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1. MICROSCOPIA A SCANSIONE DI SONDA L'avvento della microscopia a scansione di sonda (SPM,

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1.

MICROSCOPIA A SCANSIONE DI SONDA

L'avvento della microscopia a scansione di sonda (SPM, Scanning Probe Microscopy), in particolare di microscopia a forza atomica (AFM, Atomic Force Microscopy), ha offerto uno strumento estremamente prezioso per ricostruire la morfologia delle superfici con precisione nanometrica [3].

La microscopia a scansione di sonda forma le immagini della superficie usando una sonda fisica che esegue la scansione del campione, interagendo localmente con la superficie attraverso un qualche ben definito meccanismo fisico. Un’immagine della superficie è ottenuta meccanicamente spostando la sonda in una griglia di scansione (raster scan) del campione (fig. 1.1), riga per riga, e registrando l'interazione sonda-superficie in funzione della posizione.

L’immagine risultante sarà quindi data da una matrice costituita da una successione di righe contigue; in particolare è possibile definire due velocità di scansione:

Fast Scan, cioè la velocità nella direzione parallela alla riga, data dalla velocità della sonda durante l’acquisizione della singola riga;

Slow Scan, cioè la velocità media nella direzione ortogonale alla riga di scansione, che sarà molto più bassas della fast scan, in funzione della dimensione dell’area di scansione.

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2 Uno dei principali vantaggi della microscopia a scansione di sonda, rispetto ad altre tipologie di microscopia (come ad esempio microscopi ottici o microscopio elettronico a scansione SEM), è la possibilità di avere, oltre all’immagine, anche una misura quantitativa tridimensionale della superficie. La mappa topografica ottenuta da uno SPM è infatti una matrice numerica; a ciascun elemento della matrice, che corrisponde alla posizione della sonda sulla superficie, è associata una ben definita grandezza fisica, per esempio la misura di profondità, o altezza, relativa a quel punto. In questo modo è possibile ricostruire la vera topografia della superficie analizzata, al contrario di quanto avviene nel SEM, la cui immagine è paragonabile a una normale fotografia da cui è difficile ricavare un valore della profondità.

Dato che gli elementi acquisiti sono sotto forma di matrice numerica, è quindi facile utilizzare i dati per determinare quantitativamente i parametri morfologici della superficie, come rugosità, profili di linea, ecc. Inoltre, grazie all’analisi con software commerciale, è possibile creare immagini tridimensionali della superficie, scegliendo a posteriori le viste, l’illuminazione, la scala di colore più opportune per evidenziare le caratteristiche della mappa.

Un altro vantaggio a favore dello SPM è la possibilità di acquisire le superfici senza che queste abbiano necessità di alcun trattamento particolare, al contrario del SEM dove è necessaria la metallizzazione dei materiali non conduttori.

Inoltre, a differenza dei metodi utilizzati per il microscopio elettronico, i campioni non necessitano di un vuoto parziale, ma possono essere osservati in aria.

Per contro, usando una sonda che scandisce la superficie, l’acquisizione è generalmente più lenta, dato che per la misura della grandezza fisica di interesse, ad esempio la profondità, o altezza, richiede del tempo per essere eseguita in modo affidabile. Inoltre il posizionamento della zona di analisi richiede del tempo a causa dell’inerzia del nanoposizionatore.

1.1. Atomic Force Microscopy

Il microscopio a forza atomica AFM (fig, 1.2), in particolare, consiste di una microleva (cantilever) alla cui estremità è montata una punta acuminata (tip), tipicamente composta di silicio o nitruro di silicio, che presenta un raggio di curvatura dell'ordine dei nanometri [4]. La punta investigatrice viene collocata nelle strette vicinanze della superficie del campione di cui si vuole effettuare la scansione. La forza di van der Waals che agisce tra la punta ed il campione provoca una deflessione della microleva (la cui costante elastica è nota), in accordo con la legge di Hooke.

La deflessione viene monitorata attraverso sistemi a leva ottica, che fanno uso di un laser e di fotodiodi sensibili alla posizione.

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3 L’AFM, applicato inizialmente per analizzare superfici piane a livello atomico, può essere utilizzato per misurare la rugosità di superfici generate dalle lavorazioni meccaniche, fornendo informazioni complementari rispetto ad altre tecniche di microscopia, più convenzionali, sia ottiche che elettroniche. Rispetto ad esempio alla microscopia elettronica a scansione (SEM, Scanning Electron Microscope), l’AFM offre come un importante valore aggiunto la capacità di misurare, cioè determinare quantitativamente, le variazioni topografiche responsabili della rugosità superficiale [3].

Tuttavia, nonostante la sua vasta diffusione nell’ambiente della ricerca, l’applicazione dell’AFM per l’analisi di componenti meccanici presenta alcune criticità, in particolare per la scansione di superfici incassate, difficilmente raggiungibili con la sonda.

