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CAPITOLO I. La crisi migratoria in Europa

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CAPITOLO I. La crisi migratoria in Europa

1. I flussi migratori che impegnano l’Unione europea

L’immigrazione irregolare ha messo a dura prova l’Unione europea sollevando gravi problematiche circa il controllo delle frontiere, la gestione dei flussi migratori e le politiche in materia di asilo e immigrazione.

L’Organizzazione Internazionale per la Migrazione (IOM) in un report, nell’ambito del progetto Missing Migrants1, indica l’Europa come la destinazione più

pericolosa del mondo, per i migranti irregolari, che ha fatto registrare negli ultimi anni la morte di oltre 3000 migranti.

Recentemente numerosi migranti hanno cercato di attraversare il Mediterraneo attraverso varie rotte, principalmente quella orientale, dalla Turchia fino all’isola di Lesbo o alle altre isole greche dell'Egeo e quella dal Nord Africa sbarcando sulle coste italiane in particolare a Lampedusa e in Sicilia.

L’isola di Lesbo è stata l’approdo per la maggioranza dei migranti e dei rifugiati con circa 490.0002 rifugiati sbarcati sull'isola solo tra il 2015 e la metà del 2016.

La causa principale della massiccia migrazione è rintracciabile nelle rivoluzioni della cosiddetta primavera araba, così come nei conflitti che seguirono in Siria, Repubblica araba e Libia. Molti migranti sono arrivati anche dall'Africa sub-sahariana e dall’Afghanistan e dall'Eritrea, che da tempo hanno generato un gran numero di domande di asilo negli Stati dell'Unione europea. Questi flussi sono stati accompagnati da un numero significativo di morti3 a causa delle imbarcazioni di

fortuna utilizzate, troppo piccole per affrontare il mare aperto, e in genere massicciamente sovraffollate. I corpi di coloro che annegano in tali naufragi sono persi in mare - numeri difficili da stimare - o ritrovati in spiagge dei paesi e territori

1 IOM - Progetto Missing Migrants, Migrant deaths and disappearances worldwide: 2016 analysis,

Cfr. https://publications.iom.int/system/files/pdf/gmdac_data_briefing_series_issue_8.pdf

2 Dati reperibili nel sito dell’United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR), 2016.

Cfr. https://www.unhcr.it/

3 IOM, Record di vittime nel Mediterraneo nel 2017: 3741 persone sono morte nel tentativo di

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11 del Mediterraneo. L'UNHCR4 a tal proposito ha finanziato vari progetti per

determinare il numero dei migranti morti negli ultimi anni e tentare di dare soluzioni al problema: tra questi il progetto Missing Mediterranean5. Mentre per

superare il mancato rispetto delle norme morali e legali già esistenti, da parte degli Stati - tra cui anche quelli firmatari della Convenzione sui rifugiati del 19516 - nel

settembre del 2017, il Rappresentante speciale delle Nazioni Unite, sulle esecuzioni extragiudiziali, arbitrarie o sommarie, ha elaborato una relazione all'Assemblea generale delle Nazioni Unite sulla "morte illecita dei migranti e dei rifugiati". Il relatore chiede agli Stati di proteggere la vita dei migranti e dei rifugiati nell'ambito del loro impegno nei confronti del nuovo Global Compact dei migranti e dei rifugiati e presenta una serie di importanti raccomandazioni agli Stati - incluso un meccanismo internazionale sullo scambio di informazioni, per la ricerca, l'identificazione e il tracciamento dei migranti, la ricerca dagli Stati di provenienza, la registrazione delle morti, il trattamento dignitoso dei morti, comuni protocolli forensi per l'accesso alla giustizia per le famiglie. Infatti lo «scambio di informazioni tra le autorità che, a diversi livelli, sono coinvolte nel perseguimento

4 L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, è l'Agenzia delle Nazioni Unite

specializzata nella gestione dei rifugiati. Fondata il 14 dicembre 1950 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite con la risoluzione n.428/V. Ha assistito oltre 60 milioni di persone e ha vinto due premi Nobel per la pace, rispettivamente nel 1954 e nel 1981.

5 Progetto di ricerca di un anno che va dal settembre 2015 all'ottobre 2016, finanziato dal Consiglio di

Ricerca Economica e Sociale del Regno Unito. Il progetto ha visto la collaborazione tra University of York, City University London, e la International Organization for Migration. Uno dei primi sforzi per raccogliere sistematicamente i dati e confrontarli con le risposte delle organizzazioni per i migranti operanti nel Mediterraneo.

6 La Convenzione sullo status dei rifugiati (1951) è stata adottata il 28 luglio 1951 dalla Conferenza

dei plenipotenziari sullo status dei rifugiati e degli apolidi convocata dalle Nazioni Unite. Il 22 aprile 1954 è la data di entrata in vigore internazionale. Mentre in Italia è entrata in vigore il 13 febbraio 1955. Il Preambolo richiama la Carta delle Nazioni Unite e la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo approvata il 10 dicembre 1948 dall’Assemblea, affermando il principio che gli uomini, senza distinzioni, devono godere dei diritti dell’ uomo e delle libertà fondamentali […] all’art.1 si dà la definizione di Rifugiato come persona: “che, a seguito di avvenimenti verificatisi anteriormente al 1° gennaio 1951, temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese, di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese: oppure che, non avendo la cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra. Nel caso di persona con più di una cittadinanza, l’espressione “del paese di cui è cittadino” indica ognuno dei Paesi di cui la persona è cittadino. Pertanto non sarà più considerato privato della protezione del paese di cui è cittadino colui che, senza valido motivo fondato su timore giustificato, non abbia richiesto la protezione di uno dei Paesi di cui ha la cittadinanza.”

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12 di tale obiettivo [risulta essenziale]. La forma di cooperazione in questione si rivela necessaria, in particolar modo, nel momento in cui ci si trova a dover qualificare lo status dei migranti, che si presentano alle frontiere senza un documento di viaggio, oppure con un documento falso o rubato»7.

Le frontiere dell’Europa sono ormai la destinazione più ambita per la migrazione irregolare, e il Mediterraneo il più pericoloso attraversamento di frontiera del mondo. La risposta collettiva dell'Unione europea, al problema migratorio, è stata più focalizzata sulla protezione del blocco delle frontiere per contrastare il fenomeno del traffiching che sulla protezione dei diritti dei migranti e dei rifugiati. Con i partiti nazionalisti ascendenti in molti Stati membri dell’Ue e le preoccupazioni sul terrorismo islamico che si presentano in tutto il continente, non è chiaro se gli Stati membri dell’Ue siano in grado di attuare riforme durevoli di asilo e immigrazione. Il numero di rilevazioni di attraversamento illegali delle frontiere nell'Ue ha cominciato a salire nel 2011, quando migliaia di tunisini sono sbarcati sull'isola di Lampedusa - dopo l'inizio della primavera araba.

Gli africani sub-sahariani che prima erano migrati in Libia si aggiunsero nel 2011-2012, fuggendo dai disordini dell'era post- Gheddafi.

L'aumento più recente delle rilevazioni lungo i confini marittimi dell'Ue è stato attribuito al crescente numero di migranti e rifugiati siriani, afghani e eritrei. Circa 450.000 migranti hanno attraversato l'Europa via mare nei primi nove mesi del 2015: i siriani, che fuggono dalla guerra civile ancora in corso, ne costituiscono il 39%, gli afgani, che cercano di sfuggire alla guerra in corso con i ribelli talebani, l’11% e gli eritrei che fuggono dal lavoro forzato il 7%. La disgregazione della sicurezza e la povertà in Iraq, Nigeria, Pakistan, Somalia e Sudan hanno contribuito alle migrazioni.

Distinguere i migranti dai richiedenti asilo e dai rifugiati non è sempre un processo chiaro: questi gruppi hanno diritto a diversi livelli di assistenza e di protezione ai sensi del diritto internazionale.

Il richiedente asilo è definito come persona che fugge da persecuzioni o conflitti, e quindi cerca protezione internazionale in base alla Convenzione sui rifugiati del 1951 sullo status dei rifugiati.

7 MARINAI, Lo scambio di informazioni, dati ed esperienze, in CALAMIA – DI FILIPPO - GESTRI

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13 Un rifugiato è un richiedente asilo la cui richiesta è stata approvata. Tuttavia, l'ONU ritiene che i migranti che fuggono dalla guerra o dalla persecuzione siano rifugiati, anche prima che ricevano ufficialmente l'asilo. (Ad esempio, i cittadini siriani e eritrei godono dello status di rifugiato prima facie ).

