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Parte prima INTRODUZIONE AL FONDO

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Parte prima

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VINCENZO GERACE E LA SUA FAMIGLIA

IX

VINCENZO GERACE E LA SUA FAMIGLIA: CENNI

BIOGRAFICI

1

Vincenzo Gerace

Vincenzo Gerace nasce a Cittanova (Reggio Calabria) il 29 giugno 1876, da Giovambattista, magistrato, e Maria Angiola Giovinazzo; è primogenito di otto figli. Dalle carte in possesso della biblioteca poco emerge degli anni della gioventù e della prima età matura del Gerace: per delineare questo periodo facciamo perciò ricorso in primo luogo a fonti enciclopediche e librarie2.

La prima parte della vita del Gerace è scandita da continui trasferimenti: per motivi di lavoro del padre, nel 1886 la famiglia si sposta a Nicosia, dove il ragazzo frequenta il ginnasio, quindi nel 1894 a Catania; qui Vincenzo termina gli studi liceali e si iscrive alla facoltà di lettere, che abbandona presto per una crisi personale. Nel 1898 si ritira a Sciacca; in questo periodo approfondirà da autodidatta i suoi studi letterari e darà avvio alla sua produzione poetica. Irrequieto e alla ricerca di una sua dimensione ideale, Gerace si trasferisce nel 1901 a Palermo, dove pubblica il poemetto Il fonte della vita3 e

1

Includiamo in questo capitolo, oltre alla biografia del poeta, quelle della moglie Giulia Becciani (con suo fratello Alessandro) e del figlio Giovan Battista. Mentre per il primo e l‟ultimo sono reperibili approfondimenti e ulteriori informazioni in pubblicazioni a stampa o in documentazione diffusa, per gli altri due abbiamo ricavato i dati esclusivamente dalle carte del fondo. Esponiamo le notizie ottenute senza pretese di esaustività. Altri membri della famiglia compariranno talvolta nell‟inventario, ma per mancanza di sufficienti informazioni (e per il ruolo secondario che rivestono in questo contesto) non ne abbiamo qui tracciato i profili.

2

Dato che i volumi e le carte presenti nel fondo contengono in massima parte materiale utile per la ricostruzione delle vicende biografiche di Vincenzo Gerace a partire dagli anni ‟20 del XX secolo, per presentare lo svolgimento della sua vita negli anni precedenti si sono consultati studi e profili biografici a lui dedicati (che verranno indicati nel corso della trattazione) e: C. D‟Alessio, Vincenzo Gerace, in

Dizionario biografico degli italiani, 53. Roma: Istituto della Enciclopedia italiana, 2000, pp. 302-303

(anche on-line: http://www.treccani.it/enciclopedia/vincenzo-gerace_%28Dizionario-Biografico%29/ ). Sono inoltre di interesse le autobiografie redatte dal Gerace per accompagnare la raccolta de La fontana

nella foresta o per riviste e periodici (cfr. M22, M103).

3

Vincenzo Gerace, Il fonte della vita. Palermo: Sandron, 1901. La pubblicazione non compare nel fondo, dove sono invece rintracciabili prime stesure manoscritte del poemetto (cfr. Ms191).

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X

si inserisce nel circoli intellettuali della città, ruotanti attorno a Benedetto Croce4. Nel 1909 si sposta a Roma.

Risale al 1911 la pubblicazione della prima opera letteraria di rilievo: si tratta del romanzo autobiografico La Grazia5. Scritto di getto nell‟estate del 1907, non verrà mai

rivisto e rifinito a causa di una malattia che colpisce il Gerace in questo periodo impedendogli di dedicarsi alla cura dell‟opera. Ambientato in Calabria e a Roma, il romanzo narra dell‟improvvisa conversione del giovane Lorenzo, che a seguito di una crisi mistica abbandona una vita dissoluta e senza principi e decide di rievocare, scrivendolo, il percorso della sua trasformazione, che passa attraverso l‟incontro con tre donne di diverso temperamento ed estrazione sociale. Il romanzo fu inizialmente accolto con calore dal pubblico e dalla critica, che seppur sottolineandone l‟assenza di coerenza narrativa, la mancanza di tratti ben definiti nel personaggio principale e l‟eccessiva enfasi verbale, riconobbe il valore letterario di alcuni passaggi e le potenzialità dell‟autore6

. A Gerace fu assegnato il Premio Rovetta per il biennio 1911-1912; ben presto però l‟opera venne immersa in una cortina di silenzio, che lo scrittore subì con amarezza7.

Nel tentativo di assestare la non florida situazione economica, nel 1912 il poeta si trasferisce a Napoli, dove, per mezzo del Croce, trova lavoro presso la Biblioteca della

4

Benedetto Croce (1866-1952), fu una delle figure intellettuali più influenti della prima metà del XX secolo. Vedi: Piero Craveri, Benedetto Croce, in Dizionario biografico degli italiani (cit.), 31, 1985. 5

Vincenzo Gerace, La Grazia. Napoli: Ricciardi, 1911. La pubblicazione non è conservata nel fondo, dove si riscontrano invece stesure manoscritte di alcuni capitoli (cfr. per es. C135-136, C411, C447, Ms13, Ms199-200, Ms202-204). Il percorso editoriale dell‟opera è esposto dal Gerace in C297.

6

A conclusione di un‟analisi del libro, scrive G. A. Borgese: «La Grazia è un libro duro e storto: come un pruno invernale. Ma forse circola dentro quella scorza una linfa che darà fiori». G. A. Borgese, La vita e

il libro. Terza serie. Bologna: Zanichelli, 1928, p. 163.

7

Scrive Gerace nella minuta di una lettera del 1927 conservata nel fondo, parlando del suo romanzo: «Or dal 1911, arridendomi la fortuna letteraria, proprio quando altri ne avrebbe tratto profitto e spinta a crescerla con nuove pubblicazioni; inverosimilmente, per mie cagioni interiori assai complicate, io mi trassi fuori dall‟agone della letteratura militante e mi chiusi in un silenzio che durò al 1922, quando rientrai nel giornalismo in funzione di Critico. Quel mio silenzio nocque, com‟era da prevedersi, al mio romanzo […] Alle nuove generazioni, anche letterate, venute dopo la guerra, esso è al tutto ignoto. Pure, stranamente, è proprio da esso che ebbe ispirazione e inizio molta letteratura contemporanea di genere interiore e autobiografico; come […] mi confessava Emilio Cecchi. Il quale, del resto, anche lui, me lo confessava in privato, ma in pubblico si guardava bene dal farne […] cenno: forse per non urtare la suscettibilità della cricca fiorentina, alla quale appartiene» (cfr. C297).

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VINCENZO GERACE E LA SUA FAMIGLIA

XI

Società napoletana di Storia patria. Croce apprezza il romanzo La Grazia8 e incoraggia

Vincenzo a coltivare la propria vocazione; affascinato dalle teorie crociane e dalla complessa figura del filosofo, Gerace inizia ad interessarsi anche a studi di ambito filosofico.

È del 1912-1913 una breve, ma intensa relazione sentimentale con la poetessa Sibilla Aleramo, incontrata a Sorrento9. Nel 1915, a seguito della morte del padre, Vincenzo abbandona Napoli e trascorre un periodo a Roma con la madre e le sorelle. Convinto interventista, nel 1916 parte per Torino, dove frequenta un corso per allievo ufficiale, ottenendo il grado di sottotenente di artiglieria10. Combatte in Alto Adige; nel 1918, a causa di problemi di salute, viene esonerato dal servizio e trascorre un periodo di convalescenza a Murano11. Terminata la guerra, il fratello Giuseppe, anch‟egli letterato, gli procura un impiego come insegnante presso un istituto tecnico di Bari. In questo periodo Gerace, grazie anche all‟intercessione dell‟intellettuale Adriano Tilgher12, inizia a pubblicare novelle e poesie su periodici romani e calabresi. Nel 1921, con la legge Croce si vieta l‟insegnamento a chi non è provvisto di un titolo accademico: Gerace deve quindi abbandonare il lavoro di docente. Decide di trasferirsi a Roma, dove intensifica le pubblicazioni su periodico: oltre alle poesie, iniziano a comparire saggi di critica filosofica e letteraria13.

8

Riferisce Gerace in una lettera del 25 marzo 1930 a Vito Giuseppe Galati: «fu caro al Croce, il quale mi disse: “È il primo libro che appaia in Italia con intento di dar forma d‟arte a una passione di carattere metafisico. E vi riesce, ma imperfettamente […] C‟era qui materia per un capolavoro: non è venuto: ma è, insomma, un libro d‟eccezione”». In: Vito Giuseppe Galati, La poesia di Vincenzo Gerace e la polemica

sulla tradizione. Cosenza: Pellegrini, 1967, p. 151.

