• Non ci sono risultati.

2. Allevamento per la riproduzione e la reintroduzione

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "2. Allevamento per la riproduzione e la reintroduzione"

Copied!
17
0
0

Testo completo

(1)

2. Allevamento per la riproduzione e la reintroduzione

Con il termine “reintroduzione” s’intende “la traslocazione di un organismo in una parte del suo areale di distribuzione originario da cui è scomparso o estirpato in tempi storici a causa dell’uomo o di catastrofi naturali” (IUNC, 1987).

La reintroduzione di specie avicole cacciabili localmente estinte è un’operazione molto difficile e dagli esiti spesso incerti anche laddove sussistano le condizioni ambientali favorevoli. Uno degli elementi di maggiore rilevanza è sicuramente la qualità dei soggetti utilizzati. Infatti, è molto difficile disporre di animali selvatici da traslocare nel sito di reintroduzione e, pertanto, è necessario ricorrere a soggetti provenienti dall'allevamento.

La pernice rossa, allo stato attuale, è allevata in alcuni stati europei tra cui la Francia, il Portogallo, la Spagna, l’Inghilterra e l’Italia (Gonzalez-Redondo, 2004).

Si possono classificare almeno tre tipi di allevamento (Santilli, 2012):

1. Allevamento intensivo (o artificiale), che prevede il ricorso alle incubatrici meccaniche e alle madri artificiali per i pulcini;

2. Allevamento semi-naturale, dove l’incubazione e l’allevamento dei piccoli viene effettuato da madri adottive (ad esempio galline domestiche);

3. Allevamento naturale, in cui l’incubazione e l’allevamento dei pulcini viene effettuato dai genitori naturali.

L’allevamento dei riproduttori ha il duplice scopo di produrre soggetti da immettere in natura (per la reintroduzione e il ripopolamento) e giovani da destinare alla rimonta interna. La tecnica di allevamento che viene utilizzata può modificare il comportamento degli animali e ridurre le reazioni di difesa anti predatoria.

Questo comportamento, infatti, pur avendo una base genetica, è appreso dai pulcini nelle prime fasi di vita. Con l’allevamento intensivo e l’utilizzo delle incubatrici, i pulcini sono privati del contatto con i genitori e manifestano quindi una reazione anti predatoria spesso inefficacie. La perdita della risposta anti predatoria sembra quindi essere un fattore critico in una prospettiva di produzione di soggetti in grado di sopravvivere in natura.

(2)

Diversi studi hanno reso evidente, soprattutto nelle starne e nelle pernici, che gli animali allevati in modo intensivo tendono a rimanere indifferenti rispetto ai predatori terrestri e aerei, mentre quelli allevati dai genitori naturali manifestano i tipici atteggiamenti di difesa (Bagliacca-Fronte et al., 2008). I metodi di allevamento artificiale sconvolgono quindi l’imprinting e le caratteristiche sociali proprie delle diverse specie, non consentendo ai singoli individui di stabilire legami e gerarchie di gruppo (Casanova, 1993).

L’allevamento naturale, pur risultando il meno produttivo, permette tuttavia di avere animali con caratteristiche molto simili a quelle dei soggetti selvatici.

È quindi di fondamentale importanza scegliere la tecnica di allevamento adattata, che sarà diversa tra quella dei soggetti destinati alla reintroduzione e al ripopolamento e quella dei soggetti da destinare alla rimonta interna.

La pernice rossa è una specie monogama, pertanto, per perseguire i migliori successi nella riproduzione, è consigliato l’utilizzo di gabbie per riproduttori con fondo in rete, sollevate da terra di 50 -70 cm (Grilli-Ferrazzi, 2008), mentre l’uso dei parchetti è fortemente sconsigliato; in ogni caso l’allevamento deve essere posizionato all’aperto o sotto tettoie, in una zona tranquilla, riparata dai venti e possibilmente esposta ad est o sud.

E’ importante che gli animali siano allevati in ambienti che si avvicinino il più possibile alla situazione naturale e lontano da rumori e disturbi di ogni genere. Questi piccoli selvatici sono animali facilmente eccitabili e al minimo disturbo tutti i capi spiccano nervose impennate verso l’alto con il rischio di ferirsi. L’intero allevamento deve essere quindi protetto da efficaci barriere visive in modo che gli animali non siano spaventati da presenze inconsuete.

I maschi e le femmine sono disposti, tramite un accoppiamento forzato, nelle gabbie da riproduzione tra Gennaio e Marzo e vi rimangono fino al termine del periodo riproduttivo.

