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Retromarcia inattesa Resta il tetto del 20% sui nuovi contratti a termine

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@bollettinoADAPT, 12 dicembre 2014

Retromarcia inattesa

Resta il tetto del 20% sui nuovi contratti

a termine

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di Giovanna Carosielli

Tag: #jobsact #lavoroatermine #contrattazioneaziendale

In base a quanto annunciato dal governo, nei decreti attuativi del Jobs Act il contratto a tutele

crescenti, l’apprendistato e il contratto a termine saranno le principali vie d’ingresso al lavoro

subordinato.

Dei tre, il rapporto a termine è già stato ritoccato dal decreto Poletti nel marzo 2014, con l’introduzione del limite legale del 20% per poter ricorrere ai contratti a tempo determinato ed obbligo datoriale di adeguarvisi entro l’anno, pena l’impossibilità di stipularne di nuovi a partire dal 1° gennaio 2015.

Sulla questione è anche intervenuto di recente il Ministero del lavoro con l’interpello n. 30, in

risposta al quesito sulla derogabilità del tetto legale del 20% da parte della contrattazione aziendale di cui all’art. 8 della legge 148/2011. Tale norma, infatti, riconosce la derogabilità della disciplina sul rapporto di lavoro a termine prevista dalla legge o dalla contrattazione collettiva, mediante la sottoscrizione di intese volte alla «maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all’adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all’avvio di nuove attività». A patto tuttavia che vengano rispettati la Costituzione e i vincoli nascenti dalle normative comunitarie e le convenzioni internazionali sul lavoro.

La posizione ministeriale è stata netta nel circoscrivere l’ambito applicativo della facoltà di deroga: poiché secondo il diritto dell’Unione europea il contratto a tempo indeterminato è la forma

comune dei rapporti di lavoro, visto il limite esterno imposto dal contesto giuridico internazionale alla contrattazione di prossimità, il suo raggio di azione può tradursi in una diversa modulazione del limite quantitativo legale, non in una sua rimozione. L’introduzione del tetto del 20% da parte del decreto Poletti costituiva del resto il bilanciamento alla misura di rimozione dell’obbligo di giustificazione dell’assunzione a termine con ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, concretando una norma equivalente a quelle indicate nell’accordo quadro europeo trasfuso nella direttiva comunitaria disciplinante la materia che gli Stati erano invitati ad adottare per reprimere eventuali abusi della tipologia negoziale. Ciò anche considerato che l’eliminazione negoziale del tetto del 20% potrebbe non trovare compensazione nella previsione della durata

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massima dei rapporti a tempo determinato (pari a 36 mesi), che, come noto, è modificabile dalla contrattazione collettiva anche aziendale.

La risposta all’interpello, pur se ispirata dal condivisibile intento di confermare l’impostazione comunitaria sulla natura eccezionale del rapporto di lavoro a termine rispetto al normale contratto a tempo indeterminato, presta il fianco ad almeno due obiezioni: la prima concerne la possibilità che sia la stessa contrattazione aziendale a introdurre misure compensative all’eventuale rimozione della clausola di contingentamento del 20%. Nella contrattazione aziendale sono diffusi accordi che, ad esempio, reintroducono l’obbligo della causale, o che abbassano il limite temporale dei 36 mesi. La seconda obiezione riguarda l’omessa precisazione, nella risposta all’interpello, del merito del limite quantitativo, che rende astrattamente configurabile un innalzamento del tetto, addirittura fino al limite del 99%, con l’inevitabile, quanto paradossale, conseguenza di generare uno scenario formalmente rispettoso dei requisiti comunitari ma, nella sostanza, svuotato di significato.

Per evitare un esito di certo non voluto dal dicastero di via Veneto, sarebbe stato quindi preferibile dirimere il dubbio interpretativo valorizzando la ratio di fondo dell’accordo quadro e della direttiva, senza tuttavia imbattersi nella selva dei diversi, e perfino variabili, adattamenti normativi di tali precetti da parte dei singoli Stati.

Giovanna Carosielli

Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo

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