9

Bella e disperata la lunga lettera-monologo (distribuita su circa 150 fogliettini di carta) scritta dalla Aleramo a Gerace dal 1 all‟8 maggio 1913, pubblicata in: Sibilla Aleramo, Diario di una donna. Inediti

1945-1960. Milano: Feltrinelli, 1979, pp. 283-301. Nel 1951 scriverà la Aleramo nel suo diario, parlando

del Gerace: «Come scrittore e come poeta è quasi del tutto dimenticato. Fra gli uomini che ho amato è forse quello a cui penso più raramente, strano. Forse tutto si consumò nel grande incendio di quel semestre, laggiù …» (Ivi, p. 301).

10

Cfr. C483, C494. 11

L‟esperienza risuona nella poesia Ode a Burano (cfr. P164). 12

Adriano Tilgher (1887-1941) fu un saggista e giornalista romano. Propulsore delle teorie crociane, nel 1925 aderì al Manifesto degli intellettuali antifascisti. Nel 1923 il rapporto tra i due intellettuali si deteriora a causa di una polemica estetica che li impegnerà in estenuanti dibattiti.

13

Gerace spiega le ragioni di questo nuovo indirizzo in una lettera a Vito Giuseppe Galati del 4 marzo 1930: «Negli ozi di guerra, di continuo rimeditando me stesso, ho dato ragione a me e torto agli altri. […] E tornai alla mia poesia, finita la guerra. Ma ecco, insieme che poeta, mi ritrovai critico; che prima, in giovinezza, non ero. Sentii la necessità di battagliare per le mie idee su giornali e riviste. […] Nacqui poeta, e per difesa della mia poesia e delle sue forme e leggi, divenni critico.». In: Galati, La poesia di

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XII

È da questo periodo che il poeta inizia a parlarci a ritmo più serrato dalle carte depositate alla Biblioteca pisana: da qui possiamo arricchire le notizie biografiche già conosciute con i dati provenienti dai documenti che lo hanno accompagnato negli ultimi anni della sua vita; anni che – seppur punteggiati da delusioni, ristrettezze e affanni – regalano al Gerace qualche soddisfazione e riconoscimento. Nell‟agosto del 1923 Vincenzo sposa Giulia Becciani (dal matrimonio nasceranno presto Leonetta14 e Giovan Battista); nel 1926 gli viene assegnato il premio di poesia dell‟Accademia Mondadori per la raccolta La fontana nella foresta15.

La raccolta, approntata dal Gerace in vista della partecipazione al concorso, riunisce una scelta delle liriche preferite. Gli elaborati risalgono a diverse epoche della produzione geraciana; il poeta ne sceglie però una successione ideale anziché cronologica, suddividendo i componimenti in cinque libri che rappresentano le tappe esemplari dell‟esperienza spirituale umana, seguiti da un‟appendice con epigrammi polemici a difesa della propria poetica16. A dare il nome alla raccolta è una lirica in cui il poeta richiama se stesso bambino, seduto presso una fontana durante la sosta di un viaggio con i genitori; mentre osserva il padre offrire da bere alla madre, al fanciullo si rivela l‟essenza dell‟amore coniugale, diverso da quello filiale finora conosciuto.

La gratificazione per il riconoscimento attribuitogli dall‟Accademia Mondadori, arrivato in tarda età dopo anni di silenzio e indifferenza della critica, è subito adombrata da duri attacchi provenienti dai simpatizzanti delle correnti letterarie del tempo, che

14

La vita di Leonetta sarà breve: nata il 3 settembre 1924 (cfr. C50, C283-284, V7), morirà, probabilmente per malattia, nell‟inverno del 1931 (cfr. M175, P92).

15 Vincenzo Gerace, La fontana nella foresta. Milano: Mondadori, 1928. Il volume non compare nel fondo, dove sono invece conservate numerose stesure manoscritte e dattiloscritte delle poesie e le bozze a stampa con correzioni autoriali (cfr. C481).

16 Così Gerace spiega il libro in una Nota di presentazione per i giudici del Concorso Mondadori, in parte ripresa nella Postfazione alla pubblicazione: «Il volume è diviso in cinque libri. Nel I. sono gli amori della prima giovinezza, schietti, semplici, senza dramma (EROS); nel II. le prime confuse malinconie e delusioni (PSICHE); nel III. le passioni in tumulto e il dramma della personalità scissa (DIONISOS); nel IV. le tristezze mistiche del nulla e della morte (THANATOS); nel V. dolore e morte sono presupposti ma superati in un sentimento di serenità cosmica (URANIA). Seguono, a guisa d‟appendice critica, una quindicina di epigrammi (NEGLI ORTI DI ACADEMO) ove l‟A. dà ragione della sua arte, richiamandosi alla tradizione e venerandola. E se questi chiarimenti non siano giudicati al tutto superflui, aggiunge che, nell‟ordine delle liriche, ha seguito un concetto di sviluppo, non cronologico, ma ideale. Talché se, per modo d‟esempio, nel primo libro c‟è una lirica, de‟ suoi 19 anni (La Veglia) e altre de‟ suoi 21 anni (Mattino in Sicilia, Il mio paese, Anna, Pastelli e simili) e altre dei 25 anni (L‟armonioso infinito); similmente de‟ suoi 22 anni sono Il Nulla, l‟Ode al Mistero e l‟Anima (canzone) e pur trovano luogo rispettivamente in Dionisos, in Thanatos, in Urania.» (Cfr. C337).

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VINCENZO GERACE E LA SUA FAMIGLIA

XIII

stroncano l‟opera (giudicata arida, assuefatta a ricondurre l‟emozione e lo slancio poetico a rigidi criteri, o comunque troppo distante dallo spirito contemporaneo), contestando l‟attribuzione del Premio. Inoltre, in vista della pubblicazione, la casa editrice impone al poeta la soppressione di numerosi pezzi dalla raccolta17, ma Gerace si rifiuta di intaccare l‟organicità del complesso; da qui, una difficile polemica con Arnoldo Mondadori , che si protrarrà a lungo, ritardando la pubblicazione dell‟opera al 192818. Ormai l‟eco della vittoria è affievolito e l‟opera viene accolta da pubblico e critica con poco calore, acuendo il dispiacere del poeta19.

A sostegno del suo credo poetico e a difesa delle critiche mossegli, Gerace ha composto in questi anni una serie di saggi, dove presenta – seppur in modo non sistematico e talvolta incoerente – la sua visione di vita e i suoi ideali letterari. Dapprima pubblicati su varie testate periodiche, gli elaborati confluiscono infine nella raccolta di saggi La tradizione e la moderna barbarie20. L‟intellettuale si distacca in modo netto e sprezzante dalle tendenze del tempo e volge lo sguardo a un ideale passato di “tradizione”; questi scritti costituiscono in primo luogo duri attacchi contro la filosofia crociana, da cui Gerace si è amaramente allontanato21.

Nell‟ultimo periodo della sua vita Vincenzo continua – nonostante i seri problemi di salute, le difficoltà economiche e le incessanti delusioni – a impegnarsi nella stesura di liriche e saggi (talvolta pubblicati su giornali e riviste) e a intrattenere rapporti a

17

Il manoscritto restituito al Gerace per l‟approvazione dei tagli: «risultava imbrattato di annotazioni a margine e segni rossi, come se si fosse trattato d‟un componimento d‟uno scolaretto.» In: Pietro Visconti,

Oltre la soglie del tempio. Saggio critico su Vincenzo Gerace. Napoli: A. Guida, 1931, p.177.

18

Mondadori acconsente infine ad uno sfrondamento della raccolta disposto dal Gerace. I rapporti del poeta con l‟editore resteranno tesi: Gerace contesterà a più riprese le decisioni prese riguardo alla diffusione del volume e si lamenterà per la retribuzione non adeguata (cfr. per es. C314, C316).

19

Così conclude sbrigativamente un recensore americano: «The poet takes himself and life too seriously. The Fountain in the Forest is a literary effort which shows effort.» A. Marinoni, in «Books abroad». Oklahoma: University of Oklahoma. Vol. 2, n. 4, ott. 1928, p. 58.

20

Vincenzo Gerace, La tradizione e la moderna barbarie. Foligno: Campitelli, 1927. Il volume non compare nel fondo, ma alcuni scritti sono riscontrabili in copie e ritagli di giornale, nonché in carte manoscritte e dattiloscritte (cfr. per es. P2-3, P12, P29). I saggi sono in larga parte composti negli anni ‟20, ma la raccolta raccoglie anche scritti del decennio precedente (come la Storia ideale dell‟Io, risalente al 1913); a termine del libro, un‟appendice con uno specchio cronologico degli scritti (p. 370).

