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Modello meccanico – soluzione generale

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Academic year: 2021

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Capitolo 5

Modello meccanico – soluzione generale

Sommario. In questo capitolo si analizza il problema di una fessura che propaghi all’interfaccia fra due laminati di materiali e spessori in generale differenti. Gli strati sono trattati come travi laminate, deformabili a taglio e di lunghezza finita, collegate tra di loro da un’interfaccia di spessore trascurabile e soggette ad una condizione di carico generica agli estremi. La soluzione analitica del problema è ottenibile risolvendo un sistema di equazioni differenziali le cui incognite principali siano gli sforzi interlaminari.

Summary. The chapter analyses the problem of an interfacial crack propagating between two elastic layers, gener-ally different the one from the other for thickness and material. The layers are modelled as shear-deformable lami-nated beams of finite length, connected one another by an interface of negligible thickness, and subjected to general loads at their ends. The problem is formulated through a set of differential equations that can be analytically solved by assuming the interfacial stresses as principal unknowns.

5.1

Introduzione

Nell’ambito dello studio della meccanica delle prove di resistenza dei materiali compositi (Capitolo 3 e 4) possono essere molteplici gli approcci all’analisi: uno di questi prevede di ipotizzare che il materiale lungo la linea di propagazione della fessura abbia un comportamento elasto–fragile [Hutchinson e Suo, 1991], descrivibile analiticamente introducendo tra i due sub–laminati una interfaccia elastica.

In letteratura sono molteplici le applicazioni di questo metodo a provini in laminato unidirezionale, mentre più rari sono i tentativi di studiare provini multidirezionali. Non sono invece reperibili al momento applicazioni a materiali che presentino accoppiamento flesso–estensionale.

Bennati et al. [2009] propongono un modello specifico (EBT: Enhanced Beam-Theory model) per una prova ADCB (Asymmetric Double-Cantilever Beam, Figura 4.5) schematizzando il provino come un assemblaggio di due sub–laminati di spessori e materiali diversi e collegati tra di loro da una inter-faccia elasto–fragile. I sub–laminati vengono trattati come travi alla Timoshenko e il problema viene completamente determinato negli spostamenti, nelle deformazioni e negli sforzi interlaminari.

Più recentemente la stessa metodologia di soluzione è stata applicata da Bennati, Fisicaro, e Valvo [2013a,b] allo studio della prova sperimentale MMB (Figura 3.12 a Pagina 48). In questo caso i sub– laminati, ancora travi alla Timoshenko, sono però uguali tra di loro e non presentano accoppiamenti.

La EBT è stata più volte applicata anche ad altri tipi di prove sperimentali, nell’ambito del lavoro svolto per la redazione di numerose tesi di laurea [Bruno, 2006; Corigliano e Colleluori, 2004; Fisicaro, 2006; Taglialegne, 2007].

Raccogliendo assieme tutte queste numerose applicazioni della EBT appare evidente come ognuna di queste sia una differente specializzazione di un modello più generale: ad uno stesso problema diffe-renziale, caratterizzato dalla meccanica dei sub–laminati e dell’interfaccia elastica, vengono volta volta applicate le opportune condizioni al bordo. Il presente Capitolo illustra una generalizzazione di questo approccio.

(2)

5.1.1 Estrazione di un elemento di laminato

In Figura 5.1 è illustrato con semplici esempi il processo di estrazione, dalle diverse tipologie di provini, di un elemento (che definiamo elemento di laminato) costituito da due sub–laminati vincolati tra di loro da una interfaccia elastica e caricati soltanto agli estremi. Le dimensioni della porzione di provino che

Figura 5.1: individuazione di un elemento comune ai differenti modelli.

l’elemento rappresenta possono essere molto diverse: ad esempio nel caso della prova DCB, o ADCB, l’elemento di laminato corrisponde alla parte di provino compresa tra l’apice della fessura, sezione O, e l’estremo libero B; qualora si voglia studiare la prova ENF la porzione di provino estratta è quella compresa tra le sezioni O e C.

Allo scopo di rendere il più generale possibile il modello, supponiamo che la sequenza di laminazione sia generica, e che il laminato e i sub–laminati possano avere accoppiamenti flesso–estensionali. Gli spessori di ogni lamina sono in generale diversi tra loro, così come gli spessori dei due sub–laminati.

Sono supposte note le caratteristiche della sollecitazione (o più in generale qualsiasi azione ester-na) agli estremi dell’elemento, mentre non sono ammesse sollecitazioni, ne distribuite ne concentra-te, applicate in altre sezioni. L’elemento di laminato è supposto in equilibrio sotto l’azione dei carichi applicati.

Non sono imposte particolari limitazioni agli spostamenti.

5.2

Formulazione del problema

5.2.1 Modello meccanico

Consideriamo un elemento di laminato AB di lunghezza L, spessore H e larghezza W ottenuto per sovrap-posizione di due laminati (o sub–laminati) di spessore, rispettivamente, H1e H2, vincolati interponendo

(3)

5.2. FORMULAZIONE DEL PROBLEMA 67

tra loro un’interfaccia deformabile di spessore trascurabile (Figura 5.2). Per ipotesi si suppone che lo

Figura 5.2: elemento costituito da due sub–laminati.

spessore H sia molto minore della larghezza W , che a sua volta sia molto minore della lunghezza L. Sulla base di queste ipotesi è lecito studiare questo elemento applicando la teoria tecnica delle travi elastiche, avendo cura di valutare correttamente le rigidezze equivalenti delle travi laminate:A, B, C e D [Jones, 1999] (per il dettaglio del calcolo delle rigidezze si rimanda all’Appendice A).