Le gabbie, con dimensioni minime di cm 30 X 40 e altezza di 20 cm (Bagliacca et al., 2008) possono essere sia di legno che di metallo. In commercio esistono anche gabbie di dimensioni 50 X 50 cm o 60 X 80 cm. Si ritiene sufficiente una superficie di 200 cm2 per coppia (Grilli-Ferrazzi, 2008).

Le gabbie sono disposte generalmente su di una fila, affiancate le une alle altre e devono avere almeno tre lati realizzati con materiale non trasparente, affinché i riproduttori (i maschi in particolare) non si vedano tra di loro.

Il pavimento deve essere realizzato con rete zincata (maglie 2 X 1 cm). Le gabbie possono essere sistemate leggermente inclinate, al fine di agevolare il rotolamento delle uova verso una cassetta,

(3)

adibita alla loro raccolta, situata al loro esterno; l’inclinazione non deve essere mai superiore al 14%, per rispettare la normativa sul benessere animale.

Per la parte superiore della gabbia si può utilizzare una rete romboidale a maglia sciolta o una rete plastificata a maglie fitte, entrambe, infatti, salvaguardano gli animali dalle lesioni craniche che si possono provocare durante i tentativi di involo indotti dalla vicinanza degli operatori o da eventuali animali che transitano vicino all’ allevamento.

Figura 2.1 Esempio di gabbia da allevamento per riproduttori.

Sempre nella parte superiore della gabbia è prevista la presenza di una tettoia che copra totalmente o parzialmente la rete; questa copertura permette agli animali di sottrarsi alla vista degli operatori e di difendersi sia dal sole estivo sia dalle intemperie invernali.

Le gabbie devono essere inoltre dotate di mangiatoie singole, protette dalla pioggia con un tettuccio, e abbeveratoi automatici a goccia collegati all’impianto idrico dell’allevamento.

Solitamente all’inizio di ogni fila di gabbie è sistemato un serbatoio per l’acqua che viene utilizzato anche per effettuare eventuali trattamenti terapeutici di massa. Gli abbeveratoi devono essere controllati quotidianamente e quelli danneggiati o rotti devono essere sostituiti prontamente. Per quanto riguarda il programma d’illuminazione, solitamente si mantiene un fotoperiodo naturale, ma si può utilizzare luce artificiale nel caso in cui le condizioni atmosferiche all’inizio della deposizione non siano ottimali (Bagliacca et al., 2008). La luce artificiale viene utilizzata per

(4)

incrementare la deposizione e anticipare il periodo riproduttivo; gli animali, vedendo sempre la luce , riescono a produrre uova anche quando le ore di buio sono superiori a quelle del dì.

A partire dal mese di gennaio il fotoperiodo dovrebbe essere aumentato di un’ora ogni settimana fino a raggiungere sedici ore di luce al giorno e otto ore di buio.

È fondamentale che la luce artificiale sia sempre associata a quella naturale, infatti, l’anticipo della deposizione ha un’azione diretta di sfasamento sui soggetti ai quali è applicato, ma non influenza i giovani nati. È consigliabile iniziare la deposizione non prima della metà di febbraio, e quindi non avere nascite al di fuori del periodo marzo-agosto.

Anticipare la deposizione risulta utile soprattutto per i soggetti da destinare al ripopolamento o alla reintroduzione, che così riescono, già nel mese di Giugno, a raggiungere un’età sufficiente (circa 60 giorni) per essere trasferiti nelle strutture di ambientamento. Gli animali in questo periodo trovano, infatti, condizioni climatiche e ambientali favorevoli: cereali autunno-vernini ancora in fase di maturazione, costante presenza di acqua sotto forma di rugiada mattutina e temperature ottimali. Viceversa, gli animali nati tardivamente non sono abbastanza sviluppati e devono essere liberati in seguito alle trebbiature, quando la maggior parte dei campi sono già arati e c’è mancanza di acqua per assenza di piogge.

I riproduttori a fine ciclo, allevati in gabbia e sottoposti a fotoperiodo artificiale, non devono in nessun caso essere utilizzati come soggetti da reintroduzione e ripopolamento (Bagliacca et al., 2008).

(5)

2.1 Raccolta e conservazione delle uova

Raccolta

La raccolta delle uova deve essere eseguite almeno una volta al giorno (in genere la mattina) fino al mese di maggio, quando le temperature ambientali medie non superano i 20°C, considerati lo “zero fisiologico”, cioè la temperatura al di sotto della quale il numero delle cellule embrionali rimane costante e le nuove cellule formate vanno solo a rimpiazzare quelle morte (Bagliacca-Paci et al., 2005).

Nei mesi successivi invece è consigliabile raccogliere le uova almeno due volte al giorno (la mattina e prima del tramonto), specialmente quando la temperatura supera i 26°C.