21

Scrive Gerace in una nota autobiografica: «Complessa figura di poeta e di filosofo, nel 1922, scese in lizza contro Croce, del quale era stato affettuoso discepolo, essendosi convinto che la Estetica del filosofo napoletano è il sostegno teorico più insigne che possa avere la moderna decadenza delle arti. […] Questi e altri scritti moltissimi, egli ora raccoglie in questo volume: “La Tradizione e la moderna Barbarie”» (cfr. M103).

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XIV

distanza con i letterati amici; non smette di difendere i suoi ideali e di progettare nuovi sviluppi per la sua opera. Vincenzo Gerace muore a Roma il 18 maggio 1930, in seguito a un‟operazione chirurgica tentata per debellare un‟ulcera che lo affligge dai tempi della guerra.

Numerose saranno le attestazioni di stima e di amicizia che gli intellettuali della sua cerchia gli tributeranno su giornali e riviste nei mesi immediatamente successivi alla morte. Abbiamo testimonianza di commemorazioni in sua memoria tenute per i primi anniversari dalla morte a Roma e a Cittanova22; sul Gerace verranno pubblicati alcuni saggi e studi critici23 e Cittanova gli dedicherà il nome di un Istituto di Istruzione Superiore, dove si conserva un busto del poeta eseguito da Fortunato Longo24. Sul muro esterno della casa natale lo ricorda una lapide con dedica di Antonino Anile25.

Per un approfondimento della poetica e della personalità del Gerace, suggeriamo la lettura del volume dedicatogli da Vito Giuseppe Galati26, che si distacca dai toni apologetici e parziali riscontrabili in altri studi, proponendo un‟analisi misurata ed equilibrata dei punti di forza e dei limiti che caratterizzarono questo inquieto e profondo poeta, troppo tardi riconosciuto e troppo presto dimenticato.

Giulia e Alessandro Becciani

Accanto al Gerace, figura partecipe e devota, la giovane moglie Giulia. Dopo la morte del marito, oltre a dover fronteggiare una situazione familiare ed economica non facile, la donna si deve da subito impegnare a difendere dall‟indifferenza il lascito artistico geraciano. Scritti suoi e documenti a lei relativi, di vario genere e datazione, rappresentano una seconda cospicua sezione del fondo e concorrono a ricostruire le vicende della famiglia Gerace e a delineare i tratti di una figura tenace e sfortunata.

22

Vedi, per es., Nicola Giunta, Vincenzo Gerace. Commemorazione nel primo anniversario della morte

del Poeta. Napoli: Alfredo Guida, 1931.

23

Vedi la Bibliografia delle opere delle pubblicazioni monografiche di e su Vincenzo Gerace. 24

Fortunato Longo (1884-1957), scultore. Fu cognato e amico del Gerace. 25

Antonino Anile (1869-1943), medico e letterato. Fu tra i sostenitori del Gerace. 26

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VINCENZO GERACE E LA SUA FAMIGLIA

XV

Giulia Becciani nasce a Isili, in Sardegna, il 20 dicembre 1886, da Guido e Giuseppina Mariani27. Di origine toscana, la famiglia (composta anche dai fratelli Carlo, Alessandro ed Emma) si è trasferita per motivi di lavoro di Guido, agronomo. Presto si sposteranno a Livorno, dove la ragazza frequenta un istituto professionale28, ottenendo la licenza nel 1905; trova quindi un impiego come segretaria29. Di temperamento romantico e sognatore, Giulia scandisce gli anni della giovinezza con la stesura di diari e brevi componimenti letterari di taglio patetico-sentimentale30; del 1909, la pubblicazione di un libretto in lingua francese sulla condizione femminile31.

Sarà poi a Roma, dove nell‟agosto 1923 sposa Gerace, amico di famiglia. Le poche testimonianze scritte del periodo del matrimonio e della nascita dei figli stanno a comprovare quello che di lei viene riferito dagli amici del Gerace: Giulia è raffigurata come una figura silenziosa, tutta dedita alla cura della famiglia e sempre al fianco del marito.

La morte di Vincenzo nel maggio 1930 rappresenta un necessario momento di trasformazione: numerose sono per questo periodo le evidenze del suo impegno nel cercare una risoluzione alle ristrettezze economiche che da tempo la famiglia lamenta e che si vanno per ovvi motivi aggravando. Molti sono i tentativi della donna di assicurare alla famiglia nuove fonti di reddito: le lettere e i documenti pervenutici attestano, ad esempio, numerosi ricorsi alla Corte dei Conti e richieste di intercessione ad autorità politiche per l‟ottenimento di un assegno alimentare di guerra32

, ricerche di lavoro come dattilografa o segretaria33, appelli ostinati a editori e operatori culturali per valorizzare e far fruttare il lascito letterario del marito. Queste carte manifestano anche una sincera

27

Nel fondo si conservano certificati di nascita e di battesimo di Giulia (cfr. C487). 28

Cfr. C488, V4-5. 29

Con buona conoscenza delle lingue inglese e francese (cfr. C22). 30

Cfr. C1-30. 31

Giulia Becciani, L‟education de la femme dans la lutte de la vie. Le present, l‟avenir. Livorno: Società editrice di cultura estetica e morale, 1909. La pubblicazione non compare nel fondo, ma è presente un fascicolo manoscritto con la stesura del testo in lingua italiana e la relativa traduzione (cfr. C12).

32

Cfr. V11-17. 33

(10)

XVI

stima nei meriti letterari del Gerace e una ferrea determinazione nello scongiurare la caduta nell‟oblio della sua memoria e della sua opera34

.

A sua cura sarà la pubblicazione di una raccolta di poesie inedite del Gerace sotto il titolo Variazioni musicali35 (desiderio – mai realizzato – di Giulia è quello di giungere alla realizzazione di un‟Opera omnia geraciana36

). Grazie alle sue competenze linguistiche e letterarie e all‟intercessione di Arturo Farinelli37

, a Giulia verrà affidata la traduzione dal francese e la curatela dell‟Adolphe di Benjamin Constant da pubblicarsi per la casa editrice UTET38.

Gli scritti privati degli ultimi anni sono carichi di nostalgia e amarezza, soprattutto dopo la perdita della figlia Leonetta nell‟inverno del 193139. Giulia muore tra il 1940 e il 194140.

I dolori che si susseguono nella vita di Giulia includono la perdita prematura del fratello Alessandro. Medico chirurgo41, Alessandro Becciani è pioniere della riflessologia in Italia42 e autore di un contestato volume sui legami tra le malattie fisiche

34

Una consistente raccolta di lettere ricevute da Giulia Becciani nel periodo immediatamente successivo alla morte di Vincenzo Gerace (dal giugno 1930 a tutto il 1931) rivela lo sforzo della donna nel tramandare la memoria del marito (cfr. B1-93). Tra gli intellettuali, sarà Giuseppe Cartella Gelardi a mantenere con lei il contatto più assiduo (cfr. B16-34).

35

Vincenzo Gerace, Variazioni musicali, a cura di Giulia Gerace. Milano: La Prora, 1934. Un esemplare è presente nel fondo (cfr. M79), dove si conserva anche una bozza manoscritta della Prefazione (cfr. C130).

36

Significative le lettere scritte a Giulia da Arnoldo Mondadori (cfr. B77-79) e le testimonianze e i consigli di intellettuali amici che provarono a intercedere presso di lui, conservate nella sezione Corrispondenza a Giulia Becciani. Il materiale rivela i continui rifiuti del Mondadori alle richieste di Giulia per una ristampa de La Fontana nella Foresta o per la pubblicazione di un volume di novelle del Gerace; Mondadori dichiara inoltre di avere ancora – siamo nel 1930 – una cospicua giacenza de La

Fontana (pubblicata nel 1928) e di volere riconosciuti i suoi diritti di proprietà in caso di pubblicazione di

un‟omnia geraciana da parte di altra casa editrice. 37

Cfr. B46. Arturo Farinelli (1867-1948), letterato; fu amico del Gerace. Vedi: Lucia Strappini, Arturo

Farinelli, in Dizionario biografico degli italiani (cit.), 45, 1995.

38

Benjamin Constant, Adolphe. Diario. A cura di Giulia Gerace. Torino: UTET, 1933. La pubblicazione non è presente nel fondo, né vi compaiono attestazioni relative alla sua fase di composizione.

39

Un diario degli anni 1930-1934 (cfr. M175) e una raccolta epistolare di carattere privato in possesso della famiglia Gerace testimoniano di una Giulia disperatamente chiusa nel suo dolore.

40

Nel fondo non sono presenti attestazioni della morte di Giulia. Da carte di altro argomento possiamo inferire che la donna era ancora viva nei primi mesi del 1940 e deceduta nel settembre 1941 (cfr. P291, V26).

41

Cfr. V79. 42

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VINCENZO GERACE E LA SUA FAMIGLIA

XVII

e il pensiero43. Appassionato di letteratura, si diletta nella stesura di poesie44, operette teatrali e prose letterarie, nonché articoli di argomento politico45. Muore nel settembre 192846.

