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i seguenti studi: Hoepffner 1937, Panvini 1949, Paterson 1975, Kolsen 1976, Almanza 1978, Mastrangelo 1978, Picone 1980, Serper 1982, Sharman 1989, Poe 1993, Beltrami 1998 e DBT, pp

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Academic year: 2021

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Appendice I

No sai re ni emperador (BdT 242.52)

Manoscritti P 5v, e 230

Edizione Kolsen 1917-1919, pp. 165-170

Genere Sirventese

Metrica Frank 424:7

5 coblas unissonans di 10 versi 2 tornadas di 6 e 3 versi a8 b8 a8 b8 c6’ d8 d8 c6’ d8 d8

Data ante 1207, ante 1225 o 1271/2-1275

Anche se questo componimento viene inserito, nella BdT, tra le liriche di Guiraut de Bornelh, trovatore attivo negli ultimi trenta-quarant’anni del XII secolo,1026 Kolsen, Panvini, Sharman, Gambino e Larghi ritengono che la lirica sia apocrifa, in quanto il componimento ripete lo stesso schema metrico e rimico di No posc sofrir qu’a la dolor (BdT 242.51), attribuibile certamente a Giraut.1027 Infatti, il giudizio di Panvini che afferma che il duplice utilizzo di una stessa struttura metrica e rimica «non avviene mai nelle altre poesie di Giraldo, ma neanche era nell’uso dei poeti di Provenza»,1028 trova conferma in Gambino che assicura che «già il profilo di Giraut de Borneill, la cui poesia si sostanzia di dati intellettuali e si affida a ricercati effetti stilistici, indurrebbe a non ritenere il trovatore

1026 Gourc 1993, p. 145, Poe 1993, p. 364 (1162-1199), Beltrami 1998, p. 7, Riquer 2011, p. 463 (1162-1169) e DBT, p. 281 (1167-1199). A proposito di questo trovatore cfr. i seguenti studi: Hoepffner 1937, Panvini 1949, Paterson 1975, Kolsen 1976, Almanza 1978, Mastrangelo 1978, Picone 1980, Serper 1982, Sharman 1989, Poe 1993, Beltrami 1998 e DBT, pp. 281-285.

1027 Kolsen 1917-1919, pp. 168-170, Panvini 1949, p. 103, Sharman 1989, p. 363, Gambino 2000, pp. 56-58 e 72, Gambino 2001, pp. 381-383 e Larghi 2007, p. 400.

1028 Panvini 1949, p. 103.

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autore contemporanemanente di due testi con identico schema metrico».1029 Mentre Kolsen e Sharman propongono come possibile autore Peire Vidal, Gambino ritiene il componimento anonimo e composto molto più avanti del periodo in cui esercitò Peire Vidal.1030

Il sirventese, che presenta come tematica principale quella dell’onore come evidenziano i versi seguenti,

d’aiso don el mais si’honratz che questo signore il più onorato (v. 10)

o per pro s’honor enantir; o per avanzare di molto il suo onore;

(v. 14)

qi vol en grand honor venir, che vuole venire con grandi onori, (v. 34)

presenta nella prima tornada l’allusione ad un marchese di Monferrato:

Serventes, ton lengage Sirventese, il tuo linguaggio entendra mielz neis q’eu no faz comprenderà meglio di quanto non feci io mos segner, cui es Monferraz, il mio signore, cui appartiene Monferrato, qi per dreig segnorage che per giusta signoria es en tan grand honor poiaz vi è in lui un onore tanto grande q’el en sera reis conoraz. che egli sarà incoronato re.

(vv. 51-56)

Mentre secondo Kolsen e Sharman il marchese citato in questi versi è da identificare con il marchese Bonifacio I di Monferrato è la frase a lui riferita (v. 56) allude al potere regale di Bonifacio su Tessalonica, Larghi ritiene più probabile che si tratti del figlio di questi, Guglielmo VI, e correla il verso 56 al periodo in cui Guglielmo VI stava preparando la spedizione per riprendersi Salonicco, caduta in mani nemiche.1031 Al contrario di questi critici, Gambino, traendo spunto anche dalla menzione a un re di Spagna ai vv. 58-59 ([…]

rei […]/d’Espagna), ritiene che il segner, cui es Monferraz (v. 53) sia da identificare con

Guglielmo VII di Monferrato, che fu legato alla penisola iberica, e precisamente ad Alfonso X di Castiglia (il rei del v. 58), per ragioni famigliari e militari.1032 In particolare,

1029 Gambino 2001, p. 381.

1030 Kolsen 1917-1919, p. 168-170, Sharman 1989, p. 363 e Gambino 2000, p. 37.

1031 Kolsen 1917-1919, p. 168-170, Sharman 1989, p. 363 e Larghi 2007, p. 400.

1032 Gambino 2001, p. 382. Per i legami tra Guglielmo VII e la Spagna, cfr. Capitolo II, par. 4.

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secondo Gambino qui si celerebbe una formula laudativa nei confronti di Guglielmo VII, tanto più che nella sua dinastia c’erano stati più di un re (Corrado, Bonifacio I e Demetrio).

Pertanto Gambino colloca il componimento tra il 1271-1272, data delle nozze di Guglielmo VII con Beatrice, figlia di Alfonso X di Castiglia, e il 1275, data del colloquio di Beaucaire, episodio che rappresenta il crollo del periodo alfonsino, non solo perché il re dovette abbandonare il suo titolo imperiale, ma anche perché in quello stesso anno si trovava a contrastare l’offensiva di Muhammad II contro l’Andalusia.1033

1033 Gambino 2000, p. 72 e Gambino 2001, pp. 382-383.

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