Un migrante economico, invece, è una persona la cui motivazione principale per lasciare il proprio paese d'origine è un guadagno economico. Il termine "migrante" è considerato un termine ombrello per tutti e tre i gruppi: detto in altro modo: tutti i rifugiati sono migranti, ma non tutti i migranti sono rifugiati.

L'Europa sta attualmente assistendo a un fenomeno migratorio misto, in cui migranti economici e richiedenti asilo viaggiano insieme. In realtà, questi gruppi possono sovrapporsi e si sovrappongono, e questa zona grigia è spesso esacerbata dai metodi incoerenti con cui le domande di asilo vengono spesso trattate nei ventotto Stati membri dell'UE.

2. Gli Stati dell'Ue divenuti punti di ingresso per i migranti

Gli Stati membri dell'Ue più colpiti dalla crisi economica, come la Grecia e l'Italia, sono anche stati i principali punti di ingresso per i migranti e i rifugiati a causa della loro vicinanza al bacino del Mediterraneo. Lo spostamento delle rotte ha anche esposto paesi come l'Ungheria, situati sul confine orientale dell'Ue, ad un forte aumento di migrazione irregolare.

Nel 2012, il 51% dei migranti entrati nell'Unione illegalmente lo ha fatto attraverso la Grecia. Questa tendenza si è spostata nel 2013, dopo che le autorità greche hanno intensificato i controlli alle frontiere sotto l'operazione Aspida (o "Shield"), che comprendeva la costruzione di una recinzione a filo spinato sul confine greco-turco. Nel 2015 la Grecia è stata nuovamente il punto di ingresso dal mar Mediterraneo preferito e l’Agenzia Frontex ha stimato in 130.000 gli attraversamenti di frontiera illegali, cinque volte il numero rilevato per lo stesso periodo dell’anno precedente. I siriani e gli afgani hanno costituito la parte più rilevante di migranti in viaggio dalla Turchia alla Grecia (in primo luogo per le isole greche di Kos, Chios, Lesbo e Samos) nei primi sette mesi del 2015. Questa ondata di migrazione ha coinciso con la tumultuosa crisi del debito della Grecia, che ha portato giù il suo sistema bancario e provocato crisi di Governo. Secondo le

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14 stime, gli arrivi in Grecia sono crollati del 79% immediatamente dopo l'accordo con la Turchia in vigore da marzo 2016. Mentre nei primi sei mesi del 2017 "circa 9.000 migranti hanno raggiunto le isole greche, il 94% in meno rispetto allo stesso periodo del 2016", come risulta da una nota dell'Agenzia per il controllo delle frontiere (Frontex). L’Agenzia però segnala la crescita dei tentativi di attraversamento illegale della frontiera terrestre fra Turchia e Grecia.

Il passaggio dal Mediterraneo centrale, che collega la Libia all'Italia, è stato il percorso più trafficato, per i migranti provenienti dal continente africano, a partire dal 2014 quando, dalle stime di Frontex, sono stati 170.000 i passaggi illegali di frontiera italiana. Nell'ottobre 2014, il programma di ricerca e salvataggio di Mare

Nostrum, accreditato per il salvataggio di più di 100.000 migranti, è stato

sostituito dal programma Triton di Frontex: operazione di controllo delle frontiere con un terzo del budget operativo di Mare Nostrum. Nell'aprile 2015, i leader dell'Ue hanno triplicato il bilancio del programma di pattugliamento della frontiera di Frontex a 9 milioni di euro al mese (9,9 milioni di dollari), ma ha rifiutato di ampliare il suo campo di applicazione per includere la ricerca e il salvataggio. Il numero di attraversamenti di frontiera illegali in Italia per la prima metà del 2015 è rimasto alto, circa 90.000. Il crescente numero di morti (più di 2000 persone sono morte lungo questa rotta nel 2015) e la situazione di deterioramento della sicurezza in Libia hanno spinto molti immigrati a cercare percorsi alternativi per l'Europa attraverso la Grecia e i Balcani. Il 90% dei migranti ad usare questa rotta, nella prima metà del 2015, provenivano dall'Eritrea, dalla Nigeria e dall'Africa sub-sahariana.

Il numero di migranti arrivati in Europa attraverso la rotta centro mediterranea, che riguarda soprattutto l'Italia e in misura molto minore Malta, è cresciuto di circa il 20% nel 2016, per un totale di 181 mila arrivi. Sono dati dell'agenzia europea Frontex, che parla di "record" per l'Italia. Il dato riflette una pressione migratoria crescente dall'Africa, in particolare quella occidentale, i cui flussi sono responsabili di gran parte dell'aumento di arrivi nel 2016.

La maggior parte dei migranti passati dalla rotta centro mediterranea sono nigeriani, seguiti da cittadini di Eritrea, Guinea, Costa d'Avorio e Gambia.

Nei primi sei mesi del 2017 sono stati 85.000 gli arrivi in Italia, con un aumento del +21% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Il flusso è risultato composto in maggioranza da cittadini di Nigeria e Guinea. I nigeriani sono al

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15 primo posto anche nei dati complessivi del secondo semestre, davanti ai migranti da Bangladesh, Guinea e Costa d'Avorio.

Va segnalata una inversione di tendenza soprattutto a partire da luglio 2017: gli sbarchi sulla costa italiana hanno fatto registrare un «decremento complessivo di oltre il 33% rispetto allo stesso periodo del 2016»8. Si è registrato invece un

progressivo incremento degli sbarchi sulle coste della Sardegna di cittadini provenienti dall’Algeria: 343 nel 2015, 1.225 nel 2016, 1.929 nel 2017. La crescita, tuttavia, non fa ritenere, al momento, che si tratti di rotte nuove o alternative, ma del rafforzamento di rotte già esistenti.

I migranti provenienti dalla Tunisia, rappresentano il 5% degli arrivi, quelli dall'Algeria si attestano sul 2% del totale. Le procedure di rimpatrio, grazie agli accordi con la Tunisia, sono state semplificate: nel 2017 sono stati rimpatriati 2.193 stranieri, il 34% in più rispetto al 2016 e l'85% in più rispetto al 2015. Il possibile rischio di infiltrazioni criminali o terroristiche nel flusso dei migranti che sbarcano sulle nostre coste ha indotto, già dallo scorso ottobre, ad attuare «uno specifico piano operativo di pattugliamento aereonavale a cui partecipano la Guardia di finanza, la Marina militare, le capitanerie di porto e Frontex, in raccordo con le autorità algerine e tunisine»9. Inoltre, negli hotspot vengono identificati quasi la

totalità dei migranti sbarcati e sono state adottate linee guida per effettuare verifiche più approfondite e per prevenire infiltrazioni di soggetti radicalizzati.

Per quanto riguarda la Spagna dai dati 2017 diffusi dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim), si nota che fino al 16 luglio 2017 gli arrivi via mare sulle coste spagnole sono aumentati del 300%, passando dai 2.500 del 2016 ai 7.500 del 2017. Dati che, secondo i numeri dell’Agenzia Onu per i Rifugiati (Unhcr), continuano a crescere, visto che a oggi sarebbero circa 9000 le persone sbarcate sulle coste iberiche. “La rotta libica ha fatto registrare un calo significativo solo dal mese di luglio ma la situazione per i trafficanti è diventata più complicata già da mesi. [Si sta assistendo] a una pausa di riflessione: le due parti si stanno studiando e ognuna cerca di trovare il modo di prevedere le mosse dell’avversario” 10.

8 Il ministro dell’interno Marco Minniti al question time sul tema immigrazione. Documento

reperibile all’indirizzo: http://www.interno.gov.it/it/notizie/meno-33-sbarchi-nel-2017 9 Ibidem

10 BLANGIARDO, Se si prova a tappare con le mani l’acqua di un fiume, questa troverà nuovi

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16 In Ungheria si è avuto un numero crescente di immigrati siriani e afghani giunti dalla Turchia e dalla Grecia attraverso la Macedonia e la Serbia. Ciò ha reso questo Stato membro dell'Unione europea una frontiera critica: da segnalare anche un crescente numero di cittadini provenienti dal Kosovo che attraversando la Serbia hanno contribuito all’ondata migratoria verso l'Ungheria. Da gennaio a luglio 2015, Frontex ha riferito di 100.000 passaggi di migranti illegali in Ungheria. Questo aumento ha spinto il primo ministro Viktor Orban a costruire una recinzione a filo

spinato sul confine con la Serbia nel luglio 2015. I migranti incrociati e bloccati

hanno trasformato la stazione Keleti di Budapest in un campo profughi di rifugiati nel settembre 2015. Un brusco calo nella rotta balcanica si è registrato nel 2016, dove si è passati dai 764.000 arrivi del 2015 a 123.000, in seguito all'inasprimento dei controlli di frontiera.