Giovan Battista Gerace

Giovan Battista (“Titta”) Gerace nasce a Roma il 17 novembre 192547. Dopo la morte di Giulia, viene affidato alle cure della zia Emma Becciani48.

Nella capitale frequenta il liceo e si iscrive alla facoltà di ingegneria; durante la guerra, abbandona gli studi per partecipare alla lotta partigiana. Nel 1954 consegue la laurea in ingegneria elettrotecnica; presto si trasferisce a Pisa per lavorare nel Centro studi calcolatrici elettroniche (CSCE) dell‟Università, dove fa parte del gruppo di progettazione della “Calcolatrice elettronica pisana” (CEP), il primo calcolatore elettronico realizzato in Italia. Sempre a Pisa incontra la futura moglie Maria Bruna Baldacci. Molti e rilevanti sono gli apporti – attestati da numerose pubblicazioni – di Giovan Battista Gerace in ambito informatico; è anche docente universitario e preside della facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali. Muore il 4 giugno 1987.

43

Alessandro Becciani, La salute è un fatto morale. Foligno: Campitelli, 1928. 44

Suo il libretto di versi: Alessandro Becciani, Angelo caduto. Roma: Off. Poligrafica romana, 1902. 45

Nel fondo sono conservate alcune attestazioni di questa sua produzione (cfr. per es. C19, C119, C401, C490-492).

46

Cfr. P171. 47

Cfr. C49. Le attestazioni di Giovan Battista nel fondo della Biblioteca Universitaria si dispiegano fino alla metà degli anni ‟50; si tratta in larga parte di materiale scolastico e relativo a studi universitari. Per il reperimento di informazioni biografiche su Giovan Battista Gerace abbiamo consultato: Giulio Maltese,

Giovan Battista Gerace, in Dizionario biografico degli italiani (cit.), 53, 2000.

48

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XVIII

NATURA E ORDINAMENTO DEL FONDO

1

Il fondo Gerace è pervenuto nella Biblioteca Universitaria di Pisa nel 2010, molti anni dopo la costituzione del nucleo centrale della raccolta (delimitabile a grandi linee nel periodo 1920-1935). Sappiamo che le carte sono rimaste nella casa Gerace di Roma a lungo; qui abitarono Giovan Battista (che immise nel fondo parte del suo materiale di studio e alcune delle sue letture) e poi Liliana Gerace, nipote di Vincenzo, che forse si divertì a esplorare (e mescolare) le carte dello zio2. Sarà Maria Bruna Baldacci a trasportare il materiale a Pisa e a donarlo, qualche anno dopo, alla Biblioteca Universitaria. Eccezion fatta per gli spostamenti occasionali, volontari o fortuiti, che hanno certamente accompagnato ogni osservazione delle carte (nonché i trasferimenti a Pisa e poi in biblioteca), non sembrano esserci stati grandi stravolgimenti alla successione dei pezzi lasciata da Vincenzo Gerace e Giulia Becciani – una successione senza dubbio approssimativa e disorganica.

Un fondo incompleto e complesso

A contraddistinguere il fondo, come vedremo, è in primo luogo una generale condizione di lacunosità: per nessuna sezione la documentazione può dirsi completa, per nessuno dei soggetti ricorrenti è possibile ricostituire un‟immagine a tutto tondo. Lo stesso Vincenzo Gerace si delinea nella sua personalità matura e poco lascia trasparire delle sue disposizioni e delle sue vicende giovanili: è infatti dall‟ultimo trasferimento a Roma, nel 1921, che il poeta inizia a costituire l‟archivio pervenutoci, introducendovi solo un nucleo piuttosto esiguo dei documenti relativi alla sua vita precedente (forse in larga parte eliminati, forse conservati altrove). L‟altro tratto caratterizzante la raccolta è la dispersività: se nessun soggetto si rivela pienamente, molti sono a prendere la parola e a svelare qualcosa di sé, contribuendo così a costituire un insieme polifonico e

1

In questo capitolo introduciamo il fondo nelle sue generalità, segnalandone caratteristiche e disposizioni complessive; solleviamo inoltre alcuni spunti di riflessione relativi alla gestione e all‟ordinamento di fondi misti. Un‟analisi dettagliata dei diversi apporti dei soggetti produttori o raccoglitori nelle singole parti, delle composizioni di queste, dei criteri di ordinamento e degli stati di conservazione verrà svolta nelle presentazioni di Biblioteca e Archivio, nonché nelle introduzioni agli elenchi delle sezioni.

2

Di Liliana si sono infatti reperite nel fondo alcune lettere e cartoline, risalenti agli anni „60 e ‟70 (cfr. Ms183, F50, V39-40). Lilana Gerace (1921-2005), figlia di Giuseppe Gerace, fu attrice e musicista.

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NATURA E ORDINAMENTO DEL FONDO

XIX

difficilmente definibile.

L‟archivio di Vincenzo Gerace, quindi, smembrato e disorganico – sia in conseguenza degli spostamenti e delle vicissitudini della vita del poeta, sia per effetto dei suoi modi di lavoro e di gestione delle carte –, ha accolto al suo interno gruppi archivistici riferibili a soggetti diversi: se da un lato la raccolta, quanto al suo nucleo principale e fondante, si inscrive nella tradizione dei fondi di personalità letterarie tanto tipici del Novecento, dall‟altro ci rimanda alle configurazioni degli archivi di famiglia. A voler incanalare questo ricco ed eterogeneo complesso sotto un termine definitorio, potremmo utilizzare l‟espressione “fondo misto”, introdotta da Antonio Romiti3

: essa, infatti, indica quelle realtà multiformi in cui, accanto e in compenetrazione con elementi inscrivibili nella categoria “archivio” nella sua accezione tradizionale4

, si collocano ulteriori categorie di materiale, quali le biblioteche o le raccolte di altro tipo. In questi aggregati, costituiti in modo diverso da quelli archivistici, «si possono intersecare attività anche di più soggetti produttori non omogenei5».

Biblioteca e archivio: un connubio felice

L‟accoppiamento fra biblioteca e archivio6

, per motivi contingenti non sempre riscontrabile nei fondi di personalità letterarie e non, conferisce al fondo un valore aggiunto: talvolta, infatti, i pezzi delle due ripartizioni dialogano tra loro (contribuendo, ad esempio, a ricostruire il percorso formativo degli articoli di critica letteraria che Gerace scriveva per giornali e riviste). Inoltre, se per entrambi gli ambiti sono osservabili lacune e macchie d‟ombra, è proprio istituendo un paragone tra libri e carte

3

Antonio Romiti, Tra archivi e biblioteche: i “fondi archivistici” e i “fondi misti”, in Una mente

colorata. Studi in onore di Attilio Mauro Caproni per i suoi 65 anni. Vol. 2, a cura di Piero Innocenti e

Cristina Cavallaro. Manziana: Vecchiarelli; Roma: Il libro e le letterature, [2007], pp. 735-748. 4

Archivio come «complesso di carte che, avendo servito all‟esplicazione delle funzioni di una persona o di un istituto, non hanno valore uti singulae, perché sono necessariamente e fin dalla loro origine condizionate da atti precedenti e a lor volta ne condizionano di susseguenti.» Giorgio Cencetti, Inventario

bibliografico e inventario archivistico, in Giorgio Cencetti, Scritti archivistici. Roma: Il Centro di ricerca,

1960, p. 56. 5

Romiti, Tra archivi e biblioteche: i “fondi archivistici” e i “fondi misti” (cit.), p. 745. Romiti sottolinea quindi le difficoltà riscontrabili nella gestione di tali realtà: «Tali meccanismi costitutivi […] conducono alla realizzazione di beni che poi, nella fase finale di permanente conservazione presso un soggetto a tal fine riconosciuto, possono far emergere non lievi difficoltà di gestione e di illustrazione» (ivi, p. 746). 6

Mantenendo le considerazioni precedenti, per motivi pratici continueremo a utilizzare il termine “archivio” nel suo significato generico di “raccolta di documenti”.

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XX

che si possono ricostruire le identità di molti tra gli elementi scomparsi.

La biblioteca Gerace, oltre a costituire una raccolta variegata e di interesse per la presenza di esemplari rari e particolari, ci offre uno spaccato degli interessi e dei modi di studio dei Gerace, fornendo anche rilevanti informazioni biografiche7.

Gli ordinamenti di Vincenzo Gerace

Quello di Vincenzo Gerace è, per consistenza e articolazione, il primo nucleo documentario del fondo, e il poeta ne è il primo “organizzatore”. Come vedremo, la sua tendenza fu in realtà quella di accumulare i pezzi in modo caotico e di gestirli con innocente disinvoltura – lo stesso Gerace confessò più di una volta la sua mancanza di attitudine nell‟amministrazione delle proprie carte8

. Il fondo non fu mai pensato come una rappresentazione di sé da consegnare alla posterità, ma servì all‟inquieto letterato in funzione di contenitore di materiale “pratico”, da tenere a portata di mano. Gli scritti letterari, ad esempio, spesso non erano visti che come tappe transitorie e imperfette, da rivedere e limare prima di consegnare alle stampe; la conservazione dei pezzi “liquidati” o non più attuali era quindi casuale: ad esempio per alcuni scritti furono mantenute nel loro ordine solo alcune carte, mentre le altre furono utilizzate per nuove stesure o eliminate.

