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IL NOSTRO STUDIO

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Academic year: 2021

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C a p i t o l o I I I

IL NOSTRO STUDIO

3.1 - SCOPO DELLO STUDIO

La Discinesia Ciliare Primaria è una condizione estremamente eterogenea dal punto di vista clinico, che si può considerare come un continuum in cui coesistono fenotipi lievi con modesta alterazione della funzionalità respiratoria e della qualità della vita e fenotipi più severi, gravati da un’importante compromissione della funzionalità respiratoria [125].

Negli ultimi cinque anni, accanto all’enorme sviluppo degli studi sulla genetica della DCP è cresciuto notevolmente anche l’interesse degli esperti del settore per quanto riguarda le correlazioni genotipo-fenotipo di questa condizione, ciò allo scopo non solo di comprendere meglio i meccanismi patogenetici della malattia e la storia naturale (e quindi la prognosi) dei diversi fenotipi, ma anche di giungere a una reale personalizzazione dei trattamenti.

Recentemente, infatti, sono stati pubblicati alcuni studi di correlazione genotipo-fenotipo, in particolare nei soggetti con mutazioni nei geni CCDC39 e CCDC40 [128] e RSPH1 [133], mentre un gruppo belga ha indagato le differenze fenotipiche tra soggetti con DCP ed ultrastruttura ciliare patologica rispetto a quelli con ultrastruttura normale, non rilevandone alcuna [99]. Quest’ultimo studio, sebbene interessante (anche per la numerosità del campione preso in esame), è viziato da un bias sostanziale, dal momento che in questo lavoro vengono considerati in un unico gruppo soggetti con ultrastruttura normale mutati in almeno tre geni diversi (DNAH11, CCDC65 o HYDIN), ciascuno dei quali, però, è potenzialmente responsabile di un diverso pattern di movimento ciliare: è verosimile, quindi, che, sebbene il risultato sul trasporto muco-ciliare sia sempre complessivamente negativo, ciascun caso possa rappresentare un fenotipo unico di malattia.

Di questi tre geni, il primo ad essere stato descritto è il gene DNAH11 [101]: in caso di mutazioni patogenetiche a carico di questo gene, le ciglia respiratorie mostrano un’ultrastruttura normale associata ad un pattern di movimento tipicamente rigido ed ipercinetico.

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Scopo del nostro studio è stato indagare la correlazione genotipo-fenotipo in soggetti in età pediatrica affetti da DCP con mutazioni patogenetiche in DNAH11, paragonandoli ad un gruppo di bambini affetti da DCP con ultrastruttura ciliare patologica.

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3.2 - MATERIALI E METODI

Popolazione dello studio

Per questo studio abbiamo preso in considerazione i soggetti in età pediatrica (≤18 anni) a cui è stata posta diagnosi di DCP presso la Sezione di Broncopneumologia e Allergologia della Clinica Pediatrica dell’Università di Pisa nel periodo compreso tra il primo gennaio 2007 e il 30 aprile 2014: i soggetti, con anamnesi positiva per infezioni respiratorie ricorrenti e/o per difetto della lateralità e/o per distress respiratorio neonatale senza causa apparente e/o per bronchiectasie idiopatiche, erano stati inviati alla nostra osservazione da altri Centri pneumologici pediatrici italiani per eseguire gli accertamenti relativi alla diagnosi di DCP. Tutti i soggetti sono stati valutati a distanza di almeno 4 settimane dall’ultimo episodio infettivo acuto a carico delle vie aeree.

Esami eseguiti per porre diagnosi di DCP

Dopo aver escluso eventuali altre patologie sottostanti l’elevata morbilità respiratoria (mediante l’esecuzione del test del sudore, del dosaggio delle immunoglobuline e dell’alfa-1 antitripsina, della determinazione delle sottopopolazioni linfocitarie e del dosaggio delle IgE specifiche per aeroallergeni), tutti i soggetti sono stati sottoposti alla misurazione dell’nNO seguendo le linee guida internazionali ATS/ERS [67] utilizzando l’analizzatore CLD 88sp (ECO Medics, Duernten, Switzerland): nei bambini non collaboranti l’nNO è stato misurato mediante tecnica del tidal breathing. In tutti i soggetti l’nNO è stato misurato in entrambe le narici ed è stato poi calcolato per ciascun paziente il valore medio delle due misurazioni.

Successivamente, dopo abbondante lavaggio nasale con soluzione fisiologica, è stato eseguito il brushing nasale mediante spazzolino citologico, allo scopo di raccogliere i campioni di mucosa nasale, che sono stati subito posti in sospensione in 2 ml di un mezzo di coltura (Medium 199) e quindi blandamente centrifugati (1.000 giri per un minuto): le cellule sedimentate sono state quindi prelevate con pipetta Pasteur, poste su vetrino con coprioggetto e osservate al microscopio ottico (Diaplan Leitz, Wetzlar, Germany) dotato di contrasto interferenziale di fase secondo Nomarsky e di obiettivo ad immersione (x100) per eseguire l’analisi del movimento ciliare su almeno 30 diversi campi microscopici. Il microscopio è

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connesso ad una videocamera digitale a colori che ha consentito la ripresa in tempo reale delle immagini ad elevato ingrandimento, che vengono inviate ad un elaboratore digitale che permette di migliorarne la qualità di visualizzazione oltre che di archiviarle mediante software computerizzato dedicato.

Quindi, il campione è stato reso idoneo per l’esame morfometrico ultrastrutturale delle ciglia al microscopio elettronico: in particolare, dopo aver eliminato lentamente il sovranatante, la provetta contenente il campione sedimentato è stata inclinata per poi aggiungervi il fissativo (glutaraldeide al 2% e paraformaldeide al 2% in tampone fosfato 0,15M) facendolo scorrere lungo la parete per evitare che le cellule venissero nuovamente sospese. La provetta è stata mantenuta in frigorifero a 4°C per almeno 3 ore; il materiale biologico è stato successivamente post-fissato in osmio tetrossido all’1% più ferrocianuro all’1%, disidratato in alcool a gradazione crescente ed incluso in una miscela di epon-araldite, e quindi inviato presso l'Istituto di Morfologia Umana Normale dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria - Ospedali Riuniti di Ancona dove l’esame al TEM per ciascun paziente è stato eseguito osservando almeno 100 assonemi adeguatamente sezionati e appartenenti ad almeno 10 cellule non adiacenti.

La diagnosi di DCP è stata posta sulla base delle anomalie ultrastrutturali e/o funzionali osservate in percentuali significative nei campioni raccolti, come previsto dalle raccomandazioni europee [34].

Caratteristiche cliniche indagate ed esami strumentali eseguiti

Per eseguire la raccolta anamnestica è stato utilizzato un database specifico nel quale sono state inserite le informazioni relative alla consanguineità dei genitori, all’anamnesi gravidica e alla perinatalità (in particolare peso alla nascita, frequenza e tipo di manifestazioni respiratorie nelle prime due settimane di vita e presenza di distress respiratorio neonatale, definito come difficoltà respiratoria che ha richiesto cure intensive, ossigeno e/o antibiotici per via generale nelle prime 72 ore di vita), alle manifestazioni respiratorie nelle epoche successive (frequenza degli episodi di bronchite, broncopolmonite, otite, in particolare nei primi 5 anni di vita), all’epoca di insorgenza della tosse catarrale cronica e della rinorrea cronica. Dopo la raccolta dell’anamnesi, tutti i soggetti sono stati sottoposti ad esame obiettivo completo.

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In tutti i bambini collaboranti (età ≥ 5 anni) è stato eseguito lo studio della funzionalità respiratoria mediante spirometria (Master Screen Body equipment; Jaeger, Wuerzburg, Germany) e, nei bambini di età ≥ 7 anni, è stata eseguita anche la pletismografia corporea per la valutazione dei volumi statici polmonari. Le prove di funzionalità respiratoria sono state eseguite secondo le linee guida ATS/ERS [136, 137] e, sia per la curva flusso/volume sia per la pletismografia corporea per ciascun paziente sono state eseguite almeno tre manovre riproducibili. Il Volume Espiratorio Forzato nel primo secondo (FEV1), la Capacità Vitale Forzata (FVC), il Flusso Espiratorio Forzato tra il 25% e il 75% della FVC (FEF25-75%), la Capacità Funzionare Residua alla pletismografia corporea (FRCpleth), il Volume Residuo (RV), la Capacità polmonare Totale (TLC) ed il rapporto RV/TLC (indice di Motley) sono stati espressi come percentuale del predetto rispetto ai valori teorici normali Zapletal [138].

