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Capitolo 3 Gli Ultrasuoni

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Academic year: 2021

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Capitolo 3

Gli Ultrasuoni

Con il termine ultrasuoni si definiscono le onde elastiche la cui frequenza `e maggiore del limite superiore di udibilt`a per l’orecchio umano. Il limite pu´o essere approssimativamente fissato, essendo soggettivo e variabile con l’et´a, tra i 16 e i 20 KHz. Per onda elastica si intende un’onda che utilizza un mezzo materiale per propagarsi.

Le principali caratteristiche delle onde elastiche ultrasonore sono le seguen-ti: le onde ultrasonore, avendo una lunghezza d’onda ridotta e quindi una frequenza elevata, si propagano per fasci rettilinei con modalit`a e condizioni similari ai fasci luminosi; l’intensit`a della radiazione ultrasonora `e molto mag-giore che alle frequenze udibili, poich`e l’intensit`a I (W/cm2) `e proporzionale al

quadrato della frequenza.

3.1

Generazione degli echi

La lunghezza d’onda e la frequenza f sono legate dalla seguente equazione, valida per tutte le onde che si propagano in un mezzo

(2)

3.1 Generazione degli echi

dove c rappresenta la velocit`a di propagazione dell’onda ultrasonora nel mez-zo. Nell’imaging ultrasonico la frequenza del fascio ultrasonoro `e selezionata dall’operatore attraverso l’utilizzo di un appropriato trasduttore. Poich´e gli ul-trasuoni si propagano attraverso i vari tessuti che incontrano, la loro frequenza rimarr`a costante, mentre la lunghezza d’onda varier`a in ciascun tessuto a causa del fatto che la velocit`a di propagazione differisce da tessuto a tessuto.

La lunghezza d’onda λ `e il parametro che influenza direttamente la risolu-zione spaziale dell’immagine: in particolare impiegare alte frequenze implica lunghezze d’onda minori e quindi una migliore risoluzione spaziale.

L’intensit´a acustica associata all’onda ´e definita come l’energia che si propa-ga nell’unit`a di superficie del mezzo nell’unit`a di tempo. L’intensit`a ha quindi l’unit`a di misura di una potenza per unit`a di area: in campo medico si usano unit`a di misura non standard (perch´e combinazione dei sistemi MKS e CGS): W/cm2 o mW/cm2.

Conoscendo la velocit`a acustica nei tessuti (circa 1540 m/sec) si possono fare misure di distanza in modo molto semplice: il tempo necessario all’impulso ultrasonoro per viaggiare dal trasmettitore al ricevitore pu`o essere misurato grazie ad una opportuna elettronica e quindi essendo nota la velocit`a acustica nei tessuti molli attraversati dal fascio,si pu`o calcolare la distanza. Usando un unico trasduttore che funzioni come sorgente/ricevitore e che si trovi ad una distanza R dalla superficie riflettente, si pu`o impostare la seguente equazione

R = 1

2c · t (3.2)

II fattore 2 in questa equazione tiene conto del fatto che l’onda ultrasonora prima di essere rivelata ha percorso due volte il percorso trasduttore-riflettore. L’impulso ultrasonoro che incide su una interfaccia di separazione tra due mezzi con differente impedenza acustica dar`a luogo ad echi riflessi le cui intensit`a sono funzione proprio della differenza tra le impedenze acustiche stesse.

La direzione dei raggi riflessi `e governata dalle leggi dell’ottica che stabili-scono che l’angolo di incidenza risulta uguale all’angolo di riflessione (gli angoli

(3)

3.1 Generazione degli echi

di riflessione e di incidenza sono definiti tra la normale alla superficie riflettente e i rispettivi raggi). Cos`ı, quando un fascio ultrasonoro incide obliquamente su una interfaccia,l’eco `e riflesso verso il primo tessuto con lo stesso angolo: perci`o in una apparecchiatura che faccia uso di un unico trasduttore che funzioni come trasmettitore-ricevitore, il fascio, per far si che l’eco sia rivelato, deve incidere lungo la normale all’interfaccia. Si intuisce, allora, come la principale difficolt`a consista proprio nel posizionamento e nell’orientazione del trasduttore.

E’ conveniente definire i coefficienti di riflessione di un’onda acustica in termini di tensione T applicata: questo conduce ad una relazione esattamente equivalente a quella usata nella teoria elettromagnetica. Si definisce impedenza acustica

Z = −T

V (3.3)

Per un’onda piana che si propaga nel verso positivo dell’asse z, che da qui in avanti si denoter`a con il pedice f, si definisce un’impedenza caratteristica Z0

come Z0 = − Tf vf = (ρ0 · c) 1/2 = Va· ρ0

essendo Va la velocit`a acustica dell’onda e ρ0 la densit`a; invece per un’onda

propagantesi nel verso negativo dell’asse l’impedenza `e definita come Z = −Tb

vb

= −Va· ρ0 = −Z0 (3.4)

dove il pedice b indica che l’onda si sta propagando nel verso negativo dell’asse z.

