8 Turbolenza nel mezzo interstellare . . . . 44
3 Osservazioni 49 3.1 Fondamenti di Radioastronomia . . . . 49
3.2 Specifiche dello strumento utilizzato . . . . 54
3.3 Acquisizione dei dati . . . . 54
3.4 Dati osservativi . . . . 56
3.4.1 MBM40 . . . . 56
3.4.2 L1512 . . . . 57
3.4.3 Polaris Flare . . . . 59
4 Analisi dei dati 63 4.1 Centroidi di Velocit´ a . . . . 63
4.2 Propriet´ a dei Profili di Riga . . . . 65
4.3 Profili sovratermici . . . . 67
4.4 HCO + nel Polaris Flare . . . . 68
4.4.1 Emissione integrata . . . . 69
4.4.2 Struttura del campo di Velocit´ a . . . . 70
4.4.3 Relazione Scala-Velocit´ a . . . . 70
4.4.4 Autocorrelazione dei Centroidi . . . . 72
4.4.5 PDF degli incrementi di velocit´ a . . . . 78
4.4.6 Confronto con 12 CO e 13 CO . . . . 78
5 Conclusioni 87
6 Ringraziamenti 90
7 Appendice: Codici per la riduzione e l’analisi dei dati 92 7.1 Riduzione dei dati . . . . 92 7.1.1 Esempio di header di un file .fits per un osservazione in FSW . . . . 92 7.1.2 Procedura di folding per spettri ottenuti con frequency switching . 94 7.1.3 Creazione di un cubo di dati PPV . . . . 95 7.2 Analisi dati . . . . 97 7.2.1 Calcolo delle propriet´ a degli spettri . . . . 97 7.2.2 Funzione di distribuzione di probabilit´ a degli incrementi dei centroidi
di velocit´ a (PDF) . . . . 100 7.2.3 Funzione di autocorrelazione per la mappa dei centroidi di velocit´ a 101 7.2.4 Relazione Scala-Velocit´ a . . . . 103 7.2.5 Ricampionamento di una mappa su una griglia di coordinate a riso-
luzione minore . . . . 106
1 Introduzione
Il mezzo interstellare (ISM) nella nostra Galassia non ´ e distribuito uniformemente, ma presenta delle fluttuazioni di densit´ a, sotto forma di grandi nubi e filamenti che risaltano rispetto al mezzo diffuso circostante. Questi complessi si formano sotto l’azione di vari processi, come ad esempio collasso gravitazionale e instabilit´ a termiche, ed ´ e al loro interno che avviene la formazione di nuove stelle. Lo studio delle propriet´ a delle nubi interstellari ´ e quindi di fondamentale importanza per comprendere le condizioni in cui avviene la forma- zione stellare. In particolare, la distribuzione di velocit´ a interna alle nubi ´ e determinante per l’instaurarsi di processi di frammentazione gravitazionale, presupposto necessario per la formazione di nuove strutture.
La dinamica del gas interstellare pu´ o essere indagata tramite osservazioni spettroscopiche dell’emissione di specie molecolari come 12 CO e CS, che sono forti emettitori radio. La velocit´ a lungo una linea di vista viene ricavata tramite lo spostamento doppler della riga di emissione. Obiettivi ideali per questo tipo di analisi sono le High Latitude Molecular Clouds [43], nubi molecolari poste ad alte latitudini Galattiche. Le HLMC presentano due caratteristiche fondamentali che le distinguono dalle nubi molecolari presenti sul piano Ga- lattico. Innanzitutto non hanno al loro interno formazione di stelle, che perturba il campo di velocit´ a con venti e shocks e rende molto difficile l’interpretazione dei dati raccolti. Inol- tre, essendo lontane dal piano Galattico, possiamo ragionevolmente supporre che lungo una linea di vista e in un dato intervallo di velocit´ a non si affollino troppe strutture diverse.
Questo ´ e essenziale per interpretare correttamente il profilo di emissione osservato.
