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Politecnico di Torino
Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Aerospaziale A.a. 2020/2021
Sessione di Laurea Luglio 2021
Misura della forza durante l’impatto:
simulazioni numeriche e prove sperimentali
Relatore: Candidato:
Prof. Marco Gherlone Co-relatore:
Ing. Massimiliano Corrado Mattone
Francesca Cantatore
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Sommario
La seguente tesi si concentra sul calcolo della forza d'impatto generata nella collisione tra un proiettile cilindrico in acciaio sparato da un cannone ad aria compressa e un bersaglio metallico. Più precisamente, l'idea è quella di indagare la possibilità di effettuare questo calcolo attraverso una cella di carico posta sul proiettile stesso, cosa che porta a notevoli problematiche relative ai cavi e al posizionamento della cella stessa.
Quindi da un lato viene stimata la migliore forma e dimensione del proiettile e la migliore posizione della cella di carico in modo che la forza calcolata sia corretta e si scopre essere essenziale l’introduzione di una correzione inerziale. Dall’altro lato, viene elaborato anche un modello a doppio impatto per risolvere il problema relativo ai cablaggi: un primo impatto tra un proiettile non strumentato sparato con il cannone e un secondo proiettile strumentato stazionario posizionato molto vicino al bersaglio; questo secondo proiettile viene così messo in moto e impatta a sua volta con il target. Diventa necessario allora capire se il doppio impatto influenzi in qualche modo la forza generata nell'area della cella di carico e risulta fondamentale scegliere la giusta forma, massa e velocità del primo proiettile.
In questo lavoro vengono seguiti tre diversi approcci, che si completano a vicenda: la realizzazione di simulazioni preliminari tramite elementi finiti, la ricerca e l’applicazione di un modello semplificato che restituisca una forza di impatto comparabile con quella delle simulazioni, ovvero il modello di Zener, e l’organizzazione di prove sperimentali per testare il sistema a doppio impatto in un ambiente più realistico. Durante i test in laboratorio, i dati vengono acquisiti, elaborati, corretti e confrontati, con ottimi risultati, con quelli ottenuti attraverso l'analisi FEM.
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Indice
Sommario ... 3
Indice ... 5
Introduzione ... 7
1 Richiami sull’impatto ... 8
1.1 L’impatto: un fenomeno dinamico ... 8
1.2 Tipologie di impatto ... 11
1.3 Classificazione dei Target ... 12
1.4 Approcci per lo studio del fenomeno ... 13
2 Dimensionamento del proiettile ... 16
3 Analisi agli elementi finiti ... 20
3.1 Proiettile con energia 10 J e velocità 7 m/s ... 27
3.1.1 Impatto singolo: proiettile cilindrico ... 27
3.1.2 Impatto singolo: proiettile con naso semisferico ... 34
3.1.3 Impatto singolo: proiettile allungato con naso semisferico ... 40
3.1.4 Impatto doppio con energia iniziale 10J ... 49
3.1.5 Impatto doppio con energia iniziale 20J ... 56
3.1.6 Impatto doppio con proiettile 2 piatto... 61
3.2 Proiettile con energia 100 J e velocità 22 m/s ... 66
4 Modello semplificato ... 73
4.1 L’urto ... 74
4.2 L’impatto ... 78
4.2.1 Modello basato sull’energia cinetica ... 79
4.2.2 Modelli basati sulla legge di contatto Hertziana ... 80
4.2.2.1 Modello massa-molla ... 82
4.2.2.2 Modello basato sul bilancio dell’energia ... 85
4.2.2.3 Modello di Zener ... 87
4.2.3 Modello con proiettile rigido ... 91
5 Applicazione numerica ... 95
6 Metodi di misura della forza di contatto in letteratura ... 99
6.1 Trasduttore dinamico di misurazione della forza ... 99
6.2 Proiettile con cristallo piezoelettrico ... 100
6.3 Enhanced Laser Velocity System (ELVS) ... 101
6
6.4 Dispositivo tubolare ... 103
7 Descrizione dell’esperimento ... 105
7.1 Il cannone ad aria compressa ... 105
7.2 I proiettili ... 107
7.3 Il target ... 109
7.4 La cella di carico ... 110
7.5 Altra strumentazione ... 112
7.6 Preparazione ed esecuzione ... 114
8 Risultati delle prove sperimentali e confronto con quelli delle simulazioni ... 117
9 Conclusioni e sviluppi futuri ... 122
Appendice I - codice MATLAB per il modello di Zener ... 124
Appendice II - valori di N1 ed N2 per varie forme di naso ... 126
Bibliografia... 129
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Introduzione
Gli eventi che comportano un impatto, ovvero la collisione di due o più corpi solidi, stanno da diverso tempo ricevendo una sempre maggiore attenzione. Infatti, i recenti progressi tecnologici hanno reso necessaria una comprensione più ampia del comportamento dei materiali e delle strutture sotto carichi a breve termine di questo tipo, in quanto i requisiti da rispettare sono diventati sempre più severi.
Lo studio dell’impatto tra un proiettile e un target è un problema molto variegato e complesso che implica conoscenze in molteplici ambiti e richiede che vengano seguiti diversi approcci:
analitici, numerici, ma soprattutto sperimentali. Quest’ultima tipologia è fondamentale per un fenomeno di questo tipo, risultando tuttavia molto costosa e potendo richiedere tempi molto lunghi per la preparazione e la successiva elaborazione dei dati e, soprattutto, portando ad incontrare inevitabilmente alcune difficoltà. È necessario quindi, prima di realizzare delle prove sperimentali di questo tipo, riuscire a riprodurre il fenomeno tramite analisi agli elementi finiti per prevederne il comportamento e risolvere in anticipo problemi che potrebbero presentarsi in fase di sperimentazione.
La seguente tesi si concentra in particolar modo sul calcolo della forza di impatto e, più precisamente, sull’indagare la possibilità di realizzare sperimentalmente tale calcolo tramite una cella di carico posta sul proiettile stesso. Questo approccio porta con sé diverse problematiche sia di natura pratica che di calcolo che verranno presentate successivamente.
Per esempio, la cella di carico si collega alla strumentazione tramite una serie di cavi, i quali possono creare notevoli problemi in fase di inserimento del proiettile nella canna del cannone e in fase di movimento del proiettile ad alte velocità. Inoltre, la cella di carico non può essere posizionata nel punto esatto dell’impatto, ovvero sul naso del proiettile, ma dovrà essere montata ad una certa distanza: è necessario quindi capire quali fenomeni entrano in gioco e trovare un sistema per far sì che la cella senta e calcoli la giusta forza di contatto.
Si parte da una serie di considerazioni e prove che vengono realizzate utilizzando l’analisi agli elementi finiti, incominciando da modelli molto semplici per arrivare poi a modelli più realistici e rappresentativi della realtà. Queste prove permettono di capire se sia possibile il posizionamento della cella di carico sul corpo impattante, simulando l’impatto che si genera utilizzando un cannone ad aria compressa per metterlo in moto. Nei prossimi capitoli verranno descritte in dettaglio tutte le simulazioni realizzate.
Successivamente si analizzano diverse teorie che sono state elaborate negli anni per riuscire ad individuarne una che possa essere utilizzata nei casi di interesse e permetta di ottenere un valore di forza di impatto confrontabile con quello delle simulazioni.
Infine, si cerca di confrontare quanto ottenuto tramite delle prove sperimentali in laboratorio.:
è necessario quindi individuare la giusta posizione per la cella di carico e progettare in modo adeguato i sistemi da impiegare.
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1 Richiami sull’impatto
Per meglio comprendere le dinamiche relative all’impatto, è necessario dare spazio alla ricerca bibliografica. In questo capitolo, infatti, verranno riportati alcuni aspetti fondamentali riguardanti questo fenomeno, comprese considerazioni sul proiettile, sul target e sull’approccio da seguire.