Entrambe le impedenze qui definite hanno le dimensioni di pressione velocit´a = N/m2 m/s = N m3/s = Kg m2· s

(4)

3.1 Generazione degli echi

Figura 3.1: Riflessione e rifrazione all’interfaccia

mezzi con differente impedenza acustica Z01 e Z02 come `e mostrato in fig.3.1,

T e v saranno continue all’interfaccia.

E’ possibile,allora,scrivere le seguenti equazioni: ˆ

T1 = Tf 1· e−jβ1z+ Tb1· ejβ1z

ˆ

v1 = vf 1· e−jβ1z+ vf 1· ejβ1z

(3.5)

dove Tf 1 e Tb1 sono le ampiezze delle onde diretta ed inversa nel mezzo 1 a

sinistra dell’interfaccia ed il simbolo ∧ indica una grandezza variabile lungo z e β `e la costante di propagazione dell’onda.

Si pu`o quindi definire il coefficiente di riflessione Γ come il rapporto tra le ampiezze delle tensioni T rispettivamente inversa e diretta o come Si pu`o quindi definire il coefficiente di riflessione Γ come il rapporto tra le ampiezze delle tensioni T rispettivamente inversa e diretta o come

Γ = Tb1 Tf 1

(3.6)

Perci`o sostituendo le equazioni 3.3 e 1.4, nell’eq. 3.5 si ottiene ˆ T1 = Tf 1 e−jβ1z+ Γ · ejβ1z  ˆ v1 = −Tf 1/Z01· e−jβ1z− Γ · ejβ1z  (3.7)

(5)

3.1 Generazione degli echi

che si propaga nel verso positivo dell’asse. Perci`o si pu`o scrivere ˆ

T2 = Tf 2· e−jβ2z

ˆ

v2 = −Tf 2/Z02· e−jβ1z

(3.8)

Le condizioni al contorno sul piano z = 0 impongono che T e v siano continui: ci`o conduce alla seguente equazione

Γ = Z02− Z01 Z02+ Z01

(3.9) il coefficiente di trasmissione `e invece definito come

ζT = Tf 2 Tf 1 = 1 + Γ = 2Z02 Z02+ Z01 (3.10)

ed il coefficiente di trasmissione per la potenza `e definito come ζP =

Pf 2

Pf 1

= 1 − Γ2 (3.11)

Questo parametro identifica dunque l’ammontare della potenza che viene tra-smessa da un mezzo ad un altro.

E’ qui il caso di sottolineare l’importanza di prevedere un buon accoppia-mento tra i differenti mezzi: come si mostrer`a in seguito, strati a λ/4 possono essere usati per accoppiare due materiali con diverse impedenze acustiche. In-fatti si consideri il caso generale, ma significativo, di uno strato di materiale di impedenza Z0, costante di propagazione β , di spessore l posto in contatto

con un mezzo che presenta una impedenza acustica di carico Zl. Se il secondo

mezzo fosse semi-infinito, Zl sarebbe di fatto l’impedenza del mezzo Zl = Z02.

Dalle eq. 3.4 deriva che, se il carico Zl `e posto all’ascissa z = 0, l’impedenza

di ingresso Zin dello strato di spessore l `e dato da

Zin =

T (−l) v (−l) = Z0

ejβl+ Γe−jβl

(6)

3.1 Generazione degli echi

Sostituendo l’espressione di Γ si ottiene Zin = Z0

Zlcos βl + jZ0sin βl

Z0cos βl + jZlsin βl

(3.13)

Interponendo un terzo strato tra i due,si pu`o modificare l’impedenza di ingresso vista: in particolare se lo strato di accoppiamento `e spesso λ/4 (cio`e βl = π/2)

Zin =

Z02 Zl

(3.14) Si pu`o, quindi, ottenere un buon accoppiamento tra due mezzi con impedenze acustiche decisamente diverse, interponendo uno strato di materiale di spessore opportuno, sebbene sia opportuno ricordare che il perfetto accoppiamento si ha per una sola frequenza.

Se Z01 > Z02 il coefficiente di riflessione `e negativo, cos`ı l’impulso riflesso

ha il segno opposto di quello incidente. In particolare ad una interfaccia con l’aria Z02 = 0, l’impulso totale all’ascissa z = 0 sar`a zero e Γ = −1. Inoltre

considerando l’eq. 3.14, ci si rende conto che essendo la velocit`a associata all’eco riflesso dello stesso segno della velocit`a dell’impulso incidente, la velocit`a totale all’ascissa z = 0 `e raddoppiata all’interfaccia con aria.

