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Analisi di vulnerabilità sismica di un edificio scolastico in muratura: confronto dei risultati di modellazioni diverse

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Academic year: 2021

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INDICE

INTRODUZIONE ... 6

1 EDILIZIA SCOLASTICA ... 8

1.1 CONSISTENZADELL’EDILIZIASCOLASTICAINITALIA ... 8

1.2 CONDIZIONISTRUTTURALIESICUREZZA... 9

1.2.1 Condizioni strutturali e sicurezza nella Regione Toscana ... 11

1.3 PIANONAZIONALEDELL’EDILIZIASCOLASTICA ... 13

2 IL RISCHIO SISMICO ... 16

2.2 LAVULNERABILITÀSISMICA ... 17

2.3 LAVALUTAZIONEDELLASICUREZZA ... 19

2.3.1 Procedure per la valutazione della sicurezza ... 20

2.4 LANORMATIVASISMICAINITALIA ... 26

2.4.5 LA SITUAZIONE SISMICA IN TOSCANA ... 35

2.4.5.1 SISMICITÀ DELL’AREA FIORENTINA ... 37

2.4.5.2 PRINCIPALI TERREMOTI NEL TERRITORIO FIORENTINO ... 39

3 INDAGINI CONOSCITIVE DEL CASO DI STUDIO – SCUOLA MATERNA “GIULIO BECHI” DI FIRENZE ... 42

3.1 MATERIALESTORICOREPERITO ... 43

3.2 INDAGINESTORICA... 44

3.2.1 CONDIZIONE ORIGINARIA ... 44

3.2.2 INTERVENTI 1986-2003 ... 46

3.2.3 INTERVENTI ANNI 2003-2004... 47

3.3 DESCRIZIONEDELLASTRUTTURAALLOSTATOATTUALE ... 55

3.3.1 RILIEVO GEOMETRICO ... 57

3.3.2 QUADRO FESSURATIVO ... 67

3.4 SCHEMATIZZAZIONEDELLEAZIONI ... 74

3.4.1 Pesi propri di volume ... 74

3.4.2 Carichi permanenti... 75

3.4.3 Carichi di esercizio ... 78

3.4.4 Azione della neve ... 79

3.4.5 Azione del vento ... 81

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4 INDAGINI IN SITU SULLE STRUTTURE E CARATTERIZAZIONE DEI

MATERIALI ... 103

4.1 STONACATUREDELLAMURATURA ...105

4.2 RIMOZIONEDEICONTROSOFFITTI ...112

4.2 TERMOGRAFIA ...113

4.4 PROVEDIPULL-OUT ...114

4.4.1 Determinazione della tensione di scorrimento ...118

4.5 PROVECONMARTINETTIPIATTI ...119

4.5.1 DETERMINAZIONE DELLO STATO TENSIONALE ...121

4.5.2 DETERMINAZIONE DELLA RESISTENZA A COMPRESSIONE ...125

4.5.3 DETERMINAZIONE DEI MODULI ELASTICI ...127

4.6 CONCLUSIONI DELLE PROVE CON MARTINETTI ...130

5 MODELLAZIONE E ANALISI DELLA STRUTTURA ... 134

5.1 MODELLAZIONEAGLIELEMENTIFINITI(FEM) ...134

5.2 MODELLAZIONEAMACROELEMENTI ...136

6 METODI DI ANALISI ... 137

6.1 ANALISI STATICA EQUIVALENTE ...137

6.2 ANALISI DINAMICA MODALE ...138

6.3 ANALISI STATICA NON LINEARE,PUSHOVER ...139

6.3.1 Analisi Pushover per edifici in muratura ...140

6.3 ANALISI NON LINEARE DINAMICA ...145

7 ANALISI DELLA STRUTTURA CON IL METODO A TELAIO ... 146

7.1 DEFINIZIONEDELMODELLODICALCOLO ...146

7.1.1 Modellazione architettonica ...146

7.1.2 Analisi agli elementi finiti, FEM ...151

7.2 ANALISIMODALE ...156

7.3 VERIFICHEDEGLIELEMENTIINMURATURA ...158

7.3.1 Verifica a pressoflessione nel piano ...158

7.3.2 Verifica a pressoflessione fuori piano...162

7.3.3 Verifica a taglio per fessurazione diagonale ...167

7.4 ANALISISTATICANONLINEARE,PUSHOVER ...171

7.4.1 Impostazioni dell’analisi per la struttura ...172

7.4.2 Indice di rischio sismico ...175

7.4.3 Analisi della curva pushover...176

7.4.4 Grafico ADRS (acceleration-displacement response spectrum) ...183

(3)

8 ANALISI DELLA STRUTTURA CON METODO DERIVANTE DAL POR ... 204

8.1 DESCRIZIONEDELMETODO ...206

8.1.1 Stati limiti considerati ...208

8.1.2 Determinazione della tagliante di piano ...210

9.1 SPERIMENTAZIONEDIUNMETODODERIVANTEDALPOR ...215

9.1.2 Schematizzazione dei maschi murari ...216

9.1.3 Determinazione delle tensioni normali ...217

9.1.4 Analisi e risultati ...222

9.1.1 Analisi pushover al variare dei moduli elastici ...223

10 CONFRONTO DEI DUE METODI ... 244

10.1 CONFRONTO PER G=1100 Τ0 ...246

10.2 CONFRONTO PER G=2000 Τ0 ...250

10.3 CONFRONTO PER G=3000 Τ0 ...253

10.4 CONFRONTO INDICI DI RISCHIO ...257

11 PREVISIONE DI INTERVENTO ... 260

11.1 PRIMAPREVISIONEDIINTERVENTO ...263

11.1.1 Curva di capacità e ADRS ...264

11.2 SECONDAPREVISIONEDIINTERVENTO ...269

11.2.1 Curva di capacità e ADRS ...270

11.2.2 Verifiche di resistenza ...275

CONCLUSIONI ... 281

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(5)

Il sisma che ha ferito l’Italia evidenzia forza e debolezza del carattere nazionale. La forza è nello slancio dei volontari e nella professionalità dei soccorritori impegnati a sollevare ogni pietra dietro la quale può esserci una vita, nella solidarietà fra abitanti della terra ferita,

nel rispetto per le vittime sconosciute e nella corsa a donare ai sopravvissuti. La debolezza è invece nella rassegnazione ad abitare in centri urbani vulnerabili ai terremoti, nella fatalità con cui si accetta la furia della Natura, nella passività con cui ci si trasferisce in alloggi

precari sapendo che dureranno a lungo, nel sentimento di impotenza davanti ad un edificio che crolla in aree remote, difficili da raggiungere, spesso prive di servizi basilari.

Bisogna costruire sulla forza della nostra nazione con la stessa determinazione con cui

dobbiamo aggredire le debolezze.

(Maurizio Alberto Molinari)

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INTRODUZIONE

Il 31 Ottobre del 2002 rimarrà nella memoria di molti, ben 27 bambini morirono sotto il crollo dell’intero edificio che ospitava la scuola elementare di San Giuliano di Puglia in Molise. Il procuratore Magrone nella sua requisitoria nell’aula del processo di primo grado, sottolineò che la vicenda della scuola di San Giuliano rappresenta l’Italia peggiore, ‹‹quella delle violazioni, del sistematico calpestamento delle leggi e delle normative››.

‹‹se è vero -disse- che il sisma del 31 Ottobre 2002 fu l’evento scatenante della tragedia, è anche vero che, se le norme fossero state rispettate quando si decise di sopraelevare l’istituto scolastico, quella scossa da sola non sarebbe bastata a far crollare l’edificio, e prova ne sia che nel resto del paese ci furono crolli e danni anche gravi a case e palazzine, ma nessun edificio implose come la scuola, fino a polverizzarsi››1.

L’entità di tali catastrofi, perciò, non dipende solo dalle forze della natura, ma anche da fattori di rilevanza umana, quali ad esempio le tecniche di costruzione o la qualità delle misure di prevenzione sismica.

Il territorio italiano conta più del 50% degli edifici scolastici progettati e realizzati in assenza di prescrizioni sismiche, da questo, si scaturisce l’interesse per la valutazione della vulnerabilità sismica del costruito esistente.

A seguito di quanto detto si focalizza l’attenzione sull’edilizia scolastica, tema della presente tesi, che nasce della “convenzione per lo svolgimento in comune di attività di pubblico interesse mediante accordo di ricerca” stipulata in data 12/10/2016 fra il Comune di Firenze ed il Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università di Pisa, allo scopo di valutare la vulnerabilità sismica del patrimonio comunale di edilizia scolastica.