1.1 L’impatto: un fenomeno dinamico
È possibile dividere i vari processi della vita in [2]:
• processi che si svolgono in periodi di tempo abbastanza lunghi o con una velocità di cambiamento tanto bassa da poter essere considerati e studiati come fenomeni statici, ovvero indipendenti dal tempo. Tali fenomeni si generano quando si applica un carico costante o quasi costante ad una struttura. Il tempo caratteristico può variare in un intervallo di 10^4 – 10^0 s;
• processi che avvengono in intervalli di tempo così brevi che diviene fondamentale considerare il fattore tempo e altri fenomeni come l’inerzia; questi processi vengono definiti come dinamici e hanno un tempo caratteristico che può variare molto in base al tipo di applicazione del carico. Il carico, infatti, può essere applicato tramite macchine ad aria compressa (o gas inerte compresso), tramite impatti esplosivi o tramite pistole a gas, con il tempo caratteristico che può variare in un range di 10^-2 – 10^-8 s.
La figura 1.1 riporta visivamente la classificazione di cui sopra e, come si può facilmente notare, l’impatto, ovvero un carico applicato a un singolo punto o ad un’area molto ristretta in un tempo di qualche millisecondo, microsecondo o nanosecondo, rientra pienamente nella categoria dei fenomeni dinamici. Nel caso in cui la struttura possa essere sottoposta a sollecitazioni di questo tipo, è importante garantire tramite una buona progettazione che la struttura sia in grado di assorbire tutta l’energia necessaria senza rompersi.
9 Figura 1.1 Classificazione dei fenomeni in base alla durata del carico e alla velocità di deformazione.
Da “Zukas, Dynamic Behavior of Materials and Structures”.
Oltre ad una classificazione basata sul tempo caratteristico e sulla velocità di deformazione, è possibile classificare i fenomeni di impatto anche in base all'angolo, alle caratteristiche geometriche, ai materiali del target o del proiettile e alla velocità di impatto. Quest'ultimo approccio è adottato nella tabella 1.1 [1].
𝜺̇ Velocità di Impatto Effetto Metodo di carico
108 > 12 𝑘𝑚𝑠−1 Vaporizzazione dei solidi in collisione
- 106 3 − 12 𝑘𝑚𝑠−1 Compressibilità idrodinamica
dei materiali non trascurabile
Accelerazione esplosiva
106 1 − 3 𝑘𝑚𝑠−1 Comportamento fluido del
materiale con pressione che eccede la resistenza del materiale; densità parametro
dominante
Pistola a polvere
104 500 − 1000 𝑚𝑠−1 Comportamento viscoso del materiale con forza ancora
significativa
Pistola a polvere
102 50 − 500 𝑚𝑠−1 Comportamento principalmente plastico
Cannone ad aria compressa 100 < 50 𝑚𝑠−1 Comportamento principalmente
elastico con plasticizzazioni locali
Cannone ad aria compressa
Tabella 1.1 Risposta dei materiali in base alla velocità di impatto
10 L’impatto oggetto di questa tesi, realizzato con un dispositivo ad aria compressa, che rientra nella categoria dei fenomeni dinamici con velocità intermedia di deformazione, è caratterizzato da velocità di impatto inferiori ai 50 m/s e da un comportamento principalmente elastico, con plasticizzazioni locali.
Ovviamente questi intervalli devono essere considerati solo come punti di riferimento in quanto le transizioni dall’uno all’altro sono molto flessibili, essendo questi processi molto complessi e dipendenti da numerosi parametri.
In ogni caso, più aumenta la velocità di impatto, più aumenta la necessità di una descrizione ondulatoria del fenomeno. La presenza di onde elastiche può sempre essere osservata nel target e tali onde possono essere suddivise in longitudinali e trasversali. Ma più si passa da un comportamento principalmente elastico a uno plastico sempre più esteso, più si osserva la generazione di onde di propagazione plastiche, più lente di quelle elastiche, con fenomeni quali grandi deformazioni e riscaldamento, assenti nel caso di urto completamente elastico.
Superati i 2-3 km/s, i solidi in collisione possono essere trattati come fluidi in quanto si creano pressioni localizzate che superano la resistenza del materiale; a velocità ancora più elevate (> 12 km/s), si può arrivare ad una vaporizzazione esplosiva dei materiali in collisione [1].
Quando l’impatto è caratterizzato da sollecitazioni a bassa intensità, un ruolo fondamentale viene rivestito tanto dalla geometria quanto dal materiale dell’intera struttura; la risposta, tuttavia, tende a diventare sempre più localizzata all’aumentare dell’intensità del carico, cosa che porta la conoscenza della geometria a perdere di importanza rispetto alla conoscenza del modello costitutivo del materiale nelle vicinanze della zona d’impatto [4].
[2] Gli impatti a bassa velocità e massa elevata vengono spesso simulati in laboratorio utilizzando un tester di impatto a caduta, con cui una massa nota viene fatta cadere da un’altezza nota su un bersaglio, variando massa e altezza di caduta per ottenere l'energia di impatto desiderata. A velocità così basse, la cronologia forza-tempo del dispositivo di simulazione è facilmente ottenibile da un trasduttore di forza collegato.
Gli impatti a velocità intermedia e a velocità elevata vengono spesso eseguiti con l'uso di un dispositivo ad aria compressa o a gas inerte compresso: l'aria compressa viene utilizzata per spingere un proiettile di piccola massa lungo la canna con una certa velocità. Questa tipologia di impatto è quella che verrà affrontata e studiata in questa tesi. Risulta in questo caso abbastanza complesso misurare la forza del proiettile nel momento dell’impatto in quanto la cella di carico collegata al proiettile presenta una serie di cavi che rendono il movimento a velocità così elevate complesso, pericoloso per l’integrità della cella stessa e per l’attendibilità dei risultati finali della prova sperimentale.
Gli eventi di impatto balistico, invece, vengono comunemente eseguiti utilizzando una pistola a polvere, la quale è simile a una pistola a gas, ma fa uso di polvere da sparo per spingere un proiettile molto piccolo lungo la canna. A causa delle velocità ancora più elevate e di problemi di instabilità, la misurazione del movimento e della forza del proiettile è piuttosto complessa.
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1.2 Tipologie di impatto
Data la grande varietà di impatti, risulta utile anche eseguire una classificazione tra [5]:
• impatto ideale, nel caso in cui un proiettile sia dotato di moto puramente traslazionale ed entri in contatto con un corpo fermo: è il caso che sarà trattato in questa tesi. Tali condizioni sono nella pratica realizzabili solo in laboratorio, dove non sono presenti fenomeni di disturbo e dove si può decidere di mantenere il bersaglio fisso;
• impatto non ideale, ovvero il caso più realistico, che si ha quando il bersaglio è in movimento oppure il proiettile possiede componenti di velocità non solo traslazionale.
Nel caso di impatto non ideale, si possono individuare tre tipi di angoli, visibili anche nella figura 1.2:
• angolo di obliquità β: angolo compreso tra la traiettoria del proiettile e la normale al target passante per il punto d’impatto;
• angolo di impatto θ: angolo formato tra l’asse del proiettile e la normale al target passante per il punto d’impatto;
• angolo di incidenza α: angolo compreso tra la traiettoria e l’asse del proiettile.
Figura 1.2 Angoli impatto non ideale.
Da “Lumassi, Pisoni, Analisi delle condizioni di impatto balistico su un componente elicotteristico”.
Di conseguenza, si potrà avere un [5][1]:
• impatto normale: traiettoria normale all’obiettivo e coincidente con l’asse di simmetria. Lo stato di stress è bidimensionale. È quello che verrà trattato in questo lavoro;
• impatto obliquo: traiettoria ed asse di simmetria del proiettile sono coincidenti ma è presente un angolo rispetto alla normale al target. È presente un'ulteriore complicazione legata alle sollecitazioni di flessione dovute all'asimmetria del carico;
• impatto con incidenza imbardata: traiettoria ed asse di simmetria non sono coincidenti.
