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Capitolo 1

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Academic year: 2021

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Capitolo 1

L’occhio umano, la retina, i fotorecettori, il nervo ottico e tipi di glaucoma.

1.1 L’occhio umano

L’occhio è l’organo che fa da “ponte” tra il mondo esterno (dove esistono le radiazioni elettromagnetiche e tra queste quelle visibili) e il nostro mondo interno (dove risiedono le sensazioni visive).

L’occhio umano è un bulbo approssimativamente sferico di circa 24 mm di diametro.

Consiste di tre strati o “tuniche”:

la tunica fibrosa;

la tunica vascolare o uvea;

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La cornea e la sclera formano lo strato protettivo esterno dell’occhio (la tunica fibrosa). La cornea è la parte anteriore trasparente

attraverso la quale passa la luce, che nel passaggio subisce riflessione e rifrazione. La parte restante è la sclera (il bianco dell’occhio) che forma un rivestimento di protezione per gli strati più interni.

I difetti ottici (detti anche errori di rifrazione, cioè miopia, astig-matismo, ipermetropia) si possono attribuire a variazioni nella forma della cornea.

L’umore acqueo (aqueous humor) è un liquido incolore e trasparente contenuto tra la cornea e il cristallino, la cui funzione è mantenere la giusta pressione all’interno dell’occhio.

Alterazioni della produzione e del deflusso dell’umore acqueo

possono portare a valori di pressione elevati e al danneggiamento del nervo ottico dovuto all’aumentata pressione interna dell’occhio (glaucoma).

L’iride (iris) è la parte colorata dell’occhio, che contiene i muscoli che possono modificare il diametro della pupilla (pupil), il foro al centro dell’iride, nell’intervallo da 2 a 8 mm circa. Il rapporto tra la minima e massima quantità di luce che passa attraverso la pupilla è dunque circa 4:64 cioè 1:16. Se il livello di illuminazione è elevato la pupilla si rimpicciolisce per ridurre la quantità di luce nell’occhio, se è basso la pupilla si apre per consentire il passaggio di una quantità maggiore di luce.

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La coroide (choroid) continua la struttura dell’iride verso la parte posteriore dell’occhio ed è formata in gran parte da una rete di vasi sanguigni.

Complessivamente l’iride e la coroide, assieme al corpo ciliare che si estende dalla prima alla seconda, costituiscono la tunica vascolare dell’occhio, detta anche uvea.

Il cristallino (lens) è una struttura flessibile controllata dai muscoli ciliari, che ha la funzionalità di una lente biconvessa, con lunghezza focale di circa 17 mm (quindi 1 / 0.017 = 58.8 diottrie) che mette a fuoco i fotoni sulla retina. Inoltre taglia la luce ultravioletta che lo attraversa.

Con l’età la flessibilità del cristallino diminuisce e l’osservatore perde la capacità di mettere a fuoco gli oggetti vicini (presbiopia).

Contemporaneamente aumenta la densità ottica del cristallino, che diventa sempre più opaco (cataratta). Spesso cambia anche colore e diventa più giallo, dunque un osservatore anziano spesso giudica più rosso un oggetto di quanto non lo giudichi un osservatore giovane. L’umore vitreo (vitreous humor) è un liquido gelatinoso trasparente e incolore posto tra il cristallino e la retina che aderisce perfettamente alle strutture con le quali è in contatto.

L’umore vitreo può perdere la trasparenza. In questi casi la visione è disturbata dalla presenza di macchie scure tipo mosche volanti

(miodesopsie). La più frequente alterazione dell’umore vitreo è il suo distacco dal piano della retina, il che comporta la comparsa di

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miodesopsie e fosfeni (visione di lampi luminosi) e può causare anche il distacco della retina stessa.

1.2 La retina

La retina è la sottile membrana nervosa che riveste internamente il globo oculare. È considerata parte del cervello, al quale è collegata mediante il nervo ottico.

Nella figura schematica della retina qui sopra i fotoni provengono da sinistra e viaggiano verso destra. Nel mezzo millimetro di spessore della retina sono ordinati tre principali strati di cellule connesse tra di loro mediante contatti sinaptici.

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Il primo strato è costituito dai fotorecettori (qui sopra in rosso, verde, blu e nero), che giacciono sull’epitelio pigmentato (qui sopra in grigio, a destra).

Il secondo strato è costituito dalle cellule mediane: cellule orizzontali (in arancio), cellule bipolari (in marrone), e cellule amacrine (in

giallo).

Il terzo strato è costituito dalle cellule gangliari (viola e rosso scuro), i cui assoni costituiscono il nervo ottico (a sinistra) che connette la retina al cervello. Il punto sulla retina in cui inizia il nervo ottico è privo di fotorecettori e viene detto punto cieco.

La retina ha una particolare architettura anatomica, nella quale i fotorecettori costituiscono lo strato più lontano dal centro dell’occhio e le cellule gangliari quello più vicino. Questo fatto si esprime dicendo che la retina umana è invertita (rispetto alla disposizione, che si trova in altri animali, in cui i fotorecettori sono più vicini al centro dell’occhio).

Nella retina invertita i fotoni attraversano la retina fino ai fotorecettori, dove vengono eventualmente assorbiti. Il segnale neurale generato dai fotorecettori segue il percorso contrario e passa alle cellule bipolari e alle cellule gangliari, i cui assoni costituiscono il nervo ottico che connette la retina al cervello.

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9 1.3 Fotorecettori e fovea

Nella retina sono presenti quattro tipi di fotorecettori: i bastoncelli (rods) e tre tipi di coni (cones) indicati rispettivamente con le lettere L, M e S (dall’inglese long, medium, short). Nel loro complesso, bastoncelli e coni sono le cellule che formano il mosaico retinico. I bastoncelli sono circa 100 milioni e i coni circa 4 milioni: 60% di coni L, 30% di coni M, 10% di coni S.

La presenza nella retina di tre fotorecettori indipendenti per il colore (i coni) è stata ipotizzata per la prima volta dallo scienziato e medico inglese Thomas Young nel 1901 e la sua ipotesi è stata confermata dallo svedese FS Sjöstrand nel 1953 che li ha individuati al

microscopio elettronico.

La principale distinzione tra bastoncelli e coni riguarda la loro risposta ai livelli di luminanza: i bastoncelli rispondono a bassi livelli di

luminanza, anche inferiore ad 1 cd/m2; i coni rispondono a livelli di luminanza superiori. Questo consente di distinguere tre tipi di visione:

1. visione scotopica quando sono attivi solo i bastoncelli, la visione è in scala di grigi;

2. visione mesopica quando sono attivi sia bastoncelli che coni, la visione è a colori, ma non ottimale;

3. visione fotopica quando sono attivi solo i coni, la visione è a colori.

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La fovea è un’area di mezzo millimetro di diametro che costituisce il punto di fuoco centrale della retina: quando fissiamo un oggetto, la sua immagine si forma nella fovea e la visione è detta foveale (foveal vision) o centrale (central vision). In caso contrario la visione è detta

periferica (peripheral vision).

Anatomicamente nella fovea non ci sono bastoncelli né coni S, ma solo coni L e M (circa 200.000), ed inoltre le cellule bipolari e

gangliari non sovrastano questi fotorecettori, come invece avviene nel resto della retina. Per questo motivo la fovea appare leggermente affossata (da cui il nome, che in latino significa “fossa”). Inoltre ogni fotorecettore della fovea ha un collegamento “privato” con il cervello, il che fa in modo che in questa zona si abbia la migliore visione dei dettagli (acuità visiva).

Per inciso, a questo punto va notato che per noi è faticoso fissare un oggetto per più di pochi secondi, perché l’occhio continua ad

esplorare la scena con piccoli movimenti rapidi ed inconsapevoli (movimenti saccadici) che spostano continuamente il bersaglio della fovea.

Appena fuori dalla fovea i coni sono più distanziati e in numero

inferiore, e sono presenti anche bastoncelli e coni S. Man mano che ci si allontana dalla fovea, i coni diradano e il loro numero diminuisce, mentre aumenta il numero dei bastoncelli, che sono sempre più numerosi man mano che ci si dirige verso la periferia della retina. Inoltre i singoli fotorecettori al di fuori della fovea non hanno un

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collegamento “privato” con il cervello, ma sono riuniti in gruppi ed ogni gruppo ha un singolo collegamento con il cervello.

La macula lutea è una zona rosso-bruna di 2 mm di diametro che copre la fovea. Contiene un pigmento giallo che agisce come filtro che protegge la fovea dalla luce blu (l’assorbimento massimo è a circa 460 nm) e limita i danni che si possono verificare se si fissa una sorgente luminosa molto intensa, come il sole.

1.4 Il nervo ottico

Il nervo ottico è uno dei dodici nervi cranici. Appartiene al sistema nervoso centrale. Si tratta di un prolungamento delle terminazioni nervose dei fotorecettori della retina: tali cellule trasformano le immagini in impulsi elettrici, che vengono trasmessi al cervello tramite i nervi ottici (simili a cavetti che trasportano la corrente). Dopo circa cinque centimetri i nervi provenienti dai due occhi si incrociano e si suddividono: comincia un tratto chiamato chiasma.

