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Capitolo 4

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Academic year: 2021

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CAPITOLO

CAPITOLO

CAPITOLO

CAPITOLO 4

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4

NORMATIVA ANTISISMICA

4 4 4

4.1.1.1 Lo sviluppo storico delle normative antisismiche.1Lo sviluppo storico delle normative antisismicheLo sviluppo storico delle normative antisismiche Lo sviluppo storico delle normative antisismiche

Sia in Italia che all’estero, le prime regolamentazioni in materia di progettazione antisismica avevano la caratteristica di essere emanate sull’onda emotiva successiva al verificarsi di eventi sismici, osservando quali fossero stati i danni più comuni riscontrati sulle costruzioni e fornendo indicazioni utili per eliminare in futuro gli errori ed i difetti che erano appena stati evidenziati dall’esperienza. Ad esempio norme specifiche scaturirono a seguito del terremoto avvenuto in Calabria nel 1783, che causò circa 30000 vittime; il Governo del Regno delle due Sicilie, sotto Ferdinando IV di Borbone, adottò un regolamento per la ricostruzione che prevedeva regole per la scelta dei siti su cui riedificare, delle tipologie strutturali e dei dettagli costruttivi (ad esempio lo spessore delle murature veniva fissato in 65 cm, e la struttura di copertura doveva assestarsi su cordoli posti sulla sommità delle pareti murarie, e collegati ad esse in maniera da formare una sorta di telaio). A Norcia, nel 1859, lo Stato Pontificio emanò un regolamento edilizio che conteneva, tra le altre, disposizioni riguardanti i materiali da costruzione, l’altezza massima degli edifici, le caratteristiche dei terreni di fondazione. Il regolamento edilizio di Norcia nacque a seguito del terremoto che il 22 agosto 1859 provocò la morte di oltre cento persone (su una popolazione del luogo che allora era stimata in 4000-5000 unità). La Commissione che si era occupata di verificare i danni nelle costruzioni, incaricata della stesura del nuovo documento normativo, aveva osservato che gli edifici fondati su solidi terreni rocciosi avevano subito danni in misura molto minore rispetto a quelli costruiti su pendii; ed infatti all’articolo 18 si legge che “

è proibito di fabbricare sui terreni di

scarico ed in pendio se non alla dovuta profondità fino ad oltrepassare la superficie

del suolo vergine, cioè fino ad un fondo, che dovrà essere riconosciuto consistente

”. Particolare attenzione venne inoltre rivolta alla qualità del materiale (“

i ciottoli

rotolosi saranno affatto esclusi dalle parti murarie del sopraterra, e potranno

soltanto permettersi nei fondamenti

”), all’altezza degli edifici (“

le fabbriche nuove

non si facciano che di due piani […]: l’altezza della gronda al terreno non superi

mai otto metri e mezzo

” – art. 16), allo spessore dei muri (“

se le case non sono fatte

(2)

a baracca non siano mai minori di 60 cm, ed in quei di telaro o muri esterni

abbiano di più al di fuori una scarpata di un ventesimo almeno della altezza. I muri

esterni o di telaro si colleghino bene con i muri divisori, onde facciano una massa

tutta unita

” – art. 19), alle aperture nelle pareti (“

le aperture delle porte e finestre

si facciano a distanza conveniente dagli angoli dei muri esterni

” – art. 22). Uno studio comparativo tra il regolamento di Norcia e l’attuale Ordinanza n. 3274 del 2003 ha evidenziato come il vecchio regolamento nursino costituisca una vera e propria codificazione delle “regole dell’arte” in zona sismica, con tratti di sorprendente attualità(1).

L’inizio della storia della normativa antisismica sul territorio nazionale unificato si individua tra la fine del XIX° secolo (il Regio Decreto n. 2600 del 29/08/1884, ad esempio, limitava a 10 m le altezze delle costruzioni e vietava le strutture spingenti) e l’inizio del XX° secolo. Negli stessi anni, per la precisione nel 1891, J. Milne, un professore inglese in mineralogia e geologia, ospite dell’Università di Tokyo, ebbe modo di assistere al disastroso terremoto di Nohbi (M 7.4), che causò la morte di oltre 7000 persone. Milne riferì che “

…we must

construct, not simply to resist vertically applied stress, but carefully consider effects

due to movements applied more or less in horizontal directions

” (2) (anche se allora la definizione quantitativa di tali azioni orizzontali era ancora lontana).

In Italia, nel 1906 fu promulgato un Regio Decreto(3) a seguito del terremoto che avvenne in la Calabria l’8 settembre 1905, seguito poi nel 1909 dal Regio Decreto(4), conseguente al terremoto che colpì le città di Messina e Reggio Calabria il 28 dicembre 1908 (responsabile di oltre 80000 vittime), che può essere ritenuto la prima vera fonte normativa antisismica italiana di una certa compiutezza(5). Il R.D. in questione conteneva indicazioni relative al calcolo, anche se solo qualitative, prescrizioni dettagliate sul numero di piani e l’altezza degli edifici, oltre a varie regole di buona costruzione. Veniva fatto divieto di fabbricare edifici su terreni paludosi, ma anche su terreni franosi, su pendii fortemente inclinati (salvo quando formati da roccia compatta), e su terreni di confine tra suoli di caratteristiche geologiche diverse. In queste disposizioni si trovava contenuto

in

nuce

il concetto che è alla base di quella che oggi, con una terminologia moderna, viene chiamata la microzonazione del territorio. L’altezza massima degli edifici era limitata a due piani (e 10m), pur ammettendo un ulteriore piano interrato. Era prevista la possibilità di deroghe a questa limitazione (fino ad altezze di 16 m),