A partire dai primi anni ottanta, si sono susseguite molte osservazioni di HLMC [44, 20, 10, 65], che hanno rivelato interessanti propriet´ a del campo di velocit´ a interno alle nubi.
La caratteristica principale di queste osservazioni ´ e che tutte mostrano profili di riga so- vratermici, cio´ e la dispersione di velocit´ a lungo la linea di vista ´ e maggiore di quella che ci aspetteremmo se questa fosse dovuta solamente all’agitazione termica del gas. Questa dispersione non termica fornisce alle strutture un supporto contro il collasso gravitazionale.
Gran parte delle HLMC non ´ e infatti gravitazionalmente legata.
Nonostante le nubi molecolari perdano costantemente energia sotto forma di radiazione infrarossa e millimetrica, queste sembrano strutture abbastanza stabili, con tempi di vita caratteristici di almeno 10 7 anni. Deve quindi esistere un meccanismo che reintegri l’energia radiata.
Una possibile spiegazione sia dei moti supersonici osservati, sia dell’energetica delle nubi molecolari, potrebbe essere la presenza di un campo di velocit´ a turbolento. In questo scena- rio l’energia verrebbe immessa a grande scala dai gradienti di velocit´ a dovuti alla rotazione differenziale della Galassia e si propagherebbe poi a scale pi´ u piccole tramite una cascata turbolenta, per essere infine dissipata sotto forma di calore o tramite processi radiativi. A sostegno dell’ipotesi turbolenta si sono accumulate negli ultimi 10 anni molte osservazio- ni che rivelano come le nubi molecolari abbiano caratteristiche simili ai fluidi turbolenti osservati in laboratorio, come la formazione di strutture coerenti (vortici, filamenti) e la presenza di distribuzioni di velocit´ a non Gaussiane [52]. In un certo numero di complessi molecolari sono state riscontrate inoltre relazioni tipo legge di potenza [36] tra larghezza di riga e dimensioni della regione osservata, che mimerebbero le leggi di scala tipiche delle teorie classiche della turbolenza.
ll mio lavoro si inserisce in questo contesto e consiste nell’analisi di nuove osservazioni di
emissione molecolare, ad alta risoluzione spaziale e spettrale, in nubi ad alta latitudine Galattica. Le osservazioni, effettuate nell’inverno 2006 con il telescopio di 20m di diametro dell’Onsala Space Observatory in Svezia, consistono sia di spettri singoli che di mappe delle prime transizioni rotazionali di CS, 12 CO e HCO + , all’interno delle sorgenti MBM40, L1512 e Polaris Flare.
In questa sezione introduttiva descriviamo le caratteristiche generali delle nubi molecolari nella nostra Galassia, assieme ai principali processi che le determinano. Una rapida tratta- zione della turbolenza, e delle sue manifestazioni all’interno di queste strutture, ´ e riportata nel capitolo 2. I capitoli 3 e 4 sono dedicati ai metodi osservativi utilizzati ed all’analisi dei dati. Le conclusioni sono raccolte nel capitolo 5.
1.1 Formazione di strutture
Il meccanismo di formazione ed evoluzione delle nubi molecolari ´ e ancora un problema aperto, essendo il risultato di molti processi concomitanti aventi origine diversa. La mag- gior parte delle strutture osservate non mostrano evidenti processi di espansione o collasso esono quindi considerate strutture stabili. In generale , l’equilibrio di questi sistemi ´ e il risultato di un bilanciamento tra meccanismi di contrazione, dovuti ad esempio l’attrazio- ne gravitazionale, e meccanismi di supporto della struttura. Vediamo quindi sotto quali condizioni il mezzo interstellare pu´ o formare strutture e quali sono i principali processi che ne determinano la stabilit´ a.
