• Non ci sono risultati.

Panoramica sull’Eolico

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Panoramica sull’Eolico"

Copied!
32
0
0

Testo completo

(1)

1

Capitolo 1

Panoramica sull’Eolico

1.1 Fonti energetiche rinnovabili

Il decreto legislativo italiano n.387 del 29/12/2003, in base alla direttiva 2001/77/CE del Parlamento Europeo, con finalità di promozione ed incentivazione, definisce in maniera chiara che cosa si intende per fonti energetiche rinnovabili non fossili: esse sono il solare, l’eolica, la geotermica, del moto ondoso, la mare-motrice, l’idraulica, le biomasse, i gas di scarica, i gas residuati dai processi di depurazione ed i biogas. In particolare, per biomasse si intende la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura, dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali ed urbani. Negli anni successivi, la precedente definizione ha subito, dal punto di vista legislativo, numerose modifiche, sia in campo nazionale che europeo, su cosa si dovesse intendere per biomassa, in relazione alla sua conversione in energia elettrica piuttosto che in biocarburanti. Per questo motivo, il termine biomassa si può trovare con diverse estensioni, a seconda della destinazione di uso (produzione di energia elettrica, produzione di combustibili): questa distinzione è rilevante sia da un punto di vista di accessibilità ad incentivi, statali od europei, che da un punto di vista autorizzativo in chiave ambientale.

Da un punto di vista non strettamente legislativo, per fonte energetica rinnovabile è comunemente inteso quella il cui utilizzo non ne pregiudica la sua disponibilità nel futuro, e questo la rende comune materia di ricerca mondiale.

Le fonti energetiche rinnovabili esistenti vengono comunemente suddivise in due categorie sulla base degli anni in cui si sono affermate sul mercato: si distinguono, infatti, in fonti rinnovabili “classiche” e “nuove”. Per classiche, si intendono quelle fonti di energia che

(2)

2 presero piede fin dall’inizio dell’età industriale, ovvero l’idroelettrico ed il geotermico. Per quanto riguarda il primo, le centrali idroelettriche hanno il vantaggio di poter durare molto a lungo, anche per più di 100 anni, essere molto pulite e generare pochissime emissioni. Le centrali geotermiche, utilizzabili esclusivamente in alcune zone del pianeta, tra cui l’Italia, hanno il vantaggio di poter funzionare per 24 ore al giorno, ad un costo di produzione molto basso. Per nuove, invece, si intendono quelle fonti di energia che si sono affermate sul mercato solo negli ultimi anni, ovvero il solare, l’eolico ed i biocarburanti. Le prime forme di generazione solare sono stati i sistemi di riscaldamento, dove si sfruttava il calore del sole per riscaldare acqua, piscine o ambienti; successivamente, grazie all’avvento dei pannelli fotovoltaici, si è iniziato a produrre energia elettrica, prima per piccole zone isolate, per poi passare, per i grandi impianti, al collegamento alla rete di distruzione. L’eolico è forse la fonte con più potenziale di sviluppo, poiché, nonostante i costi crollati negli ultimi anni, si sono riscontrati notevoli ostacoli al posizionamento delle turbine eoliche per motivi estetici paesaggistici, soprattutto nelle zone più favorevoli, riuscendo attualmente a coprire soltanto l’1% del fabbisogno di energia mondiale. Infine, i biocarburanti stanno trovando spazio nei paesi in via di sviluppo, come ad esempio i paesi del Sud America, riuscendo a coprire, come nel caso del Brasile, il 18% del carburante automobilistico, raggiungendo di fatto la completa autosufficienza petrolifera.

Oltre alle fonti ormai già affermate e competitive, ce ne sono ancora tante altre allo stadio di ipotesi o in fase di sviluppo e non saranno regolamentate finché non sarà chiaro il loro costo a regime e/o il loro reale potenziale sul fabbisogno di energia elettrica globale, in sostituzione alle tradizionali fonti di energia fossile e nucleare. Petrolio, gas naturale, carbone e fonti nucleari, come l’uranio, sono destinati ad esaurirsi con conseguente aumento graduale di prezzo dell’energia, in quanto la domanda globale è in costante crescita. Un altro fattore da tener di conto è quello ambientale, ovvero dell’emissione di anidride carbonica (CO2), che provoca il surriscaldamento del pianeta arrivato negli ultimi anni a livelli record, e di inquinanti dannosi per la salute come ossidi di zolfo, ossidi di azoto, polveri sottili ecc.

In questo scenario si inseriscono le fonti rinnovabili, inesauribili in quanto sfruttano il sole, il vento o la forza dell’acqua, e che non rilasciano nell’atmosfera né anidride carbonica né inquinanti per la produzione di energia; per questo, difatti, sono anche denominate fonti energetiche pulite. Nonostante questi notevoli vantaggi, ci sono però due grossi problemi

(3)

3 che hanno impedito a queste fonti negli anni di diffondersi in larga scala, ovvero l’efficienza ed i costi di produzione. Per quanto riguarda la prima, è ancora oggetto di discussione il fatto che sia realmente possibile coprire completamente il fabbisogno mondiale di energia solo con quella prodotta da fonti rinnovabili, soprattutto nei paesi maggiormente industrializzati o in fase di sviluppo. Questo è dovuto principalmente all’aleatorietà che ne lega la disponibilità solo in certi periodi dell’anno, in modo particolare il solare e l’eolico nei mesi più caldi, piuttosto che nei mesi più freddi; sarebbero necessarie grandi infrastrutture di stoccaggio di energia, come bacini idroelettrici o grandi accumulatori elettrochimici, oppure un ripensamento globale delle reti elettriche, ponendo un numero maggiore di centrali più piccole e più vicine ai centri abitati, riducendo al minimo anche lo spreco di energia legato alla distribuzione sul territorio. Sono sempre più frequenti infatti i cosiddetti impianti di micro – generazione, ovvero piccoli impianti domestici, che possano coprire il fabbisogno energetico di una singola abitazione o di un gruppo di abitazioni. La loro mancata diffusione su larga scala è dovuta al secondo problema citato in precedenza, ovvero i costi: questi impianti risultano essere decisamente troppo onerosi per un bilancio familiare medio, arrivando a costare svariate migliaia di euro, e dove il ritorno economico dall’investimento è stimato nelle migliori delle ipotesi, in una ventina d’anni. Per questo motivo, in questi ultimi tempi, si è assistito a numerose forme di incentivazione all’istallazione di questi impianti, mediante erogazione di appositi fondi da parte della Comunità Europea, dello Stato e delle regioni Italiane. A conclusione di questa panoramica generale sulle fonti rinnovabili, diamo uno sguardo ai benefici economici che possono avere famiglie ed aziende per l’installazione di impianti privati di produzione di energia elettrica: sono essenzialmente due, cumulabili tra loro, ovvero gli incentivi e la vendita dell’energia generata o la valorizzazione dell’autoconsumo. I principali incentivi, non cumulabili, sono il Conto Energia, i Certificati Verdi e Tariffa Omnicomprensiva, che si applicano ciascuno solo per determinate fonti rinnovabili e per impianti al di sopra, o al di sotto, di una certa potenza elettrica. La tabella seguente (Tab. 1.1) mostra in sintesi gli incentivi per tipologie d’impianto.