Per scegliere l’ora più adatta per la raccolta bisogna sempre considerare quale sia il momento del giorno in cui la maggior parte degli animali depone le uova: nella pernice rossa la deposizione avviene nelle primissime ore del mattino e delle sera, mentre, ad esempio, nel fagiano la maggior parte delle femmine depone nel tardo pomeriggio.

Tempi di permanenza delle uova a temperature elevate e bassa umidità determinano l’inizio di uno sviluppo embrionale sproporzionato e provocano un certo grado di disidratazione con un conseguente incremento della mortalità embrionale (Romboli e Bagliacca, 1998).

Le uova dopo essere state raccolte non possono essere disposte subito nelle incubatrici, questo perché la deposizione avviene giornalmente; occorre perciò conservarle in modo idoneo fino a quando viene raggiunto il numero stabilito di uova per dare inizio all’incubazione.

Solitamente le uova sono incubate una volta a settimana, ad eccezione delle prime due e ultime due settimane di deposizione, quando vengono conservate anche per due settimane consecutive. Al momento della raccolta le uova devono essere controllate per verificare se rispondono ai canoni richiesti. Sono scartate le uova troppo grandi o troppo piccole, quelle incrinate, con difetti del guscio e con evidenti forme anomale; le uova che presentano una o più di queste caratteristiche tendono, infatti, ad avere basse possibilità di schiusa. In ogni caso è consigliabile conservare uova che non siano state disinfettate e che non abbiano subito processi di fumigazione, nebulizzazione o lavaggio. Lavare le uova con l’acqua potrebbe infatti facilitare la penetrazione batterica del guscio e rimuoverebbe la pellicola batteriostatica invisibile (cuticola) che le protegge dalle contaminazioni.

(6)

Conservazione

Nelle specie ovipare lo sviluppo embrionale avviene quasi completamente all’esterno del corpo materno e all’interno del guscio calcareo; l’uovo, una volta formato, non subisce variazioni nel suo contenuto in sostanze nutritive, ma compie scambi gassosi (O2, CO2, H2O) con l’ambiente esterno per crescere.

La conservazione viene superata meglio da embrioni in stadio di sviluppo relativamente avanzato, denominato “gastrula” (circa 5.000 cellule).

Per questo motivo la conservazione delle uova risulta essere un periodo molto delicato per lo sviluppo embrionale in quanto permette di mantenere l’embrione in uno stato di dormienza fino al momento dell’incubazione, senza però pregiudicare lo sviluppo successivo.

Ci sono vari fattori che possono influenzare lo stoccaggio delle uova, di seguito sono elencati e descritti:

Luogo della conservazione

E’ consigliato stoccare le uova in ambienti separati dalla stanza dove si trovano le incubatrici sia per motivi igienici, poiché le uova potrebbero essere sporche, sia per differenza di temperatura tra i due ambienti (Giuliacci, 2009).

Temperatura

La schiusa delle uova è fortemente condizionata dalla temperatura e dalla durata dello stoccaggio, o meglio dal tempo di permanenza delle uova a una determinata temperatura.

Mantenere una temperatura ottimale e costante permette di conservare le uova per periodi abbastanza lunghi (una settimana o poco più), mentre temperature troppo alte o troppo basse fanno sì che le uova debbano essere incubate con una frequenza diversa. Le temperature basse sono idonee per le conservazioni più lunghe, quindi uno stoccaggio prolungato è tollerato all’inizio del ciclo produttivo, ma non può continuare successivamente.

Le uova fertili devono essere conservate a una temperatura di 12 – 20 °C, considerando come temperatura ottimale di conservazione un range più ridotto compreso tra i 16 e i 18 °C.

Gli embrioni contenuti nelle uova cominciano a svilupparsi in modo anormale e malformato se la temperatura di conservazione è più alta, mentre se la temperatura è più bassa, gli embrioni

(7)

entreranno in dormienza profonda e molti moriranno. In ogni caso la schiusa diminuirà (Bagliacca et al., 2008).

Le prime ricerche effettuate per valutare l’effetto della temperatura sullo sviluppo embrionale sono state fatte da Edwards nel 1902; egli valutò che la temperatura più bassa alla quale si poteva osservare uno sviluppo all’interno dell’uovo fosse di 21° C. Successivamente Funk e Biellier (1944) hanno individuato una temperatura minima di sviluppo di 28° C. Studi ancora successivi (Fasenko et al., 1992) hanno poi individuato una temperatura minima di sviluppo di 14° C dopo aver osservato che, uova di tacchino conservate per 3, 7 e 14 giorni a 15° C, presentavamo comunque uno sviluppo embrionale.