Gli Stati di ingresso hanno responsabilità unilaterali per i migranti nel quadro del Regolamento di Dublino11. Riveduto nel 2013, il Regolamento di Dublino III

stabilisce che i richiedenti asilo devono rimanere nel primo paese europeo di entrata e che il paese è esclusivamente responsabile dell'esame delle domande di asilo dei migranti. I migranti che si recano in altri Stati dell'Ue si trovano ad affrontare la deportazione nel paese dell'Ue in cui sono entrati.

Molti responsabili politici concordano sul fatto che la riforma del Regolamento di Dublino costituirebbe un passo importante per stabilire una politica comune

europea in materia di asilo12 . Nell'ambito del sistema attuale, l'onere della

reperibile all’indirizzo: https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/08/12/migranti-aumentano-gli-arrivi-in-spagna-analista-se-governi-ue-arginano-il-flusso-in-libia-i-trafficanti-aggirano-i-blocchi/3790113/

11 La Convenzione di Dublino, è un trattato internazionale multilaterale in tema di diritto di asilo.

Venne firmata a Dublino (Irlanda) il 15 giugno 1990. Il regolamento di Dublino II (regolamento 2003/343/CE) fu adottato nel 2003 e sostituì la Convenzione di Dublino in tutti gli Stati membri dell'UE. Il regolamento di Dublino III (2013/604/CE) è stato approvato nel giugno 2013, in sostituzione del regolamento di Dublino II, e si applica a tutti gli Stati membri ad eccezione della Danimarca. È entrato in vigore il 19 luglio 2013.

12 Dal 1999 l'Unione europea sta lavorando per creare un Sistema comune europeo di asilo (CEAS) e

migliorare l'attuale quadro legislativo. Tra il 1999 e il 2005 sono state adottate diverse misure legislative che armonizzano norme minime comuni per l'asilo. Importante anche il rafforzamento della solidarietà finanziaria con la creazione del Fondo europeo per i rifugiati . Nel 2001 la direttiva relativa alla protezione temporanea ha permesso una risposta comune a livello comunitario a un flusso di sfollati di sfollati in grado di tornare al loro paese d'origine. La direttiva sulla riorganizzazione familiare si applica anche ai rifugiati. Dopo la conclusione della prima fase, è stato necessario un periodo di riflessione per determinare la direzione in cui il CEAS dovrebbe svilupparsi. Un libro verde del 2007 costituiva la base di una grande consultazione pubblica. Le risposte, unitamente ai risultati di una valutazione di come sono stati attuati gli strumenti esistenti, costituivano la base

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17 responsabilità cade in modo sproporzionato sugli Stati di ingresso con frontiere esposte.

3. Le condizioni incontrate dai migranti in Europa

I centri di detenzione migranti in tutto il continente, tra cui Francia, Grecia e Italia, hanno ricevuto accuse di abusi e di trascuratezza nel corso degli anni. Molte organizzazioni umanitarie sostengono che alcuni di questi centri di detenzione violano l'articolo 3 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo, che vieta il trattamento inumano o degradante.

In Italia, i migranti non richiedenti asilo, affrontano la controversa legge sull'immigrazione Bossi-Fini, che prevede che i migranti devono stipulare contratti di lavoro prima di entrare nel paese. Questa legge del 2002 prevede il reato di immigrazione clandestina con sanzioni pecuniarie e detenzione. In Grecia, la prolungata detenzione di migranti e richiedenti asilo, talvolta mescolati con detenuti criminali, ha suscitato una ripetuta censura di molte organizzazioni. Mentre nel settembre del 2015 in Ungheria, sono state adottate una serie di leggi molto severe in tema di carcerazione dei migranti irregolari. Il Governo ungherese ha anche dispiegato truppe armate al suo confine.

I bilanci per le questioni in materia di migrazione e di asilo, in molti di questi Stati di entrata, maggiormente colpiti dalla crisi economica, non hanno tenuto conto delle crescenti esigenze e dei bisogni. Nell'agosto del 2015, la Commissione europea ha approvato un pacchetto di aiuti di emergenza per 2,4 miliardi di euro, con 560 milioni di euro stanziati per l'Italia e 473 milioni di euro per la Grecia per sovvenzionare i loro sforzi di salvataggio dei migranti per i successivi sei anni. Tuttavia, questi fondi sono insufficienti vista la crescente entità della crisi. del piano politico della Commissione europea in materia di asilo presentato nel giugno 2008. Come indicato nel piano politico, tre pilastri fondano lo sviluppo del CEAS: portando più armonizzazione agli standard di protezione allineando ulteriormente la legislazione degli Stati membri in materia di asilo; una cooperazione pratica efficace e ben sostenuta; maggiore solidarietà e senso di responsabilità tra gli Stati dell'UE e tra i paesi dell'UE e quelli extracomunitari. Sono state ora approvate nuove norme UE, che definiscono norme comuni e una maggiore cooperazione per garantire che i richiedenti asilo siano trattati in modo equo in un sistema aperto e giusto - ovunque si applichino.

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18 Al contrario, i migranti nei paesi europei del nord e dell'ovest, più ricchi, trovano centri d'asilo relativamente ben gestiti e generose politiche di integrazione. Ma questi paesi più difficili da raggiungere rimangono ancora inaccessibili a molti immigrati che cercano protezione internazionale.

Il clima politico, sempre più polarizzato sul blocco delle frontiere, specie per i partiti nazionalisti e anti-immigrati, è parzialmente colpevole per la mutata risposta umanitaria da parte di alcuni Stati. «Paesi come Francia e Danimarca hanno anche citato le preoccupazioni in materia di sicurezza come giustificazione per la loro riluttanza nell'accettare i migranti provenienti dal Medio Oriente e dall'Africa settentrionale, in particolare dopo le riprese terroristiche di Parigi e Copenaghen all'inizio del 2015». 13

Sottolineando questo punto, i leader di paesi dell'Europa orientale come l'Ungheria, la Polonia, la Slovacchia e la Repubblica Ceca hanno recentemente espresso una forte preferenza per i migranti non musulmani . La Slovacchia ha annunciato di accettare solo i rifugiati cristiani dalla Siria. La Polonia ha analizzato in modo simile la concessione di asilo ai cristiani siriani, e il capo dell'ufficio di immigrazione del paese ha ammesso al Financial Times che «il tema religioso dei [richiedenti] avrà un impatto sulle loro domande di status di rifugiato».14

In Ungheria, il primo ministro Viktor Orban ha dichiarato in modo esplicito le sue politiche anti-migranti: in modo particolare anti-musulmani. La selezione dei migranti basata sulla religione è in una chiara violazione delle leggi antidiscriminazione dell'Ue, questi leader hanno difeso le proprie politiche puntando ai disagi dei propri elettori con le comunità musulmane in crescita. La recente crisi economica ha anche stimolato un cambiamento demografico in tutto il continente, con i cittadini degli Stati membri colpiti dalla crisi che migrano verso nord e occidente in cifre record in cerca di lavoro. Al contrario, la Germania e la Svezia hanno presentato alcune delle politiche di asilo più generose nell'Ue. Nel settembre del 2015, Berlino si è impegnata ad accogliere circa 800.000 migranti stanziando circa 6 miliardi di euro. «Se l'Europa fallisce sulla questione

13PARK, Europe’s Migration Crisis.

Cfr. https://www.cfr.org/backgrounder/europes-migration-crisis#chapter-title-0-6

14 ROBINSON, The Financial Times.

Cfr. https://www.ft.com/content/6edfdd30-472a-11e5-b3b2-1672f710807b

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19 dei rifugiati [ha ammonito la Cancelliera Angela Merkel] allora non sarà l'Europa che abbiamo voluto».15

I funzionari tedeschi hanno inoltre segnalato che il paese era pronto a prendere 500.000 richiedenti asilo all'anno per diversi anni. Allo stesso modo, le politiche di accoglienza dei richiedenti asilo in Svezia, ha fatto registrare un’impennata della richiesta in preferenza rispetto ad altri paesi dell'Ue nel 2014. Stoccolma aveva annunciato che avrebbe offerto una residenza permanente a tutti i candidati siriani nel 2013.