Il Conto Energia è un sistema d’incentivazione che premia l’energia effettivamente prodotta dal proprio impianto solare fotovoltaico, a prescindere dal suo uso, autoconsumo o vendita sul mercato.

(4)

4 BENEFICIO ECONOMICO IMPIANTI 1-20 KW IMPIANTI 20-200 KW IMPIANTI 200KW -1MW IMPIANTI > 1 MW

Conto Energia (fotovoltaico e solare) Sì Sì Sì Sì

Certificati Verdi (solare escluso) Sì (se > 1MWh/anno)

Sì Sì Sì

Scambio sul posto Sì Sì No No

Cessione in rete Sì Sì Sì Sì

Tariffa Omnicomprensiva Sì Sì Sì (eolico escl.) No

Tabella 1.1 – Benefici Economici

L’esatta tariffa incentivante varia a seconda della taglia dell’impianto, senza limiti di potenza, e del livello di integrazione architettonica, totalmente, parzialmente o non integrato. L’importo riconosciuto, erogato dal Gestore dei Servizi Elettrici (GSE), è pari alla produzione annuale dell’impianto (in kWh) moltiplicato alla tariffa applicabile (€/kWh), consultabile tramite GSE. I Certificati Verdi sono una forma di incentivazione dell’energia elettrica ricavata da fonti rinnovabili, esclusi solare e biomasse, che può essere richiesta per 15 anni dai produttori di energia in possesso di partita Iva; essi consentono di ottenere un premio in denaro per tutta l’energia prodotta, divisa in pacchetti minimi di 1MWh/anno, includendo così anche impianti di piccola taglia. Per Cessione in rete s’intende della vendita in rete, cioè al GSE oppure ad altri sul mercato libero, dell’energia prodotta che eccede il proprio eventuale autoconsumo annuo; questa cessione, totale o parziale, è possibile solo per impianti di potenza nominale media annua superiore a 1kW. Inoltre, la cessione in rete non è cumulabile con lo Scambio sul posto, che invece è un semplice meccanismo di tipo compensativo tra energia prelevata e ceduta alla rete: in pratica, la rete funziona come una batteria di accumulo infinitamente grande dell’energia prodotta ma non immediatamente auto consumata, capace di restituire l’energia in seguito per soddisfare i propri consumi. Le eccedenze di produzione rispetto a quanto consumato, misurate da un apposito contatore bidirezionale e valorizzate a fine anno al prezzo della zona in cui è collocato l’impianto, non sono liquidabili ma utilizzabili l’anno successivo.

(5)

5 Lo scambio sul posto è l’unica scelta possibile per le abitazioni private, cioè senza partita Iva, e conviene preferirlo alla cessione in rete dell’energia se si produce tanta energia quanta se ne consuma, o non molto di più; è fruibile solo per impianti di potenza nominale non superiori a 200kW ed è cumulabile con l’incentivo Conto Energia. La Tariffa

Omnicomprensiva è una tariffa fissa riservata ai produttori di energia che comprende sia la

componente incentivante che l’acquisto dell’energia elettrica da parte del GSE per ogni kWh prodotto e immerso nella rete. Essa è alternativa ai Certificati Verdi per tutti quegli impianti che non beneficiano di incentivi pubblici; può essere rivista ogni 3 anni nel valore con Decreto Ministeriale. Non possono accedere alla tariffa i soggetti privi di partita Iva ed alcune fonti come il solare, l’eolico (con potenza superiore a 200kW) nonché le biomasse ed il biogas. Infine, sono a disposizione dei Premi Aggiuntivi per tutti coloro che effettuano dei lavori sugli edifici volti al risparmio energetico di almeno il 10% o se l’edificio è nuovo e certificato; si possono sommare anche altri finanziamenti pubblici, purché questi non superino il 20% del valore dell’investimento necessario al realizzazione dell’impianto.

1.2 L’energia Eolica

L’energia eolica è, insieme all’idroelettrica, una delle più antiche forme di energia rinnovabile scoperte dall’uomo ed ancora oggi usate. In passato, la forza del vento veniva utilizzata immediatamente sul posto come energia motrice per applicazioni industriali, tipicamente per il movimento di ingranaggi; attualmente, questa forza è, quasi nella totalità dei casi, sfruttata per la generazione di energia elettrica, tramite una centrale eolica che ne svolge la conversione.

Il movimento dell’aria è causato dalle differenze di temperatura presenti nelle diverse zone del pianeta ed a differenze altitudini; conoscerne la velocità, risulta estremamente importante per sapere la quantità di energia contenuto in esso. Ad una data velocità del vento, dunque, corrisponde una determinata energia immagazzinata e, di conseguenza, una determinata energia elettrica producibile per via eolica. La cosiddetta Legge di Betz, derivata per via matematica dall’omonimo fisico nel 1919, dice che è possibile convertire in elettricità al massimo il 60% dell’energia cinetica contenuta nel vento, poiché la turbina

(6)

6 stessa devia parte di esso. Inoltre, considerando limiti ingegneristici e perdite elettriche, l’efficienza di conversione in elettricità di una turbina eolica è, in generale, inferiore a tale coefficiente. La potenza del vento la si può calcolare attraverso l’equazione seguente:

dove ρ è la densità dell’aria pari a 1.22Kg/m3, A è l’area del generatore in metri quadri, V è la velocità del vento in m/s. Come si può notare dalla formula, la potenza del vento è funzione del cubo della velocità del vento, quindi piccoli aumenti nella velocità del vento producono cospicui aumenti della potenza; si può avere un’idea dalla Fig.1.1, che mostra la potenza del vento per metro quadro in funzione della velocità.

Figura 1.1 – Potenza del vento per metro quadro in funzione della velocità

La curva, rappresentata in Fig.1.1, è detta curva di potenza o anche profilo di potenza, ed esprime la potenza elettrica realmente erogata dalla turbina ai vari regimi di vento.

(7)

7 Il vento, come si sa, non è regolare e per stimare la produzione di energia di una turbina eolica non basta conoscerne la velocità media, bensì è importante possedere dei dati precisi relativi alle diverse velocità del vento che, insieme, determinano la media. Infatti, a seconda delle zone, il vento può essere più o meno variabile, dando però come risultato la stessa media. Per cui, per stimare correttamente la produzione di energia di una turbina, occorre conoscere due parametri: la velocità media del vento e il cosiddetto fattore k di Weibull. Il coefficiente di Weibull, che prende il nome dall’omonimo ingegnere svedese che lo ha introdotto, descrive la distribuzione di probabilità delle diverse velocità del vento, ovvero ad ogni valore di k corrisponde una diversa distribuzione, anche a parità di velocità media. Nella tabella seguente (Tab.1.2), sono riportati i fattori k corrispondenti ai principali gradi di variabilità del vento. Il fattore di Weibull è estremamente importante e non si può ignorare quando si va ad analizzare un potenziale sito d’installazione di una turbina eolica: il perché si può facilmente intuire dal breve esempio seguente.

