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CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

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Academic year: 2021

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CONSIDERAZIONI

CONCLUSIVE

Nei mesi successivi all'entrata in vigore della Legge 23 marzo 2016, n.41, Introduzione del reato di omicidio e lesioni personali stradali, le rilevazioni della polizia stradale e dell'arma dei carabinieri hanno accertato un calo di 0,1 per cento del numero degli incidenti stradali rispetto allo stesso periodo del 2015: sono stati registrati ventotto vittime in meno (con un calo di due punti percentuali), mentre sono aumentati, seppur di poco, il bilancio di persone che hanno riportato lesioni gravi (più uno per cento) e lievi (più 0,5 per cento).

Non può non notarsi come tali numeri siano impietosi se si paragonano a quelli dei mesi successivi all'entrata in vigore del D.L. 27 giugno 2003, n. 151 (convertito in Legge 1° agosto 2003, n. 214), che introduceva nel nostro ordinamento il sistema della patente a punti, e nei quali fu registrato un calo di ben il ventitre per cento degli incidenti con esiti mortali.

Vero è che ciò è dovuto soprattutto al fatto che la riforma della patente toccava da vicino tutti gli utenti della circolazione stradale su motore, mentre la riforma analizzata in questo elaborato introduce un reato che, almeno a livello teorico, potrebbe essere ancora sentito lontano dalla gente comune: occorrerà attendere la formazione di una giurisprudenza per valutare la reale capacità deterrente della riforma.

Tuttavia, non può negarsi che ciò potrebbe essere determinato anche dallo scarso effetto deterrente che solitamente vengono a produrre previsioni sanzionatorie eccessivamente alte rispetto a sanzioni sicuramente, in termini assoluti, più tenui ma, comunque, sentite come più "vicine” dall'utente comune e che riescono a colpire più da vicino interessi primari.

L'idea secondo cui il mezzo più efficace per garantire il rispetto della 166

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legge sia quello di fare ricorso a misure dotate del massimo coefficiente di afflittività è inequivocabilmente rigettata ormai da tempo da autorevole dottrina, ma riscuote ancora un enorme successo nelle politiche incriminatrici del nostro legislatore, principalmente quale vero e proprio slogan politico (ed elettorale).

Occorrerebbe sempre rammentare che l'art. 27 Cost. individua come uno dei compiti primari della pena la fondamentale opera di rieducazione del colpevole: la pena deve essere, quindi, in grado di far percepire al reo il significato teleologico della sanzione, e ciò ancor di più in un settore come la circolazione stradale, nella quale il reo, prima o poi, tornerà certamente ad essere un utente attivo.

Se la legge n. 41 del 2016 saprà veramente svolgere quell'opera di dissuasione, che le associazioni rappresentative della vittime della strada promuovevano, sarà solo il tempo – e la giurisprudenza – a dirlo.

Quello che appare certo, invece, sin da subito, è che la legge risponderà positivamente alle istanze punitive e satisfattive, che provengono dall'opinione pubblica.

Occorre, infine, sottolineare come forse sia arrivato il tempo di predisporre un serio e valido sistema di educazione stradale, in grado di creare, attraverso un processo di sensibilizzazione e maturazione, una nuova generazione di utenti, in possesso di una matura “coscienza stradale”, in grado di conciliare la imprescindibile libertà di movimento con la difesa della propria e altrui incolumità e vita.

Il problema dell'incidentistica stradale con esiti mortali richiede, in conclusione, più che sanzioni sempre più severe, una vera educazione stradale “globale”, finalizzata a formare dei soggetti responsabili, rispettosi delle regole di condotta inerenti a tutte le diverse situazioni di spostamento, siano esse quelle del conducente di veicoli a motore, del ciclista o del pedone.

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