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Con riguardo all’ubicazione si è soliti suddividere i porti in “marittimi” e “di vie d’acqua interne”

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1. I porti

1.1 Generalità

Fin dall’antichità l’acqua dei mari, dei fiumi e dei laghi è stata l’infrastruttura primaria attraverso la quale l’uomo ha cercato collegamenti per espandere i propri traffici, conoscere altre terre, contattare altre civiltà ed il porto ha assunto un ruolo determinante nel facilitare il passaggio dei viaggiatori e delle merci dai natanti ai veicoli terrestri e viceversa, incrementando gli scambi e favorendo gli spostamenti.

Viene definito “porto” uno specchio d’acqua al riparo dagli effetti del moto ondoso, attrezzato in modo opportuno da favorire la sosta delle navi ed il loro ricovero durante le tempeste e permettere tutte le operazioni di carico e scarico merci, fornendo ai natanti la necessaria assistenza.

Sono parametri identificativi di un porto l’ubicazione, la posizione rispetto alla linea del litorale, le caratteristiche strutturali nonché la funzione specifica.

Con riguardo all’ubicazione si è soliti suddividere i porti in “marittimi” e “di vie d’acqua interne”.

I primi assumono grande importanza per la navigabilità poiché si affacciano più o meno direttamente sul mare e permettono in modo ottimale il transito e l’interscambio di merci e passeggeri.

I porti marittimi, in riferimento alla loro posizione sul litorale sono distinti in “esterni”, quando si affacciano direttamente sul mare ed “interni”, se sono protetti all’interno degli estuari di fiumi o in lagune o zone paludose.

Con riguardo alle caratteristiche strutturali, i porti esterni sono detti “naturali” se si trovano in corrispondenza di rade nelle quali le caratteristiche geomorfologiche del litorale contribuiscono a proteggere il porto dagli effetti del vento e del moto ondoso e consentono uno stazionamento delle navi in sicurezza. Al contrario, laddove l’uomo realizza manufatti di difesa per un’opportuna delimitazione dello specchio d’acqua, si parla di porti “artificiali”.

In relazione alla funzione specifica, l’attuale legislazione italiana classifica i porti in due categorie:

I categoria – porti rifugio e porti militari

II categoria – porti commerciali, distinti in quattro classi in base alla loro importanza.

Considerando la loro destinazione, i porti sono suddivisi in porti turistici o passeggeri, industriali e pescherecci.

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1.1.1 Il mare ed i suoi movimenti

Il mare, infrastruttura primaria alla base della rete del trasporto marittimo, è soggetta a vari movimenti: maree, correnti ed onde che hanno diversa origine ed assumono manifestazioni di diversa intensità, più modeste nei mari chiusi, più cospicue negli oceani.

Si definisce marea il periodico innalzamento ed abbassamento del livello del mare provocato dall’attrazione gravitazionale della Luna e del Sole sulle masse d’acqua della Terra, fenomeno che si verifica due volte al giorno. La fase corrispondente alla massima elevazione del livello marino si chiama alta marea, viceversa, si parla di bassa marea.

Le correnti sono spostamenti permanenti di masse liquide marine in una data direzione, originate da varie cause tra cui differenze di temperatura, densità e salsedine; le correnti svolgono un ruolo fondamentale per il mantenimento dell’equilibrio geomorfologico del litorale.

Ad originare il moto ondoso è l’azione del vento che induce le perturbazioni più intense, sia agli impianti portuali che ai natanti. Nel Mediterraneo, che è un mare chiuso, l’altezza e la lunghezza, parametri fondamentali di classificazione ondosa, raggiungono valori molto inferiori rispetto a quelli che si verificano per le onde in pieno oceano.

Quando un’onda nel suo avvicinamento al litorale occupa una posizione in cui la profondità del fondale è minore dell’ampiezza della stessa onda, il moto traslatorio dell’acqua passa da puramente verticale a misto: l’energia dell’onda che si attenua in ampiezza e lunghezza si trasforma in energia di traslazione orizzontale la quale impone maggiori sollecitazioni agli ostacoli incontrati.

Nella progettazione dei porti assume fondamentale importanza lo studio dei venti in funzione di direzione, intensità e frequenza.

Sono venti dominanti quei venti che spirano con maggiore intensità, sono definiti regnanti i venti che spirano con maggiore frequenza. Combinando insieme gli effetti di intensità e frequenza maggiore, si ottengono le direzioni relative ai venti che inducono gli effetti più significativi su strutture e natanti. L’insieme di tali direzioni prende il nome di “settore di traversìa” che si divide in settore principale, con riferimento ai venti che suscitano le azioni del mare più intense e in settore secondario, per quei venti che inducono azioni di minore entità ma di maggiore frequenza.

Affinchè un porto possa dirsi sicuro servono adeguate protezioni che si ottengono attraverso strutture capaci di limitare lo specchio d’acqua portuale verso il mare aperto, arrestando il cammino delle onde provenienti dal largo.

La nomenclatura tecnica delle opere di difesa comprende:

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• le dighe, opere del tutto staccate da terra o comunque non accessibili per destinazione, realizzate in muratura, ben radicate nel fondo marino, protette da un muro paraonde insormontabile (se realizzate a regola d’arte) e da gettate di massi, detti mantellate;

• i moli, con un estremo radicato a terra, del tutto simili alle dighe ma con murate interne sistemate in modo da permette l’approdo;

• le dighe o i moli antemurali, isolate e disposte a protezione delle bocche di accesso ai porti;

• i frangiflutti o frangionde, dighe costruite da massi disposti alla rinfusa parallelamente al litorale, in modo discontinuo, ad una certa distanza da esso, destinate a rompere l’impeto delle onde che le investono, mantenendo calme le acque a ridosso di esse;

• i moli di attracco, con un estremo radicato a terra, aventi tre lati liberi con murate adatte all’attracco delle navi;

• le banchine, tratti di sponde in muratura che consentono l’attracco.

1.1.2 Organizzazione e traffici del porto

La funzione del porto deve rispondere a tre principali esigenze: regionale, industriale e commerciale.

Per rispondere alla prima, il porto deve essere ubicato nel punto più vantaggioso di congiunzione tra i trasporti terrestri e marittimi o di navigazione interna. La sua funzione è pertanto strettamente connessa alle forze produttive per l’ esportazione e per l’importazione e al potere di consumo del retroterra economico, non sempre coincidente con quello geografico.

La funzione industriale si esplica nella stessa zona del porto, zona franca o nei suoi pressi, attraverso l’elaborazione di merci pesanti ed ingombranti che giungono alla rinfusa e vengono poi rispedite come prodotti semilavorati o articoli finiti; la funzione commerciale si compie attraverso il trasbordo di merci tra una nave e l’altra, senza che giungano nel retroterra.

