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risorse biologiche riportati in letteratura. A solo titolo d’esempio basta

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Academic year: 2021

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Gli oceani rappresentano la più importante fonte di produzione di materia organica e costituiscono un’immensa ricchezza per l’uomo, soprattutto come fonte di cibo. L’economia di intere nazioni è basata sulla pesca, che fornisce ogni anno da 70 a 80 milioni di tonnellate di prodotti ittici.

L’alimentazione di molte nazioni dipende strettamente dalla pesca, con una netta prevalenza nei paesi più poveri del globo: ciò significa che in molti paesi la produzione ittica è essenziale per l'apporto di proteine per l’alimentazione umana (FAO, 2005).

In considerazione dell’importanza delle risorse ittiche come risorsa alimentare, emerge la necessità di una loro corretta gestione, al fine di garantire la sostenibilità del loro sfruttamento. In effetti, un’attività di pesca indiscriminata e senza controlli, può portare a conseguenze difficilmente prevedibili per le risorse marine; si rende quindi necessario un utilizzo delle risorse biologiche più razionale, attraverso la programmazione delle catture e l’uso di attrezzi che non danneggino gli habitat marini più importanti.

Numerosi sono infatti i casi di sovrasfruttamento (overfishing) delle

risorse biologiche riportati in letteratura. A solo titolo d’esempio basta

citare il caso dell’halibut Hippoglossus hippoglossus nell’Atlantico e nel

Pacifico, tra il 1920 e il 1940; l’aringa Clupea harengus, nel Mare del Nord

intorno al 1930 e la sardina Sardinops caerulea, nel Pacifico intorno al

1960; altri casi, più vicini a noi, sono quelli individuati nel Golfo del Leone

a carico della spigola, Dicentrarchus labrax, e della sogliola, Solea

vulgaris (Farrugio et al., 1994).

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In Italia è emblematico il caso delle vongole veraci di Goro. In quest’area deltizia del Po, fino ad alcuni decenni fa lo stock

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di vongola verace, Tapes (Ruditapes) decussatus, risultava uno dei più produttivi dell’Adriatico. Il suo sfruttamento iniziò nel 1969 e nell’arco di pochi anni determinò una drastica riduzione della consistenza dello stock. Lo sfruttamento portò alla riduzione degli esemplari adulti, causando un eccessivo ringiovanimento della popolazione, per cui essa non poteva sostenere una intensa attività di pesca.

Anche nel caso del nasello, Merluccius merluccius, le catture sono costituite per quasi il 90% da esemplari nello stadio giovanile, che non hanno ancora raggiunto la taglia di maturità sessuale. In questo modo le rese in biomassa ed economiche non vengono ottimizzate (De Ranieri et al., 1993).

Una popolazione ittica sfruttata dalla pesca è soggetta quindi oltre alla mortalità naturale, anche ad una forma aggiuntiva di mortalità, prodotta dall’attività di pesca (Pauly, 1984). In alcuni casi si verifica un’eccessiva pressione di pesca sui riproduttori, che riduce enormemente le capacità rigenerative dello stock (Caddy, 1993).

Allo scopo di affrontare questi problemi si è sviluppata, a partire dagli anni ’70, una disciplina scientifica, la biologia della pesca, mirata principalmente allo studio delle popolazioni ittiche e all’elaborazione di adeguate misure gestionali per uno sfruttamento razionale delle risorse.

Gli studi di biologia della pesca sono rivolti, tra l’altro, a quantificare il livello di sforzo di pesca da applicare su una determinata popolazione o

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Uno stock è un gruppo di organismi della stessa specie, soggetti alle stesse modalità di

sfruttamento, aventi gli stessi parametri popolazionali quali mortalità, caratteristiche

fisiologiche ecc., distribuito in una particolare area geografica e soggetto a scarsi scambi

con i gruppi adiacenti (Sparre et al., 1989).

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meglio su uno stock, al fine di ottenere un rendimento stabile nel tempo, senza incidere sulle risorse oltre il loro limite di recupero.

Una corretta gestione delle risorse deve permettere che la strategia di pesca adottata garantisca il più alto rendimento e che questo rimanga costante anno dopo anno. L’obiettivo a cui dovrebbe tendere una corretta gestione è quello del massimo rendimento sostenibile (Ricker, 1975).