L’edificio oggetto di studio è la scuola materna Giulo Bechi, ubicata in Via Pisana, n° 771, a Firenze.

Nel primo capitolo della tesi si è parlato dell’edilizia scolastica sul territorio italiano e i piani messi in atto al fine di riqualificare questo patrimonio.

A seguito sono state introdotte nozioni generali sul rischio simico e sull’analisi di vulnerabilità sismica per edifici esistenti, descrivendo la situazione sismica in Toscana e in particolare quella dell’area fiorentina.

1 Intervento del procuratore Magrone durante la requisitoria nell’aula del processo di primo grado.

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7 Dal terzo capitolo si è iniziato a trattare il caso specifico di studio dettagliando le prescrizioni di normativa, partendo da un’analisi storico-critica fino ad arrivare alla valutazione della sicurezza che permettere di stabilire se l’uso della costruzione possa continuare senza interventi oppure debba essere modificato o ancora, se sia necessario procedere ad aumentare o ripristinare la capacità portante.

Al fine di valutare le risposte dell’edificio sotto l’azione dei carichi gravitazionali e quelli sismici sono stati utilizzati due software, il primo riprende il vecchio metodo POR degli anni settanta con la modellazione a macroelementi, implementato dal dottorando Filippo Landi del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale di Pisa che ha rinominato questo programma con il nome “e-Push”.

Il secondo software, utilizzato anche per testare la validità del primo programma, è stato Aedes,PCM 2017, il quale utilizza una modellazione di tipo a telaio.

Studiati e verificati i comportamenti della struttura in termini di resistenza e spostamento sotto l’azione sismica e paragonati i due programmi, si è passati a prevedere degli interventi che potessero migliorare le condizioni attuali.

Lo studio che abbiamo affrontato è, come disse Madre Teresa di Calcutta ‹‹solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo, l’oceano avrebbe una goccia in meno›.

Questo credo sia lo spirito, con cui il nostro Paese dovrebbe muoversi per dare più sicurezza ai bambini e ragazzi che ogni giorno frequentano le nostre scuole e un dovere nei confronti dei troppi angeli persi sotto le macerie di un terremoto che uccide per negligenza umana.

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8

1 EDILIZIA SCOLASTICA

1.1

CONSISTENZA DELL’EDILIZIA SCOLASTICA IN ITALIA

Quello dell’edilizia scolastica in Italia è un patrimonio ampio, diffuso e, in gran parte, antico. Oltre il 60% degli edifici sono stati realizzati precedentemente l’emanazione della prima normativa tecnica sull’edilizia scolastica (D.M. 18/271975) e dei provvedimenti per le costruzioni con particolare prescrizione per le zone simiche (legge n.64/1974).

Dall’anagrafe scolastica, sul Portale Unico dei Dati della Scuola del MIUR2, aggiornato

all’anno 2015/2016, risultano esserci 50.804 edifici di cui 14.711 registrati nel sistema due volte con gli stessi dati.

I dati certi, però, si riferiscono a solo 36.093 edifici, trascurando quel 15% (6.315) edifici che non risultano presenti.

Un’altra problematica sorge dalla classificazione delle zone sismiche dell’anagrafe, che segue ancora la vecchia normativa in voga fino al 2003, secondo la quale il territorio era suddiviso in tre categorie sismiche ( S6, S9, S19 ), che non coincide con l’attuale sistema di classificazione a 4 zone sismiche a pericolosità decrescente.

Legambiente ha incrociato i dati dell’anagrafe con la nuova classificazione simica nella banca dati sul sito della Protezione Civile ed ha stilato dei dati che mettono in evidenza l’anno di costruzione degli edifici con la zona sismica nella quale risiedono.

Figura 1: Elaborazione Legambiente su dati Anagrafe Scolastica – MIUR.

In sintesi, oltre il 41% degli edifici scolastici (pari a 15.055) si trova in zona sismica 1 e 2, cioè a rischio di terremoti fortissimi o forti; il 43% di questi risale a prima del 1976, e cioè a prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica.

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9

1.2

CONDIZIONI STRUTTURALI E SICUREZZA

Come abbiamo visto dal capito precedente, il primo dato allarmante emerge dai dati sull’età degli edifici scolastici, mentre il secondo dato allarmante è lo stato delle strutture.

Riportiamo di seguito:

Figura 2: Elaborazione Legambiente su dati Anagrafe Scolastica – MIUR.

Come si può vedere dalla tabella, solo il 12,3% delle scuole presenti in queste aree risulta progettato o adeguato successivamente alle tecniche di costruzione antisismica.

I dati forniti dal MIUR dimostrano come il patrimonio edilizio scolastico sia di bassa qualità con carenze che vanno appunto dalla sicurezza antisismica all’adeguamento alle normative.

Figura 3: Elaborazione MIUR sull’adeguamento alle normative.

Da precisare che il 50% degli edifici risulta costruito prima del 1971, anno di entrata in vigore della normativa sul collaudo statico degli edifici. Pertanto, il dato relativo alla certificazione

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10 di agibilità va confrontato con tale percentuale e con la normativa di settore che è stata emanata nel tempo.

La ricerca annuale di Lagambiente, “Ecosistema scuola” con il XVIII Rapporto sulla qualità edilizia scolastica, delle strutture e dei servizi mette in luce altri parametri sulle scuole, questo, grazie ai 92 Comuni capoluogo che partecipano all’ indagine con 6.029 edifici scolastici. Il primo elemento che emerge è quanto poco si stia investendo negli ultimi venti anni nelle nuove scuole.

Sono stati realizzati solo il 9,9% di edifici scolastici tra il 1991 e il 2016, mentre come prima detto, il 63,6% risale a prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica del 1974.

Un secondo elemento molto importante dell’analisi di studio è quello dell’efficienza e della sicurezza degli edifici costruiti dal 2012 al 2016.

Figura 4: “Ecosistema scuola”, dati sull’efficienza e sicurezza delle scuole italiane negli ultimi anni.

Seppure il 41,6% degli edifici risulta posto in aree a rischio sismico, gli edifici costruiti con criteri antisismici sono solo il 13,8%, secondo i criteri della bioedilizia lo 0,8%.

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11 La verifica di vulnerabilità sismica è stata realizzata sul 29,3% degli edifici.

Flette in modo significativo quella eseguita sugli edifici posti nei Comuni in zona sismica 1 e 2; 36% contro il 49,9% dell’anno precedente.

1.2.1 Condizioni strutturali e sicurezza nella Regione Toscana

Sempre dalla ricerca annuale di Legambiente è possibile prendere visione della situazione dell’edilizia scolastica sul territorio della Regione Toscana.

Le scuole toscane sono di più recente costruzione rispetto alla media nazionale: il 41,5% risulta edificato tra il 1975 e il 2016, contro il 36,4% della media nazionale. Le amministrazioni comunali si sono impegnate, negli ultimi 5 anni, nel realizzare gli interventi di manutenzione straordinaria 57,7% gli edifici interessati, percentuale superiore alla media nazionale (48,9%).

L’investimento nel quinquennio, risulta superiore a quanto mediamente investito nel resto del Paese. Nel 2016 tuttavia, per la manutenzione straordinaria, è stato speso soltanto la metà di quanto stanziato, ciò nonostante la capacità di spesa delle città toscane, considerata la media a edificio, è risultata superiore alla media nazionale.

La verifica di vulnerabilità sismica è stata eseguita per il 45,9%, contro il 29,3% della media nazionale, le indagini diagnostiche dei solai per il 22%, mentre solo sul 5,8% si è intervenuti per la loro messa in sicurezza.

Riportiamo di seguito la tabella riassuntiva stipulata da Legambiente sull’anagrafe ed altre informazioni generali per quanto riguara la Regione Toscana.

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Figura 5: “Ecosistema scuola”, dati sull’efficienza e sicurezza delle scuole toscane.

Piuttosto impressionanti come che ben il 33,6% delle scuole abbia bisogno di manutenzioni urgenti, ma soprattutto quanto basse siano le percentuali riguardanti le certificazioni di

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13 collaudo ed idoneità statica. Ricordando che le scuole sono ambienti dove si riuniscono contemporaneamente molti cittadini, molto giovani e sapere che molti di questi ambienti potrebbero non essere un luogo sicuro.

Questi dati devono far riflettere su quanto ancora troppo poco si stia facendo in ambito di prevenzione sismica.

1.3

PIANO NAZIONALE DELL’EDILIZIA SCOLASTICA

Al fine di riqualificare il patrimonio edilizio scolastico sono stati stanziati 9,5 miliardi, investimenti messi in moto con linee di finanziamento diverse, di cui alcune in esaurimento e altre non ancora attivate in pieno.