Invece, nel caso in cui Z0l < Z02, l’impulso riflesso ha lo stesso segno di

quello incidente, mentre la sua velocit`a ha il segno opposto. Perci`o l’ampiezza dell’impulso all’interfaccia `e pi`u grande di quella dell’onda incidente; infatti, se il secondo strato fosse perfettamente rigido, cio`e con Z02 = ∞ , allora Γ =

1 e l’ampiezza dell’impulso viene raddoppiata nel momento in cui raggiunge l’interfaccia. La tabella 3.1 mostra i valori delle velocit`a e delle impedenze acustiche di alcuni materiali biologici e non. La maggior parte dei tessuti molli ha una velocit`a acustica prossima ad un valore medio di circa 1540 m/sec: in particolare quella dei tessuti grassi `e circa il 6% in meno della velocit`a nei tessuti molli, la quale `e a sua volta decisamente inferiore a quella presentata dall’osso. Anche le impedenze acustiche possono essere suddivise negli stessi tre gruppi dal momento che i tessuti grassi hanno una densit`a di massa minore di quella dei tessuti molli e l’osso ne presenta una ben maggiore di quest’ultima.

(7)

3.2 Attenuazione nei tessuti

materiali velocit`a impedenza acustica (105Rayls) Aria 330 0.0004 Acqua 1480 1.48 Grassi 1450 1.38 Sangue 1570 1.61 Rene 1560 1.62 Tessuti molli 1540 1.63 Fegato 1550 1.65 Muscolo 1580 1.70 Osso 4080 7.80

Tabella 3.1: Velocit`a del suono in vari materiali e loro impedenza acustica

Perci`o in un’ analisi condotta con tecniche ultrasoniche ci si aspettano echi speculari di grossa ampiezza riflessi da interfacce tra tessuti grassi e tessuti molli e tra quest’ultimi e superfici ossee, mentre si otterranno echi di minore ampiezza dalle interfacce tra i vari tessuti molli a causa del maggiore accoppiamento acustico tra di essi. Piccole variazioni dell’impedenza acustica degli organi interni agiscono come riflettori di echi diffusi,che si propagheranno in tutte le direzioni.

E’ qui utile ricordare quanto gi`a sottolineato altrove circa l’importanza di inserire tra la faccia del trasduttore e la pelle del paziente un gel apposito: in-fatti a causa del grosso disaccoppiamento in impedenza acustica all’interfaccia plastica-aria,il coefficiente di riflessione `e praticamente unitario il che significa che ben poca energia lascer`a il trasduttore per penetrare nel paziente.

3.2

Attenuazione nei tessuti

Per attenuazione si intende la perdita di energia associata all’ impulso ultraso-noro quando esso viaggia in un mezzo. Nella propagazione attraverso i tessuti l’onda acustica viene attenuata da tre differenti cause:

(8)

3.2 Attenuazione nei tessuti

• Diffusione • Assorbimento

Dopo essere stata emessa dal trasduttore,l’energia sonora viaggia nei tessuti, confinata nella zona del diagramma direttivo del trasduttore: in un mezzo che non presenti fenomeni di diffusione, n`e di assorbimento, l’energia acustica ri-mane costante. Nel caso in cui il diagramma direttivo diventi pi`u ampio,questa energia si distribuir`a su un’area pi`u estesa e quindi l’intensit`a acustica dimi-nuir`a. Questi cambiamenti di intensit`a o di ampiezza dell’onda di pressione causano delle variazioni, con la profondit`a, nelle ampiezze di echi riflessi da superfici riflettenti uguali.

Quando l’onda ultrasonora attraversa i tessuti le particelle del tessuto stes-so stes-sono coinvolte nel movimento del mezzo: in un mezzo senza asstes-sorbimenti le particelle restituiscono la loro energia vibrazionale cosicch´e la combinazio-ne onda-particelle mantiecombinazio-ne combinazio-nel complesso la propria ecombinazio-nergia. Nei mezzi reali, quali sono i tessuti del corpo umano, le particelle perdono parte della loro ener-gia vibrazionale a causa di effetti di attrito o di altro tipo. Questo fenomeno di perdita di energia `e chiamato assorbimento. Si pu`o ragionevolmente affer-mare che tale energia persa venga trasformata in calore trasferito ai tessuti attraversati dal fascio ultrasonoro.

L’attenuazione degli ultrasuoni che si propagano `e di carattere esponenziale ed `e espressa generalmente nella seguente forma

A = A0e−αx

P = P0e−2αx

(3.15)

dove α `e il coefficiente di attenuazione misurato in cm−2. La componente dell’attenuazione larghezza del fascio non `e esplicitamente inclusa in questa espressione.