Normalmente nei grandi porti moderni le tre funzioni coesistono ed al fine di svolgere in modo ordinato la complessa attività dello scalo portuale, vengono assicurati i seguenti servizi:

1. polizia giudiziaria per la sicurezza di persone e merci;

2. polizia marittima e portuale che disciplina l’entrata, l’uscita l’ormeggio e la sosta delle navi, l’imbarco e lo sbarco di merci e passeggeri;

3. polizia sanitaria che deve assicurare lo scalo nei confronti dei pericoli derivanti dal traffico con paesi infetti;

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4. servizio doganale, col compito di applicare le disposizioni doganali;

5. servizio tecnico, adibito alla manutenzione, all’ampliamento ed al miglioramento di costruzioni, impianti ed arredi portuali;

6. servizio commerciale, che gestisce gli impianti e la regolamentazione delle merci compila ed aggiorna le statistiche;

7. servizio di disciplina del lavoro, che cura la formazione dei ruoli in cui sono iscritti i lavoratori permanenti;

8. servizio finanziario, che cura la commisurazione e a riscossione dei tributi.

1.1.3 Scelta dell’ubicazione dei porti

Scegliere dove ubicare un porto dipende dalla presenza di alcuni fattori favorevoli quali:

1- Esistenza di volumi sufficienti di traffico

2- Accessibilità dei trasporti terrestri, sia stradali che ferroviari, la cui efficienza è commisurata all’ampiezza dell’hinterland che gravita sul porto

3- Condizioni naturali favorevoli in relazione alla direzione dei venti, all’entità dei moti ondosi ed alla profondità dei fondali

4- Possibilità di futuri ampliamenti, visto la cospicua durata della vita utile dell’infrastruttura portuale

5- Presenza di altri porti nella regione, affinchè i tipi di traffici trattati da due o più porti siano complementari e non concorrenziali

6- Economicità nella realizzazione, perseguibile ubicando i porti in zone che non richiedono l’esecuzione di opere importanti

7- Disponibilità di tutti quei servizi occorrenti per il normale funzionamento del porto, quali telefono, acqua, luce, forza motrice.

1.1.4 Caratteristiche costruttive d’un porto

Per la determinazione dell’ampiezza di un porto, capace di assicurare uno stazionamento tranquillo ai natanti, possiamo avvalerci delle seguente relazione

ܵ = 3,5 ܽ ܰ ܮ ݈ in cui

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a è un coefficiente che dipende dal grado di tranquillità delle acque N è il numero di navi che operano in contemporanea

L ed l sono la loro lunghezza e la loro larghezza, con ܮ = 8 ÷ 10 ݈

Il tirante o profondità dei bacini deve essere uguale alla profondità di immersione delle navi a pieno carico, aumentata di un franco di circa 1 metro. Normalmente è sufficiente una profondità di 10 o 12 metri, anche se per garantire l’attracco di navi di maggiori dimensioni, come le porta-container, sono necessarie zone del porto in cui i fondali sono approfonditi anche fino a 15 metri.

Lo sviluppo complessivo delle banchine di approdo viene stabilito in base all’entità del traffico previsto, considerato il tempo medio di sosta delle navi passeggeri ed il tempo necessario alle operazioni di carico e scarico merci.

In genere in un anno si ritiene che per ogni metro lineare di sviluppo di banchina si possano in media caricare o scaricare dalle 300 alle 700 tonnellate di merce secca, in base all’efficienza delle infrastrutture portuali.

I carichi liquidi possono essere trasportati in quantità ben maggiori, utilizzando altri tipi di attrezzature.

Altro parametro fondamentale è la superficie di servizio a terra che nei porti commerciali dovrebbe essere di circa 300-400 m2 per metro lineare di banchina. Per aumentare lo sviluppo delle banchine di approdo si costruiscono pontili sporgenti ortogonali alla sponda o variamente inclinati per facilitare le manovre delle navi o semplificare il sistema dei trasporti terrestri o moli, che si protendono verso il mare o rientranze all’interno della terraferma

1.1.5 Attrezzature portuali

Le attrezzature necessarie affinchè un porto esplichi con efficacia la propria funzione variano in base al tipo di traffico che caratterizza il porto; ciò nonostante, in genere, il porto serve un traffico misto di merci e passeggeri e le attrezzature debbono pertanto servire a svolgere al meglio le due funzioni. Affinchè tutte le operazioni portuali si svolgano in sicurezza, laddove il traffico di navi passeggeri è regolare, si rende necessario separare nettamente i bacini riservati alle navi mercantili da quelli destinati al traffico passeggeri.

E’ conveniente ubicare la stazione marittima, dotata di biglietterie, servizi di assistenza, servizi igienici, sale di attesa, bar e ristoranti in prossimità degli imbarchi per passeggeri. Al fine di rendere efficiente il trasporto merci servono impianti che trasportino le merci direttamente nei magazzini siti in prossimità delle banchine oppure sui veicoli terrestri quali autocarri o carri

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ferroviari. Per questa ragione un porto moderno deve contenere ampi spazi destinati alla viabilità interna, ai binari interni e deve avere nelle sue vicinanze stazioni ferroviarie di smistamento , ampi parcheggi per i mezzi pesanti che sostano in attesa dell’arrivo delle navi.

Servono inoltre aree di retro-banchina, destinate alle operazioni di carico, scarico e stoccaggio che conferiscano valore aggiunto alle merci che transitano nel porto.

E’ poi di fondamentale importanza dotare il porto di validi collegamenti esterni affinchè possa svolgere la funzione di terminale dell’infrastruttura di trasporto marittimo in relazione al territorio in cui è situato. Uno studio sul tipo di merci che in prevalenza usufruiscono dello scalo portuale serve per scegliere opportunamente il mezzo di trasporto terrestre che meglio può servire ad integrare il trasporto marittimo.

1.2 I traffici marittimi ed il quadro mondiale

La domanda di trasporto marittimo di una nazione è strettamente connessa col PIL e con il trend dei traffici internazionali. Le maggiori aree di libero scambio riguardano il continente americano, l’Europa ed i paesi del Far East.

Figura 1: Maggiori aree di libero scambio (fonte Hofstra University)

Il commercio mondiale via mare riguarda principalmente petrolio e prodotti petroliferi, minerali ferrosi e non, carbone e granaglie. Se i primi manifestano un andamento di lieve crescita, sono

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attualmente in forte crescita gli scambi di prodotti chimici, prodotti surgelati e merce in container, espressione dell’evoluzione economica moderna.