Figura 6: Elaborazione Legambiente sui dati #italiasicura -Edilizia scolastica

Dai dati relativi al sito cantieriscuole.it di #italiasicura.scuola emerge che sono 12.2713 gli

interventi di edilizia scolastica finanziati negli ultimi anni.

In totale si tratta di 21linee di finanziamento per un importo complessivo di 4.153.651.965,72€.

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Figura 7:Elaborazione Legambiente su dati #italiasicura.scuole

Il fondo #Scuole Sicure è ripartito tra le Regioni sulla base del livello di rischio sismico dei territori, finanzia sia interventi di adeguamento strutturale ed antisismico, sia la costruzione di nuovi edifici scolastici, qualora risulti indispensabile sostituire quelli ad elevato rischio. Dal 2008, con le prime sei annualità di attivazione del Fondo, sono stati stanziati 126 milioni di euro: 80 hanno consentito l'avvio di 156 interventi, mentre i restanti 46 - relativi alle annualità 2012 e 2013 - assegnati con DPCM del 15 settembre 2015 , hanno permesso di avviare ulteriori 86 interventi.

Infine, per le annualità 2014 e 2015, sono stati erogati 37 milioni di euro per un totale di 50 interventi individuati con Decreto del MIUR n. 943 del 23 dicembre 2015, su uno stanziamento complessivo di 40 milioni assegnati precedentemente con DPCM del 12 ottobre 2015.

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Figura 8: Elaborazione Legambiente su dati #italiasicura.scuole

Come si può vedere dalla tabella solo poco più di 550 edifici sono interessati dall’adeguamento sismico, una porzione modesta vista la necessità di intervento di adeguamento sismico nelle aree 1 e 2 di circa 13.000 edifici.

Prendendo in considerazione sia gli interventi di adeguamento sismico che le nuove edificazioni realizzate negli ultimi 4 anni grazie ai fondi disponibili attraverso le diverse misure di finanziamento, possiamo rilevare che su 15.055 edifici scolastici in area sismica 1 e 2 complessivamente sono stati realizzati solo 532 interventi in grado di garantire la sicurezza nel caso di eventi sismici.

Legambiente sostiene che se si dovesse continuare di questo passo, occorrerebbero ancora 113 anni prima di riuscire a intervenire sugli edifici nelle zone a rischio sismico 1 e 2, ossia quelle dove davvero il pericolo di terremoto è forte o fortissimo.

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2 IL RISCHIO SISMICO

Con il termine Rischio sismico si intende la probabilità che si verifichi una determinata perdita, o economica, o in vite umane, a seguito di un terremoto. Tale perdita è identificata solitamente nel costo da sostenere per riportare il sistema danneggiato alle condizioni che esso aveva prima dell’evento sismico. In altre parole, il rischio sismico rappresenta la misura degli effetti attesi in una determinata area e in un dato intervallo di tempo, in base alla sismicità del luogo. La valutazione in un’area dell’esistenza di condizioni di rischio sismico è legata alla stima di tre parametri fondamentali: la pericolosità, la vulnerabilità e l’esposizione. - La pericolosità sismica è la misura della probabilità che un evento sismico con determinate caratteristiche si presenti in un certo luogo in un determinato intervallo di tempo. Essa dipende dalle caratteristiche dell’evento fisico e dalle caratteristiche geologiche dell’area nella quale l’evento si manifesta: tanto maggiore sono la frequenza e l’intensità degli eventi che caratterizzano un’area geografica, tanto maggiore è la sua pericolosità. L’approccio alla valutazione della pericolosità può essere di due tipi: uno di tipo deterministico ed uno probabilistico. Il metodo deterministico si basa sullo studio dei danni osservati in occasione di eventi sismici che storicamente hanno interessato un sito, ricostruendo degli scenari di danno per stabilire la frequenza con la quale si sono ripetute nel tempo scosse di uguale intensità. Questo approccio è stato spesso utilizzato in passato nelle analisi di sito. Tuttavia, poiché richiede la disponibilità di informazioni complete sulla sismicità locale e sui risentimenti (informazioni non sempre facilmente reperibili), nelle analisi viene generalmente preferito un metodo di tipo probabilistico. Il metodo probabilistico per la valutazione della pericolosità sismica è fondato sulle informazioni fornite dalla storia sismica di un sito e determina la probabilità che in una data area ed in un certo intervallo di tempo si verifichi un terremoto che superi una soglia di intensità , magnitudo o accelerazione di picco (PGA) di nostro interesse.

- La vulnerabilità è definita come la suscettibilità di una struttura a subire danni a causa di un dato terremoto. Tali danni possono portare alla momentanea perdita di funzionalità o anche alla totale irrecuperabilità.

- L’esposizione, infine, è il valore di ciò che esiste sul territorio, comprese vite umane, attività produttive e patrimonio storico-artistico. Consiste cioè nell'individuazione degli elementi sul territorio, il cui stato può venire alterato dall'evento sismico. Pertanto, la stima dell’esposizione si traduce nella quantificazione dei manufatti

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17 (edifici, infrastrutture, etc.), delle funzioni e del numero di persone che saranno presumibilmente coinvolte dall’evento sismico, nonché nella valutazione della loro capacità di reazione.

Concettualmente, il rischio sismico si può quindi esprimere secondo la seguente relazione: Rischio Sismico = Pericolosità x Vulnerabilità x Esposizione

In maniera più rigorosa, il rischio sismico per un edificio può essere rappresento dalla probabilità di collasso dello stesso in un intervallo temporale di interesse.

2.2 LA VULNERABILITÀ SISMICA

Il problema della sicurezza delle costruzioni esistenti è di fondamentale importanza in Italia, da un lato per l’elevata vulnerabilità, soprattutto rispetto alle azioni sismiche, dall’altro per il valore storico-architettonico-artistico-ambientale di gran parte del patrimonio edilizio esistente. A ciò si aggiunge la notevole varietà di tipologie e sub-tipologie strutturali, quali, ad esempio nell’ambito delle strutture murarie, quelle che scaturiscono dalle diversificazioni delle caratteristiche dell’apparecchio murario e degli orizzontamenti, e dalla presenza di catene, tiranti ed altri dispositivi di collegamento. Ne deriva una particolare complessità delle problematiche coinvolte ed una difficile standardizzazione di metodi di verifica e di progetto e dell’uso delle numerose tecnologie di intervento tradizionali e moderne oggi disponibili. Nel capitolo 8 delle NTC08 “Costruzioni esistenti” è stato seguito un approccio prestazionale, con l’adozione di poche regole di carattere generale ed alcune indicazioni importanti per la correttezza delle diverse fasi di analisi, progettazione, esecuzione.

La vulnerabilità sismica è la predisposizione di una costruzione a subire danneggiamenti e crolli in conseguenza di terremoti di data intensità: quanto più un edificio è vulnerabile, tanto maggiori saranno le conseguenze del terremoto sulla struttura.

In termini tecnici, è un indicatore che mette in relazione la capacità di resistenza della struttura e la domanda, in termini di resistenza e/o spostamento, del sisma.

La valutazione della vulnerabilità degli edifici esistenti è un problema di particolare rilevanza per il territorio italiano, dove gran parte del patrimonio costruito non è stato realizzato con criteri antisismici. Lo studio di tale problematica è importante per la determinazione del livello di sicurezza di queste strutture a seguito di un evento sismico sia per poter effettuare degli studi di scenario, individuando gli edifici più a rischio sul territorio e pianificarne gli

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18 interventi utili al ripristino della sicurezza, sia per indirizzare i primi soccorsi post evento sismico verso le aree più vulnerabili. L’evoluzione scientifica che si è avuta negli ultimi 20 anni, e conseguentemente quella Normativa, ha sicuramente permesso di progettare strutture in grado di soddisfare gli stati limite richiesti, ma la gran parte delle costruzioni esistenti in Italia è vulnerabile perché ricade per la quasi totalità in un periodo temporale in cui la conoscenza delle strutture, dei materiali e delle azioni era molto limitata ed al contempo sorretta da basi Normative non sufficientemente adeguate sia dal punto di vista tecnico che istituzionale. Il nostro Paese, quindi, è caratterizzato da una pericolosità sismica medio-alta e da un vulnerabilità del costruito molto elevata dovuta dalla notevole debolezza del nostro patrimonio edilizio.

Il grafico riportato di seguito, elaborato da dati ISTAT del 2001, indica le percentuali di edifici costruiti su territorio nazionale per epoca di costruzione.

Figura 9: percentuale di edifici scolastici suddivisi per anni.