Il motivo per cui si osserva questa diversità tra i valori osservati risiede nel fatto che i diversi tessuti di sviluppo dell’embrione possono avere differenti temperature minime per il loro accrescimento (Kaufman, 1948), e può dipendere anche dai diversi metodi di determinazione dello sviluppo embrionale, o dalla scelta di uova fresche o meno (Fasenko, 2007).

Nella pratica comune, affinché durante lo stoccaggio non ci sia sviluppo embrionale, si ritiene che le uova debbano essere mantenute ad una temperatura inferiore a 20 – 21 °C (considerati lo “zero fisiologico”) e l’umidità relativa debba essere tale da “limitare” l’evaporazione delle uova (Romboli-Bagliacca, 1998). Mantenere temperature basse durante la fase di conservazione serve anche per prevenire lo sviluppo di batteri che potrebbero contaminare le uova (Fasenko, 2007) e causare problemi di schiusa.

Per lunghe conservazioni (oltre sette giorni) la temperatura ottimale è tra i 12 e i 15 °C, mentre per le conservazioni più brevi (dai 3 ai 7 giorni) è consigliata una temperatura più alta, tra i 16 e i 18 °C (Souveur, 1988).

La temperatura inoltre influenza la variazione del pH, che, da 7,6 prima della deposizione passa a 9,0-9,5.

La stabilizzazione del pH è raggiunta più o meno velocemente a seconda della temperatura ambientale, equilibrandosi in 6-8 giorni a 10-12 °C, o in 3-4 giorni alla temperatura di 16-18 °C.

Umidità relativa

Il controllo dell’umidità relativa, rispetto alla temperatura, ha un effetto meno marcato sulla schiusa. Essa deve essere comunque mantenuta al 70-75%, per limitare la disidratazione e l’evaporazione delle uova. L’aumento dell’umidità relativa è considerato sempre vantaggioso, ma

(8)

deve evitare che si determini il fenomeno della rugiada sul guscio che crea una superficie di continuità dall'esterno all'interno delle uova facilitandone la contaminazione batterica.

Se l'umidità è troppo bassa, viceversa, l’uovo si disidraterà eccessivamente e le membrane testacee si seccheranno troppo, con un conseguente aumento di mortalità embrionale.

Durante la conservazione le uova devono perdere dallo 0,5 - massimo 1% del loro peso inziale. Va ricordato però che, qualora la perdita d'acqua rimanga nell'ambito dell'1%, come nel caso di conservazione in ambienti con umidità relativa bassa, di uova non lavate (con pellicola presente), le uova perderanno meno acqua durante i primi ventuno giorni di incubazione recuperando completamente rispetto alle uova conservate più brevemente o ad una umidità ottimale dell'80% (Romboli e Bagliacca, 1998).

Posizione e cambiamenti di posizione

La posizione ottimale durante la fase di stoccaggio sembra essere con il polo acuto rivolto verso il basso, mentre bisogna evitare che le uova siano sistemate in orizzontale. È consigliato ruotare le uova 1-3 volte il giorno: questo trattamento ha un effetto positivo sulle uova conservate per tempi lunghi (più di 10 giorni), mentre è ridotto o nullo per brevi conservazioni (meno di 7 giorni).

Uno studio condotto da Elibot nel 2002 ha valutato quanto, durante la conservazione, possa influire la rotazione delle uova sulla schiusa. Sono stati eseguiti tre diversi tipi di trattamento: uova non ruotate, uova ruotate 4 volte al giorno e uova ruotate 24 volte al giorno. I risultati hanno evidenziato una migliore fertilità e schiusa delle uova che, durante lo stoccaggio, erano state ruotate per 4 volte rispetto a quelle che erano state mantenute ferme tutto il tempo; le uova ruotate per 24 volte al giorno presentavano valori intermedi tra i due.

Durata della conservazione

La durata dello stoccaggio aumenta il tempo dell’incubazione e riduce la percentuale di schiusa delle uova. Per un approfondimento di quest’aspetto rimandiamo al capitolo 3.

Pulizia del guscio

Uova imbrattate, specie a livello del polo ottuso dove si trova la camera d’aria, hanno un’anormale aerazione. Si consiglia quindi di immergere le uova in acqua tiepida, ad una temperatura di 25-28 °C contenente un battericida. Con l’acqua fredda, infatti, sia il battericida che i batteri possono penetrare attraverso i pori (www.summagallicana.it).

