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3. La zona nord-occidentale della città 3.1. L’area del Ceramico dall’origine alla nascita dell’agorà

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3. La zona nord-occidentale della città

3.1. L’area del Ceramico dall’origine alla nascita dell’agorà

Dopo i pochi ma significativi resti di manufatti di età neolitica1, la vera occupazione dell’area a nord-ovest dell’Acropoli, che sarebbe diventata sede della celebre agorà ateniese (fig. 52), si data a partire dall’età micenea, quando la zona viene occupata da un vasto cimitero costituito da tombe a camera di dimensioni monumentali2.

Fig. 52. Veduta aerea del centro di Atene (LONGO 2007, p. 120, fig. 2).

1 IMMERWAHR 1971, pp. 1-21. 2 IMMERWAHR 1971, pp. 97-110.

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All’interno della zona occupata dal cimitero miceneo, le pendici delle colline più grandi sembrano aver determinato la posizione delle più importanti tombe a camera; infatti, il versante settentrionale della collina dell’Areopago, la più vicina all’Acropoli, ha restituito quattro tombe che formano un gruppo speciale sia per dimensioni che per ricchezza dei rinvenimenti. Un’altra posizione favorita per la costruzione di camere funerarie sembra essere stata il versante est del Kolonos Agoraios dove, però, le successive attività edilizie sul lato ovest dell’agorà hanno distrutto le preesistenze. La collina delle Ninfe, invece, non sembra essere stata particolarmente interessata dalle sepolture micenee, ma comunque servì per un piccolo cimitero ordinario in un periodo di poco successivo. Inoltre, un’antica tomba a camera molto ricca, forse parte di un cimitero più grande ora distrutto, era localizzata sulla Collina di Filopappo.

La maggior parte delle tombe, però, era concentrata nell’area della vera e propria futura agorà, una zona che è ormai quasi tutta allo stesso livello, ma che in epoca micenea doveva aver avuto piccoli dossi e declivi che determinarono l’orientamento dei dromoi delle tombe a camera. Parte di questa necropoli era costituita da un gruppo di tombe, posto lungo il lato ovest della più tarda piazza pubblica, e da un più vasto nucleo di sepolture, nel suo angolo nord-est. Qui la direzione prevalente dei dromoi è verso nord, cosa che fa pensare che la zona centrale dell’agorà in epoca micenea fosse un po’ più elevata e, probabilmente, inclinata verso l’Eridano, oltre che costeggiata da una strada che correva da ovest a est. Un ultimo gruppo di sepolture si trovava un po’ più isolato nell’area centro-sud della futura agorà, oggi separato dal gruppo funerario più grande a nord-est mediante la Via Panatenaica.

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Delle quarantuno sepolture micenee individuate in totale, solo poco più della metà erano certamente tombe a camera, mentre dodici di esse erano costituite da semplici tombe a fossa o a cista, con i singoli defunti deposti in una fossa rettangolare o ovale spesso coperta con lastre di pietra, occorrenza piuttosto inusuale per una necropoli micenea3. Più della metà delle tombe si data al periodo Miceneo III A, soprattutto nella sua parte iniziale (XIV sec. a. C.), le restanti sepolture al III B o III C (XIII-inizio XII sec. a. C.)4.

La necropoli ospitava senza dubbio defunti di un certo rilievo, dal momento che nelle due più ricche camere funerarie sulle pendici settentrionali dell’Areopago sono stati trovati ornamenti aurei, tra cui alcune maschere in lamina d’oro che presumibilmente ornavano il volto dei defunti, ma anche preziosi oggetti in steatite, avorio, osso, conchiglie, pasta vitrea, e statuine femminili in terracotta5.

All’inizio dell’età protogeometrica, nello spazio che verrà occupato dalla più tarda agorà di Atene, risalgono le prime evidenze che, almeno fino al VII sec. a. C., permettono di qualificare l’area come centro di produzione ceramica6 (fig. 53) e, secondo l’opinione più diffusa, anche come centro abitato7, oltre che come

cimitero, funzione che conosce una continuità ininterrotta, con l’insistenza nelle stesse zone di sepolture di epoche diverse8.

3 IMMERWAHR 1971, p. 98. 4 IMMERWAHR 1971, p. 110. 5 IMMERWAHR 1971, pp. 108-109.

6 YOUNG 1951, pp. 135-288; MONACO 2000; PAPADOPOULOS 2003. 7 MONACO 2003, p. 17, passim; MORRIS 1987; WHITLEY 1991. 8 IMMERWAHR 1971, passim; D’AGOSTINO 1990, pp. 148-179.

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Fig. 53. Pianta dell’area dell’Agorà del Ceramico con i depositi ceramici della prima età del Ferro (PAPADOPOULOS 1996, p. 117, fig. 3).

J. Papadopoulos, contrariamente all’opinione condivisa, ritiene che le sepolture di età sub-micenea, protogeometrica e geometrica nell’area della futura agorà, non costituivano piccoli nuclei riferibili a insediamenti diversi, ma costituivano parte di quattro grandi necropoli (fig. 54): una prima, sulle pendici settentrionali dell’Areopago; una seconda, sopra e intorno al Kolonos Agoraios; una terza, lungo la riva meridionale dell’Eridano, sotto e intorno al limite settentrionale della futura Stoà di Attalo; una probabile quarta, attestata da sole tre tombe, in un’area a nord del fiume9.

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Fig. 54. Pianta dell’Acropoli di Atene e dell’area di nord-ovest occupata da sepolture (da PAPADOPOULOS 1996, p. 110, fig. 1).

Inoltre, lo studioso mette in evidenza come la presenza di fornaci e botteghe di produzione ceramica in un’area occupata precedentemente da necropoli, o viceversa, sia attestata in un gran numero di siti (Argo, Sindos, Rodi, Atalanta, Torone), associazione dovuta al fatto che, sia le aree di sepoltura che le aree produttive, erano generalmente situate all’esterno dell’area destinata alle abitazioni10. Per tale motivo, Papadopoulos sostiene che la presenza di tombe e di botteghe artigianali individuate a nord-ovest dell’Acropoli e ad est del Kolonos Agoraios fosse così elevata nella prima Età del Ferro da escludere la possibilità che tali aree fossero destinate anche ad usi abitativi, conclusione diametralmente opposta rispetto alla comune idea che considera questa zona come uno dei più antichi settori abitativi di Atene11. Dunque, a suo avviso, l’evidenza desumibile

10 PAPADOPOULOS 1996, p. 122; PAPADOPOULOS 2003, p. 276.

11 Secondo lo studioso, la distribuzione di impianti produttivi e tombe in quest’area non è casuale,

dal momento che i depositi contenenti scarti ceramici tendono a concentrarsi nella porzione centrale dell’area, tra il Kolonos Agoraios, la riva meridionale dell’Eridano e le pendici settentrionali dell’Areopago, quasi completamente libera da sepolture (PAPADOPOULOS 2003, p. 275).

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dall’analisi dei riempimenti dei pozzi sarebbe da riferire totalmente agli impianti produttivi e non alla presenza di eventuali abitazioni, rifiutando, così, anche l’ipotesi secondo cui la struttura ellittica rinvenuta sulle pendici nord dell’Areopago sia un’abitazione di età geometrica12.

Questa interpretazione è stata completamente respinta, prima che da M. C. Monaco13, anche da E. Greco14, il quale, sulla scia di una lunga tradizione di studi, partendo dalla considerazione dello statuto dell’artigiano in età così antiche, non riteneva verosimile l’ipotesi di una tale netta separazione tra area lavorativa e zona insediativa. Anche J. M. Camp15 ritiene che le evidenze indirette restituite dal settore nord-occidentale della città non lasciano dubbi riguardo la sua funzione abitativa e insieme funeraria, databile dal 1000 al 600 a. C. circa.

La critica più forte mossa all’interpretazione di J. Papadopoulos nasce dal fatto che, secondo lo studioso, l’abitato della prima età del Ferro non era localizzato qui, ma sopra e intorno l’Acropoli, soprattutto a sud di essa, come sostenuto da Tucidide (Thuc. II, 15, 3)16. Dunque, negando l’esistenza e la veridicità storica di un qualsiasi tipo e forma di sinecismo e rifiutando il modello insediativo kata

komas, viene ipotizzata, con una prospettiva piuttosto modernista, l’esistenza già

nell’età del Ferro di una vera e propria città di Atene, centralizzata e articolata intorno all’Acropoli. Quindi, sulla rocca e a sud, sarebbe da ricercare l’abitato, nell’area della successiva agorà, il centro esclusivamente produttivo (il Ceramico appunto), mentre tutto attorno si sarebbero estese le necropoli (fig. 55).

12 BURR 1933. Papadopoulos ritiene che la struttura sia un heroon strettamente connesso alle più

importanti tombe a camera di età micenea (PAPADOPOULOS 1996, p. 126; PAPADOPOULOS 2003, pp. 299, 314).