12 Una certa combinazione di geometria del proiettile, caratteristiche del materiale e velocità di impatto può portare al cedimento del proiettile o al rimbalzo dello stesso.
L'azione di impatto di un oggetto può causare sia la deflessione dell'elemento target che danni localizzati nel punto di contatto. Quando si considera un hard impact, significa che tutta l'energia di impatto viene assorbita dalla deflessione del target e non si ha nessun assorbimento di energia a seguito della deformazione locale, come mostrato nella figura 1.3a.
La figura 1.3b rappresenta il caso in cui la massa del target risulta molto più alta della massa dell’impattatore, cosa che porta ad una deflessione del target praticamente nulla. Nel caso in cui l’impatto avvenga a velocità molto elevata, può rendersi visibile e prevalente un danno localizzato. La figura 1.3c, invece, presenta lo scenario più generale, in cui si verificano danni sia globali che localizzati.
Figura 1.3 a) Solo deflessione target; b) Danno localizzato, deflessione target nulla; c) Danni sia locali che globali.
Da “Shihara Perera, Modelling Impact Actions of Flying and Falling Objects”.
1.3 Classificazione dei Target
Il target può essere definito come il più piccolo oggetto funzionalmente e/o strutturalmente indipendente le cui prestazioni vengono compromesse dal proiettile [7]. In primo luogo, si dice che un target sia [1]:
• semi-infinito, se non c'è influenza del contorno sul processo di penetrazione;
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• spesso se c'è l'influenza del contorno solo dopo una corsa sostanziale del proiettile nel bersaglio;
• intermedio, se la superficie posteriore esercita una notevole influenza sul processo di deformazione durante quasi tutto il movimento del penetratore;
• sottile, se non esistono gradienti di sollecitazione e deformazione in tutto il suo spessore.
Inoltre, l’impatto tra proiettile e target può dar luogo a [7]:
• una perforazione: quando il corpo penetrante passa totalmente attraverso il bersaglio;
• una inclusione: quando il corpo penetrante viene bloccato dal bersaglio e ne resta incastrato al suo interno;
• un rimbalzo: quando il corpo penetrante viene riflesso dal bersaglio senza esserne bloccato.
Tutti questi termini rientrano nella definizione di penetrazione, ovvero l'ingresso del penetratore in una qualsiasi regione del target, cosa che si verifica frequentemente come risultato di molti impatti. Tutti questi processi portano inevitabilmente ad una deformazione anche importante del proiettile, ma soprattutto del target: se la combinazione di intensità di carico e durata supera un dato valore critico per il materiale, il target inizia a rompersi.
1.4 Approcci per lo studio del fenomeno
L'azione di impatto avviene, come già detto, in un tempo molto breve e può essere suddivisa in due fasi: prima e dopo il verificarsi del primo contatto. Appena i due corpi entrano in contatto, si generano sulle superfici forze di compressione uguali ma opposte per il principio di azione e reazione: questa è la fase di carico o compressione (figura 1.4a), durante la quale l’energia cinetica viene trasformata in energia interna di deformazione elastica dalla forza di contatto. Non appena la velocità relativa dei due corpi raggiunge valore nullo, termina la fase di carico e inizia subito quella di scarico o restituzione (figura 1.4b), durante la quale si ha lo scarico dell’energia elastica immagazzinata durante la fase precedente, e che termina quando i due oggetti non sono più in contatto. I due periodi solitamente non hanno uguale durata, a meno che non ci si trovi in una situazione di urto perfettamente elastico; nel momento in cui compare una componente plastica, vi è una dissipazione che porta a una riduzione della durata della fase di restituzione, la quale viene totalmente annullata nel caso di impatto perfettamente plastico, nel quale i due corpi proseguono, teoricamente, senza separarsi. In realtà, al momento del contatto tra i due corpi non esiste solo la componente di velocità normale, che influenza la forza e il periodo di contatto, ma anche la componente tangenziale, responsabile della dissipazione di energia per attrito [4].
14 Figura 1.4 a) Primo contatto tra i due corpi; b) I due corpi si avvicinano fin quando la
loro velocità relativa non risulta nulla; c) I due corpi non sono più in contatto.
Da “Shihara Perera, Modelling Impact Actions of Flying and Falling Objects”.
Come si può vedere nella figura 1.5, si possono individuare due componenti nelle forze di impatto normale: la forza quasi statica (o di reazione) e la forza di contatto localizzata, causa di sollecitazioni localizzate attorno al punto di contatto e che può portare a fenomeni come ammaccature, schiacciamenti locali o perforazioni. Generalmente, la forza di contatto ha un valore molto più alto di quello della forza quasi statica a causa della presenza delle forze di inerzia non trascurabili. Risulta quindi evidente come non si possa rappresentare un'azione di impatto utilizzando solamente la forza quasi statica equivalente che genera una quantità simile di deflessione, cosa che spesso viene fatta nel campo ingegneristico, ma è fondamentale fare una distinzione tra i due tipi di forze.
Figura 1.5 Forza di contatto e forza di reazione.
Da “Shihara Perera, Modelling Impact Actions of Flying and Falling Objects”.
Come dimostrato in [4], la forza di contatto, così come il periodo di contatto, sono influenzati soprattutto dal materiale e dalla geometria dei due corpi. In particolare, la forza di contatto dipende fortemente dal materiale, in quanto l’energia cinetica è legata alla densità: a seguito dell’impatto di una massa con densità maggiore, dovrà essere assorbita una maggiore quantità di energia e quindi si avrà una maggiore forza di contatto. Ma la forza di contatto è
15 influenzata molto anche dalla sezione della superficie impattante; la lunghezza del corpo impattante, invece, influenza molto il periodo di contatto.
La distinzione tra questi due tipi di forze, e in generale lo studio del fenomeno dell’impatto, sono molto complicati ed è per questo che solitamente si seguono tre diversi approcci che si completano a vicenda [1][7]:
1. il metodo sperimentale, per la delineazione di equazioni empiriche o come verifica e controllo delle previsioni fornite dai metodi teorici;
2. procedure analitiche approssimate, che si concentrano su un preciso aspetto del fenomeno e introducono una serie di semplificazioni. Generalmente queste procedure si basano sul bilancio di energia o sulla quantità di moto, considerando o il target o l’impattatore come rigido: solo in pochi lavori si fa riferimento alla deformazione di entrambi i corpi. Inoltre, molte di queste equazioni richiedono la conoscenza di dati che possono essere ottenuti solo sperimentalmente o fanno affidamento a parametri del materiale non facilmente ottenibili.
3. soluzioni numeriche che coinvolgono programmi molto complessi, che richiedono lunghi tempi di calcolo e che si basano sui metodi alle differenze finite o agli elementi finiti, i quali sono anch’essi di natura approssimativa, ma più flessibili e in grado di modellare abbastanza accuratamente fenomeni di questo tipo. È necessario ricorrere a tali simulazioni quando si vuole ottenere una soluzione completa a un problema d’impatto, sia in situazioni complesse come impatti obliqui, sia in casi più semplici e risolvibili con modelli bidimensionali. Permettono infatti di ottenere un’ottima soluzione trattando anche geometrie e stati di carico complessi, ma solamente se si comprende e si caratterizza al meglio il comportamento del materiale.
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2 Dimensionamento del proiettile
Prima di poter realizzare il modello FEM, è necessario definire le dimensioni e le proprietà dei due corpi che impattano.