Dal momento che la velocit`a di attenuazione `e di tipo esponenziale,`e conve-niente la notazione in decibel: quindi per la propagazione di energia ultrasono-ra attultrasono-raverso un tessuto di spessore noto, l’attenuazione `e data dalle seguenti

(9)

3.2 Attenuazione nei tessuti Attenuazione HVL (a 1M hz) (db/cm a 1M hz) (cm) Aria 12 (f2) 0.25 Acqua 0.002 (f2) 1500 Grassi 0.63 4.76 Sangue 0.18 16.67 Rene 1.0 3.0 Tessuti molli 0.70 4.29 Fegato 0.94 3.19 Muscolo Fibre liscie 1.3 2.31 Fibre striate 3.3 0.91 Osso 15 0.20

Tabella 3.2: Valori tipici del coefficiente di riflessione per alcuni tessuti molli

formule dB = 10 log Pout Pin  (3.16) dB = 10 log Aout Ain  (3.17) dove i pedici out e in si riferiscono alle ampiezze rispettivamente in uscita e in ingresso del tessuto. Uno dei vantaggi principali di esprimere l’attenuazione in decibel `e de ricercarsi nella maggiore facilit`a con cui si possono fare i calcoli matematici necessari, in quanto con questa notazione l’attenuazione risulta approssimativamente proporzionale alla frequenza ultrasonica nella maggior parte dei tessuti molli.

Come valore medio di attenuazione dei tessuti generalmente si considera cir-ca −1dB/(cmM hz). Ci`o significa che un ultrasuono di frequenza 3, 5M hz sar`a attenuato alla velocit`a di 3.5dB per ogni centimetro di propagazione: quindi per un bersaglio posto a distanza R l’onda ultrasonica compir`a un percorso pari a 2/R e perci`o il fascio sar`a attenuato alla velocit`a di 7dB/cm. Per avere una idea di cosa ci`o significhi basti ricordare che −6dB implica una riduzione della met`a del valore iniziale, perci`o un’onda ultrasonica a 3, 5M hz verr`a attenuata

(10)

3.3 Caratteristiche del fascio ultrasonoro

di un fattore maggiore di 2 per ogni centimetro di tessuto. Alcuni valori tipici del coefficiente di riflessione per alcuni tessuti molli sono riportati nella tabella 3.2.

HVL sta per Half value layer, cio`e `e lo spessore del tessuto che deve essere attraversato affinch`e l’intensit`a acustica sia ridotta della met`a; f2, invece,

indi-ca una dipendenza dal quadrato della frequenza dei sopraelenindi-cati coefficienti. I tessuti del corpo umano possono essere divisi in tre gruppi in maniera del tutto simile a quanto visto per la tabella 3.1: i tessuti grassi hanno i pi`u bassi valori del coefficiente di attenuazione, mentre, ad esempio l’osso ne presenta uno decisamente pi`u grande. A causa di ci`o e della sua alta impedenza acustica sar`a ben poca l’energia ultrasonica trasmessa attraverso le ossa. E’ opportu-no ricordare che, ogni qualvolta si presenti una interfaccia tra due mezzi con differente velocit`a acustica, il raggio trasmesso subir`a un cambiamento di dire-zione quando attraversa la suddetta interfaccia. Questo fenomeno `e noto come rifrazione ed `e governato dalla seguente Legge di Snell:

sin θ1

sin θ2

= c1 c2

gli angoli θ1 e θ2 sono definiti tra la normale all’interfaccia e le direzioni,

ri-spettivamente, dei raggi incidenti e trasmessi. Perci`o non ci sar`a rifrazione del raggio ultrasonoro solo se esso incider`a normalmente all’interfaccia.

3.3

Caratteristiche del fascio ultrasonoro

La forma del fascio ultrasonoro emesso da un trasduttore `e un parametro che riveste particolare importanza per l’analisi delle immagini ottenute con tecniche ultrasoniche.

L’elemento trasduttore di pi`u comune impiego `e un cilindro a base circolare su cui `e stato montato un disco di materiale piezoelettrico risonante. Per una eccitazione ad onda continua (CW) il fascio ultrasonoro generato da un tale trasduttore non focalizzato `e costituito da due zone: la zona di campo vicino

(11)

3.3 Caratteristiche del fascio ultrasonoro

Figura 3.2: Forma del fascio di un trasduttore cilindrico

o regione di Fresnel e la regione di campo lontano o regione di Fraunhofer. Nella prima, dove il fascio pu`o essere considerato parallelo alla faccia del trasduttore,esso `e altamente collimato e c’`e una marcata variazione di intensit`a tra due fronti d’onda diversi. Qui effetti di diffrazione dovuti alle dimensioni finite del trasduttore causano effetti di interferenza spaziale che si manifestano nel fatto che l’intensit`a dell’onda di pressione risulta variare con la profondit`a. Nella regione pi`u lontana dal trasduttore il fascio diverge e le variazioni tra i massimi e i minimi dei fronti d’onda sono minori. In questa regione il trasdut-tore `e sufficientemente lontano da poter essere ragionevolmente approssimato con una sorgente puntuale: l’intensit`a dell’onda di pressione `e spazialmen-te uniforme e diminuisce secondo una legge quadratica inversa all’aumentare della distanza dal traduttore stesso.