Il grafico evidenzia che i problemi di insicurezza edilizia possono derivare innanzitutto da una vetustà superiore ai 40 anni, durata ottimale di un edificio dopo la quale si rendono necessari controlli ed interventi più stringenti ed impegnativi. Inoltre, il “boom edilizio” della fine degli anni '60 e la rapida ed improvvisata urbanizzazione di quell'epoca, nella quale hanno trovato ampio spazio fenomeni di abusivismo edilizio, è sicuramente causa di un maggiore rischio diffuso sul territorio. Dopo gli anni ’70, come si può osservare dallo stesso grafico, il rinnovo degli edifici e l’urbanizzazione si è arrestata bruscamente; tuttavia, il continuo aumento del valore di mercato immobiliare soprattutto nelle grandi città italiane, ha rafforzato ancor di più nel nostro paese una cultura che tende a conservare gli edifici esistenti

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19 impedendone il continuo rinnovamento che diversamente è tipico delle altre società internazionali. Altro fattore di rischio è sicuramente correlato alla scarsa qualità delle costruzioni, da imputarsi al rapido accrescimento edilizio avutosi nel secondo dopoguerra, spesso non accompagnato da una pianificazione urbana mirata. Va considerato che nel 1951 il patrimonio edilizio era costituito da 10,7 milioni di abitazioni divenute 19,7 milioni nel 1991, mentre dal 1991 al 1998 si sono realizzati ulteriori 2 milioni di alloggi. Non da ultimo, va considerata l’influenza normativa sui principi progettuali e costruttivi adottati; la tardiva zonazione sismica di alcune aree ha comportato la presenza sul territorio di un’ alta percentuale di costruzioni che non rispettano le attuali prescrizioni sismiche (circa il 60% del costruito è stato progettato e realizzato in assenza di specifiche normative antisismiche), dunque potenzialmente vulnerabili.

2.3 LA VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

In accordo con quanto espresso nel capitolo 8.3 delle NTC08, le costruzioni esistenti devono essere sottoposte a valutazione della sicurezza quando ricorra anche una delle seguenti situazioni:

- Riduzione evidente della capacità resistente e/o deformativa della struttura o di alcune sue parti dovuta ad azioni ambientali (sisma, vento, neve e temperatura), significativo degrado e decadimento delle caratteristiche meccaniche dei materiali, azioni eccezionali (urti, incendi, esplosioni), situazioni di funzionamento ed uso anomalo, deformazioni significative imposte da cedimenti del terreno di fondazione; - Provati gravi errori di progetto o costruzione;

- Cambio della destinazione d’uso della costruzione o di parti di essa, con variazione significativa dei carichi variabili e/o della classe d’uso della costruzione;

- Interventi non dichiaratamente strutturali, qualora essi interagiscano, anche solo in parte, con elementi aventi funzione strutturale e, in modo consistente, ne riducano la capacità o ne modifichino la rigidezza.

Qualora le circostanze di cui ai punti precedenti riguardino porzioni limitate della costruzione, la valutazione della sicurezza potrà essere limitata agli elementi interessati e a quelli con essi interagenti, tenendo presente la loro funzione nel complesso strutturale.

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20 La valutazione della sicurezza deve permettere di stabilire se l’uso della costruzione possa continuare senza interventi, debba essere modificato o sia necessario procedere ad aumentare o ripristinare la capacità portante.

Dovrà effettuarsi ogni qual volta si eseguano i seguenti interventi strutturali e dovrà determinare il livello di sicurezza prima e dopo l’intervento:

- Interventi di adeguamento atti a conseguire i livelli di sicurezza previsti dalle attuali norme;

- Interventi di miglioramento atti ad aumentare la sicurezza strutturale esistente, pur senza necessariamente raggiungere i livelli richiesti dalle attuali norme;

- Riparazioni o interventi locali che interessino elementi isolati, e che comunque comportino un miglioramento delle condizioni di sicurezza preesistenti.

2.3.1 Procedure per la valutazione della sicurezza

Data la diversità delle situazioni riscontrabili nelle costruzioni esistenti, è impossibile prevedere regole specifiche per tutti i casi. Il modello per la valutazione della sicurezza dovrà quindi essere definito dal progettista caso per caso, tenendo conto delle seguenti indicazioni generali (indicate al §8.5 delle NTC08).

a) Analisi storico-critica

Ai fini di una corretta individuazione del sistema strutturale esistente e del suo stato di sollecitazione è importante ricostruire il processo di realizzazione e le successive modifiche subite nel tempo dal manufatto. Soprattutto nel caso di edifici in muratura, sia in assenza sia in presenza di documentazione, prima di procedere alle indispensabili operazioni di rilievo geometrico, è opportuno svolgere delle considerazioni sullo sviluppo storico del quartiere in cui l’edificio è situato (a meno che si tratti di edifici isolati), cercando di acquisire informazioni sugli aspetti urbanistici e storici che en hanno condizionato lo sviluppo. La ricostruzione della storia edificatoria dell’edificio consente anche di verificare quanti e quali terremoti esso abbia subito in passato.

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21 b) Rilievo geometrico-strutturale

Il rilievo geometrico-strutturale dovrà essere riferito sia alla geometria complessiva dell’organismo che a quella degli elementi costruttivi. Questi ultimi possono essere occultati alla vista e possono richiedere rilievi a campione e valutazioni estensive. Nel caso di edifici in muratura, ad esempio, si dovrà procedere a:

- Individuazione dello schema strutturale delle pareti (distinguere quelle portanti in base allo spessore);

- Individuazione di eventuali nicchie, cavità, aperture tamponate; - Individuazione dello spessore e del profilo di eventuali volte; - Redazione di schemi di orizzontamenti, copertura e fondazioni;

- Valutazione di elementi non strutturali che potrebbero essere pericolanti (comignoli, gronde, ecc.);

- Analisi delle irregolarità in pianta e in elevato;

- Analisi del quadro fessurativo (visiva e con sistemi di monitoraggio continuo o periodico);

- Valutazione della qualità degli ammorsamenti di pareti tra loro ortogonali (per verificare se il comportamento si può considerare scatolare);

- Analisi della tessitura muraria per la valutazione della resistenza a compressione e taglio;

- Qualità del collegamento tra orizzontamenti e pareti ed eventuale presenza di cordoli di piano o altri dispositivi di collegamento;

- Esistenza di architravi strutturalmente efficienti al di sopra delle aperture;

- Presenza di elementi strutturalmente efficienti atti a eliminare le spinte eventualmente presenti.

c) Caratterizzazione meccanica dei materiali

Per conseguire un’adeguata conoscenza delle caratteristiche dei materiali e del loro degrado, ci si basa sulla documentazione disponibile, su verifiche visive in situ e su indagini sperimentali. I valori delle resistenze meccaniche dei materiali vengono valutati sulla base delle prove effettuate sulla struttura e prescindono dalle classi discretizzate previste nelle NTC. Per quanto riguarda le costruzioni in muratura, le Regioni possono definire, ad

(22)

22 integrazione della Tab. C8B.1 in Appendice C8B, tabelle specifiche per le tipologie murarie ricorrenti sul territorio regionale.

d) Livelli di conoscenza e fattori di confidenza

La normativa prevede tre diversi Livelli di Conoscenza (LC) che dipendono dall’approfondimento delle indagini e dall’affidabilità dei dati che queste sono in grado di fornire e ad ognuno di essi viene attribuito un Fattore di Confidenza (FC) che in base al livello di conoscenza raggiunto penalizza le resistenze medie di progetto.

Con riferimento al livello di conoscenza acquisito, si possono definire i valori medi dei parametri meccanici ed i fattori di confidenza secondo quanto segue:

- il livello di conoscenza LC3 si intende raggiunto quando siano stati effettuati il rilievo geometrico, verifiche in situ estese e esaustive sui dettagli costruttivi, indagini in situ esaustive sulle proprietà dei materiali; il corrispondente fattore di confidenza è FC=1; - il livello di conoscenza LC2 si intende raggiunto quando siano stati effettuati il rilievo geometrico, verifiche in situ estese ed esaustive sui dettagli costruttivi ed indagini in situ estese sulle proprietà dei materiali; il corrispondente fattore di confidenza è FC=1.2; - il livello di conoscenza LC1 si intende raggiunto quando siano stati effettuati il rilievo

geometrico, verifiche in situ limitate sui dettagli costruttivi ed indagini in situ limitate sulle proprietà dei materiali; il corrispondente fattore di confidenza è FC=1.35. Per i diversi livelli di conoscenza, per ogni tipologia muraria, i valori medi dei parametri meccanici possono essere definiti come segue:

- LC1

▪ Resistenze: i minimi degli intervalli riportati in Tabella C8A.2.1 per la tipologia muraria in considerazione.