Si considera come target una piastra circolare di raggio
𝑎 = 150 𝑚𝑚 = 0.15 𝑚 e spessore
𝑡 = 2 𝑚𝑚 = 0.002 𝑚
Le piastre disponibili in laboratorio sono generalmente quadrate, ma siccome verrà utilizzato un modello FEM assialsimetrico, si preferisce fornire da subito indicazioni riguardanti una geometria circolare, le cui dimensioni sono però abbastanza ampie rispetto al punto di impatto tanto che la diversa geometria non modifica la risposta del corpo nella zona centrale di contatto.
La piastra è realizzata in acciaio inox AISI 316 X5CrNiMo 17-12-2, il quale presenta mediamente la seguente composizione [9]:
Elementi componenti Percentuale Carbonio, C <= 0.080 %
Cromo, Cr 16 – 18 % Ferro, Fe 61.8 – 72%
Manganese, Mn <= 2.0 % Molibdeno, Mo 2.0 – 3.0 %
Nichel, Ni 10 – 14 % Fosforo, P <= 0.045%
Silicio, Si <= 1.0 % Zolfo, S <= 0.030 %
Tabella 2.1 Composizione AISI 316 X5CrNiMo 17-12-2
I valori di densità 𝜌𝑠, modulo di Young 𝐸𝑠, sollecitazione di snervamento 𝜎𝑦, sollecitazione di rottura 𝜎𝑟, allungamento percentuale a rottura e modulo di Poisson 𝜈𝑠 sono [9]:
𝜌𝑠= 8000 𝑘𝑔/𝑚3
17 𝐸𝑠 = 1.93𝑥1011𝑃𝑎 = 193 𝐺𝑃𝑎 = 1.93𝑥1011𝑁/𝑚2
𝜎𝑦= 2.9𝑥108𝑃𝑎 = 290 𝑀𝑃𝑎 = 2.9𝑥108𝑁/𝑚2 𝜎𝑟 = 5.8𝑥108𝑃𝑎 = 580 𝑀𝑃𝑎 = 5.8𝑥108𝑁/𝑚2 𝐴𝑙𝑙𝑢𝑛𝑔𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑝𝑒𝑟𝑐𝑒𝑛𝑡𝑢𝑎𝑙𝑒 𝑎 𝑟𝑜𝑡𝑡𝑢𝑟𝑎 = 50%
𝜈𝑠= 0.30
Nel prossimo capitolo verrà descritto come le proprietà del materiale vengono impiegate nella modellizzazione agli elementi finiti.
Figura 2.1 Rappresentazione del target
Il proiettile è invece realizzato in acciaio 39NiCrMo3 bonificato, il quale presenta la seguente composizione percentuale e le seguenti proprietà fisiche e meccaniche, alcune delle quali si riferiscono a un acciaio generico [9]:
Elementi componenti Percentuale Carbonio, C 0.35 – 0.43 %
Cromo, Cr 0.60 - 1.0 % Ferro, Fe 96.1 - 97.5 % Manganese, Mn 0.50 - 0.80 % Molibdeno, Mo 0.15 - 0.25 %
Nichel, Ni 0.70-1.0 % Fosforo, P <= 0.035 %
Silicio, Si 0.15 – 0.35 % Zolfo, S <= 0.035 %
Tabella 2.2 Composizione percentuale acciaio 39NiCrMo3
18 𝜌𝑖 = 7850 𝑘𝑔/𝑚3
𝐸𝑖 = 2.0𝑥1011𝑃𝑎 = 2.0𝑥1011𝑁/𝑚2 𝜈𝑖 = 0.29
𝜎𝑦 = 350 𝑀𝑃𝑎 = 3.5 𝑥108𝑃𝑎 𝜎𝑟 = 420 𝑀𝑃𝑎 = 4.2 𝑥108𝑃𝑎 𝑒𝑙𝑜𝑛𝑔𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 = 15% 𝑠𝑡𝑟𝑎𝑖𝑛
Il proiettile presenta un corpo cilindrico e una testa semisferica e deve essere inserito all’interno della canna del cannone, la quale ha un raggio di circa 2,4 cm. Si preferisce, però, realizzare il proiettile con un raggio leggermente inferiore, essendo comunque molto facile con un adattatore o sabot ottenere la dimensione finale della canna. Questi elementi verranno ripresi e trattati in modo più preciso nel capitolo relativo alla prova sperimentale. Si considera, quindi, un generico raggio del proiettile pari a:
𝑅 = 1.5 𝑐𝑚 = 0.015 𝑚
Si suppone una lunghezza totale, ovvero corpo più testa, di:
𝐿 = 8 𝑐𝑚 = 0.08 𝑚
La lunghezza del solo corpo risulta quindi:
𝐿𝑐 = 6.5 𝑐𝑚 = 0.065 𝑚
La lunghezza del corpo non deve essere troppo elevata perché altrimenti le masse in gioco diventerebbero troppo alte, ma non deve essere neanche troppo limitata rispetto al naso perché è necessario che ci sia lo spazio sufficiente per inserire la cella di carico.
La massa risulta di conseguenza pari a:
𝑚 = 𝜌 (1 2
4
3𝜋𝑅3+ 𝜋𝐿𝑐𝑅2 ) = 7850𝑘𝑔 𝑚3∙ (2
3∙ 𝜋 ∙ (0.015𝑚)3+ 𝜋 ∙ 0.065𝑚 ∙ (0.015𝑚)2 )
≈ 0.416 𝑘𝑔
19 Figura 2.2 Rappresentazione del proiettile
Avendo definito la geometria del proiettile, è molto facile calcolare la velocità 𝑉 necessaria per ottenere due diversi valori indicativi di energia cinetica, ovvero 𝐸𝑘 = 10, 100 𝐽:
𝐸𝑘 =1 2𝑚𝑉2
𝑉 = √2𝐸𝑘
𝑚 ≈ {
7 𝑚
𝑠 [𝐸𝑘 = 10 𝐽]
22𝑚
𝑠 [𝐸𝑘 = 100 𝐽]
Le dimensioni del proiettile fornite in questo capitolo sono solamente dei valori iniziali che verranno modificati nel corso della tesi, dopo aver realizzato una serie di considerazioni tramite diversi modelli e analisi agli elementi finiti. Si rimanda quindi ai capitoli successivi per la conoscenza delle dimensioni definitive scelte anche per le prove sperimentali.
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3 Analisi agli elementi finiti
Le analisi numeriche risultano fondamentali perché permettono di modellare situazioni anche molto complesse, valutando numerosi aspetti difficilmente prevedibili con modelli analitici e permettendo di programmare l’attività sperimentale, indirizzandola verso gli aspetti più critici e riducendone in questo modo tempi e costi.
L’approccio utilizzato nella maggior parte di queste analisi è quello agli elementi finiti, il quale, in maniera molto sintetica, consiste nel [1]:
• dividere il continuo in un numero finito di regioni molto piccole, chiamate elementi, le quali interagiscono tra di loro solamente in una serie di punti chiamati nodi. Le incognite base del problema sono gli spostamenti in questi nodi;
• definire lo spostamento in ogni punto all’interno dell’elemento in funzione dello spostamento nodale utilizzando un set di funzioni specifiche;
• definire tramite queste funzioni di spostamento uno stato di deformazione per ogni singolo elemento e, di conseguenza, uno stato di stress;
• determinare un sistema di forze concentrate nei nodi per equilibrare i carichi esterni. I dati dei singoli elementi vengono poi assemblati per comprendere il comportamento globale.
In questo lavoro di tesi, vengono realizzati diversi modelli dell’impatto tra proiettile e target utilizzando il software commerciale ad elementi finiti della Dassault Systemes Abaqus CAE sia per la creazione del modello che per la visualizzazione dei risultati. Il pre-processore, infatti, permette di definire e di visualizzare molto facilmente la geometria, le condizioni iniziali e la descrizione dei materiali, preparando tutte le informazioni necessarie per l’analisi, la quale avviene attraverso il processore principale. Il post-processore, invece, permette di visualizzare graficamente e in maniera molto intuitiva i risultati di interesse delle analisi.