(3)

previo parere positivo del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, e comunque mai per edifici la cui destinazione d’uso fosse quella di ospedali, scuole, caserme, alberghi, carceri. Poiché la limitazione dell’altezza rappresentava al tempo il criterio fondamentale per assicurare la sicurezza degli edifici, si riscontra la volontà di garantire un maggiore grado di protezione a quelle costruzioni di particolare importanza per la collettività e soggette ad un maggiore affollamento. In generale era prevista una intelaiatura metallica o in legno anche per gli edifici in muratura (“

gli edifici debbono essere costruiti con sistemi tali da comprendere

un’ossatura di membrature di legno, di ferro, di cemento armato, o di muratura

armata, capaci di resistere contemporaneamente a sollecitazioni di compressione,

trazione e taglio

” – art. 7; in più, allo stesso articolo si legge che “

gli edifici

debbono avere il loro centro di gravità più basso che sia possibile

”). Inoltre veniva richiamata l’attenzione sulla natura dinamica dell’azione sismica, seppure con indicazioni di carattere qualitativo; infatti, l’art. 24 recita: “

Nei calcoli di stabilità e

resistenza delle costruzioni si debbono considerare: 1°- le azioni statiche dovute al

peso proprio ed al sopraccarico, aumentate di una percentuale che rappresenti

l’effetto delle vibrazioni sussultorie, 2° - le azioni dinamiche dovute al moto sismico

ondulatorio, rappresentandole con accelerazioni applicate alle masse del fabbricato

nelle due direzioni (lunghezza e larghezza) ed agenti in entrambi i sensi di ogni

direzione

”.

Negli stessi anni una situazione analoga a quella italiana era vissuta negli Stati Uniti dove fu nominata una commissione edilizia che doveva occuparsi di pianificare la ricostruzione della città di San Francisco, distrutta dal terremoto del 1906 (figura 4.1). In questa occasione vennero introdotte nei calcoli di progetto forze statiche orizzontali per tenere conto degli effetti del sisma.

Inoltre le forze orizzontali considerate avevano un ben preciso valore numerico prefissato (circa 150 kg/m2), costante ed indipendente dal tipo di struttura esaminata. Negli Stati Uniti, solamente dopo il terremoto di Santa Barbara del 1925, fu introdotto nei calcoli il concetto di forze orizzontali proporzionali ai carichi verticali(6). Infatti fu l’Uniform Building Code del 1927 (che si può considerare la prima norma antisismica americana) a prevedere, infatti, una singola forza orizzontale concentrata in sommità alla struttura, pari al 7.5% del peso complessivo dell’edificio nel caso di terreno di fondazione solido o roccioso, o pari al 10% nel caso di terreni soffici. I valori suddetti, 7.5% e 10%, non avevano

(4)

una giustificazione scientifica rigorosa, ma sembravano piuttosto scaturire dall’esperienza dei progettisti.

Anche in Giappone si assisteva ad uno scenario simile. Un evento catastrofico, il terremoto di Kanto del 1923, causa di 140000 morti, aveva reso evidente la necessità di implementare adeguate regole progettuali, ed il risultato fu una procedura basata sul considerare nei calcoli forze orizzontali pari al 10% di quelle verticali.

Figura

Figura

Figura

Figura 4.1

4.1

4.1::::

4.1

Terremoto di San Francisco del 1906(7)

Tornando a focalizzare nuovamente l’attenzione sull’Italia, il Regio Decreto del 1909 subì negli anni successivi modifiche ed aggiornamenti (sovente a seguito di eventi sismici).

Al R.D. n. 1261 del 12/10/1913(8), seguì il R.D. Legge n. 573 del 29 aprile 1915(9), nel quale per la prima volta nel nostro paese furono date indicazioni quantitative sulla entità delle azioni sismiche. L’articolo 26 recitava: “

nei calcoli di

stabilità e di resistenza degli edifizi da costruire nei comuni colpiti dal terremoto si

debbono considerare: 1 – le azioni statiche dovute al peso proprio ed al

sopraccarico quando ha carattere fisso o di lunga permanenza, aumentate del 50%

che si suppone rappresenti l’effetto delle vibrazioni sussultorie, 2 – le azioni

(5)

dinamiche dovute al moto sismico ondulatorio, rappresentandolo con

accelerazioni, applicate orizzontalmente alle masse del fabbricato nelle due

direzioni (lunghezza e larghezza) ed agenti in entrambi i sensi di ogni direzione. I

rapporti tra le forze orizzontali da introdurre convenzionalmente nei calcoli ed i

corrispondenti pesi debbono essere uguali a un ottavo per il piano terreno degli

edifici che al piano di gronda non siano più alti di 10 m, un sesto per il piano

superiore di detti edifici e per quelli di altezza maggiore

”.