Sull’elemento di laminato agiscono le azioni esterne, per ipotesi tutte note, applicate su ogni sezione di estremità di ciascun sub–laminato, A e B, ed illustrate in Figura 5.3: in particolare due forze, il taglio Q e la forza normale N, e il momento flettente M. Queste azioni potranno avere origini differenti: ad esempio, supponendo che l’elemento sia stato idealmente estratto da un laminato più grande, potrebbero rappresentare le caratteristiche della sollecitazione che il resto della struttura esercita sulla parte in esame; in alternativa potrebbero rappresentare le azioni applicate da vincoli esterni o apparati di carico.

Figura 5.3: azioni esterne agenti sull’elemento di laminato.

Siano h = H/2 e hα= Hα/2 i semispessori del laminato e dei sub–laminati: per comodità l’indice α = 1 si riferisce al sub–laminato superiore, l’indice α = 2 al sub–laminato inferiore.

Si introduce un’ascissa s che misura la distanza di una generica sezione della trave da quella di estremità A. Inoltre i due sistemi di riferimento locale {Oα: xα, zα} siano definiti in modo tale che le origini appartengano alla linea media geometrica di ogni sub–laminato e l’asse zα sia orientato con la direzione delle linee medie (Figura 5.4).

Si indicano con uα e wα gli spostamenti del piano medio dei sub–laminati (rispettivamente lun-go le direzioni longitudinale e trasversale) e con φα la rotazione (positiva se antioraria) della sezione trasversale.

(4)

Figura 5.4: cinematica dell’elemento di laminato.

Pertanto la deformazione lineare, lo scorrimento angolare e la curvatura della trave (secondo la cinematica della trave di Timoshenko [Timoshenko, 1940; Timoshenko e Goodier, 1951]) sono

εα= duα ds , γα= dwα ds + φα, χα= dφα ds . (5.1)

Assumendo un comportamento elastico lineare dei laminati, e ricordando la legge fondamentale dei laminati(Equazione 1.78), le caratteristiche della sollecitazione sono

Nα= W (Aαεα+Bαχα) , Qα= WCαγα,

Mα= W (Bαεα+Dαχα) .

(5.2)

dove Nα è la forza normale, Qα il taglio e Mα è il momento flettente;Aα è la rigidezza estensionale, Bα è la rigidezza di accoppiamento flesso–estensionale,Cα è la rigidezza a taglio eDα è la rigidezza flessionale [Jones, 1999; Kaw, 2006].

Come noto, per travi in materiale omogeneo e isotropo valgono le seguenti definizioni: Aα=EαHα, Bα= 0, Cα= κGαHα, e Dα=

1 12EαH

3

α, (5.3)

dove Eα e να sono rispettivamente il modulo di Young e il coefficiente di Poisson, eGα= 2(1+να) è il modulo a taglio, e inoltre si pone κ = 5/6 (fattore di correzione a taglio). Per laminati con sequenza di impilamento generica, le rigidezze devono essere calcolate come prescritto dalla teoria classica dei laminati(si vedano il Capitolo 1 e l’Appendice A). È importante notare che i laminati in esame possono essere non simmetrici (B 6= 0).

Per semplificare la notazione è possibile definire le cedevolezze dei laminati: aα= Dα AαDα−B 2 α , bα= − Bα AαDα−B2α , cα= 1 Cα , dα= Aα AαDα−B 2 α . (5.4)

(5)

5.2. FORMULAZIONE DEL PROBLEMA 69

È possibile quindi scrivere le equazioni costitutive (Equazioni 5.2) nella loro forma inversa: εα= 1 W (aαNα+bαMα) , γα= 1 WcαQα, χα= 1 W(bαNα+dαMα) . (5.5) 5.2.2 Problema differenziale

Le equazioni di equilibrio per i singoli sub–laminati sono: dNα ds + nα= 0, dQα ds + qα= 0, dMα ds + mα− Qα= 0, (5.6)

dove nα e qα sono, rispettivamente, i carichi distribuiti longitudinali e trasversali e mα sono le coppie distribuite lungo la linea d’asse.

Indicando con σ e τ gli sforzi normali e tangenziali che i due sub–laminati si scambiano attraverso l’interfaccia elastica, per l’equilibrio di un elemento infinitesimo (Figura 5.5) si ottiene, trasportando opportunamente sulla linea media i carichi applicati a intradosso ed estradosso dei sub–laminati:

Figura 5.5: equilibrio di un elemento infinitesimo.

n1= −n2= W τ, q1= −q2= W σ , e mα= W τhα. (5.7)

Sostituendo le Equazioni 5.7 nelle 5.6 e derivando rispetto a s si ha, per i due sub–laminati, d2N1 ds2 +W dτ ds = 0, d2N2 ds2 −W dτ ds = 0, d2Q1 ds2 +W dσ ds = 0, d2Q2 ds2 −W dσ ds = 0, d2M1 ds2 +W h1 dτ ds− dQ1 ds = 0, d2M2 ds2 +W h2 dτ ds− dQ2 ds = 0; (5.8)