In seguito alle prove di funzionalità respiratoria sono stati raccolti per ciascun paziente collaborante due diversi campioni di espettorato per lo studio microbiologico: i campioni sono stati ottenuti mediante espettorazione spontanea o mediante tosse volontaria (in alcuni soggetti dopo fisiochinesiterapia respiratoria con PEP-Mask eseguita a cicli per un totale di 15 minuti). Nei bambini non collaboranti è stato raccolto un campione di aspirato ipofaringeo utilizzando un catetere monouso inserito in faringe per via orale, al mattino e a digiuno.

Nei bambini di età ≥ 5 anni, allo scopo di valutare la severità del danno polmonare e dell’interessamento dei seni paranasali abbiamo raccolto le immagini TC o HRCT del torace e le immagini TC dei seni paranasali eseguite precedentemente in altri Centri (entro un anno dalla nostra valutazione) e abbiamo sottoposto a tali indagini coloro che non le avevano mai eseguite. In particolare, la HRCT del torace è stata eseguita con il medesimo tomografo (Multislice CT; General Electric Medical Systems, Milwaukee, Michigan, USA), facendo assumere a tutti i pazienti la posizione supina e facendo mantenere loro l’apnea alla massima inspirazione, ottenendo sezioni toraciche spesse 1 mm ed intervallate tra loro di 10 mm (100 e 120 kV, 80 e 130 mA). La TC dei seni paranasali è stata eseguita con lo stesso strumento. Tutte le immagini (comprese quelle eseguite in altre sedi) sono state esaminate dallo stesso radiologo (al quale non erano noti i dati clinici dei pazienti). Per quanto riguarda le immagini relative al torace, il radiologo ha assegnato a ogni paziente un punteggio utilizzando il metodo di Bhalla

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muco, ispessimento peribronchiale, alterazioni parenchimali quali consolidamento alveolare ed atelettasie, air-trapping e severità ed estensione delle bronchiectasie (diagnosticate in base al criterio radiologico standard relativo all’aumento del calibro bronchiale rispetto a quello del relativo ramo vascolare arterioso [140]). Per ciascun paziente è stata, infine, calcolata la somma dei punteggi relativi ai singoli parametri in modo da associare al valore numerico risultante una classe di severità corrispondente al complessivo sovvertimento polmonare (classe di severità 1 per un punteggio totale da 0 a 6, classe 2 per un punteggio totale da 7 a 12, classe 3 per un punteggio totale da 13 a 18).

Il grado di infiammazione di ciascun seno paranasale (seno frontale, mascellare, sfenoidale, cellette etmoidali anteriori, cellette etmoidali posteriori e complesso ostio-meatale) di ciascun emilato è stato invece valutato con il sistema Lund - Mackay [141] in cui un punteggio pari a 0 viene assegnato a seni normoareati, un punteggio di 2 viene assegnato a seni paranasali completamente opacati, mentre un punteggio di 1 viene assegnato ai quadri intermedi. Ad ogni soggetto può essere assegnato, quindi, un punteggio massimo di 24. Nei casi di ipoplasia / agenesia dei seni paranasali, lo score è stato modificato in modo da considerare questa caratteristica: lo score coretto è stato ottenuto moltiplicando il punteggio del paziente per 24 e dividendo quindi il risultato per: (24 - 2 * il numero di strutture mancanti). Nei soggetti di età ≥14 anni (in cui la pneumatizzazione dei seni paranasali è generalmente completa) la presenza di aplasia o ipoplasia dei seni è stata stabilita sulla base di criteri recentemente impiegati in adulti con la FC [142], beneficiando di ricostruzioni tridimensionali per meglio valutare la morfologia dei seni in relazione all’età del soggetto. In considerazione degli stadi di sviluppo dei seni paranasali, un ritardo di pneumatizzazione nei bambini di età ≥ 8 anni è stato considerato come ipoplasia, mentre l’assenza di pneumatizzazione nei bambini di età ≥ 10 anni è stata considerata aplasia, sebbene lo sviluppo del seno sfenoidale si ritenga completo solo a 14 anni [47, 143].

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Ricerca delle mutazioni del gene DNAH11

Nei pazienti con ultrastruttura ciliare normale o caratterizzata da alterazioni di tipo secondario a flogosi, dopo aver ottenuto il consenso dei genitori, abbiamo eseguito lo studio mutazionale del gene DNAH11 estraendo il DNA dai linfociti da campione di sangue periferico (prelievo di sangue venoso di circa 5 mL, in EDTA).

Gli 83 esoni codificanti del gene DNAH11 (Ensembl Gene ID: ENSG00000105877) e le regioni fiancheggianti sono stati amplificati tramite la reazione a catena della polimerasi (PCR); le sequenze dei primer sono state disegnate mediante il software Primer3 (http://frodo.wi.mit.edu/cgi-bin/primer3/primer3_www.cgi). I prodotti della PCR sono stati poi analizzati per la ricerca delle mutazioni mediante cromatografia liquida ad alta pressione in condizioni denaturanti (DHPLC - Denaturing High Pressure Liquid Chromatography) (WAVE-MD, Transgenomic Biosystems, Omaha, NE, USA). Il DNA amplificato il cui profilo di eluizione corrispondeva ad un eteroduplex è stato sottoposto ad analisi di sequenza con tecnica di sequenziamento a cicli utilizzando ABI Prism BigDye Terminator Cycle Sequencing ready Reaction Kit v3.1 (Applied Biosystems, Life Technologies, Carlsbad, CA, USA) con il termociclatore BioRad v.4.01.

Tutte le mutazioni identificate sono state ricercate anche in 200 cromosomi di controllo, per escluderle come polimorfismi. Inoltre, in caso di riscontro di mutazioni è stata eseguita, quale test di conferma, l’analisi per lo stato di carrier nei genitori.

Per predire il possibile effetto deleterio delle varianti missenso è stata condotta un’analisi in silico con il programma PolyPhen (http://genetics.bwh.harvard.edu/pph); inoltre è stato valutato se le sostituzioni aminoacidiche fossero presenti in residui aminoacidici evolutivamente conservati tra proteine appartenenti a differenti specie.

Per predire l’effetto delle mutazioni caratterizzate da splicing alterato è stata condotta l’analisi in silico con il programma Splice Site Prediction by Neural Network (http://www.fruitfly.org/seq_tools/splice.html).

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Analisi statistica

Le variabili aventi distribuzione normale (o Gaussiana) sono state espresse come Media (M) ± Deviazione Standard (DS), mentre quelle non aventi una distribuzione normale sono state espresse come Mediana (Me) e Scarto Interquartile (IQR).

La significatività delle differenze tra le medie dei campioni in esame è stata determinata per mezzo del test T di Student in caso di confronto tra due gruppi e dell’analisi della varianza (ANOVA) in caso di confronto tra più di due gruppi, mentre le differenze tra le mediane sono state valutate mediante il test U di Mann - Whitney (Wilcoxon).

La significatività delle differenze tra percentuali (ad esempio nella valutazione della prevalenza delle manifestazioni cliniche tra gruppi di pazienti) è stata determinata con il test del χ² (chi-quadrato) o, in caso di scarsa numerosità del campione, con il test delle probabilità esatte di Fisher.

Dopo aver eseguito l’analisi descrittiva dei soggetti presi in esame sono state verificate le eventuali correlazioni tra i vari parametri in studio: le correlazioni tra le variabili continue non distribuite in modo normale sono state valutate calcolando il coefficiente di correlazione per ranghi di Spearman, mentre per le variabili con distribuzione normale è stato calcolato l’indice di correlazione di Pearson.

La significatività statistica è stata stabilita come valore di p < 0,05.

Tutti i calcoli statistici sono stati eseguiti utilizzando il software SPSS Statistics (Statistical Package for Social Science) Versione 18.0 (IBM Corp., Armonk, NY).

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3.3 - RISULTATI

3.3.a - Popolazione studiata

Nel periodo compreso tra il 1 gennaio 2007 e il 30 aprile 2014 presso la Sezione di Broncopneumologia e Allergologia della Clinica Pediatrica dell’Università di Pisa la diagnosi di Discinesia Ciliare Primaria è stata posta in 75 soggetti di età compresa tra 1 mese e 18 anni (mediana 7,0 anni; IQR 1,5 - 11,3), di cui 42 maschi (56%).

47 pazienti avevano il SVI (62,7%): di questi, 2 avevano anche una polisplenia e 1 presentava destrocardia associata ad isomerismo addominale con fegato disposto in ipocondrio sinistro con lobo sinistro ipertrofico localizzato in ipocondrio destro, fondo gastrico a destra e milza localizzata tra stomaco e rene destro.