Il R.D. Legge del 23/10/1924(10) oltre a stabilire che i calcoli degli edifici intelaiati dovessero essere firmati da un ingegnere, dispose che non dovessero sommarsi gli effetti dell’accelerazione verticale e di quella orizzontale (vi si legge infatti: “

nei calcoli, che devono portare la firma di un ingegnere, non saranno da

considerarsi come agenti contemporaneamente le scosse sussultorie e le scosse

ondulatorie

” – art. 28). Inoltre fu esplicitamente indicato che “

le strutture portanti

dei piani superiori devono essere costituite unicamente da solai atti a servire da

controventamento ai muri

” (art. 15).

Il R.D: Legge del 13/03/1927(11) classificava in due categorie le località colpite dai terremoti “

in relazione al loro grado di sismicità ed alla loro costituzione

geologica

”. Coerentemente le prescrizioni della norma erano differenziate per le due categorie, in particolare le altezze massime degli edifici (12 m e tre piani per la prima categoria, 15 m e quattro piani per la seconda) e le regole di dimensionamento. Per la prima categoria “

si debbono considerare le seguenti forze

agenti sulle strutture resistenti dell’edificio: a) il peso proprio delle varie parti ed il

sopraccarico massimo di ciascuna di esse. I carichi suddetti dovranno essere

aumentati del 50% per tenere conto di eventuali azioni dinamiche dovute al moto

sussultorio; b) forze orizzontali applicate alle masse delle varie parti dell’edificio,

dipendenti dalle accelerazioni sismiche ad esso trasmesse dal moto ondulatorio.

Tali forze debbono considerarsi agenti in entrambi i sensi, tanto in direzione

longitudinale quanto in direzione trasversale. I rapporti tra le forze orizzontali ed i

pesi corrispondenti alle masse su cui agiscono debbono assumersi uguali ad 1/8,

per il piano terreno degli edifici che al piano di gronda non siano più alti di 10 m o

di 12 m nei casi consentiti dall’art. 5, ad 1/6 per i piani superiori di detti edifici.

Per tutti gli altri edifici, sia al piano terreno che ai piani superiori, tale rapporto

dovrà assumersi sempre uguale ad 1/6

” (art. 28). Per le località della seconda categoria: “

si debbono considerare le seguenti forze agenti sulle strutture resistenti

(6)

dell’edificio: a) il peso proprio delle varie parti ed il sopraccarico massimo di

ciascuna di esse. I carichi suddetti dovranno essere aumentati di un terzo per

tenere conto di eventuali azioni dinamiche dovute al moto sussultorio; b) […]. I

rapporti tra le forze orizzontali ed i pesi corrispondenti alle masse su cui agiscono

debbono assumersi uguali ad 1/10 per tutti i piani degli edifici, quando questi non

siano più alti di metri 15. Per altezze superiori a metri 15 il detto rapporto deve

assumersi uguale ad 1/8

” (ancora all’art. 28).

Una revisione normativa si ebbe nel 1934 con l’emanazione di una nuova legge(12) che comprendeva direttive riguardanti l’idoneità dei siti, la limitazione delle altezze degli edifici, la qualità dei materiali, il dimensionamento delle strutture in c.a., le corrette regole di esecuzione, la definizione delle azioni sismiche globali. L’articolo 30 riportava indicazioni interessanti: “

di norma le strutture

asismiche devono essere considerate come sistemi elastici costituiti da travi e

pilastri saldati tra loro (telai) e calcolati coi metodi della scienza delle costruzioni

relativi ai sistemi staticamente indeterminati, sia per le sollecitazioni derivanti dai

carichi verticali, sia per quelle derivanti dalle forze orizzontali. Nel calcolo dei telai

multipli è ammesso tuttavia trascurare le deformazioni derivanti dalle sollecitazioni

del taglio e dalle sollecitazioni assiali

”. Per tenere conto delle accelerazioni sussultorie la norma prevedeva (art. 30) di considerare il peso proprio delle varie parti ed il sovraccarico accidentale, distribuito in modo da produrre le maggiori sollecitazioni, aumentato del 40% per gli edifici in 1a categoria e del 25% per gli edifici in 2a categoria. Per le azioni sismiche orizzontali, relativamente agli edifici di prima categoria si dovevano considerare forze “

pari a 1/10 dei pesi

corrispondenti alle masse su cui agiscono, qualunque siano l’altezza dell’edificio ed

il numero di piani

” e “

per il computo delle forze orizzontali il carico accidentale

deve essere limitato a 1/3 di quello massimo assunto per il calcolo delle singole

strutture

”. Si noti che quest’ultima disposizione si ritrova, praticamente uguale, anche nel D.M. del 16/01/1996. Per gli edifici di 2a categoria “

il rapporto tra le

forze orizzontali ed i pesi corrispondenti alle masse su cui agiscono deve assumersi

uguale a 0.07, qualunque siano l’altezza dell’edificio ed il numero di piani

”. L’aliquota di sovraccarico accidentale da considerare è la stessa degli edifici di prima categoria. E’ necessario sottolineare che le forze sismiche venivano considerate uniformi sull’altezza dell’edificio, ignorando dunque la reale distribuzione conseguente alla natura dinamica del fenomeno.