TIPO DI VENTI E ZONA CARATTERISTICA FATTORE K DI WEIBULL

Molto variabili – Montagna 2

Variabili – Collina 2.5

Abbastanza Regolari – Aperta campagna 3

Regolari – Zone costiere 3.5

Molto regolari – Isole 4

Tabella 1.2 – I coefficienti k di Weibull tipici sulle tipologie di venti e di zone geografiche

Prendiamo in considerazione due siti, con medesima velocità media pari a 5 m/s, ma con diverso grado di variabilità di vento, ovvero uno con una velocità sempre costante nelle 24 ore pari a 5 m/s, mentre l’altro con velocità di 10 m/s nelle prime 12 ore ed assenza completa nelle rimanenti 12 ore. (Fig.1.2)

(8)

8 Si è considerato una superficie di 10 m2 ed un’efficienza del 30%; continuando con l’analisi, si moltiplica per il tempo, ottenendo:

Come si può facilmente vedere, la potenza del secondo sito risulta essere quattro volte maggiore rispetto alla potenza del primo. Questo semplice esempio ha illustrato quanto sia importante la scelta di un sito per l’installazione di un impianto eolico: è necessario effettuare un adeguato programma di misurazioni anemometriche e di analisi, allo scopo di predire la producibilità energetica attesa nell’arco della vita operativa dell’impianto, ed individuare il tipo di turbina più indicato per le condizioni di ventosità specifiche caratteristiche di un determinato sito. Oltre a velocità media e distribuzione della velocità, gioca un ruolo significativo, soprattutto per impianti di una certa dimensione, anche la

turbolenza del vento, cioè le variazioni di alta frequenza della velocità del vento, dovute ad

che in un anno corrispondono a

che in un anno corrispondono a

t [h] V [m/s] 5 V [m/s] t [h] 10 12 Sito 1 Sito 2

Figura 1.2 – Ventosità dei due siti

(9)

9 ostacoli superficiali ed a effetti termici. La turbolenza perturba il normale flusso del vento sulla turbina e l’energia elettrica prodotta da quest’ultima potrebbe essere inferiore a quanto stimato in fase preliminare; inoltre, alti livelli di turbolenza, provocano un grado superiore di stress e di usura della turbina, riducendone la vita operativa. D’altra parte, la turbolenza è un fenomeno complesso e, per poterla rappresentare, bisogna tener di conto di molti fattori, quali la temperatura, la pressione, la densità, l’umidità e il moto nelle 3 dimensioni dell’aria. Il processo può venire rappresentato in maniera deterministica con un insieme di equazioni differenziali alle quali si applicano certe condizioni di iniziali; tuttavia, piccole differenze nelle condizioni iniziali, possono produrre grandi differenze nelle previsioni. Per questo motivo, si preferisce approcciare al problema della turbolenza da un punto di vista statistico, introducendo un certo grado di aleatorietà nel calcolo. Riassumendo, la scelta di un sito il più possibile appropriato è il primo passo e, per fa ciò, è necessario avere a disposizione i seguenti dati: la velocità media annua, la velocità massima del vento, la distribuzione della velocità del vento, l’intensità della turbolenza, l’inclinazione del flusso del vento, il livello di wind shear e l’indicatore di terreno complesso. L’inclinazione del flusso del vento è un parametro che determina l’angolo fra la direzione del vento e la perpendicolare al rotore, che non deve superare i +/- 8°C in qualsiasi direzione. Il livello di wind shear è la variazione della velocità del vento lungo un piano perpendicolare alla direzione del vento; esso è dovuto sia al normale aumento della velocità del vento con l’altezza dal suolo, sia all’azione ostruttiva di eventuali ostacoli, quali edifici, alberi ecc. Infine, l’indicatore di terreno complesso caratterizza i terreni che, per la loro particolare natura, possono portare a campi di flusso del vento altamente localizzati; un terreno complesso, infatti, può produrre una turbolenza ed elevati carichi sulle pale di una turbina, influendone sulle prestazioni. Una volta avuto il quadro completo del sito, attraverso i suoi parametri, è possibile costruirne un esauriente modello topografico, in modo da procedere al secondo passo della progettazione, ovvero la scelta della turbina eolica: sulla base delle simulazioni, verrà scelta la turbina con caratteristiche tali da ottenere il miglior rendimento.

Le turbine eoliche sono progettate per lavorare in determinate condizioni specifiche: durante la fase di progettazione e di costruzione in fabbrica, vengono fatte delle ipotesi sulle condizioni del vento alle quali saranno esposte. Per facilitarne la scelta, in relazione alle caratteristiche del sito candidato per l’installazione, attraverso i suoi dati misurati in

(10)

10 loco, la Commissione Elettrotecnica Internazionale (CEI) classifica le turbine eoliche in varie classi: esiste, dunque, una corrispondenza ben definita fra la ventosità del sito e le specifiche della turbina, come si può vedere dalla tabella seguente. (Tab.1.3)

CLASSE I II III IV

Velocità di riferimento [m/s] 50 42.5 37.5 30

Velocità media annua [m/s] 10 8.5 7.5 6

Raffica di vento in 50 anni [m/s] 70 59.5 52.5 42

Raffica di vento in 1 anno [m/s] 52.5 44.6 39.4 31.5

Turbolenza “A” Alto Alto Alto Alto

Turbolenza “B” Basso Basso Basso Basso

Tabella 1.3 – Classificazione CEI delle turbine eoliche

La classificazione CEI identifica quattro classi di turbine corrispondenti ad altrettante condizioni di ventosità di un sito, con numero identificativo che cresce al diminuire della velocità del vento. Tuttavia, esiste una quinta classe, generalmente indicata con la lettera S, nella quale i parametri del vento sono specificati dal costruttore della turbina, progettate ad hoc per particolari siti. Una seconda classificazione riguarda la struttura del rotore, uno degli elementi che costituisce la turbina, della sua collocazione nel flusso d’aria e la forma delle pale. Si distinguono le turbine ad asse orizzontale ed ad asse verticale, con riferimento all’asse di rotazione delle pale, che può essere parallelo o perpendicolare al suolo. Attualmente, le sole turbine per il medio e grande eolico, ovvero per gli impianti che forniscono un’energia da 200kW in su, disponibili commercialmente sono solo quelle ad asse orizzontale, mentre per microeolico e minieolico si possono trovare anche una varietà di turbine ad asse verticale. Il rotore è l’elemento della turbina che ha il compito di catturare l’energia dal vento, attraverso le sue pale; è connesso all’albero motore principale, che lo collega al generatore elettrico, solitamente con un sistema di trasmissione che moltiplica il numero di giri al minuto. Esistono vari tipi di rotore, il più comune per il grande eolico è il tripala, ma ve ne sono anche altre tipologie, come il bipala o il multipala,

(11)