La mediana dell’età alla diagnosi nei soggetti con SVI è risultata pari a 4,0 (IQR 3 mesi - 9,6 anni; range 1 mese - 17,7 anni), significativamente più bassa rispetto ai soggetti con Situs Solitus (SS) (mediana 9,4 anni; IQR 6,4 - 12,4 anni; range 3 mesi - 18 anni) (p < 0.004) (Fig. 5).

Figura 5 - Età alla diagnosi nella popolazione studiata: a) numero di diagnosi per anno di età (da notare

il picco nel primo anno di vita, determinato dal riscontro di SVI associato o meno a distress respiratorio neonatale); b) mediana dell’età alla diagnosi nei soggetti con SS e con SVI.

numero di diagnosi età (anni) a) * p < 0.004 b) età (anni)

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Per quanto riguarda il Situs Viscerum Inversus, in 11 casi (23,4%) la diagnosi di tale condizione è stata posta ecograficamente durante la gestazione e in 26 casi nel periodo neonatale (in 24 soggetti a seguito di accertamenti eseguiti per la comparsa di distress respiratorio neonatale o di altri problemi insorti nel periodo perinatale). Tuttavia, in 10 casi (n = 10/47, 21,3%) il SVI è stato invece diagnosticato incidentalmente nelle epoche successive, per lo più nel corso di accertamenti eseguiti per altri motivi (adenoidectomia, broncopolmonite, altro): in particolare 4 soggetti hanno ricevuto la diagnosi di SVI tra i 30 giorni e i 5 anni di vita, 3 tra i 5 e i 10 anni e 3 dopo i 10 anni (Fig. 6). Quattro di questi 10 soggetti hanno anamnesi positiva per distress respiratorio neonatale, il che fa supporre che la radiografia del torace eseguita in tale occasione sia stata inavvertitamente invertita al momento della refertazione.

Figura 6 - Epoca della diagnosi del Situs Viscerum Inversus

Nella popolazione in studio solo quattro pazienti erano affetti da cardiopatie congenite (n = 4/75, 5,3%), di cui uno con SS: l’incidenza globale delle cardiopatie nei pazienti con DCP e SVI è quindi stimabile intorno al 6,4% (n = 3/47), maggiore rispetto al gruppo con SS (n = 1/28, 3,8%), in assenza di significatività statistica tra i due gruppi (p = 0.4) (Fig. 7).

Dei tre pazienti cardiopatici con SVI, uno presentava un difetto interventricolare (DIV) con aorta a cavaliere, un altro presentava DIV, difetto interatriale (DIA) e ritorno venoso polmonare anomalo parziale, e il terzo presentava canale atrioventricolare completo sbilanciato a dominanza destra, trasposizione delle grandi arterie, stenosi valvolare e sottovalvolare

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polmonare; l’unico soggetto con difetto cardiaco associato a SS presentava un DIV sottoaortico. I quattro soggetti con cardiopatia congenita sono stati tutti sottoposti ad interventi chirurgici correttivi della rispettiva cardiopatia entro i cinque anni di vita.

Figura 7 - Incidenza delle cardiopatie congenite

3.3.b - Diagnosi di DCP

Per quanto riguarda la misurazione dell’Ossido Nitrico Nasale, in 64 pazienti (85,3%) sono stati rilevati valori patologici (inferiori al cut-off di 290 ppb): il valore mediano delle misurazioni è risultato pari a 110,2 ppb (IQR 67,2 - 209,5; range 15,2 - 1018).

L’analisi della funzione ciliare al microscopio ottico a contrasto di fase è risultata patologica e quindi compatibile con la diagnosi di DCP in tutti i soggetti: nel 61,3% dei soggetti (n = 46/75) si riscontravano sia ciglia immobili che ciglia mobili ma discinetiche, in percentuali variabili. In 23 soggetti (30,7%) si osservavano ciglia immobili (associate o meno a ciglia con frequenza del battito estremamente ridotta) in una percentuale di campi compresa tra l’80% e il 100%, mentre 6 soggetti (8%) non presentavano ciglia immobili (in questi casi si osservavano, infatti, ciglia mobili e discinetiche in tutti i campi microscopici) (Fig. 8 - a).

Nei 52 soggetti con ciglia mobili il pattern di movimento più frequentemente osservato era caratterizzato da movimenti rigidi, con scarsa escursione, associati a ciglia con movimenti circolari (n = 20/52, 38,5%); nel 30,8% (n = 16/52) dei soggetti si osservavano, invece, movimenti esclusivamente rigidi e normofrequenti, mentre nel 26,9% (n = 14/52) si

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osservavano movimenti rigidi ed ipercinetici (n = 14/52). Solo due soggetti presentavano ciglia con pattern di movimento esclusivamente circolare (3,8%).

Per quanto riguarda l’esame dell’ultrastruttura ciliare, il deficit più frequentemente riscontrato nel nostro campione è l’assenza e/o l’accorciamento dei bracci interni ed esterni di dineina o del solo braccio interno di dineina, riscontrati in 32 soggetti (42,7%), di cui 27 (36%) con deficit di ODA + IDA e 5 (6,7%) con deficit isolato di IDA. In 24 soggetti (32%) si rilevavano alterazioni della coppia centrale: in 20 casi tali anomalie erano associate ad alterazioni del braccio interno di dineina (26,7%) mentre in 4 (5,3%) si osservava l’assenza della coppia centrale. Infine, in 19 soggetti l’ultrastruttura si presentava normale o caratterizzata da alterazioni secondarie a flogosi (25,3%) (Fig. 8 - b).

Figura 8 - Esito dello studio funzionale ed ultrastrutturale delle ciglia respiratorie: a) esito dell’analisi del

movimento ciliare al microscopio ottico a contrasto di fase; b) esito dell’esame morfometrico ultrastrutturale delle ciglia respiratorie al TEM.

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3.3.c - Caratteristiche cliniche della popolazione studiata

Dall’analisi dei dati della raccolta anamnestica, nella popolazione studiata non è emersa alcuna problematica nel periodo gestazionale, ad eccezione di un caso di minacce d’aborto nel primo trimestre; inoltre, in otto casi la madre riferiva una storia di pregressa abortività nel primo trimestre (10,7%). Sedici pazienti sono nati con parto cesareo (4 per mancata progressione della parte presentata, 3 per distocia dinamica, 2 per distacco intempestivo di placenta, 2 per parto gemellare e i restanti per precesarizzazione o scelta materna): di questi, sei sono stati eseguiti tra le 33 e le 35 settimane di gestazione (8%) e tali soggetti rappresentano gli unici nati pretermine della nostra casistica. Tuttavia, tutti i soggetti in studio presentavano alla nascita peso adeguato all’età gestazionale.

Per quanto riguarda le caratteristiche cliniche indagate, notevole è la prevalenza dei sintomi respiratori in epoca precoce. In particolare, il 78,7% dei soggetti ha iniziato a presentare rinorrea cronica e il 66,7% tosse catarrale quotidiana già nel corso del primo anno di vita. Inoltre, escludendo i sei soggetti nati pretermine, il 49,3% (n = 34/69) ha presentato distress respiratorio neonatale senza causa apparente: in tutti questi casi è stata eseguita una radiografia del torace che è risultata patologica nel 26,5% dei soggetti (n = 9/34), con riscontro di una opacità a livello di uno dei campi polmonari superiori nel 66,7% dei casi. La mediana dell’età alla diagnosi nei soggetti con storia di distress respiratorio neonatale (esclusi i sei soggetti pretermine) è risultata pari a 6,5 anni (IQR 3 mesi - 9,4 anni; range 1 mese - 17,7 anni), inferiore rispetto ai soggetti che non lo avevano presentato (8,5 anni, IQR 3,4 -12,7 anni, range 3 mesi - 18 anni), sebbene in assenza di significatività statistica (p = 0.118).

Per quanto riguarda gli episodi infettivi a carico delle vie aeree superiori ed inferiori, nei primi cinque anni di vita il 65,3% dei soggetti ha presentato almeno due episodi di bronchite con o senza broncostruzione, il 38,7% almeno due episodi di broncopolmonite e il 25,3% otiti ricorrenti. Inoltre, al momento della nostra osservazione in 9 soggetti l’esame colturale dell’espettorato o dell’aspirato faringeo è risultato positivo per Pseudomonas aeruginosa (Tab. 2): in questi soggetti l’età mediana è risultata superiore (9,6 anni, IQR 8,5 - 15,4) rispetto a quella dei soggetti con esame colturale negativo (6,0 anni, IQR 1,1 - 10,6) (p = 0.018).