13 MONACO 2000, pp. 17-34, 130-131; 2003, p. 690. 14 GRECO 1997, pp. 210-211.

15 CAMP 1986, p. 33.

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Fig. 55. Atene, posizione dei principali gruppi di tombe dell’età del Ferro (PAPADOPOULOS 2003, p. 299).

Invece, secondo l’opinione di M. C. Monaco, la sola considerazione delle aree di necropoli, più facilmente individuabili rispetto agli abitati, mostra una realtà composta da nuclei sparsi su un’area molto vasta che, esorbitando dal circuito delle successive mura temistoclee, almeno a nord-ovest, si estendeva per diversi chilometri e sembra interessata da sepolture sparse fino alla zona dell’Accademia. Inoltre, la studiosa ritiene difficilmente credibile l’esistenza di un’unica area abitata posta sull’Acropoli e a meridione, dal momento che anche lì, come dimostra la mappa (fig. 55), emerge in modo netto la presenza di sepolture17.

Come si diceva, in età Protogeometrica i riempimenti dei pozzetti situati nell’area centrale della futura agorà, sotto il più tardo Odeion, qualificano senza dubbio la zona come area produttiva, sede di uno o più ergasteria ceramici attivi

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durante tutto il periodo, a partire dalle sue fasi iniziali. Anche sulle pendici settentrionali ed occidentali dell’Areopago, durante il Protogeometrico medio, potrebbe essere stato attivo un altro nucleo produttivo compresente ad installazioni abitative18 (fig. 56).

Fig. 56. Atene, agorà in età protogeometrica (MONACO 2000, tav. 1).

Dunque, il composito quadro che si può delineare a partire da questo momento consiste in due distinte e parallele serie di attestazioni: da un lato, le evidenze funerarie e, dall’altro, i dati relativi agli impianti produttivi, testimoniati, per questo periodo, esclusivamente dai riempimenti dei pozzetti. Fu questa vocazione produttiva a determinare anche la scelta del nome con cui l’intero distretto nord-occidentale di Atene venne chiamato Kerameikós, cioè “quartiere dei vasai”.

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Come si è accennato, in questo periodo si continua a seppellire in aree occupate da sepolture sub-micenee, come risulta evidente sia per i nuclei più consistenti (le zone di necropoli del Kolonos Agoraios e della Stoà di Attalo), sia per le evidenze sparse19. Si tratta di gruppi numericamente rilevanti nella parte più settentrionale della più tarda agorà che, come tale, sembra qualificarsi in quest’epoca come area di necropoli per eccellenza.

Significativamente, come i dati di età geometrica iniziale e media sembrano confermare, con il finire del Protogeometrico e il passaggio all’età geometrica, l’area di necropoli pare spostarsi più a sud, lungo le pendici nord-occidentali dell’Areopago. A questa tendenza si accompagna l’aumento dei pozzi che, disposti tra l’Odeion e le pendici settentrionali ed occidentali dell’Areopago, al di fuori della zona di necropoli per eccellenza, sembrerebbero contrapporre ad una fascia più settentrionale, di uso prettamente funerario, una vasta area meridionale, a destinazione quasi esclusivamente produttiva e, secondo l’opinione più condivisa, abitativa, contrassegnata solo da sporadiche sepolture20. M. C. Monaco ritiene che nella zona esistevano case-ergasteria, individuate grazie al riempimento di alcuni pozzi, probabilmente alternate a semplici strutture abitative21, e che le evidenze funerarie non documentano la presenza di tombe sparse in relazione ad un abitato rarefatto, ma sepolture circoscritte per lo più entro aree ad uso sepolcrale che nel corso del tempo sembrano spostarsi da una zona all’altra della futura agorà22.

Dunque, l’area successivamente occupata dal centro politico, a partire dall’età protogeometrica si qualifica senza dubbio come centro di produzione, in

19 SMITHSON 1961.

20 MONACO 2000, pp. 20-23. 21 MONACO 2000, cit. 22 MONACO 2003, p. 690.

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cui era collocato il nucleo artigianale ceramico più importante dell’Atene dell’epoca. Coincidenza molto significativa, anche tenendo conto che, allo stato attuale delle nostre conoscenze, non risulta possibile stabilire se in altre zone dell’antica città operassero contemporaneamente installazioni produttive simili.

Il motivo per cui all’inizio dell’età del Ferro i ceramisti hanno privilegiato questa zona, forse insieme ad altre, per insediarsi ed installare le loro attività produttive, sta probabilmente nella presenza ravvicinata del fiume Eridano che può essere stato determinante non solo come fonte di approvvigionamento di acqua, ma anche di argilla23.

Per tutta l’età geometrica (figg. 57-59), in base ai dati disponibili, in verità molto scarsi soprattutto per la fase iniziale, si riscontra chiaramente una sorta di preferenza per l’installazione degli impianti produttivi nella zona centrale della più tarda agorà, a breve distanza dal corso dell’Eridano. Al contrario di tale area, che sembra conservare una costante funzione produttiva ed abitativa, le pendici settentrionali dell’Areopago, anche nelle loro propaggini orientali e occidentali, cambiano più frequentemente destinazione d’uso, come sembra dimostrare il susseguirsi di tombe e pozzi24.

Infatti, le evidenze archeologiche del Geometrico iniziale (fig. 57), per quanto molto ridotte, concorrono ad attestare significativi cambiamenti d’uso del territorio e il dato più sicuro è costituito dallo spostamento della necropoli a sud, sulle pendici settentrionali dell’Areopago25. Nel Geometrico medio (fig. 58),

23 MONACO 2000, p. 28; MONACO 2003, p. 695.

24 Non è riscontrato, però, un uso indistinto del territorio, quanto piuttosto un frequente alternarsi,

nella stessa zona, di evidenze abitative o sepolcrali, in corrispondenza di epoche diverse (MONACO 2000, p. 28).

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quando cresce il numero di dati in nostro possesso, si nota che l’area funeraria si estende, come in precedenza, sulle pendici nord e nord-ovest dell’Areopago; invece, il presunto abitato, stando alla distribuzione dei pozzi, sembra occupare l’area centrale dell’agorà, sino alle pendici occidentali dell’Areopago, area nei pressi della quale gravitano ancora una volta le tracce riferibili ad ergasteria. Infine, in età tardo-geometrica (fig. 59), quando il numero di evidenze aumenta nuovamente, si nota come la zona di necropoli occupa uno spazio diametralmente opposto rispetto a quello coperto in età medio-geometrica, collocandosi decisamente sulle pendici occidentali e nord-occidentali dell’Areopago, in un’ampia area ben circoscrivibile e delimitata, all’interno della quale le sepolture sono sparse o accorpate in gruppi di probabile origine familiare, a volte definiti da muri di recinzione. In questa fase, la zona abitativa e produttiva, meno nota nella sua estensione e caratterizzata da un’unica tomba sporadica, occupa gran parte della superficie della futura agorà, a partire dalle pendici nord-orientali dell’Areopago, che sembrano ormai aver perduto la precedente destinazione funeraria26.

Figg. 57-59. Atene, agorà in età geometrica iniziale, media e tarda (MONACO 2000, tavv. 2-4).

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Il quadro muta molto nel VII sec. a. C. (fig. 60), dal momento che alla fine dell’VIII sec., sparite le necropoli27 e chiusi i numerosi pozzi tardo-geometrici,

l’area della futura agorà sembra essere occupata esclusivamente da edifici privati e da due nuclei produttivi. Il primo di essi consiste in un ergasterion con fornace che opera, a partire dalla fine dell’VIII sec., per tutta la fase del Protoattico iniziale e medio ed è collocato ai margini occidentali dell’area, nelle immediate vicinanze meridionali della Tholos, addossandosi ad una ricca area di necropoli di età tardogeometrica, la quale, pur continuando ad essere rispettata, al momento della costruzione cessa di funzionare. Il secondo nucleo produttivo, che opera a partire dal secondo quarto e per tutta la seconda metà del VII sec. a. C., è rappresentato da una bottega posta ai margini orientali dell’area, nelle immediate vicinanze nord-occidentali dell’Eleusinion.28

27 Con la sola eccezione di tre tombe relative, rispettivamente, ad un infante, ad una giovane ragazza

e ad un bambino (MONACO 2000, p. 33).

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Fig. 60. Atene, agorà in età orientalizzante (MONACO 2000, tav. 5).

Il primo impianto (fig. 61), che nella sua forma allungata ed irregolare si allinea al coevo percorso stradale, era costituito da una stanza coperta destinata probabilmente a fini abitativi e da una successione di tre cortili29. Non sono chiare le cause che portarono all’abbandono del centro artigianale nella seconda metà del VII sec. a. C., ma, secondo Thompson, è possibile che l’evento sia da collegare anche alla vicinanza della Via Panatenaica, il cui margine sembra essere stato sottoposto a frequenti modifiche prima di risultare vincolato da importanti edifici30. Al di là di questa ipotesi, è certo che a partire dal VII sec. a. C. sembra essersi verificato un significativo spostamento delle botteghe ceramiche in aree diverse31.