Una analisi accurata della forma del fascio ultrasonoro irradiato da un tra-sduttore piano circolare `e particolarmente complessa, ma facendo alcune sem-plici approssimazioni geometriche `e possibile ottenere una descrizione sufficien-temente precisa delle zone di campo vicino e lontano. La regione di Fresnel pu`o essere approssimata come un cilindro a base circolare il cui diametro `e dato dal diametro del disco piezoelettrico e la cui profondit`a x nel mezzo di

(12)

3.3 Caratteristiche del fascio ultrasonoro

trasmissione `e data da x = r

2

λ (3.18)

dove r `e il raggio dell’ elemento trasducente e λ la lunghezza d’onda nel mezzo di propagazione. La regione di campo lontana pu`o essere considerata come un cono a base circolare il cui vertice `e posto al centro della faccia del trasduttore. L’angolo di divergenza del cono `e dato da

sin θ = 0.61λ

r (3.19)

Per un traduttore di diametro costante, quando aumenta la frequenza, di-minuisce la lunghezza d’onda e quindi didi-minuisce la profondit`a della regione di Fresnel: l’angolo di divergenza diminuisce anch’esso all’aumentare della fre-quenza, cosicch`e il fascio non focalizzato diviene pi`u uniforme in profondit`a. La diminuzione della frequenza, invece, implica la riduzione della lunghezza della zona di campo vicino e dell’angolo di divergenza producendo cos`ı un fascio pi`u ampio.

L’ampiezza del fascio dipende dalla geometria del trasduttore tramite il raggio r dell’elemento attivo: in particolare un aumento di r comporta un aumento di x e una diminuzione dell’ angolo di divergenza. Il risultato com-plessivo dell’ingrandimento della regione di Fresnel e della riduzione di `e un effettivo restringimento del fascio. Questo `e importante quando le strutture che interessano la diagnosi si trovano ad una certa profondit`a nel corpo: in tale caso ci sar`a una minore divergenza del fascio e le strutture poste pi`u in profondit`a potranno essere viste con maggior dettaglio. La scelta del diametro dell’elemento attivo deve avvenire in base alle seguenti due considerazioni:

1. le caratteristiche della regione esterna del corpo su cui deve essere piaz-zato il trasduttore

(13)

3.4 Risoluzione del fascio ultrasonico

Regioni diverse del corpo richiedono l’uso di diversi diametri: superfici di forma irregolare,come ad esempio la gola,possono richiedere un piccolo diame-tro per mantenere un adeguato contatto con il paziente. Ecografie in pediatria possono necessitare invece di diametri ridotti rispetto a diagnosi su pazienti adulti dovuti, ad esempio, a pi`u piccoli spazi intercostali.

Per la scelta del corretto diametro dell’elemento attivo e per una qualit`a di immagine migliore possibile, bisogna tenere in considerazione anche lo spessore del tessuto bersaglio. Strutture superficiali come la tiroide richiederanno un fascio il pi`u stretto possibile e quindi si utilizzano trasduttori con raggi di circa 3mm sfruttando il fatto che l’aumento del campo lontano `e di irrilevanti conseguenze per esami superficiali.

3.4

Risoluzione del fascio ultrasonico

La risoluzione `e una misura della capacit`a di distinguere come separati due oggetti che sono molto vicini tra di loro. Da un punto di vista clinico questo si traduce, per esempio, nell’identificare delle piccole lesioni su uno sfondo di echi tutti simili in ampiezza tra di loro.

Per un traduttore esistono tre diversi tipi di risoluzione:

1. RISOLUZIONE AZIMUTALE (in direzione dell’angolo di scansione) 2. RISOLUZIONE LATERALE (perpendicolare all’asse di scansione) 3. RISOLUZIONE ASSIALE (parallela all’asse del fascio ultrasonico)

La risoluzione assiale `e uno dei parametri che maggiormente influenzano la qualit`a dell’ immagine diagnostica. Si pu`o definire come la capacit`a di distinguere strutture riflettenti vicine tra di loro che giacciono in piani diversi ma paralleli alla faccia del trasduttore.