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Distress respiratorio neonatale n (%)

di cui con Rx del torace patologica:

- opacità in 1 campo superiore

- opacità in 1 campo inferiore - pneumotorace

Età alla diagnosi mediana (IQR; range) -Storia di distress respiratorio neonatale -Assenza di distress respiratorio neonatale Rinorrea cronica dal primo anno di vita n (%)

Tosse catarrale quotidiana dal primo anno di vita n (%) Bronchiti ricorrenti, con o senza sibili n (%)

Broncopolmoniti ricorrenti n (%) Otiti ricorrenti n (%)

Coltura positiva per Pseudomonas sp alla diagnosi n (%)

34/69 (49,3%) 9/34 (26,5%) 6/9 (66,7%) 2/9 (22,2%) 1/9 (11,1%) 6,5 (0,3-9,4; 1 mese - 17,7 anni) 8,5 (3,4-12,7; 3 mesi - 18 anni) 59 (78,7%) 50 (66,7%) 49 (65,3%) 29 (38,7%) 19 (25,3%) 9 (12%)

Tabella 2 - Caratteristiche cliniche della popolazione studiata

L’esame spirometrico è stato eseguito in 46 bambini (età: 10,6 ± 3,9 anni): sebbene i parametri ventilatori mostrino mediamente una globale pervietà delle vie aeree (FEV1 %pred: 96,3 ± 16,5; FEV1/FVC %pred: 96,8 ± 11,2), si rilevava anche una marcata riduzione della pervietà a livello delle vie aeree periferiche (FEF25-75% %pred: 77,6 ± 32,3). Da notare, inoltre, che 6 pazienti presentavano FEV1 < 80% (n = 6/46, 13%).

La pletismografia corporea è stata eseguita in 34 bambini (età: 12,3 ± 3,1 anni) e anche in questo caso i parametri misurati confermano la tendenza a presentare precocemente ostruzione a livello delle vie aeree periferiche: in particolare, il Volume Residuo (%pred) è risultato pari a 186,8 ± 56,1 e l’indice di Motley (%pred) è risultato pari a 150,1 ± 28,9.

Le immagini TC del torace sono state invece ottenute e studiate in 46 pazienti con età media pari a 10,5 ± 4,1 anni (in un caso i genitori hanno negato il consenso all’esame): il 71,7% dei pazienti sottoposti a tale indagine presentava bronchiectasie (n = 33/46), di cui il 57,6% bilateralmente (n = 19/33). Le bronchiectasie risultavano localizzate prevalentemente a livello

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del lobo medio (n = 27/33, 81,8%) e dei lobi inferiori (LID 19/33 = 57,6%; LIS 16/33 = 48,5%) (Fig. 9). Molto frequente è anche il riscontro dell’atelettasia del lobo medio e dei segni di air trapping, presenti rispettivamente nel 56,5% (n = 26/33) e nel 54,3% dei soggetti (n = 25/33). Per quanto riguarda lo score di severità secondo il metodo di Bhalla, il punteggio medio è risultato pari a 6,7 ± 3,4: metà del campione è attribuibile alla classe 2 (severità moderata), il 45,6% alla classe 1 (severità lieve) e il 4,4% (2 soggetti) alla classe 3 (severità grave). Lo score del torace non è risultato significativamente correlato all’età (r = 0.116; p = 0.439).

Figura 9 - Localizzazione delle bronchiectasie nei 46 soggetti sottoposti a TC del torace (LSD: Lobo

Superiore Destro; LSS: Lobo Superiore Sinistro; LM: Lobo Medio; LID: Lobo Inferiore Destro; LIS: Lobo Inferiore Sinistro. Le bronchiectasie possono interessare più lobi ed essere variamente combinate nei diversi soggetti)

Infine, le immagini TC dei seni paranasali sono state ottenute e studiate in 47 pazienti (età: 10,6 ± 3,9 anni): in tutti i soggetti è stato rilevato l’ispessimento della mucosa di almeno un seno paranasale mentre un quadro di pansinusite è stato riscontrato nel 59,6% (n = 28/47). Inoltre, il 63,8% (n = 30/47) presentava l’agenesia di almeno un seno paranasale e il 27,6% (n = 13/47) un’ipoplasia di almeno un seno paranasale (Fig. 10). Per quanto riguarda quest’ultima caratteristica, in tutti i casi i seni paranasali interessati erano i seni frontali e/o i seni sfenoidali.

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Lo score dell’interessamento sinusale è risultato pari a 12,2 ± 5,0 e significativamente correlato con l’età (r = 0.320, p = 0.028, CI da 0.036 a 0.556) (Fig. 11).

Cinque pazienti, infine, presentavano poliposi nasale (11,1%).

Figura 10 - Agenesia ed ipoplasia dei seni paranasali nei 47 soggetti sottoposti a TC dei seni paranasali (il grafico si riferisce all’interessamento di almeno un Seno Frontale (SF) e di almeno un Seno

sfenoidale (SSf), le cui alterazioni possono essere variamente combinate nei diversi soggetti)

Figura 11 - Correlazione tra score dell’interessamento sinusale ed età dei soggetti

r = 0.320

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3.3.d - Pazienti con mutazioni nel gene DNAH11

Nei 19 soggetti con ultrastruttura ciliare normale o caratterizzata da alterazioni di tipo secondario a flogosi abbiamo eseguito l’analisi mutazionale del gene DNAH11 rilevando due mutazioni patogenetiche in 17 casi (89,5%): la prevalenza delle mutazioni del gene DNAH11 nella nostra casistica è risultata, quindi, pari a 22,7% (n = 17/75).

In particolare, 15 soggetti presentavano due mutazioni in eterozigosi composta (due sono gemelli monozigoti) e, di questi, nessuno aveva anamnesi positiva per consanguineità dei genitori, mentre entrambi i 2 soggetti con mutazioni in omozigosi avevano i genitori imparentati (rispettivamente cugini di primo e di secondo grado).

Le mutazioni rilevate nei singoli alleli sono di vario tipo: in particolare abbiamo rilevato 13 mutazioni missenso (sostituzione aminoacidica senza formazione di un codone di stop), 10 mutazioni nonsenso (sostituzione aminoacidica con conseguente formazione di un codone di stop), 3 mutazioni di splicing e 1 mutazione di frameshift (con conseguente alterazione dell’mRNA finale) (Tab. 3).

Per descrivere il fenotipo clinico dei pazienti con mutazioni nel gene DNAH11 le loro caratteristiche sono state poste a confronto con quelle dei pazienti con ultrastruttura ciliare patologica, escludendo dall’analisi i due soggetti con ultrastruttura ciliare normale al TEM ma risultati negativi all’analisi mutazionale del gene DNAH11.

Successivamente è stato eseguito il confronto tra i soggetti mutati in DNAH11 e i soggetti con ultrastruttura patologica suddivisi in due gruppi, di cui uno rappresentato dai soggetti con deficit di ODA + IDA o IDA (gruppo “ODA/IDA”) e l’altro dai soggetti con alterazioni della CC associate o meno ad alterazioni di IDA (gruppo “CC”).

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Tabella 3 - Mutazioni nel gene DNAH11 riscontrate nei pazienti con ultrastruttura ciliare normale

Paziente Sesso Esone Cambiamento

nucleotidico Cambiamento proteico Tipo di mutazione Consanguineità e parentela

B. A. M 75 c.12154A>C omozigosi p.T4052P Missenso Genitori cugini

2° grado C. G. F 52 72 c.8433G>A c.11599T>C p.W2811X p.S3867P Nonsenso Missenso C. M. F 54 49 c.8719C>T c.7883T>A p.R2907X p.V2628D Nonsenso Missenso C. A. M 5 23 c.883-1G>A c.4145G>A / p.W1381X Splicing alterato Nonsenso Fratello di C.G. C. G F 5 23 c.883-1G>A c.4145G>A / p.W1381X Splicing alterato

Nonsenso Sorella di C.A.

D. V. F 26 37 c.4591_4595delTAAA c.6151C>T p.L1531HfsX p.R2051X Frameshift Nonsenso D. L. M 37 81 c.6151C>T c.13090C>T p.R2051X p.R4364X Nonsenso Nonsenso F. L. M 42 67 c.6748C>T c.10810C>T p.R2250X p.Q3604X Nonsenso Nonsenso Gemello di F.M. F. M. M 42 67 c.6748C>T c.10810C>T p.R2250X p.Q3604X Nonsenso Nonsenso Gemello di F.L. G. A. M 6 81 c.1148G>A c.13090C>T p.R383Q p.R4364X Missenso Nonsenso G. G. F 43 65 c.7004+1G>A c.10462G>A / p.E3488L Splicing alterato Missenso P. V. F 11 33 c.1949C>G c.5484T>A p.S650X p.V1828V Nonsenso Missenso

P. C. F 62 c.9973C>T omozigosi p.Q3325X Nonsenso Genitori cugini

1° grado P. N. M 38 82 c.6214T>C c.13232C>G p.W2072R p.T4411R Missenso Missenso R. A. F 53 75 c.8542A>G c.12023T>C p.S2848G p.L4008S Missenso Missenso S. A. M 27 41 c.4828C>T C>G a -5 dall’esone 41 p.S1610P / Missenso Splicing alterato W. W. M 50 64 c.8135A>G c.10284G>A p.H2712R p.G3428R Missenso Missenso

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Confronto tra pazienti mutati in DNAH11 e pazienti con ultrastruttura ciliare patologica I 17 soggetti con mutazioni in DNAH11 presentavano età mediana alla diagnosi più elevata rispetto ai soggetti con ultrastruttura patologica, sebbene in assenza di significatività statistica (10,1 anni con IQR 4,9 - 13,8 vs 6,2 anni con IQR 0,8 - 9,7; p = 0.057).