29 BRANN 1962, p. 110. 30 THOMPSON 1960, p. 332. 31 BRANN 1962, p. 107.

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Fig. 61. Atene, agorà: ergasterion a sud della Tholos (MONACO 2000, Tav. 6).

Dunque, per tutto il perdurare dell’età orientalizzante il futuro centro della vita politica ed amministrativa di Atene risulta ancora occupato da edifici destinati alla produzione ceramica, ma non più da necropoli.

Rispetto ai numerosi dati di questo periodo, quello arcaico (fig. 62) si caratterizza per la scarsità e la differente tipologia dei resti archeologici riferibili agli impianti artigianali ceramici. La piazza della futura agorà ormai risulta completamente sgombra da pozzi, presumibilmente a causa del passaggio da una funzione privata ad una pubblica dell’area, ma, verso la metà del VI sec., il centro artigianale continua a vivere nel suo angolo nord-occidentale, dove sembra operare un impianto produttivo di terrecotte, specializzate soprattutto nella realizzazione di protomi femminili32. Inoltre, i resti gettati nei pozzi in seguito al passaggio dei

32 Il nucleo produttivo si compone di 26 frammenti di terrecotte, tra cui protomi femminili, di 5

matrici e di due tipi femminili stanti, forse derivati dalle stesse matrici. Le terrecotte coprono un arco temporale che va dalla metà del VI sec. a quella del V sec. a. C. circa. Tale scarto cronologico, unitamente alla presenza di elementi riferibili alla sfera produttiva, ha fatto ritenere che, nelle

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Persiani permettono di ipotizzare che sul lato orientale esistessero botteghe intese come punti di vendita di manufatti ceramici finiti, i cui ergasteria si collocherebbero al di fuori dell’area del futuro centro politico cittadino, non lontano dagli assi viari che congiungevano Atene con l’Accademia e con il Kolonos Hippios33.

Fig. 62. Atene, agorà: depositi in età arcaica (MONACO 2000, tav. 12).

Quindi, sembra attestato, a partire dall’età arcaica, uno spostamento dell’area produttiva verso altre zone della città, soprattutto quella ulteriormente a nord-ovest.

Nella ricerca delle cause di questo cambiamento, un importante punto di riferimento sembra costituito dalla comparsa della cerchia muraria post-persiana

immediate vicinanze del deposito, fosse stata attiva, per almeno un secolo, una bottega di coroplasti (MONACO 2000, pp. 34-36).

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attribuita a Temistocle, ma c’è chi ritiene che, già al momento della costruzione della cinta difensiva pre-persiana, venne spostato al suo esterno il quartiere produttivo34. Tuttavia, si deve considerare che il muro di fortificazione è tuttora

frutto di ricostruzioni prive di conferme archeologiche e che ad Atene la presenza di aree produttive risulta svincolata dalla comparsa dei circuiti murari.

Queste modifiche nella funzione dell’area, comunque, acquistano rilievo se considerate nel contesto storico generale che, a partire dall’età di Pisisrato e dei suoi figli, risulta ricco di trasformazioni e di mutamenti importanti. Infatti, alla volontà dei tiranni va attribuito un vasto programma edilizio attuato a partire dalla metà del VI sec. a. C., che coinvolse fortemente questo settore urbano che aveva completamente dismesso la sua precedente funzionalità di Ceramico. A loro, infatti, vanno collegate la costruzione dell’Edificio F, che intorno al 550 a. C. copre definitivamente l’antico sottostante ergasterion35, l’installazione della casa-fontana

di sud-est, punto di arrivo del primo grandioso acquedotto della città, la fondazione dell’Altare dei Dodici Dei, ma, soprattutto, la riorganizzazione delle feste panatenaiche che, a partire dal 566 a. C., eleggono la nuova agorà a centro della sfilata che, diretta all’Acropoli, percorreva il celebre Dromos36.

Dunque, è verso la fine della prima metà del VI sec. che lo spazio da privato e produttivo diventa pubblico e, molto probabilmente, anche politico. Da questo momento, nella nuova agorà, in meno di un secolo, sorsero una fitta serie di edifici con funzioni politico-amministrative e i templi della Mater, di Apollo Patroos e di Zeus. Tale processo di monumentalizzazione, che vede anche la costruzione di un

34 TRAVLOS 1971, p. 162.

35 Sia che lo si interpreti come la sede dei Pritani, sia che lo si consideri, più verosimilmente, come

la residenza dei Pisistratidi, l’edificio risulta strettamente vincolato alla sfera pubblica e del potere.

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canale per lo smaltimento delle acque che correva parallelo alle pendici della collina del Kolonos Agoraios37, andò avanti con gradualità e per tutto il corso del VI sec. si procedette ad espropri di terreni ed edifici privati, come la chiusura di una fitta serie di pozzi sul lato orientale sembrerebbe confermare38.

A partire dal V sec. (fig. 63), in seguito alla creazione della cinta temistoclea e all’incanalamento del corso dell’Eridano, il nucleo produttivo dell’agorà, divenuta ormai centro politico ed amministrativo della polis, fu soppiantato dall’area presso la porta del Dipylon e dalla zona di necropoli immediatamente al di fuori di essa, comunemente denominate, rispettivamente, “Ceramico interno” e “Ceramico esterno”39. Questo spiega perché l’appellativo di Kerameikόs fu applicato ad un’area tanto vasta, continuando nel tempo ad essere utilizzato anche per indicare il settore della stessa agorà, come confermato, tra le altre cose, dalla scoperta di un

horos Kerameikou di IV sec. a. C., trovato in situ lungo la Via delle Panatenee,

nell’angolo nord-ovest della Stoa Basileios, nel punto esatto in cui Pausania dichiara di essere entrato nel Kerameikόs40. Si tratta di una pietra di confine non unica, ma parte di una nutrita serie che delimitava su entrambi i lati il Dromos (fig. 64).

37 THOMPSON-WYCHERLEY 1972. 38 SHEAR JR. 1978, pp. 4-8.

39 THOMPSON 1984, pp. 7-19.

40Papadopoulos ipotizza che Pausania, entrato nell’agorà dal Dromos, avrebbe probabilmente

denominato la zona Kerameikόs perché ispiratosi alla lettura dell’horos (PAPADOPOULOS 2003, p. 292). Tuttavia, M. C. Monaco mette in evidenza che esso al momento della visita di Pausania non era più visibile ormai da tempo, dato che la sua presenza e la sua funzionalità vennero obliterate già nel corso del I o agli inizi del II sec. d. C., dalla lunga Stoà doppia che, posta lungo il margine meridionale della Via delle Panatenee, riduceva di molto l’ampiezza dell’asse (MONACO 2003, p. 692).

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Fig. 63. Atene, agorà: deposito di età classica (MONACO 2000, tav. 17).

Fig. 64. Agorà di Atene, horos trovato in situ nell’angolo nord-ovest della piazza (PAPADOPOULOS 1996, pl. 1).

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La conservazione dell’antico toponimo per l’Agorà è alla base dell’apparente confusione tra Agora e Kerameikόs presente nelle fonti letterarie41. Ad esempio, dalle parole di Pausania (“Il luogo detto Ceramico deriva il suo nome

dall’eroe Ceramo, considerato anch’egli figlio di Dioniso e di Arianna; il primo edificio sulla destra è il cosiddetto portico Regio, dove risiede il re che ricopre la carica annua chiamata appunto basileia”42), emerge chiaramente che l’area

dell’Agorà continuava ad essere chiamata comunemente Kerameikόs, l’originario quartiere dei vasai di Atene.

J. Papadopoulos, sottolineando come un buon numero di autori antichi utilizzi il termine Kerameikόs in riferimento alla piazza del mercato, ritiene che l’Agorà sarebbe da identificarsi esclusivamente con il Ceramico, da lui considerato l’unica area produttiva della futura città nell’età del Ferro. Tuttavia, come ha notato M. C. Monaco43, dall’analisi delle attestazioni relative al toponimo Kerameikόs

ordinate cronologicamente, si evince che le fonti che lo utilizzano in riferimento all’area dell’Agorà sono tutte di età romana, quando la denominazione acquista una nuova valenza semantica rispetto al passato. Infatti, in età classica, con questo termine si intendeva sia il luogo delle sepolture pubbliche (o Demosion Sema), fuori dalle mura, riservato a coloro che erano morti in guerra o a personaggi che si erano distinti per meriti particolari, o vincitori olimpici44 (anche noto come Demosion

Sema), sia un luogo di abitazione45, indicato nelle attestazioni più tarde anche come

41 Paus. I, 3, 1; I, 2, 4; I, 14, 6; I, 20, 6; VIII, 9, 8; Arr., Anab. 3, 16, 8; Ath., Deipn. 5, 212 e-f;

Philostr., Vit. Sophist. 2, 5, 4 (571); Luc., Iup. Trag. 15-16; Alkiphr., Epist. 2, 3, 11.