Da un Report16 del 2015 della Commissione europea si può dedurre che le politiche di immigrazione della Germania e della Svezia hanno anche un senso economico, data la traiettoria demografica dell'Europa che registra un declino dei tassi di natalità mentre le popolazioni invecchiano. I migranti potrebbero incoraggiare le economie dell'Europa - come lavoratori, contribuenti e consumatori- e aiutare a rifornire le famose reti di sicurezza sociale. Ma i cittadini dell'Unione europea potrebbero considerare i migranti come concorrenti economici e non contributori. L'argomento demografico, infatti, presenta un paradosso politico per alcuni Stati membri, «In Spagna c’è circa il 50% di disoccupazione giovanile, eppure la Spagna avrebbe bisogno di migranti».17

4. L’Agenda Europea sulla migrazione 2015

Il 23 aprile 2014, nel quadro della sua campagna per diventare Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker aveva presentato a Malta un piano in cinque punti sull’immigrazione con cui sollecitava maggiore solidarietà nella politica migratoria dell’Unione.

Nell’assumere l’incarico di Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker ha affidato a un Commissario con competenza speciale per la migrazione

15 EDDY,Cfr. https://www.nytimes.com/2015/09/01/world/europe/germany-migrants-merkel.html 16 Commissione Europea, The 2015 Ageing Report: Underlying Assumptions and Projection

Methodologies, in European Economy 8|2014, p. 386 e ss.

Cfr. http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/european_economy/2014/pdf/ee8_en.pdf

17 EAVIS, The New York Times. Cfr.

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20 l’incarico di elaborarne una nuova politica; è questa una delle dieci priorità degli orientamenti politici in base ai quali il Parlamento europeo ha eletto la nuova Commissione.

Quindi, sulla scorta di una proposta della Commissione europea, con la Dichiarazione18 del Consiglio europeo del 23 aprile 2015 gli Stati membri hanno

sancito l’impegno a agire rapidamente per salvare vite umane e intensificare l’azione dell’Ue nel settore della migrazione.

Subito dopo la dichiarazione del Consiglio europeo la Commissione Europea ha comunicato l’Agenda Europea sulla migrazione19.

La prima parte dell'Agenda europea sulla migrazione definisce misure immediate per prevenire le tragedie umane e rafforzare i meccanismi per affrontare le emergenze. Ciò avverrà rafforzando la presenza in mare per salvare vite umane, prendendo di mira le reti criminali di contrabbando, rispondendo ad elevati volumi di arrivi all'interno dell'Ue con un meccanismo di distribuzione per richiedenti asilo (delocalizzazione), portando un numero maggiore di rifugiati da paesi terzi (reinsediamento) in modo sicuro e legalmente verso l'Ue e utilizzando gli strumenti operativi e finanziari dell'Ue per aiutare gli Stati membri in prima linea.

La struttura progettata per rispondere alle sfide immediate nel Mediterraneo rimarrà anche in vigore per aiutare gli Stati membri a gestire eventuali future significative pressioni migratorie, ovunque si trovino sui confini dell’Ue.

La crisi migratoria nel Mediterraneo che ha messo in luce i bisogni immediati, ha anche rivelato molto limiti strutturali della politica migratoria dell'Ue e sugli strumenti a sua disposizione. L’Agenda europea può essere vista come un'opportunità per trovare il giusto equilibrio nella politica migratoria e inviare un messaggio chiaro ai cittadini sul fatto che la migrazione può essere gestita meglio collettivamente: da tutti gli attori dell'Ue. Ecco perché l'Agenda europea sulla migrazione definisce anche un nuovo approccio strategico per gestire una migliore migrazione a medio e lungo termine, basandosi su quattro direttrici:

1) riducerre gli incentivi per la migrazione irregolare; 2) salvare vite umane e proteggere i confini esterni;

18Riunione straordinaria del Consiglio europeo, 23 aprile 2015 – Dichiarazione. PRESS IT 204/15.

Cfr. http://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2015/04/23/special-euco-statement/

19 Commissione Europea, Agenda Europea sulla migrazione. Bruxelles, 13.5.2015 COM(2015) 240

final. Cfr. https://ec.europa.eu/home-affairs/sites/homeaffairs/files/what-we-do/policies/european-agenda-migration/background _on_the_european_agenda_on_migration_it.pdf

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21 3) una forte politica comune in materia di asilo;

4) una nuova politica sulla migrazione legale.

Inoltre la Commissione ha adottato una proposta di bilancio rettificativo, triplicando il bilancio per le operazioni congiunte di Frontex: Triton e Poseidon nel 2015. Analogamente per il bilancio 2016 e successivi. La Commissione ha sollecitato i colegislatori, il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea, per dare rapidamente seguito agli impegni assunti e adottare senza indugio il bilanci rettificativi.

Il piano operativo Triton20, concordato tra Frontex e l'Italia, presentato in maggio 2015 espone sia il numero di risorse dispiegate che l'ambito geografico dell'operazione, in modo che Frontex possa svolgere il duplice ruolo di coordinamento del supporto operativo alle frontiere per gli Stati membri sotto pressione e contribuire a salvare la vita dei migranti in mare.

Dal punto di vista finanziario la Commissione ha messo a disposizione un totale di 89 milioni di euro di finanziamenti supplementari a carico del bilancio dell'Ue nel 2015. Inoltre per aiutare gli Stati membri in prima linea a ricevere un numero maggiore di migranti, la Commissione ha proposto di aumentare il Fondo per l'asilo, la migrazione e l'integrazione (AMIF) di 57 milioni di euro. Tale importo sarà utilizzato per raddoppiare l'assistenza di emergenza per tutte le fasi del processo dopo il primo arrivo e screening dei migranti (25 milioni di euro), per attuare un progetto pilota volontario sul reinsediamento (25 milioni di euro) e rafforzare lo sviluppo regionale e i programmi di protezione per il Nord Africa e il Corno d'Africa (7 milioni di euro). Inoltre, la Commissione ha proposto di aumentare il Fondo di sicurezza interna (ISF) di 5 milioni di euro per coprire l'assistenza di emergenza per le attività di sorveglianza svolte nell'ambito delle operazioni Triton e Poseidon come il primo soccorso medico e l'identificazione dei migranti.

Per far fronte alla situazione nel Mediterraneo, la Commissione ha proposto di attivare il sistema di risposta alle emergenze previsto dall'articolo 78, paragrafo 3 [1] del trattato sul funzionamento dell'Unione europea . La proposta include un meccanismo di ricollocazione temporaneo per i richiedenti asilo in evidente

20 Senato della Repubblica XVII Legislatura, Servizio studi - Dossier N5 Salvare vite umane in mare:

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22 bisogno di protezione internazionale per garantire una partecipazione equa ed equilibrata di tutti gli Stati membri in questo sforzo comune. Lo Stato membro ricevente sarà responsabile dell'esame della domanda di asilo in conformità con le norme dell'Ue stabilite. La Commissione ha definito una chiave di ridistribuzione basata su criteri quali il PIL, le dimensioni della popolazione, il tasso di disoccupazione e il numero passato di richiedenti asilo e di rifugiati reinsediati. Poiché il bilancio delle vittime nel Mediterraneo è causato principalmente dai contrabbandieri che sfruttano la disperazione dei migranti e mettono a rischio la loro vita, la priorità per l'Europa è smantellare le reti criminali che organizzano tali viaggi. L'obiettivo fondamentale dell'azione dell'Ue in questo settore sarà lo sviluppo di una serie completa di iniziative attraverso un piano d'azione volto a trasformare le reti di contrabbando dalle operazioni di "basso rischio, alto rendimento" per i criminali a quelle "ad alto rischio, a basso rendimento". Nel piano d'azione, la Commissione ha proposto iniziative per intensificare le indagini e il perseguimento delle reti criminali di contrabbandieri, per contribuire a disgregarli, consegnare i responsabili alla giustizia e cogliere i loro beni, attraverso un'azione rapida da parte delle autorità degli Stati membri in cooperazione con le agenzie dell’Ue.

L'AR/ Vicepresidente della Commissione ha già presentato opzioni per possibili operazioni di politica di sicurezza e di difesa comune per identificare sistematicamente le navi catturate e distrutte utilizzate dai contrabbandieri. Tale azione, svolta in conformità del diritto internazionale, viene intesa come una potente dimostrazione della determinazione dell'Ue ad agire. Si prevede di far di più per mettere in comune e utilizzare meglio le informazioni per identificare e rivolgersi ai contrabbandieri. EUROPOL costituisce un punto di accesso unico

per la cooperazione tra agenzie sul contrabbando, inoltre ha il compito di

intraprende iniziative per chiedere la rimozione di contenuti Internet utilizzati dai contrabbandieri per attrarre migranti e rifugiati.