11 con differente efficienza aerodinamica, rumorosità e esteticità. La grandezza del rotore è un fattore determinante, perché, come visto prima, più grande è la pala e maggiore è l’energia cinetica del vento che si può catturare: l’area che compariva nel calcolo precedente è nota come superficie spazzata, ovvero è l’area effettivamente ricoperta dalle pale nel loro moto rotatorio. (Fig.1.3)

Figura 1.3 – La Superficie Spazzata dalle pale del rotore

Le pale dei grandi rotori ad asse orizzontale utilizzano un design che sfrutta l’effetto di

portanza, lo stesso usato dagli aerei: il profilo della sezione di una pala eolica è simile a

quello dell’ala di un aereo, e si crea una spinta differenziale a causa della diversa pressione dell’aria fra il primo piatto ed il lato arrotondato della pala. Se la pala è orientata con il giusto angolo, questo sollevamento fa ruotare la pala anziché farla salire verso l’alto. Questo effetto è sfruttabile sia nel caso in cui il rotore è puntato in direzione del vento, condizione di sopravento (Fig.1.4a), sia nel caso in cui il vento giunge sul rotore dal di dietro, incontrando prima la torre di sostegno della turbina, condizione di sottovento. (Fig.1.4b)

Superficie Spazzata (A)

(12)

12 Figura 1.4 – Turbina in condizioni di sopravento (a) e sottovento (b)

Un altro parametro importante per un rotore è il tip speed ratio (TSR) ovvero il rapporto tra la velocità della punta di una pala e la velocità del vento: più questo rapporto è alto e più veloce risulta la rotazione del rotore ad una determinata velocità del vento. Le turbine che sfruttano l’effetto di portanza hanno TSR massimi di circa 10 e, per questi valori, la velocità di rotazione può arrivare anche a 500 km/h. Per quanto riguarda il materiale, le pale del rotore possono essere fatte da materiali compositi, quali la più economica fibra di vetro, oppure la più resistente e costosa fibra di carbonio, oppure plastica e legno rinforzato. Le pale, infatti, devono essere resistenti, ma allo stesso tempo il più leggere possibile per minimizzare gli stress strutturali alle quali sono sottoposte, che contribuiscono alla loro usura: il peso di un rotore, infatti, cresce con il cubo del suo raggio, diventando tanto più importante quanto più la turbina è grande.

Il rotore è internamente connesso al generatore, il dispositivo che utilizza l’energia cinetica del rotore per trasformarla in energia elettrica: può essere prodotta in corrente continua (DC) o in corrente alternata (AC). Nel primo caso, la corrente potrà essere accumulata in batterie e, nel caso, poi tramutata in alternata a 230 V con un inverter; nel secondo caso, la turbina è progettata per essere connessa direttamente alla rete, grazie

(13)

13 all’uso di un alternatore, che produce corrente alla frequenza di 50 Hz (frequenza di rete), e di un trasformatore per elevare la tensione a quella di rete. I generatori, normalmente, richiedono dalle 1200 alle 1800 rivoluzioni per minuto (RPM) per operare in modo efficiente. Tuttavia, le rivoluzioni per minuto di un rotore eolico sono di solito comprese tra 40 e 400, per cui si trova tra il rotore ed il generatore la cosiddetta scatola del cambio, contenete ingranaggi di moltiplica. A volte, per i generatori più grandi, la scatola del cambio non è presente, mostrando un collegamento diretto fra rotore e generatore: questi sistemi vengono chiamati ad azionamento diretto.

Una volta azionata, la turbina eolica deve poter rallentare il suo modo, fino a fermarsi, anche per permettere le comuni azioni di manutenzione; per questo sono presenti anche dei

sistemi di frenatura, di tre possibili tipi. Il primo è di tipo aerodinamico: nelle grandi

turbine, le punte delle pale possono essere ruotate un po’ come gli alettoni di un aereo, esercitando un’azione frenante, mentre nelle piccole turbine, un sistema passivo orienta il rotore parallelamente al vento, in modo che non eserciti più la sua forza. Il secondo sistema può essere di tipo meccanico, cioè un freno a disco posto sull’albero che collega il rotore agli ingranaggi di moltiplica. Infine, si può trovare un sistema di frenatura di tipo elettrico, realizzati in modo da connettere in cortocircuito, per breve tempo, i fili di uscita del generatore, trasformando così l’energia in calore. In genere, le grandi turbine hanno un sistema automatico, indipendente dal sistema di controllo, che attiva la frenatura aerodinamica se la velocità delle pale supera una certa soglia, e un sistema di frenatura meccanico in caso di disconnessione dalla rete elettrica.

1.3 Il minieolico ed il microeolico

Per minieolico s’intende un impianto caratterizzato da taglie di potenza intermedia fra il

microeolico ed il grande eolico: in pratica, una potenza compresa tra i 20kW ed i 200kW.

Tali soglie non sono casuali poiché ognuna di esse rappresenta un limite ben specifico: infatti, oltre i 20kW è necessario avere una registrazione di “officina elettrica” all’Ufficio Tecnico di Finanza (UTF), mentre 200kW è il limite superiore per poter accedere all’incentivo statale di Tariffa Omnicomprensiva. Il minieolico è di norma impiegato in

(14)

14 impianti connessi in rete, eventualmente inserito in sistemi ibridi, ad esempio sistemi fotovoltaico – eolico, per coprire meglio la curva dei consumi e poter usufruire dei migliori incentivi. Questi impianti risultano adatti ai fabbisogni energetici sia di piccole e medie industrie, sia di utenze commerciali ed agricole di consistenti dimensioni.

Come abbiamo introdotto precedentemente, il minieolico utilizza aerogeneratori sia ad asse orizzontale (eolico orizzontale) sia ad asse verticale (eolico verticale), e, nonostante abbiano raggiunto in questi anni livelli di rendimento soddisfacenti, sono ancora oggi oggetto di perfezionamento tecnologico ed estetico. Come regola generale, le turbine di queste dimensioni sono sempre poste in condizioni di sopravento e la torre di sostegno deve superare di circa 10 metri ogni ostacolo posto nel raggio di 100 metri. In genere, si preferisce non installare questi impianti sui tetti degli edifici, a causa delle forti vibrazioni e del forte rumore che provocherebbero all’interno dell’edificio stesso; pertanto, di solito, i rotori sono montati su appositi tralicci fissati nel terreno all’interno di zone agricole, industriali o artigianali. Per questo motivo, cioè grazie al poco spazio occupato a terra, il minieolico si è sviluppato tantissimo negli ultimi tempi, soprattutto per chi non dispone di ampie superfici e per le aziende agricole che non vogliono (o non possono) sottrarre terreno ad altri utilizzi. Inoltre, presenta una maggiore compatibilità ambientale dal punto di vista paesaggistico ed una più facile integrazione nel territorio, riconosciuto anche a livello amministrativo: difatti, sotto i 60kW di potenza (questa soglia può variare da regione a regione), l’impianto è soggetto ad un iter autorizzativo semplificato che prevede la sola “Dichiarazione di Inizio Attività” (DIA), mentre per potenze maggiori occorre l’”Autorizzazione Unica” (AU). Il principale fattore determinante per l’elevata e recente diffusione di questi impianti è quello economico: infatti, con l’incentivo della Tariffa Omnicomprensiva, che include anche il prezzo di vendita dell’energia, il tempo di rientro dall’investimento fatto è stimato in circa 5 anni, se il sito scelto garantisce un vento medio annuo di almeno 5 m/s. La spinta dunque è principalmente di tipo economico, dettata dalla voglia di svincolarsi dalle aziende di fornitura di energia elettrica con l’autoproduzione, nonché dalla volontà di realizzare un piccolo investimento per il futuro. Per quanto riguarda la situazione Italiana, le aree dove ad oggi sono maggiormente diffusi gli impianti minieolici, sono quelle dove si è già sviluppato il grande eolico, ovvero le località tipicamente più ventose come le regioni del Sud Italia, le isole, ma anche le Alpi e alcune zone dell’Appennino.