La fig.3.3 mostra il principio della risoluzione assiale: in essa si `e esempli-ficato un raggio ultrasonico che passa attraverso due strutture parallele alla faccia del trasduttore e che viene da queste riflesso (ad esempio le pareti di

(14)

3.4 Risoluzione del fascio ultrasonico

Figura 3.3: risoluzione assiale in un sisteme di rappresentazione A-Mode

un vaso sanguigno). La figura di mezzo rappresenta un display funzionante in A-Mode, di un sistema capace di visualizzare la riflessione di due strutture separate (che sono appunto i due picchi ben evidenti sulla traccia). La linea inferiore rappresenta un sistema la cui risoluzione assiale `e insufficiente a risol-vere la riflessione di due strutture separate. In questo modo i due picchi della visualizzazione A-Mode tendono a fondersi in unico picco pi`u largo.

I fattori che contribuiscono alla capacit`a di risoluzione assiale di un sistema ad immagini ultrasoniche sono la natura degli strumenti di trasmissione e di ri-cezione degli impulsi di ’elaborazione dei segnali e soprattutto le caratteristiche del trasduttore: in particolare essa `e influenzata dalla durata x dell’impulso e dalla frequenza del segnale. Verrano ora definiti i loro effetti sulla qualit`a dell’immagine.

Il materiale piezoelettrico deve essere eccitato da un impulso elettrico di breve durata che lo fa vibrare: queste vibrazioni devono smorzarsi velocemente perch´e fino a che il cristallo vibra non `e in grado di ricevere gli echi di ritorno provenienti dalle varie superfici riflettenti.

(15)

3.4 Risoluzione del fascio ultrasonico

quanti semiperiodi sono necessari affinch`e l’oscillazione del materiale piezoe-lettrico si smorzi del 10% (−20db) del valore di ampiezza massima picco-picco. Si aggiunge un semiperiodo e si divide per due. Questa grandezza `e utile per determinare la lunghezza equivalente o lunghezza spaziale dell’impulso che `e la distanza minima che il fascio ultrasonoro riesce a risolvere. In altre parole noto tale tempo e la velocit`a acustica nel mezzo in esame si ottiene la lunghezza spaziale y : ci`o significa che i primi ymm di tessuto non possono essere rilevati e, cosa ancor pi`u importante, nessuna struttura riflettente separata di meno di ymm pu`o essere visualizzata, quale che sia la sua profondit`a. E’ quindi evi-dente come sia vantaggioso smorzare le oscillazioni del materiale piezoelettrico il pi`u velocemente possibile. In pratica il grado di smorzamento `e un com-promesso tra il limitare il valore emesso per migliorare la risoluzione assiale e il permettere al polimero di emettere abbastanza a lungo per generare una energia sufficiente a produrre echi di ampiezza rilevabile dallo strumento.

Il secondo parametro del trasduttore che influenza la risoluzione assiale `e la frequenza propria dell’impulso ultrasonoro. Tenendo costanti gli altri parametri e aumentando la frequenza, la risoluzione assiale migliorer`a: ci sar`a inoltre una minore divergenza del fascio il che comporta anche un aumento della risoluzione laterale.

Aumentare la frequenza, per`o,comporta alcuni incovenienti: il migliora-mento della risoluzione assiale e la riduzione della divergenza del fascio sono bilanciati da una diminuita capacit`a di penetrazione del raggio. Questo `e do-vuto al fatto.gi`a sottolineato in precedenza, che pi`u `e alta la frequenza tanta maggiore sar`a l’attenuazione da parte del tessuto sotto diagnosi. Quindi le alte frequenze nuglioreranno l’alta definizione dell’immagine laddove la penetrazio-ne risulta essere di secondaria importanza (per esempio per esami sulla tiroide, seno, vasi superficiali...etc). Frequenze pi`u basse danno, quindi immagini meno definite, ma risultano di grande utilit`a per il rilevamento di dati clinici reletivi a tessuti posti pi`u in profondit`a.

La risoluzione laterale pu`o essere definita come la capacit`a di distinguere due strutture riflettenti vicine,giacenti su piani perpendicolari alla faccia del

(16)

3.5 Focalizzazione del fascio

trasduttore. Essa `e governata dalla larghezza del fascio alla profondit`a del bersaglio ed `e una conseguenza del movimento di scansione del raggio ultraso-nico. La risoluzione assiale `e di difficile quantizzazione a causa della incertezza sulla posizione laterale dei bersagli nel fascio. Quando si genera un’immagine ultrasonica `e necessario fare alcune ipotesi:

1. tutti i tessuti hanno la stessa velocit`a acustica (1540m/sec); 2. l’impulso ultrasonoro viaggia secondo una linea retta;

3. tutti i bersagli rivelati si trovano sull’asse centrale del fascio ultrasonico. Si possono ottenere immagini sfocate o mancate registrazioni del bersaglio quando la terza ipotesi non `e verificata. Quando un riflettore si trova all’in-terno del fascio ultrasonico esso riflette un eco, ma la sua posizione orizzontale `

e assunta essere sempre al centro del raggio. Cos`ı un singolo riflettore nel mezzo sar`a rappresentato come un rettangolo orizzontale nell’immagine, la cui dimensione verticale `e governata dalla posizione lungo l’asse ed `e un indicatore della lunghezza dell’impulso a quella profondit`a. La dimensione orizzontale del rettangolo dipende, invece, dalla posizione laterale ed `e un indicatore della larghezza del fascio a quella particolare profondit`a. Se due punti sono distan-ti meno della larghezza del fascio alla profondit`a a cui essi si trovano, allora le loro immagini risulteranno sovrapposte e non potranno essere identificate nell’immagine.