Figura 2: Commercio mondiale via mare – milioni di tonn – (fonte Fearnleys Review, Lloyd’s)

Le relazioni commerciali marittime a grande distanza, hanno conosciuto, dal secondo dopoguerra ad oggi, alcuni fondamentali passaggi evolutivi:

 all'inizio degli anni '60 la gran parte delle relazioni avviene sull'Oceano Atlantico, fra Europa Occidentale ed Americhe;

 a metà degli anni '80 la “maggioranza relativa" passa alle relazioni sull'Oceano Pacifico, fra Estremo Oriente e Nord America;

 all'inizio degli anni '90, pur rimanendo stazionaria la quota dell'Oceano Pacifico, le relazioni fra Europa Occidentale ed Estremo Oriente si presentano come il più dinamico settore di scambi a lunga distanza.

Si può dunque ben dire che il Mare Mediterraneo sia il protagonista emergente degli ultimi anni, e che l'evoluzione degli scambi a lunga distanza offra nuove opportunità per le economie dei Paesi dell’area mediterranea.

A ridosso degli anni ’70 l’introduzione dei contenitori ha originato una vera e propria rivoluzione nelle fasi e nelle modalità del trasporto perché si sono modificate le dimensioni e la struttura di camion, strade, treni, divenendo i contenitori stessi la merce da trattare; ciò ha prodotto una diminuzione dei prezzi di merci semilavorate e manufatte ed ha permesso un servizio omogeneo,

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agevolando le economie di scala e incrementando le dimensioni delle imprese. Il mercato si è evoluto secondo il modello hub and spokes, organizzato su un grande porto, situato in posizione baricentrica rispetto alle grandi direttrici mondiali su una linea di grande transito marittimo, capace di accogliere sia le grandi navi transoceaniche mother, che caricano e scaricano i contenitori, che le navi feeder, di piccole dimensioni, operanti dai singoli porti commerciali verso l’hub.

Si definisce transhipment uno schema di trasporto costituito da procedure relative al trasferimento (sbarco, reimbarco) di contenitori dalle grandi navi porta – containers sulle navi feeder.

Dai grandi porti hubs internazionali si possono trasferire le merci sulle reti di navi feeder verso porti che servono retroterra ed hinterland regionali.A tale proposito si deve considerare che l'incidenza del transhipment, nei traffici mediterranei, è superiore di circa dodici punti alla media mondiale (36% vs.

24%, dati relativi al 1999, Fonte: Drewry, 2000).

Figura 3: crescita del commercio mondiale per categorie merceologiche. Fonte WTO.

Dagli anni ’90 si è assistito ad un maggiore incremento nei traffici di prodotti finiti e semilavorati e di merci ricche variamente imballate, rispetto alla movimentazione di materie prime; minore è risultato l’incremento di rinfuse, come evidenziato dal grafico sottostante.

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Figura 4: tassi di crescita del commercio mondiale per categorie merceologiche. Fonte WTO.

I maggiori esportatori mondiali all’inizio del XXI secolo sono paesi fortemente sviluppati o con economia in espansione e coincidono per lo più con i paesi del mercato del libero scambio.

Figura 5: Maggiori esportatori mondiali. Fonte WTO.

L’immagine seguente mostra le rotte principali seguite dai commerci mondiali nell’ anno 2004:

quasi la metà del traffico mondiale totale ha origine e destinazione nei soli mercati asiatici; quote di mercato non trascurabili si affermano sulle rotte Asia-Europa e Asia-Nord America, a conferma che il baricentro del movimento merci mondiale si è spostato dall’area atlantica al Far East.

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Figura 6: Principali rotte mondiali. Fonte Drewry 2005.

Figura 7: valori assoluti in miliardi di TEU. Fonte Confetra. Anno 2003.

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1.3 Una prima classificazione dei traffici

I traffici si distinguono prevalentemente in traffici di linea e rinfusieri (trump).

1.3.1 Traffici di linea

Saturano la capacità di stiva della nave tramite una pluralità di partite unitarie di piccole dimensioni e riguardano la merce in container; hanno caratteristiche di regolarità, assicurando la frequenza del servizio, scali, itinerari e prezzi fissi.

I servizi di linea sono rivolti a general cargo (carichi convenzionali e container) e passeggeri (traghetti e crociere).

Definizione di container: Unità di Carico di dimensioni e capacità variabile costruiti secondo requisiti necessari a permettere il loro trasporto per mare, ferrovia e strada, la loro agevole movimentazione e uno stoccaggio ottimale nei terminal. Il containers, come Unità di Carico, possiede la sua unità di misura che è il TEU (Twenty Feet equivalent Unit) relativa ad un containers della tipologia da 20 piedi, circa 6 metri (1 piede equivale a 30,48 cm). Le tipologie di containers sono 3 :

Da 20 piedi → 1 TEU Da 40 piedi → 2 TEUS Da 60 piedi → 3 TEUS

Definizione di trasporto intermodale: trasporto di merce che utilizza più modi di trasporto

(ferroviario, terrestre, marittimo e fluviale) con la stessa Unità di Carico e senza rotture del carico stesso.

Caratteristiche dei traffici in container:

1) Le merci sono condizionate all’interno di contenitori di acciaio/alluminio di dimensioni standard.

2) I benefici di tale standardizzazione si riflettono anche nei segmenti del trasporto terrestre: le operazioni portuali necessitano impianti specializzati da “labour intensive” a “capital intensive”

3) Specializzazione delle unità navali: impiego di navi cellulari o full-container

Panamax Post-Panamax

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Super post-Panamax

I porti italiani, sebbene interessati alla merce in container, più remunerativa rispetto a quella sfusa, funzionano in genere come porti multipurpose e sono raramente specializzati.

Obiettivo prioritario negli ultimi anni è quello di attirare il maggior numero di containers e perché questo possa accadere serve dotare l’infrastruttura portuale del maggior numero possibile di elementi di attrattività.

Fattori di attrattività dei container

Sono riconosciuti fattori di attrattività dei container in un porto i servizi pubblici e privati, i fondali e le infrastrutture in genere, l’integrazione del porto stesso con la logistica inland e soprattutto la sua capacità di attirare container nazionali e da oltralpe.

Un porto può movimentare un congruo numero di container se gli enti che svolgono le operazioni ed i traffici portuali lavorano con efficienza: operatività 24 ore su 24, procedure burocratiche svelte, informatizzazione avanzata, tempestività di esecuzione del servizio nonché normative omogenee sia a livello doganale che di sicurezza; tutto ciò serve a ridurre i costi ed i tempi del trasporto incrementando la catena del valore aggiunto.

Condizione sine qua non affinchè possa essere garantito un accesso senza limiti alle navi Super Post Panamax, è il possesso una profondità minima dei fondali di 16 metri in condizioni di bassa marea, oppure l’impiego di navi più larghe, con un pescaggio minore, non utilizzate a pieno carico.