5. Il metodo basato sugli hotspot

Nell’Agenda Europea sulla migrazione (Bruxelles, 13.5.2015) la Commissione europea ha proposto di sviluppare il metodo basato sugli hotspot per dare sostegno

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23 agli Stati membri in prima linea nell’affrontare le fortissime pressioni migratorie alle frontiere esterne dell’Ue. L’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO), l’Agenzia dell’Ue per la gestione delle frontiere (FRONTEX), l’Agenzia di cooperazione di polizia dell’Ue (EEUROPOL) e l’Agenzia per la cooperazione giudiziaria dell’Ue (EUROJUST) lavorano sul terreno con le autorità dello Stato membro per aiutarlo ad adempiere agli obblighi derivanti del diritto dell’Ue e a condurre con rapidità le operazioni di identificazione, registrazione e rilevamento delle impronte digitali dei migranti in arrivo. Le attività delle agenzie saranno complementari. Il metodo basato sugli hotspot dovrebbe contribuire anche all’attuazione dei meccanismi temporanei di ricollocazione proposti dalla Commissione europea: le persone con evidente bisogno di protezione internazionale verranno individuate negli Stati membri in prima linea e dovrebbero essere trasferite verso altri Stati membri dell’Ue nei quali si dovrebbe trattare la loro domanda d’asilo. L’Italia e la Grecia sono i primi due Stati membri in cui si sta attuando il metodo basato sugli hotspot. Il sostegno operativo fornito si concentra su registrazione, identificazione e rilevamento delle impronte digitali e debriefing dei richiedenti asilo, e sulle operazioni di rimpatrio. Le richieste di asilo dovrebbero essere trattate più velocemente possibile con l’aiuto delle squadre di supporto dell’EASO che fornisce esperti del settore. Frontex cerca di aiutare gli Stati membri coordinando il rimpatrio dei migranti irregolari che non necessitano di protezione internazionale. Europol e Eurojust assiste lo Stato membro ospitante nelle indagini per smantellare le reti della tratta e del traffico di migranti. Per quanto riguarda i rimpatri, Frontex per l’Italia sta valutando il sostegno che può essere concretamente fornito dall’Agenzia, già presente in Grecia per l’operazione congiunta Poseidon, con l’invio di esperti di screening e esperti di debriefing, inoltre ha messo a disposizione interpreti, esperti di documentazione di alto livello, funzionari in prima linea, funzionari di supporto Frontex e team leader. L’EASO ha presentato alle autorità elleniche il piano operativo per gli hotspot in cui propone di mobilitare i suoi esperti. Oltre a queste risorse, Europol ed Eurojust danno sostegno a entrambi gli Stati membri. In Italia, il quartier generale di Catania sta coordinando le operazioni in quattro porti (Pozzallo, Porto Empedocle e Trapani in Sicilia e quello dell’isola di Lampedusa) che sono stati identificati come hotspot. In ciascuno di questi vi sono strutture di prima accoglienza che possono ospitare complessivamente circa 1500 persone ai fini dell’identificazione, della

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24 registrazione e del rilevamento delle impronte digitali. Altre due strutture di accoglienza sono state realizzate ad Augusta e Taranto. L’attuazione del metodo basato sui hotspot in Grecia si è sviluppato sul modello di quanto attuato in Italia. Sono state prese in considerazione le specifiche difficoltà geografiche che presenta la Grecia, con arrivi in zone diverse del paese. Il quartier generale in Grecia, per i differenti centri nei quali saranno convogliati i richiedenti asilo, è stato individuato nel Pireo.

6. La crisi dell’area Schengen

I movimenti secondari dei migranti che sfuggono al loro primo paese di ingresso, in chiara violazione del Regolamento di Dublino III, hanno messo in crisi la zona di Schengen dell'Ue, che ha eliminato i controlli delle frontiere tra i 28 paesi europei. Considerato inizialmente uno dei migliori risultati ottenuti dall'integrazione europea, è stato sottoposto a un controllo più approfondito alla luce dell'influenza dell’immigrazione attuale e delle preoccupazioni in materia di sicurezza. La problematica è emersa per la prima volta nell'aprile 2011, quando la Francia ha ripreso brevemente i controlli alle frontiere in risposta alle migliaia di rifugiati tunisini e libici provenienti dall'Italia confinante. La Danimarca ha seguito subito l’iniziativa reintroducendo controlli temporanei sui confini con la Svezia e la Germania.

Nell'agosto 2015, la Germania ha annunciato di sospendere il Regolamento Dublino per i richiedenti asilo siriani non effettuando i respingimenti dei siriani nel paese d'ingresso europeo. Questo gesto del più grande e più ricco paese europeo è stato visto come un importante gesto di solidarietà con gli Stati di entrata. Tuttavia, la Cancelliera tedesca Angela Merkel ha anche avvertito che il futuro dell’area Schengen era in pericolo se tutti gli Stati membri dell'Ue non avessero trovato un accordo per una distribuzione più equa dei migranti. Detto ciò, la Germania ha ripristinato i controlli alle frontiere lungo il suo confine con l'Austria nel settembre 2015, dopo aver ricevuto circa quarantantamila migranti durante un fine settimana. Austria, Paesi Bassi e Slovacchia subito dopo hanno rafforzato i propri controlli alle frontiere e questi sviluppi si possono considerare il più grande colpo a Schengen dalla sua esistenza ventennale.

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25 Mentre le regole di Schengen permettono ai paesi membri di istituire controlli di frontiera temporanei in circostanze di "public policy or national security", si teme che un afflusso continuo di migranti possa spingere più Stati membri a sospendere i viaggi senza frontiere, all’interno dell’area Schengen, per lunghi periodi di tempo. Vi è la possibilità che alcuni paesi europei reintroducano i confini interni con una maggiore frequenza, minando uno dei pilastri principali dell'UE, che è la libera circolazione delle persone. Infatti Francia, Germania, Austria, Danimarca chiedono di poter prolungare i controlli alle frontiere interne, in deroga al Codice Schengen, anche fino a quattro anni per ragioni di sicurezza. La Commissione europea ha già annunciato, a breve, una proposta di riforma in tal senso.

La Commissione europea, sulla migrazione e sulla crisi dei rifugiati, si è data come priorità o meglio come “imperativo umanitario”, una politica migratoria europea fondata sulla solidarietà e sull’equa ripartizione delle responsabilità tra gli Stati membri, valori che si scontrano in alcuni casi con egoismi e paure dei Governi e dei cittadini.

L’Italia e la Grecia, i due Paesi maggiormente investiti dagli sbarchi di chi fugge la miseria e la guerra, fanno fatica a sostenere l’onda d’urto e ribadiscono che il problema riguarda tutta l’Europa, ma non tutti gli Stati europei mostrano la stessa solidarietà.

Grazie soprattutto al lavoro umanitario dell’Italia nel 2016 sono salvate circa 400 mila persone dalla morte. Indicative, e deludenti, le cifre della redistribuzione dei rifugiati dall’Italia e dalla Grecia verso altri Paesi europei: nel settembre 2015 gli Stati membri avevano accolto la proposta della Commissione di ricollocare in due anni, entro il settembre 2017, 160 mila richiedenti asilo dall’Italia e dalla Grecia, ma nel 2016 ne sono stati ricollocati poco più di 7.500. L’obiettivo fissato dalla Commissione di ricollocare 6.000 persone al mese rimane molto lontano.

Per quanto riguarda in particolare l’Italia, in una relazione della Commissione che fotografa la situazione all’8 novembre 2016, si precisa che su circa 35.000 persone da ricollocare in altri Paesi europei, ci sono impegni formali per ricollocarne circa 5.000 e ne sono state effettivamente ricollocate circa 1.500.

Va meglio per il programma di reinsediamento adottato nel luglio 2015 per i profughi fuggiti in Paesi al di fuori dell’Ue (Medio Oriente, Corno d’Africa, Africa settentrionale): delle 22.500 persone bisognose di protezione internazionale concordate, ne sono state reinsediate oltre la metà, al 7 novembre 2016, provenienti

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26 prevalentemente da Turchia, Libano e Giordania. Di questi, 2.200 rifugiati siriani sono stati reinsediati dalla Turchia nell’Ue nell’ambito della dichiarazione Ue-Turchia del 18 marzo 2016, in base alla quale per ogni siriano rimpatriato in Turchia dalle isole greche un altro siriano viene reinsediato dalla Turchia all’Ue. Gli accordi con Ankara puntano a sostituire i flussi di migranti irregolari che viaggiano nel mare Egeo in condizioni pericolose con un processo di reinsediamento legale per i profughi siriani. Il meccanismo ha ridotto i tentativi di attraversamento via mare verso le isole greche: nell’ottobre 2015 arrivavano in media 10 mila persone al giorno, ora ne arrivano 100 al giorno.