(7)

Fece poi seguito un lungo periodo di stasi, che si concluse con la Legge n. 1684 del 25/11/1962(13), accompagnata da due circolari esplicative (n. 705 del 06/02/1963, e n. 2535 del 12/06/1963). La legge del 1962 non introdusse però sostanziali innovazioni rispetto alle precedenti normative, nonostante il rilevante progresso delle conoscenze tecnico-scientifiche compiuto frattanto in materia. Si ricorda, però, come aspetto saliente, che la legge in questione eliminava gli effetti sismici dovuti alla componente verticale della accelerazione del suolo (eccettuato che per le strutture a sbalzo), sia per gli edifici di prima categoria che per quelli di seconda (“

Tutte le strutture a sbalzo devono essere calcolate con una

maggiorazione del carico permanente ed accidentale del 40% per tenere conto

dell’azione sussultoria

” – art. 13).

Un ulteriore periodo di stasi si protrasse fino al 1974, anno in cui fu emanata la Legge n. 64 del 2 febbraio, “

Provvedimenti per le costruzioni con particolari

prescrizioni per le zone sismiche

”, tuttora vigente, che rappresenta una vera e propria pietra miliare. Infatti fino alla sua emanazione, la normativa tecnica assumeva valore cogente attraverso l’emanazione di una apposita legge, con complicazioni e rallentamenti facilmente prevedibili, perché doveva essere seguito l’iter parlamentare, con tutto ciò che comporta: tempi tecnici da rispettare ed il rischio concreto che il dibattito politico potesse prendere il sopravvento sulle questioni squisitamente tecniche. La Legge 64 indica i caratteri generali e le linee guida da perseguire nella protezione dai terremoti, e, aspetto fondamentale, demanda l’elaborazione e la disciplina di specifiche norme tecniche ai Decreti Ministeriali del Ministero dei Lavori Pubblici, con un iter molto più snello di quello previsto per una normale legge. Il primo di questi decreti fu quello del 03/03/1975, “

Disposizioni concernenti l’applicazione delle norme tecniche per le

costruzioni in zone sismiche

”, che rappresentò sotto il profilo culturale una vera innovazione rispetto alla precedente legge del 1962: infatti le forze sismiche furono definite per la prima volta per mezzo dello spettro di risposta, in funzione del periodo proprio della struttura in esame, e inoltre fu introdotta la possibilità di implementare analisi dinamiche. La natura dinamica dell’azione sismica veniva quindi ben evidenziata, anche se il livello assunto per le azioni era stabilito in maniera convenzionale e, si badi bene, sostanzialmente coincidente con quello già indicato dalle norme del 1935. I Decreti successivi degli anni ’80 non apportarono sensibili modifiche sulla determinazione delle azioni sismiche. Si esamineranno in

(8)

dettaglio, in successivi paragrafi, le disposizioni delle più recenti norme antisismiche nazionali: il D.M. del 16 gennaio 1996 e l’Ordinanza n. 3274 del 2003.

(9)

4.2 4.2 4.2

4.2 Le azioni sismiche secondo le indicazioni normativeLe azioni sismiche secondo le indicazioni normativeLe azioni sismiche secondo le indicazioni normativeLe azioni sismiche secondo le indicazioni normative 4.2.1

4.2.1 4.2.1

4.2.1 Decreto Decreto Decreto M Decreto MMinisterialeMinisterialeinisteriale 16 gennaio 1996inisteriale 16 gennaio 1996 16 gennaio 1996 16 gennaio 1996(14),(15)

Il Decreto Ministeriale 16 gennaio 1996

“Norme tecniche per le costruzioni

in zona sismica”

ha come obbiettivo principale quello di garantire la sicurezza di vite umane impedendo il crollo delle strutture in conseguenza a sismi di maggiore intensità, e contenendo i danni dovuti a sismi di minore intensità.

La normativa permette di calcolare le sollecitazioni conseguenti al sisma mediante analisi statiche, in alternativa alle quali possono essere eseguite analisi dinamiche.

Si trova una differenziazione fondamentale tra le strutture non regolari e le strutture regolari (sia in pianta che in altezza). Nel caso di strutture regolari il comportamento dinamico è governato sostanzialmente dal primo modo di vibrare e, quindi, per esse è ragionevole eseguire analisi statiche semplificate, che consistono nel riprodurre le azioni del terremoto attraverso forze statiche orizzontali (agenti non contemporaneamente secondo due direzioni ortogonali, di solito quelle degli assi principali della costruzione) proporzionali ai pesi dell’edificio.

Alla quota di un generico i-esimo impalcato dell’edificio, la forza orizzontale Fi che simula il sisma, lungo una direzione predefinita, è definita dalla relazione:

= i hi i

F

K W

nella quale: = + i i i

W

G

sQ

ε β γ

= hi i

K

C R

I

La grandezza Khi è definita “

coefficiente sismico

”, Gi rappresenta la somma del peso proprio del piano i-esimo dell’edificio e del sovraccarico permanente gravante su di esso, e Qi indica il massimo sovraccarico d’esercizio al piano i-esimo; s esprime il coefficiente di riduzione del sovraccarico, che assume i valori di seguito riportati strettamente dipendenti dal tipo di locale:

s = 0.33 per locali di abitazione, uffici non aperti al pubblico,

alberghi, coperture, balconi.