Si può dire che la logica conservativa di Vincenzo Gerace si pone a metà strada tra le due modalità ricorrenti negli archivi personali: quella del “disordine d‟autore”, che si riscontra quando l‟individuo produttore ha raccolto e conservato la mole complessiva delle carte possedute, inclusi gli elementi di scarso interesse postumo (come le ricevute o le bollette), e quella dell‟ “ordinamento d‟autore”, dove invece il soggetto ha proceduto a una selezione delle carte, scartando di volta in volta gli elementi ritenuti

7

Renzo Cremante, parlando dell‟esempio felice della casa Marino Moretti a Cesenatico, sottolinea come l‟unione tra archivio e biblioteca conferisca a quest‟ultima un‟ulteriore «valore di testimonianza particolare». Renzo Cremante, Introduzione, in Conservare il Novecento. Convegno nazionale. Ferrara,

Salone internazionale dell‟arte del restauro e della conservazione dei beni culturali e ambientali, 25-26 marzo 2000, a cura di Maurizio Messina e Giovanna Zagra. Roma: Associazione italiana biblioteche,

2001, pp. 53-57. 8

Scrisse ad esempio in una lettera del 25 marzo 1930 a Vito Giuseppe Galati: «mi era venuto idea di mandarvi insieme la raccolta completa di quanti articoli io avessi pubblicati da tre anni in qua. Ma il mio male m‟impedisce di fare questa ricerca di spoglio di giornali accatastati in varie scansie del mio studio: giacché io sono, quanto a queste cose, confesso, alquanto disordinato». In: V. G. Galati, La poesia di

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NATURA E ORDINAMENTO DEL FONDO

XXI

inutili o decidendo a un certo momento della sua vita di riepilogarsi, mantenendo solo le carte che hanno assunto un valore storico o letterario in relazione alla sua esistenza9. Gerace infatti eseguì certamente tagli alle proprie carte, ma lo fece più per motivi contingenti o casuali che seguendo una precisa logica selettiva.

Nonostante la cronica tendenza al disordine del Gerace, numerosi elementi redatti o raccolti in successione si accostarono per naturale sedimentazione, oppure il poeta si sforzò di riunire quelli di interesse particolare.

Una raffigurazione di quello che probabilmente fu il rapporto del poeta con gli oggetti cartacei che lo circondavano è offerta da lui stesso, in un emblematico passaggio del suo romanzo La Grazia. Il protagonista Lorenzo (alter-ego dell‟autore) si trova in casa sua, a Cittanova (corsivo nostro):

Risalito nella sua camera per finir di vestirsi e uscire, Lorenzo si fermò perplesso davanti lo scrittoio, dubitando che cosa più gli convenisse […]: se uscire, cioè, o non piuttosto obliarsi nella lettura dei molti libri, che s‟accatastavano sullo scrittoio. Vi spiccavano in un canto, legati in cartapecora con fregi d‟oro, i quattro volumi del romanzo “La guerra e la pace” di Leone Tolstoi […] i “Fioretti” di San Francesco […] si mescevano fraternamente ai “Dialoghi” di Platone […].

Aperto in un canto giaceva l‟ultimo fascicolo della rivista il «Coenobium».

Egli sedette al tavolo. Ma la sua mano […] cercò quasi automaticamente la chiave del cassetto, e lo aperse. Dentro il quale, i suoi occhi fissarono alcuni fasci piccoli e grandi di cartelle avvolte con nastri verdi in custodie di più solida carta. Erano i manoscritti delle sue composizioni letterarie. Su ciascuna custodia era segnato un titolo con una scrittura singolarissima, molto simile a quella dei manoscritti cinquecenteschi per certo costante slegamento delle lettere […].

Le qualità di questa scrittura erano una chiarezza precisa, un ordine metodico e dotto […]. E avrebbero fatto supporre nello scrivente, a chi non lo conoscesse, un uomo attivo e risoluto, di mente matura, di idee solide, di carattere volontario: qualità che Lorenzo bensì anelava di avere, ma non aveva.

Su una delle custodie era scritto: “Liriche”. Su altre erano titoli di novelle […].

Sciolse il manoscritto del nastro che lo legava; e postesi le cartelle dinnanzi sul tavolo, puntati i gomiti, la fronte fra le palme, s‟immerse nella lettura, con una improvvisa ansia di vedere che giudizio ora ne potesse recare.

[…] A un tratto, quella mano, strettasi in pugno, colpì le carte e, ammassatale alla rinfusa, le spinse in là sul tavolo, con atto che significava un ripudio.

9

Cfr. Elisabetta Insabato, Esperienze di ordinamento negli archivi personali contemporanei, in Specchi

di carta. Gli archivi storici di persone fisiche. Problemi di tutela e ipotesi di ricerca, a cura di Claudio

Leonardi. Firenze: presso la Fondazione Ezio Franceschini, 1993, pp. 74-77, e: Roberto Navarrini, Gli

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XXII

«Che cosa c‟è della mia anima, qui? – mormorò egli. – Nulla!»10

In sede di ordinamento abbiamo quindi deciso di mantenere per alcune sezioni – buste e cartelle, manoscritti, dattiloscritti – le sequenze antiche, anche per non disturbare un‟eventuale indagine filologica della lirica geraciana. Infatti, se il poeta dichiarava di plasmare “mentalmente” i propri componimenti, trasportandoli poi sulla carta praticamente compiuti11, i pezzi rinvenuti nel fondo palesano un indefesso lavorio di correzioni, eliminazioni, spostamenti e modifiche di interi versi e strofe, il cui risultato è un intricato reticolo di varianti e nuove redazioni, difficilmente imbrigliabili in uno schema cronologico (il fervore correttorio si spinse spesso fino alla modifica di liriche già stampate12). Dato che Gerace scriveva di solito su fogli sciolti e non si curava di segnalare la progressione degli scritti, le sequenze testimoniate dal fondo potrebbero costituire una traccia da esplorare – sicuramente disturbata da qualche movimento di Giulia Becciani, alle prese con la ricerca di liriche inedite.

Considerando l‟archivio del Gerace, non possiamo che convenire con l‟osservazione di Michele Santoro: «come nel settore degli archivi pubblici si suol dire che “l‟archivio riflette l‟istituto” […] così nel campo della documentazione privata si può affermare che “l‟archivio riflette l‟individuo”, cioè la personalità del singolo studioso e la maniera con cui ha creato e ordinato i propri documenti13».

10

Vincenzo Gerace, La Grazia (cit.), pp. 46-48. 11

Scrisse Gerace in una lettera del 23 giugno 1929 a Paolo Varvaro, riguardo al suo metodo di composizione: «questa elaborazione [mentale] […] può durare lo spazio di quindici, di venti giorni, di un mese […] Scrivo, dunque, ed è tutto facilità e spontaneità. La “sagra nuziale” l‟ho fatta in due mattinate. Il “corale” in tre. Scrivo a lapis, adagiato sulla poltrona, a ora a ora socchiudendo e aprendo gli occhi. […] Formo mentalmente tutto il periodo ritmico e sintattico, tutta la strofa […]. Così, dopo, in genere, ho pochissimo da correggere. Le correzioni riguardano le parole, gli aggettivi, membretti di legame, non mai (quasi mai) l‟organismo. E la lima mi occupa due o tre o più giorni, ma per brevissimi spazi d‟ogni giorno […]. La mia piena e spontanea facilità del comporre è effetto, come vedi, di quella lenta e sicura e anteriore elaborazione del fantasma.» La lettera è pubblicata in: Giuseppe Cartella Gelardi, Per la luce

degli oscuri. Vincenzo Gerace. Torino: L‟Impronta, 1930, pp. 158-161.

12

Molti dei periodici conservati nel fondo sono accompagnati da correzioni manoscritte, sia stilistiche che contenutistiche. Vito Giuseppe Galati ricevette dal Gerace un esemplare de La fontana nella foresta ricco di correzioni autoriali manoscritte; scrisse, riguardo alle poesie geraciane più infelici: «Né il continuo bisogno di variazione che tormenta il poeta, poteva migliorare tali poesie. Ad es., questa “Veglia” non lasciava soddisfatto il Gerace, il quale, nell‟esemplare a me donato, modificò così i due ultimi versi, senza migliorarli». In: V. G. Galati, La poesia di Vincenzo Gerace (cit.), p. 43. A termine del volume sono riportate le aggiunte e correzioni apportate dal Gerace all‟esemplare (ivi, p. 179).