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Il nervo ottico è avvolto dalle meningi che proteggono anche l’intero cervello (sono composte da tre strati: dura madre, aracnoide e pia madre). È simile a un cavo elettrico costituito da tanti fili al proprio interno, ciascuno dei quali è protetto da una guaina chiamata mielina. Ogni singola fibra (simile a un filo di rame) corrisponde a una piccola zona della retina, mentre ogni fascio corrisponde a un’area retinica. Le fibre che si trovano al centro del nervo ottico trasportano i segnali bioelettrici provenienti dalla macula, la zona centrale e più sensibile della retina. Questa organizzazione si mantiene sino alla corteccia cerebrale occipitale ossia all’area del cervello deputata all’interpretazione dei segnali visivi che si trova sopra alla nuca.

1.4.1 Il percorso del nervo ottico

Inizia nel bulbo oculare (porzione intrabulbare), continua nell’orbita (porzione intraorbitaria), da cui esce attraverso il canale ottico (porzione intracanicolare) giungendo, infine, al chiasma ottico (porzione intracranica).

Gli esami strumentali permettono di studiare il nervo ottico sia osservando la sua morfologia (grazie a tecniche di imaging come la risonanza magnetica), sia di valutarne la funzionalità. Possiamo studiare la parte visibile del nervo ottico (papilla ottica) direttamente – attraverso l’esame del fondo oculare – oppure mediante HRT (tomografia laser per l'esame delle fibre del nervo ottico). Inoltre, le fibre nervose che costituiscono la papilla ottica possono essere esaminate mediante l’OCT. La risonanza magnetica

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(RM), invece, ci consente di seguire e visualizzare il nervo nel suo percorso interno alla testa (tratto intracranico).Gli esami elettrofunzionali (in particolare i potenziali evocativi visivi o PEV) consentono di studiare l’attività bioelettrica del nervo ottico e della retina. Un altro esame, il campo visivo, ci permette poi di sapere che tipo di danni si siano verificati. La capacità visiva dipende dalla funzionalità dell’occhio stesso, dal sistema di conduzione del segnale tra quest’ultimo e il cervello nonché dall'elaborazione della corteccia cerebrale. L’analisi del campo visivo ci permette di vedere a che punto sia l’eventuale deficit nelle vie che portano il segnale dell’occhio alle aree deputate all'elaborazione delle informazioni visive.

1.4.2 Alterazione del nervo ottico

Si ha una riduzione dell’acuità visiva sia per lontano che per vicino (sintomo frequente in molte altre malattie). Si ha una ridotta capacità della pupilla a reagire alla luce

contraendosi (alterazione del riflesso pupillare). La visione dei colori è alterata, specialmente per tinte come il rosso, il verde e una combinazione dei due: un test molto facile per evidenziare difetti da un solo occhio è quello di osservare un oggetto rosso con un occhio per volta, confrontando la percezione del colore. Anche la riduzione della sensibilità luminosa – come la sensibilità al contrasto – si riduce in caso di sofferenza del nervo ottico. I difetti del campo visivo sono vari e possono andare da una generalizzata depressione del campo

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visivo centrale ad aree di non visione. Comunque, l’esame del campo visivo permette di evidenziare in maniera molto precisa le alterazioni del nervo ottico.

1.4.3 Principali patologie del nervo ottico

Sono molteplici e, se non trattate tempestivamente, possono portare a cecità. Si classificano in acquisite e congenite. Le cause sono varie: patologie metaboliche, infettive, tossiche, dovute a malattie demielinizzanti (che danneggiano il rivestimento esterno dei nervi), autoimmuni (il sistema immunitario attacca il proprio corpo), vascolari (infarti, compressioni aneurismatiche) e dovute a farmaci. Le infiammazioni del nervo ottico si dividono in neuriti ottiche anteriori o retrobulbari. Queste ultime hanno l’aspetto della papilla ottica inizialmente normale (esame del fondo dell’occhio negativo) e nell’adulto si associano spesso alla sclerosi multipla; ciò può essere dovuto a cause metaboliche come l’intossicazione

da alcol e tabacco (che causa un ridotto apporto di vitamine del complesso B).

Le neuropatie ottiche anteriori di origine non

arteritica possono essere considerate un infarto totale o parziale della papilla ottica. Fondamentale, per la preservazione delle vista, è riconoscere la forma arteritica della neuropatia ottica anteriore (dovuta a un’arterite a cellule giganti). Questa malattia colpisce i pazienti con età superiore ai 65 anni, è associata a dolore alla masticazione,

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aumento della Ves e PCR; porta a cecità se non trattata, oltre a un coinvolgimento dell’altro occhio in misura compresa tra il 30 e il 50%.

Il papilledema è una condizione in cui entrambi i nervi ottici appaiono rigonfi a causa di un’aumentata pressione all’interno del cervello (dovuta, per esempio, a tumori ed emorragie). Si tratta di una patologia che colpisce il nervo ottico a causa dell’aumento della pressione non celebrale, ma dell’occhio: è il glaucoma, che comporta caratteristici deficit del campo visivo e un tipico aspetto della papilla ottica, che accresce la sua normale caratteristica a forma di coppa. L’atrofia ottica è un segno importante di malattia del nervo ottico in fase avanzata o di patologie delle vie ottiche. Ad esempio, il glaucoma in fase terminale è caratterizzato proprio dall’atrofia ottica.

1.5 Tipi di glaucoma

Ci sono due tipi fondamentali di glaucoma: un glaucoma ad angolo aperto e un glaucoma ad angolo chiuso.

1.5.1 Il glaucoma ad angolo aperto.

Il glaucoma primario ad angolo aperto (POAG) è una delle principali cause di cecità, che colpisce oltre 2,2 milioni di pazienti nei soli Stati Uniti, ed è associata con una stima al rialzo dei costi di assistenza sanitaria 1,5 miliardi di dollari / anno. La perdita della vista, che si verifica a causa della perdita di cellule retinali gangliari (RGC) e della

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degenerazione del nervo ottico, ha effetti di vasta portata sulle

capacità del paziente, influenzando notevolmente la qualità della vita. Attualmente, non esiste una cura definitiva per POAG e anche se sono stati identificati più fattori di rischio per POAG come: pressione intra-oculare (IOP), razza, età e fattori genetici. Anche se fattori di rischio multipli POAG sono stati individuati, l'eziologia della POAG resta da chiarire, probabilmente perché la malattia può essere stratificata in vari sottotipi definiti da percorsi biochimici discreti ma ancora sconosciuti. Sono stati proposti due importanti meccanismi

fisiopatologici per POAG. Nella "teoria meccanica" la neuropatia ottica è causata da un aumento della IOP. In alternativa, una teoria vascolare sembra contribuire alla POAG. Tuttavia, la misura in cui la disfunzione vascolare contribuisce alla neuropatia ottica glaucomatosa resta da chiarire.

1.5.2 La pressione intraoculare: fattore di rischio per POAG

A differenza di quanto si osserva nel glaucoma ad angolo chiuso, POAG non è associata con l’apparente blocco dell’angolo anteriore della camera. In POAG, c'è un aumento variabile di IOP associato a un alterato deflusso di AQH che si verifica nonostante l’apparente normale anatomia del segmento anteriore e un angolo iridocorneale aperto. La IOP aumenta gradualmente nel tempo, probabilmente come conseguenza della diminuzione di drenaggio dell’AQH. Il trattamento per abbassare la IOP riduce significativamente il rischio di sviluppare glaucoma oculare in soggetti ipertesi.

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1.5.3 Revisione delle dinamiche acquose

Per comprendere i nuovi obiettivi per la riduzione della IOP è preferibile rivedere le dinamiche degli umor acquei. La IOP è un processo omeostatico complesso, ma può essere semplificato

comparando l’aumento della formazione di umor acquei all’interno della camera posteriore contro l’aumentare degli umori fuoriuscenti dalla camera anteriore. La formazione degli umori acquosi avviene nell’epitelio ciliare rivestente i processi ciliari del corpo ciliare e si crea tramite una combinazione di diffusione passiva e di ultra filtrazione, con la maggior parte degli umor acquei prodotti da secrezioni attive attraverso movimenti transcellulari selettivi di

molecole intermediarie come proteine trasportatrici. Pertanto, enzimi e recettori trovati nell’epitelio ciliare pigmentato e non, sono obiettivi ricorrenti per ridurre la produzione dell’umore acqueo. Non si conosce quanto esattamente l’occhio percepisca la pressione e quanto influisca sulla quantità di formazione acquosa, quantunque variazioni

circadiane e il mantenimento stabile di IOP indicano un controllo aggiustabile circa l’afflusso e il deflusso fino a quando non subentra la malattia. Una volta prodotto, l’umor acqueo trova la sua strada dalla camera posteriore a quella anteriore e si crede che defluisca fuori dall’occhio o attraverso il sentiero convenzionale della rete trabecolare (TM) o attraverso il sentiero non convenzionale della strada uveo sclerale. In ogni caso la via esatta non si conosce, non essendoci un metodo di osservazione in tempo reale affidabile. Il percorso

convenzionale defluisce a valle nel canale di Schlemm, canali collettori e eventualmente nel sistema venoso episclerale. La

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resistenza alla fuoriuscita è stata in modo classico associata con la porzione juxtacanalicolare del TM tramite matrice extracellulare, ma la resistenza può essere mediata dalla permeabilità del rivestimento delle cellule endoteliali del canale di Schlemm. Il percorso non convenzionale uveo sclerale si svuota dentro gli spazi del muscolo ciliare e dentro lo spazio sopracoroideo. Gli agenti farmacologici attuali individuano come obiettivo entrambi le vie di uscita, mentre nuovi sistemi chirurgici presentemente si stanno sviluppando

concentrandosi sullo spazio di drenaggio sopracoroideo.