▪ Moduli elastici: i valori medi degli intervalli riportati nella tabella suddetta. - LC2

▪ Resistenze: medie degli intervalli riportati in Tabella C8A.2.1 per la tipologia muraria in considerazione.

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23 - LC3

caso a) nel caso siano disponibili tre o più valori sperimentali di resistenza: ▪ Resistenze: media dei risultati delle prove.

▪ Moduli elastici: media delle prove o valori medi degli intervalli riportati nella Tabella C8A.2.1 per la tipologia muraria in considerazione.

caso b) nel caso siano disponibili due valori sperimentali di resistenza:

▪ Resistenze: se il valore medio delle resistenze è compreso nell’intervallo riportato nella Tabella C8A.2.1 per la tipologia muraria in considerazione si assumerà il valore medio dell’intervallo, se è maggiore dell’estremo

superiore dell’intervallo si assume quest’ultimo come resistenza, se è inferiore al minimo dell’intervallo, si utilizza come valore medio il valore medio sperimentale.

▪ Moduli elastici: vale quanto indicato per il caso LC3 – caso a). caso c) nel caso sia disponibile un valore sperimentale di resistenza:

▪ Resistenze: se il valore di resistenza è compreso nell’intervallo riportato nella Tabella C8A.2.1 per la tipologia muraria in considerazione, oppure superiore, si assume il valore medio dell’intervallo, se il valore di resistenza è inferiore al minimo dell’intervallo, si utilizza come valore medio il valore sperimentale.

(24)

24

Figura 10: Tabella C8A.2.1 della Circolare 617/2009

Cosa si intende per:

- Indagini in-situ limitate: sono basate su esami visivi della superficie muraria. Tali esami visivi sono condotti dopo la rimozione di una zona di intonaco di almeno 1m x 1m, al fine di individuare forma e dimensione dei blocchi di cui è costituita, eseguita preferibilmente in corrispondenza degli angoli, al fine di verificare anche le ammorsature tra le pareti murarie. È da valutare, anche in maniera approssimata, la compattezza della malta.

- Indagini in-situ estese: le indagini di cui al punto precedente sono effettuate in maniera

estesa e sistematica, con saggi superficiali ed interni per ogni tipo di muratura presente. Prove con martinetto piatto doppio e prove di caratterizzazione della malta, e eventualmente di pietre e/o mattoni consentono di individuare la tipologia della muratura. È opportuna una prova per ogni tipo di muratura presente. Metodi di prova non distruttivi (prove soniche, prove sclerometriche, penetrometriche per la malta, ecc.) possono essere impiegati a complemento delle prove richieste.

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25 - Indagini in-situ esaustive: in aggiunta alle verifiche visive, ai saggi interni ed alle prove di cui ai punti precedenti, si effettua una ulteriore serie di prove sperimentali che, per numero e qualità, siano tali da consentire di valutare le caratteristiche meccaniche della muratura. Le prove possono in generale comprendere prove di compressione diagonale su pannelli o prove combinate di compressione verticale e taglio. Metodi di prova non distruttivi possono essere impiegati in combinazione, ma non in completa sostituzione di quelli sopra descritti.

Riportiamo in seguito un estratto della circolare n. 617/2009 in riferimento alle costruzioni in muratura:

(26)

26

2.4 LA NORMATIVA SISMICA IN ITALIA

L’evoluzione della Normativa e della pratica costruttiva e progettuale degli edifici, ha naturalmente portato nel tempo alla realizzazione di sistemi strutturali differenti. Lo studio di tale evoluzione è uno strumento utile per la valutazione della diversa distribuzione sul territorio delle costruzioni potenzialmente a rischio. Mentre per gli edifici di nuova progettazione viene utilizzato il principio del Performance Based Design, ovvero una progettazione di tipo semiprobabilistico guidata dalla probabilità di superamento di prefissati livelli prestazionali ed in cui la struttura è retta dal principio di gerarchia delle resistenze in modo da soddisfare con la massima prestazione i vari stati limite che può raggiungere durante la sua vita utile, gli edifici esistenti sono il frutto di una concezione ingegneristica che è basata su modelli di azioni e di resistenze di tipo deterministico ed in cui la struttura viene verificata solo nei confronti della massima resistenza (in termini puntuali) degli elementi strutturali che la compongono. Fino a pochi anni orsono, in Italia veniva adoperato il metodo delle tensioni ammissibili, per cui la tensione era calcolata secondo un modello elastico. Tale tipo di approccio trascura il raggiungimento di “condizioni critiche” per effetti deformativi, di perdita di equilibrio o di durabilità; inoltre la struttura non è intesa nella sua globalità ovvero non si considerano gli eventuali meccanismi di collasso che si possono sviluppare e le varie combinazioni di carico cui può essere soggetta. In pratica nelle strutture esistenti tutta la progettazione è retta dalle resistenze locali per un solo livello prestazionale (il superamento della tensione ammissibile), mentre per gli edifici di nuova progettazione tutto il processo, retto da un principio semiprobabilistico e prestazionale, è volto a realizzare strutture che possiedono non solo un certo livello di rigidezza e resistenza elastiche per far fronte a terremoti di bassa e media intensità e quindi soddisfare i livelli prestazionali in esercizio, ma anche un certo livello di duttilità sia locale che globale, per far fronte ai sismi di notevole intensità allo stato limite di collasso.

Lo studio dell’evoluzione temporale della Normativa sismica è un importante strumento per la determinazione del grado di vulnerabilità di una costruzione esistente. Non basta infatti distinguere semplicemente tra un edificio progettato per carichi di tipo gravitazionale ed uno progettato secondo criteri antisismici, ma è importante anche stabilire nell’ambito di un progetto di tipo sismico, a quale Norma faccia riferimento la progettazione dell’edifico esistente.

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27 La sfera della Normativa sismica in Italia può essere divisa e classificata in gruppi, in base al periodo in cui le norme sono state emanate:

- Norme di I generazione, puramente prescrittive (antecedenti al 1960);

- Norme di II generazione, prestazionali a singolo livello (dal 1960 al 1980);

- Norme di III generazione, prestazionali a doppio livello (dal 1980 al 2000);

- Norme di IV generazione, prestazionali multilivello (dopo il 2000).

Tra le normative più influenti, che hanno portato alla situazione legislativa attuale in Italia, possiamo ricordare:

Norme di I generazione

▪ “Regio Decreto n° 193 del 18 Aprile 1909”

L’individuazione delle zone sismiche, in Italia, è avvenuta agli inizi del ‘900 attraverso lo strumento del Regio Decreto, emanato a seguito dei terremoti distruttivi di Reggio Calabria e Messina del 28 dicembre 1908. Pertanto, la mappa sismica in Italia non era altro che la mappa dei territori colpiti dai forti terremoti avvenuti dopo il 1908, mentre tutti i territori colpiti prima di tale data (la maggior parte delle zone sismiche d’Italia) non erano classificati come sismici e, conseguentemente, non vi era alcun obbligo di costruire nel rispetto della normativa antisismica. La lista originariamente consisteva, quindi, nei comuni della Sicilia e della Calabria gravemente danneggiati dal terremoto del 1908, che veniva modificata dopo ogni evento sismico aggiungendovi semplicemente i nuovi comuni danneggiati.

La Norma è composta da accorgimenti da seguire nella costruzione di edifici nuovi e nella riparazione di quelli danneggiati. Tra le prescrizioni presenti possiamo ricordare:

- Il divieto di costruire su terreni paludosi, franosi, o atti a scoscendere; - Limitazioni sulle altezze degli edifici;

- Prescrizioni sulle fondazioni;

- Prescrizioni su materiali e tipologie costruttive;

- Il divieto di usare muratura a sacco e quella con ciottoli, se nonconvenientemente spaccati e posti in opera con struttura listata;

- L’obbligo di dotare la struttura di un'ossatura di membrature di legno, di ferro, di cemento armato, o di muratura armata, capaci di resisterecontemporaneamente a sollecitazioni di compressione, trazione e taglio;

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28 - Il divieto di qualsiasi costruzione in aggetto od a sbalzo, fatta eccezione per i balconi

e le cornici.

Con il R.D. del 1909 vengono dunque introdotte (ma non quantificate) le forze sismiche. Nei calcoli di stabilità e resistenza delle costruzioni venivano considerate delle azioni statiche dovute al peso proprio ed al sovraccarico, aumentate di una percentuale per simulare l’effetto delle vibrazioni sussultorie mentre le azioni del moto ondulatorio venivano simulate da forze orizzontali applicate alle masse del fabbricato uguali ad una frazione della forza peso. La forza sismica di base era dunque pari a:

𝐹ℎ = 𝐶 ∙ 𝑊

dove:

- C≤1 è il coefficiente d’intensità sismica; - W è il peso sismico dell’edificio.