13

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NATURA E ORDINAMENTO DEL FONDO

XXIII

Gli ordinamenti di Giulia Becciani

Fu anche Giulia Becciani a occuparsi delle carte di Vincenzo: ciò avvenne con ogni probabilità dopo la morte di lui e in vista della pubblicazione di Variazioni musicali14. Riguardo alla raccolta e al vaglio del materiale, Giulia scrisse al letterato Giuseppe Cartella Gelardi che si trattava di un «lavoro lungo e paziente, a cui bisogna che provveda io stessa, perché […] sola persona che Gli sia stata vicina può raccapezzarvisi15». È quindi a lei che dobbiamo attribuire le ripartizioni di manoscritti e dattiloscritti delle liriche che sarebbero confluite nella raccolta postuma16.

Fu probabilmente Giulia a istituire l‟approssimativa suddivisione tipologica riscontrata nell‟archivio al suo arrivo in biblioteca. Seppur nella sua parzialità, abbiamo deciso di mantenere questa griglia generale, apportandovi le opportune integrazioni e procedendo, quando necessario (e quando possibile) a nuovi ordinamenti interni alle sezioni17.

Nuovi ordinamenti

Se per alcune sezioni abbiamo dunque conservato l‟ordinamento originario per i motivi sopra spiegati, per altre è parso opportuno procedere a una nuova organizzazione18. Il criterio che ha guidato il nostro operare è stato quello di non spezzare – già deboli – vincoli tra i pezzi, cercando tuttavia di rendere più facilmente individuabili e reperibili gli elementi di interesse.

Scrive Luigi Crocetti, a proposito dell‟organizzazione dell‟archivio culturale: «La sua organizzazione vera non può essere che quella conferita dal possessore (o dai possessori), e che può consistere in un‟assoluta assenza di organizzazione. Bisogna conservarla o, se questo è impossibile, riprodurla, documentarla, mimarla19».

14

Vincenzo Gerace, Variazioni musicali (cit.). 15

La lettera, del 29 set. 1930, è pubblicata in: G. Cartella Gelardi, Per la luce degli oscuri (cit.), p. 194. 16

Furono naturalmente ordinate da Giulia anche le cartelle con i propri scritti giovanili. 17

Anche in considerazione del fatto che la varietà del materiale e la sua mole, nonché la complessa natura dei singoli pezzi, rendevano problematica ogni altra soluzione.

18

Ad esempio, per i Periodici abbiamo proceduto ad una spartizione per testata e quindi cronologica, per le Lettere a Giulia Becciani ad una suddivisione per mittente e quindi cronologica.

19

Luigi Crocetti, Indicizzare la libertà. L‟accresciuto interesse per gli “archivi culturali” spinge a

(18)

XXIV

Riconoscendo poi la problematicità pratica di questa soluzione ideale, aggiunge: «l‟organizzazione originaria può essere: a) conservata integralmente; b) conservata con modificazioni; c) modificata»20. Ritenendo più rispondente alle diverse conformazioni del fondo la seconda soluzione, abbiamo adottato per ogni sezione la disposizione opportuna21.

Criteri descrittivi

Data l‟eterogeneità tipologica e contenutistica dei pezzi – nonché i diversi ordinamenti delle sezioni e i numerosi richiami tra carte non contigue – per ogni voce di elenco abbiamo proceduto a una descrizione dettagliata delle singole componenti. Ogni sezione è preceduta da un‟introduzione generale al contenuto, accompagnata da note sugli ordinamenti e i criteri descrittivi adottati, nonché sui dati comuni a ogni elemento incluso.

Per la biblioteca, organizzata in ordine alfabetico per autore, abbiamo indicato, oltre all‟edizione di riferimento, gli elementi distintivi degli esemplari, utili tra l‟altro per circoscrivere e collegare nuclei tra loro omogenei; per l‟archivio, oltre alla consistenza e al contenuto generale dei pezzi, si è esposta ogni notizia utile all‟identificazione della data di creazione e dei legami con soggetti produttori o fruitori associati al fondo. Abbiamo quindi adottato, nella descrizione dei pezzi, diversi livelli di trattamento (ad esempio, evidenziando l‟eventuale presenza di scritti riferibili al Gerace nei periodici che li contengono o enumerando titoli e incipit delle poesie nelle carte manoscritte): oltre a rendere più agevole il reperimento dei pezzi all‟interno delle articolate diramazioni del fondo, questa soluzione permette anche di formarsi, leggendo l‟inventario, una prima comprensione della natura e dei contenuti della raccolta.

Le collocazioni

All‟interno di ogni sezione, si è proceduto a un‟indicazione numerica del singolo elemento; per indicare il pezzo in altre zone, abbiamo adottato una notazione

20

Ibidem. 21

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NATURA E ORDINAMENTO DEL FONDO

XXV

alfanumerica, comprendente una lettera identificativa della sezione (ad esempio “P” per Periodici) seguita dal numero di riferimento per l‟elemento di interesse22. Sugli scaffali abbiamo collocato prima la biblioteca in ordine alfabetico23 e, a seguire, l‟archivio. I pezzi dell‟archivio sono stati riposti seguendo la successione delle sezioni nell‟inventario; le carte sono state inserite in coperte di carta, con indicati i numeri di riferimento, quindi (eventualmente) in cartelle in cartoncino – utili per un‟identificazione rapida delle sottosezioni24

–. Infine, le cartelle sono state disposte in faldoni, all‟esterno dei quali si sono indicate le sezioni e gli estremi numerici dei pezzi inseriti, nonché il loro contenuto generale.

Stato di conservazione

Si rileva, per gli elementi del fondo, una generale condizione di ossidazione delle carte e una massiccia presenza di polvere. Per ogni sezione è stato indicato lo stato complessivo di conservazione; in elenco sono quindi state sottolineate le situazioni particolarmente critiche e le eventuali compromissioni alla fruizione dei contenuti. Il fondo richiede ad ogni modo una valutazione specialistica degli stati di conservazione e numerosi interventi di restauro.

22

Per cui ad es. “P7” va a indicare che il materiale di interesse viene trattato alla voce 7 della sezione Periodici. Per la segnalazione di elementi contigui si indicano gli estremi della sequenza numerica che li comprende (per es. con l‟indicazione “P7-10” si rimanda alle voci da 7 a 10 della sezione Periodici). 23

Per alcuni esemplari, estremamente danneggiati o frammentari, si è resa tuttavia necessaria la deposizione in scatole di cartone, collocate a termine degli esemplari in buono stato di conservazione. 24

(20)

XXVI

LA BIBLIOTECA

La biblioteca del fondo Gerace consta di 245 esemplari – più numerosi frammenti costituiti da poche carte o da sole coperte o frontespizi –, in larga parte lacunosi. Le date di pubblicazione coprono un arco temporale di 170 anni (dal 1787 al 1955)1 e le case editrici attestate sono molteplici2, così come eterogenei sono gli ambiti tematici in cui le opere si collocano. Si tratta, quindi, di una raccolta circoscritta a livello quantitativo, ma complessa e stratificata nella sua configurazione. Uno sguardo attento al materiale rivela presenze e lacune non scontate, che, in consonanza con quelle riscontrabili in altre zone del fondo, sollevano interessanti interrogativi sul percorso storico e sull‟organicità del complesso documentario pervenutoci, ogni volta sfuggente e difficilmente delimitabile: la biblioteca d‟autore di Vincenzo Gerace si inserisce infatti (e si perde) tra volumi ad essa più o meno estranei, attribuibili non solo al suo coevo nucleo familiare, ma a una più vasta rete parentale che copre tre generazioni.

Il materiale si presta perciò bene a offrire una panoramica sulle complicate vicende del fondo e a gettare luce sui diversi caratteri che in esso hanno influito: seguendo i filoni tematici e cronologici delle pubblicazioni e accostando tali informazioni con le evidenze offerte dagli esemplari (in primo luogo le indicazioni di possesso e le annotazioni manoscritte, ma anche le legature) è possibile isolare, quasi sempre con un buon margine di certezza, il membro della famiglia possessore e lettore, se non autore, del documento – anche se non va dimenticato che più d‟uno potrebbe aver sfogliato quelle pagine – e quindi identificarne non solo gli interessi e le sfere di competenza, ma anche le modalità di lettura e il rapporto con l‟oggetto-libro.

Inoltre, un accostamento dei volumi accomunati dallo stesso possessore permette di circoscrivere nuclei tematici e cronologici abbastanza omogenei, e quindi di percepire al meglio la posizione del singolo esemplare all‟interno della variegata raccolta. Procediamo quindi ad un‟esposizione del contenuto della biblioteca scandito dall‟avvicendarsi dei personaggi della famiglia Gerace-Becciani che vi manifestano la

1

Non è stata identificata l‟edizione di riferimento per un esemplare, mutilo del front., delle Opere di Virgilio (cfr. M172). L‟esame della legatura e delle annotazioni ms. segnala però una data di pubblicazione anteriore al 1779.