L’obiettivo finale in questo caso è stato controllare:
1. lo stress σ e la deformazione ε che si generano nel proiettile e, conseguentemente, capire se il corpo rimane in campo elastico, si deforma plasticamente o, eventualmente, arriva a rottura;
2. l’andamento dell’energia cinetica nel proiettile e quindi la quantità che viene persa durante l’urto. Questo è importante soprattutto se si realizzano due impatti consecutivi;
3. la differenza tra la forza calcolata dal programma nel punto di impatto e lo stress che si genera nel proiettile nella zona dove dovrebbe essere posizionata la cella di carico.
Per semplicità e velocità di calcolo, tutti i modelli che vengono realizzati sono di tipo bidimensionale assialsimmetrico: realizzare un modello tridimensionale, infatti, anche considerando solo un quarto del sistema totale, richiederebbe molte ore se non addirittura
21 giorni di calcolo. Prima di realizzare il modello, vengono riportate alcune considerazioni su come lavora e ragiona Abaqus.
Dal manuale di Abaqus, si legge cosa si intende per elementi Axisymmetric: sono elementi utili per la modellazione di corpi di rivoluzione in condizioni di carico assialmente simmetriche. Un corpo di rivoluzione viene generato ruotando una sezione trasversale piana attorno a un asse, ovvero l'asse di simmetria, ed è facilmente descritto in coordinate polari cilindriche r, z e. θ. La figura 3.1 mostra una tipica sezione trasversale (cross section) di riferimento in θ=0. Le coordinate radiali e assiali di un punto su questa sezione trasversale sono indicate rispettivamente con r e z. In θ=0 le coordinate radiali e assiali coincidono con le coordinate cartesiane X e Y globali. ABAQUS non applica automaticamente le condizioni al contorno ai nodi che si trovano sull'asse di simmetria nei modelli assialsimmetrici: se necessario, bisogna applicarle direttamente.
Figura 3.1 Tipica sezione trasversale di un corpo di rivoluzione.
Da “Abaqus/CAE User’s Manual”.
Quindi la soluzione in qualsiasi piano r-z definisce completamente la soluzione nell’intero corpo nel momento in cui il carico e le proprietà del materiale sono indipendenti da θ. La figura 3.1 mostra un elemento di un corpo assialsimmetrico, in cui nodi i, j, k e l sono in realtà, come si può notare, "cerchi" nodali e il volume del materiale associato all'elemento è quello di un corpo di rivoluzione. Allo stesso modo, il valore di un carico nodale o di una forza di reazione è il valore totale sull'anello.
Gli elementi assialsimmetrici regolari (CAX) per applicazioni strutturali consentono solo il carico radiale e assiale, sono associabili a materiali con proprietà isotrope o ortotrope e sono indicati come elementi privi di torsione. Poiché lo spostamento deve anche essere puramente
22 assialsimmetrico, ci sono solo quattro possibili componenti non nulle di deformazione (𝜀𝑟𝑟, 𝜀𝑧𝑧, 𝜀𝜃𝜃, 𝛾𝑟𝑧).
Nei problemi di impatto, inoltre, è molto importante la definizione del contatto. Abaqus / CAE non riconosce il contatto meccanico tra due parti o due regioni di un assieme a meno che esso non sia specificato nel modulo interazione; la semplice vicinanza fisica di due superfici in un assieme, infatti, non è sufficiente per indicare alcun tipo di interazione tra le superfici.
Come si legge nel manuale di Abaqus, Abaqus / Explicit fornisce diversi algoritmi per modellare le interazioni di contatto:
• le interazioni di tipo “general contact” consentono di definire il contatto tra tutte le superfici e gli spigoli che costituiscono il modello ed è molto utile nei casi in cui, a priori, non si possono conoscere le superfici oggetto di contatto; per perfezionare il dominio del contatto, si possono includere o escludere coppie di superfici specifiche;
• le interazioni di tipo “Surface-to-surface contact” descrivono invece il contatto tra due superfici deformabili o tra una superficie deformabile e una rigida, le quali devono essere esplicitamente specificate. Il vantaggio è sicuramente un minor rallentamento dei calcoli rispetto al caso precedente;
• le interazioni di “Self-contact” descrivono invece il contatto tra diverse aree su una singola superficie.
Nel caso in esame, il contatto avviene tra la faccia anteriore del proiettile e la superficie anteriore del target: è conveniente inserire un “Surface-to-surface contact”. Viene in un primo momento considerata l’assenza di un qualsiasi attrito tra le superfici, ma in secondo luogo si inserisce tale fenomeno tramite un coefficiente di attrito dinamico tra i due corpi, il quale dipende dal materiale dei corpi stessi. Viene anche inserita la relazione "hard contact", che riduce al minimo la penetrazione della superficie slave nella superficie master nei punti di vincolo.
Abaqus / Explicit, inoltre, utilizza due metodi diversi per applicare i vincoli di contatto:
• l'algoritmo di contatto “kinematic” utilizza un algoritmo di contatto predittore/correttore cinematico per applicare rigorosamente i vincoli di contatto (ad esempio, non sono consentite penetrazioni);
• l'algoritmo di contatto “penalty” ha un'applicazione più debole dei vincoli, ma consente il trattamento di tipi più generali di contatto.
Le coppie di contatto in Abaqus / Explicit utilizzano l'applicazione kinematic per impostazione predefinita, ma è possibile modificare tale impostazione e applicare la penalty, come verrà fatto nel caso in esame. Entrambi i metodi, comunque, conservano la quantità di moto tra i corpi in contatto.
Un’altra considerazione d’obbligo prima di passare alla realizzazione del modello riguarda il materiale, per la modellazione del quale ci sono diverse possibilità:
• la prima è definire un materiale perfettamente plastico, ovvero un materiale che ha un tratto plastico parallelo all'asse delle deformazioni, cioè la tensione in fase plastica è costantemente uguale alla sua 𝜎𝑦 di snervamento: si può fare aggiungendo la plasticità
23 al materiale elastico perfetto. È sufficiente definire la tensione di snervamento (tensione reale) e immettere "0" per la deformazione plastica. L’acciaio non è però un materiale perfettamente plastico;
• la seconda opzione è utilizzare le curve di sforzo-deformazione reali e i corrispondenti valori di stress e deformazione reali riferiti al comportamento plastico.
Figura 3.2 Generica curva sforzo-deformazione
Si ricorda che il comportamento elastico può essere facilmente definito inserendo il modulo di Young e quello di Poisson. Per descrivere il comportamento plastico, invece, non avendo a disposizione tutti i punti della curva sforzo-deformazione per i materiali in esame, la si approssima tramite l’equazione di Ramberg-Osgood, che calcola la deformazione ingegneristica totale come funzione dello stress, nel caso in cui si consideri la 𝜎𝑦 come lo stress a cui corrisponde una deformazione residua dello 0.2%:
𝜀 = 𝜎
𝐸+ 0.002 (𝜎 𝜎𝑦)
1/𝑛
Il primo termine si riferisce alla deformazione elastica e il secondo a quella plastica. In particolare, si possono definire i valori di deformazione totale, plastica ed elastica corrispondenti alla sollecitazione di snervamento e a quella di rottura nel seguente modo:
Stress σ Deformazione
totale ε Deformazione elastica 𝜀𝑒
Deformazione plastica 𝜀𝑝
Snervamento 𝜎𝑦 𝜎𝑦
𝐸 + 0.002 𝜎𝑦
𝐸
0.002
Rottura 𝜎𝑟 𝜎𝑟
𝐸 + 𝜀𝑓 𝜎𝑟
𝐸
𝜀𝑓
Tabella 3.1 Formule generiche per la deformazione elastica e plastica
24 Dove 𝜀𝑓 è semplicemente la percentuale di elongazione espressa in forma decimale.
Importante ricordare che su Abaqus è necessario inserire i valori di tensione e deformazione plastiche reali e non nominali, ovvero:
𝜀 = ln(1 + 𝜀𝑛𝑜𝑚) 𝜎 = 𝜎𝑛𝑜𝑚(1 + 𝜀𝑛𝑜𝑚)
Si riportano le tabelle riepilogative dei valori da inserire in Abaqus per descrivere il comportamento plastico rispettivamente dell’acciaio e dell’AISI 316.