In Italia possono arrivare a queste misure solo pochi porti, come mostra la seguente tabella.

Porto Profondità fondali (m)

Amburgo 16,7

Rotterdam 16,6

Antwerp 15,5

Felixstowe 15,0

Southhamp 14,5

Le Havre 16,6

Pireo 16,0

Algeciras 16,0

Valencia 16,0

Barcellona 16,0

Malta 15,5

Marsiglia 14,0

Trieste M.VII 18,0

Gioia Tauro 15,5

Genova Voltri 15,0

Cagliari 14,0

Taranto 14,0

Napoli 14,0

Tabella 1: Fondali di alcuni porti europei

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(fonte Containerisation International Yearbook)

E’ poi necessario investire in infrastrutture specifiche esterne per favorire rapidi flussi verso i mercati dell’hinterland realizzando la penetrazione diretta in porto di strade e ferrovie, nonché dotare il porto di parcheggi e centri intermodali ubicati strategicamente.

I fattori base per determinare containererizzabilità di un prodotto sono le sue misure fisiche, valore associatogli e modalità di imballaggio e maneggio. La presenza di tutti o parte di tali elementi determina nei prodotti il loro grado di containerizzazione a seconda del quale sono distinguibili in prodotti:

a) con eccellente grado di containerizzazione;

b) suscettibili di containerizzazione;

c) marginalmente containerizzabili;

d) non containerizzabili.

Oltre alla tipologia merceologica, per la valutazione economica del grado di containerizzabilità di un prodotto vi sono altri elementi tra i quali:

a) volume di interscambio tra le aree di origine e destinazione;

b) presenza di linee portacontainer;

c) presenza ed efficienza dei terminal container;

d) articolazione e sistema delle rotte;

e) integrazione mare-terra (delivery terrestre);

f) organizzazione di sistemi logistici efficienti;

g) presenza di impianti specifici per la containerizzazione.

1.3.2 Traffici rinfusieri

I traffici rinfusieri saturano la capacità di stiva della nave con lotti di grandi dimensioni e si riferiscono alle rinfuse di vario genere, liquide (petrolio, prodotti chimici, rinfuse alimentari) e solide (carbone, minerali, acciaio, grano), conosciute come merci bulk, originando il mercato trump che si adatta alla variabilità delle richieste del mercato.

Attraverso navi di proprietà di grandi compagnie specializzate, le merci bulk sono imbarcate e, una volta giunte in porto, vengono trasportate a terra attraverso sistemi di pompaggio e utilizzate in stabilimenti adiacenti al porto o immagazzinate in depositi specifici.

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Caratteristiche delle rinfuse:

a) La merce viene trasportata in stiva, senza alcun imballaggio o condizionamento b) Le operazioni di carico/scarico sono effettuate per mezzo di nastri, pompe o gru c) Le navi impiegate in questo segmento possono avere dimensioni assai differenziate:

ULCC (Ultra large crude carrier) fino a 500.000 TSL (tonnellate stazza lorda) VLCC (Very large crude carrier) fino a 250.000 TSL

Capesize Panamax Handysize

Ciascun tipo di rinfusa abbisogna di un tempo caratteristico di stivaggio in nave, funzione del suo peso specifico.

Il trasporto alla rinfusa non è integrabile e combinabile con i moderni sistemi logistici produttivi e distributivi, pertanto, ad esso saranno destinate quote di traffico sempre minori che tecnicamente e/o merceologicamente non sarà possibile containerizzare.

Grafico 1: Crescita container in Europa. Fonte Ocean Shipping Consultant.

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Grafico 2: ripartizione traffico container in Europa del Sud e del Nord. Fonte Drewry.

I traffici marittimi presentano, a livello mondiale, uno scenario positivo di crescita tanto per le merci rinfuse liquide e solide, quanto per i contenitori e le merci varie.

La movimentazione dei contenitori, merce che fornisce maggior valore aggiunto, è oggi il principale obiettivo perseguito dai porti commerciali più importanti.

Nel Mediterraneo, via obbligata per i flussi di contenitori che arrivano dalle zone a maggiore incremento economico quali l’Estremo Oriente e la Cina, i tasso di crescita del traffico contenitori , secondo studi recentemente intrapresi, dovrebbe attestarsi su valori tra 5 e 10% annui circa.

(Fonte: Lloyd’s, Ocean Shipping Consultants, OSC, Drewry)

La Figura 5 mostra la crescita dei containers nel nord e sud Europa e la proporzione di containers relativi al transhipment.

Ad oggi, il transhipment è maggiore nel Mediterraneo rispetto al nord Europa, area più improntata verso un sistema multiport piuttosto che hub and spokes o di tipo direct call. Tutti i grandi terminal operators, o gestori dei porti, cercano di attirare i containers; le compagnie di trasporto marittimo cercano di avere concessioni nei porti, sia quando sono organizzati col sistema hub and spokes, sia quando fungono da scalo diretto o anche se sono porti commerciali che svolgono ambedue le funzioni di scalo diretto e feeder.

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Figura 8: Principali porti “hub” in grassetto

1.4 I motivi di attrazione dei porti italiani ed i problemi da risolvere

Positività

I porti italiani godono agli occhi dello shipping internazionale di notevole attrattività. Sono infatti sede di Autorità Portuale (legge 84/1994), vedono la presenza sui maggiori terminal delle principali compagnie di trasporto contenitori ed assumono una posizione strategica al centro del Mediterraneo che si valorizza per la crescente importanza del commercio con il Far East; non ultimo è da considerare il vantaggio logistico da essi assunto rispetto ai porti del Mare del Nord per le merci in arrivo dall’est, che potrebbero raggiungere le coste italiane con 7 giorni di anticipo.

E’ da considerare inoltre la crescita economica prevista per paesi del Nord Africa e paesi terzi mediterranei che trovano nei porti italiani uno sbocco privilegiato per il traffico dei propri prodotti.

Punti di debolezza

Lo sviluppo dei porti italiani, possibile in tale contesto, dovrà in effetti prevedere la risoluzione di alcuni ostacoli, dovuti all’eccessiva concorrenza tra i porti stessi, alla mancanza di una politica di specializzazione, alla necessità di prevedere corridoi plurimodali da corredare con le attuali infrastrutture e all’estrema difficoltà di transito dei treni sul territorio.

E’ a causa della carenza di infrastrutture terrestri che circa 400.000 TEU giungono sui mercati italiani, o partono dagli stessi, utilizzando i porti del Nord Europa anzichè gli scali italiani, servendosi di logistica combinata, efficiente ed economica, basata sulla ferrovia.