Mentre Bruxelles chiede a ciascuno di fare la sua parte, va detto che l’Ue sostiene gli Stati membri più colpiti dai flussi migratori. Dall’inizio del 2014, all’Italia sono stati assegnati aiuti d’emergenza per oltre 23 milioni di euro, in aggiunta ai 600 milioni stanziati nell’ambito dei programmi nazionali per il periodo 2014-2020. Ma è la Grecia la maggiore beneficiaria dei fondi Ue per la migrazione: dall’inizio del 2015, alla Grecia sono stati accordati 353 milioni di euro di aiuti d’emergenza, in aggiunta ai 509 milioni già destinati per il periodo 2014-2020. Anche per la Bulgaria è stato previsto un sostegno finanziario aggiuntivo: 12 milioni di euro per fornire una sistemazione, cibo e medicine ai migranti e per equipaggiare le Guardie di frontiera bulgare (in aggiunta ai 91 milioni già previsti).

Per accelerare la risposta alle crisi umanitarie nell’Ue, la Commissione ha anche lanciato un nuovo strumento di assistenza emergenziale che mette a disposizione 700 milioni di euro per il periodo 2016-2018. I primi interventi saranno per la situazione in Grecia con 198 milioni di euro che serviranno a migliorare le condizioni di vita dei rifugiati. Inoltre è stata instaurata una cooperazione formale tra i paesi lungo il tragitto dei Balcani occidentali che prevede un meccanismo europeo di protezione civile atto a fornire aiuti materiali d’emergenza. Il meccanismo è stato attivato da Grecia, Croazia, Ungheria, Slovenia e Serbia.

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7. La gestione politica della crisi migratoria

Con la Decisione (Ue) 2015/160121 del 22 settembre 2015, i ministri dell'Ue hanno

accettato di ricollocare una quota di migranti - una piccola frazione di coloro che cercano asilo in Europa - dalla Grecia e dall'Italia in ventitré Stati membri.

La Grecia e l'Italia non saranno tenuti a riposizionare più migranti e la Danimarca, l'Irlanda e il Regno Unito sono esentati dalle politiche europee in materia di asilo previste dalle disposizioni del trattato di Lisbona del 2009. Il progetto è stato approvato nonostante le obiezioni della Repubblica Ceca, Ungheria, Romania e Slovacchia. Questo meccanismo di ricollocamento si basa su un precedente sistema di quote volontarie che ha invitato gli Stati membri a riposizionare quarantantamila migranti dalla Grecia e dall'Italia per un periodo di due anni.

La Corte di Giustizia dell’Unione europea, con la Sentenza22 della Grande Sezione del 6 settembre 2017, ha respinto il ricorso presentato dalla Slovacchia e dall’Ungheria avverso la decisione del Consiglio che aveva adottato a maggioranza

21 La Decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio, del 22 settembre 2015, istituisce misure temporanee

nel settore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia. « […Premesso che] Nella risoluzione del 28 aprile 2015 il Parlamento europeo ha ribadito la necessità per l'Unione di fondare la sua risposta alle recenti tragedie nel Mediterraneo sul principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità e di intensificare gli sforzi in questo settore nei confronti degli Stati membri che accolgono il numero più elevato di rifugiati e richiedenti protezione internazionale in termini assoluti o relativi. […] Soprattutto l'Italia e la Grecia hanno registrato flussi senza precedenti di migranti, fra cui richiedenti in evidente bisogno di protezione internazionale, che arrivano nei loro territori e generano una pressione significativa sui loro sistemi di asilo e migrazione. [… l’art. 4 della Decisione dispone la] Ricollocazione di 120 000 richiedenti negli Stati membri. […]Gli Stati membri, a intervalli regolari e almeno ogni tre mesi, indicano il numero di richiedenti che sono in grado di ricollocare rapidamente nel loro territorio e qualsiasi altra informazione pertinente.

Cfr. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A32015D1601

21 Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, sentenza 6 settembre 2017, cause riunite 643/15 e

C-647/15. «Ricorso di annullamento – Decisione (UE) 2015/1601 – Misure temporanee in materia di protezione internazionale a beneficio della Repubblica ellenica e della Repubblica italiana – Situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi nel territorio di alcuni Stati membri – Ricollocazione di tali cittadini nel territorio degli altri Stati membri – Quote di ricollocazione – Articolo 78, paragrafo 3, TFUE – Base giuridica – Presupposti di applicazione – Nozione di “atto legislativo” – Articolo 289, paragrafo 3, TFUE – Carattere obbligatorio per il Consiglio dell’Unione europea di conclusioni adottate dal Consiglio europeo – Articolo 15, paragrafo 1, TUE e articolo 68 TFUE – Forme sostanziali – Modificazione della proposta della Commissione europea – Requisiti di una nuova consultazione del Parlamento europeo e di un voto unanime in seno al Consiglio dell’Unione europea – Articolo 293 TFUE – Principi di certezza del diritto e di proporzionalità».

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28 la procedura di ricollocamento (c.d. relocation) all'interno dei Paesi membri dei rifugiati arrivati in Grecia e Italia. La Commissione, forte del principio enunciato nella pronuncia in esame, secondo la quale il meccanismo di ricollocamento “contribuisce effettivamente e in modo proporzionato a far sì che la Grecia e l'Italia possano far fronte alle conseguenze della crisi migratoria del 2015” ha affermato di valutare deferimenti alla stessa Corte di Giustizia di tutti i Paesi membri che risultassero inadempienti.

Lo stesso commissario all'immigrazione Dimitri Avramopoulos ha precisato, infatti, che “La porta per il rispetto della decisione di ricollocare rifugiati rimane aperta, ma se i Paesi membri non cambiano il loro approccio nelle prossime settimane siamo pronti a deferire l'Ungheria, la Repubblica Ceca e la Polonia dinanzi alla Corte europea di Giustizia” 23.

Come detto, la Decisione del Consiglio di procedere al ricollocamento dei migranti venne presa nel 2015, laddove il flusso migratorio aveva raggiunto l'apice, e tale piano prevede la redistribuzione di 120.000 richiedenti asilo in un periodo di due anni.

La Decisione - impugnata - venne adottata sulla base dell'art. 78 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea, ai sensi del quale “qualora uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare misure temporanee a beneficio dello Stato membro o degli Stati membri interessati. Esso delibera previa consultazione del Parlamento Europeo”.

Il governo ungherese, dal canto suo, non ha reagito positivamente alla decisione, definendola addirittura “irresponsabile” ed essendo pronto a battersi contro di essa con tutti i mezzi legali a disposizione.

Importante l'osservazione dei giudici europei, secondo i quali “il numero poco elevato di ricollocazioni effettuate a tutt'oggi in applicazione della decisione

23Dimitris Avramopoulos, Commissario europeo per la migrazione e gli affari interni, durante una

conferenza stampa sull'agenda europea sulla migrazione presso la sede della Commissione europea a Bruxelles, il 6 settembre 2017. REUTERS / Francois Lenoir. “If the member states that have not

relocated at all or not for a long time do not change their approach in the coming weeks, we should then consider to take the last step in the infringement procedure, taking Poland, Hungary and the Czech Republic to the European Court of Justice.”

Cfr. https://www.independent.co.uk/news/uk/politics/eu-refugees-migrants-crisis-quotas-legal-challenge-hungary-poland-slovakia-dimitris-avramopoulos-a7932376.html

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29 impugnata può spiegarsi con un insieme di elementi che il Consiglio non poteva prevedere al momento dell'adozione di quest'ultima, tra cui, segnatamente, la mancanza di cooperazione di alcuni Stati membri”.

La decisione della Corte giunge in un momento in cui l'Unione Europea sta cercando con ogni mezzo di limitare l'afflusso di migranti dall'Africa, anche mediante un accordo che prevede il pagamento di tre miliardi di euro per sostenere la Turchia nella difficile gestione dei rifugiati provenienti dal Medio Oriente, accordo che, però, non sembra trovare la piena approvazione del governo Turco e che rischia di mettere in pericolo i negoziati per l'adesione della Turchia all'Unione Europea.

Sebbene la procedura di ricollocamento sembri dare i suoi frutti, posto che a partire da gennaio del 2017 si sono registrati quasi 10.300 ricollocamenti, il quintuplo rispetto allo stesso periodo del 2016, la decisione della Grande Sezione corre il rischio di risultare priva di rilevanti effetti pratici per l’Italia, in quanto l’obbligo giuridico per gli Stati membri proseguirà ma solo a tutti coloro che saranno arrivati in Grecia o in Italia fino alla data del 26 settembre 2017.