1.5.4 Il glaucoma ad angolo chiuso.

È una condizione predisponente anatomica del paziente, che è quella di avere un angolo formato da una parte dalla faccia anteriore

dell’iride e dall’altra dalla faccia posteriore della cornea nella sua estrema periferia.

Questo fa sì che alcune condizioni scatenanti, quali una dilatazione fortissima della pupilla, o un cristallino che, in un paziente con la cataratta, è cresciuto oltremisura e spinge la radice dell’iride verso la cornea, possano far chiudere improvvisamente l’angolo e occludere il cosiddetto trabecolato corneo-sclerale che è una specie di anello filtrante attraverso cui l’umore acqueo, prodotto dal corpo ciliare, defluisce lasciando l’occhio.

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19 1.5.5 La pressione oculare eccessiva.

Nel caso suddetto la pressione può andare nel giro di pochi minuti da 15/20 fino a 70/80 millimetri e il paziente accusa un dolore lancinante, ha una cianosi marcatissima e ha voglia di dare di stomaco. Se

l’accidente non viene riconosciuto prontamente le conseguenze sono gravi.

È necessario quindi procedere con un trattamento laser o portare il paziente in sala operatoria per un intervento chirurgico.

Nel primo caso è prevista un’iridotomia laser e cioè la creazione di un forellino nell’iride che forma una fistola artificiale dalla quale si fa defluire nuovamente, se c’è un blocco, l’umore acqueo.

Se invece si può accedere alla sala operatoria, si può procedere con un intervento di iridectomia o più impegnativo senza i quali il paziente può perdere la vista anche in poche ore, o addirittura in qualche minuto. Il glaucoma ad angolo chiuso è quindi una condizione oftalmica gravissima che richiede un intervento di emergenza.

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Capitolo 2

Gestione del Glaucoma:

Terapie con farmaci attualmente disponibili

Il glaucoma è una neuropatia ottica da cui deriva un modello

caratteristico di deterioramento del nervo ottico e del campo visivo. La malattia colpisce 66.800.000 individui ed è la seconda principale causa di cecità in tutto il mondo.

L'aumento della pressione intraoculare (IOP) è un fattore di rischio curabile per la malattia, ma un aumento della IOP non è richiesto per la diagnosi. Il glaucoma primario ad angolo aperto (POAG), che rappresenta la maggior parte dei casi di malattia, risulta

principalmente dal drenaggio insufficiente o non ottimale dell'umor acqueo fuori l'occhio tramite la rete trabecolare e /o i percorsi

uveosclerali. L'umor acqueo è prodotto dal corpo ciliare e serve per fornire sostegno nutrizionale alle strutture del segmento anteriore prima della filtrazione fisiologica. Tutte le modalità di trattamento attualmente disponibili per POAG mirano a ridurre la IOP tramite la manipolazione dinamica dell'umor acqueo fisiologico come mostrato in Tabella 1.

Possono essere utilizzate per abbassare la pressione intraoculare terapie farmacologiche, laser, e chirurgiche incisionali. Le terapie per

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il trattamento del glaucoma sono state introdotte per la prima volta nel 1862, con la scoperta degli agenti miotici. Nel 1901, l'epinefrina è stata scoperta come agente adrenergico con effetti di diminuzione della IOP. Gli inibitori sistemici di anidrasi carbonica sono stati scoperti all'inizio del 1950 [Becker 1954]. Lo sviluppo della terapia farmacologica del glaucoma ha accelerato dopo l'approvazione del timololo per il trattamento topico del glaucoma nel 1978. Gli analoghi delle prostaglandine sono stati incidentalmente scoperti avere effetti di riduzione della IOP e si sono resi disponibili nel 1996. La terapia medica rimane la prima linea di intervento nella maggior parte dei casi di glaucoma. Questo capitolo mira a fornire una recensione basata sulle terapie farmacologiche più attuali disponibili per il trattamento di POAG.

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23 2.1 Analoghi delle prostaglandine

Le prostaglandine sono un gruppo di composti lipidici derivati dall'acido arachidonico. All'interno dell'occhio, le prostaglandine diminuiscono la IOP consentendo un maggiore deflusso uveosclerale. Possibili meccanismi includono il rilassamento del muscolo ciliare e il rimodellamento del tessuto della matrice extracellulare all'interno del corpo ciliare che porta ad un maggiore deflusso acquoso. Gli analoghi delle prostaglandine sono somministrati come gocce oculari topiche. Attualmente gli agenti disponibili includono latanoprost (Xalatan, Pfizer, Inc., New York, NY, USA), bimatoprost (Lumigan, Allergan, Inc., Irvine, CA, USA), travoprost (Travatan, Alcon Laboratories, Inc., Fort Worth, TX, USA), tafluprost (Zioptan; Merck Sharp & Dohme Corp., North Wales, PA, USA), e unoprostone (Rescula; Sucampo Pharma Americas, LLC, Bethesda, MD, USA). Gli agenti vengono dosati una volta al giorno, tranne per l'unoprostone che richiede la somministrazione due volte al giorno.

Come classe di farmaci, gli analoghi delle prostaglandine offrono una eccezionale efficacia per la riduzione della IOP. In una meta-analisi sono state confrontate l'efficacia dei farmaci per il glaucoma prescritti più frequentemente con dei placebo, Van derValk e colleghi hanno riferito che gli analoghi delle prostaglandine, bimatoprost, travoprost, e latanoprost erano i più efficaci nel ridurre la IOP. Questi agenti hanno raggiunto una percentuale di riduzione della pressione intraoculare che va dal 28% al 31% in concentrazioni minime e massime in ore prefissate, rispettivamente tradotta in mmHg

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abbassano la pressione oculare fino a 6,5-8,4 mmHg. La maggioranza delle prove che hanno messo a confronto l'efficacia di bimatoprost, travoprost, e latanoprost hanno riportato un grado di riduzione della IOP equivalente. Parrish e colleghi hanno eseguito uno studio

multicentrico di 12 settimane, randomizzato, con valutatore nascosto, mettendo a confronto i tre agenti in quattro punti di tempo nel periodo diurno, su 410 pazienti. Significativamente, le linee di base della IOP risultavano simili in ciascun gruppo di trattamento in ogni ora

prefissata. La media generale di abbassamento IOP raggiunto dai rispettivi agenti era simile per tutto il periodo diurno (8.6 ± 0.3 mmHg, 8.7 ± 0.3 mmHg, 8.0 ± 0.3 mmHg di abbassamento per i pazienti trattati con latanoprost, bimatoprost, e travoprost,

rispettivamente). Inoltre, la riduzione della IOP nello stesso orario è stato realizzato da ciascuna degli agenti alle 08:00, 12:00, 16:00 e le 20:00. Pochi studi hanno riportato una maggiore efficacia di riduzione della IOP con bimatoprost rispetto al latanoprost.Tafluprost è

l'analogo di prostaglandina introdotto più di recente ed è quindi il meno studiato. Gli studi condotti fino ad oggi suggeriscono una efficacia di riduzione IOP simile al latanoprost e al travoprost. Schnober e colleghi hanno riportato una riduzione IOP leggermente migliore con il travoprost rispetto al tafluprost dopo 6 settimane di terapia, ma le rispettive linee base della IOP in ciascuno dei gruppi in terapia non è stato segnalato.

La riduzione della IOP ottenuta con l’unoprostone, che richiede un regime di dosaggio di due volte al giorno, è inferiore agli altri agenti all'interno della classe delle prostaglandine, Jampel e colleghi hanno

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confrontato l'efficacia di abbassamento IOP di latanoprost e unoprostone in uno studio prospettico, di 8 settimane, uno studio clinico randomizzato in 165 pazienti tra 24 centri clinici. Nel gruppo risultava un tasso medio di riduzione della pressione intraoculare del 28% per i pazienti randomizzati con latanoprost rispetto al 15% per i pazienti randomizzati con unoprostone. Ulteriori studi riportavano osservazioni simili, dove approssimativamente il 18% di riduzione media della IOP rispetto alle linee base è stato raggiunto con una monoterapia di unoprostone.

Gli analoghi delle prostaglandine sono stati trovati essere efficaci anche durante il periodo notturno. Liu e colleghi hanno riferito che il latanoprost offriva una significativa riduzione della IOP comparato con valori in orari uguali per tutto il periodo notturno in 18 pazienti sottoposti a uno studio di laboratorio del sonno con IOP misurata tramite pneumotonometria in posizione supina. Ulteriori studi hanno confermato che gli analoghi delle prostaglandine sono efficaci nel fornire riduzione della IOP nelle 24 ore.