(10)

ristoranti, banche, aule scolastiche, caserme, ospedali, …). s = 1.00 per locali suscettibili di grande affollamento (sale per convegni o spettacoli, chiese, tribune, negozi, archivi, biblioteche, depositi, magazzini, laboratori, officine,

parcheggi, scale, …).

Il “

coefficiente di intensità sismica

” C è correlato all’accelerazione massima del terreno in relazione alla sismicità del sito d’interesse (espresso dal parametro S, il quale può assumere i valori S = 12, S = 9 e S = 6, in funzione della sismicità del sito). − = 2 100 S C

Non tutte le costruzioni hanno la stessa importanza; alcuni edifici possono infatti rivestire un ruolo strategico ai fini della protezione civile (per la gestione delle emergenze e dei soccorsi), oppure per la natura stessa delle attività che vi si svolgono possono essere abitualmente sede di affollamenti. La progettazione di tali strutture (scuole, ospedali, ...) deve, pertanto, tener conto di questo aspetto, e ciò avviene aumentando il livello di sicurezza, assegnando valori opportuni al coefficiente I, “coefficiente di protezione sismica”.

Le caratteristiche del terreno intervengono attraverso il parametro ε, “coefficiente di fondazione”. Solitamente assume il valore “1”, ma sale ad “1.3” quando le stratigrafie sono particolarmente severe dal punto di vista della trasmissione delle azioni sismiche.

R, ”coefficiente di risposta”, risulta funzione del periodo fondamentale di vibrazione della struttura nella direzione in esame, e, in sostanza, definisce l’ordinata dello spettro di risposta normalizzato ad 1.

= 2/3 0 0.862 R T per T0 > 0.8 sec. 0 . 1 R = per T0 ≤ 0.8 sec.

La normativa fornisce una espressione approssimata per la valutazione del periodo fondamentale di vibrazione delle strutture.

‘β’, “coefficiente di struttura”, solitamente è posto uguale ad uno, ma viene assunto pari a 1.2 nel caso in cui nell’organismo strutturale siano presenti telai ed

(11)

elementi irrigidenti verticali, e su questi si distribuiscano prevalentemente le azioni orizzontali.

‘γi’, coefficiente di distribuzione delle forze sismiche orizzontali, relativamente all’i-esimo piano risulta:

(

)

= = ⋅ γ = ⋅

N i j j 1 i N j j j 1 h w w h

dove hi rappresenta l’altezza del piano i-esimo rispetto allo spiccato delle fondazioni.

Le azioni sismiche verticali non sono considerate, a meno che le membrature orizzontali abbiano luci superiori a 20 m, oppure le strutture siano spingenti, o, infine, siano a sbalzo.

Tra il D.M. ’96 e l’Ordinanza n.3274 (e la normativa europea, Eurocodice 8, analogamente a questa) esistono sostanziali differenze operative. Infatti, mentre nell’Ordinanza (si veda il paragrafo successivo) lo spettro assume una forma che è funzione delle caratteristiche del suolo, dello smorzamento viscoso dell’edificio e delle capacità dissipative della struttura (che intervengono attraverso il fattore di struttura q), con il D.M. lo spettro è invece unico (R) e viene poi modificato per mezzo dei parametri C, I, ε e β. Il D.M. si limita pertanto a definire direttamente le azioni sismiche di progetto senza definire preliminarmente lo spettro elastico, consentendo anche l’impiego del metodo delle tensioni ammissibili. E’ assente, dunque, un esplicito riferimento al passaggio dallo spettro elastico a quello di progetto attraverso l’introduzione del fattore di struttura q. In definitiva, si ha un unico spettro di progetto, qualunque siano il materiale, la tipologia strutturale e lo schema statico. Tale impostazione ha però un limite, perché il progettista non è avvertito dello stretto rapporto intercorrente tra l’entità delle azioni sismiche di progetto e la duttilità posseduta dalla tipologia strutturale in esame.

(12)

4.2.2 4.2.2 4.2.2

4.2.2 Ordinanza n. 3274 del 2003Ordinanza n. 3274 del 2003Ordinanza n. 3274 del 2003Ordinanza n. 3274 del 2003 e successive modifiche ed integrazioni e successive modifiche ed integrazioni e successive modifiche ed integrazioni e successive modifiche ed integrazioni(16)

Obiettivi basilari della norma sono quello di proteggere l’incolumità delle persone anche in presenza dei sismi più violenti (significa che, a seguito dell’evento sismico, le strutture possono essere danneggiate in modo esteso ma non devono manifestare collassi, né localizzati né globali), e quello di contenere i danni delle costruzioni a seguito dei terremoti meno violenti.

Molti dei limiti e delle lacune evidenziate nel precedente paragrafo in riferimento al D.M. del 1996 possono ritenersi superate con l’Ordinanza. Il concetto di duttilità strutturale è esplicitato e chiarito, così come il fondamentale passaggio dagli spettri di risposta elastici a quelli di progetto, ed inoltre sono fornite specifiche indicazioni progettuali e costruttive il soddisfacimento delle quali è necessario per conseguire il richiesto livello di duttilità.