In primo luogo, sebbene siano state sviluppate tecniche e strategie per evitare il contatto tra la punta dell’AFM e la superficie, l’usura della punta o, nel caso di materiali poco resistenti, graffi sulla superficie, rappresentano uno dei maggiori svantaggi di questa tipologia di microscopio. Per sondare la superficie nella modalità detta “a non contatto” viene infatti normalmente applicata una veloce oscillazione della punta lungo la direzione verticale; ciò può facilmente portare ad interazioni intermittenti della sonda con la superficie che producono lo smussamento

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4 della sonda stessa durante la scansione. Un funzionamento effettivamente senza contatto è invece fortemente necessario soprattutto quando le superfici presentano elevate discontinuità.

Inoltre, le dimensioni fisiche della sonda (cantilever), a forma di trave a sbalzo (fig. 1.3), pongono seri limiti per l’accesso su superfici incassate, dal momento che, quando la punta approccia sopra la regione di interesse , il cantilever può interagire con i bordi più alti del pezzo.

Il metodo di rilevamento ottico dello spostamento della leva generalmente sfruttato nell’AFM è incline a generare artefatti, dovuti alla dispersione della luce diffusa dalla superficie ondulata, che può essere raccolta dal rilevatore. Infine, è necessaria una buona escursione della sonda per analizzare pezzi con forme complesse.

1.2. Shear Force Microscopy

Lo Shear Force Microscopy (SHFM, microscopio a forza di taglio) rappresenta una soluzione percorribile per aggirare la maggior parte delle limitazioni degli AFM convenzionali visti nel paragrafo precedente.

Le forze di taglio sono utilizzate per rilevare la superficie di scansione nei microscopi a scansione in campo prossimo (SNOM, Scanning Near-field Optical Microscopy). Lo SNOM (fig. 1.4) permette di aggirare il principio di Abbe sui limiti di risoluzione imposti dalla diffrazione, ottenendo immagini ottiche con una risoluzione molto maggiore di tutti gli altri

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5 microscopi ottici, con dettagli di dimensioni minori della lunghezza d’onda della radiazione utilizzata. Il principio di funzionamento è basato su una sonda ottica sub-micrometrica posizionata molto vicino (meno di 10 nm) alla superficie del campione in modo da interagire con questo in condizioni di campo prossimo, cioè entro una distanza molto minore di una lunghezza d'onda. In tal modo la sonda interagisce con l'onda evanescente, la parte della radiazione che non si propagherebbe in campo lontano e non è limitata per diffrazione, consentendo quindi una risoluzione spaziale dell'ordine della decina di nanometri. La sonda, realizzata deformando per trazione una fibra ottica fino a ricavarne una punta di dimensioni sub-micrometriche, è tenuta a distanza costante dalla superficie tramite sistemi di posizionamento che sfruttano proprio le forze di taglio.

Lo SHFM (fig. 1.5) sfrutta lo stesso sistema di posizionamento della punta dello SNOM per rilevare la mappa topografica della superficie, mantenendo la sonda, che nello SHFM è rigida a differenza della fibra ottica usata nello SNOM, in non contatto. Lo SHFM può essere quindi visto come una tecnica derivata dallo SNOM che, nell’implementazione originale sviluppata e costruita presso il dipartimento di Fisica, è pensata proprio per misure topografiche per campioni microfabbricati

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6 Il posizionamento si basa principalmente sull’interazione viscosa degli strati d’aria imprigionati tra la punta, posta in oscillazione in direzione parallela alla superficie, e la superficie stessa . Tale interazione produce un forte smorzamento dell’oscillazione quando la distanza punta-superficie scende fino a livello di pochi nanometri.

La sonda viene infatti posta in oscillazione tramite un attuatore piezoelettrico (piezodriver); nel momento in cui la sonda e il pezzo si avvicinano mutualmente, a causa dello smorzamento prodotto dalle forze di taglio, si ha una riduzione dell’ampiezza dell’oscillazione (fig. 1.6). Questa riduzione implica che la punta si è approcciata alla superficie, mantenendosi comunque non in contatto. A questo punto è possibile iniziare la scansione della superficie, durante la quale, grazie a appositi meccanismi di feedback, si mantiene costante l’ampiezza dell’oscillazione, controllando il movimento verticale del campione rispetto alla punta.

Fig. 1.5 –Funzionamento dello SHFM

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7 Poiché le oscillazioni della punta sono dirette soltanto lungo la direzione parallela alla superficie, qualsiasi forma di contatto viene evitata, a patto che l’ampiezza di oscillazione venga mantenuta abbastanza piccola (essa vale tipicamente qualche decina di nanometri). Questo previene l’usura della punta, consentendo di poter effettuare scansioni ripetute affidabili, utili quindi a fini comparativi (vedi Appendice A).

Inoltre, data l’assenza di oscillazioni verticali e la conseguente necessità di renderle misurabili, non è necessario utilizzare sonde a cantilever e possono essere usate punte affusolate simili ad aghi (prodotte attraverso etching elettrochimico di fili di tungsteno), che sono adatte per affrontare le superfici concave. È perciò possibile estendere notevolmente l’applicabilità dello SHFM anche con pezzi con forme complesse .

Infine, dato che l’ampiezza di oscillazione viene rilevata tramite metodi non ottici, viene eliminato qualsiasi problema legato alla dispersione della luce diffusa. In particolare, l’oscillazione viene misurata tramite una tunig fork commerciale (fig. 1.7), cioè un diapason al quarzo, su cui viene incollata la punta aghiforme ad uno dei bracci della forcella.

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