(15)

15 Il microeolico è l’eolico caratterizzato da piccole taglie di potenza, in pratica comprese fra 0 e 20kW. Può essere impiegato per l’alimentazione di sistemi autonomi, cosiddetti

stand-alone (Fig.1.5): sono sistemi non connessi alla rete elettrica esterna, nei quali l’energia

prodotta viene auto-consumata immediatamente oppure accumulata in batterie. Un sistema di controllo regola l’energia che entra ed esce dalle batterie, un inverter trasforma la corrente continua in alternata alla tensione di rete ed un eventuale sistema elettrogeno di riserva che sopperisce all’eventuale mancanza di vento in certi periodi.

Figura 1.5 – Sistemi stand-alone

Il microeolico può anche essere impiegato per la connessione in rete (grid-connected), e questa tipologia permette di accedere agli incentivi, anche per potenze di poche centinaia di watt. In generale, gli impianti microeolici risultano adatti ai fabbisogni energetici sia di abitazioni private che di utenze commerciali ed agricole di piccole dimensioni.

Come per il caso del minieolico, gli aerogeneratori possono essere sia ad asse verticale che orizzontale, con i primi più adatti ad un ambiente urbano ed ai regimi di vento tipici di un

turbina microeolica

autoconsumo

sistema controllo batterie inverter

(16)

16 contesto cittadino, solitamente turbolenti, con vento di direzione e portata molto variabili. (Fig.1.6)

Figura 1.6 – L’eolico orizzontale (a) e l’eolico verticale (b)

L’eolico verticale non ha bisogno di orientamento, in quanto offre al vento la superficie utile in un arco di 360° e possono rappresentare una soluzione competitiva interessante per condomini, edifici e terrazzi. (Fig.1.6b) Infatti, questi generatori non necessitano di una torre di sostegno per distanziare le pale dal suolo o dal tetto, il che ne rende facile il montaggio e minimo l’impatto estetico sull’edificio. In genere sono macchine tecnologicamente molto semplici, robuste e compatte, con un tempo di vita medio di circa 20 anni. Di contro, c’è da dire che hanno un’efficienza nella conversione in energia elettrica del vento del 50% inferiore rispetto all’eolico orizzontale, non essendo montati su una torre non possono avvantaggiarsi dei venti più forti che spirano ad altezze dal suolo più elevate e, nel complesso, il prezzo a kW risulta più alto, considerando in aggiunta i costi di manutenzione. diametro rotore pale generatore a b coda/timone pale generatore diametro rotore

(17)

17 L’eolico orizzontale è particolarmente indicato per gli spazi aperti, poiché le pale devono essere posizionate sempre perpendicolari al vento e questo lo rende poco competitivo nel contesto cittadino, ma estremamente vantaggioso in aree agricole. (Fig.1.6a) In aggiunta ai componenti usati nel grande eolico, troviamo la coda o timone, una sorta di pinna che ha il compito di supportare l’orientamento del rotore alle condizioni ideali di lavoro. Si ricorda l’importanza del diametro del rotore, poiché in linea teorica più è grande, più aumenta la superficie esposta al vento e dunque l’energia prodotta; inoltre, è da tener di conto anche l’altezza della piccola torre a sostegno della turbina, in quanto la velocità del vento cresce, come visto, con l’altezza.

Per concludere, questi impianti risultano essere molto silenziosi e necessitano di pochissima manutenzione, le dimensioni sono molto contenute e l’estetica è particolarmente curata; non necessitano di grosse infrastrutture per la loro installazione e ci sono meno vincoli territoriali sulle distanze che devono rispettare rispetto ad ostacoli circostanti. Il bilancio del ritorno economico fatto in precedenza per gli impianti minieolici vale anche in questo caso, ed i numerosi vantaggi hanno permesso una sempre maggiore richiesta di impianti di questa taglia, in realtà domestiche e residenziali, in ambito urbano ed in zone di campagna o di montagna.

(18)

18

Capitolo 2

Il Mercato del Microeolico

Negli ultimi anni le fonti energetiche rinnovabili, ed in particolare l’eolico, in piccola scala, hanno subito una forte impennata di richieste da parte di aziende e di privati per l’installazione di impianti per l’autoproduzione di energia elettrica per la propria attività e abitazione. A fronte di tanta richiesta, il mercato ha risposto e si è assistito alla nascita di numerose imprese che hanno investito in questo settore: il risultato che abbiamo oggi è una vastissima gamma di prodotti, di cui cercheremo di darne una panoramica sommaria, illustrandone gli aspetti principali.

2.1 Tipologie di installazione

Le tipologie di installazione di questi impianti sono già state enunciate nel capitolo precedente ed in questa sezione si provvederà a darne una descrizione più dettagliata, specificando tutti i componenti presenti e le loro funzionalità.

La prima tipologia è la cosiddetta stand-alone o impianto ad isola: l’edificio non viene connesso alla rete di distribuzione e l’impianto microeolico risulta essere l’unica fonte di energia elettrica, svincolandosi così dalle varie compagnie di fornitura di energia elettrica. In genere, a causa dell’aleatorietà sulla disponibilità del vento, l’impianto microeolico non è quasi mai l’unica fonte di energia presente e viene, di consueto, accompagnato da altri impianti, quali ad esempio fotovoltaici o di cogenerazione a combustibile. Oltre al motivo del risparmio economico, conseguenza dell’indipendenza elettrica ottenuta, questa tipologia d’impianti è invece fondamentale per tutte quelle zone non raggiungibili dalla rete di distribuzione o dove l’installazione di essa non sarebbe conveniente, come ad

(19)

19 esempio stazioni meteorologiche, rifugi di montagna o casolari di campagna. Vediamo di quali elementi è composta la stand-alone, attraverso la Fig.1.7. Sulla funzionalità dell’aerogeneratore abbiamo ampiamente discusso nel capitolo precedente, per cui ci esumeremo da spiegazioni; il regolatore di carica, accompagnato o incluso al sistema di

frenatura, è un apparecchio elettronico che regola la ricarica e la scarica degli

accumulatori, interrompendo la ricarica ad accumulatore pieno e controllando di rado la sicurezza dell’impianto in qualsiasi condizione ambientale; gli accumulatori sono i magazzini dell’energia prodotta dall’impianto, fornendola quando il generatore non è in grado di produrla per mancanza di vento; l’inverter trasforma la corrente continua proveniente dal generatore e/o dagli accumulatori in corrente alternata convenzionale a 230V / 400V (se alcune applicazioni necessitano di una alimentazione a corrente continua, questo componente viene omesso dallo schema); infine, il sistema di produzione ausiliario, in figura rappresentato da un pannello fotovoltaico in coppia col proprio regolatore, che può essere attivato in caso mancanza di vento od in caso di accumulatore scarico.