(6)

quindi, richiamando le Equazioni 5.1, 5.2 e 5.4, è possibile scrivere, in termini di spostamenti e sforzi di interfaccia, un sistema di equazioni differenziali per il sub–laminato superiore:

               d3u1 ds3 = − (a1+b1h1) dτ ds−b1σ , d4w1 ds4 = (b1+d1h1) dτ ds−c1 d2σ ds2 +d1σ , d3φ1 ds3 = − (b1+d1h1) dτ ds−d1σ ; (5.9)

e per il sub–laminato inferiore:                d3u2 ds3 = (a2−b2h2) dτ ds+b2σ , d4w2 ds4 = − (b2−d2h2) dτ ds+c2 d2σ ds2 −d2σ , d3φ2 ds3 = (b2−d2h2) dτ ds+d2σ . (5.10) 5.2.3 Modellazione dell’interfaccia

Le Equazioni 5.9 e 5.10 racchiudono informazioni sull’equilibrio, sulla compatibilità cinematica e sulle leggi costitutive dell’elemento di laminato, ma non sono ancora state definite le leggi costitutive del-l’interfaccia deformabile. In letteratura è reperibile un’ampia gamma di possibili leggi per del-l’interfaccia, che possono descriverne sia il comportamento elastico sia plastico, o che, ancora, possono descrivere il progressivo danneggiamento attraverso legami di tipo coesivo [Corigliano, 1993].

Nell’ottica di ricavare una soluzione analitica del problema, è assunto un comportamento di tipo ela-stico lineare per l’interfaccia: conseguentemente questa potrebbe essere pensata come una distribuzione continua di due gruppi di molle, che agiscano uno lungo la direzione longitudinale e uno lungo la di-rezione trasversale rispetto al piano medio dell’elemento di laminato (Figura 5.6). Ricordiamo che per ipotesi lo spessore dell’interfaccia è trascurabile (t  H = H1+ H2).

Gli sforzi di interfaccia normali e tangenziali sono

Figura 5.6: rappresentazione dell’interfaccia elastica.

σ = kz∆w, τ = kx∆u,

(5.11) dove kze kxsono le costanti di rigidezza delle molle, e

∆u = u2− u1− φ2h2− φ1h1, ∆w = w2− w1,

(7)

5.2. FORMULAZIONE DEL PROBLEMA 71

Figura 5.7: spostamenti relativi all’interfaccia.

sono gli spostamenti relativi, trasversali e assiali, all’interfaccia (Figura 5.7). Sostituendo le Equazioni 5.12 nelle Equazioni 5.11 si ottiene

σ = kz(w2− w1) ,

τ = kx(u2− u1− φ2h2− φ1h1) .

(5.13) Il valore delle costanti di elasticità delle molle, kz e kx, è evidentemente funzione della rigidezza del materiale, ma allo stesso tempo non è ancora chiaro quale sia la sua dipendenza dalla geometria del problema. Corigliano [1993] suggerisce di assumere

kz∼= E z e e kx ∼ =Gzx e , (5.14)

dove Ez e Gzx sono i moduli di elasticità, omogeneizzati, del laminato, ed e è uno spessore fittizio di un ordine di grandezza più piccolo dello spessore del laminato stesso. Per provini delaminati simme-tricamente (ovvero per provini nei quali la fessura propaghi lungo il piano medio geometrico) è stato dimostrato che i valori delle costanti di interfaccia possono essere ottenuti sulla base di una opportuna strategia di calibrazione sperimentale [Bennati e Valvo, 2013].

5.2.4 Condizioni al bordo

L’elemento di laminato AB deve essere in equilibrio sotto l’azione del sistema di forze esterne applicate agli estremi dei due sub–laminati che lo costituiscono. Possono essere quindi specificate sei condizioni al bordo per la sezione A

N1|s=0= N A 1, Q1|s=0= Q A 1, M1|s=0= M A 1; N2|s=0= N A 2, Q2|s=0= Q A 2, M2|s=0= M A 2; (5.15)

e sei condizioni per la sezione B N1|s=L= N B 1, Q1|s=L= Q B 1, M1|s=L= M B 1; N2|s=L= N B 2, Q2|s=L= Q B 2, M2|s=L= M B 2. (5.16)

(8)

È inoltre necessario che, per l’equilibrio globale, debbano essere verificate anche le condizioni: N2B= N1A+ N2A− N1B,

QB2 = QA1+ QA2− QB1,

M2B= M1A+ M2A− M1B+ QA1+ QA2 L + N1B− N1A h.

(5.17)

L’introduzione delle tre condizioni globali (Equazioni 5.17) permette di notare come solo nove delle dodici condizioni al bordo (Equazioni 5.15 e 5.16) possano essere linearmente indipendenti tra di loro.

5.3

Soluzione del problema

5.3.1 Strategia di soluzione

Seguendo la strategia risolutiva già adottata per problemi analoghi [Bennati et al., 2009, 2013a; Ben-nati, Taglialegne, e Valvo, 2008], gli sforzi d’interfaccia sono assunti come incognite del problema differenziale (Equazioni 5.9 e 5.10).