(9)

2.2 Incubazione e schiusa

Incubazione

L’incubazione è l’insieme delle procedure atte a consentire lo sviluppo dell’embrione. Lo sviluppo embrionale viene generalmente suddiviso in due sotto periodi: l’incubazione e la schiusa. Alla schiusa sono assegnati gli ultimi 3-4 giorni dello sviluppo. Nella pernice, quando si parla d’incubazione, ci si riferisce ai primi 21 giorni dello sviluppo embrionale: i pulcini infatti nascono dopo 24 giorni, composti da 21 giorni di incubazione più 3 giorni di camera di schiusa.

L’incubatrice è la macchina dove sono poste le uova dopo lo stoccaggio; essa fornisce la giusta temperatura, umidità e ventilazione alle uova in attesa della schiusa e garantisce giusti livelli di ossigeno e di anidride carbonica. Esistono varie tipologie di macchine incubatrici, ma tutte presentano uguali caratteristiche fondamentali: sono dotate di vassoi porta-uovo che servono per mantenere le uova nella posizione ideale, ovvero con il polo acuto rivolto verso il basso e il polo ottuso, dove si trova la camera d’aria, rivolto verso l’alto; l’embrione infatti si svilupperà nell’uovo in modo tale che la testa si venga a trovare in prossimità del polo ottuso. Se le uova sono sistemate inversamente la testa del futuro pulcino dovrà orientarsi diversamente e l’embrione, orientato in modo sbagliato, non nascerà.

Le incubatrici moderne inclinano questi vassoi con frequenza impostabile (solitamente una volta l’ora), in modo da consentire un migliore sviluppo dell’embrione e degli annessi embrionali.

Esistono due tipi d’incubatrici: multi-stage e single-stage. Nelle prime troviamo uova di diversa età; in esse è molto importante il bilanciamento tra uova fredde (1-7 giorni) e uova sempre più calde (8-21 giorni), in quanto un equilibrio non corretto può determinare grandi variazioni di temperatura dentro la macchina. Questo tipo d’incubatrice lavora continuamente e la temperatura è mantenuta sempre costante.

Nelle incubatrici single-stage sono presenti invece uova della stessa età; in questo caso le condizioni d’incubazione variano in base allo sviluppo embrionale ed è possibile eseguire il tutto pieno tutto vuoto, con grandi vantaggi dal punto di vista igienico. La temperatura in queste macchine viene modulata in base allo sviluppo embrionale.

Qualora le uova siano state conservate per più di 7 giorni a 12-15 °C, è consigliabile effettuare un preriscaldamento delle uova prima di inserirle nell’incubatrice; ciò viene fatto per evitare che, a causa dell’elevata differenza di temperatura tra la camera di stoccaggio e l’interno dell’incubatrice, si formi un velo di “condensa” sul guscio. Per ottenere un ottimale

(10)

preriscaldamento delle uova basterà porle per alcune ore nella camera d’incubazione, a una temperatura di 23-25 °C (Bagliacca et al., 2008).

L’incubatrice va accesa un paio di ore prima di inserire le uova, in modo da tarare e far assestare la temperatura e l’umidità al valore ottimale.

I parametri che influisco durante l’incubazione sono gli stessi che abbiamo già osservato nello stoccaggio.

Luogo

I locali dove sono presenti le incubatrici devono essere separati dagli altri con una logica di successione. Il passaggio deve essere sempre dai locali “sporchi” a quelli “puliti” e mai inverso, in modo che le uova seguano un percorso igienicamente logico e si limitino così le possibili contaminazioni.

La stanza deve essere ben areata e pulita, questo perché l’aria presente in essa è quella che poi entrerà nell’incubatrice.

Affinché le macchine lavorino alla temperatura e umidità desiderate è importante che la stanza dove si trovano abbia una temperatura di circa 20-24 °C e umidità del 40-60 % (Bagliacca et al., 2008), parametri che devono essere mantenuti costanti durante tutta la durata dell’incubazione. Inoltre le macchine dovrebbero essere sistemate lontane da correnti d’aria e dal sole diretto, fattori che possono influire molto sulla costanza della temperatura all’interno della macchina.

Temperatura

La temperatura è un parametro che condiziona molto l’attività metabolica dell’embrione e quindi la sua velocità di sviluppo.

La temperatura ottimale, che deve essere mantenuta costante per tutta l’incubazione, varia in base alla specie, per la pernice rossa è di 99,7 °F (37,7 °C); se la temperatura oscilla di più di 0,5 °F, c’è da aspettarsi una bassa percentuale di schiusa (Bagliacca et al., 2008).