Come classe, gli analoghi delle prostaglandine sono relativamente ben tollerate. Gli eventi oculari avversi più comuni che si verificano in associazione con gli analoghi delle prostaglandine includono una lieve iperemia congiuntivale, oscuramento delle iridi, ipertricosi e iper pigmentazione delle ciglia. Gli agenti possono potenziare lo sviluppo di edema maculare in pazienti che hanno subito un intervento

chirurgico di cataratta con una capsula posteriore compromessa. Una serie di casi recenti suggeriscono un associazione tra uso di

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prostaglandine e peri-atrofia del grasso orbitale, che può essere parzialmente reversibile con l'interruzione dell'agente incriminato. L’iperemia congiuntivale e gli effetti della superficie oculare possono riguardare le proprietà vasodilatatrici della molecola prostaglandina o per i conservanti presenti nella soluzione. Latanoprost, travoprost, e bimatoprost sono conservati con cloruro di benzalconio (BAK), che è stato implicato come una molecola potenzialmente tossica per

l’epitelio congiuntivale e corneale. Una formulazione più recente di travoprost (Travatan-Z; Alcon Laboratories, Inc., Fort Worth, TX, USA) non contiene BAK, ma un conservante più appropriato come sofzia (SofZia; Alcon Laboratories Inc., Fort Worth, TX, USA), che può essere meno tossico per la superficie oculare. Aihara e colleghi hanno riportato una incidenza significativamente più bassa di

epiteliopatia congiuntivale e della cornea nei pazienti trattati con travoprost conservato con sofzia rispetto al latanoprost conservato con BAK in uno studio potenziale randomizzato su 220 soggetti.

Tafluprost è un analogo di prostaglandina disponibile come

formulazione senza conservanti (Zioptan; Merck Sharp & Dohme Corp., North Wales, PA, USA). Uusitalo e colleghi hanno segnalato una diminuzione dei segni e sintomi della malattia della superficie oculare in 158 pazienti passati da un analogo della prostaglandina conservato, al Tafluprost senza conservanti. Di recente, sono disponibili anche formulati senza conservanti di bimatoprost e latanoprost. Questi agenti hanno dimostrato una efficacia simile agli agenti conservati nella stessa classe farmacologica.

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Effetti sistemici avversi legati all'uso topico delle prostaglandine sono relativamente rari e includono sintomi simili all'influenza, dolori muscolari e articolari e reazioni allergiche della pelle. A causa della loro superiore efficacia nell'abbassare la IOP, del minimo rischio di effetti collaterali oculari e sistemici, e un conveniente regime di dosaggio una volta al giorno, gli analoghi delle prostaglandine sono spesso impiegati come farmaci di prima linea nel trattamento di POAG.

2.2 Beta-bloccanti

Le cellule epiteliali del corpo ciliare esprimono recettori adrenergici beta-1 e beta-2. L'interazione di catecolamine con i recettori beta adrenergici porta all’ attivazione di cAMP, un secondo messaggero coinvolto nell'attivazione di proteine A chinasi e nella produzione e secrezione di umor acqueo. I beta-bloccanti sono molecole organiche sintetiche che inibiscono il legame e l'azione di catecolamine

endogene, epinefrine, e norepinefrine con i recettori beta1 e beta 2. Quelle che si legano con entrambe le classi di recettori adrenergici beta sono definiti come non selettivi e quelli che si legano a un solo tipo sono definiti beta-bloccanti selettivi. Attualmente disponibili i beta-bloccanti topici non selettivi comprendono Timolol (Timoptic 0.25% e 0.5%, Aton Pharma, Lawrenceville, NJ, USA), Betimol 0,25% e 0,5%, (Vistakon Pharmaceuticals, LLC, Jacksonville, FL, USA), e Istalol 0,5% (Bausch & Lomb Pharmaceuticals, Inc., Tampa, FL, USA), Levobunolol (Betagan 0,25% e 0,5%, Allergan, Inc.,

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Irvine, CA, USA), Carteolol 1% (Ocupress, CIBA Vision Sterile Mfg. Mississauga, ON, Canada), e Metipranolol 0,3% (OptiPranolol;

Bausch & Lomb Pharmaceuticals, Inc., Tampa, FL, USA). Betaxololo è un beta-bloccante selettivo e si trova nel mercato come Betoptic 0,25% e 0,5% (Alcon Laboratories, Inc., Fort Worth, TX, USA). Anche se la dose iniziale standard per Timoptic e Betimol è una goccia di 0,25% nell'occhio/i malato/i somministrato due volte al giorno, i medici possono spesso iniziare la terapia con una singola dose giornaliera. Se la risposta clinica non è adeguata, il dosaggio si può portare a una goccia di soluzione allo 0,5% in occhi affetti

somministrato due volte al giorno. I beta-bloccanti sono stati impiegati con successo nel ridurre la IOP in media del 20-30% da livelli basali. In una recente meta-analisi che esaminava diverse prove randomizzate controllate con placebo che utilizzavano farmaci per il glaucoma, Van der Valk e colleghi hanno dimostrato che il timololo riduce la IOP del 27% al picco e del 26% al punto di valle, causando una riduzione IOP di 6,9 mmHg in entrambi i casi. Il Betaxololo è stato trovato ridurre la IOP del 26% e del 23% al picco e di valle, con conseguente riduzione della IOP di 6.0 e 5.2 mmHg a picco e di valle, rispettivamente.

In un periodo di sei mesi, prove cliniche policentriche e Doppio cieco Camras ha confrontato l' efficacia di latanoprost e timololo in 268 pazienti con ipertensione oculare e POAG. I pazienti hanno ricevuto o il latanoprost una volta al giorno o il timololo 0,5% 2 volte al giorno per 6 mesi. Mentre IOP era significativamente ridotta rispetto al livello basale (p <0,001) e rimaneva tale per i sei mesi in entrambi i trattamenti, il latanoprost riduceva la IOP di 6.7 ± 3.4 mmHg a

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29

confronto con timololo che riduceva la IOP di 4,9 ± 2,9 mmHg (p <0,001). I pazienti trattati con timololo sono stati più propensi a una diminuzione della frequenza cardiaca, ma hanno sperimentato una iperemia congiuntivale più mite se confrontato con i pazienti trattati con latanoprost. In 6 mesi di studio in doppio cieco di 29 pazienti, Stewart e colleghi hanno confrontato l'effetto del timololo 0,5% e del betaxololo 0,5% ed è risultato che entrambi erano ugualmente efficaci nel ridurre la IOP.

Il Timololo riduceva la IOP da un livello basale di 27,6 ± 0,3 mmHg di 7.4 ± 0,8 mmHg e il betaxololo riduceva la IOP da un livello basale di 29.0 ± 1.00 mmHg di 7 ± 0,8 mmHg in 26 settimane. Entrambi i farmaci sono risultati ben tollerati con effetti collaterali sistemici simili. Quindi, il betaxololo ha un beneficio clinico nel ridurre la IOP simile al timololo senza alcuna differenza statisticamente significativa tra i due trattamenti. Gli individui glaucomatosi sono spesso anziani e possono essere affetti da ipertensioni sistemiche co-esistenti e curati con terapie di beta-bloccanti sistemici. L'efficacia della brimonidina topica 0,2%, un alfa-2 agonista adrenergico selettivo, e del timololo 0,5%, è stata studiata in pazienti affetti da glaucoma con concomitante terapia sistemica con beta-bloccanti in due prove cliniche potenziali multicentriche, randomizzate, in doppio cieco, per un periodo di 12 mesi. I pazienti trattati con terapia di beta-bloccanti sistemici a cui veniva somministrato inoltre del timololo topico, avevano una

riduzione media della IOP di 4,41 ± 0,51 mmHg (19%) dal basale al picco; tuttavia, pazienti che non erano in terapia sistemica con beta-bloccanti a cui somministravano il timololo avevano una maggiore

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riduzione della pressione intraoculare di 6,23 ± 0,18 mmHg (25%). Le riduzioni di IOP erano simili quando misurata a valle. I pazienti

trattati con brimonidine durante la terapia concomitante di beta-bloccanti sistemici non hanno subito una riduzione IOP di simile efficacia.

I pazienti trattati con terapie concomitanti di beta-bloccanti topici e sistemici hanno sperimentato una maggiore riduzione della frequenza cardiaca rispetto ai pazienti che hanno ricevuto solo terapia locale. Questi risultati suggeriscono che terapie concomitanti con beta-bloccanti sistemici riducono l'efficienza di betabeta-bloccanti topici e compromette il loro profilo di sicurezza. In uno studio che ha valutato l'efficacia del timololo sia in ore diurne che in ore notturne, Liu e colleghi hanno misurato la IOP in18 pazienti trattati sia con latanoprost che con timololo nel corso di un periodo di 24 ore. Durante il periodo notturno, il timololo non ha avuto alcun impatto sulla riduzione della IOP rispetto alla linea di base mentre il

trattamento con latanoprost aveva ridotto significativamente la IOP di base.