Infatti, differenziando rispetto a s le Equazioni 5.13, rispettivamente la prima quattro volte e la seconda tre volte, si ottiene

d4σ ds4 = kz  d4w 2 ds4 − d4w1 ds4  d3τ ds3 = kx  d3u 2 ds3 − d3u1 ds3 − h2 d3φ2 ds3 − h1 d3φ1 ds3  . (5.18)

Sostituendo le Equazioni 5.9 e 5.10 nelle Equazioni 5.18 e semplificando si ottiene il seguente sistema di equazioni differenziali:        1 kz d4σ ds4 − (c1+c2) d2σ ds2 + (d1+d2) σ +b0 dτ ds = 0, 1 kx d3τ ds3 − a1+a2 + 2b1h1− 2b2h2+d1h 2 1+d2h22  dτ ds−b0σ = 0, (5.19)

dove si è definito un parametro di accoppiamento,b0, tra i due sub–laminati:

b0=b1+b2+d1h1−d2h2. (5.20) In funzione dei valori che il parametro di accoppiamento può assumere si individuano due casi distinti:

1. un caso bilanciato (b0= 0): questo equivale a porred1h1+b1=d2h2−b2. Questa condizione è soddisfatta immediatamente quando i due sub–laminati siano uguali e omogenei (b1=b2= 0, d1=d2, e h1= h2), oppure nel caso in cui il laminato sia simmetrico e la delaminazione propaghi simmetricamente lungo il piano medio (b1 = −b2,d1=d2 e h1 = h2). Più in generale sarebbe possibile individuare casi non banali nei quali il laminato superiore e quello inferiore abbiano spessori diversi e sequenze di impilamento che, comunque, soddisfino questa condizione: in tal caso, le Equazioni 5.19 sono disaccoppiate e possono essere risolte separatamente per ottenere gli sforzi di interfaccia normali e tangenziali.

2. un caso non bilanciato, o generale (b06= 0): equivale a porred1h1+b16=d2h2−b2. Questa con-dizione si verifica per laminati delaminati non simmetricamente rispetto al piano medio, o in la-minati non simmetrici (meccanicamente o geometricamente). Le Equazioni 5.19 sono accoppiate e la strategia di soluzione dovrà essere diversa dal caso bilanciato.

(9)

5.3. SOLUZIONE DEL PROBLEMA 73

5.3.2 Caso bilanciato

Sforzi all’interfaccia elastica Come detto,

b0= 0. (5.21)

Le Equazioni 5.19 sono pertanto disaccoppiate e possono essere risolte separatamente:        d4σ ds4 − α B 2 d2σ ds2 + α B 4σ = 0, d3τ ds3 − β B 2 dτ ds = 0, (5.22) dove si è posto α2B= kz(c1+c2) , α4B= kz(d1+d2) , β2B= kx a1+a2+ 2b1h1− 2b2h2+d1h21+d2h22 . (5.23)

Le equazioni caratteristiche di questo problema differenziale sono λσ4− α2σ2+ α4B= 0,

λτ3− β2Bλτ= 0.

(5.24)

e la soluzione generale per gli sforzi di interfaccia nel caso bilanciato può essere scritta come segue:

σ (s) = 4

i=1 Fieλis, τ (s) = F5eλ5s+ F6eλ6s+ F7, (5.25) dove λ1= v u u tα B 2 2 + s  α2B 2 2 − αB 4, λ2= −λ1, λ3= v u u tα B 2 2 + s  α2B 2 2 − αB 4, e λ4= −λ3 (5.26)

sono le radici della prima equazione caratteristica (Equazioni 5.24); mentre λ5=

q β2B, e λ6= −λ5

(5.27)

sono le radici della seconda delle Equazioni 5.24; infine le sette costanti Fisolo le opportune costanti di integrazione.

(10)

Caratteristiche della sollecitazione

Sostituendo le Equazioni 5.25 nelle 5.7, ed quindi nelle 5.6 ed infine integrando rispetto a s, è possibile determinare le espressioni delle caratteristiche della sollecitazione per il sub–laminato superiore:

N1(s) = −W " 6

i=5 Fi λi eλis+ F 7s+ F8 # , Q1(s) = −W " 4

i=1 Fi λi eλis+ F 10 # , M1(s) = −W " 4

i=1 Fi λi2e λis+ h 1 6

i=5 Fi λi eλis+ (h 1F7+ F10) s + F11 # ; (5.28)

così come per quello inferiore:

N2(s) = W " 6

i=5 Fi λi eλis+ F 7s+ F9 # , Q2(s) = W " 4

i=1 Fi λi eλis+ F 12 # , M2(s) = W " 4

i=1 Fi λi2e λis− h 2 6

i=5 Fi λi eλis− (h 2F7− F12) s + F13 # , (5.29)

dove le costanti F8, F9, . . . , F13sono ulteriori costanti di integrazione.