Figura 1.7 – Tipologia stand-alone o impianto ad isola

inverter ad isola utenza sistemi di accumulo solar controller pannello fotovoltaico aerogeneratore regolatore di carica / sistemi di frenatura sistema di controllo

(20)

20 La seconda tipologia d’installazione è la cosiddetta grid-connected o connessione di rete: l’impianto è direttamente connesso alla rete di distribuzione, che può avere una duplice funzione, ovvero fornire energia in caso di mancanza di vento oppure ricevere energia in caso di eccedenza. Talvolta, sono presenti anche dei sistemi di accumulo locali per cercare di rendersi ancora più indipendenti dalle compagnie di fornitura di energia elettrica, in altre parole per vendere soltanto l’energia in eccesso senza comprarla, il tutto per un miglior risparmio (e guadagno) economico. Vediamo dunque queste due varianti con i loro componenti nelle figure seguenti Fig.1.8 e Fig.1.9.

Figura 1.8 – Tipologia grid-connected senza sistemi di accumulo

La corrente alternata, proveniente dal generatore, non può essere immessa nella rete direttamente ed è necessario che venga raddrizzata: questo viene eseguito dal

raddrizzatore; il sistema di frenatura, ovviamente presente anche in queste tipologie,

garantisce la sicurezza dell’impianto in qualsiasi condizione ambientale; l’inverter ha le

inverter per immissione in rete aerogeneratore raddrizzatore / sistemi di frenatura utenza contatore rete di distribuzione elettrica quadro d’interfaccia e controllo

(21)

21 stesse funzionalità della tipologia stand-alone, con la differenza che la corrente convertita, dopo un filtraggio, è immersa nella rete, passando attraverso un quadro d’interfaccia ed il

contatore, che misura sia la quantità di energia consumata dalle utenze sia la quantità di

energia ceduta (prodotta e non consumata). La rete di distribuzione per il sistema non è altro che un enorme sistema di accumulo, nel quale io posso immagazzinare una infinita quantità di energia e al contempo prelevarla in un qualsiasi momento. Come è facile intuire, in questo caso si è fortemente vincolati alle tariffe di compravendita della società di fornitura in questione, a meno che non si sia sottoscritto l’incentivo di Tariffa Omnicomprensiva.

Figura 1.9 – Tipologia grid-connected con sistemi di accumulo

In questa configurazione, è presente un sistema di accumulo per immagazzinare localmente l’energia ed un sistema di controllo per regolare il flusso dall’impianto verso le rete o

aerogeneratore raddrizzatore / sistemi di frenatura sistemi di accumulo inverter generico utenza sistema di controllo contatore rete di distribuzione elettrica

(22)

22 viceversa. L’intento di questa tipologia d’impianti, rispetto al precedente, è quello di svincolarsi maggiormente dalla rete, accrescendo i guadagni ricavati dalla vendita dell’energia prodotta in eccesso, ovvero ad accumulatore pieno.

2.2 Aerogeneratori

Le numerosissime proposte, che si possono trovare sul mercato, possono essere classificate in due categorie principali, delle quali abbiamo parlato nel precedente capitolo, ovvero aerogeneratori ad asse orizzontale ed ad asse verticale: i primi particolarmente indicati per uno spazio aperto e libero da ostacoli, mentre i secondi maggiormente adatti ad un contesto cittadino.

Iniziamo la panoramica del mercato con gli aerogeneratori ad asse orizzontale, ovviamente parziale data la vastità di prodotti, osservando la seguenti figure Fig.1.10 (a) (b) (c):

Figura 1.10 (a) – Aerogeneratori ad asse orizzontale

(23)

23 Figura 1.10 (b) – Aerogeneratori ad asse orizzontale

Ogni azienda, citata sotto il proprio prodotto, dello stesso modello mette a disposizione diverse varianti, a seconda principalmente della potenza nominale del generatore in condizioni standard di vento, che ovviamente dipende dalla grandezza del diametro dell’area spazzata dalle pale. Questi due parametri sono normalmente accompagnati da altri svariati parametri caratteristici dell’impianto, quali ad esempio la massima potenza d’uscita, la tensione d’uscita, il tipo di generatore, il numero, materiale e diametro delle pale, il tipo di orientamento, il peso e l’eventuale conformità di qualità ISO. Oltre alle caratteristiche dell’aerogeneratore, di norma vengono esposte anche quelle della torre che la accompagna, in particolare vengono specificate altezza, peso, numero di tiranti, grandezza della base e grandezza complessiva dell’intero blocco.

Figura 1.10 (c) – Aerogeneratori ad asse orizzontale

Layer Electronics Braun

(24)

24 Un altro parametro, tenuto molto in considerazione, è il rumore prodotto dall’aerogeneratore, poiché, essendo principalmente installati in zone isolate e poco rumorose, potrebbe risultare fastidioso a chi abita nelle vicinanze: per ognuno di essi, infatti, si può trovare la curva di rumore ovvero il rumore, espresso in decibel, in funzione della velocità del vento o della velocità di rotazione delle pale.

Per quanto riguarda gli aerogeneratori ad asse verticale è il design a farla da padrone, cercando soluzioni sempre più originali e visivamente più gradevoli: rispetto all’altra tipologia, di struttura più rigida e standard, questa risulta più libera e la fantasia dei progettisti ha prodotto numerose varianti, delle quali si può avere un’idea guardando le figure seguenti Fig.1.11 (a) (b) (c).

Figura 1.11 (a) - Aerogeneratori ad asse verticale

Figura 1.11 (b) - Aerogeneratori ad asse verticale

Step Energy Ropatec

(25)

25 Figura 1.11 (c) - Aerogeneratori ad asse verticale

Anche in questo caso, per ogni tipo di aerogeneratore, si possono trovare tutti i parametri utili per la caratterizzazione del prodotto; sono in gran parte identici ai precedenti, con la differenza che in questo caso, l’asse di rotazione è verticale e l’area spazzata dalle pale non può essere considerata allo stesso modo.

A conclusione di questa panoramica, citiamo una tipologia di aerogeneratore molto particolare, che non rientra in nessuna delle due categorie precedenti in quanto sprovvista di turbina.