Stress
nominale (Pa)
Deform. Pl.
Nominale
Stress reale (Pa)
Deform. Pl.
Reale
Snervamento 3.5E+08 0.002 3.507E+08 0.001998
Rottura 4.2E+08 0.15 4.83E+08 0.14
Tabella 3.2 Valori di stress e deformazione reale per l’acciaio
Stress
nominale (Pa)
Deform. Pl.
Nominale
Stress reale (Pa) Deform. Pl.
Reale
Snervamento 2.9E+08 0.002 2.906E+08 0.001998
Rottura 5.8E+08 0.5 8.7E+08 0.4055
Tabella 3.3 Valori di stress e deformazione reale per l'AISI 316
• La terza possibilità, molto usata nell’ambito della modellazione degli impatti per descrivere il comportamento plastico del materiale, è il modello di Johnson-Cook.
Come definito sempre nel manuale di Abaqus, questo modello è adatto in caso di tassi di deformazione elevati di molti materiali, inclusa la maggior parte dei metalli, ed è tipicamente utilizzato nelle simulazioni dinamiche transitorie adiabatiche; può essere utilizzato insieme al modello di guasto dinamico di Johnson-Cook e deve essere utilizzato insieme al modello di materiale elastico lineare.
Questo modello [11] è comunemente usato per descrivere lo stress nei metalli come il prodotto degli effetti della temperatura, della deformazione e della velocità di deformazione tramite la formula:
𝜎 = (𝐴 + 𝐵(𝜀𝑝𝑙)𝑛) [1 + 𝐶𝐿𝑛 (𝜀̇𝑝𝑙
𝜀̇𝑟𝑒𝑓)] [1 − ( 𝑇 − 𝑇𝑡𝑟 𝑇𝑚𝑒𝑙𝑡− 𝑇𝑡𝑟)
𝑚
]
25 Dove σ è il flusso di stress, 𝜀𝑝𝑙 è la deformazione plastica, 𝜀𝑝𝑙̇ è la velocità di deformazione (1/s), 𝜀𝑟𝑒𝑓̇ è la velocità di deformazione plastica di riferimento (1/s), che è di solito normalizzata a una velocità di deformazione di 1 al secondo, T è la temperatura di analisi corrente (° C), Ttr è la temperatura di transizione, che è definita come la temperatura a cui o al di sotto della quale non c’è nessuna dipendenza dalla temperatura nell’espressione della σ, Tm è la temperatura di fusione del materiale da lavorare.
A, B, C, n e m sono le costanti del materiale che possono essere determinate sperimentalmente alla temperatura di transizione o a una temperatura inferiore. In particolare, il coefficiente A è legato alla resistenza allo snervamento (MPa), B è il modulo di indurimento (MPa), C è il coefficiente di sensibilità alla velocità di deformazione, n è il coefficiente di indurimento e m il coefficiente di rammollimento termico.
Il cedimento nel materiale target è introdotto con il modello di danno Johnson – Cook, il quale assume la deformazione plastica all'inizio del danno come:
𝜀𝐷𝑝𝑙= [𝑑1+ 𝑑2𝑒𝑥𝑝 (𝑑3 𝑝
𝑞)] [1 + 𝑑4𝐿𝑛 (𝜀𝑝𝑙̇
𝜀𝑟𝑒𝑓̇ )] [1 − 𝑑5( 𝑇 − 𝑇𝑡𝑟 𝑇𝑚𝑒𝑙𝑡− 𝑇𝑡𝑟)
𝑚
]
Dove 𝜀𝐷𝑝𝑙 è la deformazione plastica equivalente all'inizio del danno, d1-d5 sono parametri di cedimento, p è la sollecitazione media (o idrostatica), q è la sollecitazione di von Mises ed m è una costante del materiale.
Il problema principale dell’ultimo modello proposto, che lo rende difficilmente utilizzabile nel caso che si sta trattando in questa tesi, è che tutti i coefficienti sopra riportati devono essere determinati sperimentalmente e devono essere estremamente precisi e fedeli alla realtà per ottenere dei risultati accurati. Sono presenti in letteratura una serie di riferimenti utili a riguardo, ma si rischia che non siano perfettamente applicabili al caso in esame e che quindi, invece che rendere l’analisi più precisa, la rendano meno affidabile.
Risulta più conveniente, di conseguenza, utilizzare, almeno in un primo momento, il secondo metodo riportato sopra che, seppur meno preciso nella sua definizione, è applicabile in maniera più accurata. Tuttavia, è importante precisare che le proprietà dei materiali sopra riportate e che verranno inserite nella simulazione sono state prese dalla letteratura e non sono state trovate sperimentalmente: è quindi probabile che, quando si eseguirà la prova sperimentale effettiva, i risultati non siano totalmente coerenti con la realtà.
Per quanto riguarda la risoluzione del problema di impatto, viene utilizzato il codice esplicito, che è il più diffuso per le analisi dinamiche, le quali prevedono elevate non linearità, grandi deformazioni e cambiamenti delle condizioni di contatto. Esso permette, infatti, di effettuare in tempi relativamente brevi analisi anche molto complesse, ma richiede una grande attenzione nel controllo dei risultati in quanto l’accumulo di errori nel processo di
26 integrazione può facilmente portare a stime sbagliate. Abaqus/Explicit usa un metodo alle differenze centrali per integrare le equazioni del moto in maniera esplicita nel tempo, usando le condizioni cinematiche al passo i per calcolare quelle al passo i+1, riuscendo ad integrare in maniera esatta solo le accelerazioni costanti: quando si è in presenza di forze non costanti, diviene quindi necessario avere incrementi di tempo relativi ad ogni passo molto piccoli in modo che si possa considerare l’accelerazione costante senza causare errori eccessivi. Questo porta alla necessità di avere migliaia di incrementi ognuno dei quali, però, ha un basso costo computazionale.
Un fattore che risulta critico nel caso di un solutore esplicito è il tempo di incremento stabile [4], il quale determina la durata della simulazione. Si può definire tale limite di stabilità come segue:
∆𝑡𝑠𝑡𝑎𝑏 = 𝐿𝑒 𝑐𝑑
In cui 𝐿𝑒 è la lunghezza caratteristica del più piccolo elemento e 𝑐𝑑 è la velocità di propagazione delle onde dilatazionali nel materiale, definita come:
𝑐𝑑 = √1 𝜌
𝑑𝜎 𝑑𝜀 Che nel caso di materiale lineare elastico diventa:
𝑐𝑑 = √𝐸 𝜌
L’utente, tuttavia, non ha bisogno di fare alcun calcolo in quanto il programma sia valuta il tempo di incremento stabile iniziale, sia lo adatta nel corso dell’analisi in quanto la distorsione degli elementi fa variare inevitabilmente la loro lunghezza caratteristica. In questa tesi l'incremento viene infatti impostato su Automatic. Tuttavia, è utile realizzare una simulazione per valutare il limite calcolato dal programma e, eventualmente, ridurlo in seguito. In ogni caso, l’eventuale superamento del limite di stabilità si può facilmente verificare controllando il valore dell’energia totale del modello, la quale non dovrebbe variare molto nel corso dell’analisi.
