– I.F.M. n. 4 anno 2007
ELENA ADDARIO (*)
IL CONTROLLO DI SPECIE FORESTALI INVASIVE IN UN’AREA PROTETTA
Le invasioni biologiche sono considerate una delle principali cause di perdita di bio- diversità a livello mondiale, e la materia assume oggi grande rilevanza. Anche in ambito forestale si pone come problema gestionale di primo piano il caso di piante esotiche intro- dotte in passato che si sono rivelate a comportamento invasivo, con minaccia per quelle foreste la cui identità è un obiettivo di conservazione. Una problematica, questa, ancora molto poco affrontata in Italia. Il presente lavoro focalizza l’attenzione su due neofite arboree particolarmente diffuse nel nostro paese: l’ailanto (Ailanthus altissima (Mill.) Swingle) e la robinia (Robinia pseudoacacia L.). Vengono esaminate le loro caratteristi- che di potenzialità invasiva, viene descritto lo stato delle conoscenze in quanto a metodo- logie di lotta, ed illustrata l’esperienza di un’area protetta toscana, dove è stata cartografa- ta e studiata la distribuzione delle due specie al fine di individuare delle possibili misure di controllo a loro carico.
Parole chiave: invasioni biologiche; Ailanthus altissima; Robinia pseudoacacia; gestione fore- stale; aree protette; biodiversità.
Key words: biological invasions; Ailanthus altissima; Robinia pseudoacacia; forest manage - ment; protected areas; biodiversity.
1. I NTRODUZIONE
In ambito di gestione e conservazione degli ambienti naturali, un proble- ma noto e riconosciuto da tempo a livello mondiale è quello delle invasioni biologiche. Sono processi che comportano un rischio di danno ambientale ed economico in varie aree del pianeta, tanto da essere considerate la seconda causa di perdita di biodiversità globale dopo la distruzione diretta degli habi- tat (G ENOVESI e S HINE , 2003). Specie a potenzialità invasiva appartengono a tutti i regni viventi, ma in questo lavoro verrà esaminato un caso di specie arboree forestali che è divenuto un problema di gestione forestale.
(*) Dottore in Scienze forestali e ambientali.
Si rivelano invasive le specie che, introdotte – in modo intenzionale o accidentale – in ecosistemi esterni alla loro area di indigenato, riescono a diffondersi con competitività e modalità tali da minacciare la permanenza delle specie locali. Se a queste ultime è legato un valore economico, ambientale, naturalistico, è evidente che non può essere sottovalutata in sede gestionale l’esigenza di misure di controllo, non necessariamente di eradicazione, delle specie divenute dannose.
Nella letteratura internazionale non tutte le definizioni di «specie inva- sive» sono coincidenti. Numerose fonti legano strettamente il carattere di invasività di una specie al danno da essa provocato (tra le altre, M C N EELY
et al., 2001), creando così una sinonimia tra i termini «invasivo» e «danno- so». Ma alcuni autori hanno evidenziato come possa essere più opportuno considerare il danno solo come la conseguenza (peraltro non necessaria) e non l’essenza della capacità invasiva, che deve essere invece ricondotta alle capacità biologiche (ecologiche, fisiologiche, genetiche) proprie delle specie indipendentemente dalla percezione che se ne ha da parte antropica (R ICHARDSON et al., 2000). Si assume, inoltre, che le specie definibili invasi- ve sono specie esotiche. Può accadere spesso che delle specie anche autoc- tone incrementino la loro diffusione a seguito di attività di disturbo, antro- pico o meno; si tratta, però, di fenomeni di successione vegetazionale, ed in tale contesto il termine che pare più opportuno usare è «colonizzazione»
piuttosto che «invasione» (R ICHARDSON et al., op. cit.). L’invasione è pro- pria di specie che vengono a contatto con ambienti nuovi privi dei fattori naturali di controllo che esse trovano nelle terre di origine, ed il loro impat- to ecologico si esplica in un’alterazione dei parametri strutturali, biotici ed abiotici dell’ecosistema di introduzione.
Se da un lato il processo di invasione è determinato dalla potenzialità biologica propria di una specie, dall’altro è però necessario che l’area di introduzione sia tale da permetterne l’esplicazione. Invasività e invasibilità, rispettivamente, sono così i due fattori sinergici e inscindibili del processo di invasione.
Numerose iniziative a livello mondiale evidenziano sensibilità ed espe- rienza di studio sul problema delle invasioni biologiche, come è stato possibi- le appurare da una ricerca di notizie sulla rete internet. Anche la Convenzione sulla Diversità Biologica del 1992 prevede uno specifico articolo (8h) che richiama le parti contraenti a «prevenire l’introduzione, controllare o eradi- care quelle specie alloctone che minacciano ecosistemi, habitat o specie».
Il maggior contributo informativo sulla «invasion ecology» e le attività
di lotta alle invasive viene probabilmente dagli Stati Uniti, ma anche altrove
sono presenti importanti nuclei di studio. L’Europa non è assente in tale
scenario. Tra le iniziative passate, si segnala il progetto EPIDEMIE (Exotic
Plant Invasions: Deleterious Effects on Mediterranean Island Ecosystems) 1 , ricerca che ha coinvolto più paesi europei nello studio e censimento delle invasioni vegetali con l’ausilio di strumenti geomatici in alcune isole del Mediterraneo, tra cui la Sardegna, dove la ricerca è stata affidata all’Univer- sità di Sassari.
Per quanto riguarda l’Italia, però, si avverte, rispetto ad altri paesi, come il problema delle invasioni vegetali sia stato per lungo tempo sottova- lutato e molto poco considerato. Poche le eccezioni (V IEGI et al., 2005): alla documentazione sulla flora esotica di alcune regioni italiane redatta da tempo da V IEGI , si è aggiunto negli ultimi anni il già citato progetto «Epi- demie». A questi «albori» di interesse in Italia sul mondo delle specie esoti- che, si aggiunge oggi il varo di un significativo progetto: la creazione di un gruppo di lavoro nazionale permetterà la realizzazione della prima check- list della flora esotica d’Italia, con annessi studi di tipo ecologico e mappe di distribuzione per ogni specie.
Questa crescita degli studi conoscitivi della flora esotica è solo il primo passo per poter far nascere anche nel nostro paese una strada di ricerca specifica sulla gestione di esotiche invasive. Ancora pochi sono gli studi incentrati solo su questa categoria di specie esotiche, ma ancora maggiore è la mancanza di contributi in fatto di lotta attiva nei loro confronti. Ugual- mente carente in Italia sembra la dedizione a questa problematica in ambito strettamente forestale, l’aspetto a cui questo lavoro vuole porre attenzione.
Spesso, anche nei boschi, si è provveduto ad eliminare piante indesiderate con sporadici interventi (tipo decespugliamenti) empirici e improvvisati, utili solo a peggiorare l’invasione, mentre è mancata una base teorica di conoscenze, primariamente ecologiche, che conferisse razionalità e organi- cità agli interventi (M AETZKE , 2005). Consapevolezza e conoscenza sono i primi traguardi da raggiungere nella lotta alle invasive.
2. S PECIE INVASIVE FORESTALI
Tra le varie piante alloctone segnalate in Italia come infestanti, due specie capaci di creare problematiche di gestione anche in ambito forestale sono senz’altro l’ailanto (Ailanthus altissima (Mill.) Swingle) e la robinia
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