Misure di deformazione generalizzate

Sostituendo adesso le Equazioni 5.28 e 5.29 nelle 5.5 si ottengono le espressioni delle componenti di deformazione generalizzate per il sub–laminato superiore:

ε1(s) = −b1 4

i=1 Fi λi2e λis− (a 1+b1h1) 6

i=5 Fi λi eλis− [(a 1+b1h1) F7+b1F10] s −a1F8−b1F11, γ1(s) = −c1 4

i=1 Fi λi eλisc 1F10, χ1(s) = −d1 4

i=1 Fi λi2e λis− (b 1+d1h1) 6

i=5 Fi λi eλis− [(b 1+d1h1) F7+d1F10] s −b1F8−d1F11; (5.30)

e per quello inferiore:

ε2(s) =b2 4

i=1 Fi λi2e λis+ (a 2−b2h2) 6

i=5 Fi λi eλis+ [(a 2−b2h2) F7+b2F12] s +a2F9+b2F13, γ2(s) =c2 4

i=1 Fi λi eλis+c 2F12, χ2(s) =d2 4

i=1 Fi λi2e λis+ (b 2−d2h2) 6

i=5 Fi λi eλis+ [(b 2−d2h2) F7+d2F12] s +b2F9+d2F13. (5.31)

(11)

5.3. SOLUZIONE DEL PROBLEMA 75

Spostamenti generalizzati

Infine, sostituendo le Equazioni 5.30 e 5.31 nelle Equazioni 5.1 e integrando per l’ultima volta rispetto a s, si ottengono le espressioni degli spostamenti generalizzati per il sub–laminato superiore:

u1(s) = −b1 4

i=1 Fi λi3e λis− (a 1+b1h1) 6

i=5 Fi λi2e λis1 2[(a1+b1h1) F7+b1F10] s 2 − (a1F8+b1F11) s − F14, w1(s) = − 4

i=1  c1−d1 λi2  Fi λi2e λis+ (b 1+d1h1) 6

i=5 Fi λi3e λis+1 6[(b1+d1h1) F7+d1F10] s 3 +1 2(b1F8+d1F11) s 2− (c 1F10− F16) s − F15, φ1(s) = −d1 4

i=1 Fi λi3e λis− (b 1+d1h1) 6

i=5 Fi λi2e λis1 2[(b1+d1h1) F7+d1F10] s 2 − (b1F8+d1F11) s − F16; (5.32)

e per quello inferiore: u2(s) =b2 4

i=1 Fi λi3e λis+ (a 2−b2h2) 6

i=5 Fi λi2e λis+1 2[(a2−b2h2) F7+b2F12] s 2 + (a2F9+b2F13) s + F17, w2(s) = 4

i=1  c2−d2 λi2  Fi λi2e λis− (b 2−d2h2) 6

i=5 Fi λi3e λis1 6[(b2−d2h2) F7+d2F12] s 3 −1 2(b2F9+d2F13) s 2+ (c 2F12− F19) s + F18, φ2(s) =d2 4

i=1 Fi λi3e λis+ (b 2−d2h2) 6

i=5 Fi λi2e λis+1 2[(b2−d2h2) F7+d2F12] s 2 + (b2F9+d2F13) s + F19. (5.33)

dove le costanti F14, F15, . . . , F19sono ulteriori costanti di integrazione.

5.3.3 Caso non bilanciato

Sforzi all’interfaccia elastica

Supponendo ched1h1+b16=d2h2−b2, il sistema differenziale (Equazione 5.19) da risolvere deve essere opportunamente disaccoppiato: questo si ottiene risolvendo la prima delle Equazioni 5.19 rispetto a dτds, ottenendo dτ ds = − 1 b0  1 kz d4σ ds4 − (c1+c2) d2σ ds2 + (d1+d2) σ  . (5.34)

Derivando un opportuno numero di volte è possibile sostituire il valore di dτds (Equazione 5.34), e delle derivate di ordine superiore, nella seconda delle Equazioni 5.19.

Analogo procedimento può essere applicato alla seconda delle Equazioni 5.19 risolvendo per dσds e sostituendo nella prima. Sviluppando i calcoli si ottengono due equazioni differenziali in σ eτ:

       d6σ ds6 − α U 2 d4σ ds4 + α U 4 d2σ ds2 − α U 6 = 0, d7τ ds7 − α U 2 d5τ ds5 + α U 4 d3τ ds3 − α U 6 dτ ds = 0, (5.35)

(12)

dove α2U= kx a1+a2+ 2b1h1− 2b2h2+d1h21+d2h22 + kz(c1+c2) , α4U= kxkz a1+a2+ 2b1h1− 2b2h2+d1h21+d2h22 (c1+c2) + kz(d1+d2) , α6U= kxkz h (a1+a2) (d1+d2) − (b1+b2)2+ 2 (b1d2−b2d1) (h1+ h2) +d1d2(h1+ h2)2 i . (5.36)

Richiamando le definizioni dei coefficienti del sistema nel caso bilanciato (Equazioni 5.23) e la definizione dib0 (Equazione 5.20) è possibile verificare che sussiste una relazione tra i coefficienti del caso bilanciato e quelli del caso non bilanciato:

α2U= α2B+ β2B, α4U= α4B+ α22B, α6U= α42B− kxkzb20.

(5.37)

Considerando la prima delle Equazioni 5.35, l’integrale generale è del tipo σ (s) =

6

i=1

Fieλis, (5.38)

dove λisono le radici dell’equazione caratteristica

λσ6− α2σ4+ α4σ2− α6U= 0, (5.39) e le sei costanti Fisolo le opportune costanti di integrazione.