42 Paus. I, 3, 1.

43 MONACO 2003, pp. 691-692.

44 Ar., Eq., 772; Sannyr., in Mein. FCG II, 2, 4, 1; Ael., Na., 12, 40, 14; X., HG II, IV, 34; Ar., Av.,

395; D. L., VII, 11, 4, 15, 4, 29, 1; Harp., s.v. Kεραμεικός; Scol. Ar. Av., 395-395; Scol. Thuc. 2, 34; Suid., s.v. Kεραμεικός.

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sede di ritrovo di donne di malaffare46. Del resto, se gli autori di età classica non avevano alcun problema ad identificare la zona dell’Agorà, in età romana, la creazione dell’Agorà di Cesare e di Augusto ed il conseguente spostamento degli spazi commerciali, fecero sì che la precedente area pubblica venisse a perdere la propria funzione, cosa che comportò, nella sua denominazione, un recupero del nome del distretto del quale aveva sempre fatto parte ed all’interno del quale era stata “ricavata”, il Ceramico.

Inoltre, diverse fonti, sebbene tutte di età tarda, attestano chiaramente la presenza di due “Ceramici”, uno esterno ed uno interno rispetto alle mura temistoclee47. Infatti, dei sette horoi Kerameikou finora noti48, ben cinque, sono stati rinvenuti in situ lungo l’asse del Dromos, sia all’interno che all’esterno delle mura di età classica, esattamente come riferito dalle fonti49. Dunque, alla luce di tali osservazioni, sembra difficilmente sostenibile l’opinione dell’esistenza di un Ceramico da identificarsi esclusivamente con l’area dell’Agorà, e molto più probabile l’ipotesi che lo spazio destinato alla vita pubblica e alla mercatura, sia stato ritagliato all’interno di quel vasto distretto dell’antica città che, grazie alla presenza di installazioni artigianali, era nota come Ceramico. Anzi, è probabile che il Ceramico dell’Agorà fosse il più importante, ma non l’unico centro produttivo dell’Età del Ferro e, se per questo periodo si condivide l’ipotesi di un modello insediativo kata komas, è possibile che esistessero contemporanei ergasteria dislocati anche altrove50.

46 Alciphr. III, 48, 3; Hsch., s.v. Kεραμεικός; Scol. Ar., Eq., 772c; Scol. Paus. I, 2, 4, 1; Scol. Pl.,

Prm., 127c, 1; Suid., s.v, Kεραμεικοί; Phot., s.v. Kεραμεικός; AB I, 275, 19.

47 Hsch., s. v. Kεραμεικός; Harp., s. v. Kεραμεικός; Scol. Ar., Eq. 772c; Scol. Paus. I, 2, 4, 1-2; Scol.

Pl., Prm., 127c; Scol. Thuc. II, 34, 5, 2; Suid., s.v, Kεραμεικοί.

48 RITCHIE 1985, pp. 199-232. 49 MONACO 2003, p. 692.

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Come si diceva, se nell’area immediatamente esterna a quella della futura Agorà, ma interna alle mura, sono del tutto assenti attestazioni di ergasteria tra il Protogeometrico e il VI sec. a. C., quando la zona sembra conoscere un uso esclusivamente funerario, a partire dal V sec. a. C., successivamente alla creazione della cinta muraria temistoclea e all’incanalamento dell’Eridano, tale zona, pur non perdendo la sua destinazione funeraria51, acquista una forte valenza artigianale, andando a soppiantare, insieme alle altre aree del Ceramico Esterno, il nucleo produttivo dell’Agorà, divenuta ormai centro politico e amministrativo della polis52.

Il problema della “nascita” dell’Agorà del Ceramico divide da anni gli studiosi: da una parte, c’è chi ritiene di poterla fissare dopo le guerre persiane come diretta conseguenza della politica di Temistocle53; dall’altra, invece, ci sono i recenti studi di Greco54, Monaco55, Camp56 e Longo57 che ritengono che, sebbene i segni macroscopici di cambiamento nell’Agorà si concretizzano solo nel corso del

51 Lungo le strade del Ceramico esterno, attraversato dalla Via Sacra che conduceva ad Eleusi e sede

di necropoli a partire dal XII sec. a. C., si allineano importanti monumenti e recinti funerari soprattutto di V e IV sec. a. C. Nell’antichità, infatti, la fama dell’asse viario che metteva in diretto collegamento il Dipylon con l’Accademia, variamente denominato Demosion Sema, Dromos, o anche Kerameikos, era legata soprattutto alla presenza di numerosi monumenti funerari pubblici. Sono scarsissime le evidenze archeologiche restituite da tale settore, le cui strutture ci sono note soprattutto grazie alla descrizione di Pausania (I, 29, 2 ss.). Inoltre, qui era localizzata una necropoli che dura fin quasi alla fine del VI sec., da taluni considerata pertinente alla famiglia di Pisistrato (MONACO 2000, pp. 96-103).

52 I dati relativi al V e IV sec. a. C. sono piuttosto scarsi e solo a partire dall’Ellenismo e per tutta

l’età romana, si registra un forte incremento di unità produttive, ceramiche e non (MONACO 2000, p. 70).

53 MILLER 1995, p. 224; PAPADOPOULOS 1996; PAPADOPOULOS 2003, p. 296.

Papadopoulos, in particolare, ritiene che la zona sarebbe stata contraddistinta dalla presenza di nuclei artigianali fino a tutto il VI sec. a. C. e che gli ergasteria avrebbero continuato ad operare contemporaneamente alla monumentalizzazione voluta dai tiranni e, solo dopo il distruttivo passaggio dei Persiani, l’area, divenuta ormai piazza, avrebbe conosciuto nuove funzionalità politiche e commerciali (PAPADOPOULOS 2003, p. 279). Tuttavia, M. C. Monaco ha dimostrato come i nuclei artigianali scompaiano in modo definitivo dall’area con la fine del VII sec. a. C. e l’evidenza offerta dai riempimenti di alcuni pozzi sembra da collegarsi alla presenza di punti di vendita di prodotti ceramici finiti (MONACO 2000, pp. 46-56).

54 GRECO 1997, p. 208; GRECO 2005, pp. 19-20. 55 MONACO 2003.

56 CAMP 2005, p. 202. 57 LONGO 2007.

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VI sec. a. C., il processo di trasformazione possa essere colto sin dalla fine dell’VIII sec. a. C., quando l’area interessata dalle sepolture si riduce e, come si è già detto, cominciano ad essere chiusi molti pozzi, chiusura che sarà definitiva alla fine del VII sec.58

Secondo F. Longo59, la chiusura di alcuni pozzi alle pendici settentrionali dell’Areopago e una serie di manifestazioni cultuali a partire già dal VII sec. a. C., quindi ben prima della definitiva destinazione pubblica dell’area, avvenuta nella prima metà del VI sec. a. C., possono segnalare la presenza di una sorta di “protoagora” contemporanea ad altre che, strettamente collegate ai singoli gruppi aristocratici, si differenziavano forse anche per funzione. L’abitato in questa fase sembra organizzarsi per corpi separati che probabilmente appartengono ai singoli clan aristocratici, ciascuno con i propri spazi comuni funzionali a riunioni assembleari. Questi nuclei abitativi possono essere riconosciuti sia a nord-ovest, presso l’Agorà del Ceramico e l’Areopago, sia, come si è avuto ben modo di dire, a sud-est, tra le pendici orientali dell’Acropoli e l’Ilisso.

Dunque, se in età alto-arcaica la città non è ancora un organismo strutturato in tutte le sue parti, ma è costituita da un insieme di clan aristocratici che si

58 Per la cronologia soloniana della nascita dell’agorà, sostenuta per decenni dagli archeologi

americani e generalmente accolta dal mondo scientifico, si veda: THOMPSON 1937 e 1940; MARTIN 1951; BOERSMA 1970; WYCHERLEY 1978; CAMP 1986. Questa cronologia, messa in discussione da L. Shear jr., a partire dalla fine degli anni Settanta (SHEAR jr. 1978), è ancora oggi sostenuta dalla studiosa spagnola Valdés Guía (VALDÉS GUÍA 2002; 2004). Per una datazione della piazza all’età dei tiranni si vedano: SHEAR jr. 1978; CAMP 1994; CAMP 1995; GRECO 1997; GRECO 2000; CAMP 2005. Lo stesso L. Shear jr. ha più tardi preferito, come altri studiosi, collegare l’impianto della nuova Agorà del Ceramico alle riforme di Clistene (SHEAR jr. 1994; MILLER 1995; GOETTE 1997; ROBERTSON 1998; RAUSCH 1999). Secondo queste ipotesi di lettura, l’Agorà del Ceramico sarebbe una conseguenza del sistema democratico realizzato da Clistene; stessa posizione ebbe anche H. Thompson (THOMPSON 1981; 1982; 1988), inizialmente sostenitore della cronologia soloniana, e con lui anche altri (PAPADOPOULOS 1996; 2003). Diversi sono gli studiosi che datano l’Agorà del Ceramico già in epoca presoloniana, ciascuno con differenti argomentazioni. Addirittura alcuni di essi (KOLB 1996; KENZLER 1997) negano esplicitamente l’esistenza di un’agorà più antica in un luogo diverso dal Ceramico.