1.1.1 Teorema del Viriale
Una condizione generale di equilibrio per strutture autogravitanti ´ e data dal Teorema del Viriale, derivato per la prima volta da Clausius nel diciannovesimo secolo per un sistema di masse puntiformi che si muovono sotto l’influenza del potenziale gravitazionale collettivo senza collisioni. L’equazione del moto per ogni particella ´ e semplicemente m¨ x i = F i . Il lavoro compiuto per spostare una particella di un tratto x = (x i − x i,0 ) ´ e dato da:
W ≡ mx¨ x i = 1
2 m d 2 x 2
dt 2 − m ˙x i , (1)
e sommando su tutte le particelle otteniamo 1 2
dI 2
dt 2 = 2T + W, (2)
dove I ´ e il momento di inerzia, T l’energia cinetica e W l’energia potenziale del sistema. Per un sistema stazionario, la variazione del momento di inerzia deve essere nulla, quindi si ha 2T+W=0. La formulazione originale di Clausius pu´ o essere estesa ad un sistema continuo, caratterizzato da una funzione di distribuzione f (v), prendendo come energia cinetica e potenziale i valori mediati sulla distribuzione. In questo caso il teorema del viriale diventa 2hT i + hW i = 0. Nel caso di un sistema legato gravitazionalmente abbiamo
hT i = 1
2 M tot σ 2 , (3)
hW i = − k g GM tot 2
R tot , (4)
con M tot e R tot massa e raggio totale della nube, k g fattore che dipende dalla geometria del sistema (3/5 per una sfera) e σ dispersione di velocit´ a interna. Per nubi virializzate la dispersione di velocit´ a dovr´ a essere dell’ordine di
σ vir = r GM tot
R tot . (5)
Il teorema del viriale ci fornisce quindi uno strumento per poter stimare se una data strut- tura sia o meno all’equilibrio meccanico, una volta che siano note massa, dimensioni e dispersione di velocit´ a caratteristiche. Le stime di massa e dimensioni sono per´ o difficili da determinare per le nubi interstellari, poich´ e dipendono fortemente dalla calibrazione del rapporto tra emissione molecolare e abbondanza di idrogeno e dalla stima della distanza dell’oggetto. Inoltre con l’osservazione dello spostamento doppler delle linee molecolari ´ e possibile rivelare solamente una componente della velocit´ a, quella parallela alla linea di vista; dobbiamo quindi assumere un campo di velocit´ a isotropo perch´ e l’applicazione del viriale abbia senso. Questo naturalmente fallisce in presenza di forti anisotropie, come gradienti di velocit´ a o rotazione della struttura.
1.1.2 Instabilit´ a di Jeans
Consideriamo uno strato di gas autogravitante e supponiamo che valga un’equazione di stato isoterma del tipo P = ρ · c 2 s , con c s velocit´ a del suono costante. Analizziamo la stabilit´ a del sistema per una piccola variazione locale di densit´ a δρ = ρ 0 e i(kx−ωt) .
Per l’equazione di continuit´ a abbiamo
∂ρ
∂t + ρ∇ · v = 0. (6)
Al primo ordine in δρ e trasformando con Fourier, la (6) diventa
−iωδρ + ikρ 0 δv = 0. (7)
Similmente l’equazione per il momento ρ ∂v
∂t + ρv · ∇v = −∇P + ρ∇Φ, (8)
diventa al primo ordine
−iωδv = −ikc 2 s δρ
ρ 0 + ikδΦ. (9)
Il potenziale gravitazionale segue l’equazione di Poisson
∇ 2 Φ = −4πGρ, (10)
che diventa, applicando la variazione di densit´ a
k 2 δΦ = (4πGρ 0 ) δρ
ρ 0 . (11)
Combinando le tre equazioni troviamo la relazione di dispersione ω 2 = c 2 s k 2 − 4πGρ 0 . La condizione critica per la stabilit´ a del mezzo ´ e data da ω = 0, che implica
λ J = s
πc 2 s Gρ 0
. (12)
La lunghezza d’onda critica λ J , ´ e detta lunghezza di Jeans ed ´ e la scala oltre la quale il mezzo diventa instabile per collasso gravitazionale. Per dimensioni λ > λ J abbiamo infatti un ω immaginario che tende a far divergere esponenzialmente la fluttuazione di densit´ a iniziale δρ.