Integrando l’Equazione 5.34, e ricordando l’integrale generale per σ (s) (Equazione 5.38), si ottiene τ (s) = −1 b0 6

i=1  1 kz λi3− (c1+c2) λi+ (d1+d2) 1 λi  Fieλis+ F7; (5.40) dove si è introdotta l’ulteriore costante di integrazione F7in seguito all’integrazione. Per aumentare la maneggevolezza della notazione è possibile definire opportune costanti Gi,

Gi= − 1 b0  1 kz λi3− (c1+c2) λi+ (d1+d2) 1 λi  Fi: (5.41)

in tal modo è possibile riscrivere l’Equazione 5.40 in una forma compatta simile all’Equazione 5.38: τ (s) =

6

i=1

Gieλis+ F7. (5.42)

A differenza di quelle relative al caso bilanciato, delle quali è possibile dare l’esatta espressio-ne analitica, le radici dell’equazioespressio-ne caratteristica (Equazioespressio-ne 5.39) possono essere ricavate per via numerica.

Caratteristiche della sollecitazione

Sostituiamo le Equazioni 5.38 e 5.40 nelle Equazioni 5.7, e il risultato nelle Equazioni 5.6. Infine integria-mo rispetto a s determinando le espressioni delle caratteristiche della sollecitazione per il sub–laminato superiore: N1(s) = −W " 6

i=1 Gi λi eλis+ F 7s+ F8 # , Q1(s) = −W " 6

i=1 Fi λi eλis+ F 10 # , M1(s) = −W " 6

i=1  Fi λi2+ h1 G1 λi  eλis+ (h 1F7+ F10) s + F11 # ; (5.43)

(13)

5.3. SOLUZIONE DEL PROBLEMA 77

così come per quello inferiore:

N2(s) = W " 6

i=1 Gi λi eλis+ F 7s+ F9 # , Q2(s) = W " 6

i=1 Fi λi eλis+ F 12 # , M2(s) = W " 6

i=1  Fi λi2+ h2 Gi λi  eλis− (h 2F7− F12) s + F13 # , (5.44)

dove le costanti F8, F9, . . . , F13sono ulteriori costanti di integrazione.

Misure di deformazione generalizzate

Sostituendo adesso le Equazioni 5.43 e 5.44 nelle 5.5 si ottengono le espressioni delle componenti di deformazione generalizzate per il sub–laminato superiore:

ε1(s) = − 6

i=1  b1 Fi λi2+ (a1+b1 h1)Gi λi  eλis− [(a 1+b1h1) F7+b1F10] s −a1F8−b1F11, γ1(s) = −c1 6

i=1 Fi λi eλisc 1F10, χ1(s) = − 6

i=1  d1 Fi λi2+ (b1+d1h1) Gi λi  eλis− [(b 1+d1h1) F7+d1F10] s −b1F8−d1F11; (5.45)

e per quello inferiore:

ε2(s) = 6

i=1  b2 Fi λi2+ (a2 −b2h2)Gi λi  eλis+ [(a 2+b2h2) F7+b2F12] s +a2F9+b2F13, γ2(s) =c2 6

i=1 Fi λi eλis+c 2F12, χ2(s) = 6

i=1  d2 Fi λi2+ (b2−d2h2) Gi λi  eλis+ [(b 2−d2h2) F7+d2F12] s +b2F9+d2F13; (5.46) Spostamenti generalizzati

Infine, sostituendo le Equazioni 5.45 e 5.46 nelle Equazioni 5.1 e integrando ancora rispetto a s si ottengono le espressioni degli spostamenti generalizzati per il sub–laminato superiore:

u1(s) = − 6

i=1  b1 Fi λi3+ (a1+b1h1) Gi λi2  eλis1 2[(a1+b1h1) F7+b1F10] s 2 − (a1F8+b1F11) s − F14, w1(s) = − 6

i=1  c1−d1 λi2  Fi λi2 − (b1+d1h1) Gi λi3  eλis+1 6[(b1+d1h1) F7+d1F10] s 3 +1 2(b1F8+d1F11) s 2− (c 1F10− F16) s − F15, φ1(s) = − 6

i=1  d1 Fi λi3+ (b1+d1h1) Gi λi2  eλis1 2[(b1+d1h1) F7+d1F10] s 2 − (b1F8+d1F11) s − F16; (5.47)

(14)

e per quello inferiore: u2(s) = 6

i=1  b2 Fi λi3+ (a2 −b2h2) Gi λi2  eλis+1 2[(a2−b2h2) F7+b2F12] s 2 + (a2F9+b2F13) s + F17, w2(s) = 6

i=1  c2−d2 λi2  Fi λi2− (b2−d2h2) Gi λi3  eλis1 6[(b2−d2h2) F7+d2F12] s 3 −1 2(b2F9+d2F13) s 2+ (c 2F12− F19) s + F18, φ2(s) = 6

i=1  d2 Fi λi3 + (b2−d2h2) Gi λi2  eλis+1 2[(b2−d2h2) F7+d2F12] s 2 + (b2F9+d2F13) s + F19; (5.48)

dove le costanti F14, F15, . . . , F19sono ulteriori costanti di integrazione.

