• Non ci sono risultati.

Il nocciolo del decreto-legge 34 è, invece, individuabile negli interventi sui contratti di lavoro a termine e sull’apprendistato

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Il nocciolo del decreto-legge 34 è, invece, individuabile negli interventi sui contratti di lavoro a termine e sull’apprendistato"

Copied!
9
0
0

Testo completo

(1)

Analisi del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34

Disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell’occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese

Considerazioni

Il decreto-legge 34 si inserisce nella logica già praticata anche nel recente passato, in base

alla quale l’occupazione si crea attraverso un intervento regolatorio sugli strumenti contrattuali.

Come più volte ribadito, però, il lavoro si genera, in primo luogo, attraverso politiche di investimento nei settori produttivi e nel sistema infrastrutturale, comprese quelle immateriali, cosa che chiaramente manca in questo provvedimento che si limita, sotto questo profilo alla semplificazione nell’accesso da parte delle imprese al Documento unico di regolarità contributiva e all’innalzamento del limite di spesa a 15 milioni di euro per i contratti di solidarietà.

Il nocciolo del decreto-legge 34 è, invece, individuabile negli interventi sui contratti di lavoro a termine e sull’apprendistato.

In entrambi i casi, il decreto-legge opera una pericolosa deregulation che può provocare rischi ed effetti negativi al di là dell’obiettivo di facilitare l’occupazione, in particolare dei giovani;

forse aumenterà il numero degli occupati, però, tali posti di lavoro saranno sicuramente più precari e con scarse prospettive per il futuro.

Nello specifico del contratto di lavoro a termine (articolo 1 del decreto-legge 34), l’acausalità, cioè a dire la non indicazione della causale per la quale il datore di lavoro ricorre ad un contratto di lavoro a termine, in luogo di un contratto di lavoro a tempo indeterminato, già prevista dalla legge 92/2012 per dodici mesi viene estesa a 36 mesi, di fatto la durata massima dello stesso contratto di lavoro a tempo determinato.

Ciò allunga nei fatti il periodo di prova, fissato dai contratti collettivi di lavoro sulla base della normativa di legge (art. 2096 del Codice civile ed articolo 10 della legge 604/1966), con una doppia conseguenza: rispetto al singolo, che si vede ridurre le tutele; rispetto alle organizzazioni sindacali, il cui ruolo di agente trattante viene bypassato.

Lo stesso avviene anche nella individuazione del numero complessivo di rapporti di lavoro a tempo determinato, fissato dallo stesso decreto-legge 34 nel 20% dell’organico.

Il superamento della contrattazione collettiva – in particolare di quella aziendale – rischia di creare un forte disagio nelle aziende, mentre, soprattutto in un momento di grave crisi, sarebbe utile improntare le relazioni industriali a schemi maggiormente partecipativi e di condivisione degli obiettivi strategici.

(2)

Qualche riflessione anche sulla modifica all’articolo 4 del decreto legislativo 368/2001, per effetto della quale le proroghe ammesse sono ora otto; in precedenza, era ammessa una sola proroga.

Non ci nascondiamo che l’allungamento della durata complessiva dei contratti a termine e l’aumento del numero delle possibili proroghe risponde anche all’esigenza di favorire forme di continuità lavorativa e nel rapporto fra lavoratori ed aziende. Ma, oggettivamente otto proroghe, soprattutto in assenza di causale, appaiono troppe e contrastano con il condivisibile obiettivo di aiutare sia l’inserimento, sia la continuità lavorativa ed il consolidamento professionale. Poiché, però, l’obiettivo è quello di garantire il posto di lavoro si potrebbe recuperare, almeno in questo momento, il confronto con le organizzazioni sindacali, stabilendo comunque un tetto massimo di proroghe inferiore.

È altresì utile rafforzare il principio del diritto di precedenza in caso di assunzioni a tempo indeterminato, già contenuto ai commi 4-quater, 4-quinquies e 4-sexies dell’articolo 5 del decreto legislativo 368/2001; nello specifico, si dovrebbe: estendere da dodici a ventiquattro mesi il periodo in cui vige il diritto di precedenza; introdurre una sanzione a carico del datore di lavoro in caso di mancato rispetto di tale norma; prevedere una iscrizione d’ufficio, senza obbligo di comunicazione al datore di lavoro.