2

Accanto alle edizioni italiane, si segnalano alcune edizioni estere: per lo più francesi (cfr. M10-11, M135, M153, M175) e belghe (cfr. M137, M148).

(21)

LA BIBLIOTECA

XXVII

propria presenza3.

Guido Becciani

Il primo membro della famiglia a palesarsi nella biblioteca è Guido Becciani, padre di Giulia: lo fa apponendo la sua firma su un volume del Don Chisciotte pubblicato a Venezia dalla tipografia Alvisopoli nel 18194.

A Guido sono attribuibili, perché accompagnati da indicazioni di possesso, 13 esemplari della biblioteca: si tratta di pubblicazioni letterarie5 o inerenti gli studi naturalistici6. Guido fu anche autore di scritti di argomento agrario e nel fondo compaiono 4 esemplari di sue pubblicazioni: ci riferiamo ai trattati Manuale di

Zootecnia7 e Zootecnia. Manuale dell‟allevatore8 (un esemplare di quest‟ultimo presenta correzioni ed integrazioni autoriali manoscritte, stilate in vista della pubblicazione di una seconda edizione dell‟opera).

È ipotizzabile che questa sezione della sua collezione di libri, che si può presumere abbastanza cospicua, sia confluita nel fondo Gerace per tramite di Giulia, anche se non ne sono chiare le occasioni e le modalità di ingresso.

Giovambattista Gerace

Certamente il padre di Vincenzo Gerace, il magistrato Giovambattista, costituì nel corso della sua vita una consistente raccolta di libri: a testimoniarlo, l‟ampio ventaglio di interessi riscontrabili nel fondo, nonché la cura riservata alla legatura e al trattamento degli esemplari.

La tipologia prevalente di legatura che compare nella biblioteca Gerace è tipicamente ottocentesca: tra le diverse modalità di confezionamento del libro attestate, ricorre

3

Ricordiamo che un utile strumento per considerare la struttura complessiva della biblioteca è anche l‟Indice cronologico delle monografie per data di stampa.

4

Miguel de Cervantes Saavedra, L‟ingegnoso cittadino Don Chisciotte della Mancia […]. Venezia: dalla tipografia di Alvisopoli: si vende al negozio di libri all'Apollo. (Cfr. M29).

5

Cfr. M29. 6

Cfr. M32, M45, M165. 7

Guido Becciani, Manuale di zootecnia. […]. Firenze: coi tipi di M. Cellini, 1877. (Cfr. M16). 8

Guido Becciani, Zootecnia. Manuale dell‟allevatore. 2 v. Cagliari: Tip. G. Dessì, 1896-1897. (Cfr. M17).

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XXVIII

l‟adozione di un dorso in pelle (o in finta pelle) con il titolo dell‟opera (a volte su un tassello) e decorazioni in oro (più di rado, anche a freddo), e di carta maculata per la copertura dei piatti in cartone. Alcuni di questi pezzi presentano, impresse nella parte inferiore del dorso, le iniziali «G. B. G.», «G. G.»9 (se ne contano 10 ricorrenze)10. È possibile che i suddetti esemplari rivelino la presenza di annotazioni manoscritte di Vincenzo, riferibili ad anni di gioventù11; raramente, poi, compaiono nella parte inferiore del dorso le iniziali «V. G.»12.

Si può quindi ritenere che questa legatura ricorrente fosse quella abitualmente adottata per i volumi di vecchia data della biblioteca di casa di Giovambattista e dei giovani figli. Dato che Giovambattista non era solito apporre firme o indicazioni di possesso all‟interno dei volumi, possiamo supporre che gli appartennero anche alcuni esemplari di edizioni tardo-ottocentesche provviste di coperta editoriale presenti nel fondo.

Ad ogni modo, gli esemplari attribuibili con certezza a Giovambattista dimostrano una significativa varietà di contenuti; ad accomunarli, l‟appartenenza alla stirpe delle opere italiane di tradizione (si citano come esempi la traduzione latina della Gerusalemme

liberata13 e i puntuali resoconti dall‟Oriente del gesuita secentesco Daniello Bartoli14). Questi libri costituirono di certo il primo nucleo di letture di Vincenzo, ed è probabile che egli immise nella sua biblioteca adulta gli esemplari più cari15.

Alessandro Becciani

Lettore – e scrittore – eclettico fu anche il figlio di Guido Becciani, Alessandro. I suoi libri, che sembrano non essere stati fruiti da altri membri della famiglia, sono forse pervenuti nel fondo dopo il 1928, epoca della sua morte prematura. Possiamo assegnare con sicurezza al suo possesso, grazie alle firme che Alessandro solitamente vi apponeva,

9

Non è tuttavia da escludersi che quest‟ultima notazione possa essere riferita al fratello di Vincenzo Gerace, Giuseppe. 10 Cfr. per es. M13, M75, M82, M155. 11 Cfr. per es. M13. 12 Cfr. per es. M9. 13

Torquato Tasso, Torquati Tassi Jerusalem liberata in sermonem latinum translata atque epico carmine

modulata a rev. regiae jurisdictionis sacerdote Mario Parente civitatis Surrenti. Napoli: ex typographia

Simoniana: ex typographia Raphaelis Manzi, 1824. (Cfr. M155) 14

Daniello Bartoli, Prose scelte del padre Daniello Bartoli della compagnia di Gesù. Napoli: Tipografia del Vesuvio, 1859. (Cfr. M13)

15

È presumibile che alla morte di Giovambattista la sua biblioteca fu smembrata e che i figli ne spartirono il possesso (Vincenzo non fu il solo letterato della famiglia).

(23)

LA BIBLIOTECA

XXIX

6 pezzi: si tratta di romanzi francesi16, di saggi di critica letteraria17, e di una Bibbia18. Inoltre, nel fondo è conservato un esemplare (ampiamente lacunoso) del suo libro La

salute è un fatto morale, edito nel 1929 per F. Campitelli19.

Vincenzo Gerace

Non tracciò invece indicazioni di possesso sugli esemplari – se si esclude un breve periodo di gioventù – Vincenzo Gerace; la sua biblioteca è pertanto una delle più difficilmente circoscrivibili, e non solo per questo motivo. Si consideri che i gusti di lettore del Gerace, seppur mantenendosi grosso modo sempre negli ambiti letterario, filosofico e storico, furono eclettici e, conformemente al suo credo poetico, indirizzati non alla produzione contemporanea, ma alle opere di tradizione: la sua collezione non è quindi neppure individuabile istituendo tra le edizioni rigorosi limiti contenutistici o cronologici. A ciò si aggiunga che il poeta riservò ai suoi libri trattamenti assai difformi: gli esemplari furono in parte postillati fittamente (e con svariate modalità), in parte lasciati intonsi; in parte rilegati e in parte smembrati per conservarne solo i fascicoli di interesse; furono fruiti intensamente o letti per qualche pagina e poi ignorati.

Ciò si spiega certamente col fatto che la biblioteca è uno dei pochi nuclei del fondo in cui si conservano anche tracce del periodo di gioventù del poeta e dove quindi si rispecchia una trasformazione nel tempo di interessi e approcci. Per percepire appieno la natura composita della raccolta bisogna però considerare anche che il rapporto che Gerace ebbe con l‟oggetto-libro (e più in generale il suo rapporto con il versante materiale del prodotto intellettuale e letterario) fu spesso svagato, impulsivo e disattento alle questioni dell‟ordinamento, della custodia e della trasmissibilità. Se da un lato questa relazione tutta personale con i volumi impreziosisce alcuni esemplari di interessanti informazioni biografiche o di commenti personali sinceri e non filtrati, dall‟altro è difficile determinare in che misura il grado eccezionale di precarietà e le lacune riscontrabili in larga parte degli esemplari siano attribuibili alle vicissitudini legate al passare del tempo e alle manipolazioni attuate da terzi, e quanto invece su di

16 Cfr. M138, M153, M175. 17 Cfr. M34. 18 Cfr. M137. 19

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XXX

esso abbiano influito le mani esuberanti e distratte del nostro poeta20. È dunque necessario, per poter decifrare alcune strane evidenze offerte dagli esemplari e per spiegarsi il perché di misteriose lacune, tenere sempre a mente lo stato composito e frammentario dell‟insieme, che si palesa nella sezione della biblioteca dedicata a Vincenzo più che nelle altre.

A Vincenzo sono certamente ascrivibili 43 esemplari; è presumibile che suoi furono anche numerosi tra i volumi intonsi presenti nella biblioteca, in special modo quelli di argomento letterario editi nel decennio 1920-1930. I pezzi vanno a costituire una raccolta variegata sia nei contenuti, che nelle date di pubblicazione; se ne possono tuttavia rilevare alcune caratteristiche ricorrenti e isolare zone in certa misura omogenee.