L’espressione (12) pu´ o essere compresa anche comparando i tempi caratteristici della contrazione gravitazionale e della risposta del sistema. La variazione di densit´ a ´ e infatti contrastata dalla forza di richiamo dovuta alla pressione. Quest’ultima agisce su tempi scala dell’ordine del sound crossing time t s = L/c s , che ´ e il tempo che una perturbazione di densit´ a impiega per attraversare una regione di dimensione L. Il sound crossing time deve essere comparato con il tempo caratteristico della crescita dell’instabilit´ a, che ´ e dato dal free fall time t f f = 1/ √
Gρ. Per t f f < t c la contrazione ´ e pi´ u veloce della forza di richiamo e la struttura collassa. Possiamo vedere facilmente che imponendo t f f = t c ritroviamo la condizione L J ≈ c s / √
Gρ.
La relazione di dispersione per l’instabilit´ a pu´ o essere riscritta in termini dei tempi caratteristici del processo
ω 2 = c 2 s k 2 − 4πGρ 0 ' 1 t 2 c − 1
t 2 f f → ω =
s t 2 f f − t 2 c
t 2 c · t 2 f f . (13) Nel caso in cui t f f < t c , la la crescita dell’instabilit´ a, e quindi la formazione della struttura, avviene su tempi scala dell’ordine di t J = 1/ω R , con ω = iω R .
La massa contenuta all’interno di una lunghezza di Jeans, M J = 4 3 πρ 0 L 3 J per una sfera,
´
e detta massa di Jeans e rappresenta la massa limite per una struttura gravitazionalmente stabile. Quando una struttura che eccede la massa di Jeans comincia a contrarsi, aumenta la propria densit´ a e di conseguenza la lunghezza di Jeans diminuisce, portando alla for- manzione di strutture a scala sempre pi´ u piccola e con densit´ a sempre maggiori. Questo fenomeno, noto come frammentazione, continua fino a che non si raggiunge una dimensione limite alla quale altri processi, dovuti all’aumento di densit´ a ed opacit´ a, non fermano il collasso dei singoli frammenti (ad esempio la formazione di protostelle).
1.1.3 Instabilit´ a termica
Il mezzo interstellare presenta un vasto range di temperature, che vanno dalle poche decine di gradi Kelvin delle nubi molecolari, ai 10 6 K delle regioni HII. Il riscaldamento ´ e dovuto principalmente ai raggi cosmici ed al campo di radiazione diffuso (ISRF) che ionizzano il gas interstellare immettendovi elettroni veloci. L’energia termica viene invece dissipata tra- mite processi radiativi che comprendono, a seconda del range di temperatura, transizioni atomiche, emissione infrarossa dei grani di polvere e emissione molecolare.
Una rapida diminuzione di temperatura porta ad un deficit di pressione locale che pu´ o cau-
sare l’implosione della regione. La condizione critica ´ e regolata dal rate di raffreddamento
e dalla velocit´ a del suono nel mezzo. Se il tempo caratteristico di raffreddamento, e quindi di variazione della pressione, ´ e minore del sound crossing time t sound = `/c s , l’equilibrio non pu´ o essere ristabilito e si ha il collasso.
Il rate di raffreddamento dipende sia dalla temperatura che dalla densit´ a del gas, se questo aumenta al diminuire della temperatura (o al’aumentare della densit´ a) si ha un feedback positivo per la crescita dell’instabilit´ a.
Definiamo la funzione di raffreddamento (cooling function) come il risultato dei due pro- cessi concorrenti di riscaldamento e dissipazione radiativa dell’energia, L = Λ(ρ, T ) − Γ(ρ).