Non è stata rilevata alcuna differenza per quanto concerne la prevalenza del SVI, mentre i due gruppi differiscono per quanto concerne la prevalenza del distress respiratorio neonatale: una volta esclusi i soggetti con storia di prematurità, infatti, tale manifestazione si riscontrava nel 23,5% dei soggetti mutati in DNAH11 (n = 4/17) e nel 60% dei soggetti con ultrastruttura patologica (n = 30/50) (p = 0.009). Tutti i bambini con distress respiratorio neonatale sono stati sottoposti a radiografia del torace: nei soggetti mutati in DNAH11 tale indagine risultava negativa, mentre nei soggetti con ultrastruttura patologica si rilevavano reperti patologici nel 26,7% dei casi (n = 8/30) di cui il più frequente è la presenza di un’area radiopaca a livello di almeno uno dei due lobi superiori (n = 6/8, 75%) (Tab. 4).

Per quanto concerne la morbilità respiratoria, non si rilevavano differenze significative tra i due gruppi per quanto concerne l’epoca di insorgenza della rinorrea e della tosse catarrale così come per quanto riguarda la prevalenza delle infezioni a carico delle vie aeree inferiori. Diversa è risultata, invece, la prevalenza delle otiti ricorrenti, statisticamente più elevata nei soggetti mutati in DNAH11 (n = 10/17, 58,8% vs n = 9/56, 16,1%; p < 0.0001). Anche la prevalenza della poliposi nasale è risultata superiore in questo gruppo di soggetti (n = 2/17, 11,8% vs n = 2/56, 3,6%; p = 0.230). Inoltre, non si apprezzava alcuna differenza statisticamente significativa tra i due gruppi per quanto concerne i livelli di nNO o il numero di soggetti con nNO patologico, così come per quanto riguarda la prevalenza della positività della coltura dell’espettorato o dell’aspirato faringeo per Pseudomonas aeruginosa al momento della diagnosi, sebbene tale germe risulti più frequentemente riscontrato nei soggetti con ultrastruttura patologica (14,3% vs 5,9%, p= 0.675) (Tab. 4). Non si riscontravano differenze tra i gruppi neppure per quanto concerne i parametri delle prove di funzionalità respiratoria.

Per quanto riguarda la valutazione del danno parenchimale, l’esame TC del torace è stato eseguito in 13 soggetti con mutazione in DNAH11 (età media: 9,9 ± 4,0 anni) e in 32 con ultrastruttura ciliare patologica (età media: 11,6 ± 3,5 anni) (p = 0.167).

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Tabella 4 - Confronto tra le caratteristiche cliniche dei soggetti con mutazioni in DNAH11 e quelle dei soggetti con ultrastruttura ciliare patologica

Lo studio delle immagini ha permesso di documentare, inoltre, che non esistono differenze tra i due gruppi per quanto concerne la prevalenza e la distribuzione delle bronchiectasie, mentre è stata rilevata una differenza statisticamente significativa tra lo score di severità del torace, con un impegno che appare meno severo nei soggetti mutati in DNAH11 (score pari a 4,8 ± 2,1) rispetto ai pazienti con ultrastruttura patologica (score pari a 7,4 ± 3,6) (p = 0.005).

In linea con questo riscontro è anche il fatto che, rispetto ai pazienti con ultrastruttura patologica, una percentuale maggiore di soggetti mutati in DNAH11 ha uno score attribuibile

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alla classe di severità 1 (n = 10/13, 76,9% vs n = 11/32, 34,4%), contrariamente a quanto avviene per la classe 2 (n = 3/13, 23,1% vs n = 19/32, 59,4%); nessuno dei soggetti mutati in DNAH11 ha un punteggio attribuibile alla classe 3 (Fig. 12).

Figura 12 - Classi di severità dell’impegno bronchiectasico nei soggetti mutati in DNAH11 e in quelli con ultrastruttura ciliare patologica

Per quanto riguarda l’impegno a carico dei seni paranasali, l’esame TC è stato eseguito in 13 pazienti con mutazioni in DNAH11 (età: 11,6 ± 3,5 anni) e in 33 con ultrastruttura patologica (età: 9,8 ± 3,9 anni) (p = 0.154): non sono state rilevate differenze per quanto concerne la prevalenza dell’ipoplasia o dell’agenesia dei seni, mentre lo score della flogosi è risultato significativamente più elevato nei soggetti mutati in DNAH11 (14,2 ± 3,3) rispetto al gruppo con ultrastruttura ciliare patologica (11,1 ± 5,1) (p = 0.019) (Fig.13), così come la prevalenza della pansinusite (84,6% vs 48,5% con p = 0.044). * p = 0.019 * p = 0.047 n.s. Figura 13 - Score dell’impegno sinusale * p = 0.019

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Confronto tra pazienti mutati in DNAH11 e pazienti con deficit di ODA/IDA o di CC

Allo scopo di studiare in maniera più approfondita le differenze tra i soggetti mutati in DNAH11 e quelli con ultrastruttura ciliare patologica, questi ultimi sono stati suddivisi in due gruppi, di cui uno rappresentato dai soggetti con deficit di ODA + IDA o IDA (gruppo “ODA/IDA”, n = 32) e l’altro dai soggetti con alterazioni della CC associate o meno ad alterazioni di IDA (gruppo “CC”, n = 24).

Non sono state rilevate differenze statisticamente significative tra i tre gruppi per quanto concerne la prevalenza del SVI e l’età alla diagnosi, sebbene quest’ultima sia risultata più elevata nei soggetti mutati in DNAH11 (mediana 10,1 anni, IQR 4,9 - 13,8) sia rispetto al gruppo ODA/IDA (mediana 6,2 anni, IQR 1,4 - 9,7; p = 0.112) sia rispetto al gruppo CC (mediana 6,4 anni, IQR 0,3 - 9,8; p = 0.06).

Analizzando le manifestazioni cliniche è stata rilevata una prevalenza inferiore del distress respiratorio neonatale nel gruppo con mutazioni in DNAH11 (23,5%) sia rispetto al gruppo ODA/IDA (53,1%, p = 0.11) sia rispetto al gruppo CC (62,5%, p = 0.013), così come è stata rilevata una prevalenza maggiore delle manifestazioni ricorrenti a carico dell’orecchio nel gruppo con mutazioni in DNAH11 (58,8%) rispetto al gruppo ODA/IDA (18,7%, p = 0.004) e rispetto al gruppo CC (12,5%, p = 0.003). Una significatività è stata riscontrata anche rispetto alla rinorrea precoce, che risultata meno frequente nei soggetti con deficit di ODA/IDA (65,6%) rispetto al gruppo con alterazioni della CC (91,7%, p = 0.02) e rispetto al gruppo con mutazioni in DNAH11 (88,2%, p = 0.08).

Non sono state rilevate differenze statisticamente significative per quanto riguarda le altre manifestazioni cliniche prese in esame (Tab. 5), né rispetto alle concentrazioni di nNO (Fig. 14). A questo proposito, considerando il cut-off di 290 ppb, nel gruppo con mutazioni in DNAH11 il 76,5% (n = 13/17) dei soggetti aveva valori patologici, nel gruppo CC l’87,5% (n = 21/24) così come nel gruppo ODA/IDA (n = 28/32) (p = 0.65).

In nessuno dei tre gruppi analizzati i parametri delle prove di funzionalità respiratoria sono risultati correlati con l’età dei pazienti. Le caratteristiche emerse dall’analisi di questi parametri nella popolazione globale di pazienti con DCP in studio si confermano anche nei tre gruppi, ovvero con una globale pervietà delle vie aeree e un precoce interessamento delle vie aeree

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Tabella 5 - Confronto tra le caratteristiche cliniche dei soggetti con mutazioni in DNAH11 e quelle dei soggetti con deficit di ODA/IDA e di CC

0 200 400 600 800 1000 DNAH11 ODA/IDA CC

Figura 14 - Valori di nNO (espressi in ppb) nei soggetti dei tre gruppi analizzati

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In particolare i valori di medi del FEV1 (%pred) sono risultati pari a 98,7% ± 18,8% nel gruppo con mutazioni in DNAH11, a 98,9% ± 17,6% nel gruppo ODA/IDA e a 90,2% ± 12,1% nel gruppo CC (p = n.s.), mentre il VR (%pred) è risultato pari a 187,8% ± 34,1% nel gruppo con mutazioni in DNAH11, a 167,1% ± 45,1% nel gruppo ODA/IDA e a 218,9% ± 80,3% nel gruppo CC (p = n.s.) (Tab. 6).