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organizzano intorno ai propri spazi collettivi (agorai), in piena età arcaica, al termine ormai del processo di formazione della città, l’agorà non rappresenta più uno degli spazi di incontro di un gruppo legato ad un clan aristocratico, ma è il luogo del confronto e della mediazione tra diversi gruppi che si contendono il potere dell’intera comunità. La sua monumentalizzazione, quindi, segna la conclusione di un lento processo identitario della polis60. In età arcaica, infatti, una delle “protoagorai” di Atene, quella alle pendici orientali dell’Acropoli, arricchendosi di tutte le strutture monumentali menzionate dalle fonti, di cui si è già ampiamente parlato, assume il ruolo di spazio comunitario della città, prima del suo “trasferimento” al Ceramico.

In ogni caso, la nascita o formazione dell’Agorà del Ceramico non rappresenta un evento improvviso, ma il risultato di un fenomeno che si inserisce nel più ampio e graduale processo di trasformazione urbana della città, e il frutto di cambiamenti politici e sociali che subiscono un’accelerazione nel corso del VI sec. a. C.

Secondo J. Papadopoulos, due furono i profondi cambiamenti della storia di Atene che influirono in maniera determinante sulla topografia urbana e sulla nascita del nuovo quartiere politico. Il primo, fu lo spostamento del porto urbano dal Falero al Pireo, il cui sviluppo come principale scalo portuale di Atene è da mettere in relazione con l’arcontato di Temistocle (493/492). Mentre l’antica strada che collegava il Falero ad Atene raggiungeva il settore meridionale della città, lo sviluppo sistematico del Pireo e la costruzione delle lunghe mura, comportò l’arrivo dei traffici nell’angolo sud-ovest di Atene, dove, aggirando la collina delle Muse, il

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percorso conduceva necessariamente verso l’area ovest e nord-ovest dell’Acropoli, favorendo così lo sviluppo in questo luogo del nuovo centro cittadino (fig. 65)61. Il secondo cambiamento che lo studioso ritiene all’origine dello sviluppo del nuovo centro politico di Atene, è individuato nella dominazione ateniese su Eleusi e la sua fertile piana, che avrebbe dato maggiore importanza alla strada che portava a nord-ovest dell’Acropoli, la Via Sacra, e con essa alla nuova ubicazione dell’agorà62.

Fig. 65. Pianta di Atene con la localizzazione del Pireo e del Falero e le lunghe mura che collegano la città ai suoi porti (PAPADOPOULOS 2003, p. 287, fig. 5.5).

Al di là di queste ipotesi, l’impulso al processo di ampliamento urbano e di monumentalizzazione della nuova agorà, per quanto rappresenti il risultato di premesse già in atto, sembra essere stato favorito, come si è già accennato, dall’avvento della tirannide63, forma di governo che, per quanto basata sul consenso

61 PAPADOPOULOS 1996, p. 112; PAPADOPOULOS 2003, p. 285. 62 PAPADOPOULOS 1996, p. 112; PAPADOPOULOS 2003, p. 286. 63 MARTIN 1956, p. 270.

(25)

personale, favorì il rafforzamento dell’idea della comunità come fulcro del potere e, dunque, il processo di distinzione tra società e Stato64.

Non si conoscono le precise motivazioni che spinsero i tiranni a trasferire il centro politico di Atene dal cuore della città arcaica alla nuova sede del Ceramico, ma alla base della scelta c’era sicuramente una serie di concause, che vanno dal rapporto con le manifestazioni teatrali65, al possibile svolgimento delle gare sportive o delle parate e cerimonie militari66. Comunque, questo trasferimento fu il frutto di una vera e propria strategia politica che voleva valorizzare uno spazio forse già in passato sede di assemblee e probabilmente collegato ad un preciso clan aristocratico67. Dunque, la pianificazione urbana assegnata ai Pisistratidi, in particolare ad Ippia, non rappresenta solo una necessità urbanistica, ma riveste un significato politico destinato a maturare dopo i tiranni.

Come sostenuto da C. Ampolo68, la costruzione di luoghi di culto per

divinità pubbliche e di sedi di importanti magistrature non è una semplice manifestazione di propaganda o di necessità urbanistica, ma riveste un chiaro significato politico. La costruzione di alcuni edifici sede del potere nell’agorà, da un lato vuole accentuare il rapporto del tiranno con il demo urbano, che in buona parte abitava il vicino quartiere del Ceramico, dall’altro sottolinea il rispetto di Pisistrato per le magistrature e le istituzioni precedenti.

Del resto, anche dopo la definizione di un nuovo cuore politico, la più antica Agorà di Cecrope e di Teseo, conservando, almeno fino alla visita di Pausania nel

64 MUSTI 1989, p. 242. 65 KOLB 1981. 66 MONACO 2000, p. 293. 67 LONGO 2007, p. 123. 68 AMPOLO 1973, pp. 273-274.

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II sec. d. C., i monumenti rappresentativi della città (Pritaneo, Anakeion,

Aglaurion), mantenne nel tempo la sua funzione simbolica, pronta ad essere

recuperata a seconda delle strategie dei protagonisti politici. Tuttavia, la funzione di alcuni edifici pubblici passerà, in forme anche diverse, nelle strutture e nei

temene della nuova agorà: il Prytaneion/Pritanikos oikos avrà la sua ideale

prosecuzione nell’Edificio F e poi nella Tholos69; il Boukoleion-Basileion nella

Stoa Basileios70; l’Aglaurion probabilmente nel Leokorion71. Il processo attuato da Pisistrato di trasferimento delle sedi di magistrature e luoghi di culto pubblico nella nuova agorà, portato avanti con l’appoggio del demos, sembra aver contribuito alla costituzione di uno “stato centralizzato governato da istituzioni democratiche”72,

che si concluderà con le riforme clisteniche, dopo l’involuzione che caratterizza gli ultimi anni dei Pisistratidi73, come attestato dalle fonti74.

A partire dal primo quarto del VI sec. a. C., tangibili sono i segni della trasformazione dell’area alle pendici settentrionali dell’Areopago e, da questo momento, lungo le pendici sud-occidentali del Kolonos Agoraios, alcuni edifici iniziarono a delimitare un’area di forma triangolare lungo i cui margini nel tempo vengono sistemati tutti i monumenti pubblici e sacri che contribuiranno alla monumentalizzazione della piazza (fig. 66).

69 GRECO 1997, p. 208. 70 GRECO 1997, p. 208. 71 BATINO 2001, p. 77. 72 HIGNETT 1952, p. 123.

73 L’interesse dei Pisistratidi era rivolto non tanto all’Agorà quanto all’Acropoli: allo Zeus Olimpio

più che allo Zeus Agoraios, ad Apollo Pizio più che ad Apollo Patroo; scelte urbanistiche e religiose che tradiscono una forte involuzione autoritaria (AMPOLO 1973, p. 273).

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Fig. 66. Pianta dell’Agorà del Ceramico intorno al 520 a.C. (LONGO 2007, fig. 3, p. 124).

Secondo J. Papadopoulos75, sul lato occidentale del nuovo cuore politico ateniese non è possibile dimostrare l’esistenza di edifici pubblici anteriori al 480 a. C., come sarebbe confermato anche dalla data dei più antichi horoi (500-480/479 a. C.) provenienti dall’agorà, che, a detta dello studioso, rappresentano anche la più esplicita evidenza materiale dell’instaurazione e formalizzazione del nuovo centro politico (figg. 67-68). Tuttavia, M. C. Monaco, sulla scorta dell’analisi di Ritchie76, nota che gli horoi ad Atene fanno la loro comparsa solo a partire dal tardo arcaismo e quindi gli esemplari dell’agorà risultano tra i più antichi. Dunque, è molto probabile che, nel momento in cui, alla fine del VI sec., si procedette a delimitare con tali cippi iscritti in pietra i confini delle singole aree del tessuto urbano cittadino, si siano definite e formalizzate zone e spazi che, come quella dell’agorà,

75 PAPADOPOULOS 2003, p. 289. 76 RITCHIE 1985, pp. 15-31.

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spesso dovevano avere già da tempo ben specifiche e proprie funzioni, e non il contrario77.

Fig. 67. Agorà di Atene, horoi I 7039, I 5510, I 5675 (PAPADOPOULOS 2003, p. 290, fig. 5.7).