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Nella nostra penisola, purtroppo, il trasporto ferroviario vede ancora minata la sua efficienza sia per la conformità orografica del territorio, a causa dell’oggettivo sbarramento dovuto alle Alpi e agli Appennini, sia per l’evidente dispersione delle attività economiche sul territorio, sia per le loro limitate dimensioni e la loro vicinanza, spesso contenuta entro 150 km, distanza sotto la quale risulta più conveniente il trasporto su strada.

In ogni caso, utilizzando il sistema hub and spokes o prevedendo il sistema a chiamata diretta, è sempre il tempo totale via mare e via terra che deve essere considerato.

La logistica terrestre dovrà fondersi con quella marittima e portuale, fornendo servizi veloci ed affidabili. Il concetto stesso di logistica sottolinea non solo l’importanza dei servizi tradizionali di trasporto ed immagazzinaggio, ma anche di attività relative alle fasi di produzione e distribuzione delle merci; tali servizi, supportati dall’information technology faciliteranno l’inoltro delle merci.

L’incapacità di ricorrere al trasporto merci via ferro, genera, poi, nella nostra penisola, problemi di congestione del traffico ed inquinamento oltre che costi per la salute del cittadino.

La logistica relativa ai tre porti toscani di Livorno, Carrara e Piombino riguarda la risoluzione dei punti deboli di una regione ancora ricca di attività produttive e dotata di buone capacità imprenditoriali, ma con difficoltà derivanti da piccole dimensioni delle imprese manifatturiere e di trasporto, trasporti prevalenti su gomma ed inesistenza di un modello logistico capace di originare soluzioni convenienti nell’efficienza e nei prezzi.

Oltre l’ubicazione geografica, fra i fondamentali motivi di attrazione dei porti emergono molti aspetti tecnici ed un solo ma fondamentale fattore economico.

1. Si annoverano tra gli elementi tecnici la profondità dei fondali, la lunghezza delle banchine, le attrezzature, le aree dei piazzali, il numero di destinazioni marittime servite dalle compagnie presenti, i costi per l’uso del porto, la presenza di affidabili nodi ferroviari per merci e passeggeri, efficaci raccordi con la viabilità che evitino situazioni di congestione, i parcheggi e l’utilizzo dell’informatica nelle operazioni di imbarco/sbarco.

2. Un solo aspetto economico rende attrattivo un porto sia per le compagnie che vi attraccano che per i terminal operators che lo gestiscono: vasti mercati di produzione e consumo alle spalle con cui caricare le navi e viceversa.

Tuttavia l’insieme dei porti mediterranei dell’ovest, dell’est e del sud non dispone, attualmente, della forza dei mercati del nord Europa più Scandinavia, Inghilterra, Irlanda. L’efficienza complessiva dell’operatività del nord Europea e dei mercati europei del nord fanno saturare prima gli impianti situati in quest’area e solamente in via sussidiaria si sfrutta la capacità produttiva degli impianti meridionali, specie italiani.

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I porti nord europei gestiscono anche la maggioranza dei traffici con l’Oriente e perfino, paradossalmente, con le città del nord Italia, ricorrendo al trasporto su rotaia, utilizzando economie di scala che possono vantare efficienza dei servizi, costi competitivi, tempi rapidi nella movimentazione delle merci.

La scelta di un operatore marittimo o terrestre di privilegiare un porto dipende quindi, non tanto da un singolo prezzo, quanto, piuttosto da una pluralità di rapporti fra prezzo/qualità/distanza e la massa di merci a disposizione.

Figura 9: principali aree di scambio europee

E’ auspicabile, per i porti del Mediterraneo ed italiani, l’istituzione, a breve, della Euro – Mediterranean Free Trade Area, formata da una serie di paesi che si estende dal nord Africa fino fino al Mar Nero.

Si può ipotizzare un futuro scambio di contenitori attraverso i nostri porti, ricorrendo ad una intermodalità fra navi Ro-Ro + camion o Ro-Ro + treni di lunga percorrenza, che carichino camion e pianali.

Attraverso la suddetta intermodalità si potrebbero scambiare merci dal vasto arco europeo fino alla Russia, al Mediterraneo dell’ovest e all’Africa occidentale utilizzando per esempio il porto di Livorno; il Mediterraneo dell’est, l’Africa e il medio Oriente potranno essere collegati attraverso il porto di Ancona.

In questo contesto è importante per i porti italiani e toscani la costruzione delle grandi Trans European Networks, che potranno incrementare lo Short Sea Shipping.

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E’ inoltre fondamentale investire sui collegamenti ferroviari, modalità di trasporto che attualmente movimenta circa il 20-30% del traffico totale dei porti italiani. In Italia la ferrovia, che viene prevalentemente utilizzata per coprire distanze di almeno 500 km, o 300 km nel caso dei container, ha pesanti inefficienze: mancanza di un soggetto che gestisca un servizio logistico completo e inefficace gestione e cioè perdite di esercizio, deterioramento infrastrutture, scelte investimento inefficienti, alti tempi di trasporto.

La situazione non è migliore nel resto della EU, in cui il trasporto totale di merci su rotaia è caduto dal 40% al 7% dal 1985 al 2005 specie per difficoltà di integrazione dei vari sistemi; decrementi non trascurabili riguardano l’inoltro di container marittimi via ferro.

(Fonte: M. Longo, Fita Cna 2005)

Le grandi compagnie di spedizione per rendere più efficace la movimentazione intermodale delle merci, gestiscono unitariamente le tratte marittime e terrestri con compartecipazioni, accordi in particolare con le ferrovie ed arrivano a gestire direttamente le società che assicurano il trasporto inland.

Se su distanze importanti può convenire il treno, in concreto è il camion ad essere più conveniente perché permette fermate capillari, nessuna rottura di carico, tempestività di consegne, maggiore sicurezza e qualità del servizio, anche se maggiormente dispendioso.

I porti italiani si trovano a dover fronteggiare la concorrenza di altri porti del Mediterraneo quali gli hubs di Algeciras o Porto Said, e i porti di Valencia e Barcellona che, avendo investito in infrastrutture, attirano nuovi traffici come dimostra l’analisi delle serie storiche.

Anche i porti turchi stanno acquistando una valenza sempre maggiore per i traffici con Medio Oriente e Far East; la compagnia China Shipping è interessata alla realizzazione di un hub a Creta per compensare l’assenza di spazi nella penisola italiana.

Tabella 2: TEU trasportati negli anni 2004-2005. Fonte Informare

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1.5 Come trattenere nelle zone dell’hinterland la ricchezza creata dai container movimentati in un porto

La World Bank (Wilson, Mann and Otsuki 2003) in uno studio compiuto a livello internazionale individua, data la disponibilità di merci, nell’efficienza portuale e nelle infrastrutture di collegamento dei porti all’hinterland il primo fattore di sviluppo dei commerci e della ricchezza di un paese o di una zona.