Le uniche differenze statisticamente significative tra i gruppi sono state riscontrate nel FEF25-75%, parametro che esprime l’interessamento delle vie aeree periferiche, e nell’indice di Tiffeneau: in particolare tali parametri sono risultati significativamente peggiori nel gruppo CC rispetto ai soggetti mutati in DNAH11 (rispettivamente FEF25-75% %pred: 53,7% ± 17,2% vs 80,7% ± 31,1%, con p = 0.014 e indice di Tiffeneau %pred: 89,0% ± 9,0% vs 97,6% ± 11,7%, con p = 0.043).

Curva Flusso/Volume DNAH11

(n = 13) ODA + IDA (n = 17) CC (n = 15) p FEV1 (%pred) (M ± DS) FVC (%pred) (M ± DS) FEF25-75% (%pred) (M ± DS) FEV1/ FVC (%pred) (M ± DS) 98,7 ± 18,8 101,5 ± 16,1 80,7 ± 31,1 97,6 ± 11,7 98,9 ± 17,6 97,3 ± 17,4 94,24 ± 31,5 102,5 ± 8,9 90,1 ± 12,0 101,3 ± 9,2 53,7 ± 17,2 89,0 ± 9,0 n.s. n.s. 0.001 n.s.

Pletismografia Corporea DNAH11

(n = 11) ODA + IDA (n = 13) CC (n = 9) p FRCpleth (%pred) (M ± DS) RV (%pred) (M ± DS) TLC (%pred) (M ± DS) RV/TLC (%pred) (M ± DS) 170,6 ± 23,6 187,8 ± 34,1 120,3 ± 15,7 152,6 ± 19,7 146,9 ± 25,6 167,1 ± 45,1 115,8 ± 16,1 139,5 ± 30,4 184,8 ± 50,1 218,9 ± 80,3 127,0 ± 21,2 165,8 ± 31,6 n.s. n.s. n.s. n.s.

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Lo score del torace ottenuto mediante il metodo di Bhalla modificato è risultato significativamente inferiore nei soggetti con mutazioni in DNAH11 (4,9 ± 2,1) rispetto al gruppo ODA/IDA (7,5 ± 4,1; p = 0.028) e rispetto al gruppo CC (7,3 ± 3,1; p = 0.03): infatti, il 76,9% dei soggetti mutati in DNAH11 aveva un punteggio attribuibile alla classe di severità 1, percentuale significativamente superiore rispetto al 35,3% dei soggetti con alterazioni di ODA/IDA (p = 0.019) e al 33,3% dei soggetti con alterazioni della CC (p = 0.03). Allo stesso tempo una minor percentuale di soggetti mutati in DNAH11 aveva un punteggio attribuibile alla classe 2 (23,1%) rispetto ai soggetti del gruppo ODA/IDA (41,2%; p = 0.047) e rispetto ai soggetti del gruppo CC (66,7%; p = 0.03) (Fig. 15).

Non sono state rilevate differenze tra i tre gruppi per quanto riguarda la distribuzione delle bronchiectasie.

Infine, la prevalenza della pansinusite è risultata superiore nei soggetti con mutazione in DNAH11 (84,6%) rispetto al gruppo con deficit di ODA/IDA (33,3%; p = 0.009) e rispetto al gruppo con deficit della CC (66,7%, p = 0.396), mentre lo score dell’interessamento sinusale e la prevalenza della poliposi nasale non sono risultati significativamente diversi tra i tre gruppi.

Figura 15 - Classi di severità alla TC del torace nei tre gruppi analizzati (ANOVA; * = p < 0.05)

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3.4 - DISCUSSIONE

Lo studio presentato in questa tesi è, a nostra conoscenza, il primo dedicato alla correlazione genotipo-fenotipo in soggetti in età pediatrica affetti da DCP con mutazioni nel gene DNAH11.

L’analisi della popolazione studiata, propedeutica all’analisi di questo particolare gruppo di pazienti, ha permesso di raccogliere molte informazioni interessanti: innanzitutto, la prevalenza dei difetti della lateralità è risultata analoga a quella già descritta in Letteratura così come l’età alla diagnosi [17, 37], che nel nostro studio corrisponde a un valore mediano di circa 7 anni, con un significativo ritardo nei soggetti con SS (9,4 anni) rispetto ai soggetti con SVI (4 anni) (p < 0.004). Come noto, infatti, i difetti della lateralità rappresentano un importante pointer per porre il sospetto di questa condizione: a questo proposito, colpisce il fatto che dalla nostra casistica emerga che la diagnosi dello stesso SVI viene posta talora tardivamente, a seguito di accertamenti eseguiti per altri motivi. In particolare, in 10 soggetti della nostra casistica il SVI è stato riscontrato dopo il periodo neonatale (in 6 casi addirittura dopo i 5 anni) e, uno di questi pazienti, presentando distress respiratorio neonatale caratterizzato da pneumotorace diagnosticato alla radiografia del torace, è stato sottoposto a drenaggio toracico nell’emilato errato a causa dell’inversione delle lastre al momento della refertazione.

Per quanto riguarda la prevalenza delle cardiopatie congenite, nella nostra popolazione essa è risultata pari al 5,3%, con prevalenza superiore nei soggetti con SVI (6,4%, rispetto al 3,8% dei soggetti con SS, p = n.s.): i pazienti con eterotassia hanno, infatti, un rischio di presentare una cardiopatia congenita aumentato di 200 volte rispetto ai soggetti della popolazione normale con eterotassia [37]. Questa maggior suscettibilità viene spiegata da alcuni Autori sostenendo che i geni più frequentemente legati alla comparsa dei difetti della lateralità (e quindi la relativa attività ciliare) possano avere un ruolo importante non solo nel determinare la lateralizzazione degli organi asimmetrici, ma anche nella stessa organogenesi del cuore [37].

Per quanto concerne i test diagnostici per la DCP, l’nNO è risultato patologico nell’85,3% della popolazione studiata, il che sottolinea l’importanza di considerare tale esame quale test di screening e non come strumento diagnostico per sé [65]. L’analisi della motilità ciliare in vitro invece, è risultata patologica in tutti i soggetti e il pattern motorio più frequentemente riscontrato è rappresentato dalla contemporanea presenza di ciglia immobili e ciglia

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discinetiche: solo il 30,7% dei soggetti presentava esclusivamente ciglia immobili, mentre nei soggetti con ciglia mobili i movimenti ciliari patologici riscontrati più frequentemente sono i movimenti rigidi (caratterizzati da scarsa escursione), variamente associati a movimenti di tipo circolare.

Inoltre, in linea con quanto descritto in Letteratura [13, 77], il difetto ultrastrutturale più frequente è l’alterazione dei bracci esterni e/o interni di dineina (circa 42,7% della popolazione studiata), seguita dalle alterazioni della coppia centrale associate o meno alle alterazioni dei bracci interni (32%). Il 25,3% della popolazione studiata presenta, invece, ultrastruttura ciliare nella norma o caratterizzata da alterazioni di tipo secondario a flogosi: tale percentuale è analoga a quella riportata in Letteratura [13, 32, 77] e rappresenta un’ulteriore prova del fatto che è necessario non considerare più l’esame morfometrico ultrastrutturale quale gold standard diagnostico per la DCP. Non a caso nelle raccomandazioni europee sulla DCP [34] si sostiene che per porre diagnosi di DCP è essenziale affiancare sempre l’analisi del movimento ciliare all’esame ultrastrutturale, allo scopo di non farsi trarre in inganno da un’ultrastruttura normale o da alterazioni secondarie a flogosi.