▪ “Decreto Legge n. 1526 del 1916”

Quantifica le forze sismiche e la loro distribuzione lungo l’altezza dell’edificio. In particolare, per simulare l’effetto delle vibrazioni sussultorie dovevano essere applicate le forze verticali del peso proprio e del sovraccarico aumentate del 50%, mentre le azioni del moto ondulatorio dovevano essere simulate da forze orizzontali applicate alle masse del fabbricato uguali ad una frazione della forza peso.

𝐹 = 0.125 ∙ 𝑊(per il piano terra) 𝐹 = 0.167 ∙ 𝑊(per i piani superiori)

Il valore diverso del coefficiente C tra il primo ed i piani superiori permetteva di considerare l’amplificazione dinamica in altezza.

“Regio Decreto n.431 del 1927”

Nel 1927 venne introdotto il concetto di zona sismica; questa prima zonazione sismica prevedeva due zone sismiche alle quali corrispondevano altrettante azioni di progetto per gli edifici.

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29

Figura 12:Zonazione del R.D 431 del 1927

Gli edifici vennero divisi in due categorie e per ciascuna di esse sono state prescritte regole riguardo altezze massime, fondazioni, materiali da costruzione e riparazioni di edifici lesionati.

Così come per le precedenti normative, per simulare l’effetto delle vibrazioni sussultorie dovevano essere applicate le forze verticali del peso proprio e del sovraccarico aumentate del 50%, mentre le azioni del moto ondulatorio dovevano essere simulate da forze orizzontali applicate alle masse del fabbricato uguali ad una frazione della forza peso. Il valore del coefficiente C non era solo diverso in riferimento al piano considerato, ma cambiava a seconda che si trattasse di un comune ricadente in prima o seconda categoria.

Per la I categoria risultava:

𝐹 = 0.125 ∙ 𝑊(per il piano terra) 𝐹ℎ = 0.167 ∙ 𝑊(per i piani superiori)

Per la II categoria risultava: 𝐹 = 0.1 ∙ 𝑊(per il piano terra) 𝐹 = 0.125 ∙ 𝑊(per i piani superiori)

Solo dagli anni ’50 l’ingegneria sismica inizia a svilupparsi come scienza indipendente grazie allo sviluppo di alcuni fattori determinanti, quali:

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30 - Lo sviluppo di moderne tecniche di laboratorio e nuove indagini sperimentali

sull’esistente;

- Lo sviluppo sul territorio di una fitta rete di stazioni accelerometriche;

- Sviluppo di software per studiare la risposta dinamica delle strutture in campo elastico e in campo plastico.

Norme di II generazione

▪ “Legge n. 64 del 2 febbraio 1974- Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche”

Rappresenta la prima legge di seconda generazione, che richiede agli edifici di assolvere al principio di salvaguardia delle vite umane, introducendo lo spettro di risposta elastico, inteso come risposta in termini di accelerazione, spostamento e velocità di un oscillatore semplice, in relazione al periodo proprio e al grado di smorzamento.Delega inoltre al ministero dei lavori pubblici l’emanazione dei successivi decreti in materia, portando importanti innovazioni.

Le norme tecniche, da adottare in funzione dei diversi gradi di sismicità, riguarderanno:

a) l'altezza massima degli edifici in relazione al sistema costruttivo, al grado di sismicità della zona ed alle larghezze stradali;

b) le distanze minime consentite tra gli edifici e giunzioni tra edifici contigui;

c) le azioni sismiche orizzontali e verticali da tenere in conto nel dimensionamento degli elementi delle costruzioni e delle loro giunzioni;

d) il dimensionamento e la verifica delle diverse parti delle costruzioni; e) le tipologie costruttive per le fondazioni e le parti in elevazione.

Norme di III generazione

Negli anni seguenti, tra il 1981 ed il 1984 i decreti ministeriali emanati dal ministero dei lavori pubblici hanno classificato complessivamente 2.965 comuni italiani su 8.102 secondo tre zone sismiche.

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31 ▪ “Decreto Ministeriale del 19 Giugno 1984 - Norme tecniche relative alle costruzioni sismiche”

Di seguito è riportata la zonazione sismica secondo il DM 1984, che prevede tre zone più una grigia che comprende le zone sismicamente non classificate.

Figura 13: Classificazione sismica al 1984

Il D.M. 10.06.1984 introdusse la differenziazione del livello di protezione sismica per particolari categorie di edifici introducendo il coefficiente di protezione sismica I, all’interno della formulazione usata per la definizione delle forze sismiche.

Risultava dunque:

𝐹 = 𝐶 ∙ 𝐼 ∙ 𝑊 dove:

C= 0.1 per la I categoria; C= 0.07 per la II categoria; C= 0.04 per la III categoria; I= 1.4 per le opere strategiche;

I= 1.2 per le opere a particolare rischio d’uso; I= 1.0 per le opere normali.

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32 ▪ “Decreto Ministeriale del 16 Gennaio 1996 - Norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche”

Con tale Decreto:

a) non si fa più riferimento al numero di piani di un edificio, ma alla sua altezza massima;

b) anche nelle zone sismiche è possibile adottare il metodo di verifica agli stati limite oltre a quello alle tensioni ammissibili;

c) vengono limitati i danni alle parti non strutturali ed agli impianti attraverso il controllo degli spostamenti;

d) si introduce un coefficiente di risposta R dipendente dal periodo della struttura per la definizione delle forze sismiche.

Nel 1996 il GNDT rilasciò un mappa di pericolosità in termini di PGA con il 10% di probabilità di superamento in 50 anni basata su di un dataset aggiornato. L’elaborato chiariva che la zonazione sismica corrente aveva dei problemi; tuttavia solo una nuova disgrazia, il terremoto nel Molise del 2002 colpendo una zona non classificata come sismica, stimolò il cambiamento.

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33 Norme di IV generazione

▪ “Ordinanza del Consiglio dei Ministri OPCM n. 3274 del 20 Marzo 2003”

L’O.P.C.M 3274/2003 è un provvedimento di urgenza emanato in seguito al terremoto nel Molise che detta i principi generali sulla base dei quali le Regioni, a cui lo Stato ha delegato l’adozione della classificazione sismica del territorio, hanno compilato l’elenco dei comuni con la relativa attribuzione ad una delle quattro zone sismiche. Scompare infatti la zona non classificata per fare posto alla zona 4.

Figura 15: Classificazione simica secondo l’OPCM 3274

Le prime tre zone della nuova classificazione corrispondevano, dal punto di vista degli adempimenti previsti dalla legge n. 64 del 1974, alle zone di sismicità alta, media e bassa, mentre per la zona 4, di nuova introduzione, veniva data facoltà alle regioni di imporre l’obbligo della progettazione antisismica. In ogni zona fu infatti prevista l’applicazione della progettazione sismica con livelli differenziati di severità, salvo, come anzidetto, nella zona 4. Per ciascuna zona i valori di accelerazione al suolo relativi a una probabilità di superamento pari al 10% in 50 anni (ag) sono:

- Zona 1, ag>0.25; - Zona 2, 0.15 <ag≤ 0.25; - Zona 3, 0.05 <ag≤ 0.15; - Zona 4 , ag ≤ 0.05.

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34 ▪ “Decreto Ministeriale del 14 Gennaio 2008”

Le NTC 2008 sono state emanate in Italia per recepire la normativa europea e armonizzare tutte le disposizioni normative presenti; rappresentano attualmente il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di costruzioni.

La nuova normativa mette di fatto fine al sistema della “classificazione sismica” per quel che riguarda l’input per la definizione degli spettri di progetto. Siamo infatti passati da 4 zone a più di 11.000 punti, ciascuno dei quali ha il suo specifico spettro. Confrontando la mappa di intensità sismica del 1975 con l’ attuale classificazione del territorio Nazionale valutata secondo un periodo di ritorno di 475 anni, ovvero con una probabilità di occorrenza del 10% in 50 anni, si nota come molte zone della penisola Italiana siano state riclassificate sismicamente rispetto gli anni precedenti mettendo quindi in risalto il problema degli edifici esistenti che oggi si trovano in zone ad alta pericolosità sismica.

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35 La normativa introduce 4 stati limite, ognuno dei quali attribuibile ad un periodo di ritorno per la definizione dei livelli di accelerazione sismica al suolo.