L’articolo 2 del decreto-legge 34/2014 interviene invece sul contratto di apprendistato che dovrebbe rappresentare per i giovani il canale di ingresso privilegiato nel mondo del lavoro, coniugando la formazione con il lavoro.

Le modifiche introdotte, però, marginalizzano fortemente uno dei due pilastri fondanti il contratto di apprendistato: la formazione.

Il piano formativo individuale è decisivo per il giovane – in quanto al termine del periodo di apprendistato consegue la qualifica professionale, imparando un mestiere –, ma anche per l’impresa che sul giovane investe risorse e personale dedicato per l’attività di tutoraggio. Non si capisce quale vantaggio possa produrre per l’impresa, il lavoratore e lo stesso strumento dell’apprendistato. Anzi il rischio, reale e grave, è che la finalità formativa del contratto (ornamentale per l’apprendista e per l’impresa) non venga proprio tenuta in conto né all’inizio né durante il rapporto di lavoro.

Rischio senza dubbio maggiore nelle aziende meno strutturate (le “botteghe” artigiane ed i servizi, dove nasce di fatto l’apprendistato), che in realtà hanno un peso e un ruolo decisivo per lo sviluppo sia di questo strumento sia dell’occupazione.

(3)

Le stesse attività di controllo saranno rese più incerte ed aleatorie in assenza di riscontri formali e documentali: e l’incertezza è un problema non da poco per le aziende.

Inoltre, sempre l’articolo 2 abroga i riferimenti alle forme e alle modalità di conferma in servizio (articolo 2, comma 1, lettera i, del decreto legislativo 167/2011) e, soprattutto, l’obbligo di conferma in servizio di almeno il 50 percento degli apprendisti nell’arco di un tempo considerato (36 mesi precedenti a regime; nella fase transitoria, fino al 18 luglio 2015, l’obbligo è fissato al 30 percento) per poter procedere alla attivazione di nuovi contratti di apprendistato. La comprensibile esigenza di flessibilità rischia però di innescare un turn over dei contratti, senza meccanismi di facilitazione di processi di stabilizzazione degli apprendisti già occupati ed in un contesto di oggettiva riduzione delle garanzie sul reale contenuto formativo del contratto.

Anche in questo caso il ruolo della bilateralità, della contrattazione, nazionale ed aziendale, può invece favorire i processi di valorizzazione dell’apprendistato. Ma ancora una volta, nel decreto legge, le parti sociali scompaiono. E con questa scelta scompare la flessibilità concordata, pensata, individualizzata.

Le due disposizioni della lettera a) – quella sulla formazione e l’altra sull’obbligo di conferma in servizio – riducono l’apprendistato ad un mero abbattimento del costo del lavoro per il datore di lavoro che non avrà più alcun interesse ad investire sul giovane, il quale, passati tre anni o superata l’età massima prevista dalla legge, si ritroverà con ogni probabilità nuovamente disoccupato, senza peraltro aver rafforzato le proprie competenze.

L’abbattimento del costo del lavoro, che pure rappresenta un obiettivo condiviso, non può avvenire in maniera surrettizia e a danno di lavoratori giovani già pagati meno rispetto ai colleghi più anziani e con aliquote contributive molto ridotte o, addirittura, nulle (è il caso dei contratti di apprendistato stipulati fra il 2012 e il 2016 da datori di lavoro che occupano fino a nove addetti), ma deve piuttosto poggiare su basi solide, su risorse certe e sul coinvolgimento dell’intera platea del lavoro dipendente.

La previsione contenuta alla lettera b) del comma 1 del medesimo articolo 2 sull’apprendistato (il quantum della retribuzione in rapporto alla formazione riconosciuta in caso di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale) rischia di produrre degli squilibri nelle singole regioni, in ragione del fatto che le ore di formazione non sono le stesse ovunque.

La successiva lettera c), che ha reso facoltativa la formazione pubblica, pone l’Italia a rischio sanzione da parte dell’Unione europea, per la quale proprio la formazione pubblica è l’elemento caratterizzante del contratto di apprendistato in un momento in cui, peraltro, è in fase di

(4)

lancio la Garanzia per i giovani, sulla quale si sta investendo molto in termini economici e di prospettiva occupazionale.