Fig. 68. Agorà di Atene, horoi I 5510 e I 7039 in situ (PAPADOPOULOS 2003, p. 290, figg. 5.8-9).

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Un altro argomento su cui gli studiosi basano l’inizio della funzione pubblica della piazza è sostenuto da Shear78, il quale è a favore di una datazione coincidente con l’instaurazione del governo democratico, successiva al 480 a. C. Infatti, la tesi dello studioso si basa sul trasferimento del λίθος (figg. 69-70), la grande pietra su cui i magistrati compivano il giuramento, posta di fronte alla Stoa

Basileios, dove sarebbe stata trasportata quando il basileus portò la sua sede dal Boukoleion dell’archaia agora alla nuova Stoa Basileios dell’Agorà del Ceramico,

probabilmente poco dopo il 480 a. C.79 Tale monumento, che fungeva da simbolo

tangibile dell’impegno sacro che le leggi imponevano ai magistrati ateniesi e del legame fisico che esisteva tra essi, i loro predecessori e Solone, riveste un interesse particolare perché, se l’ipotesi di E. Vermeule, che lo considera il blocco dell’architrave di una tomba a tholos micenea80, fosse corretta, la grande pietra

precederebbe anche la leggenda soloniana e costituirebbe un legame con il passato ancora più simbolico e reale81. Tuttavia, la questione della data d’inizio dell’agorà è indipendente da quella del rafforzamento, a partire da questo momento, del legame con il passato.

78 SHEAR JR. 1994, p. 245. 79 PAPADOPOULOS 2003, p. 297.

80 VERMEULE 1972; CAMP 1986, pp. 101-102.

81 Un’ipotesi alternativa vuole che il Lithos sia la soglia di una porta micenea (PAPADOPOULOS

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Figg. 69-70. Agorà di Atene, dettaglio del Lithos (2,95 x 0,95)(sinistra) e resti della Stoa Basileios (a destra) (PAPADOPOULOS 2003, p. 291, figg. 5.10-11).

In ogni caso, è certo che con la cacciata di Ippia nel 510 a. C. la piazza subì un grande sviluppo monumentale ed architettonico (fig. 71), come confermano i monumenti costruiti sul suo lato occidentale, permettendo di attribuire all’età clistenica la definitiva acquisizione dell’area alle pendici del Kolonos Agoraios come spazio agoraico82.

Fig. 71. Pianta dell’agorà di Atene in età tardo arcaica (510-480 a.C.): 1. Edificio F; 2. Vecchio Bouleuterion; 3. cd. Metroon (o Tempio di Apollo Patroos); 4. cd. Tempio di Apollo

Patroos; 5; Santuario di Zeus; 6. Stoa Basileios; 7. Altare arcaico (cd. di Afrodite Urania);

8. Stoa cd. Poikile (o delle Erme); 9. Eschara; 10. Santuario dei 12 Dei; 11. Fontana SE; 12. Eliea (LONGO 2007, fig. 4, p. 128).

(31)

In questo contesto topografico ha un ruolo di enorme importanza la Via delle Panatenee che, partendo dall’Accademia, giungeva all’Acropoli passando per l’Agorà del Ceramico, di cui costituiva il limite esterno ad est (fig. 72).

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3.2. La nascita e il percorso della Via Panatenaica

La via delle Panatenee, una delle più importanti arterie stradali ateniesi, consisteva in un percorso urbano, che corrispondeva alla via cerimoniale lungo la quale sfilava la processione della principale festa cittadina in onore di Atena, e in uno extraurbano diretto all’Accademia, lungo il quale erano collocati alcuni santuari, i monumenti funerari di numerosi illustri personaggi e le sepolture di stato83.

Le fonti antiche frequentemente riportano la misura della lunghezza del suo percorso84 e un’iscrizione85 della seconda metà del IV sec. a. C., incisa su una serie di blocchi della parete settentrionale del bastione dell’Acropoli su cui insiste il monumento di Agrippa, prova che la strada era denominata “Via delle Panatenee”86 (fig. 73).

83 FICUCIELLO 2008, pp. 33-41; 136-153.

84 Cic. De fin., V, 1, dice che la distanza dal Dipylon all’Accademia è di 6 stadi (1100 m ca.); Liv.

XXXI, 24, segnala che lo stesso percorso è lungo 1000 passi (1500 m ca.).

85 SEG LI, 168.

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Fig. 73. Iscrizione della via delle Panatenee e sua ubicazione sulla parete del bastione settentrionale dell’Acropoli (k) (FICUCIELLO 2008, fig. 2, p. 34).

È probabile che tale appellativo designasse solo il suo settore urbano, l’unico percorso dalla pompe panatenaica, la sfilata del grande apparato simbolico ateniese che, in occasione della festività della divinità poliadica, aveva inizio nel

Pompeion, presso il Dipylon, e terminava sull’Acropoli87, attraversando l’Agorà del

Ceramico e costeggiando l’Eleusinion ad ovest (fig. 74).

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Fig. 74. Atene, percorso processionale della Via Panatenaica (ROBERTSON 1992, pl. 5).

Questo, in realtà, era anche il percorso di molte altre processioni: durante le stesse Panatenaiche, il tratto dal Dipylon all’Acropoli era attraversato dalla corsa delle torce; in occasione del principale festival drammatico, le Grandi Dionisie, la processione con la statua del dio andava dal Dipylon fino all’Eleusinion e poi girava a est dell’Acropoli per raggiungere la Via dei Tripodi; per la festa di Zeus Olimpio, la cavalleria sfilava lungo lo stesso percorso fino ad una destinazione più lontana, l’Olympieion a sud-est della città; invece, in occasione dei Misteri Eleusini, gli iniziati andavano nella direzione opposta, partendo dall’Eleusinion e attraversando la Porta Sacra88.

Da un’attestazione letteraria di epoca tarda risulta chiaro come una parte di questo percorso venisse chiamato anche Dromos, termine usato, almeno nel IV sec. a. C., per designare tutto l’ampio settore della strada, in parte urbano e in parte

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suburbano, compreso tra l’agora e l’Accademia89. In base all’accezione data al

termine, questo tratto di strada così denominato doveva indicare un percorso agonistico lungo il quale si svolgevano alcune gare di corsa90; infatti, le

lampadedromie, sia quelle che si tenevano in onore di Atena prima della processione Panatenaica, sia quelle organizzate in onore di Prometeo ed Efesto, avevano tutte il loro punto di partenza all’Accademia, presso gli altari di Eros e Prometeo, e seguivano tutte lo stesso percorso conosciuto come Dromos91.

Si è già parlato degli horoi Kerameikou, in totale scoperti in numero di sei, trovati lungo il percorso del Dromos, quattro dei quali in giacitura primaria lungo il margine meridionale della carreggiata stradale, nel tratto compreso tra l’angolo nord-ovest dell’agorà e l’Accademia92 (fig. 75). Essi, come si è detto, demarcavano il limite della strada rispetto al restante spazio attraversato che, nel tratto extraurbano, era adibito a necropoli. Ma c’è anche chi ritiene che essi avessero una relazione con le gare e le competizioni sportive, in particolare con la corsa dei lampadofori93. Per il momento, a parte la base rinvenuta presso la torre nord-orientale del Dipylon, nessun horos Kerameikou è stato rinvenuto in situ lungo il margine settentrionale della carreggiata stradale del Dromos e, in generale, nella zona che si estende a nord di essa.

89 Him. Or., III, 12.

90 FICUCIELLO 2008, pp. 16-17.

91 Ar. Ra., 129-133, 1087-98; Paus. I, 30, 2; Schol. Ar. Ra., 129c, 1087, 8; 1093, 1. 92 FICUCIELLO 2008, p. 37.

93 La rappresentazione di pilastrini bianchi, simili agli horoi, in alcune scene di corse e gare sulle

anfore panatenaiche e in scene di lampadedromia su alcuni esemplari miniaturistici a destinazione votiva, di fine V-inizi IV sec. a. C., hanno indotto a connettere la dislocazione degli horoi con lo spazio entro il quale doveva avvenire lo scambio della fiaccola tra i lampadofori, ma non si posseggono indizi certi in tal senso (FICUCIELLO 2008, p. 40; cfr.: GIGLIOLI 1922).

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Fig. 75. Il Kerameikós con i luoghi di rinvenimento degli horoi lungo il Dromos, indicati con la lettera H (FICUCIELLO 2008, p. 38, fig. 4).