1. SLO: Stato limite di operatività; 2. SLD: Stato limite di danno;

3. SLV: Stato limite di salvaguardia della vita; 4. SLC: Stato limite di collasso.

Dal 1 luglio 2009 con l’entrata in vigore delle Norme Tecniche per le Costruzioni del 2008, la progettazione deve essere svolta sulla base di un accelerazione individuata dalle coordinate geografiche dell’area di progetto, dalla vita nominale dell’opera e dalla probabilità di superamento relativa allo stato limite considerato.

Un valore di pericolosità di base, dunque, è definito per ogni punto del territorio nazionale, su una maglia quadrata di 5 km di lato, indipendentemente dai confini amministrativi comunali.

2.4.5 La situazione sismica in Toscana

La Delibera di Giunta Regionale n° 878 del 8.10.2012 ha aggiornato la classificazione sismica del territorio regionale suddividendo il territorio regionale in 3 zone sismiche (2, 3 e 4). Su un totale di 280 comuni:

- 92 sono inseriti in zona 2, dove possono verificarsi terremoti abbastanza forti; - 164 in zona 3, a bassa sismicità;

- 24 in zona 4, la meno pericolosa.

Come è possibile osservare dalla mappa in figura, le zone sismiche più pericolose sono localizzate in corrispondenza dell’Appennino: la Lunigiana, la Garfagnana, il Mugello, la Val-tiberina al confine con l’Umbria, il Casentino e l’Amiata.

(36)

36

Figura 17: Classificazione sismica della Regione Toscana ai sensi del DM 14.01.2008

La prima classificazione sismica dei comuni della regione Toscana è avvenuta con il Decreto ministeriale del 19 marzo 1982 (entrato i vigore dopo tre mesi il 19 Giugno 1982). I comuni dichiarati sismici erano 182 in zona 2 ed i restanti 105 risultavano non classificati a rischio sismico. In Toscana, poi, la prima legge italiana sulla prevenzione sismica, la LR 56/97, stabiliva già quali fossero le priorità e gli obblighi in materia di indagini e provvedimenti per la riduzione del rischio sismico nel contesto del Piano di Indirizzo Territoriale (PIT). Questa legge coordina le attività nel territorio di competenza per una corretta riduzione della vulnerabilità sismica e contemporaneamente evidenzia la relativa pericolosità sismica, che assume valori maggiori in corrispondenza del crinale Appenninico.

La legge sarà poi aggiornata con LR 58/2009 che introduce il Documento conoscitivo del rischio sismico. Tale strumento è un mezzo conoscitivo estremamente importante per poter valutare e programmare i possibili interventi sul territorio ed ha valenza triennale.

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37 Oltre all’elaborazione del Documento conoscitivo del rischio sismico previsto dalla LR 58/2009, la regione Toscana si fa carico di altre attività sempre finalizzate alla riduzione del rischio sismico. Le più importanti sono:

- Impulso alla definizione di studi di micro-zonazione simica nei comuni o unioni dei comuni che ancora non lo hanno effettuato;

- Regolamentazione delle attività di gestione dell'emergenza post-terremoto, così da assicurare un miglior coordinamento tra le diverse strutture regionali coinvolte nelle molteplici e complesse attività, che vanno dalla loro attivazione alle procedure di verifica dell'agibilità degli edifici dopo l'evento sismico;

- Implementazione di un data base di censimento e caratterizzazione degli edifici pubblici strategici dell'intera toscana, così da avere il quadro completo delle conoscenze attuali in termini di verifiche, indagini e interventi effettuati.

2.4.5.1 Sismicità dell’area fiorentina

La principale fonte d’informazione per quanto riguarda lo studio e la caratterizzazione della pericolosità sismica di un’area è costituita dai cataloghi storici, vere e proprie banche dati di eventi sismici.

La stima dell’intensità di un evento del passato non è immediata, ma richiede un lungo percorso ricostruttivo; in genere viene effettuata attraverso la valutazione e l’analisi dei danni che questo ha provocato; per ricostruire la data di accadimento di un evento sismico e la sua intensità vengono utilizzate fonti costituite da cronache scritte, registri e diari delle abbazie o lapidi negli edifici di culto.

Gli ultimi 20 anni di registrazioni strumentali sul territorio italiano della rete sismica nazionale permettono di definire le linee principali della sismicità locale, evidenziando nel territorio fiorentino un rilascio dell’energia sismica prevalente lungo la zona di catena appenninica. Il 10% dei terremoti è associato ad una profondità ipocentrale di 15km e i valori di magnitudo locale (ML), sempre inferiori a 5, sono centrati intorno al valor medio di 2.

La distribuzione energetica dei terremoti segue una distribuzione di potenza ben definita, mentre gli eventi più importanti sono stati registrati nell’aree del Mugello con magnitudo registrate intorno a 4. Numerosi terremoti di piccola intensità si sono registrati nella pianura alluvionale di Firenze - Pistoia.

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38 I principali eventi storici nell’area fiorentina si ubicano nel bacino del Mugello dove nel 1919 si verificò il terremoto più importante e distruttivo di questa zona dell’Appennino settentrionale. Anche a Firenze, in base alle ubicazioni da catalogo, risulta epicentro di importanti terremoti avvenuti in epoca storica, la cui magnitudo stimata è risultata comunque inferiore a 5 ML (Gruppo di lavoro CPTI, 1999).

L’analisi dei dati a disposizione e delle fonti bibliografiche, riguardo a eventi sismici che hanno causato danni nella città di Firenze, ha permesso di caratterizzare quello che viene chiamato “terremoto di progetto”, cioè l’ipotetico evento sismico più probabile per una data area. Dal punto di vista sismogenetico, l’area fiorentina appare storicamente sede di una moderata attività sismica che portato a terremoti locali con Imax = VIII grado della scalaMercalli-Cancani-Sibel.

La ricostruzione del campo macrosismico all’interno di un centro urbano costituisce preludio alla cosiddetta “microzonazione sismica”, l’individuazione cioè delle aree con differente risposta sismica e quindi diversa intensità massima risentita. Ciò è dovuto a fattori molto locali, costituiti prevalentemente da forti differenze composizionali del substrato di fondazione, che causano comportamento geologici anomali, oltreché a metodologie costruttive diverse. Dalle carte che riportano i danni subiti dalla città di Firenze in occasione del terremoto del 1895 e 1919 appare che le zone di maggior danno sono uniformemente distribuite, ma si concentrano nei quartieri della Cure, di San Jacopino, di San Salvi, di San Frediano e di San Niccolò; per quanto riguarda la zona interna alla cerchia dei viali, le zone maggiormente danneggiate risultano essere Santa Croce, San Gallo e Piazza della Libertà.

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39 2.4.5.2 Principali terremoti nel territorio fiorentino

- 11 Luglio 1293

Figura 18: Area colpita dal terremoto del 11.07.1293

Le prime tracce della storia dei terremoti in Toscana risalgono al 1293.

In questo anno, un terremoto con epicentro a Pistoia di magnitudo stimata 5.4 produsse notevoli danni alla città, dove vi furono anche delle vittime.

- 13 Giugno 1543

Figura 19: Area colpita dal terremoto del 13.06.1543

Il terremoto ebbe epicentro nell’area del Mugello con magnitudo stimata di 5.9; vi furono gravi danni e crolli su almeno 20 paesi, in particolare Scarperia, Vicchio, Borgo San Lorenzo, Barberino di Mugello; a Firenze vi furono danni lievi. Le vittime secondo alcune fonti furono 113 morti e 289 feriti.

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- 18 Maggio 1895

Figura 20: Area colpita dal terremoto del 18.05.1895

Il 18 maggio 1895 fu la data del “grande terremoto di Firenze” che interessò in maniera alquanto diffusa tutta la provincia fiorentina.

Si trattò di un evento improvviso che colse alla sprovvista gli abitanti, non essendo stato preceduto da scosse minori.

L’evento provocò i maggiori danni a sud della città, dove fu raggiunto l'VIII grado della scala Mercalli, mentre a Firenze gli effetti furono del VII grado della medesima scala. Crolli più o meno gravi hanno interessato: Palazzo Pitti, Palazzo Medici Riccardi, Palazzo Strozzi, le volte dei porticati di Piazza SS. Annunziata e di Piazza Cavour (oggi Piazza della Libertà); gravissimi dissesti hanno interessato il museo e la chiesa di S. Marco; il Duomo di Santa Maria Del Fiore ha visto spezzarsi le catene delle arcate della navata centrale, con crepe diffuse e caduta di calcinacci dall’alto della cupola del Brunelleschi; danni più lievi interessarono invece il vicino campanile di Giotto, il Battistero, il complesso di S. Croce, la chiesa di San Miniato Al Monte del Santo Spirito e di Santa Maria Novella.