Come già evidenziato, contestualmente scompare l’obbligo di forma scritta del piano formativo. Quindi, la formazione di base e trasversale potrebbe non essere svolta (almeno questa appare essere l’interpretazione più aderente al nuovo testo) e quella tecnica-professionale può essere effettuata senza alcun riscontro con un impegno formale e scritto.

Ancora una considerazione sulla formazione di base e trasversale. È indubbio che i modelli regionali sono fra loro spesso molto ed impropriamente differenziati, presentano difficoltà di accesso e, non di rado, una logica iperprotettiva rispetto alle strutture di formazione esistenti. Ma l’esigenza di assicurare agli apprendisti una formazione comprensiva di competenze di base e di competenze trasversali (non necessariamente di livello basico, anzi: un corso di Business english o di Wirtschaft deutsch fornisce competenze trasversali ed alte) è assolutamente da garantire e rappresenta una forma di spendibilità delle competenze acquisite anche una volta concluso il contratto, malauguratamente senza conferma in servizio.

Consentiamo quindi alle aziende di effettuare liberamente questa formazione, in accordo con l’apprendista e le organizzazioni sindacali, anche al di fuori di eventuali pastoie pubbliche regionali, ma non eliminiamo di fatto questa importante opportunità.

Rispetto all’articolo 3 (elenco anagrafico dei lavoratori) non vi sono particolari osservazioni da formulare, in quanto si tratta di misure che non producono costi aggiuntivi o aggravi né per i lavoratori né per il sistema delle imprese.

Anche sull’articolo 4 il giudizio è sostanzialmente positivo, poiché si realizza una efficace semplificazione burocratica con la smaterializzazione del Documento unico di regolarità contributiva (Durc).

Infine, per quanto attiene all’articolo 5, occorre valutare con attenzione la congruità dell’innalzamento del limite di spesa per i contratti di solidarietà che passa da 5,16 milioni di euro a 15 milioni di euro a decorrere dal 2014. Alla luce del crescente ricorso ai contratti di solidarietà – che si stanno dimostrando un efficace strumento di gestione della crisi congiunturale senza ricorso ad esuberi – appare utile innalzare tale limite.

In conclusione e rimandando per una analisi dettagliata del testo all’allegato al presente documento, il giudizio complessivo sul decreto-legge 34/2014 non può che essere negativo per tutte le ragioni esposte, in particolare sui contratti a termine e sull’apprendistato.

(5)

Analisi del testo

Articolo Contenuto Osservazioni

Capo I – Disposizioni in materia di lavoro a termine e di apprendistato

1

Semplificazione delle disposizioni i n m a t e r i a d i contratto di lavoro a termine

L’articolo 1 apporta le seguenti modifiche al decreto legislativo 368/2011:

All’articolo 1, comma 1, in luogo della apposizione della causale (ragioni di carattere t e c n i c o , p r o d u t t i v o , organizzativo o sostitutivo) si prevede la possibilità per il d a t o r e d i l a v o r o ( o utilizzatore) di assumere un l a v o r a t o r e a t e m p o d e t e r m i n a t o o i n somministrazione per un periodo non superiore a 36 mesi, comprensivi di eventuali proroghe per un massimo del 2 0 % d e l l ’ o r g a n i c o complessivo (un solo contratto nelle imprese fino a cinque dipendenti);

Il comma 1 bis, introdotto con la legge 92/2012 (acausalità per un anno) è abrogato;

L’apposizione di un termine è priva di effetti se non risulta, anche indirettamente, da un atto scritto (nuovo comma 2);

Sono ammesse fino ad un massimo di otto proroghe purché si riferiscano alla stessa attività lavorativa (articolo 4, comma 1)

Il comma 2 fa riferimento alla somministrazione di lavoro a tempo determinato: la disciplina è quella del contratto a termine, tranne che per i limiti quantitativi per i quali si fa riferimento ai contratti collettivi nazionali di lavoro.

Come noto, già la legge 92/2012 ha previsto l’acausalità nei contratti a tempo determinato della durata di dodici mesi; ora il presente articolo estende a 36 mesi tale possibilità.