Nel suo tratto urbano (figg. 76-77), la Via delle Panatenee, che, come si è detto, metteva in comunicazione l’Acropoli con il Dipylon, a partire dalla porta della cinta temistoclea, procedeva in senso nord-ovest/sud-est lungo un percorso che era in asse con il Pompeion, seguendo grossomodo il tracciato della moderna od. Adrianou fino al crocevia ubicato all’angolo nord-ovest dell’agorà. Qui, presso il sacello posto all’incrocio (cd. Leokorion), la via compiva una brusca deviazione verso sud-ovest per attraversare trasversalmente la piazza da nord-ovest a sud-est (figg. 78-79). Poi, procedeva lungo le pendici nord-occidentali dell’Acropoli, dove costeggiava l’Eleusinion (figg. 80-81), e infine proseguiva lungo un ripido percorso a gradoni, delimitato da due potenti muri di analemma, che si immetteva nel

Peripatos alle pendici nord-occidentali dell’Acropoli e all’altezza della Klepsydra

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prolungamento extramurario che usciva dal Dipylon e attraversava il suburbio nord-occidentale della città fino all’Accademia94.

Fig. 76. Il percorso urbano della Via delle Panatenee.

Fig. 77. Il percorso urbano della Via delle Panatenee.

94 SHEAR 1939, pp. 207-223; VANDERPOOL 1949, p. 135; WYCHERLEY 1957, p. 224;

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Fig. 78. L’angolo nord-ovest dell’agorà (FICUCIELLO 2008, p. 155, fig. 39).

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Fig. 80. Il tratto pavimentato della via delle Panatenee tra l’angolo sud-est dell’agorà e l’Eleusinion, visto da nord (FICUCIELLO 2008, p. 145, fig. 33).

Fig. 81. Planimetria della zona dell’Eleusinion (FICUCIELLO 2008, p. 148, fig. 36).

Fig. 82. In giallo il Peripatos, in marroncino la via Panatenaica; nel punto dove si incontrano, era la sorgente Klepsydra.

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Fig. 83. L’Acropoli di Atene con il tratto terminale della Via Panatenaica (in rosso).

Il Dromos, anche solo per le sue dimensioni, si presenta come un asse viario eccezionale. La lunghezza del percorso del tratto urbano era di circa 94 m, mentre quella del tratto suburbano era di oltre un chilometro; ma è soprattutto la larghezza della carreggiata a risultare straordinaria per i parametri della città: in età classica, oscillava da un minimo di 10 m, tra l’angolo sud-est dell’agorà e l’Acropoli, ad un massimo di 20 m, nel punto in cui la strada imboccava la piazza. Tale ampiezza, comunque, non restò costante nel tempo95.

La creazione di questo imponente percorso cerimoniale viene tradizionalmente datata al 566 a. C. e correlata alla riorganizzazione della festa delle Panatenee96.

95 Tra l’angolo nord-ovest dell’agorà e il Dipylon, la carreggiata, che fu affiancata da portici e

botteghe a partire dall’età ellenistica e romana, si allargò ulteriormente fino a raggiungere, nel IV sec. a. C., 29 m nel tratto più orientale e prossimo all’agorà e 39-40 m immediatamente all’esterno della porta (FICUCIELLO 2008, p. 137).

96 Per l’istituzione della festa delle Panatenee si veda: Eus. Ch. LIII, 3-4; Schol ad. Ael. Aristid. XIII,

189, 4-5; per il problema dell’origine della festa: ROBERTSON 1985; NEILS 1992, pp. 20-22; KYLE 1993, pp. 23-31.

(41)

L’epigrafe più antica riferita alla strada è datata, appunto, al 566 a. C. ed è stata messa in relazione al primo allestimento di un percorso per la processione panatenaica97. Questo documento, come gli altri, fa riferimento alla realizzazione

di un dromos in stretta connessione all’istituzione di un agon, cosa che ha fatto ipotizzare una possibile relazione di questo percorso con una pista per le gare di corsa che si tenevano nell’agorà98. Tuttavia, l’impianto della pista rinvenuta

nell’agorà ateniese non è anteriore alla seconda metà del V sec. a. C., ma c’è chi pensa che essa può aver rimpiazzato un apprestamento più antico che, andato forse distrutto nel corso dell’incursione persiana, non necessariamente doveva trovarsi nello spazio occupato successivamente dalla piazza99.

Ancora non è chiaro se la cronologia della realizzazione della strada possa risalire così indietro nel tempo. Infatti, la sua costruzione, soprattutto per quanto attiene al settore presso l’angolo nord-ovest dell’agorà, è strettamente connessa alla messa in opera della grande colmata della profonda valle dell’Eridano e all’inalveamento del fiume, interventi senza i quali non sarebbe stato possibile creare la vasta spianata percorsa dalla strada che, proprio in questo punto, si immetteva nella piazza agoraica. Tuttavia, l’epoca a cui bisogna ascrivere l’attuazione di questa enorme opera di pianificazione non è ancora del tutto certa100.

La strada preesistente, l’unica che attraversava con certezza la vallate dell’Eridano prima della costruzione del canale, era un percorso che, risalente al

97 RAUBITSCHEK 1949, n. 326. 98 FICUCIELLO 2008, p. 36.

99 Cfr. RAUBITSCHEK 1992, che ipotizza che il percorso segnalato nelle epigrafi arcaiche si

trovasse alle pendici sud dell’Acropoli; invece, THOMPSON 1961, pp. 224-231, CAMP 1994, pp. 10-11 e AJOOTIAN 1998, ritengono che le competizioni sportive e le corse si siano svolte anche in età arcaica nello spazio dell’Agorà del Kerameikos.

100 Cfr. AMMERMAN 1996, che sostiene una realizzazione del canale dell’Eridano entro la fine del

VI sec. a. C. o in connessione all’attività dei Pisistratidi, e SHEAR JR. 1997, pp. 514-521, che, invece, propende per una datazione al secondo quarto del V sec. a. C., in epoca post-persiana.

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Neolitico ed in uso almeno fino al Geometrico, costeggiava la riva sinistra del fiume seguendo un andamento che sarà in parte ricalcato dalla successiva Via Sacra101. In epoca anteriore alla costruzione della cinta temistoclea, tutta l’area compresa tra la porta Sacra e il Dipylon era probabilmente malsana e paludosa102.

Del resto, l’aspetto definitivo e meglio conosciuto della festa, la cui processione si snodava lungo questa importante arteria stradale, è piuttosto tardo, almeno quanto lo è quello dell’agorà classica, e le innovazioni apportate a numerose cerimonie, tra la metà e la fine del VI sec. a. C., come l’ampliamento delle Panatenee e delle Olimpieie e l’istituzione delle Grandi Dionisie (urbane), devono essere considerate una conseguenza della promozione di un grande cambiamento nella forma fisica della città, che conferì al settore di nord-ovest un’importanza pari a quella dei più antichi distretti di sud-est ed est, che erano l’ambientazione tradizionale dei raduni e delle processioni cerimoniali103.

Non sappiamo se il decollo della strada possa davvero essere messo in relazione con la riorganizzazione delle Panatenee attribuita a Pisistrato, ma sicuramente si deve considerare già compiuto entro il 514 a. C., quando Ipparco fu assassinato nel Ceramico mentre stava organizzando la processione panatenaica verso l’Acropoli. Tucidide104, a proposito del racconto dell’uccisione del

pisistratide da parte di Armodio e Aristogitone, ci informa indirettamente che alla fine dell’età arcaica i preparativi della cerimonia delle Panatenee avvenivano nella zona nord-occidentale della città, in un’area posta fuori le mura dell’epoca, in quella che era definita la “zona esterna del Kerameikós”: “Essi attesero le Panatenee

101 FICUCIELLO 2008, p. 138. 102 FICUCIELLO 2008, p. 226. 103 ROBERTSON 1998, p. 290-291. 104 Thuc. VI, 56-58.

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solenni, occasione unica per i cittadini di non destar sospetti assiepandosi in armi a lato del sacro corteggio. (…) Venne la data solenne e Ippia, in compagnia dei lancieri, fuori la cinta, nel cosiddetto Ceramico, distribuiva i vari compiti per procedere a un ordinato svolgimento del sacro corteo. (…) Quando Ippia nel Ceramico fu raggiunto dalla notizia accorse, non sul luogo dell’uccisione, ma verso gli armati che scortavano la processione, prima che (si trovavano al capo opposto della città) li si informasse dell’attentato”105.

Le evidenze archeologiche difficilmente ci portano più lontano: la rampa originale per l’Acropoli fu costruita sopra una casa demolita e un pozzo che erano in uso fino al 550 a. C. ca., ma la muratura poligonale del muro di sostegno non può essere datata precisamente. In ogni caso, il primo uso politico dell’area della nuova agorà intorno al 500 a. C. è da intendersi come un’ulteriore conseguenza dello sviluppo del settore cittadino di nord-ovest106.

La menzione più antica di un dromos ateniese è contenuta in tre documenti epigrafici di epoca arcaica107, i quali, per la citazione contestuale di un dromos, degli hieropoioi ed il riferimento ad Athena Glaukopis, hanno permesso di istituire uno stretto legame tra il dromos arcaico e le Panatenee108. Ma è ancora dibattuto il problema legato all’ubicazione ed alla natura di questo antico apprestamento.