Danni diffusi interessarono diversi comuni e centri del circondario fiorentino, tra cui: Lastra a Signa, Signa, San Casciano in Val di Pesa, Bagno a Ripoli e Scandicci. Danni leggeri si ebbero in un’area piuttosto ampia, estesa dal Valdarno Superiore (Figline Valdarno, San Giovanni Valdarno, Reggello) a Prato e ai centri della Valle del Bisenzio, da Greve in Chianti e Tavarnelle Val di Pesa fino a Vaglia, da Pontassieve a Vinci.

Il sisma fu seguito da una forte replica in data 6 giugno 1895 che però non causò ulteriori danni o vittime, mentre le scosse di assestamento di intensità decrescente proseguirono fino al giugno 1896.

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41

- 29 Giugno 1919

Figura 21: Area colpita dal terremoto del 29.06.1919

Il terremoto del 29 giugno 1919 del Mugello provocò oltre cento morti, quattrocento feriti e migliaia di senzatetto. La zona dove si ebbero i danni maggiori fu quella nelle immediate vicinanze di Vicchio, comprendente le località di Pilarciano, Villore, Rostolena, Mirandola, Villa, Vitigliano, Rupecanina e Casole; nel capoluogo comunale furono distrutte 700 case su 1500; 500 divennero inagibili e le restanti subirono danni seri. Fu gravemente lesionata anche la casa natale del pittore Giotto nella frazione di Vespignano. Gravi danni si ebbero anche a Borgo San Lorenzo, dove oltre il 75% delle case fu dichiarato inagibile e si ebbe il crollo della Pieve, di un'altra chiesa e danni seri ad altri edifici; a San Godenzo, dove si ebbero danni gravissimi alla chiesa e gran parte delle case inagibili; a Dicomano, dove crollarono la Torre dell'Orologio, diverse case e gran parte delle altre furono gravemente lesionate; si dovette evacuare l'ospedale di Luco del Mugello. Si ebbero danni gravi anche a Firenzuola ed in alcuni comuni del versante romagnolo ma per fortuna non alle persone, dato che la zona era stata già colpita da un terremoto nel novembre precedente e la popolazione viveva ancora in baracche di fortuna. Gli effetti del sisma si sentirono anche a Firenze, dove si ebbero danni minori come cadute di fumaioli, stacco di intonachi ed alcune lesioni di muri; a Prato, dove crollarono alcuni muri ed alcuni edifici furono lesionati ed a Campi Bisenzio, dove fu danneggiata un'antica torre medievale che dovette essere poi abbattuta. Una successiva forte scossa, il 1 Luglio, aggravò ancora di più i danni, in particolar modo colpendo gli edifici già lesionati dalla prima scossa.

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3 INDAGINI CONOSCITIVE DEL CASO DI STUDIO

– SCUOLA MATERNA “GIULIO BECHI” DI FIRENZE

La scuola materna “G. Bechi”, oggetto di questa tesi, è ubicata in Via Pisana, n° 771, a Firenze. Oggi l’edificio fa parte dell’Istituto Comprensivo Piero della Francesca (sede direzionale in Via Bugiardini 25), situato nel quartiere 4 di Firenze. La scuola nel corso degli anni ha subito un cambiamento di destinazione, da primaria a materna. Il Quartiere 4 di Firenze è quartiere innestato sulla via Pisana, statale che collegava e collega Firenze a Pisa, con una struttura di tipo rurale innestata in una modernizzazione che ha avuto un gran sviluppo negli anni 2000 con la creazione di un centro commerciale della Coop modernissimo, di un intero insediamento di case nuove e della linea uno della tramvia che ha cambiato dal 14 febbraio 2010 l’intera viabilità del quartiere. Inoltre è un quartiere ben noto a Firenze in quanto la realtà storica dell’Isolotto, con la vicenda di Don Mazzi, le numerose forme di associazionismo, l’impegno sociale ne hanno fatto una vera e propria “punta di diamante” nell’ambito della società fiorentina. Il quartiere ospita quindi una varietà sociale veramente composita; dagli abitanti storici alle prime ondate di immigrazione dal Sud-Italia, agli abitanti delle case INA note per la loro architettura rispettosa, ai palazzoni popolari di Via dell’Argingrosso, alle ville sulle colline, alle villette medio–alto borghesi della zona di Legnaia e Soffiano, fino al campo nomadi del Poderaccio. Un quartiere fra i più compositi ed eterogenei nell’ambito della stratificazione sociale e nel quale molte sono iniziative di alto livello di tipo socioculturale; ricordiamo in particolare che il contesto sociale in cui sono inserite le scuole del nostro Istituto Comprensivo, offre un tenore di vita complessivamente dignitoso perché correlato ad un adeguato sviluppo economico.

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43 3.1 MATERIALE STORICO REPERITO

La scuola risale alla metà degli anni ’50 (1955-1956), quando non era ancora obbligatorio il deposito presso in Genio Civile (iniziato poi negli anni Settanta); non è stata trovata alcuna documentazione del progetto originario né presso il Genio Civile, né presso l’archivio Comunale del comune di Firenze, né presso l’Archivio di Stato.

Il materiale ricevuto dalla Committenza consiste in tavole estratte dal progetto esecutivo di ristrutturazione ad uso scuola materna dell’ex scuola “Bechi”; ad oggi disponiamo di:

- planimetria generale (1:200);

- planimetria aerofotogrammetrica (1:2000);

- piante interrato, piano terra, piano primo, copertura in formato .dwg, quasi coincidenti con la situazione attuale;

- relazione sull’idoneità statica, redatta dopo alcuni interventi di rinforzo delle travi lignee del sottotetto. Non si conosce l’anno preciso della relazione, ma fa riferimento al D.M. 18/12/75; pertanto sarà successiva.

- relazione, verbale di visita e certificato di collaudo delle opere strutturali per la ristrutturazione della scuola (diventata materna) risalente agli anni 2003/2004. Riguardo gli ultimi interventi di ristrutturazione, che fanno riferimento al progetto depositato n. 103173 del 14/04/2003 e successiva Variante del 12/11/2004, è stato possibile reperire presso il Genio Civile del comune di Firenze:

- piante, prospetti, sezioni dell’intero edificio; - relazione geologica e geotecnica;

- relazione generale tecnico-descrittiva di adeguamento igienico-funzionale ed eliminazione delle barriere architettoniche;

- relazione sui materiali;

- relazione e fascicolo dei calcoli riguardo al progetto di vano ascensore in c.a. indipendente;

- relazione e fascicolo dei calcoli riguardo al progetto di scala esterna in c.a. indipendente;

- verifica sismica delle strutture murarie;

- risultati di prove di laboratorio riguardanti prova a compressione su cubi di calcestruzzo e prova di trazione e piegamento per barre di acciaio da c.a. per fondazione e elevazione di scala e ascensore.

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3.2

INDAGINE STORICA

3.2.1 Condizione originaria

Si riporta di seguito una pianta indicativa della fase iniziale dell’edificio (metà anni ’50). Poiché non è stata trovata alcun tipo di documentazione originaria presso l’archivio storico del Comune di Firenze, la pianta è stata ricostruita facendo riferimento alla tavola di sovrapposizione stato esistente - stato modificato allegata al progetto di ristrutturazione degli anni 2003/2004 depositato al Genio Civile.

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46 3.2.2 Interventi 1986-2003

Le poche informazioni reperite da una relazione sulla idoneità statica fornitoci dalla Committenza ci fanno risalire ad un intervento di consolidamento globale della copertura, consistente nella posa in opera di una serie di travi metalliche. A lato di ognuna delle travi in legno sono state affiancate due NP180, uno a destra e uno a sinistra, che si sostituiscono totalmente alle travi preesistenti nell’azione di sostegno dell’orditura secondaria. Le travi metalliche sono state inoltre collegate fra loro mediante piastre saldate sia inferiormente che superiormente.

La relazione evidenziava una struttura essenzialmente soddisfacente: in particolare l’edificio non presentava fenomeni fessurativi né lesioni, tanto alle strutture orizzontali che verticali. La muratura portante si presentava in buono stato di conservazione; le uniche carenze riguardavano soltanto l’umidità presente nei locali interrati e lungo le murature perimetrali nella parte a diretto contatto con il terreno. In quella sede non sono stati effettuati sondaggi né prove in sito per i seguenti motivi:

- è stato possibile accertare lo stato delle murature portanti verticali attraverso le zone ove era già mancante l’intonaco;

- sarebbe stato necessario eseguire prove distruttive per accertare l’esatta tipologia costruttiva dei solai, nonché il tipo e la qualità di armatura presente.

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