Il rischio sismico è quantificato tramite un unico parametro, ossia il valore di picco dell’accelerazione del suolo, in rocce o terreni stabili, corrispondente ad un periodo di ritorno di 475 anni (che, in altri termini, significa con una probabilità del 10% di essere superato in 50 anni).

L’OPCM individua quattro valori di accelerazioni orizzontali di picco ag del suolo a ciascuno dei quali corrisponde una diversa zona secondo quanto indicato di seguito:

ag = 0.35 g zona 1 ag = 0.25 g zona 2 ag = 0.15 g zona 3 ag = 0.05 g zona 4

La norma differenzia il livello di protezione antisismica delle costruzioni in funzione della loro importanza, e tale diversificazione avviene, analogamente a quanto previsto dal D.M. del 1996, attraverso la definizione di “categorie di importanza”, a ciascuna delle quali è associato un particolare valore del fattore γI, detto fattore d’importanza. L’Ordinanza distingue le seguenti tre categorie di importanza:

γ

I= 1.4 Categoria I : Edifici la cui funzionalità durante il terremoto

(13)

esempio ospedali, municipi, caserme di vigili del fuoco)

γ

I= 1.2 Categoria II : Edifici importanti in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso (ad esempio scuole, teatri).

γ

I= 1.0 Categoria III : Edifici ordinari, non compresi nelle categorie

precedenti.

Nell’Ordinanza sono poi definite cinque diverse categorie di terreno in funzione del profilo stratigrafico:

A – Formazioni litoidi o suoli omogenei molto rigidi, caratterizzati da valori Vs,30 superiori a 800 m/s, comprendenti eventuali strati di alterazione superficiali di spessore massimo pari a 5 m;

B – Depositi di sabbie o ghiaie molto addensate o argille molto consistenti, con spessori di diverse decine di metri, caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di Vs,30 compresi tra 360 m/s e 800 m/s;

C – Depositi di sabbie o ghiaie mediamente addensate, o di argille di media consistenza, con spessori variabili da diverse decine fino a centinaia di metri, caratterizzati da valori di Vs,30 compresi tra 180 m/s e 360 m/s;

D – Depositi di terreni granulari da sciolti a poco addensati, oppure coesivi da poco a mediamente consistenti, caratterizzati da valori di Vs,30 inferiori a 180 m/s;

E – Profili di terreno costituiti da strati superficiali alluvionali, con valori di Vs,30 simili a quelli dei tipi C e D e spessore compreso tra 5 m e 20 m, giacenti su di un substrato di materiali più rigido con Vs,30 > 800 m/s.

Vs,30 rappresenta la velocità media di propagazione delle onde di taglio nello strato di terreno più superficiale, con spessore di 30 m.

In aggiunta alle categorie suddette ne sono definite altre due, indicate con le sigle S1 e S2, alle quali sono riconducibili terreni che per le loro particolari caratteristiche richiedono indagini specifiche (ad esempio limi ed argille di bassa consistenza ed elevato contenuto d’acqua, oppure depositi di terreni soggetti a liquefazione).

Il movimento del terreno, provocato da un terremoto, in un dato punto della superficie è descritto con lo spettro di risposta dell’accelerazione del suolo, detto

(14)

anche “spettro di risposta elastico”. Le azioni sismiche orizzontali sono rappresentate da due componenti ortogonali (solitamente coincidenti con le direzioni principali dell’edificio in oggetto), considerate indipendenti e valutate con lo stesso spettro. Invece la componente verticale è rappresentata da un diverso spettro di risposta, qualitativamente simile a quello definito per le azioni orizzontali ma con ordinate ridotte. La componente verticale deve essere considerata, analogamente a quanto previsto già dal D.M. del 1996, solo in determinate situazioni: in presenza di sbalzi di luce notevole, elementi principali precompressi, strutture di tipo spingente, elementi pressoché orizzontali con luce superiore a 20m, pilastri in falso, edifici con piani sospesi.

Per quanto riguarda le componenti orizzontali l’Ordinanza n.3274 prevede le relazioni:

( )

(

)

      − ⋅ η ⋅ + = 2.5 1 T T 1 S a T S B g e 0 ≤ T ≤ TB

( )

T a S 2.5 Se = g⋅ ⋅η⋅ TB ≤ T ≤ TC

( )

      ⋅ ⋅ η ⋅ ⋅ = T T .5 2 S a T Se g C TC ≤ T ≤ TD

( )

      ⋅ ⋅ ⋅ η ⋅ ⋅ = 2 D C g e T T T .5 2 S a T S TD ≤ T

con η fattore correttivo dello smorzamento (assume valore unitario quando lo smorzamento viscoso è pari al 5%):

η

ξ

= ≥ + 10 ( 0.55) 5

Le grandezze S, TB, TC, TD assumono i valori secondo quanto indicato nella tabella riportata di seguito:

Categoria suolo Categoria suolo Categoria suolo Categoria suolo SSSS TTTTBBBB TTTTCCCC TTTTDDDD A A A A 1.00 0.15 0.40 2.0 B, C, E B, C, E B, C, E B, C, E 1.25 0.15 0.50 2.0 D D D D 1.35 0.20 0.80 2.0

(15)