Il limite di stabilità è quindi strettamente correlato a come viene realizzata la mesh del modello. In primo luogo, gli elementi dovrebbero essere realizzati il più grandi possibile, in quanto questo permetterebbe un aumento del ∆𝑡𝑠𝑡𝑎𝑏 e quindi un’analisi più veloce; questo, però, risulta in contrasto con la necessità di ottenere risultati accurati che è legata all’utilizzo di una mesh raffinata. È necessario, quindi, tramite un’analisi di convergenza, riuscire a trovare una dimensione della mesh che garantisca risultati accurati in tempi abbastanza brevi.
In secondo luogo, essendo il limite di stabilità influenzato anche se un singolo elemento risulta distorto, diviene fondamentale avere una mesh regolare e cercare di non raffinare la mesh solo in specifiche zone in quanto l’interfaccia tra elementi grandi e piccoli può aumentare la durata dell’analisi. Si può comunque controllare questo aspetto molto facilmente
27 in quanto Abaqus fornisce nello status file (.sta) la possibilità di consultare la lista dei dieci elementi che hanno il limite di stabilità più basso.
Anche il modello del materiale influenza ovviamente il limite di stabilità, essendo questo strettamente correlato alla velocità di propagazione delle onde dilatazionali. Se il modello è elastico, la velocità di propagazione è costante e il tempo di incremento stabile dipende dal materiale più rigido; se si entra in campo plastico, la rigidezza diminuisce e la velocità di propagazione diminuisce, aumentando il limite di stabilità.
3.1 Proiettile con energia 10 J e velocità 7 m/s 3.1.1 Impatto singolo: proiettile cilindrico
Si parte dal caso più semplice possibile, ovvero quello di un singolo impatto tra il target e un proiettile con una geometria cilindrica, sempre utilizzando un modello assialsimmetrico bidimensionale. Per cercare di semplificare ulteriormente l’analisi, per il momento entrambi i corpi sono realizzati in acciaio generico con proprietà elastico-plastiche. Le dimensioni del target e del proiettile sono quelle riportate nel capitolo precedente, ovvero:
𝑎𝑡𝑎𝑟𝑔𝑒𝑡 = 150 𝑚𝑚 = 0.15 𝑚 𝑡𝑡𝑎𝑟𝑔𝑒𝑡 = 2 𝑚𝑚 = 0.002 𝑚
𝑅𝑝𝑟𝑜 = 1.5 𝑐𝑚 = 0.015 𝑚 𝐿𝑝𝑟𝑜 = 8 𝑐𝑚 = 0.08 𝑚
Le figure 3.3 e 3.4 mostrano rispettivamente come appare il modello bidimensionale che è stato realizzato e il modello tridimensionale corrispondente:
28 Figura 3.3 Modello bidimensionale impatto singolo con proiettile cilindrico
Figura 3.4 Modello tridimensionale impatto singolo con proiettile cilindrico
In questo specifico caso, per quanto concerne l’interazione tra i due corpi, non è stato inserito l’attrito in direzione tangenziale per evitare la dissipazione di energia per attrito, ma solamente un Hard Contact in direzione normale ed è stato utilizzato il Penalty Contact Method. Queste scelte sono state prese sempre per semplificare il più possibile l’analisi.
Il proiettile è soggetto ad una velocità di 7 m/s in direzione del target, al quale è applicato un vincolo di appoggio, ovvero un impedimento al movimento in direzione y. Il proiettile, invece, non è soggetto ad alcun tipo di vincolo.
Gli elementi che costituiscono la mesh sono di tipo esplicito, assisimetrico e lineare a 4 nodi (CAX4R) di dimensione 0.0005 sia nel proiettile che nel target.
L’analisi ha una durata di 0.01s e viene realizzata tramite 133378 incrementi; il tempo di incremento stabile calcolato automaticamente da Abaqus risulta di circa 7.5079e-8, più conservativo del valore 9.8742e-8 che si può calcolare tramite la formula riportata precedentemente. L’energia totale del sistema rimane sempre costante e pari a circa 10.806 J.
Si realizzata prima di tutto un confronto sulla superficie di contatto appartenente al proiettile (0 m dal naso del proiettile) tra la forza di impatto CFN2 calcolata da Abaqus in direzione y e la forza che si ottiene a partire dallo stress S22 in direzione y su quella sezione. Questa seconda forza, indicata con F_cl_0m è stata calcolata considerando che ogni elemento presenta uno stress che deve essere moltiplicato per l’area della corona circolare
29 corrispondente. Si ottengono così una serie di forze (una per ogni elemento della superficie) che devono essere sommate per ottenere una forza paragonabile a quella di contatto. Si noti come le due curve siano quasi completamente sovrapposte, tranne delle inevitabili oscillazioni sulla curva che rappresenta lo stress.
Figura 3.5 Sezione proiettile 0m
Figura 3.6 Confronto tra la forza di contatto CFN2 e la forza F_lc nella sezione a 0m
Le curve vengono rappresentate solo fino all’istante temporale 0.006s per rendere maggiormente visibile il momento dell’impatto.
Si cerca a questo punto di realizzare lo stesso confronto su superfici del proiettile più lontane dal punto di impatto, per capire se sia possibile, posizionando la cella di carico a queste distanze, relazionare la S_22 trasformata in F_lc con la CFN2 calcolata da Abaqus. In particolare, il calcolo di F_lc è stato realizzato per molte posizioni diverse, come si può notare dai grafici (le posizioni sono calcolate a partire dalla punta del naso):
-1.40E+04 -1.20E+04 -1.00E+04 -8.00E+03 -6.00E+03 -4.00E+03 -2.00E+03 0.00E+00 2.00E+03 4.00E+03 6.00E+03
0.00E+00 1.00E-03 2.00E-03 3.00E-03 4.00E-03 5.00E-03 6.00E-03
Forza N
Tempo s
CFN2 F_lc_0m
30 Figura 3.7 Confronto tra la forza di contatto CFN2 e la forza F_lc nella sezione a 0.01m
Figura 3.8 Confronto tra la forza di contatto CFN2 e la forza F_lc nella sezione a 0.02m -4.00E+04
-3.00E+04 -2.00E+04 -1.00E+04 0.00E+00 1.00E+04 2.00E+04 3.00E+04 4.00E+04
0.00E+00 1.00E-03 2.00E-03 3.00E-03 4.00E-03 5.00E-03 6.00E-03
Forza N
Tempo s CFN2 F_lc_0.01m
-1.50E+05 -1.00E+05 -5.00E+04 0.00E+00 5.00E+04
0.00E+00 1.00E-03 2.00E-03 3.00E-03 4.00E-03 5.00E-03 6.00E-03
Forza N
Tempo s CFN2 F_lc_0.02m
31 Figura 3.9 Confronto tra la forza di contatto CFN2 e la forza F_lc nella sezione a 0.04m
Figura 3.10 Confronto tra la forza di contatto CFN2 e la forza F_lc nella sezione a 0.06m
Come si può facilmente notare, nessuna di queste curve è confrontabile con quella della forza di contatto, in quanto presentano tutte dei valori decisamente maggiori in modulo e un andamento che non rispecchia quello della CFN2.
-6.00E+04 -4.00E+04 -2.00E+04 0.00E+00 2.00E+04 4.00E+04 6.00E+04 8.00E+04
0.00E+00 1.00E-03 2.00E-03 3.00E-03 4.00E-03 5.00E-03 6.00E-03
Forza N
Tempo s CFN2 F_lc_0.04m
-5.00E+04 -4.00E+04 -3.00E+04 -2.00E+04 -1.00E+04 0.00E+00 1.00E+04 2.00E+04 3.00E+04 4.00E+04 5.00E+04
0.00E+00 1.00E-03 2.00E-03 3.00E-03 4.00E-03 5.00E-03 6.00E-03
Forza N
Tempo s CFN2 F_lc_0,06m
32 Figura 3.11 Confronto tra la forza di contatto CFN2 e la forza F_lc nella sezione a 0.08m
Prendendo la F_lc calcolata nella sezione finale del proiettile, ovvero 0.08 m, si può notare come risulti avere valori molto più piccoli in modulo rispetto a CFN2. Questa sezione non verrà più presa in considerazione a partire da questo punto.