La tollerabilità oculare per entrambi i beta-bloccanti, selettivi e non selettivi è generalmente buona anche se la formulazione di principi attivi può aumentare il rischio di irritazione locale. I risultati di un piccolo studio clinico su 30 pazienti ha indicato che il timololo maleato in sorbato di potassio è stato associato con un maggiore pizzicore e/o bruciore oculare quando confrontato al timololo

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31

soluzione gelificante è stata associata ad un aumento di frequenza di visione offuscata rispetto alle altre due formulazioni.

Questi risultati sono stati ulteriormente confermati in una recente indagine di comfort dei pazienti che indica che il timololo emiidrato è associato ad un inferiore bruciore o lacrimazione del timololo maleato in sorbato. Dal momento che i recettori beta adrenergici sono espressi nei muscoli del cuore, muscoli lisci, vie respiratorie, arterie, reni e altri tessuti che fanno parte del sistema nervoso simpatico, la

somministrazione locale di questi farmaci può causare eventi avversi quando entrano nella circolazione sistemica. Quindi, la terapia con beta-bloccanti è generalmente controindicata nei pazienti con malattie cardiovascolari e / o polmonari.

In uno studio randomizzato, in doppio cieco placebo controllato, costituito da 20 soggetti sani, è stato studiato l'effetto della

somministrazione topica oculare di timololo sulla frequenza cardiaca, il consumo di ossigeno, durata dell'allenamento, pressione arteriosa sistemica a riposo, e l'esercizio fisico massimale. Un totale di 10 soggetti ha ricevuto timololo 0,5% due volte al giorno per 4 settimane e 10 soggetti hanno ricevuto lacrime artificiali come placebo. Il

gruppo del timololo ha sperimentato una significativa riduzione della frequenza cardiaca a riposo e sotto massimo sforzo dopo la prima dose cosi come sotto massimo sforzo dopo somministrazione cronica per 4 settimane. Analogamente, il gruppo del timololo ha subito una

modesta diminuzione del consumo di ossigeno alla prima dose, e così dopo somministrazione cronica. Non si è riscontrato nessun impatto

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32

significativo sulla pressione sanguigna sistemica. A valutare l'effetto del timololo sui pazienti con malattia polmonare ostruttiva (OPD), Avron e colleghi hanno condotto uno studio caso-controllo per indagare l'effetto del timololo su pazienti OPD sottoposti a un

trattamento di broncodilatazione. Nel loro studio, il 47% dei pazienti affetti da glaucoma con trattamento di broncodilatazione composto da xantine o da steroidi per via inalatoria ai quali era anche stato

somministrato il timololo, hanno sperimentato un aumento del rischio di effetti collaterali polmonari e la necessità di una diversa classe di broncodilatatori contrariamente a quei pazienti in terapia senza glaucoma. Questi risultati non sono stati osservati con altre classi di farmaci per il glaucoma. Per capire se la somministrazione topica di beta-bloccanti avesse avuto un effetto sui pazienti con glaucoma e OPD nei ricoveri in pronto soccorso, Kaiserman e colleghi hanno condotto uno storico studio di coorte su 693 pazienti con le due

patologie co-esistenti. Di tutti i pazienti affetti da glaucoma ricoverati in ospedale e trattati in emergenza, 544 (78,5%) sono stati trattati con beta-bloccanti topici, solo 169 hanno ricevuto un beta 1bloccante selettivo, mentre il resto ha ricevuto un agente non selettivo. Questi risultati indicano che pazienti glaucomatosi e con OPD hanno più probabilità di essere o ricoverati in ospedale o di avere necessità di visita in pronto soccorso quando curati con betabloccanti topici a confronto di altri agenti per l'abbassamento della IOP. Pazienti trattati con beta-bloccante non selettivo sono almeno due volte più propensi a necessitare di cure ospedaliere rispetto a quelli trattati con un agente selettivo. A causa della potenziale possibilità del verificarsi di questi

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33

eventi avversi, durante la cura di questi pazienti si dovrà avere cautela perchè le condizioni cliniche potrebbero essere aggravate da beta-bloccanti topici.

2.3 Alfa-agonisti

I recettori Alfa adrenergici sono recettori accoppiati con proteine G costituiti da un recettore alfa-1 presente nel muscolo liscio, cardiaco, e nel fegato e alfa-2 trovati nell'iride, corpo ciliare, retina e epitelio pigmentato retinico, piastrine, muscolatura liscia vascolare,

terminazioni nervose e isole pancreatiche. I ligandi fisiologici sono epinefrina e norepinefrina. L'attivazione di recettori alfa-1 porta alla vasocostrizione, rilassamento intestinale, contrazione uterina, e

dilatazione pupillare, mentre l'attivazione dei recettori alfa-2 produce vasocostrizione, inibizione di rilascio di norepinefrina e della

secrezione di insulina. Gli agonisti alpha-2 riducono IOP tramite la costrizione dell'afferente processo ciliare vascolare che porta alla diminuzione della produzione di umore acqueo e anche del crescente deflusso uveosclerale. Alfa agonisti attualmente disponibili includono cloridrato di apraclonidina 1%, (Iopidine, Alcon Laboratories, Inc., Fort Worth, TX, USA), dipivefrin cloridrato 0,1% (Propine, Alcon Laboratories, Inc., Fort Worth, TX, USA), e brimonidina tartrato 0,1%, 0,15%, e 0,2% (Alphagan, Allergan, Inc., Irvine, CA, USA). Devono essere instillati negli occhi affetti da glaucoma una o due gocce di apraclonidina o brimonidina due o tre volte al giorno; dipivefrin cloridrato viene somministrata due volte al giorno.

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Apraclonidine cloridrato è un derivato polare della clonidina che ha ridotto gli effetti sul sistema cardiovascolare. La frequenza

relativamente elevata degli eventi avversi associati a questo agente ne limita il suo utilizzo nelle cure cliniche di routine.

Una parte sostanziale dei pazienti trattati con apraclonidina 1% a lungo termine sviluppano reazioni oculari allergiche presumibilmente correlate alla funzione adrenergica del farmaco.

Una meta-analisi di studi clinici pubblicati indicano che la

brimonidina è efficace come agente IOP riducente, dimostrando una capacità di ridurre la IOP circa del 17%. L'Efficacia comparativa di brimonidina tartrato 0,2% e timololo 0,5% somministrato due volte al giorno è stata studiata in 837 soggetti per oltre un anno. Mentre la riduzione IOP era significativamente inferiore (p = 0,04) al picco per il gruppo di pazienti trattati con brimonidina, il gruppo trattato con timololo sperimentava una maggiore riduzione al livello minimo. Mentre 11,5% di pazienti trattati con brimonidina contro, solo 1% nel gruppo dei pazienti trattati con timololo ha registrato una allergia oculare, i soggetti trattati con timololo erano più propensi a

sperimentare una significativa diminuzione della frequenza cardiaca.

Questi risultati suggeriscono che la brimonidina è un agente relativamente sicuro per ridurre IOP a lungo termine anche se l'allergia oculare può portare alla sospensione in alcuni individui. L'effetto della brimonidina sulla IOP durante il ciclo sonno-veglia è stato studiato in modo prospettico in 15 pazienti da Liu e colleghi. Tutti i pazienti hanno ricevuto bromonidine tartrato 0,1% in entrambi

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35

gli occhi tre volte al giorno a 8 ore di distanza in un laboratorio del sonno (sonno clinico) e sottoposti a trattamento basale e post-trattamento per misurare la IOP nelle 24 ore in posizione seduta o supina.

Il trattamento con brimonidina riduceva significativamente la media IOP da un valore minimo di 19,2 ± 2,7 mmHg a 16.8 ± 2.8 mmHg (riduzione del 12,5%) durante punti temporali diurni in posizione seduta. Tuttavia, l'agente non ha avuto effetto sulla pressione

intraoculare basale quando le misurazioni post-trattamento erano state ottenute in posizione supina di notte. I conservanti più comuni

utilizzati nelle preparazioni oftalmiche per i farmaci per il glaucoma includono BAK, complesso di oxychloro stabilizzato (Purite,

Allergan, Inc., Irvine, CA, USA), clorobutanolo, perborato di sodio, e altri. Una meta analisi di due studi di fase III per verificare la

sicurezza e la tollerabilità di brimonidina 0,2% in BAK, brimonidina 0,15% in Purite, e brimonidina 0,1% in Purite indicava che tali

preparazioni hanno un'efficacia simile.

Eventi avversi correlati al trattamento sono stati inferiori con la formulazione Purite che con formulazioni conservate con BAK. Inoltre, anche se eventi avversi sono simili tra lo 0,1% e il 0,15% di brimonidine in formulazioni con Purite, il trattamento con lo 0,1% dava meno eventi avversi quando paragonato con lo 0,15%. In uno studio separato, la brimonidina in Purite ha dimostrato profilo di tollerabilità sicurezza maggiore rispetto alla formulazione con BAK con un giudizio di soddisfazione e conforto migliori. La tollerabilità

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36

oculare con formulazioni di Purite può essere superiore a BAK

poichè il componente attivo in questo conservante si dissocia in acqua, ioni di sodio e cloro, e di ossigeno quando esposta alla luce, al

momento della somministrazione.