Oltre ad assumere un maggior numero di richiedenti asilo, molti esperti dicono che l'Ue e le competenze globali devono fornire anche maggiori aiuti ai paesi del Medio Oriente come la Turchia, il Libano e la Giordania, che hanno portato la responsabilità primaria dei rifugiati siriani. Secondo l'UNHCR, 1,9 milioni di siriani si sono rifugiati in Turchia, 1,1 milioni in Libano e 630,000 in Giordania dall'inizio del conflitto nel 2011. Questo flusso ha alterato le demografie e le economie di questi paesi ospitanti, che ora stanno lottando per fornire cibo e rifugio di base per mancanza di finanziamenti.

Alcuni politici europei hanno chiesto di costruire centri di asilo in Nord Africa e Medio Oriente per consentire ai rifugiati di richiedere l'asilo senza intraprendere viaggi pericolosi in tutto il Mediterraneo e ridurre il numero di migranti irregolari che arrivano sulle rive europee. Tuttavia, i critici di questo piano sostengono che il numero elevato di candidati attesi a tali "punti caldi" potrebbe destabilizzare ulteriormente gli Stati già fragili.

Altre politiche proposte dalla Commissione europea prevedono l'elaborazione di una " lista dei paesi sicuri " che aiutino i paesi ad accelerare le domande di asilo e, ove necessario, i respingimenti. Alcun organizzazioni per la difesa dei diritti umani

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30 hanno tuttavia messo in discussione la metodologia utilizzata in quanto tali elenchi potrebbero violare i diritti dei richiedenti asilo.

Un piano in dieci punti sulle migrazioni – adottato con la Dichiarazione del Consiglio europeo del 23 aprile del 201524 - include le richieste di "uno sforzo

sistematico per catturare e distruggere navi usate dai contrabbandieri". Tuttavia è stato sostenuto che questa messa a fuoco sulla rottura delle operazioni di contrabbando non riesca a riconoscere i maggiori "fattori di spinta" che conducono la migrazione verso l’Europa: la povertà e i conflitti nei paesi del Medio Oriente, dell'Africa e dell'Asia meridionale che costringono molti a fuggire.

Nel maggio 2015, il capo della politica estera dell'Unione europea, Federica Mogherini, ha chiesto al consiglio di sicurezza dell'ONU l'autorizzazione all'uso

della forza militare contro i contrabbandieri umani e le loro navi fuori dalle coste

libiche. Il governo Libico riconosciuto a livello internazionale, tuttavia, ha respinto prontamente la proposta e la Russia, membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ha anche segnalato che avrebbe posto il veto su qualsiasi proposta volta a distruggere le imbarcazioni dei contrabbandieri. Nel settembre del 2015, Federica Mogherini ha annunciato i piani per rivedere la questione della distruzione delle imbarcazioni di contrabbandi con un governo di unità nazionale libica e con il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

I piani di quote e le operazioni navali potrebbero aiutare gli Stati membri dell'Ue a gestire meglio questa crisi, ma gli esperti consigliano cautela in quanto queste proposte da sole non ostacolano la marea dei migranti. Per questo, i leader europei dovrebbero affrontare le cause fondamentali della migrazione: aiutare a superare la guerra civile della Siria , ripristinare la stabilità in Libia e aumentare l'aiuto all'Africa sub-sahariana. Astenendosi da una soluzione politica a queste crisi regionali, l'Europa continuerà a lottare con gli afflussi migranti.

Le varie iniziative europee per gestire i flussi migratori fanno parte, come detto, dell’Agenda Europea sulla migrazione, presentata nel maggio 2015, nella quale la Commissione ha fatto confluire le misure che l’Unione europea dovrebbe intraprendere, subito e nei prossimi anni, per un approccio coerente e globale che permetta di cogliere i vantaggi e vincere le sfide che la migrazione reca in sé. Tra le azioni immediate, il potenziamento delle capacità e dei mezzi delle operazioni

23Riunione straordinaria del Consiglio europeo, 23 aprile 2015 – Dichiarazione.

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31 congiunte di Frontex, Triton e Poseidon. Inoltre, con l’Operazione militare navale Sophia, l’Ue contribuisce alla lotta contro il traffico di essere umani nel Mediterraneo. L’Onu ha allargato il mandato dell’Operazione, consentendo agli Stati membri di ispezionare le navi nelle acque internazionali al largo delle coste libiche per applicare l’embargo delle armi destinate all’Isis.

L’Ue aiuta gli sfollati all’interno della Siria, i rifugiati siriani e i paesi che li accolgono, compresi Libano, Giordania e Turchia. Alla Conferenza di Londra sulla Siria, l’Ue e gli Stati membri si sono impegnati a donare più di 3 miliardi di euro per il 2016, in aggiunta ai 6,8 miliardi mobilitati per la crisi siriana dal 2011. Ai rifugiati siriani in Turchia, sono stati destinati 3 miliardi di euro dai bilanci dell’Ue e degli Stati membri.

Drammatica per chi la vive, la migrazione solleva anche problemi di sicurezza per i paesi d’accoglienza. Per rafforzare le frontiere esterne la Commissione ha proposto l’istituzione di una Guardia costiera e di frontiera europea, che è stata creata a tempo di record ed è operativa da ottobre 2017 – si tratta di un’evoluzione di Frontex, che disponeva già di 600 agenti in Grecia, al confine con la Turchia, e di oltre 100 in Bulgaria. Con personale permanente più che raddoppiato, la nuova struttura disporrà di una squadra di riserva d’intervento rapida di 1.500 guardie di frontiera e di un parco attrezzature tecniche.

Viene inoltre rafforzato il Codice frontiere Schengen, in modo che ogni persona (cittadini Ue o di paesi terzi) che entra o esce sia sottoposto a controlli di sicurezza. La Commissione ha anche proposto un sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi (ETIAS) per rafforzare le verifiche di sicurezza sui passeggeri esenti dall’obbligo di visto. Il sistema automatizzato consentirà di ottenere dati su identità, documenti, residenza e motivazione del viaggio delle persone che si recano nello spazio Schengen ancora prima che arrivino.

Sono state poste le basi per riformare il sistema europeo di asilo, con proposte per armonizzare le condizioni nei vari paesi Ue, riformando il regolamento di Dublino attraverso un nuovo sistema di distribuzione delle domande di asilo tra gli Stati membri che si dimostri più equo ed efficiente. Ci saranno procedure più semplici e veloci, maggiori garanzie per chi chiede asilo, in particolare per i minori non accompagnati, ma anche norme più severe per prevenire gli abusi.

All’orizzonte, un nuovo modello di migrazione legale: la Commissione ha presentato un piano d’azione per l’integrazione e una proposta per attirare cittadini

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32 di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati. Con una proposta di riforma della Carta Blu, Bruxelles si prefigge di migliorare la capacità dell’Ue di attirare nuovi talenti. L’ingresso di lavoratori altamente qualificati avrebbe un impatto economico positivo, stimato tra 1,4 e 6,2 miliardi di euro.

C’è una dimensione esterna che sta assumendo sempre maggiore importanza, nell’ottica di affrontare alla radice le cause della migrazione. E visto il successo ottenuto in Europa dal Fondo europeo per gli investimenti strategici, la Commissione propone di esportarlo: lanciando un ambizioso piano di investimenti per l’Africa e il vicinato europeo che può raccogliere investimenti potenziali per 44 miliardi di euro. Se anche gli Stati membri metteranno mano al portafoglio, si potrà arrivare a 88 miliardi di euro. La logica sarà la stessa che ha funzionato in Europa: usare finanziamenti pubblici come garanzia per attrarre investimenti pubblici e privati e creare posti di lavoro. Il piano vuole offrire la possibilità di restare nel proprio paese a chi altrimenti farebbe viaggi pericolosi per cercare altrove una vita migliore.

Per promuovere le opportunità di lavoro, la sicurezza e lo sviluppo nelle regioni strategiche delle rotte migratorie dall’Africa all’Europa, è stato istituito un Fondo fiduciario d’emergenza per l’Africa, usando 1,9 miliardi di euro dal bilancio dell’Ue e dal Fondo europeo di sviluppo. Per gestire meglio i flussi migratori, sono state proposte nuove partnership con paesi africani chiave, cominciando da Etiopia, Mali, Niger e Senegal.