Temperature inferiori a quella ottimale allungano l’incubazione, viceversa, temperature superiori la accorciano, in entrambi i casi, la schiusa sarà inferiore; per questo motivo è consigliabile controllare la temperatura della macchina d’incubazione almeno due volte il giorno. Molte incubatrici sono dotate di sonde elettriche di alta precisione per la valutazione della temperatura presente all’interno della macchina; inoltre possono essere presenti anche allarmi che si attivano se la temperatura raggiunge valori troppo alti o troppo bassi rispetto a quelli ottimali.

(11)

Durante i primi quindici giorni d’incubazione la temperatura dell’embrione è inferiore a quella erogata dalla macchina; man mano che l’embrione si sviluppa produce molto calore e quindi la temperatura dovrà essere ridotta. Se, infatti, la temperatura del guscio supera i 39,5 °C, si possono compromettere sia lo sviluppo del sistema immunitario sia le funzioni intestinali (www.vetunibo.it).

Umidità relativa

L’umidità relativa, che misura il rapporto percentuale fra la quantità d’acqua sotto forma di vapore dispersa nell’aria e la quantità massima che l’aria può contenere a quella temperatura (punto di saturazione), è anch’essa molto importante in quanto regola lo sviluppo ed il metabolismo dell’embrione.

Per mantenere il valore ottimale di umidità è necessario collocare sul fondo dell’incubatrice un recipiente che deve essere giornalmente rifornito d’acqua. L’umidità relativa ottimale è del 65-70%.

Durante l’incubazione l’uovo subisce un’evaporazione pari all’11-13 %, questa è strettamente correlata all’umidità relativa presente all’interno della macchina. Per verificare che l’umidità sia corretta bisogna far riferimento alla perdita di peso dell’uovo e all’aumento della camera d’aria durante l’incubazione.

Figura 2.2. Perdita di acqua e aumento della camera d’aria dalla deposizione alla schiusa

(12)

Se l’umidità è troppo alta, l’uovo farà evaporare poca acqua, che rimarrà così all’interno portando a morte l’embrione, inoltre il sacco vitellino non si richiuderà completamente.

Viceversa, se l’umidità è troppo bassa, i contenuti dell’uovo saranno troppo spessi e appiccicosi per permettere all’embrione di ruotare e le membrane saranno troppo dure per rompersi; ci sarà un minore trasferimento di calcio dal guscio all’embrione e nasceranno pulcini molto deboli. L’equilibrio corretto tra la temperatura e l’umidità durante l’incubazione, permette alla camera d’aria di svilupparsi correttamente. Vari studi hanno dimostrato che una perdita di peso troppo alta o troppo bassa durante l’incubazione causa una diminuzione della schiusa rispetto alle uova dove la perdita è nella media (Christensen, 1981)

Posizione delle uova e voltaggio

Come già detto per la conservazione, la posizione ottimale delle uova è quella con il polo acuto rivolto verso il basso. Dato che gli uccelli in natura ruotano in maniera frequente le uova durante la cova, questo comportamento deve essere riprodotto anche dall’incubatrice. Il voltaggio delle uova durante l'incubazione previene la morte degli embrioni e la nascita di pulcini malformati. Ruotare le uova impedisce che l’embrione si attacchi alle membrane testacee, favorisce una più regolare distribuzione del calore e permette al tuorlo di rimanere in posizione centrale (Romboli et al., 2008).

Questo trattamento risulta particolarmente importante durante le prime due settimane di incubazione. È bene assicurarsi che le uova girino come minimo almeno tre volte il giorno. Più frequenti saranno i voltaggi, maggiore sarà la sopravvivenza embrionale.

Dimensione e peso delle uova

La dimensione e il peso delle uova possono influire sulla durata dell’incubazione: le uova di dimensioni più grandi richiedono tempi più lunghi rispetto a quelle di dimensioni standard.

Per questo motivo si consiglia di incubare le uova più grosse prima: 30 minuti in più di incubazione per ogni 2,5 grammi in più di peso (Bagliacca et al., 2008).

È stato inoltre osservato che le uova con un peso inferiore a 16,7 g hanno una minore schiusa e fertilità rispetto alle uova con peso nella media (da 17,6 a 18,9 g.) e a quelle più grandi (peso maggiore di 18,9 g.) Si consiglia quindi di non incubare le uova troppo piccole quando è stato già raggiunto il numero necessario per l’incubazione (Mourão et al.,2010).

(13)

Ventilazione

La ventilazione ha la funzione di allontanare l’anidride carbonica e gli altri gas derivanti dal catabolismo embrionale e di arricchire l’aria stessa di ossigeno. Inoltre garantisce anche

l’allontanamento dell’eccesso di calore prodotto dalle uova soprattutto nell’ultima fase di sviluppo embrionale.