Eventi avversi locali comuni con brimonidina 0,2% includono la blefarite, blefaro-congiuntivite, congiuntivite, iperemia, visione offuscata, bocca secca, e allergia oculare. Questi eventi possono comportare l'interruzione del trattamento in circa il 12% dei pazienti.

Gli alfa-agonisti sono strutturalmente simili ai farmaci utilizzati per la cura dell'ipertensione sistemica. Quindi, gli effetti sistemici più

comuni comprendono pesantezza al torace o bruciore, palpitazioni, ipotensione sistemica, ipotensione ortostatica, rinite, dispnea, faringite, naso secco, edema facciale, alterazione del gusto,

depressione, letargia, coordinazione anormale, astenia, capogiri, mal di testa, insonnia, malessere, nervosismo, e parestesie.

2.4 Inibitori dell'anidrasi carbonica

L'anidrasi carbonica genera Na+ e HCO3 ioni, permettendo all'acqua di entrare nelle cellule ciliari epiteliali, che porta alla produzione di umore acqueo.

Gli inibitori dell'anidrasi carbonica sono piccoli composti chimici che inibiscono la produzione di umor acqueo inibendo l'azione dell'enzima anidrasi carbonica. Gli Inibitori dell'anidrasi carbonica per uso topico

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attualmente disponibili includono il brinzolamide 1% (Azopt; Alcon Laboratories Inc., Fort Worth, TX, USA) e la dorzolamide 2% (Trusopt; Merck Sharp & Dohme Corp., Whitehouse Station, NJ, USA). Questi agenti sono in genere dosati nell'occhio interessato 2-3 volte al giorno.

Una meta-analisi sull'efficacia di diversi agenti oculari ipotensivi hanno indicato che brinzolamide riduce la IOP del 17% rispetto al basale sia al picco che al minimo mentre dorzolamide riduce la IOP del 22% al picco. Sall e colleghi hanno verificato la sicurezza e

l'efficacia di brinzolamide 1% sospensione oftalmica somministrato o due o tre volte al giorno e dorzolamide 2% somministrato due volte al giorno a pazienti con glaucoma ad angolo aperto in uno studio clinico randomizzato placebo-controllato, multicentrico, doppio cieco.

Entrambi i trattamenti sono stati trovati essere efficaci nella riduzione della pressione intraoculare, ma il disagio oculare (bruciore) è stato riscontrato nel 12,2% rispetto al 3% dei pazienti trattati con

dorzolamide e brinzolamide.

Una recente meta-analisi sulla sicurezza e l'efficacia di inibitori

dell'anidrasi carbonica rispetto agli agonisti adrenergici alpha-2 e agli antagonisti beta adrenergici come terapia aggiuntiva agli analoghi di prostaglandina indicavano che la riduzione IOP media diurna è simile tra queste tre combinazioni terapeutiche. Tuttavia, la riduzione della IOP al livello minimo è stata maggiore nei pazienti trattati o con un inibitore dell'anidrasi carbonica o con beta-bloccanti come terapia aggiuntiva ad un analogo delle prostaglandine, confrontato con

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alfa-38

agonisti. Il disagio oculare era più comune nei trattamenti con agonisti adrenergici alfa-2. Sono stati poi riscontrati con agonisti alfa

adrenergici e beta-bloccanti adrenergici affaticamento, debolezza, e vertigini, mentre le alterazioni del gusto, erano più comuni con gli inibitori topici dell'anidrasi carbonica. Inoltre questi ultimi hanno anche dimostrato l’efficacia notturna per la riduzione della IOP.

Barnebey e Kwok hanno condotto uno studio prospettico, open-label per valutare il gradimento e il comfort dei pazienti quando passano dalla dorzolamide alla brinzolamide. Il sessantanove per cento dei 447 pazienti ha riferito un miglioramento quando sono passati alla

brinzolamide e il 59% ha preferito il brinzolamide al dorzolamide, con il 73% che ha continuato con la terapia brinzolamide.

Gli inibitori dell'anidrasi carbonica, quali l'acetazolamide e la methazolamide sono stati utilizzati sia per via orale che parenterale per la terapia aggiuntiva del mal di montagna, edema indotto da farmaci, ipertensione endocranica idiopatica, e glaucoma. Come derivati di sulfonamide, questi agenti sono associati con gravi eventi avversi, tra cui anafilassi, febbre, eruzioni cutanee, cristalluria, calcoli renali, depressione del midollo osseo, porpora trombocitopenica,

anemia emolitica, acidosi metabolica, squilibrio elettrolita, leucopenia, pancitopenia, e agranulocitosi. A differenza dell’acetazolamide, il methazolamide ha un’emivita più lunga e subisce un primo passaggio del metabolismo epatico, riducendo il rischio complessivo di eventi avversi.

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39 2.5 Agenti miotici

Agenti miotici includono pilocarpina, carbacolo, ecotiopato ioduro e demecarium. Questi farmaci causano la contrazione del muscolo ciliare e dello sperone sclerale portando ad apertura meccanica della rete trabecolare facilitando il deflusso di umor acqueo, diversi effetti collaterali comuni, quali costrizione pupillare, bruciore oculare, dolore alla fronte, e la visione notturna ridotta limitano l'uso diffuso di questi agenti per la terapia del glaucoma.

2.6 Agenti iperosmotici

Gli agenti iperosmotici riducono la IOP diminuendo il volume di fluido acquoso negli occhi e sono tipicamente somministrati in emergenza e / o in situazioni preoperatorie per ridurre la IOP

transitoriamente. Questa classe di farmaci include gli agenti preparati per via orale, glicerina e isosorbide, e anche mannitolo, che è

somministrato per via endovenosa. La glicerina è somministrata oralmente a 1-1,5 g / kg di peso corporeo come dose singola e

l’isosorbide è somministrato 1-3 g /kg di peso corporeo. Il mannitolo è di solito somministrato in endovena a 0,5-2 g / kg di peso corporeo.

Potenziali effetti collaterali di questa classe di farmaci includono: lo squilibrio idro-elettrolitico, acidosi metabolica, perdita di elettroliti, secchezza della bocca, marcata diuresi, ritenzione urinaria, edema periferico, cefalea, visione offuscata, convulsioni, nausea, vomito, disidratazione, ipotensione, e tachicardia.

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40 2.7 Associazioni fisse

Molti pazienti non rispondono ad un solo tipo di farmaci e hanno bisogno di una terapia combinata efficace per il controllo della IOP . È stato dimostrato che associazioni fisse di agenti riducono la IOP più efficacemente di ciascuno dei singoli componenti utilizzato

separatamente come monoterapia.

Diversi farmaci a combinazione fissa per il glaucoma sono attualmente disponibili negli Stati Uniti e comprendono: Cosopt (timololo maleato 0,5% e dorzolamide cloridrato 2%; Merck Sharp & Dohme Corp., North Wales, PA, USA), Combigan® (brimonidina tartrato 0,2% e timololo maleato 0,5%; Allergan Inc., Irvine, CA, USA), e Simbrinza (brimonidine tartrato 0,2% e brinzolamide 1%; Alcon Laboratories, Inc., Fort Worth, TX, USA) Cosopt è l'unico agente a combinazione fissa disponibile come formulazione senza conservanti (Cosopt PF; Merck Sharp & Dohme Corp., North Wales, PA, USA). Altri farmaci ad associazione fissa che sono disponibili fuori dagli Stati Uniti comprendono: Xalacom (latanoprost 0,005% e timololo 0,5%; Pfizer Ltd, Kent, NJ, USA), Ganfort (bimatoprost 0,03% e timololo 0,5%; Allergan Ltd, Buckinghamshire, Regno Unito), e DuoTrav (travoprost 0,004% e timololo maleato 0,5%; Alcon Canada, Mississauga, ON, Canada).

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41 2.8 Terapia senza conservanti

La malattia della superficie oculare (OSD) è relativamente prevalente tra la popolazione anziana e in particolare tra i pazienti con glaucoma. Gli agenti conservanti contenuti nella maggior parte delle

formulazioni topiche per la riduzione della IOP possono esacerbare preesistenti OSD portando a sintomi oculari così come la diminuita conformità dei farmaci. BAK è il conservante oftalmico più comune e inoltre è stato il più implicato come agente causale nell’esacerbazione di OSD. Recenti studi hanno suggerito che BAK può anche essere neurotossico per il tessuto corneale. Inoltre, l'esposizione giornaliera a lungo termine al BAK può influenzare negativamente i risultati

chirurgici del glaucoma. La recente disponibilità di agenti senza conservanti per la terapia topica del glaucoma ha offerto a questo proposito un’importante opzione per la cura di questa malattia.