Per il rate di riscaldamento si ha Γ ∝ Γ rad n, con Γ rad flusso della radiazione incidente e n densit´ a numerica degli assorbitori. Il termine di raffreddamento Λ dipende dal rate di eccitazione delle transizioni molecolari responsabili per la radiazione dell’energia, ed ´ e quin- di determinato non solo dalla densit´ a ma anche dalla temperatura. Il rate di eccitazione collisionale di queste transizioni dipende infatti dal tempo di collisione t col ∼ ρ −1/3 T −1/2 . La dipendenza di Λ da densit´ a e temperatura non ´ e comunque cos´ı facile da determinare poich´ e ´ e condizionata anche dall’efficienza dei processi di creazione e distruzione delle mo- lecole emettitrici, che non hanno una dipendenza banale da queste due variabili (per un approfondimento dei processi che determinano L si veda [70]).
Consideriamo un mezzo in cui si ha L(ρ 0 , T 0 ) = 0, cio´ e dove le perdite radiative sono bi- lanciate dal rate di ionizzazione. Assumiamo che il gas rimanga in equilibrio di pressione con il mezzo circostante e applichiamo una piccola variazione isobara di temperatura e di densit´ a. L’entropia del sistema cambier´ a di una quantit´ a δS, che ´ e legata alla variazione δL dalla relazione
δLdt = −T d(δS), (14)
con la condizione di instabilit´ a che ´ e data da [15]
∂L
∂S
P
> 0. (15)
Assumendo una funzione di stato di gas perfetto, si ha T dS = C p dT e la (15) diventa
∂L
∂T
P
= ∂L
∂T
ρ
− ρ 0
T 0
∂L
∂ρ
T
< 0. (16)
La derivata della funzione di raffreddamento rispetto alla densit´ a ´ e sempre positiva a causa della natura collisionale dell’eccitazione delle transizioni atomiche o molecolari responsabili delle perdite di energia. Il verificarsi dell’instabilit´ a dipende quindi dall’anda- mento di L al diminuire della temperatura.
Nel caso in cui sia presente un campo di velocit´ a turbolento, ´ e molto probabile che i moti supersonici causino delle compressioni tali da innescare un’instabilit´ a. Consideriamo una regione di gas di dimensioni d, pressione iniziale P 0 e densit´ a ρ 0 , e comprimiamola fino a raggiungere una pressione P 1 > P 0 . La variazione di energia interna per unit´ a di volume sar´ a data da
∆U = C v ∆(ρT ) = 1
γ − 1 (P 1 − P 0 ), (17)
con γ indice adiabatico del gas. I tempo necessario a dissipare l’incremento di energia
interna sotto forma di radiazione ´ e t rad = ∆U/hρLi, dove hρLi ´ e il rate medio di raffred-
damento durante la compressione. La condizione di condensazione t rad < t sound ≡ d/c s ,
diventa quindi
d > d crit ≡ (P 1 − P 0 )c s
(γ − 1)hρLi . (18)
Per le condizioni tipiche della fase atomica del gas interstellare (P 0 ∼10 −13 J m −3 e c s ∼10 km/s), Hennebbelle e P´ erault (1999) [22] trovano per questa dimensione critica un valore di circa 15 pc.
1.2 Nubi Molecolari
Quando la densit´ a di colonna di una regione ´ e abbastanza alta da rendere efficienti i mec- canismi di formazione molecolare, le specie formatesi raffreddano il mezzo interstellare dissipando radiativamente l’energia termica del gas. La regione quindi si raffredda e si contrae (vedi Par. 1.1.3) fino alla formazione di una nube molecolare. Le strutture cos´ı formate hanno propriet´ a molto eterogenee, ma sono tutte caratterizzate da basse tempe- rature, dell’ordine dei 10-50K. Le dimensioni variano da 0.1 a 20 pc, con densit´ a tipiche di 10 3 -10 4 cm −3 . I complessi pi´ u grandi sono rappresentati dalle Giant Molecular Clouds (GMC) situate sul piano Galattico, che con masse caratteristiche di 10 5 M , contengono la maggior parte del materiale molecolare della Galassia.