La circolazione dell’aria e gli scambi gassosi tra l’uovo e l’esterno sono condizioni fondamentali per l’accrescimento dell’embrione. La composizione dell’aria all’interno dell’incubatrice deve essere molto simile a quella presente all’esterno: deve essere presente circa il 21 % di ossigeno (O2). L’uovo può sopportare diminuzioni di questi valore fino a circa il 17,5 %.

Nei primi giorni di incubazione il fabbisogno di ossigeno dell’embrione è relativamente limitato, poi aumenta e diventa elevato negli ultimi giorni (quelli passati in camera di schiusa), quando inizia la respirazione polmonare. Nel pollo è stato osservato che un uovo, del peso di 58 grammi, elimina durante l’incubazione 3 litri di CO2 e consuma circa 5 litri di ossigeno.

La concentrazione di anidride carbonica deve essere dello 0,4 - 0,6%, concentrazioni superiori diminuiscono la percentuale di schiusa.

Schiusa

Il periodo, della durata di tre giorni, che precede la nascita dei pulcini è definita schiusa. Durante questa fase le condizioni ottimali sono leggermente diverse da quelle osservate nel periodo precedente, tanto che, a livello produttivo, esistono due macchine distinte per l’incubazione e la schiusa. Le uova in questa fase di sviluppo (dal 21° giorno in poi per quanto riguarda la pernice) non devono essere mai voltate, per permettere al pulcino di mettersi nella giusta posizione per uscire.

La rottura del guscio è un'operazione che stanca moltissimo il pulcino: prima deve rompere le membrane interne, poi deve bucare il guscio, quindi deve girarsi in modo da poter spingere con le zampe e creare la frattura dell'uovo.

La temperatura durante la schiusa deve essere di 99,5 °F (37 °C), quindi più bassa rispetto a quella che viene mantenuta durante l’incubazione (99,7 °F); la temperatura più bassa permettere una maggiore dispersione del calore prodotto dal pulcino, che ormai occupa quasi tutto l’interno dell’uovo. L’umidità relativa durante la schiusa deve essere cambiata a seconda del momento. Durante i primi due giorni (il 21° e il 22° giorno) l’umidità deve essere diminuita rispetto a quella

(14)

mantenuta durante l’incubazione, ovvero dal 47% al 43%, in questo modo il guscio diventerà più fragile e i pulcini potranno romperlo più facilmente. Dal momento in cui si possono osservare i gusci bucati, invece, l’umidità relativa deve essere aumentata al 56% in modo che le membrane del guscio non si secchino e non aderiscano all’embrione impedendo a quest’ultimo di lacerarle. Al momento invece della fuoriuscita dei pulcini dalle uova, l’umidità relativa dovrà essere nuovamente abbassata al 47% per permettere l’asciugatura degli stessi (Bagliacca et al., 2008). L’intero processo di fuoriuscita dall’uovo richiede mediamente ventiquattro ore. È consigliabile lasciare i pulcini nella macchina di schiusa per altre ventiquattro ore dopo la nascita, per permettere loro di riposarsi e di asciugarsi completamente. È necessario comunque aumentare l’areazione della camera di schiusa al fine di assicurare un sufficiente apporto di ossigeno. Quando tutti i pulcini sono nati, la temperatura deve essere abbassata a 95°F (35°C). Le uova che non si sono aperte devono essere gettate o eventualmente esaminate per la diagnosi delle possibili cause di morte embrionale. I pulcini che non riescono a uscire dal guscio non vanno aiutati, perché malati o deformati, e quindi destinati a morire in tempi brevi.

(15)

2.3 Speratura

La speratura è un’operazione, effettuata manualmente in una stanza completamente buia e consiste nell’osservazione dell’uovo controluce, mediante l’aiuto di una lampada spera-uovo o di un tavolo di speratura. La luce prodotta da questi strumenti passa attraverso il guscio delle uova e permette di valutare lo sviluppo dell’embrione presente all’interno. Questo tipo di operazione è compiuta normalmente negli allevamenti delle specie avicole come il pollo, ma, per quanto riguarda le specie selvatiche, possono sorgere alcune problematiche legate alla colorazione del guscio, che possono impedire o falsare la visione all’interno dell’uovo.