La risoluzione laterale migliora con l’aumentare della frequenza poich´e per frequenze pi`u grandi il trasduttore presenta un fascio pi`u stretto.

Infine la risoluzione azimutale `e controllata, in un phased array, dal ritardo applicato ad ogni singolo cristallo emittente.

3.5

Focalizzazione del fascio

Per migliorare le prestazioni delle apparecchiature ecografiche si ricorre alla tecnica della focalizzazione del fascio ultrasonoro. Questo pu`o essere ottenuto

(17)

3.5 Focalizzazione del fascio

Figura 3.4: Focalizzazione mediante lente acustica

sostanzialmente con due tecniche differenti. La prima consiste nel porre da-vanti al trasduttore una lente acustica. Aumentando il grado di concavit`a di questa, lente il fascio ultrasonoro si restringe progressivamente, convogliando-si in una zona, detta zona focale, posta ad una distanza predeterminata dal trasduttore. In tal modo nella zona focale, aumenta l’intensit`a del fascio, cos`ı da incrementare l’ampiezza degli echi riflessi, dalle strutture in essa presenti. Il volume focale pu`o essere approssimato con un ellissoide centrato ad una di-stanza F dal trasduttore: ’intensit`a `e ridotta di 3dB dal suo valor massimo sul piano x-y (asse x perpendicolare al foglio) su una circonferenza il cui diametro D `e dato da

D = Dy = Dx ≈ Ktλ ·

F

2a (3.20)

dove Kt`e un parametro dimensionale che dipende dall’angolo ψ.

La lunghezza del volume focale `e data da

Dz = Ka· Dy (3.21)

dove Ka `e un altro parametro adimensionale dipendente anch’esso da ψ.

Un aspetto importante da sottolineare `e che la risoluzione azimutale e as-siale sono migliorate nella zona di campo vicino dalla focalizzazione, ma solo

(18)

3.5 Focalizzazione del fascio

Figura 3.5: Focalizzazione elettronica

su una limitata profondit`a del campo stesso.

Questo primo metodo, non consente, quindi, di variare la profondit`a a cui `

e posta la zona focale; inoltre la direzione del fronte d’onda pu`o essere variata soltanto variando l’orientazione del trasduttore stesso, pertanto in ecografia il metodo pi`u usato `e quello della focalizzazione elettronica.

Questa seconda tecnica consiste nel realizzare un trasduttore composto da pi`u elementi piezoelettrici che vengono eccitati singolarmente in tempi diversi, in questo modo si determinano molti fronti d’onda sfasati di una certa quantit`a temporale, che per i noti fenomeni di interferenza creano un fronte d’onda che pu`o essere modellato in qualsiasi forma mediante i la modulazione dei tempi di ritardo con cui i vari cristalli vengono eccitati. Questa tecnica oltre che a permettere un’orientamento variabile consente di scegliere la distanza focale.

Risulta quindi evidente come questo secondo metodo di focalizzazione risulti molto vantaggioso nelle applicazioni ecocardiografiche.

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3.6 Effetti biologici degli ultrasuoni

3.6

Effetti biologici degli ultrasuoni

Le caratteristiche fisiche del mezzo attraversato dal fascio ultrasonoro possono essere esemplificate in elasticit`a ed inerzia. La prima propriet`a permette al mezzo di riprendere le condizioni iniziali dopo ogni compressione e rarefazio-ne prodotte dagli impulsi ultrasonori; la seconda dipende dal fatto che ogni punto costituente il mezzo `e dotato di una massa che si oppone all’oscillazione armonica.

Le principali caratteristiche delle onde vibrazionali che si trasmettono nei corpi elastici sono rappresentate dallo spostamento delle molecole, dalla loro posizione di equilibrio, dal periodo o tempo necessario affinch`e ogni molecola compia un ciclo oscillatorio completo, dalla frequenza o numero di oscillazioni nell’unit`a di tempo, dalla lunghezza d’onda e dalla velocit`a di propagazione del-la perturbazione indotta. Tali caratteristiche dipendono daldel-la densit`a del mezzo attraversato, dalla temperatura, dall’energia dell’onda sonora (ossia la potenza del segnale acustico nell’unit`a di tempo espressa in Watt x secondo) e dall’im-pedenza acustica (cio`e la resistenza che il mezzo oppone alla propagazione dell’ onda acustica che lo attraversa).