La distribuzione del materiale molecolare nella nostra Galassia ´ e mostrata in Fig. 1, che riporta l’emissione della transizione J=1-0 del 12 CO per latitudini Galattiche |b| ≤34 ◦ .
+30°
−30°
−20°
0°
+20°
+10°
−10°
+30°
−30°
−20°
0°
+20°
+10°
−10°
Galactic Longitude
Galactic Latitude
180° 170° 160° 150° 140° 130° 120° 110° 100° 90° 80° 70° 60° 50° 40° 30° 20° 10° 0° 350° 340° 330° 320° 310° 300° 290° 280° 270° 260° 250° 240° 230° 220° 210° 200° 190° 180°
Beam
S235
Per OB2 Polaris Flare Cam Cepheus
Flare
W3
Gr e a tR i ft NGC7538Cas A Cyg
OB7 Cyg X W51W44
AquilaRift
R CrA Ophiuchus
Lupus
Galactic
Center G317−4
Chamaeleon Coal Sack Carina Nebula Vela
Ori A & B Mon R2 Maddalena’s
Cloud CMaOB1
Mon OB1 Rosette Gem OB1S147 S147
CTA-1 S212
λO r i R i n g Tau-Per-Aur
Complex
Aquila South Pegasus
Lacerta GumNebula S. OriFilament
Hercules
Galactic Longitude
Galactic Latitude
Orion Complex Ursa Major
0°
60°
120°
180° 300° 240° 180°
−20°
0°
+20°
0.0 0.5 1.0 1.5 2.0
log T∫mbdv (K km s−1)
FIG. 2.–Velocity-integrated CO map of the Milky Way. The angular resolution is 9´ over most of the map, including the entire Galactic plane, but is lower (15´ or 30´) in some regions out of the plane (see Fig. 1 & Table 1). The sensitivity varies somewhat from region to region, since each component survey was integrated individually using moment masking or clipping in order to display all statistically significant emission but little noise (see §2.2). A dotted line marks the sampling boundaries, given in more detail in Fig. 1.
a)
Galactic Longitude Galactic Longitude
LSR radial velocity (kms−1)
−20 0 +20 +40 +60 +80 +100 +120 +140
−40
−60
−80
−100
−120
−140
−20 0 +20 +40 +60 +80 +100 +120 +140
+160 +180 +200 +220 +240
−40
−60
−80
−100
−120
−140
−160
−180
−200
−220
−240
−260 +260 +280
Resolution
180° 170° 160° 150° 140° 130° 120° 110° 100° 90° 80° 70° 60° 50° 40°
20° 0° 340°
30° 10° 350° 330°
320° 310° 300° 290° 280° 270° 260° 250° 240° 230° 220° 210° 200° 190° 180°
FIG. 3.—Longitude-velocity map of CO emission integrated over a strip ~4° wide in latitude centered on the Galactic plane (see §2.2)—a latitude range adequate to include essentially all emission beyond the Local spiral arm (i.e., at |v| > 20 km s–1). The map has been smoothed in velocity to a resolution of 2 km s–1and in longitude to a resolution of 12´. The sensitivity varies somewhat over the map, since each component survey was integrated individually using moment masking at the 3-σlevel (see §2.2).
−1.5 −1.0 −0.5 0.0 0.5 1.0 Tmbdb (K arcdeg) log ∫ 0°
60°
120°
180° 300° 240° 180°
Galactic Longitude
LSR radial velocity (kms −1 )
−100 0 +100
S147 S235P
e r s e u s A r m Lindblad Ring & Local Arm
W3 Cas A
Cyg OB7 Cyg X
O u t er A
rm
W51 W50W44 Aquila Rift3 k p
c E x p a n d
i n g A N u c l e a r r m
F ar C a r i n a A r m Carina Tangent Vela
Norma Tangent Scutum Tangent
Centaurus Tangent Sagittarius
Tangent
S147 Gem OB1 P e r s eu sArm
Mon OB1 CMa OB1 Maddalena’sCloud Mo le cu l a
r Ri n g
D i s k