Diverso è l’impatto economico originato da vari tipi di merce: scarso l’effetti delle rinfuse liquide, maggiore quello prodotto dalle merci containerizzate e dal traffico passeggeri. Come in tutte le economie avanzate, anche nell’ambito portuale l’introduzione di automazione e l’ottimizzazione dell’organizzazione, portano a forti cadute occupazionali, che sono ancora più nefaste in un periodo di grosso ristagno economico quale quello attuale; per contro si estende sempre più a largo raggio l’effetto benefico dell’organizzazione, a riguardo dell’occupazione diretta e dell’indotto.

Individuare il tipo di vocazione del porto e comprendere come si distribuiranno sul territorio le ricadute economiche in funzione delle attività peculiari svolte nel porto stesso, può offrire un contributo allo sviluppo di varie aree.

In ordine le attività con maggiore convenienza in loco risultano:

1. trasporti

2. industria manifatturiera 3. industria delle costruzioni 4. energia

5. commercio

Molto minore, ma non trascurabile, è il valore aggiunto creato in riferimento ai settori informatici e di consulting (inteso come attività legali, consulenza fiscale, di collaudo, servizi pulizia dei mezzi di trasporto), alberghiero, della ristorazione, al credito, ad altri servizi pubblici, sociali e personali.

E’ evidente quindi che le condizioni per trattenere la ricchezza e l’occupazione derivanti dallo sviluppo dei containers sono costituite dalla presenza in loco di:

- grandi società di logistica,

- imprese di trasporto con know how specialistico - presenza di centri intermodali

- industrie manifatturiere fortemente importatrici-esportatrici, come veicoli, elettronica etc.

- industrie delle costruzioni per importazioni di cemento e materiali per attività sul territorio - presenza di centri di distribuzione commerciale.

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Sfruttare appieno l’efficacia e l’efficienza di un porto per creare ricchezza aggiunta al territorio è una sfida da dover sostenere negli anni a venire.

1.6 Short Sea Shipping e navigazione di cabotaggio

1.6.1 Cabotaggio

Il cabotaggio può rappresentare un’innovazione significativa per una mobilità più sostenibile e per un’alternativa all’uso di infrastrutture terrestri in Toscana e nell’intero contesto mediterraneo, in particolare per il trasporto di merci.

La costruzione delle autostrade del mare richiede l’ampliamento e la riqualificazione delle banchine dei maggiori porti della regione, un sistema efficiente e razionale di interporti ed aree retro portuali attrezzate.

È la stessa Unione Europea a delineare questa possibilità e ad indicare per i paesi del mediterraneo una prospettiva di integrazione fra infrastrutture del mare e di terra,con l’obiettivo di favorire l’intermodalità sui corridoi terrestri e marittimi, facilitando gli scambi nel mediterraneo e nel resto del mondo.

L’Italia e la Toscana sono in posizione privilegiata ed il nostro sistema portuale è idoneo a svolgere il ruolo di cerniera con i sistemi portuali comunitari e con quelli nordafricani.

Figura 10: confronto del consumo carburante per le modalità stradale, ferroviaria e marittima. Fonte PRML 2006.

1.6.2 Short Sea Shipping

Si definisce Short Sea Shipping il trasporto di merci e passeggeri via mare nell’area dell’Europa geografica; esso comprende:

- il trasporto marittimo nazionale, ossia il cabotaggio obbligato con le isole e quello alternativo, attraverso le Autostrade del Mare;

- il traffico marittimo con i paesi appartenenti all’Unione europea incluse Islanda e Norvegia;

- il traffico fra porti comunitari e porti non comunitari che si affacciano sul Mar Mediterraneo, Mar Nero e Mar Baltico;

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- la tratta di smistamento dai porti hubs dei traffici oceanici (feederaggio);

- il traffico fluviale e quello lacustre.

La Commissione Europea, nel documento “Lo sviluppo del trasporto marittimo a corto raggio in Europa: sfide e prospettive” nel quadro del Common Transport Policy (CTP) per il periodo 1995- 2000 enunciava le linee strategiche finalizzate a trasferire carichi dalla modalità stradale, ancora privilegiata, a quella marittima, dopo aver individuato le condizioni da verificare perché lo short sea shipping potesse costituire un’alternativa realistica alla modalità stradale.

Le Autostrade del Mare rappresentano una soluzione alternativa e spesso complementare al trasporto stradale e sono finalizzate a far viaggiare camion, container e automezzi sulle navi, valorizzando il trasporto marittimo, particolarmente rilevante in Italia per la sua conformazione geografica. In tal modo si può limitare la congestione delle strade e ottenere benefici effettivi quali la prevenzione dell’incidentalità e la riduzione dell’inquinamento ambientale.

La rete transeuropea delle autostrade del mare intende concentrare i flussi di merci su itinerari basati sulla logistica marittima in modo da migliorare i collegamenti marittimi esistenti o stabilirne di nuovi, che siano redditizi, regolari e frequenti, per il trasporto di merci tra Stati membri onde ridurre la congestione stradale e/o migliorare l’accessibilità delle regioni e degli Stati insulari e periferici. Le autostrade del mare non dovrebbero escludere il trasporto misto di persone e merci, a condizione che le merci siano predominanti.

Gli obiettivi delle Autostrade del Mare sono:

- migliorare i collegamenti marittimi esistenti tra gli Stati membri;

- istituirne di nuovi, comodi, regolari e frequenti;

- ridurre la congestione stradale;

- migliorare l’accessibilità di isole, regioni e Stati periferici;

- ridurre l’inquinamento ambientale.

Fattori favorevoli

1. tempi di resa non superiori a quelli del tutto strada

2. tariffe inferiori a quelle risultanti dalla somma dei pedaggi autostradali e dei costi chilometrici variabili evitati (carburante, pneumatici, manutenzione)

3. invarianza delle caratteristiche e della tipologia dei veicoli

1. Il contenimento dei tempi di resa richiede:

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a) prevalenza delle distanze percorse in mare rispetto a quelle terrestri durante gli spostamenti da origine a destinazione

b) ridotti tempi di attesa per l’imbarco c) garanzia dell’imbarco

d) operazioni veloci di imbarco – sbarco e) certezza degli orari di arrivo – partenza f) tempi di traversata minimi

g) orari di arrivo – partenza correlati alla necessità di presa – consegna merci h) facilità di accesso stradale alle infrastrutture portuali

2. La concorrenzialità delle tariffe necessita di:

a) aiuti finanziari da parte dello stato

b) trasporto del conducente e del veicolo a motore a costo zero

c) interventi tariffari a sostegno dell’attuale traffico strada – rotaia, che evitino travasi da questo al servizio traghettato

3. L’invarianza delle caratteristiche e della tipologia dei veicoli implica:

attrezzare le navi RO-RO in modo da accogliere veicoli interi, insieme ai conducenti ed alla motrice.