Gli scavi condotti nella sede stradale del Dromos/via delle Panatenee hanno permesso di rilevare che lungo il tratto che correva presso l’angolo nord-ovest dell’agorà e si dirigeva verso il Dipylon, esisteva un vero e proprio apprestamento

105 Trad. PICCOLO 2009. Si pensa, quindi, che il sito in cui sorse il Pompeion, o un luogo prossimo

ad esso, abbia rappresentato il punto di partenza della cerimonia anche alla fine dell’età arcaica, quando tale spazio doveva trovarsi fuori le mura (FICUCIELLO 2008, p 36).

106 ROBERTSON 1998, p. 291. 107 IG I3 507, 508, 509.

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viario risalente al periodo tardo-arcaico109; invece, non sono chiari i dati relativi al settore stradale posto presso il crocevia, dove la via faceva il proprio ingresso nell’agorà110. Sussistono dubbi ed incertezze anche in relazione alla cronologia del

resto del tragitto e non sappiamo neanche se la strada che attualmente attraversa la piazza corrisponda esattamente all’originario percorso. In quest’ultimo tratto, infatti, non sono stati rinvenuti negli scavi livelli risalenti ad un’epoca anteriore rispetto all’età ellenistica111.

Permane qualche incertezza anche in relazione all’originario andamento del segmento stradale che, dall’angolo sud-est della piazza, si inerpica lungo le pendici settentrionali dell’Acropoli, dal momento che di esso sono noti solo i livelli pavimentali di età romana112. È stato ipotizzato che questo tratto stradale all’inizio corresse leggermente più ad ovest, e che lo spostamento dell’asse della strada, che nella fase oggi conservata costeggia ad ovest l’Eleusinion, fosse stato realizzato in seguito alla crescente importanza assunta da quest’ultimo santuario nell’ambito dei culti cittadini113. Lungo tale tratto, infatti, le evidenze archeologiche dimostrano che intorno al 575 a. C., fu effettuata la chiusura di almeno due pozzi proprio nel segmento della via delle Panatenee che corre accanto all’Eleusinion114, intervento messo in relazione con un esproprio di edifici privati finalizzato alla creazione del percorso cerimoniale diretto all’Acropoli115. Ma non si può neanche escludere che

109 FICUCIELLO 2008, p. 141. 110 FICUCIELLO 2008, pp. 140-141.

111 FICUCIELLO 2008, pp. 142-143. THOMPSON 1966, pp. 45-46, basandosi sull’orientamento

dell’altare dei Dodici Dei, uno degli edifici pubblici più antichi in quest’area, e sulla posizione della fontana di sud-est, aveva ipotizzato che il segmento dell’antico percorso della via delle Panatenee che attraversava l’agorà dovesse correre leggermente più ad ovest.

112 FICUCIELLO 2008, pp. 144-146.

113 THOMPSON, WYCHERLEY 1972, I, 17, p. 193; MILES 1998, p. 11. 114 LONGO 2007, p. 126.

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lo spostamento definitivo di questo tratto della via delle Panatenee verso est possa essere avvenuto intorno al IV sec. a. C., cioè contemporaneamente alla riorganizzazione di tutta l’area santuariale dell’Eleusinion116.

Per quanto riguarda il settore suburbano, i segmenti stradali scoperti presso la porta della cinta temistoclea e lungo il tratto che si dirige all’Accademia non hanno rivelato l’esistenza di livelli anteriori al V sec. a. C.117

Dopo aver affrontato il problema della cronologia dell’originario impianto della via delle Panatenee che, in base all’analisi delle fonti scritte e delle evidenze archeologiche, non si può datare prima della metà del VI sec. a. C., è importante indagare l’origine della festività più importante della città, che a questa strada era profondamente connessa. Infatti, nonostante la riorganizzazione delle Panatenee e l’istituzione della via cerimoniale siano da mettere in relazione con la politica di Pisistrato e dei suoi figli, la festività della divinità poliadica di Atene era ben più antica.

Com’è ben noto, le Panatenee erano la più importante festa religiosa e civile di Atene, celebrata nel mese di Ecatombeone (luglio-agosto) in onore di Atena Poliade, la dea protettrice della città. Esse costituiscono la prima e principale celebrazione di Atena nella città prediletta della dea, il cui rituale (la processione in armi, le gare equestri, le scene di combattimento ricamate sul peplo, ecc.) corrispondeva esattamente, sin dai periodi più antichi, al carattere di Atena come dea armata della cittadella, fiera, astuta e combattiva, ed era comune a tutte le altre solennità dedicate a questa divinità nel resto della Grecia, soprattutto nel

116 MILES 1998, p. 60. 117 FICUCIELLO 2008, p. 151.

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Peloponneso118. Nilsson119 ha individuato in maniera inconfutabile l’origine di questa divinità e del suo culto nel periodo miceneo, ritenendo anche che gli

apobates, coinvolti nella principale gara di carri delle Panatenee, siano un chiaro

relitto della religione dell’età del bronzo.

Dopo la restaurazione di Pisistrato, si distinsero due Panatenee: le Piccole Panatenee, che si svolgevano ogni anno il ventottesimo giorno di Ecatombeone e che ripetevano l’antica festa nella sua forma tradizionale più semplice, e le Grandi Panatenee, che si celebravano, invece, ogni quattro anni (festa penteterica), precisamente nel terzo anno di ogni Olimpiade e nella terza decade di Ecatombeone, assorbendo, dunque, in quell’anno, le piccole Panatenee. Anche le Grandi Panatenee, che duravano nove giorni, culminavano nel ventottesimo del mese, considerato il giorno natale di Atena, con la solenne processione a cui partecipavano tutti i cittadini ateniesi, durante la quale veniva portato alla dea, sull’Acropoli, il prezioso peplo preparato dalle Arrephóroi120. Nel tempo, dall’epoca di Pisistrato in poi, la grande festa penteterica, com’è ben noto, andò sempre crescendo d’importanza e di splendore con l’aggiunta di gare poetiche e musicali e di nuovi agoni ginnici e ippici121.

118 Feste di Athena Heliotis a Maratona, della Nemesi a Ramnunte, di Atena Hellotis a Corinto, di

Atena Alea a Tegea, di Atena Poliachos a Sparta, di Atena ad Elea, di Atena Koría a Kleitor, di

Atena a Pellene, di Atena Itonia a Koroneia, di Atena Itonias in Tessaglia (ROBERTSON 1985, pp. 241-253).

119 NILSSON 1950, pp. 531-583.

120 Come si è già avuto modo di dire, esse si riunivano sull’Acropoli nel giorno dedicato ad Efesto,

di cui Erittonio era figlio. Da quel momento vivevano in ritiro per nove mesi, durante i quali lavoravano, due alla volta, vestite con mantelli bianchi, aiutate da operaie e sotto i consigli degli ideatori del peplo e la sorveglianza degli athlotétai.

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Riguardo alle origini della festa, la tradizione è molto antica. Essa, infatti, fa riferimento talvolta ad un eroe mitico, Erechtheus122, talvolta a Teseo, l’autore del sinecismo attico, come lascerebbe pensare lo stesso nome

Παναϑήναια, “festa

di tutti gli Ateniesi”, per i quali la ricorrenza avrebbe significato un punto di unione tangibile123.

Sicuramente, nella ricerca del mito posto alla fondazione del rito, in origine consistente esclusivamente nella processione, nel sacrificio alla dea e nella corsa dei carri, un ruolo di primo piano è occupato dalla figura di Erittonio, il divino fanciullo figlio adottivo di Atena che ha un grande peso nella maggior parte delle testimonianze antiche sulle Panatenee. Secondo alcune fonti scritte124, fu il fanciullo a fondare la festa più importante di Atene, ad inventare il primo carro, ad istituire i primi giochi, a nominare i primi portatori di ceste e di rami di olivo, a costruire il primo tempio di Atena e a dedicarle la prima statua lignea, a ricordo della sua vittoria sul gigante Asterio. Secondo Robertson125, Erittonio, sia come bambino che come adulto, prefigurava, rispettivamente, la Pannychis (la veglia notturna nella quale si eseguivano canti e danze, alla fine della festa), e le gare equestri. Inoltre, il fanciullo costituiva l’aition delle Arrephoria e potrebbe essere identificato con il serpente sacro di Atena, più comunemente assimilato a Cecrope126.

122 Apoll. Bibl. 3 [190] 14, 6, 6; Hyg. Astr. 2, 13; Harp. s. v. Παναθήναια; Hellanicus FGrHist 323a

F 2; Androtion FGrHist 324 F 2.

123 Plut. Thes. 24, 3-4.

124 Apoll. Bibl. 3 [190] 14, 6, 6; Hyg. Astr. 2, 13; Harp. s. v. Παναθήναια; Hellanicus FGrHist 323a

F 2; Androtion FGrHist 324 F 2.

125 ROBERTSON 1985, pp. 236-237.

126 Nilsson, nella sua ricostruzione della religione minoico-micenea, mette a confronto Erittonio e

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