Come evidenziato nell‟analisi dei libri di Giovambattista Gerace, un nucleo della raccolta di Vincenzo è costituito da volumi pervenuti dalla biblioteca paterna, o comunque con questa condivisi in epoca giovanile, riconoscibili per la particolare tipologia di legatura21 o per l‟adozione di accorgimenti specifici di questo periodo: sono infatti di lettura giovanile gli unici esemplari con segnalazione esplicita di possesso22 ed è inoltre distinguibile un deciso mutamento nei tratti tra la calligrafia di questa epoca e quella matura. Possiamo quindi identificare come letture “di formazione” per Vincenzo alcune opere classiche di carattere storico-religioso23 e letterario24; si rileva al riguardo una strutturata riflessione scritta da Vincenzo nel 1894 sulla controguardia di un volume paterno25, dove si attesta il maturare di un gusto letterario sempre più esclusivamente rivolto verso i classici della tradizione italiana.

Vincenzo non fu per tutta la vita un annotatore costante: il suo approccio al libro fu spesso fugace e selettivo. A volte gli esemplari gli sono attribuibili da pochi segni: la numerazione affiancata ai versi di una poesia26, o le correzioni a refusi di stampa27.

20

E della moglie. È emblematica in questo senso una piccola collezione di frontespizi estrapolati da copie con dedica che scrittori amici ed estimatori del Gerace avevano proposto alla sua attenzione (cfr. V41-54), che fa presumere un atteggiamento più interessato al complimento da parte dell‟autore che al risultato delle di lui fatiche, o comunque all‟integrità dell‟esemplare.

21

Probabilmente fu Giovambattista a far rilegare per Vincenzo alcuni esemplari antichi o di pregio, su cui ricorre la stessa specie di legatura adottata per la biblioteca del magistrato, ma che, come detto, esibiscono le iniziali «V. G.» nella parte inferiore del dorso. Cfr. per es. M9, M20, M85.

22 Cfr., per es., M9 e M65. 23 Cfr. M9, M13, M20, M120. 24 Cfr. M65, M83, M111. 25 Cfr. M13. 26 Cfr. per es. M123.

(25)

LA BIBLIOTECA

XXXI

Altre, il poeta instaurò un fitto dialogo con l‟opera e ne arricchì le pagine di commenti e considerazioni28: questa modalità di fruizione fu generalmente adottata per i libri più amati (o biasimati)29, e per quelli che il Gerace propose in saggi e articoli di giornale30. Fatta eccezione per gli esemplari corredati da questi segni, è difficile identificare e delimitare una biblioteca “adulta” del Gerace. In linea di massima si conferma la sua predilezione per le opere di tradizione; l‟universo librario contemporaneo è comunque presente e rappresentato per lo più da raccolte poetiche, saggi letterari e opere di carattere storico e religioso31. Ben individuabile è invece un nutrito gruppo di esemplari con dediche autoriali manoscritte al Gerace, testimone dei rapporti del poeta con i letterati del tempo: si tratta per lo più di raccolte di poesie di autore calabrese o siciliano, edite nel decennio 1920-193032.

Lacune evidenti e inattese sono invece riscontrabili nella sezione delle pubblicazioni monografiche del Gerace: non compaiono infatti nella biblioteca molte tra le edizioni di opere del poeta, inclusi il romanzo La Grazia33, la selezione di saggi La tradizione e la moderna barbarie34 e la raccolta di poesie La fontana nella foresta35, unanimemente collocata al vertice della sua parabola artistica36.

27

Cfr. per es. M7. Per l‟attribuzione di questi pezzi è di aiuto il tratto della mano del Gerace, facilmente identificabile.

28

Cfr. per es. M24. 29

Come esempio, indichiamo i laconici ma pungenti commenti alle poesie del poco stimato D‟Annunzio, espressi dal Gerace nelle annotazioni a margine di un esemplare delle Laudi (cfr. M40). Tra gli autori più amati, Giacomo Leopardi (cfr. M49).

30

Si segnalano le postille a un saggio di Adriano Tilgher in: Adriano Tilgher, Studi sul teatro

contemporaneo. Roma: Libreria di scienze e lettere, 1923. (Cfr. M159). Le teorie estetico-letterarie

espresse da Adriano Tilgher furono duramente attaccate dal Gerace in una serie di articoli apparsi su «Il Popolo» nel 1923 (cfr. P136-138).

31

Cfr. per es. M78 e M169. Le letture di Vincenzo furono più ampie di quelle attestate nella biblioteca. Spesso, infatti, Gerace cita nei suoi scritti i libri prediletti o parla dei suoi studi. Ne La Grazia egli procede ad una dettagliata descrizione della biblioteca del protagonista Lorenzo, con ogni probabilità specchio della raccolta giovanile dell‟autore (pp. 46-47).

32

Per gli esemplari con dedica autoriale al Gerace cfr. M5, M26, M36, M52, M55, M57, M61, M71, M86, M167, C32. Generalmente questo materiale si presenta in un buono stato di conservazione, che può essere attribuibile ad una funzione più “rappresentativa” che d‟uso riservata loro dal poeta.

33

Vincenzo Gerace, La Grazia. Napoli: Ricciardi, 1911. 34

Vincenzo Gerace, La tradizione e la moderna barbarie. Prose critiche e filosofiche. Foligno: F. Campitelli, 1927.

35

Vincenzo Gerace, La fontana nella foresta. Milano: Mondadori, 1928. 36

Vincenzo e Giulia Gerace lamentarono spesso l‟assenza di tali volumi dalla loro biblioteca, dovuta all‟insufficiente numero di esemplari di cui le case editrici li avevano provvisti. Per una lista delle opere del e sul Gerace, accompagnata dall‟indicazione delle edizioni reperibili nel fondo, si veda la relativa Bibliografia.

(26)

XXXII

Giulia Becciani

Di Giulia, che i quaderni e le carte manoscritte rivelano scrittrice dilettante e lettrice poliglotta, rimangono nei libri ben poche tracce. È ipotizzabile che i volumi della biblioteca a lei in qualche modo riferibili non rappresentino che uno scorcio della sua collezione reale, che potrebbe non averla seguita per intero nella casa coniugale; è poi da considerare che, dopo il matrimonio, Giulia uniformò i suoi gusti letterari a quelli del marito e che quindi i coniugi condivisero verosimilmente anche la fruizione di molti dei libri di casa.

A lei si attribuiscono per la presenza di indicazioni di possesso o di annotazioni manoscritte 4 esemplari: si tratta edizioni di fine XIX - inizio XX secolo di opere letterarie37 e di manuali per lo studio delle lingue38. Un settore della biblioteca che non può che attribuirsi al possesso della sola Giulia è poi naturalmente quello delle pubblicazioni di poesia e critica letteraria edite negli anni immediatamente successivi alla morte di Vincenzo, nel maggio 1930. Si tratta di un numero abbastanza cospicuo di esemplari (circa 15): alcuni furono ricevuti in dono da letterati amici del defunto, che non di rado accompagnarono l‟omaggio con dediche manoscritte alla vedova sconsolata39. Senza dubbio fu sempre Giulia a immettere nella raccolta gli esemplari delle pubblicazioni edite in occasione delle commemorazioni alla morte del Gerace e gli studi critici a lui dedicati40.

Non compaiono nel fondo esemplari delle pubblicazioni attribuibili specificamente a

37 Cfr. M126-127. 38 Cfr. M69, M109. 39

In questa ideale sottosezione possiamo collocare l‟esemplare n. 1 di Per la luce degli oscuri (cfr. M25), che l‟autore Giuseppe Cartella Gelardi consegnò a Giulia subito dopo la pubblicazione. Nella dedica egli la prega di inchiodare il volume alla scrivania del defunto; a prova della sollecitudine di Giulia nell‟adempimento di tale bizzarra richiesta, quatto fori agli angoli di ogni carta. Le testimonianze collegate a questa vicenda sono inoltre una spia esemplare dell‟organica correlazione tra biblioteca e archivio personale (o di famiglia): nella corrispondenza a Giulia si conservano infatti una lettera dove il Cartella Gelardi esprimeva per la prima volta il suo eccentrico desiderio (cfr. B16), un foglio di carta velina che custodiva il prezioso volume e su cui Cartella Gelardi registrò dettagliate istruzioni per il corretto svolgimento dell‟operazione di inchiodatura (cfr. B17), e una lettera dalla casa editrice l‟Impronta, che sottolineava la volontà del Cartella Gelardi di presentare personalmente a Giulia il primo esemplare dell‟edizione (cfr. B67). Altri esemplari con dedica a Giulia sono: M70, M84, M101-103, M174.

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Riferimenti

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