1.6.2.1 Condizioni minime per un porto che voglia realizzare lo Short Sea Shipping

Il fatto che molti porti siano legati allo sviluppo dello SSS e del ro-ro in genere, compreso quello transoceanico, valorizza la capacità di produrre ricchezza del porto ma implica anche necessità di cooperazione fra diversi soggetti, all’interno e all’esterno del porto, nel rispetto di condizioni precise.

La cooperazione è un fattore essenziale perché lo SSS viene valorizzato dai collegamenti con le grandi direttrici su cui viaggiano le merci; occorre quindi assegnare a ciascun porto le merci di cui può occuparsi al meglio, costituendo sistemi portuali complementari e specializzati rispetto al tipo di passeggeri serviti, merci trattate, condizionamento, pericolosità, provenienza, destinazione e favorire l’integrazione affinchè i vari porti costituiscano una piattaforma logistica integrata, come suggerito anche dal Master Plan della rete dei porti toscani del PIT.

Lo SSS è un tipico trasporto intermodale fra camion e mare che solo in casi speciali considera l’intermodalità treno e mare.

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Le condizioni generali minime per un porto che voglia offrire tale servizio sono:

accesso diretto e indipendente del porto alla rete autostradale;

strutture adatte alle navi tipiche per lo SSS cioè rampe, mezzi a terra;

assenza di pedaggi aggiuntivi a quelli stradali;

qualità del servizio marittimo non inferiore a quella garantita dal sistema stradale;

traffico stradale di accesso al porto non soggetto a frequenti e prolungati congestionamenti;

preavviso telematico circa gli arrivi dei camion per limitare le congestioni;

disponibilità di automatizzazione dei servizi che rilasciano documenti inerenti al trasporto.

Tabella 3: Esportazioni toscane per paese di destinazione. Elaborazioni su dati ISTAT, 2005

Una quota prevalente dei flussi di scambio avviene via mare, che è la modalità di trasporto più importante verso i mercati extra europei. Non tutti questi paesi coinvolti negli scambi si avvalgono del sistema dei porti toscani e molte merci raggiungono il mercato di destinazione in altro modo.

1.7 Commercio estero italiano e modalità di trasporto

La modalità di trasporto in assoluto maggiormente utilizzata nel commercio internazionale italiano (valori in peso) è quella marittima, specie in riferimento alle importazioni.

Il diverso ruolo che assumono la modalità marittima e quella stradale nel caso dell’import rispetto all’export, dipende dalla diversa natura delle merci importate ed esportate.

L’Italia è un paese tipicamente trasformatore: importa materie prime più pesanti, di minor valore aggiunto, dai paesi d’Oltremare, per esportare poi merci più leggere ad alto valore aggiunto.

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La modalità marittima è di conseguenza dominante nei commerci extra-europei, mentre in quelli intra-europei assume grande importanza il trasporto su strada.

Tabella 4: modalità di trasporto nel commercio estero (% peso): confronto 2000-2006. Fonte Istat.

Tabella 5: modalità di trasporto nel commercio estero (% peso): confronto 2000-2006. Fonte Istat.

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Tabella 6: confronto tra le modalità dl trasporto container nei porti del Nord Europa. Fonte Il Secolo XIX, 11/04/2007

1.8 Gli attori del trasporto marittimo

“Nel settore marittimo - portuale il servizio - prodotto non nasce dalla funzione di produzione assunta dai singoli imprenditori (rapporto tra output e fattori in input); ma é funzione di un processo alla realizzazione del quale partecipano più soggetti, che offrono congiuntamente il proprio prodotto”1.

Questi i principali soggetti agenti:

1.8.1 Soggetti istituzionali

L’Autorità Portuale

Istituita ai sensi della L.84/94, con il compito principale di” indirizzare, programmare, coordinare, promuovere, regolamentare e controllare le operazioni portuali e le attività commerciali e industriali esercitate nei porti”, svolge inoltre funzioni di pianificazione e coordinamento delle aree e dei servizi, predisponendo un Piano Operativo Triennale, che determina le strategie di sviluppo delle attività portuali e un Piano Regolatore Portuale, che determina la destinazione d’uso delle aree portuali.

1Antonio Battistini/Dionisia Cazzaniga Francesetti, “Porti e traffici nel mercato globale. Automazione, logistica integrata e contenitori : il porto come sistema industriale complesso.Un esempio italiano nel porto di Livorno.”, Edizioni ETS, Pisa 1993.

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Svolge inoltre attività di promozione delle operazioni portuali e delle attività commerciali ed industriali esercitate nel porto, soprattutto attraverso il miglioramento dei servizi e delle infrastrutture.

Disciplina e vigila attività di programmazione quali:

 Classificazione e pianificazione del porto;

 Esecuzione delle opere;

 Pianificazione dei trasporti;

 Pianificazione dello sviluppo economico;

Coordina e controlla le attività di carico, scarico, trasbordo, deposito e movimentazione merci ed ogni altro materiale nel porto vigilando sull’applicazione delle tariffe.

L’Autorità ha poteri di ordinanza e regolamentazione in materia di igiene e sicurezza sul lavoro.

La Capitaneria di Porto

E’ costituita da numerosi uffici tra i quali: Sezione Tecnica, Sezione Armamento e Spedizioni, Ufficio Sicurezza.

La Sezione Tecnica è preposta alla gestione del traffico portuale e degli accosti in tutto il porto, inclusi i terminal privati. Accoglie le domande di accosto dagli agenti marittimi nei tempi previsti dal regolamento sugli accosti. Sulla base delle caratteristiche delle navi e delle richieste operative dell’eventuale terminal che effettua le operazioni di sbarco/imbarco, assegna i singoli accosti delle navi. La disciplina dei movimenti viene anch’essa stabilita facendo riferimento al regolamento degli accosti.

La Sezione Armamento e Spedizione é l’organo che consente alle navi di essere impiegate per il loro uso specifico. Per le navi italiane l’organo tecnico che emette i certificati é il RINA. La Capitaneria provvede a controlli sulle scadenze e sul mantenimento delle navi in condizioni di perfetta navigabilità.

L’Ufficio Sicurezza é responsabile dei numerosi aspetti che riguardano la sicurezza della navigazione, in particolare riceve le domande ed autorizza l’imbarco delle merci pericolose. Esegue le ispezioni sulle navi per verificare la rispondenza ed il buon mantenimento in esercizio delle dotazioni di sicurezza.