Si cerca di capire se possa esserci un modo per far coincidere le curve CFN2 e F_lc nelle diverse stazioni. Essendo tutte le curve riportate molto simili tra di loro, almeno in quanto ad ordine di grandezza, si decide di realizzare tutte le considerazioni e i calcoli successivi solo su due di esse, ovvero F_lc_0.04m, la quale si trova esattamente al centro del proiettile, e la F_lc_0.02m, la quale risulta un po' più vicina al punto di impatto.
Si valuta l’aggiunta dell’inerzia della porzione di proiettile tra il punto di impatto e la posizione della cella di carico, in quanto è il contributo più evidente e che può modificare in maniera sostanziale l’andamento della forza. L’equazione del moto, infatti, può essere scritta come:
𝐹𝑐 = 𝐹𝑙𝑐∓ 𝐹𝑖
con 𝐹𝑐 che è la forza di contatto nel punto di contatto, 𝐹𝑙𝑐 la forza generata dall’impatto nella zona della cella di carico, calcolata nel caso in esame a partire dallo stress, come già descritto sopra, e 𝐹𝑖 la forza di inerzia della sezione.
È chiaro il perché non sia stato necessario inserire questo contributo nel caso di sezione a 0m dal punto di impatto
È importante a questo punto capire come poter calcolare la forza di inerzia della sezione nel miglior modo possibile. Si sa che:
𝐹𝑖 = 𝑚 ∙ 𝑎
-1.40E+04 -1.20E+04 -1.00E+04 -8.00E+03 -6.00E+03 -4.00E+03 -2.00E+03 0.00E+00 2.00E+03 4.00E+03
0.00E+00 1.00E-03 2.00E-03 3.00E-03 4.00E-03 5.00E-03 6.00E-03
Forza N
Tempo s CFN2 F_lc_0.08m
33 con 𝑚 che è la massa della sezione stessa, facilmente calcolabile conoscendone la densità ed il volume, informazioni note:
𝑚 = 𝜌 ∙ 𝑉𝑜𝑙 = 𝜌 ∙ 𝜋 ∙ 𝑅2∙ ℎ
con h distanza della sezione considerata dal punto di impatto (0.02m e 0.04m nei due casi in esame), quindi:
𝑚0.02𝑚 ≈ 0.110 𝑘𝑔 𝑚0.04𝑚 ≈ 0.220 𝑘𝑔
L’accelerazione, invece, si ottiene tramite una media del valore di accelerazione calcolato da Abaqus sui vari nodi della sezione.
Figura 3.12 Confronto tra la forza di contatto CFN2 e la forza F_lc corretta con l’inerzia nelle sezioni a 0.02m e 0.04m
Come si può notare, neanche utilizzando una correzione tramite inerzia si riesce a far avvicinare le due curve, né come valori, ma neanche come andamento. Nella F_lc, infatti, rimane un’oscillazione molto evidente che rende la forza di contatto poco visibile.
Probabilmente questo è dovuto a un modello non abbastanza preciso, in particolare potrebbe esserci una grande influenza data dalla geometria.
-3.50E+05 -3.00E+05 -2.50E+05 -2.00E+05 -1.50E+05 -1.00E+05 -5.00E+04 0.00E+00 5.00E+04 1.00E+05 1.50E+05 2.00E+05
0.00E+00 1.00E-03 2.00E-03 3.00E-03 4.00E-03 5.00E-03 6.00E-03
Forza N
Tempo s
CFN2 F_lc_corr_0,02m_media F_lc_corr_0,04m_media
34
3.1.2 Impatto singolo: proiettile con naso semisferico
Si prova a realizzare lo stesso modello precedente, ma con qualche modifica per renderlo più realistico e meno approssimato. Prima di tutto, la forma è quella riportata nel capitolo del dimensionamento, ovvero un proiettile cilindrico con naso semisferico con le seguenti dimensioni:
𝑅 = 1.5 𝑐𝑚 = 0.015 𝑚 𝐿 = 8 𝑐𝑚 = 0.08 𝑚 𝐿𝑐 = 6.5 𝑐𝑚 = 0.065 𝑚
Figura 3.13 Modello bidimensionale impatto singolo con proiettile con naso semisferico
Figura 3.14 Modello tridimensionale impatto singolo con proiettile con naso semisferico
35 Al target non viene assegnato il materiale acciaio, ma l’AISI 316 seguendo il modello di tipo elastico plastico presentato nel capitolo del dimensionamento.
Nell’interazione tra i due corpi viene inserito anche un coefficiente di attrito dinamico pari a 0.57, oltre all’Hard Contact in direzione normale.
Per quanto riguarda la mesh, viene utilizzata la stessa tipologia di elemento del caso precedente, ma per quanto concerne la grandezza dell’elemento stesso viene realizzata un’analisi di convergenza: ci si vuole assicurare, infatti, di non realizzare una mesh eccessivamente grossolana oppure eccessivamente fine. Nei grafici vengono riportati rispettivamente l’andamento dello spostamento del nodo posizionato sulla punta del naso (sull’asse di simmetria), l’andamento dell’energia cinetica del proiettile e della forza di contatto CFN2 in caso di mesh di dimensione:
• 0.001: tempo di analisi 64 s;
• 0.0007: tempo di analisi 152 s;
• 0.0005: tempo di analisi 425 s;
• 0.00025: tempo di analisi 2640 s.
Figura 3.15 Spostamento del nodo posizionato sulla punta del naso del proiettile utilizzando diverse dimensioni degli elementi
-1.00E-02 -5.00E-03 0.00E+00 5.00E-03 1.00E-02 1.50E-02 2.00E-02 2.50E-02 3.00E-02
0.00E+00 2.00E-03 4.00E-03 6.00E-03 8.00E-03 1.00E-02
Spostamento m
Tempo s
Mesh 0.001 Mesh 0.0007 Mesh 0.0005 Mesh 0.00025
36 Figura 3.16 Energia cinetica del proiettile utilizzando diverse dimensioni degli elementi
Figura 3.17 Forza di impatto CFN2 utilizzando diverse dimensioni degli elementi
Si può notare come, a parte la mesh di dimensione 0.001, tutte le altre conducano a soluzioni molto simili tra loro; tuttavia, quando si arriva ad una dimensione di 0.00025 i tempi di analisi diventano troppo elevati, considerato che la differenza nei risultati è minima. Quindi si può affermare che la dimensione di 0.0005 utilizzata nell’analisi precedente sia quella ottimale in quanto permette di ottenere una soluzione abbastanza precisa in un tempo di calcolo molto breve. Verrà quindi usata anche in questa analisi, la quale viene realizzata tramite 312722 incrementi con un tempo di incremento stabile di circa 3.2e-8, con l’energia totale che rimane costante e pari a 10.1306 J.
Così come è stato fatto nel caso precedente, si realizza prima di tutto un confronto tra la CNF2 e la F_lc lungo la superficie di impatto, ovvero ad una distanza di 0m dal naso del proiettile. Si ricordi che in questo caso la superficie del proiettile che interagisce con il target
0 2 4 6 8 10 12
0.00E+00 2.00E-03 4.00E-03 6.00E-03 8.00E-03 1.00E-02
Energia cinetica J
Tempo s
Mesh 0.001 Mesh 0.0007 Mesh 0.0005 Mesh 0.00025
-6000 -5000 -4000 -3000 -2000 -1000 0 1000
0.00E+00 2.00E-03 4.00E-03 6.00E-03 8.00E-03 1.00E-02
Forza N
Tempo s
Mesh 0.001 Mesh 0.0007 Mesh 0.0005 Mesh 0.00025