E’ in corso uno sforzo per rendere più efficace la politica dei rimpatri. Oltre all’accordo con la Turchia, l’Ue ha negoziato e concluso diversi accordi di riammissione con i Paesi d’origine e di transito per rimpatriare i migranti irregolari. E’ stata proposta una nuova lista Ue dei Paesi d’origine sicuri per consentire rimpatri più rapidi qualora un individuo non abbia diritto all’asilo. Sono stati previsti incentivi per alcuni Paesi, a partire da Algeria, Bangladesh, Marocco e Pakistan per garantire i rimpatri e le riammissioni. Alcuni Stati membri hanno espresso perplessità per l’inclusione della Turchia nella lista proposta dalla Commissione e Amnesty International ha manifestato preoccupazioni per il rischio che negli accordi con i Paesi terzi non vengano tenuti in considerazione i diritti umani. Il rafforzamento della cooperazione con i Paesi terzi di provenienza e di transito è d’altra parte al centro del Migration Compact, il non-paper (documento ufficioso) presentato dal Governo italiano in aprile 2016. Nel presentare questo

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33 documento, l’Italia evidenzia come le crescenti criticità dei flussi di migranti verso l’Ue, e in particolare la chiusura delle frontiere da parte di alcuni Stati membri e il rifiuto di condividere gli oneri nella gestione dei flussi, mettano a rischio la tenuta dell’Unione. Filo conduttore del Migration Compact è il concetto di condizionalità. L’idea centrale è di sviluppare un modello nel quale alle misure Ue di sostegno finanziario e operativo ai paesi partner corrispondano impegni precisi in termini di efficace controllo alle frontiere, riduzione del numero dei migranti, cooperazione per rimpatri e riammissioni, rafforzamento del contrasto al traffico di esseri umani. Nel frattempo, la mancanza di una risposta coordinata e proporzionale dell'Ue alla migrazione irregolare nel prossimo e a medio termine potrebbe continuare a nutrire sentimenti che spingono i singoli paesi a sottolineare la sicurezza nazionale sulla protezione internazionale. Ciò potrebbe spingere alla richiesta di confini con recinzioni di filo spinato e muri e rendere più frequenti e drammatici i respingimenti dei flussi migratori via terra. Tali pratiche contrasterebbero con gli ideali su cui è stata fondata l'Ue: come la protezione della vita umana e il diritto all'asilo.

Il Consiglio dei 28 Ministri degli Interni dell’Ue nel mese di settembre del 2017 ha espresso il suo appoggio alla strategia attuata dall'Italia in Libia che ha portato a una forte riduzione dei flussi migratori nel Mediterraneo centrale. Si è passati dai 28 mila arrivi di giugno a meno di 10 mila in agosto. Estonia e Italia hanno esortato gli Stati membri a contribuire al Fondo speciale per l'Africa. L’Ue ha ammesso la drammatica situazione in Libia denunciata dalle organizzazioni umanitarie: violenze, torture, stupri, riduzione in schiavitù per masse di migranti africani. Nonostante la forte riduzione dei flussi, Germania, Francia, Austria e Danimarca hanno chiesto di prorogare i controlli alle frontiere interne.

E’ prevista una Missione militare italiana nel sud della Libia, per creare una guardia di frontiera locale che dovrà presidiare la principale porta d'ingresso del traffico di esseri umani diretto in Italia. L’intervento potrebbe slittare al 2018. Verrà riesumato anche un grande progetto di Finmeccanica per la sorveglianza elettronica del confine. Le Nazioni unite hanno promesso di fare la loro parte aumentando ed accelerando i rimpatri dei migranti bloccati in Libia.

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8. Verso un accordo sul pacchetto globale in materia di migrazione

Rispondendo, dal 2015, alla più grave sfida migratoria dalla seconda guerra mondiale, l'Unione europea ha agito su diversi fronti. È gradualmente emerso un nuovo approccio per affrontare il fenomeno della migrazione, basato sulla combinazione di una serie di strumenti d'azione interni ed esterni. Dopo due anni, l'insegnamento tratto è che l'unica via da percorrere è quella di un approccio

globale. Concentrarsi solo sulla dimensione interna e sugli aiuti agli Stati membri

non è sufficiente e, al tempo stesso, una politica migratoria esterna non risolverebbe, da sola, questa sfida per l'Europa.

L'Ue ha adottato importanti misure per aiutare gli Stati membri maggiormente esposti agli ingenti afflussi di rifugiati e migranti, in particolare la Grecia e l'Italia. Attraverso la creazione di punti di crisi (hotspot), le amministrazioni e i servizi nazionali hanno lavorato insieme agli esperti delle agenzie dell'Ue, finendo per garantire una gestione più efficace della frontiera esterna. Gli Stati membri hanno espresso a loro volta solidarietà nel quadro del meccanismo di ricollocazione: dopo una difficile fase di avvio, il programma di ricollocazione ha consentito il trasferimento di circa 30.000 persone dalla Grecia e dall'Italia verso altri Stati membri dell'Ue, rivelandosi un prezioso strumento per aiutare le persone bisognose di protezione internazionale e per alleviare la pressione sui sistemi di asilo dei due paesi. La Grecia e l'Italia, come altri Stati membri, hanno ricevuto aiuti mirati anche nella forma di assistenza finanziaria. Attraverso lo strumento di sostegno di emergenza, con cui sono stati impegnati più di 440 milioni di euro per le attività di supporto ai rifugiati in Grecia, l'Ue ha introdotto questo nuovo strumento per affrontare le emergenze umanitarie all'interno delle sue frontiere.

E l'entrata in funzione della guardia di frontiera e costiera europea, recentemente creata grazie al rapidissimo accordo raggiunto sulla proposta della Commissione25, offre un strumento in più per rafforzare il controllo della frontiera

25 Regolamento(UE) 2016/1624 del parlamento Europeo e del Consiglio del 14 settembre 2016

relativo alla guardia di frontiera e costiera europea […], in GUUE L 251 del 16.9.2016, p.10 e ss. Il regolamento è stato proposto dalla Commissione europea il 15 dicembre 2015. Il 22 giugno 2016 il Parlamento europeo e il Consiglio hanno raggiunto un accordo politico e l'adozione formale ha avuto luogo il 14 settembre 2016, solo nove mesi dopo la presentazione della proposta. Il regolamento è entrato in vigore il 6 ottobre 2016; la riserva di reazione rapida e la riserva per il rimpatrio sono diventate operative il 7 dicembre 2016 e il 7 gennaio 2017.

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35 esterna e apportare velocemente assistenza agli Stati membri esposti a una forte pressione migratoria.

È inoltre necessario rafforzare le azioni intraprese lungo la rotta del Mediterraneo centrale per realizzare tutti gli aspetti della strategia definita nella dichiarazione di Malta e nel piano d'azione relativo al Mediterraneo centrale. L'Ue e gli Stati membri, in cooperazione con le autorità libiche, l'Unione africana, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati e altre agenzie delle Nazioni Unite, intensificheranno le azioni per garantire la protezione di migranti e rifugiati nel paese nel pieno rispetto dei diritti umani, e per porre fine alla violenza e agli abusi da parte delle reti criminali. A tale scopo l'Ue ha costituito una task force con l'Unione africana e le Nazioni Unite per salvare e proteggere la vita dei migranti e dei rifugiati lungo le rotte e in particolare in Libia, come annunciato ad Abidjan il 29 novembre 2017. Ciò consentirà di accelerare il programma dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni relativo ai rimpatri volontari assistiti dalla Libia verso i paesi d'origine, grazie al finanziamento di altri 15.000 rimpatri da realizzarsi nel 2018. A seguito della creazione, a Tripoli, di uno “strumento per il transito e la partenza” destinato a persone che necessitano di protezione internazionale, l'Ue e gli Stati membri dovrebbero sostenere i reinsediamenti dalla Libia attraverso il meccanismo di transito di emergenza dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, con i 1.000 reinsediamenti già effettuati in febbraio 2018. Smantellare il modus operandi dei trafficanti resta una priorità. In tale contesto, l'Ue dovrebbe sostenere nuovi progetti a favore della creazione di occupazione e dello sviluppo socioeconomico nelle municipalità locali, in particolare in Libia e in Niger.

Nella Tabella di marcia per un accordo entro giugno 2018 sul pacchetto globale in materia di migrazione la Commissione invita i leader dei Paesi membri a trovare un accordo sui seguenti elementi di una tabella di marcia, in modo da concordare poi un pacchetto globale entro giugno 2018.

• Intensificare i lavori sulla riforma del sistema europeo comune di asilo che prevede tra l’altro un mandato di negoziato per il Consiglio sul Regolamento Dublino.

• Completare l'instaurazione di un efficace sistema di gestione delle frontiere

esterne, garantendo in particolare che gli Stati membri mettano a disposizione tutte

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