Figura 1.12 – Winbelt e relativo funzionamento

oscillazione della membrana

(26)

26 Infatti, questo dispositivo, noto con il nome di Windbelt, sfrutta le vibrazioni autoeccitate, indotte dal distacco periodico di vortici di von Kàrmàn: questo fenomeno di instabilità aeroelastica è anche noto con il nome di flutter, che causò il famoso crollo del ponte di Tacoma nel 1940. Del flutter è ben nota la sua enorme forza distruttiva, ma lo studio ha portato a scoprire che può essere anche un meccanismo utile e potente per catturare il vento, anche senza l’utilizzo di turbine.

Il dispositivo è formato da una membrana tesa (Fig.1.12) che subisce un’oscillazione molto simile a quello che succede quanto si fa fischiare un filo d’erba, tenendolo alle estremità e soffiandoci.

Il secondo passo è la conversione di questa oscillazione in energia elettrica, che avviene mediante l’uso dei generatori lineari appositamente progettati. Di questi dispositivi ne esistono varie versioni: la micro, che può produrre al massimo 200 Wh ed è ottima per l’alimentazione di sensori o lampade a led; la media e la large, studiate per l’esigenza di utenze isolate e quindi paragonabili agli impianti microeolici di qui sopra, con potenze dell’ordine della decina di Wattora. Questa nuova tecnologia è ancora in fase di sviluppo, ma sta trovando grande spazio soprattutto nel mercato asiatico, Cina e Giappone in primis, grazie all’installazione di numerosi prototipi, e se raggiungerà dei risultati soddisfacenti, potrebbe diventare una delle tecnologie di generazione di energia elettrica del futuro.

2.3 Inverter

L’inverter è un componente fondamentale in tutti questi tipi di sistemi, in quanto converte la corrente continua proveniente direttamente dal generatore o dalle batterie in corrente continua alla tensione di rete di 230 V. In passato, questi dispositivi erano inefficienti e poco affidabili, mentre gli inverter della generazione attuale sono molto efficienti ed affidabili, riuscendo ad arrivare ad una percentuale di efficienza del 97%. I parametri fondamentali per valutarne le caratteristiche sono principalmente tre: la potenza continua, espressa in Watt, cioè la quantità di energia che viene fornita in modo continuo; la potenza di picco, ovvero quanta potenza e per quanto tempo può essere fornita per avviare motori o altri carichi; l’efficienza, in altre parole quanta dell’energia fornita all’ingresso del

(27)

27 dispositivo è effettivamente disponibile in uscita. Come visto nel primo paragrafo di questo capitolo, l’inverter deve essere scelto in base alla tipologia d’installazione dell’impianto, ovvero esistono dispositivi appositamente progettati per impianti stand-alone ed altri progettati per l’immissione dell’energia nella rete di distribuzione: questa differenza è sottile ma importante, poiché alcuni produttori di inverter, conglomerano in un unico oggetto la funzione di inverter e di controllore di carica delle batterie.

Sul fronte mercato, gli inverter per impianti di generazione di energia elettrica da fonte eolica non sono molto diffusi: infatti, se ne trovano tantissimi adatti progettati appositamente per impianti fotovoltaici, che non sempre possono essere utilizzati anche per l’eolico. A conferma di ciò, citiamo l’azienda SMA, una delle aziende leader di produzione di inverter solari, che solo ultimamente ha inserito nel proprio listino gli Windy Boy, inverter appositi per energia eolica. (Fig.1.13)

Figura 1.13 – Inverter sul mercato (esempi)

In figura, è riportato anche un esempio di inverter solare, il Windmaster 500 della MasterVolt, adattabile anche per gli impianti eolici e molto usato, tant’è che si possono trovare delle offerte di impianti completi preconfezionati che includono questo dispositivo. In generale, gli inverter sono dispositivi molto delicati ed hanno bisogno di numerosi componenti aggiuntivi per poter operare in maniera efficiente e sicura, come ad esempio: cavi speciali di grande taglia per il collegamento con la batteria, indispensabili a causa dell’elevata corrente circolante, pena il rischio d’incendi od uno sfruttamento solo parziale

(28)

28 delle potenzialità del dispositivo; una protezione contro le sovracorrenti continue in ingresso, realizzata attraverso fusibili od altri dispositivi di interruzione; uno shunt, ovvero una resistenza posta sul polo negativo del circuito a corrente continua che va alle batterie e che permette di misurare la corrente che fluisce tra il sistema di accumulo e l’inverter; una protezione contro le sovracorrenti alternate in uscita.

2.4 Sistemi di accumulo

In questo paragrafo, daremo una panoramica dei sistemi di accumulo già in uso o in fase di studio per le reti elettriche. Per poter differenziare un sistema dall’altro, è necessario definire i parametri caratteristici tipici di questi sistemi: densità di energia e di potenza, efficienza energetica in carica e scarica, auto scarica, tempi di carica e scarica, vita utile, tempi di realizzazione, affidabilità, materiali utilizzati, costo e sicurezza nell’uso, nella realizzazione e nell’eventuale smaltimento. Questi parametri diventano criteri di valutazione in fase di progettazione e scelta del sistema di accumulo, che prevalentemente mirano a favorire gli aspetti economici ed anche ambientali.

La scelta più comune per immagazzinare energia elettrica prodotta da fonti di energia rinnovabile, ed in particolare in questo caso da un impianto microeolico, è quella di utilizzare batterie; ci sono studi e prove sulle più svariate combinazioni chimiche, alcune in fase pre-commerciale, altre in fase iniziale di sviluppo con simulazioni teoricamente molto promettenti, come ad esempio le Ni-NaCl, celle sodio-nickel cloruro funzionanti a caldo, già installate su prototipi auto e mezzi pubblici. Ad ogni modo, le principali sono batterie al Litio, Nichel-Cadmio, Piombo, Nichel-Zinco, Zinco-Bromo, Metallo-Aria, ognuna con caratteristiche più o meno vantaggiose a seconda dell’applicazione. La batteria al Litio è commercialmente l’ultima ad essersi insediata sul mercato e, nonostante raggiunge già prestazioni soddisfacenti, è ancora oggetto di ricerca e sviluppo: ne esistono più versioni che differiscono tra loro per materiali elettrodici e/o elettrolitici, ma aventi tutti a comune lo stesso ione portatore di carica, ovvero lo ione Litio Li+. Queste batterie hanno guadagnato negli ultimi anni elevatissime quote di mercato, soprattutto

(29)

29 nell’elettronica di consumo, ma anche negli impianti di generazione di energia come sistemi di accumulo.