Il continuo sviluppo tecnologico e la sempre pi`u ampia applicazione degli ultrasuoni nella diagnostica clinica ha posto il problema di verificare i possibili effetti nocivi che tale indagine pu`o causare sulle strutture del corpo umano. In modo particolare l’interesse si `e concentrato sull’azione che gli ultrasuo-ni provocano sui tessuti a rapido ciclo vitale e sui possibili danultrasuo-ni genetici e cromosomici.

L’espressione usata dai radiobiologi per descrivere la maniera in cui una radiazione produce effetti biologici `e detta meccanismo d’azione. Per gli ultra-suoni i meccanismi d’azione sono di tre tipi:

1. rialzo termico; 2. cavitazione;

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3.6 Effetti biologici degli ultrasuoni

Rialzo termico: l’irradiazione con ultrasuoni pu`o elevare la temperatura attraverso agitazioni molecolari e processi di rilassamento, ma sono necessari valori di potenza molto alti perch´e il rialzo termico prodotto nei tessuti sia rilevabile. Localmente il rialzo termico pu`o provocare alterazioni strutturali delle macromolecole e delle membrane; inoltre il calore modifica la cinetica delle reazioni chimiche.

Cavitazione: anche in assenza di rialzi termici si possono produrre del-le alterazioni strutturali neldel-le macromodel-lecodel-le o neldel-le celludel-le per effetto degli ultrasuoni. Tali alterazioni sono associate spesso a cavitazione: quando una sospensione acquosa, quale un tessuto biologico, viene esposta ad ultrasuoni se le forze di rilassamento superano certi valorosi possono formare microbolle di gas; continuando l’assorbimento di energia ultrasonica, si pu`o arrivare alla rottura di legami molecolari e alla produzione di radicali liberi H+ e OH− generati dalla dissociazione di vapor d’acqua.

Sollecitazioni viscose (streaming): quando il fascio ultrasonico agisce su una interfaccia tra due tessutisi crea una differenza di pressione sui due lati dell’in-terfaccia. Le differenze in viscosit`a determinano una forza, detta sforzo viscoso, che si esercita nella regione di confine. Negli strati cellulari prossimi a questa regione si producono dei micromovimenti fluidi, chiamati anche microcorrenti che possono persino rompere membrane e cellule.

Se l’intensit`a del fascio ultrasonico `e sufficientemente alta si possono ve-rificare quindi molti effetti biologici tra i quali la rottura di legami chimici, degradazione di macromolecole, aberrazione cromosomica. Per osservare tali effetti occorre che le intensit`a ultrasoniche superino i 10W/cm2 e siano erogate

per periodi di tempo considerevolmente lunghi.

I soli effetti di rilievo che possono essere misurati sono quelli dovuti a radia-zioni ultrasoniche in utero. Tutte le informaradia-zioni disponibili in proposito sono state raccolte su animali, con intensit`a superiori a quelle usate in diagnostica medica. L’irradiazione in utero nelle prime settimane di gravidanza, quando `e pi`u spiccata l’organogenesi, induce alti effetti nocivie anomalie congenite. Non si ha per`o alcuna osservazione di effetti simili sull’uomo e non vi `e neppure

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3.6 Effetti biologici degli ultrasuoni

evidenza di forme tumorali latenti indotte dagli ultrasuoni.

La diagnostica ultrasonica comporta infatti intensit`a del fascio variabili nel range 1÷100mW/cm2. La dose minima assoluta riferita alla comparsa di effetti

in campioni sperimentali `e di 100mW/cm2.

Le esperienze condotte in questi ultimi anni, comunque,hanno dimostrato che l’effetto biologico dell’ultrasuono `e legato soprattutto alla durata dell’emis-sione dell’impulso, alla frequenza, al carattere continuo o pulsato dello stesso e naturalmente alle propriet`a fisiche tissutali. Si `e notato, ad esempio, che l’ef-fetto nocivo non aumenta pi`u a partire da un certo livello di frequenza, ma che a parit`a di potenza di emissione, le frequenze pi`u elevate hanno effetti negativi minori rispetto alle basse frequenze. Inoltre, in condizioni sperimentali, si `e dimostrato che a parit`a di tempo di esposizione, l’emissione continua risulta essere pi`u dannosa di quella pulsata.

Figura

Figura 3.1: Riflessione e rifrazione all’interfaccia
Tabella 3.1: Velocit` a del suono in vari materiali e loro impedenza acustica
Tabella 3.2: Valori tipici del coefficiente di riflessione per alcuni tessuti molli
Figura 3.2: Forma del fascio di un trasduttore cilindrico
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