I farmaci senza conservanti per la riduzione della IOP includono: tafluprost (Zioptan; Merck Sharp & Dohme Corp., Nord Wales, PA, USA), bimatoprost (Bimatoprost PF; Allergan, Inc., Irvine, CA, USA), latanoprost, timololo (Timoptic in Ocudose; Valeant Ophthalmics, Bridgewater, NJ, USA), e combinazioni fisse

dorzolamide / timololo (Cosopt PF; Merck Sharp & Dohme Corp., North Wales, PA, USA)

Studi crossover precedenti hanno dimostrato una diminuzione dei segni e dei sintomi di OSD dopo il passaggio dei pazienti

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conservanti. Il grado di diminuzione della IOP sembra essere simile tra agenti con conservanti e senza conservanti.

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Capitolo 3

Il glaucoma e la disfunzione vascolare

La riduzione della IOP è un trattamento efficace per ridurre la progressione di POAG, la cui patogenesi dipende apparentemente anche da altri fattori oltre che dall’aumento della pressione

intraoculare. Composti che non abbassano la IOP drammaticamente possono essere agenti terapeutici. Ad esempio, la brimonidina è un miglior stabilizzatore del deterioramento del campo visivo rispetto al timololo, pur producendo un effetto simile nella riduzione della IOP. Inoltre, l’ipertensione oculare non porta necessariamente a POAG e la normotensione oculare non la esclude, suggerendo che altre patologie, tra cui disfunzioni neurologiche come la sindrome di Alzheimer, la sclerosi multipla o la disfunzione vascolare, possono contribuire allo sviluppo di POAG. L’idea che la disfunzione vascolare contribuisca alla patogenesi della POAG si basa sull'ipotesi che, la diminuita perfusione del nervo ottico porta alla neurodegenerazione. In pazienti affetti da glaucoma sono stati evidenziati un compromesso flusso di sangue e un’alterata autoregolazione vascolare. Studi epidemiologici hanno trovato relazioni tra POAG e una bassa pressione di perfusione oculare o una bassa pressione arteriosa sistemica. È stato inoltre dimostrato che fattori di rischio vascolari sistemici aumentando le probabilità di POAG con perdita precoce paracentrale del campo visivo. È importante notare che la regolazione del flusso sanguigno

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alla testa del nervo ottico sembra essere fortemente dipendente dalla IOP e dall’OPP.

3.1 La segnalazione NO-cGMP nell’occhio

NO è una molecola di segnalazione ben caratterizzata, con ruoli

importanti in una grande varietà di processi fisiologici e patologici, tra cui l'omeostasi cardiovascolare, la funzione neuronale, e

l'infiammazione. NO è sintetizzato da L-arginina da una famiglia di tre enzimi denominati NO sintetasi (NOS) Figura 1. NOS2, o NOS inducibile, è stato identificato in macrofagi. A seguito di infezioni batteriche, in particolare con organismi Gram negativi, sono prodotti elevati livelli di NO da parte NOS2. NOS1 e NOS3 costitutivamente espresse in cellule neuronali e cellule endoteliali, rispettivamente.

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FIGURA 1 | Schema del GMP ciclico (cGMP) via di segnalazione.

GMPc è sintetizzato da GTP grazie alla guanilato ciclasi solubile in risposta all’ ossido nitrico (NO). Tale NO è generato dalla

conversione di L-arginina grazie alla NOS3 o dalla guanilato ciclasi solubile associata ai recettori di membrana, a sua volta attivata da ormoni peptidici e dal peptide natriuretico. Il GMPc lega e attiva le proteine chinasi GMPc- dipendenti ed è idrolizzato a sua volta dalle fosfodiesterasi. I riquadri raffigurano una panoramica schematica della struttura di NOS3, NPR, PKG, PDE, e SGC.

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In condizioni fisiologiche, i bassi livelli di NO prodotto dagli enzimi costitutivi NOS1 e NOS3 dipendenti dal Calcio hanno funzioni

diverse che vanno dalla neurotrasmissione alla vasodilatazione e dall’ inibizione dell’adesione all'aggregazione piastrinica. NO, è un

importante modulatore della funzione muscolare liscia e tutte e tre le isoforme di NOS sono espresse negli occhi (Tabella 1).

Diversi studi hanno evidenziato la capacità di NO di modulare il flusso di AQH dall’occhio e della pressione intraoculare. Pertanto, tale NO è candidato come un fattore che potrebbe modificare sia eventi vascolari che meccanici nella patogenesi di POAG. NO ha numerosi obiettivi, in quanto reagisce con una varietà di molecole intracellulari ed extracellulari in genere tramite gruppi tiolici o di metalli di

transizione. Un importante bersaglio del NO è l'eterodimero obbligato solubile guanilato ciclasi (sGC) un etero dimero composto da una subunità α e una β (Figura 1). Il cGMP prodotto interagisce poi con una varietà di proteine tra cui proteine chinasi cGMP-dipendente (PKGS), fosfodiesterasi cGMP-regolati (EDP), e canali ionici. Tale cGMP è anche sintetizzato da guanilato ciclasi recettoriale che a sua volta è attivato da NP (NPRs, Figura 1). Tuttavia, cGMP prodotta da NPRs e sGC può avere effetti differenti, probabilmente a causa delle diverse distribuzioni spazio-temporali del cGMP prodotto.

Esistono due isoforme funzionali del sCG: sGCα 1 β 1 che è

l’isoforma predominante nella maggior parte dei tessuti, e sGCα 2 β 1 sGCα; entrambe sono espresse in diversi siti anatomici rilevanti per il glaucoma (Tabella 1 e la Figura 2). L’attività sGC è stata rilevata

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nella retina del coniglio, del ratto, della Tartaruga, e del topo, essa si esprime sia nelle cellule gangliari retiniche dei fotorecettori che nello strato vascolare della muscolatura liscia delle arteriole della retina.

3.2 Regolazione NO-cGMP-mediata dalla IOP

Molteplici studi hanno prodotto prove che suggeriscono che la segnalazione NO-cGMP regola il deflusso dell’AQH e la IOP.

Tabella 1 | localizzazione oculare di ossido nitrico sintasi (NOS), guanilato ciclasi solubile (SGC), e recettori NP (NPR).

Con il trattamento di perfusione di occhi suini con l'inibitore sGC 1H- [1,2,4] oxadiazolo [4,3-a] quinoxalin-1-1 (ODQ) l 'aumento di

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NO-48

indotta viene compromessa, suggerendo che gli effetti di NO sul deflusso sono cGMP-dipendente. L’isoforma NO specifica NOS-inibitore L- Estere metilico NG-Nitroarginine (L-NAME) viene

diminuita e un composto NO-donatore aumenta il deflusso di AQH in occhi di donatori umani. Questo aumento di flusso, associato ad un aumento dei livelli di cGMP misurati nel perfusato, suggeriscono di nuovo un ruolo centrale per sGC e cGMP nella capacità di NO di modularlo. Di conseguenza, i composti NO-donatore riducono la IOP e migliorano l'ossigenazione dei tessuti alla testa del nervo ottico. In alcuni animali come i topi, che sovraesprimono NOS3, è stato notato un abbassamento della IOP grazie all’aumento del drenaggio

dipendente dalla pressione, confermando i rapporti precedenti che suggeriscono che la capacità di NO di abbassare la IOP è mediata da una diminuzione nella resistenza all’AQH piuttosto che da una variazione del tasso di secrezione di quest’ultimo. Altri possibili meccanismi di NO e cGMP che possono modulare il deflusso

includono: la regolazione del volume cellulare del canale di Schlemm e il volume delle cellule TM. La Compromissione della segnalazione NO-cGMP è stata riscontrata nella POAG. Ad esempio, sia i

metaboliti dell’NO sia i livelli di cGMP erano più bassi nel plasma in campioni di AQH di pazienti con POAG che in quelli provenienti da individui senza la POAG. Inoltre, la reattività della NADPH-diaforasi (NADPH-d) un marker per la produzione di NO, è stato ridotto in TM, SC, ed è stato riscontrato un aumento di livelli sierici di Analoghi L-arginina (NOS inibitori endogeni) sono risultati essere elevati in pazienti con glaucoma avanzato.

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Nelle donne inoltre, le varianti del gene NOS3 sono state associate con POAG. Questi studi suggeriscono che un’alterata segnalazione di NO-cGMP possa contribuire allo sviluppo della POAG, individuando la via di segnalazione NO-cGMP come potenziale bersaglio

terapeutico.

FIGURA 2 | Schema dell'occhio con i siti anatomici rilevanti per lo sviluppo di POAG in cui sGC è espresso.

Le sezioni attraverso le cellule gangliari della retina, del muscolo ciliare e di una arteriola della retina da un occhio umano sono verdi per sGCα 1, rossi per l’ α actina del muscolo liscio e per l’acido nucleico DAPI sono blu. Entrambi sGCα 1 e sGCβ 1 sono co-localizzato con l’actina del muscolo liscio nel muscolo ciliare e lo strato di cellule della muscolatura liscia di un’ arteriola della retina (immagine in giallo). Inoltre, l’espressione di sGCα 1 e sGCβ 1 (Non mostrato) è stata istologicamente rilevata nello strato nucleare esterno ed interno, delle cellule gangliari della retina.