Per alcune applicazioni, le batterie possono essere affiancate o anche sostituite da altri sistemi di accumulo, che andremo brevemente ad elencare. Il primo è il sistema di accumulo ad aria compressa, estremamente vantaggioso nella sua capacità di accumulo; in genere, l’aria, elaborata da un compressore, viene stoccata in serbatoi sotterranei per poi essere successivamente riutilizzata. Il secondo prevede l’uso dei supercapacitori o

supercondensatori, ovvero condensatori in serie a doppio strato elettrico (EDL). La

versione più semplice è formata da due elettrodi polarizzabili, un separatore ed un elettrolita: il campo elettrico è immagazzinato nelle interfacce tra l’elettrolita e gli elettrodi, le cariche elettriche si dispongono all’interfaccia elettrodo/elettrolita del SC in modo fisico e non si hanno processi chimici di ossidoriduzione. I vantaggi di questi dispositivi sono l’elevata densità di potenza e la grande durata: la quantità di carica accumulabile è limitata e dipende dalla superficie di interfaccia elettrodo – elettrolita. Difatti la ricerca si sta muovendo proprio nella direzione di aumentare l’area superficiale degli elettrodi, sviluppando materiali contenenti nano tubi di carbonio oppure da film di carbonio nano strutturato. Dal punto di vista della durata, questi dispositivi non sono soggetti ad usura, se li confrontiamo con le batterie, poiché possono sopportare più di 500000 cicli di carica e scarica, con una durata minima di 10 anni, senza modifiche sostanziali di capacità. Un altro sistema di accumulo prevede l’uso di superconduttori, ovvero basato sull’accumulo di energia in forma di campo magnetico per mezzo di potenti magneti superconduttivi. Questa tecnologia sta trovando sempre più spazio nel mercato, e, a conferma di ciò, citiamo l’installazione di due di questi impianti presso lo stabilimento di Agrate (Milano) di STMicroelectronics a protezione dei macchinari di produzione di chip dagli abbassamenti di tensione.

Infine, a conclusione di questa panoramica, citiamo i sistemi di accumulo ad idrogeno, che hanno un paragrafo a parte, dato il diretto coinvolgimento in questo progetto.

(30)

30

2.5 Accumulatori ad Idrogeno

L’energia prodotta dall’impianto microeolico può essere utilizzata per alimentare sistemi di produzione di celle a combustibile (fuel cells) ad idrogeno. Una possibile applicazione può essere quella rappresentata in Fig.1.14. L’idrogeno, prodotto dall’elettrolizzatore, viene immagazzinato in serbatoi, che possono essere costituiti da spugne metalliche, chiamate metallidruri, capaci di assorbire grandi quantità di idrogeno a basse pressioni e rilasciarlo in modo progressivo. Inoltre, è una fonte di energia che può essere utilizzata, come detto, per produrre corrente elettrica mediante celle a combustibile, ma anche calore come gas combustibile o moto attraverso l’iniezione in un motore termico.

Figura 1.14 – Applicazione accumulatore ad Idrogeno

L’elettrolisi dell’acqua è un processo elettrolitico nel quale il passaggio di corrente elettrica causa la decomposizione dell’acqua (H2O) in ossigeno (O2) ed idrogeno (H2) gassosi. La cella elettrolitica è in genere composta da due elettrodi di un metallo inerte, immersi in una soluzione elettrolitica e connessi ad una sorgente di corrente. Le versioni commerciali più

aerogeneratore

elettrolizzatore

utenza

FUEL CELL

(31)

31 diffuse sono due: il primo, maggiormente utilizzato perché meno costoso, è l’elettrolizzatore alcalino, con elettrolita molto concentrato quale il KOH; nel secondo, vengono utilizzati catalizzatori a base di metalli preziosi come il Platino e l’Iridio, il che li rende più costosi e di conseguenza meno diffusi.

Brevemente, vediamo le semireazioni che si vengono a creare rispettivamente al catodo e all’anodo:

che sommate producono la reazione completa seguente:

Si formerà quindi un volume di idrogeno quasi doppio del volume di ossigeno. L’enorme problema di questa reazione è che non è spontanea, poiché l’energia libera di Gibbs per il processo in condizioni standard è di 474.4 kJ: per questo motivo, bisogna provvedere all’aggiunta di un elettrolita nella soluzione ed ovviamente alla somministrazione di energia dall’esterno, con l’applicazione di un potenziale elettrico agli elettrodi. Una volta prodotto, l’idrogeno può essere stoccato in pile o celle che permettono di ottenere energia elettrica direttamente senza che avvenga alcun processo di combustione termica. Infatti, la pila a combustibile è sostanzialmente diversa da una batteria standard, poiché la batteria è un sistema di stoccaggio e di conversione dell’energia, mentre la pila è solo un convertitore di energia. La pila, dunque, può funzionare indefinitamente fintanto che viene fornito nuovo combustibile. Il principio che sta alla base è quello delle generazione diretta di una forza elettromotrice per mezzo di una reazione elettrochimica: tale reazione, si basa sull’idea di spezzare le molecole del combustibile in ioni positivi ed elettroni, con

(32)

32 quest’ultimi che, passando per un circuito esterno, forniscono una corrente elettrica proporzionale alla velocità della reazione chimica. L’idrogeno è un combustibile perfetto per questo tipo di reazione, poiché la sua molecola è costituita da due atomi legati da un legame debole e risulta, quindi, facilmente ionizzabile.

Negli ultimi anni, si sono sviluppati molteplici sistemi alimentati con fuel cells ad idrogeno, dei quali citiamo svariati prototipi di autovetture targati Mercedes, BMW, Fiat e Hyundai, prototipi di velivoli di Boeing e EADS (ovvero Airbus, Eurofighter, Eurocopter), motori per imbarcazioni e per veicoli terrestri. Ciò che ne ha fortemente frenato la distribuzione e lo sviluppo in larga scala è la produzione del combustibile, molto costosa e difficilmente trasportabile. La ricerca comunque procede, con molti progetti pilota, come ad esempio l’HyFLEET, e non è escluso che possa diventare la fonte combustibile del futuro.

Figura

Tabella 1.1 – Benefici Economici
Figura 1.1 – Potenza del vento per metro quadro in funzione della velocità
Tabella 1.2 – I coefficienti k di Weibull tipici sulle tipologie di venti e di zone geografiche
Figura 1.2 – Ventosità dei due  siti
+7

Riferimenti

Documenti correlati

I corrispettivi relativi ai Servizi di Vendita riferiti ad una famiglia tipo (abitazione di residenza con potenza impegnata 3 kW e consumo annuo di 2700 kWh) e il loro peso

Nella tabella seguente vengono riportate le date di inizio e fine delle attività manutentive effettuate nel corso del 2020; i rapporti di manutenzione sono archiviati in impianto..

Gli interventi antitrust e di regolamentazione sulle posizioni dominanti nel mercato dell’energia elettrica si muovono su un duplice e distinto livello: da un lato, rileva

La carta delle risorse idriche, mostrata nella Figura 14 e allegata al Piano Regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi

le Riserve Naturali e le aree protette d’interesse locale (A.N.P.I.L.), che non comprendono le aree interessate dall’intervento. Nuove aree protette sono istituite

L’energia elettrica prodotta, che non può essere immagazzinata, viene inviata tramite linee elettriche alla rete di.. distribuzione ed a tutte le utenze che

Nel corso della tavola rotonda si farà il punto sullo stato dell’arte dell’eolico nel mondo, sugli ulteriori margini di sviluppo e sul mercato italiano.. Gli operatori

In considerazione di questo valore e dei valori calcolati per i singoli punti sensibili che ricadono in questa fascia possiamo affermare che l’impatto visivo VI è