L’Avvisatore Marittimo

Costituisce un servizio gratuito offerto dal sistema portuale. Esso si occupa di registrare l’orario di arrivo e di partenza delle navi nel porto ed in rada, rilevando i tempi in cui si svolgono le

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operazioni. Tali dati possono essere utili per la risoluzione di controversie contrattuali tra armatori e imprese portuali o utilizzabili a fini statistici.

1.8.2 Piloti, Rimorchiatori ed Ormeggiatori.

Queste tre figure portuali costituiscono un servizio obbligatorio che, per legge, il sistema porto deve fornire.

Pilota locale

Una volta che una nave è giunta in rada non può dare avvio alle manovre di attracco senza aver prima ospitato a bordo un pilota locale, che, esperto delle caratteristiche del fondale, assume il comando e la responsabilità delle operazioni da quel momento fino alla fine delle operazioni di ormeggio.

Rimorchiatori

Per motivi di sicurezza la legislazione navale impedisce alle navi di muoversi nello spazio del porto utilizzando i propri mezzi di propulsione: esse vengono trainate fino alla posizione di attracco da appositi rimorchiatori che si occupano di coadiuvarle nel compiere le manovre necessarie.

Ormeggiatori

Una volta che la nave ha raggiunto la posizione di attracco, affinché essa la mantenga, viene assicurata alla banchina attraverso apposite funi che vengono passate opportunamente attorno a colonnini di acciaio dette bitte.

Quest’ultima operazione é svolta dagli ormeggiatori.

Tutte le operazioni sopracitate, pur essendo obbligatorie per legge, non sono gratuite; esse devono essere corrisposte dal vettore marittimo a ciascuna delle tre figure descritte, secondo le tariffe fissate dalla capitaneria di porto o dall’Autorità Portuale.

1.8.3 Armatori e Compagnie di navigazione.

Armatori.

L’armatore è colui che, proprietario o meno, assume l’esercizio della nave, la attrezza e gestisce, come stabilito dal disposto dell’art. 256 del Codice della Navigazione.

Qualora vi sia comproprietà della nave ed i comproprietari la esercitino a scopo di lucro si configura la Società di Armamento.

Il vettore o “sea carrier” é l’imprenditore del trasporto marittimo, in quanto non sempre l’armatore impiega la nave anche per effettuare i trasporti.

Spesso accade che una stessa persona sia proprietaria, armatore e vettore, tuttavia non vi é alcun obbligo giuridico in questo senso.

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Le Compagnie di Navigazione e “ Servizi”.

Una Compagnia di Navigazione é una società di capitale, o di persone fisiche, che si costituisce allo scopo di armare navi e fornire un servizio di trasporto marittimo.

Generalmente una Compagnia non si limita a fornire il servizio di trasporto su un’unica tratta o su un unico percorso, ma gestisce la propria flotta suddividendola in diverse “linee” di navigazione.

Molto spesso, più compagnie si consorziano in Joint Service su alcune di queste linee, per ridurre i costi e raggiungere più elevate economie di scala. Talvolta le rotte hanno due sensi di percorrenza.

In base al percorso, al Joint Service che lo copre ed al senso di percorrenza viene definito il cosiddetto “Servizio”. Ad esempio, il Joint Service “United Alliance” copre con la sua flotta il percorso Giappone-Corea-Cina-Singapore-India-Mar Rosso-Suez-Malta-Italia-Nord Europa –Stati Uniti –Canada e viceversa. Nel percorso di andata le navi che seguono questa rotta si considerano parte del servizio“United Alliance West Bound” mentre per il percorso di ritorno si parla del servizio “United Alliance East Bound”. Questo modo di suddividere le tratte, tenendo conto della provenienza delle navi, è utile perché il carico che esse trasportano ha caratteristiche diverse a seconda dei luoghi di sbarco e/o imbarco.

Le Conference.

Sono “associazioni di imprese armatoriali, che tendono a regolare la concorrenza sui vari fasci di linee attraverso la fissazione di rate di nolo uniformi”4, stabilendo le tariffe dei trasporti sulle rotte in cui operano, stabilendo i porti su cui fare scalo, decidendo quali soggetti possono operare su tali rotte.

Una conference può essere definitaun “cartello”: un centro di potere economico che difficilmente può esserecontrollato dagli stati.

4.Midoro R.,”Le strategie degli operatori trasportistici globali”,. ECIG,Genova, 1997.

1.8.4 Agenti Marittimi e Case di Spedizione.

Agenzia Marittima.

Rappresenta l’Armatore in porto. Ha compiti di rappresentanza di tipo legale, commerciale ed operativa. Si occupa dei rifornimenti della nave e delle pratiche di ingresso e di uscita dal porto.

Talvolta l’agente marittimo, assume stabilmente l’incarico di concludere contratti per conto dell’armatore o del vettore in una determinata zona.

Casa di Spedizione e Spedizioniere Doganale.

Lo spedizioniere assume un ruolo importante nel caso in cui la nave segua rotte internazionali e le merci che essa trasporta debbano superare l’ispezione della dogana, sia in Import che in Export. Lo

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spedizioniere opera normalmente attraverso un rapporto fiduciario con gli Agenti Marittimi e/o gli Armatori ed è il responsabile delle dichiarazioni alle autorità italiane, in nome e per conto del comandante, sulla natura del carico a bordo.

1.8.5 I trasportatori terrestri e le imprese portuali.

Il Trasportatore Terrestre.

E’ un’impresa proprietaria di più mezzi di trasporto ed è generalmente specializzata in un unico settore tra i seguenti:

- Trasporto contenitori;

- Trasporto merci varie;

- Trasporto collettame;

- Trasporto cisterne;

- Trasporto materiali alla rinfusa;

Generalmente assume il mandato dall’esportatore e dallo spedizioniere a seconda delle condizioni di resa della merce.

Le Imprese Portuali.

Il ruolo delle Imprese Portuali è stato chiarito dall’articolo 16 della legge n° 84/94, che affida a queste ultime l’esercizio delle operazioni portuali, intese come sbarco/imbarco delle navi ed assume pertanto obblighi nei confronti dei caricatori, Compagnie di Navigazione, esportatori e Comandanti delle navi. L’impresa, oltre al personale effettivamente impiegato nelle operazioni portuali, gestisce i vari mezzi e le attrezzature necessarie per le movimentazioni, ricevendo il mandato a svolgere le operazioni o dall’Agenzia Marittima per conto dell’Armatore o direttamente dall’Armatore stesso.

I contratti tra le imprese ed i loro mandatari sono generalmente annuali o pluriennali di tipo fiduciario.

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