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NOS-inibitore L-NAME riduce la IOP in un modello di coniglio con ipertensione oculare. Questa riduzione di IOP, osservata solo negli occhi ipertesi e normotesi non sembra essere associato con una ridotta produzione di AQH. Sono stati riportati effetti opposti di cGMP sulle dinamiche dell’AQH: il cui flusso diminuisce dopo la

somministrazione intravitreale di cGMP 8-Br-cGMP, ma aumenta dopo la somministrazione intra-camerale di 8-Br-cGMP, sottolineando che il percorso di somministrazione di qualsiasi farmaco finalizzato a ridurre o prevenire IOP può determinare in modo significativo la sua efficacia.

3.3 Modulazione dell’RGC da parte dell’NO

L’NO può anche esercitare un effetto neurotossico diretto su di RGC. Per esempio, nei pazienti con glaucoma ad angolo chiuso, i livelli più elevati di NO nell’AQH sembrano contribuire al danno del nervo ottico. Allo stesso modo, in un modello di ratto con glaucoma,

l’elevata espressione della NOS1 retinica conferma la citotossicità e la perdita di RGC selettiva. Inoltre, NO generato da NOS2 in risposta all’aumento di IOP può contribuire alla morte di RGC: il trattamento di ratti con IOP cronicamente elevata, con un inibitore di NOS2,

impedisce la perdita di RGC. Clinicamente rilevante, è l’aumento dell’ espressione di NOS2 nella TM di pazienti con POAG e la sua attività proporzionale ai difetti del campo visivo. L’inibizione dell'attività NOS può essere sfruttata per il trattamento del glaucoma, proteggendo RGC dallo stress.

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3.4 NO-cGMP e la sua importanza nella regolazione della IOP

La TM e il CM sono strutture attive piuttosto che filtri passivi. Il CM è un muscolo liscio e la TM contiene filamenti di alfa-actina specifici del muscolo liscio contrattile. Entrambi sono coinvolti nella

regolazione di deflusso di AQH. Diversi studi hanno suggerito l'esistenza di un antagonismo funzionale tra la TM e la CM e la resistenza del TM può essere regolata dallo stato contrattile del CM. La contrazione del CM sembra diminuire la TM resistenza,

aumentando il deflusso dell’AQH e diminuendo la IOP. Ad esempio, la segnalazione chinasi-mediata RhoA-Rho, che regola la

fosforilazione della catena leggera della miosina, influenza

direttamente la contrazione del TM e quindi anche il drenaggio. In vari modelli animali, inibendo Rho chinasi, un enzima che svolge un ruolo critico nella regolazione del tono contrattile dei tessuti muscolari lisci, aumenta il deflusso dell’AQH. La capacità da parte degli Rho inibitori della chinasi di abbassare la IOP è attualmente testato in clinica. La presenza di NOS3 e sGC nel CM e nel TM (Tabella 1) suggerisce che la via NO-sGC può modulare il deflusso e la resistenza regolando la contrattilità CM e TM. Infatti, sia composti NO-donatori che gli analoghi del cGMP regolano lo stato contrattile del CM e TM bovino in esperimenti in bagno d'organo.

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3.5 Il percorso NO-cGMP come bersaglio terapeutico

Il percorso NO-cGMP può essere turbato da una varietà di

meccanismi. Può diminuire l’espressione di NOS3, oppure può essere ridotta la sua biodisponibilità. sGC può essere convertita in uno stato NO-insensibile come conseguenza di un aumento dello stress

ossidativo: è ipotizzabile che il meccanismo che aumenta i livelli dello stress ossidativo in POAG possa comportare l'ossidazione diretta e l’inattivazione di sGC. Inoltre l'espressione sGC può essere repressa in condizioni pro-infiammatorie. Quest'ultima è un’ipotesi rilevante basata sull'infiammazione che contribuisce allo sviluppo di glaucoma. La segnalazione NO-cGMP può essere modulata dalla variazione genetica.

Si stanno testando vari agenti terapeutici per migliorare la

segnalazione NO-sGC-cGMP. Sono già in fase clinica gli stimolatori NO-indipendenti sGC e quindi sono stati approvati per il trattamento di malattie cardiovascolari. Questi composti potrebbero

plausibilmente essere sviluppati per trattare POAG. Gli NO-indipendenti e attivatori eme-indipendente sGC attivano preferenzialmente l’sGC quando l'eme è ossidato o mancante. Attivando sGC si ha il bypass di qualsiasi tossicità associata con attivazione di NOS. Inoltre, sGC elude i problemi legati alla ridotta biodisponibilità NO (ad esempio, in un contesto di aumentato stress ossidativo) e permette un approccio più specifico, poiché le azioni biologiche di NO non solo sono mediate da cGMP ma anche da cGMP-indipendente.Altri potenziali approcci terapeutici mirati alla

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segnalazione cGMP che possono essere sviluppati per il trattamento di POAG, includono enzimi che controllano i livelli di GMP e che sono abbondantemente presenti negli occhi, tra cui cGMP- catabolizzatori di PDE e NP attivato di membrana legato alla guanilato ciclasi. Test di studi pilota hanno evidenziato la scarsa capacità del sildenafil inibitore PDE5 di abbassare la IOP. Una singola dose orale di sildenafil 50-100mg non ha avuto effetti sulla IOP in pazienti POAG e in volontari sani, ma aumenta il flusso sanguigno sia in soggetti sani che in

pazienti con disfunzione vascolare sistemica. Anche il trattamento cronico con sildenafil (due volte a settimana per 3 mesi) non è riuscito a incidere sulla IOP. È interessante notare che le coorti in cui l'effetto del sildenafil è stato studiato su IOP erano di dimensioni limitate (5-15 sub progetti). È concepibile che questi studi siano stati

sottodimensionati per rilevare piccole diminuzioni di IOP associati al trattamento con sildenafil.

Questa è una preoccupazione rilevante in quanto modeste variazioni IOP portano al rischio di POAG negli esseri umani. Ad esempio, una differenza di 2 mmHg della IOP distingue tra progressione e non-progressione nei pazienti POAG. Inoltre, la maggior parte delle coorti studiata consisteva di uomini soltanto. Alla luce di una possibile specificità di genere POAG e della segnalazione dell’NO-cGMP, sarebbe interessante vedere se cGMP previene il catabolismo della PDE5 e se abbia un impatto sulla IOP nelle donne. Può essere utile testare l'effetto sulla pressione intraoculare di altri inibitori della PDE5 con emivita più lunga del sildenafil, con un emivita di sole 4 ore.

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Capitolo 4

Targeting disfunzionale mitocondriale nell’invecchiamento come nel glaucoma

4.1 La disfunzione mitocondriale

È stato provato che la disfunzione mitocondriale è la causa dell’inizio del glaucoma e della conseguente perdita progressiva della visione. I mitocondri sono noti per eseguire una serie di operazioni nelle cellule, che includono il mantenimento dell'omeostasi e il coinvolgimento in numerose funzioni metaboliche tra cui il metabolismo energetico ossidativo, il controllo dei livelli di calcio intracellulare per la mediazione dei segnali e la regolazione dell'eccitabilità neuronale e della trasmissione sinaptica. I mitocondri svolgono anche funzioni specifiche in una cellula tipo; come per esempio la produzione di urea nelle cellule epatiche e renali. Tuttavia, in alcuni tipi di cellule come i fibroblasti, l’ATP sufficiente per mantenere la funzione può essere generata attraverso i mitocondri con processi come la glicolisi. I neuroni, al contrario di altre cellule come i fibroblasti, necessitano della funzione mitocondriale per mantenere la sopravvivenza, perché hanno bisogno di abbondanza di ATP per regolare i gradienti ionici attraverso le loro membrane per la generazione di potenziali di

membrana. Circa il 90% dell’ATP mitocondriale che viene generato è utilizzato per mantenere dinamica la membrana per la sopravvivenza neuronale e anche un breve periodo di deprivazione di ossigeno o di

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glucosio, risulta compromettere la funzione mitocondriale, la perdita di potenziali d'azione e la successiva morte .

I neuroni in particolare, ma in alcuni casi, anche altri tipi di cellule (ad esempio, fotorecettori), sono assolutamente dipendenti da ATP

formata dalla fosforilazione ossidativa dei mitocondri a causa della loro capacità limitata di glicolisi. La logica suggerisce quindi, che il numero di mitocondri neuronali potrebbe essere importante per un determinato tipo di neuroni o cellule. Nella retina i mitocondri sono particolarmente concentrati nella parte amielinica delle cellule

gangliari retiniche (RGC) degli assoni di mammiferi, indicando che in questa parte del neurone sono necessari molti mitocondri per fornire energia per la trasmissione delle informazioni al cervello.

I fotorecettori retinici hanno anche una notevole abbondanza di mitocondri nei loro segmenti interni, probabilmente per fornire l'energia necessaria per la fagocitosi e per il rinnovo dei segmenti esterni.

4.2 Cambiamenti mitocondriali legati all'età

Molti studi hanno trovato una correlazione tra la durata della vita e l’invecchiamento dei mitocondri. Ad esempio, le cellule di ratti giovani subiscono rapida senescenza e degenerazione quando vengono, microiniettate con estratti di mitocondri provenienti da fibroblasti di ratti anziani. Con l’età i mitocondri subiscono una serie di modifiche, tra cui: aumento della disorganizzazione della struttura

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