Lo spettro di risposta elastico della componente verticale è invece descritto dalle seguenti espressioni:

( )

(

)

      − ⋅ η ⋅ + ⋅ = 3.0 1 T T 1 S a T S B vg ve 0 ≤ T ≤ TB

( )

T a S 3.0 Sve = vg⋅ ⋅η⋅ TB ≤ T ≤ TC

( )

      ⋅ ⋅ η ⋅ ⋅ = T T 0 . 3 S a T Sve vg C TC ≤ T ≤ TD

( )

      ⋅ ⋅ ⋅ η ⋅ ⋅ = 2 D C vg ve T T T .0 3 S a T S TD ≤ T

con i parametri che assumono valore costante, indipendentemente dalla categoria del terreno:

S = 1.0; TB = 0.05 s; TC = 0.15 s; TD = 1.0 s; avg/ag = 0.90.

In figura 4.2 sono riportati gli spettri elastici definiti sopra definiti.

Figura Figura Figura

Figura 4.4.4.24.222:::: Spettri di risposta elastici delle componenti orizzontale e verticale dell’accelerazione secondo l’Ordinanza n.3274

Lo spettro di progetto della componente orizzontale è definito dalle espressioni:

( )

              − ⋅ + = 1 q 2.5 T T 1 S a T S B g d 0 ≤ T ≤ TB

( )

q 2.5 S a T Sd = g⋅ ⋅ TB ≤ T ≤ TC

(16)

( )

      ⋅ ⋅ ⋅ = T T q .5 2 S a T Sd g C TC ≤ T ≤ TD

( )

      ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ = 2 D C g d T T T q .5 2 S a T S TD ≤ T

Lo spettro di progetto della componente verticale è invece descritto dalle relazioni:

( )

              − ⋅ + ⋅ = 1 q 0 . 3 T T 1 S a T S B vg ve 0 ≤ T ≤ TB

( )

q 3.0 S a T Sve = vg⋅ ⋅ TB ≤ T ≤ TC

( )

      ⋅ ⋅ ⋅ = T T q 0 . 3 S a T Sve vg C TC ≤ T ≤ TD

( )

      ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ = 2 D C vg ve T T T q .0 3 S a T S TD ≤ T

Per valutare gli effetti sismici l’analisi di riferimento è quella dinamica modale, utilizzando un modello elastico lineare della struttura e lo spettro di progetto Sd(T).

E’ possibile, in alternativa, effettuare analisi statiche equivalenti quando gli edifici possono essere studiati mediante due modelli piani, la risposta dinamica di ciascuno dei quali non risulti influenzata in modo significativo dai modi di vibrare superiori al primo. Si tratta di requisiti soddisfatti dagli edifici che presentano caratteristiche di regolarità in pianta ed in elevazione, e con un periodo proprio T1 nelle due direzioni principali che risulta:

   ≤ sec 0 . 2 T 4 T1 C

La simultaneità delle due componenti orizzontali del sisma viene considerata combinando nel modo seguente gli effetti relativi a ciascuna delle due componenti (EE,x e EE,y): = + ⋅ E E,x E,y E E " "0.30 E = ⋅ + E E,x E,y E 0.30 E " "E

(17)

Nell’analisi statica la forza di taglio alla base, dovuta ad una azione di tipo sismico (indicata con Fb), per ognuna delle direzioni principali, è determinata dall’espressione:

( )

T W S

Fb = d 1

dove Sd(T1) è l’ordinata dello spettro di progetto relativa al periodo di vibrazione fondamentale dell’edificio, indicato con T1, e W rappresenta il peso sismico totale dell’edificio, valutato combinando i pesi propri e permanenti portati con una opportuna aliquota dei sovraccarichi variabili, secondo la formula:

=

kj+

ψ ⋅Ei ki

W G Q

dove ψEi sono i coefficienti di combinazione per la i-esima azione variabile, che tengono conto della probabilità che i carichi variabili non agiscano contemporaneamente sulla struttura nel momento in cui si verifica il terremoto. Questi coefficienti sono, a loro volte, determinati in funzione dei coefficienti ψ2i (coefficienti di combinazione per valori quasi permanenti della i-esima azione variabile) e delle categorie di destinazione d’uso dell’edificio:

) danno di SL ( ) SLU ( i 0 i 2 Ei ϕψ ψ ⋅ ϕ = ψ

I valori di ϕ sono riportati nella normativa in apposite tabelle in funzione della categoria dell’edificio.

La forza Fi agente all’i-esimo piano è determinata secondo una distribuzione che segue l’andamento della prima forma modale:

= j j i i b i W s W s F F

dove si e sj esprimono gli spostamenti delle masse mi e mj nel modo fondamentale di vibrare, e Wi e Wj sono i pesi associati alle masse mi e mj.

Quando il modo fondamentale di vibrare è approssimabile con una distribuzione degli spostamenti orizzontali variabile linearmente con l’altezza dell’edificio, in via semplificata, la generica Fi si riduce alla:

= j j i i b i W z W z F F

essendo zi e zj le altezze delle masse mi e mj sulla quota di applicazione dell’azione sismica (piano di fondazione). Se, inoltre, i pesi Wi sono costanti ad ogni piano allora la distribuzione è di tipo triangolare.