Allo scopo di garantire uno sfruttamento razionale delle risorse ittiche, sono state messe a punto, in questi anni, diverse misure gestionali. Ci sono misure basate sulla definizione di quote massime prelevabili da un determinato stock e sulla regolamentazione degli attrezzi da pesca (regolamentazioni tecniche sulle caratteristiche degli attrezzi come le dimensioni delle maglie e la lunghezza delle reti o misure che stabiliscono la taglia minima commercializzabile delle specie ittiche).

Per quanto riguarda il Mediterraneo, merita di essere citato il Regolamento comunitario 1626 del 1994 che stabilisce in 40 mm la dimensione minima delle maglie delle reti da pesca e introduce la taglia minima di sbarco per le specie ittiche più importanti. Anche la riduzione della capacità di pesca, misura basata sulla riduzione del numero e/o della potenza delle imbarcazioni, rappresenta uno strumento mirato a regolamentare lo sforzo di pesca. Altre misure gestionali sono basate sulla riduzione dello sforzo di pesca, da attuare, ad esempio, attraverso un fermo temporaneo dell’attività di pesca, in modo da tutelare il reclutamento.

Tutti questi interventi rivolti alla tutela delle specie ittiche non possono

però prescindere dalle conoscenze sulle interazioni che esistono tra la

molteplicità delle specie interessate, tant’è che in questi anni si è

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affermato il concetto di approccio ecosistemico nella gestione delle risorse ittiche (Brugge e Holden, 1991; Garcia et al., 2003).

Diventa perciò essenziale lo studio di tutta una serie di caratteristiche biologiche ed ecologiche delle specie oggetto di pesca, nelle diverse aree in cui esse sono distribuite, caratteristiche che possono essere diverse fino al punto da rendere inapplicabili, anche in zone relativamente vicine, le stesse modalità di sfruttamento e le medesime misure gestionali. Da questo si deduce che la conoscenza dei cicli riproduttivi delle singole specie, dei periodi di riproduzione nonché del loro potenziale riproduttivo è di importanza fondamentale per l’elaborazione di utili modelli gestionali.

Anche lo studio della fecondità è importante per approfondire la conoscenza dei meccanismi di riproduzione di una specie, permettendo di ottenere informazioni sulla prolificità della specie, sul tipo di strategia riproduttiva adottata ed offre la possibilità di individuare la porzione di femmine riproduttrici che contribuisce in modo maggiore al rinnovamento della popolazione. Le stime di fecondità di una specie o di una popolazione sono molto importanti nella gestione degli stock, perché ci permettono di calcolare il potenziale riproduttivo, parametro utile per stimare l’abbondanza minima di adulti necessaria per mantenere stabile il reclutamento ed offrono inoltre un’ ulteriore metodologia per l’elaborazione di modelli di valutazione degli stock (Holden e Raitt, 1974).

In questo contesto si inserisce il presente lavoro di tesi, il cui scopo è

stato quello di fornire una conoscenza più approfondita del ciclo

riproduttivo del gobbetto striato Plesionika edwardsii (Brandt, 1851). Si

tratta di una specie di considerevole valore commerciale, ma al momento

poco sfruttata, almeno nei mari italiani. Le conoscenze, in particolare

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sulla biologia riproduttiva della specie, sono ancora scarse e molti aspetti devono essere ancora chiariti.

Questo lavoro di tesi si è inserito in una ricerca finanziata dal Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali, realizzata dal Centro Interuniversitario di Biologia Marina di Livorno. La ricerca aveva come obiettivo la sperimentazione di attrezzi più ecologicamente compatibili per lo sfruttamento dei crostacei.

Questo studio è stato rivolto all’acquisizione di conoscenze di tutta una serie di caratteristiche biologiche ed ecologiche di P. edwardsii. Sono state analizzate la struttura della popolazione campionata, la biologia riproduttiva (rapporto sessi, periodo di riproduzione, fecondità, taglia di prima maturità sessuale) e la relazione taglia-peso.

Tutte le informazioni ottenute nel corso di questo lavoro hanno avuto

anche lo scopo di definire metodologie e protocolli per il monitoraggio

della biologia e della dinamica di popolazione della specie.

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