5.3.4 Relazioni tra le costanti di integrazioni

In entrambi i casi appena discussi, bilanciato (Paragrafo 5.3.2) e non bilanciato (Paragrafo 5.3.3), i valori delle costanti di integrazione Fi(con i = 1, 2, . . . , 19) devono essere determinati imponendo le opportune condizioni al bordo che caratterizzano la particolare applicazione da risolvere. Ricordiamo che le costanti Gi(Equazione 5.41), dipendono linearmente dalle Fi, e pertanto non devono essere considerate incognite aggiuntive del problema.

È importante osservare che le Equazioni 5.15 e 5.16, assieme alle equazioni di equilibrio globale (Equazioni 5.17), permettono di individuare soltanto nove condizioni linearmente indipendenti.

Apparentemente quindi mancherebbero dieci equazioni per la completa risoluzione del problema. Questa lacuna è però soltanto apparente, ed è legata alla particolare strategia risolutiva adottata (Paragrafo 5.3.1): le diciannove costanti di integrazione non possono essere tutte linearmente indipendenti tra loro. Per poter scrivere il sistema di equazioni differenziali posto dalle Equazioni 5.18 è stato necessario differenziare ripetutamente le Equazioni 5.13. Nella successiva integrazione per determinare i valori degli sforzi di interfaccia σ e τ sono state introdotte sette costanti di integrazione aggiuntive.

È possibile dedurre sette relazioni che intercorrono tra le costanti di integrazione e che potranno esse-re aggiunte alle condizioni al bordo per poter risolveesse-re il problema. Analizzando il caso non bilanciato se ne ottengono espressioni più generali che potranno, sostituendo opportunamente l’Equazione 5.21 dove necessario, essere adattate anche al caso bilanciato.

Le tensioni σ e τ, delle quali adesso è nota l’espressione in funzione delle costanti di integrazio-ne, devono rispettare il legame costitutivo dell’interfaccia: sostituendo le Equazioni 5.38, 5.40, 5.47 e 5.48 nelle 5.13 si ottengono, evidentemente, due equazioni i cui membri sono composti da somme di esponenziali e polinomi in s (per brevità si omettono qui le espressioni di queste due equazioni). Vo-lendo verificare queste uguaglianze per qualunque s, ed essendo λile radici dell’equazione caratteristica (Equazione 5.39), tutti i coefficienti moltiplicativi dei termini esponenziali devono essere nulli, e da questa procedura di sostituzione risultano due equazioni algebriche lineari:

               [(b1+b2+d1h1−d2h2)F7+d1F10+d2F12] s3+ 3 (b1F8+b2F9+d1F11+d2F13) s2 − 6 (c1F10+c2F12− F16− F19) s − 6 (F15+ F18) = 0, kx  a1+a2+ 2b1h1− 2b2h2+d1h21+d2h22 F7+ (b1+d1h1)F10+ (b2−d2h2)F12 s2 + 2kx[(a1+b1h1)F8+ (a2−b2h2)F9+ (b1+d1h1)F11+ (b2−d2h2)F13] s − 2 [F7− kx(F14+ h1F16+ F17− h2F19)] = 0. (5.49)

(15)

5.4. APPLICAZIONI DEL MODELLO 79

Perché la condizione imposta dal legame costitutivo sia verificata sarà sufficiente imporre che tutti i coefficienti di queste equazioni in s siano nulli. Si ottengono pertanto queste ulteriori sette condizioni:

                         (b1+b2+d1h1−d2h2) F7+d1F10+d2F12= 0, b1F8+b2F9+d1F11+d2F13= 0, c1F10+c2F12− F16− F19= 0, F15+ F18= 0, a1+a2+ 2b1h1− 2b2h2+d1h21+d2h22 F7+ (b1+d1h1) F10+ (b2−d2h2) F12= 0, (a1+b1h1) F8+ (a2−b2h2) F9+ (b1+d1h1) F11+ (b2−d2h2) F13= 0, F7− kx(F14+ h1F16+ F17− h2F19) = 0. (5.50)

Le Equazioni 5.50 permettono di esprimere F10, F11, . . . , F16 in funzione delle restanti costanti di integrazione: F10=−d2[a1+a2+d1h1(h1+ h2)] +b1[b2−d2(2h1+ h2)] +b 2 2+b2d1h1 b1d2−b2d1+d1d2(h1+ h2) F7, F11= b1 [b2−d2(h1+ h2)] −a1d2 b1d2−b2d1+d1d2(h1+ h2) F8+ b 2 2−a2d2 b1d2−b2d1+d1d2(h1+ h2) F9, F12= −d1[a1+a2−b2(h1+ 2h2) +d2h2(h1+ h2)] +b21+b1(b2−d2h2) b2d1−b1d2−d1d2(h1+ h2) F7, F13= b 2 1−a1d1 b2d1−b1d2−d1d2(h1+ h2) F8+ b2[b1+d1(h1+ h2)] −a2d1 b2d1−b1d2−d1d2(h1+ h2) F9, F14=n (c1d2 h1−c2d1h1)nd2[a1+a2+d1h1(h1+ h2)] +b1[d2(2h1+ h2) −b2] −b22−b2d1h1 o d2{d2[b1+d1(h1+ h2)] −b2d1} +c2h1(b1+b2+d1h1−d2h2) d2 + 1 kx o F7+ (h1+ h2)F19− F17, F15= −F18, F16= n (c2d1−c1d2)nd2[a1+a2+d1h1(h1+ h2)] +b1[d2(2h1+ h2) −b2] −b22−b2d1h1 o d2{d2[b1+d1(h1+ h2)] −b2d1} −c2(b1+b2+d1h1−d2h2) d2 o F7− F19. (5.51)

Si noti inoltre che le costanti F17, F18 e F19 rappresentano un moto rigido dell’intero sistema che rimarrà indeterminato a meno di non imporre opportune condizioni al bordo di natura cinematica. Queste costanti non hanno però influenza sugli sforzi di interfaccia, sulle caratteristiche della sollecitazione e sulle componenti di deformazione.