(18)

Confrontando gli spettri di risposta dati dalle due normative si osserva che l’OPCM definisce azioni sismiche notevolmente più alte di quelle derivanti dall’applicazione del D.M. del 1996, soprattutto per quanto riguarda la regione dei periodi di vibrazione inferiori a 1 s (figura 4.3). In realtà il confronto non può fermarsi su questo piano, ma deve essere completato valutando le combinazioni di carico previste dalle due normative, per mezzo delle quali l’azione sismica è combinata con i carichi verticali.

D.M. 1996

(

)

n d g k p k q 1k 0i ik E s i 2 F G P Q Q A =     = γ ⋅ + γ ⋅ + γ ⋅ + ψ ⋅ ± γ ⋅   

 Ordinanza n.3274

(

)

n d I k k 2i ik i F = γ ⋅ +E G +P +

ψ ⋅Q

Ricordando il significato delle espressioni risulta evidente che nei due casi è diverso il “peso” dell’azione sismica orizzontale rispetto a quello dei carichi verticali. 0.00 0.50 1.00 1.50 2.00 2.50 3.00 0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0 3.5 4.0 Periodo [sec] ag [ m / s 2 ] D.M. 1996 Ordinanza n.3274 (q=4) Ordinanza n.3274 (q=6) Figura Figura Figura

Figura 4.34.34.34.3:::: confronto tra gli spettri di progetto dell’Ordinanza n. 3274 e del D.M. del 1996(17)

(19)

- Bibliografia -

1 Reale C., Scheibel B., Vignoli F., Decanini L.D., Sorrentino L., (2004): “Il Regolamento Edilizio di Norcia del 1860: fra storia sismica e storia urbanistica”, XI Congresso Nazionale “L’Ingegneria Sismica in Italia”, Genova, 25-29 gennaio. 2.Citazione riferita in: Otani S., (1997): “Lessons learned from past earthquake”, Proceedings of Forth Turkish National Conference on Earthquake Engineering, Ankara, Turkey, September 17-19.

3.Regio Decreto “Nuovo Regolamento per le costruzioni e per il riattamento degli edifici pubblici e privati nelle Calabrie”, 16 settembre 1906.

4 Regio Decreto, n. 193, “Norme tecniche ed igieniche obbligatorie per le riparazioni, ricostruzioni e nuove costruzioni degli edifici pubblici e privati nei luoghi colpiti dal terremoto del 28/12/1908 e da altri precedenti elencati nel R.D. 15 aprile 1909 e ne designa i comuni”, del 18 aprile 1909, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 95 del 22 aprile 1909.

5. Fratellone A., Pizza A.G., (2004): “Sintesi dei cambiamenti più significativi della normativa italiana per le costruzioni in zone sismiche”, Servizio Sismico Nazionale. 6 Bruneau M., Uang C.-M., Whittaker A., (1998): “Ductile design of steel structures”, Mc Graw – Hill.

7 Fonte delle immagini: NISEE – National Information Service for Earthquake Engineering, University of California, Berkeley.

8 Regio Decreto “Da convertirsi in legge, che approva il Testo Unico delle leggi emanate in conseguenza del terremoto del 28 dicembre 1908”, 12/10/1913, n. 1261, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 274 del 25 novembre 1913.

9 Regio Decreto Legge “Norme tecniche ed igieniche da osservarsi per i lavori edilizi nelle località colpite dal terremoto del 13 gennaio 1915”, 29 aprile 1915, n. 573, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 117 del 11 maggio 1915.

10 Regio decreto Legge “Norme tecniche ed igieniche di edilizia per le località colpite dal terremoto”, n. 2089, 23 ottobre 1924, pubblicato nella gazzetta Ufficiale n. 303 del 30 dicembre 1924.

11 Regio Decreto Legge “Norme tecniche ed igieniche di edilizia per le località colpite dai terremoti”, n. 431, 13 marzo 1927, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 82 dell’8 aprile 1927.

12 Regio Decreto Legge “Nuovo testo delle norme tecniche di edilizia con speciali prescrizioni per le località colpite dai terremoti”, n. 640, 25 marzo 1935, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 120 del 22 maggio 1935.

(20)

13 Legge, “Provvedimenti per l’edilizia con particolari prescrizioni per le norme sismiche”, n. 1684, 25 novembre 1962, pubblicata nel Supplemento Ordinario n. 1 alla Gazzetta Ufficiale n. 326 del 22 dicembre 1962.

14 Decreto Ministeriale 16 Gennaio 1996, Ministero dei Lavori Pubblici, “Norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche”, Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, n. 29 del 5 Febbraio 1996, Serie generale.

15 Circolare n. 65/AA.GG. del Ministero dei Lavori Pubblici, del 10 Aprile 1997. 16 Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, “Primi elementi in material di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica”, Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, n. 105, 8 Maggio 2003, Serie generale. 17 Gli spettri dell’Ordinanza sono stati tracciati considerando un suolo di tipo B ed una accelerazione di picco ag pari a 0.25g; lo spettro relativo al D.M. 1996 è stato definito utilizzando un valore C = 9, ed amplificando le ordinate per 1.5, per tenere conto del fatto che si opera nell’ambito della metodologia degli Stati Limite.

Riferimenti

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