Le conseguenze sono due: sotto il profilo sindacale, viene annullata la contrattazione collettiva su questa materia; sotto il profilo individuale, il lavoratore è surrettiziamente sottoposto ad un periodo di prova ben più ampio di quello previsto dalla legge o dai contratti collettivi di lavoro. Le proroghe ammesse passano da una ad otto, cosa e c c e s s i v a . A n d r e b b e i n v e c e rafforzato il diritto di precedenza già esistente in caso di assunzioni a tempo indeterminato, estendendolo a 24 mesi, prevedendo delle sanzioni in capo al datore di lavoro in caso di mancato rispetto di tale obbligo e inserendo direttamente il lavoratore interessato negli elenchi d a i b e n e f i c i a r i , s e n z a manifestazione espressa di volontà.

Si osserva inoltre come nel caso dei contratti di lavoro subordinato a tempo determinato sia indicato un limite massimo (20% dell’organico complessivo), mentre nel caso dei contratto di somministrazione a tempo determinato si faccia riferimento ai contratti collettivi nazionali di lavoro; sarebbe utile prevedere anche nel primo caso il r i m a n d o a l l a c o n t r a t t a z i o n e collettiva nazionale di lavoro.

(6)

A r t . 2 S e m p l i f i c a z i o n i delle disposizioni i n m a t e r i a d i c o n t r a t t o d i apprendistato

Il comma 1 apporta delle modifiche al decreto legislativo 167/2011; in particolare all’articolo 2:

Al comma 1, lettera a), viene eliminato il riferimento al piano formativo individuale da definire entro 30 giorni dalla stipulazione del contratto;

Al comma 1, la lettera i) (relativa alla possibilità di forme e di modalità per la conferma in servizio) è abrogata

Il comma 3 bis (relativo all’obbligo di conferma in servizio per almeno il 50% dei contratti di apprendistato nei 36 mesi precedenti per poter assumere nuovi apprendisti) è abrogato;

I l c o m m a 3 t e r ( n o n applicazione della norma del comma 3 bis ai datori di lavoro che occupano meno di 10 dipendenti) è abrogato.

Allo stesso decreto legislativo 167/2011, è aggiunto all’articolo 3 (apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale) il comma 2- ter, in base al quale, fatta salva l’autonomia della contrattazione collettiva, al lavoratore è riconosciuta una retribuzione che tenga conto delle ore di lavoro e delle ore di formazione nella misura del 35% del relativo monte ore complessivo.

Il comma 2 del presente articolo abroga la norma transitoria contenuta nel legge 92/2012, in base alla quale la percentuale d’obbligo di assunzione è fissata al 30% (e non al 50%) per un periodo di 36 mesi dalla data di entrata in vigore della legge 92/2012

Le modifiche al contratto di a p p r e n d i s t a t o s u s c i t a n o preoccupazione, in quanto da una parte viene meno il riferimento esplicito al piano formativo (che è l’elemento fondante del contratto di apprendistato) e, dall’altra, viene cancellato il limite minimo di conferme in servizio (leggasi assunzioni) affinché un datore di lavoro possa ricorrere a nuovi contratti di apprendistato. Il rischio vero è che un datore di lavoro ricorra al contratto di apprendistato non per formare un giovane che poi diventerà a tutti gli effetti un dipendente preparato a tempo indeterminato, quanto piuttosto per l e a g e v o l a z i o n i f i s c a l i e contributive. Il risultato è che a 29 anni, al termine dell’apprendistato, il non più giovanissimo si ritroverà ad ingrossare le fila dei disoccupati, mentre l’azienda si rivolgerà ad un 24enne, il quale ha un costo del lavoro sensibilmente più basso (contributi abbattuti o addirittura azzerati, ma anche inquadramento inferiore).

Capo II – Misure in materia di servizi per il lavoro, di verifica della regolarità contributiva e di contratti di solidarietà

(7)

Art. 3 – Elenco a n a g r a f i c o d e i lavoratori

L’articolo 3, al comma 1, sostituisce il termine “persone” con “I cittadini italiani, comunitari e stranieri regolarmente soggiornanti in Italia”

relativamente all’obbligo di iscrizione nell’elenco anagrafico per usufruire dei servizi per il lavoro. Al successivo c o m m a 2 , s i p r e v e d e c h e l ’ a t t e s t a z i o n e d e l l o s t a t o d i disoccupazione sia presentata in qualsiasi servizio per l’impiego sul t e r r i t o r i o n a z i o n a l e e n o n necessariamente in quello dove l’interessato è domiciliato.