Concludendo, le rimanenti costanti (F1, F2, . . . , F9) possono essere determinate imponendo le condi-zioni al bordo descritte dalle Equacondi-zioni 5.15, 5.16 e 5.17.

Una volta che siano stati determinati i valori delle costanti il problema sarà completamente risolto.

5.4

Applicazioni del modello

La presente tesi illustra lo sviluppo di un modello meccanico per lo studio di un sistema laminato co-stituito da due sub–laminati, in generale diversi tra loro e caratterizzati da una generica sequenza di impilamento delle lamine. È possibile ricavare un sistema di equazioni differenziali (Equazioni 5.19) le cui incognite principali sono gli sforzi che l’interfaccia elastica scambia con i sub–laminati; seguendo il procedimento risolutivo (Paragrafo 5.3) è possibile determinare, a meno di uno spostamento rigido,

(16)

anche gli spostamenti generalizzati dei sub–laminati, le componenti di deformazione generalizzate e le caratteristiche della sollecitazione per ogni singolo sub–laminato.

Sebbene sviluppato nell’ottica di una più accurata modellazione delle prove di resistenza a frattura dei laminati compositi, il modello risulta essere estremamente versatile e adatto alla soluzione di una vasta gamma di problemi. Uno dei punti di forza rimane inoltre la capacità di descrivere il comportamento di laminati non simmetrici, caratterizzati dal presentare un accoppiamento flesso–estensionale (B 6= 0).

Nelle applicazioni relative allo studio della resistenza a frattura dei compositi, l’interfaccia elastica descrive il comportamento meccanico del sottile strato di matrice nell’intorno della fessura; l’interfaccia elastica potrebbe però descrivere con accuratezza anche il comportamento meccanico di uno strato di adesivo interposto tra due materiali differenti, non necessariamente laminati fibrorinforzati [Bennati e Valvo, 2009].

5.4.1 Tasso di rilascio dell’energia

Nell’ipotesi di voler utilizzare il modello proposto per l’interpretazione dei dati sperimentali ottenuti da un provino, l’elemento di laminato AB potrà essere definito a partire dal particolare problema, avendo cura di ricordare quanto detto nel Paragrafo 5.1: in particolare, su tutta la lunghezza L dell’elemento non dovranno agire carichi concentrati, mentre in un qualunque punto del provino è possibile realizzare un taglio ideale, avendo cura di inserire le caratteristiche della sollecitazione, opportunamente ripartite tra i due sub–laminati (Appendice B), che la parte di provino soppressa scambia con l’elemento.

Secondo il criterio di propagazione in modo misto [Hutchinson e Suo, 1991], la propagazione di una fessura attraverso l’interfaccia avviene quando il tasso di rilascio dell’energia nel provinoGS, definito come la somma dei singoli modi puri

GS=GS,I+GS,II, (5.52)

raggiunge il valore criticoGc(ψ), dove ψ è l’angolo di modo misto, definito

ψ = arctan s

GII GI

. (5.53)

Non è possibile conoscere la cedevolezza del provino attraverso lo studio di una sola sua parte (per poter applicare l’Equazione 2.20); è però possibile, applicando il modello illustrato nei Paragrafi prece-denti, determinare il valore del tasso di rilascio dell’energia in funzione degli sforzi interlaminari che a loro volta sono funzione dei carichi applicati al provino: infatti, il tasso di rilascio dell’energia di modo I è GS,I= 1 2kz∆w 2 S; (5.54)

introducendo lo sforzo normale di interfaccia, si ottiene GS,I= 1 2 σS2 kz . (5.55)

Analoghe espressioni si hanno anche per il tasso di rilascio di modo II: GS,II= 1 2kx∆u 2 S (5.56) e, GS,II= 1 2 τS2 kx . (5.57)

Il pedice S indica la sezione nella quale si sono valutati i valori di ∆w e ∆u. Il punto dal quale la propaga-zione avrà inizio è ovviamente funpropaga-zione del particolare problema in esame, ma in generale l’iniziapropaga-zione

(17)

5.4. APPLICAZIONI DEL MODELLO 81

potrà avvenire sia in corrispondenza della sezione A, della sezione B, così come di una qualunque sezione intermedia S.

Pertanto applicando il modello proposto è possibile determinare il valore del tasso di rilascio dell’e-nergia critico,Gc, conoscendo soltanto la geometria del provino e il carico, rilevato sperimentalmente, al quale avviene la prima propagazione, Pc. È inoltre immediato valutare la partizione dei modi dall’angolo di modo misto ψ, applicando la semplice Equazione 5.53.

Nel Capitolo 6 sono illustrate alcune applicazioni del modello, in particolare a provini laminati non simmetrici.

(18)

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