Per quanto riguarda le caratteristiche cliniche analizzate, dal nostro studio emerge la comparsa di sintomi tipici già in epoca precoce in percentuali significative di soggetti, a dispetto di una diagnosi in molti casi ancora troppo tardiva: in particolare, il 78,7% dei soggetti ha iniziato a presentare rinorrea, e il 66,7% tosse catarrale, già nel primo anno di vita. La percentuale di pazienti con storia di distress respiratorio neonatale senza causa apparente si attesta sul 49,3%, di gran lunga inferiore al 75% della Letteratura più recente [42]: in considerazione del fatto che nel nostro studio l’anamnesi perinatale è stata eseguita in maniera accurata e si è avvalsa della documentazione dei reparti di Neonatologia, questa discordanza potrebbe dipendere dal fatto che i fenotipi più lievi di DCP (e quindi verosimilmente in assenza di distress respiratorio neonatale) sfuggono ancora alla diagnosi o, in alternativa, che vi sia una sovrastima dei casi di distress respiratorio perché per errore potrebbero non essere stati esclusi dal computo di questa manifestazione i bambini con fattori di rischio (inalazione di meconio, parto da madre diabetica e via dicendo). Nella nostra casistica il distress respiratorio è stato valutato solo nei pazienti nati a termine e senza fattori di rischio particolari; inoltre, tutti i

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soggetti della nostra casistica sono nati con peso adeguato per l’età gestazionale e in nessun caso sono stati riferiti problemi durante la gravidanza.

Tutti i soggetti che hanno presentato distress respiratorio alla nascita sono stati sottoposti a radiografia del torace: abbiamo quindi indagato anche i reperti patologici rilevati mediante tale accertamento, riscontrando che la radiografia risulta patologica solo nel 26,5% dei casi, e che il reperto più frequentemente descritto è la presenza di un’area radiopaca a livello di almeno un lobo superiore (66,7%). Non solo: i soggetti con storia di distress respiratorio neonatale hanno ricevuto la diagnosi più precocemente (mediana 6,5 anni) rispetto a coloro che non lo avevano presentato (mediana 8,5 anni), sebbene in assenza di significatività statistica: non a caso il distress respiratorio neonatale in bambini nati a termine e in assenza di fattori di rischio è ormai universalmente considerato un importante pointer di DCP, specie se associato a un difetto della lateralità e/o alla presenza di atelettasie alla radiografia del torace [42]. In questi soggetti, infatti, l’alterazione della clearance muco-ciliare rende particolarmente difficile la rimozione del liquido amniotico dalle vie aeree nel periodo perinatale, ritardando la distensione degli alveoli e facilitando la comparsa di atelettasie, in particolare a livello dei lobi superiori, dove, per le caratteristiche anatomiche delle vie aeree, il flusso di aria arriva con maggior difficoltà durante i primi atti del respiro.

Per quanto riguarda la morbilità a carico delle vie aeree, nei primi 5 anni di vita prevalgono le bronchiti ricorrenti (65,3% dei pazienti) rispetto alle broncopolmoniti (38,7%) e le otiti (25,3%). Da notare è il riscontro della positività dell’esame colturale per Pseudomonas aeruginosa in 9 pazienti (12%), che hanno, come atteso, un’età mediana superiore rispetto al resto della popolazione (9,6 anni, IQR 8,5 - 15,4, vs 6,0 anni, IQR 1,1 - 10,6) (p = 0.018). A lungo si è erroneamente ritenuto che nella DCP l’infezione da Pseudomonas aeruginosa fosse rara e per lo più appannaggio dell’età adulta [2]: dai nostri dati emerge, invece, la possibilità di un’infezione precoce da parte di questo germe opportunista (il più piccolo tra i soggetti positivi all’esame colturale aveva poco più di 6 anni), che in questi soggetti richiede un trattamento aggressivo e sollecito.

Per quanto concerne la valutazione dei parametri delle prove di funzionalità respiratoria, nella nostra popolazione la funzione appare globalmente conservata, sebbene il 13% del

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FEF25-75%, il che indica che già in epoca pediatrica questi pazienti presentano una riduzione della pervietà a livello delle vie aeree periferiche, dato confermato anche dai parametri della pletismografia, con aumento del volume residuo e dell’indice di Motley. Analogamente a quanto avviene nella Fibrosi Cistica, quindi, anche nella DCP il danno polmonare inizia precocemente e a livello delle vie aeree periferiche [57, 144], come confermato anche dalle indagini radiologiche: lo studio delle immagini TC del torace, eseguita in 46 soggetti di età media pari a 10,5 ± 4,1 anni, ha, infatti, permesso di documentare la presenza di bronchiectasie nel 71,7% dei casi, in più della metà dei casi bilateralmente. I dati sulla localizzazione delle bronchiectasie rispecchiano quelli della Letteratura [44, 45], con prevalente interessamento del lobo medio (81,8%), seguito dai lobi inferiori (57% LID, 48,5% LIS). I lobi superiori sono quasi completamente risparmiati, mentre è da notare il frequente riscontro di atelettasia del lobo medio (56,5%), costantemente associato alle bronchiectasie. Anche i segni di air trapping, compatibili con il danno periferico, sono riscontrabili in più della metà dei soggetti sottoposti all’esame TC. Lo scoring dell’interessamento polmonare secondo il metodo di Bhalla ha permesso di evidenziare che solo il 4,4% del campione ha un grado severo di interessamento polmonare alla TC del torace: stupisce il fatto che si tratti, però, di due bambini rispettivamente di 8 e 11 anni di età. Il resto del campione è equamente distribuito tra la prima e la seconda classe di severità. Si sottolinea infine che né lo score del torace né i parametri di funzionalità respiratoria sono risultati correlati all’età dei soggetti, ad indicare che il danno polmonare è indipendente dall’età dei soggetti, per lo meno in età pediatrica.

Anche l’interessamento dei seni paranasali è precoce e talora severo: la TC dei seni paranasali, eseguita in 47 pazienti di età media pari a 10,6 ± 3,9 anni, ha, infatti, messo in evidenza una pansinusite in ben il 59,6% dei soggetti e segni di flogosi a carico di almeno un seno paranasale in tutti i soggetti. Infine, in questi pazienti si conferma la significativa presenza dell’ipoplasia / agenesia dei seni paranasali (in particolare dei seni frontali e dei seni sfenoidali), che il nostro gruppo ha recentemente dimostrato rappresentare un ulteriore pointer di DCP. Lo score dell’interessamento sinusale è risultato positivamente correlato con l’età dei soggetti, probabilmente a causa del fatto che i seni paranasali sono strutture che si sviluppano progressivamente durante quasi tutta l’età pediatrica [47, 143].

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I nostri dati sostengono, quindi, l’ipotesi secondo la quale la DCP è una condizione più grave di quanto ritenuto in passato, con segni di danno parenchimale e a carico delle vie aeree superiori ed inferiori già nelle prime epoche della vita.

Per quanto riguarda il gene DNAH11, il 23% della popolazione studiata presenta mutazioni in questo gene, percentuale doppia rispetto a quelle delle casistiche precedenti, che attribuiscono a questo gene circa il 6 - 7% dei casi [13, 42, 134]. La prevalenza delle forme di DCP con ultrastruttura normale si attesta invece sul 25%, in linea con quanto già riportato nelle casistiche di altri gruppi [99, 42, 134 - 135].

La ricerca delle mutazioni a carico del gene DNAH11 nei 19 pazienti con DCP e ultrastruttura normale ha permesso di documentare mutazioni patogenetiche in 17 pazienti (89,5%), per cui questo gene è quello più frequentemente in causa nei pazienti con DCP e ultrastruttura ciliare normale. Dei 17 pazienti con mutazioni in DNAH11, solo due presentano una mutazione in omozigosi (i genitori di questi due pazienti sono imparentati); inoltre, l’analisi dello stato di carrier nei genitori di questi pazienti ha permesso di confermare che nei casi di interessamento di DNAH11 la malattia viene ereditata con modalità autosomica recessiva.

Confrontando questo gruppo di soggetti rispetto al resto della popolazione con ultrastruttura ciliare patologica è emerso che questi pazienti presentano un fenotipo clinico apparentemente più lieve, il che potrebbe giustificare il fatto che la loro età alla diagnosi risulta più elevata, sebbene non in maniera statisticamente significativa. Non è stata rilevata alcuna differenza per quanto riguarda la prevalenza del SVI, mentre è emersa una differenza statisticamente significativa per quanto riguarda quella del distress respiratorio neonatale, che si apprezza solo nel 23,5% dei soggetti mutati in DNAH11 rispetto al 60% dei soggetti con ultrastruttura patologica (p = 0.009). Peraltro, la radiografia del torace eseguita per questo motivo risultava sempre negativa nei soggetti con mutazione del gene DNAH11, a differenza degli altri pazienti in cui, come detto, si riscontrano tipicamente una o più opacità a livello dei lobi superiori. Si può quindi dedurre che, rispetto ai soggetti con ultrastruttura patologica, in questi soggetti il residuo movimento ciliare, sebbene globalmente inefficace, permetta una maggiore rimozione del liquido amniotico nelle vie aeree del neonato, rendendo più raro l’instaurarsi del distress respiratorio neonatale e, nei casi in cui si verifichi, ostacolando la comparsa di atelettasie.