La riforma dei centri per l’impiego e, più in generale, di tutto il sistema dei servizi per il lavoro è una priorità che non viene affrontata con questo decreto-legge che si limita ad una correzione lessicale e, più significativamente, a prevedere che lo stato di disoccupazione possa essere presentato in qualsiasi centro per l’impiego, a prescindere dal domicilio.

(8)

A r t . 4 Semplificazioni in m a t e r i a d i d o c u m e n t o d i r e g o l a r i t à contributiva

È atteso un decreto ministeriale (Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il titolare dell’Economia e con quello della Semplificazione) al fine di permettere a chiunque ne è interessato di verificare con modalità telematiche ed i n t e m p o r e a l e l a r e g o l a r i t à contributiva nei confronti di Inps, di Inail e, se previsto, delle Casse edili.

L’interrogazione ha validità 120 giorni e sostituisce a tutti gli effetti il Documento unico di regolarità contributiva (Durc). Il decreto deve essere emanato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Il decreto ministeriale è improntato a tre criteri:

verifica della regolarità sino ai pagamenti scaduti all’ultimo giorno del secondo mese antecedente l ’ i n t e r r o g a z i o n e ; u n ’ u n i c a interrogazione; individuazioni di eventuali tipologie pregresse di irregolarità, in caso di godimento di benefici normativi e contributivi.

L’interrogazione assolve gli obblighi r e l a t i v i a i r e q u i s i t i p r e v i s t i dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Il decreto ministeriale è aggiornabile annualmente. Non sono previsti maggiori oneri.

La misura può essere utile per semplificare l’accesso al Durc da parte delle aziende.

(9)

Art. 5 – Contratti di solidarietà

L’articolo aggiunge un comma, il 4- bis, all’articolo 6 del Dl 510/1996, relativo alle norme in materia di integrazione salariale, contratti di solidarietà e incentivazione ai contratti a tempo parziale; si specifica che con un decreto ministeriale (Lavoro e politiche sociali di concerto con Economia) sono individuati i datori di lavoro beneficiari della riduzione contributiva per il ricorso ai contratti di solidarietà. Il limite di spesa è innalzato da 5,16 milioni a 15 milioni di euro a decorrere dal 2014.

I contratti di solidarietà si stanno rivelando uno strumento utile per contrastare gli effetti congiunturali d e l l a c r i s i e c o n o m i c a , d i conseguenza è opportuna una attenta riflessione sulle risorse messe a disposizione che devono essere sufficienti ed adeguate a coprire tutte le eventuali richieste.

Quanto stanziato finora, compreso lo stanziamento previsto nella Legge di stabilità, non appare sufficiente.

Art. 6 – Entrata in vigore

Il decreto-legge entra in vigore il giorno dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale.

Il decreto-legge è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il 20 marzo 2014, per cui l’entrata in vigore è fissata al 21 marzo.

Riferimenti

Documenti correlati

2. Presso ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura è istituito un ruolo degli agenti di affari in mediazione, nel quale devono iscriversi coloro

Sono tenuti alla compilazione della sezione di cui al comma 1 il titolare di impresa individuale, tutti i legali rappresentanti di impresa societaria, gli eventuali preposti e

c) rinvio ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu'

per i servizi sociali territoriali la legge 32812000, i cui principi rilevanti, di cui tenere conto in sede di atttazione del Piano, sono quello di assicurare

Considerato quanto previsto dall’articolo 7, comma 6, del decreto del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione del 6 agosto 2020, possono

Ai fini di quanto disposto dal presente decreto, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino al 31 dicembre 2021, i

I dati potranno essere comunicati ad altri soggetti pubblici e/o privati per gli adempimenti degli obblighi di legge nell’ambito dello svolgimento delle proprie funzioni

- all’articolo 3, comma 2, lettera c), ultimo capoverso, prevede tra gli interventi da finanziare con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,