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Per quanto riguarda la morbilità a carico delle vie aeree non sono state rilevate differenze significative tra i due gruppi se non per l’incidenza delle otiti ricorrenti, che è risultata più elevata nei soggetti mutati in DNAH11 (58,8% vs 16,1%; p < 0.0001); questo gruppo di pazienti presenta anche più frequentemente un quadro di poliposi nasale. Questi dati sono concordi con il riscontro di un maggiore interessamento a livello dei seni paranasali all’esame TC, con uno score di severità peggiore (14,2 ± 3,3 vs 11,1 ± 5,1; p = 0.019) e una maggiore prevalenza della pansinusite (84,6% vs 48,5% con p = 0.044). Inoltre, sebbene non siano state rilevate differenze per quanto concerne i parametri della funzionalità respiratoria, l’interessamento parenchimale alla TC del torace appare meno severo nei soggetti mutati in DNAH11, dal momento che il loro score secondo il metodo di Bhalla è risultato inferiore (4,8 ± 2,1 vs 7,4 ± 3,6; p = 0.005). Inoltre, il 76,9% dei soggetti mutati in DNAH11 ha un punteggio attribuibile alla classe di severità 1 rispetto al 34,4% del resto della popolazione (p = 0.019), e il 23,1% alla classe 2 rispetto al 59,4% del resto della popolazione (p = 0.047). Nessuno dei soggetti mutati in DNAH11 ha un punteggio attribuibile alla classe 3.

Di conseguenza, il gruppo di pazienti mutati in DNAH11 sembra caratterizzarsi, per lo meno in età pediatrica, per un interessamento minore (o comunque più lento) delle vie aeree inferiori e del parenchima polmonare e per un interessamento maggiore a carico del distretto oto-rino-sinusale rispetto ai soggetti con ultrastruttura patologica. Anche in questo caso il motivo potrebbe essere ricercato nella residua funzione delle ciglia, caratterizzata da un movimento ipercinetico che, sebbene complessivamente inefficace per garantire la clearance muco-ciliare, potrebbe spostare in qualche misura le secrezioni a livello delle vie aeree inferiori, rallentando l’evoluzione negativa della malattia. Viceversa, il movimento ciliare residuo, inefficace, potrebbe ostacolare l’efflusso delle secrezioni dalle cavità oto-rino-sinusali, la cui anatomia in età pediatrica è caratterizzata da spazi ridotti con drenaggio già di per sé difficoltoso.

Il ritardo diagnostico in questi soggetti, quindi, potrebbe essere legato non solo agli errori diagnostici dovuti al riscontro di una ultrastruttura normale come si riteneva fino ad oggi, bensì anche ad un quadro clinico più lieve, che ritarderebbe ulteriormente il sospetto diagnostico.

Dal momento che il gruppo di pazienti con ultrastruttura patologica include soggetti che presentano vari tipi di alterazione ultrastrutturale, abbiamo anche voluto provare ad eseguire un

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prevalente alterazione di ODA/IDA o di CC: pur riconoscendo che la numerosità dei gruppi non è elevata e che in questi due gruppi sono sicuramente inclusi soggetti con diverse mutazioni genetiche (e relativi fenotipi diversi), l’analisi dei tre dei gruppi è stata comunque utile per confermare che il gruppo con mutazioni in DNAH11 si differenzia dagli altri due gruppi per età alla diagnosi più elevata, per minore prevalenza del distress respiratorio neonatale (la differenza è risultata significativa solo con il gruppo CC) e per maggiore prevalenza delle otiti ricorrenti. Un dato interessante è quello che emerge rispetto alla rinorrea precoce, che è risultata meno frequente nel gruppo ODA/IDA sia rispetto al gruppo CC sia rispetto ai soggetti mutati in DNAH11: analogamente a quanto già ipotizzato per il gruppo con mutazioni in DNAH11, questo dato potrebbe derivare dal fatto che anche il residuo movimento ciliare del gruppo CC (a differenza della completa immobilità ciliare del gruppo ODA/IDA) potrebbe rappresentare un fattore peggiorativo, ostacolando il drenaggio per gravità delle secrezioni dalle prime vie aeree.

Per quanto riguarda l’nNO, i valori sono risultati sovrapponibili tra i tre gruppi. In tutti e tre i gruppi si conferma, inoltre, il precoce interessamento delle vie aeree periferiche con alterazione dei parametri delle PFR, in assenza di differenze significative, ad eccezione del FEF25-75%, che è risultato inferiore nei soggetti con deficit di CC: a questo proposito in Letteratura sono disponibili alcune segnalazioni relative ad un peggiore andamento delle condizioni respiratorie in questo gruppo di pazienti [129]. Nel lavoro di Tamalet, ad esempio, si sostiene che i deficit della coppia centrale sono associati ad una maggiore ricorrenza delle infezioni respiratorie e ad una maggior incidenza delle bronchiectasie (che appaiono anche più estese) [127] così come nel lavoro di Prulière-Escabasse si afferma che questi soggetti avrebbero anche un maggiore impegno a livello dell’orecchio [48]: solo ulteriori studi su casistiche più numerose potranno confermare o meno questi dati, dal momento che i deficit della CC possono essere sostenuti da diversi geni, e quindi, verosimilmente, questo gruppo include più fenotipi.

Anche suddividendo i soggetti con ultrastruttura patologica in gruppo ODA/IDA e gruppo CC lo score del torace secondo Bhalla è risultato significativamente inferiore nei soggetti mutati in DNAH11, a differenza dello score dei seni paranasali (sebbene anche quest’ultimo sia risultato inferiore nei soggetti mutati in DNAH11). La prevalenza della pansinusite è risultata statisticamente inferiore nei soggetti mutati in DNAH11.

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3.4 - CONCLUSIONI

La Discinesia Ciliare Primaria è una condizione cronica ed evolutiva sostenuta da mutazioni in almeno 28 geni diversi, ciascuno dei quali può potenzialmente determinare un fenotipo clinico diverso. L’analisi della popolazione studiata ha permesso di confermare che in questi pazienti le manifestazioni respiratorie sono precoci ma che, spesso, non vengono prese nella giusta considerazione, esitando in diagnosi poste ancora oggi troppo tardivamente.

Inoltre, abbiamo documentato come la DCP si associ a un precoce e, talora, grave interessamento dell’apparato respiratorio, che si manifesta con l’alterazione dei parametri delle PFR e con bronchiectasie bilaterali alla TC del torace già in età pediatrica. Altrettanto precoce è l’interessamento sinusale con pansinusite associata a una tipica riduzione dello sviluppo dei seni frontali e sfenoidali.

I pazienti con ultrastruttura ciliare normale rappresentano il 25,3% della popolazione studiata e, di questi, l’89,5% presenta mutazioni nel gene DNAH11: questo gene riveste quindi un ruolo importante nel determinare la DCP, rappresentando il principale gene coinvolto nei casi di DCP con ultrastruttura normale. Il fenotipo dei soggetti con mutazioni in DNAH11, descritto per la prima volta nel nostro studio, si caratterizza per un minore interessamento delle vie aeree periferiche e del parenchima polmonare e per un maggiore interessamento a livello del distretto oto-rino-sinusale, per lo meno in età pediatrica, verosimilmente per il ruolo svolto dal residuo movimento ciliare, tipicamente rigido ed ipercinetico, determinato da queste mutazioni.

Il fenotipo clinico globalmente più lieve di questi soggetti rende in questi casi la diagnosi di Discinesia Ciliare Primaria particolarmente difficile da ottenere a causa del ritardo nel porre il sospetto diagnostico: in questo senso il nostro studio fornisce un contributo importante per facilitarne il riconoscimento precoce.

Ulteriori dati tratti da studi longitudinali e su casistiche più ampie saranno necessari per confermare questi dati e per descrivere la storia naturale di questi pazienti, allo scopo di verificare se la minor severità dell’impegno respiratorio si mantenga tale anche nell’epoca adulta.

Figura

Figura 5 - Età alla diagnosi nella popolazione studiata: a) numero di diagnosi per anno di età (da notare  il picco nel primo anno di vita, determinato dal riscontro di SVI associato o meno a distress respiratorio  neonatale); b) mediana dell’età alla diag
Figura 6 - Epoca della diagnosi del Situs Viscerum Inversus
Figura 7 - Incidenza delle cardiopatie congenite
Figura 8 - Esito dello studio funzionale ed ultrastrutturale delle ciglia respiratorie: a) esito dell’analisi del  movimento  ciliare  al  microscopio  ottico  a  contrasto  di  fase;  b)  esito  dell’esame  morfometrico  ultrastrutturale delle ciglia resp
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