La speratura viene eseguita all’ottavo giorno di incubazione, per verificare la presenza di uova non fertili o di embrioni morti precocemente; deve essere inoltre ripetuta in corrispondenza del trasferimento delle uova in camera di schiusa, quindi, per quanto riguarda la pernice rossa, questa operazione deve essere eseguita nel 20° giorno di incubazione (Bagliacca e Fronte et al., 2008). Rimuovere le uova che non sono fertili o con embrione morto in età precoce, evita di incubare uova che non potranno mai nascere e riduce una possibile fonte di contaminazione per l’incubatrice; la speratura permette infatti di escludere quelle uova in cui si potrebbero instaurare microrganismi patogeni, che si diffonderebbero successivamente attraverso i pori alle uova sane. È bene ricordare che quest’operazione, se compiuta troppo precocemente, oltre a risultare più difficoltosa, può determinare un aumento della mortalità embrionale, dovuta al maneggiamento delle uova in una fase critica dello sviluppo embrionale.

Quando le uova sono sottoposte alla prima speratura, si possono osservare tre diverse condizioni:  Uovo vivo e vitale

E’ visibile una rete capillare subito sotto il guscio e l’embrione appare come una macchia scura, che diventerà sempre più grande man mano che l’incubazione progredirà. È possibile inoltre vedere alcuni movimenti dell’embrione quando è stimolato dalla luce della speratura;

(16)

 Uovo con anello di sangue

E’ presente un anello rosso scuro, più o meno esteso, sulla superficie inferiore del guscio, segno che gli embrioni hanno ripreso lo sviluppo dopo la fase di quiescenza, ma sono morti precocemente, durante i primi 3/5 giorni di incubazione, subito dopo la formazione dei vasi sanguigni;

 Uovo non fertile, “chiaro”

Non mostra alcuna struttura embrionale. Può essere realmente non fertile o con un embrione morto in età molto precoce, la distinzione tra le due categorie è possibile solo dopo la rottura dei gusci e l’attento esame della superficie del tuorlo.

Per analizzare correttamente le strutture dell’uovo al fine di riconoscere uno fecondato da uno “bianco”, è bene aprire delicatamente l’uovo a livello del polo ottuso, rimuovere la calotta e le membrane dell’uovo, e individuare così il blastoderma. Solitamente questa struttura, avendo una densità maggiore rispetto al tuorlo, nei primi giorni di incubazione ancora molto liquido, la si può osservare sulla sua superficie proprio all’altezza del polo ottuso. Nel caso in cui l’uovo sia fertile, questa formazione ha un diametro di circa 4-5 millimetri; su di essa, sarà possibile distinguere due strutture, una più esterna, ad anello e di color bianco, a sua volta denominata “area opaca” e una interna, centrale e di colore più chiaro, denominata “area pellucida”; queste strutture appaiono nettamente distinte l’una dall’altra, a margini netti e dai contorni uniformi. Nel caso in cui invece l’uovo non sia fertile, la struttura che si osserverà viene denominate “blastodisco”; questa struttura apparirà come una piccola zona densa, bianca, di circa 2 millimetri di diametro, ossia circa la metà del diametro del blastoderma; la sua forma non è mai perfettamente rotonda ed i suoi margini si

presentano più irregolari che nel blastoderma; il blastodisco, inoltre, è circondato da un’area più chiara, circolare, fino a 4 millimetri di diametro e che sembra essere riempito di “bolle”, bolle che infine non sono in realtà altro che globuli di tuorlo (Appunti lezioni Prof. Bagliacca).

Quando le uova sono sperate prima di passare in camera di schiusa, non dovrebbero essere presenti uova “chiare”, a meno di grossolani errori durante la prima speratura e gli embrioni morti dovrebbero essere in numero ridotto.

(17)

Foto 2.1. Uovo risultato non fertile alla speratura (Foto di Gennai S.)

Riferimenti

Documenti correlati

ambientale) oltre che costi; il secondo per garantire un grande risparmio (si parla di circa 7 milioni di euro l’anno risparmiati a partire dal 2021), ma anche la regolarizzazione

Istituto Professionale: Servizi sociosanitari – Odontotecnico Manutenzione ed assistenza tecnica – Abbigliamento e moda.. Istituto Tecnico:

In un mondo che prometteva di finire all’alba del 2012, figure come Nexialist avevano iniziato, da ormai qualche anno e con metodi spesso molto poco ortodossi, a utilizzare la rete

Dunque, così come anche confermato dalla Cassazione [1], l’astensione del lavoratore dalla presentazione sul posto di lavoro, a seguito di assenza per malattia

Già, perché un mini- stro della Repubblica, Antonio Di Pietro, non si è limitato a votare contro al provvedimento, in consiglio dei Ministri, come era suo diritto, non si è spinto

ORE 16.30 – 17.30: RIUNIONE DEI COORDINATORI DELLE AREE DISCIPLINARI E DELLA COMMISSIONE DIDATTICA (valutazione per competenze, ASL, EDS)..

I primi mille giorni, dal concepimento fino ai tre anni, sono il periodo cruciale per lo sviluppo della persona; periodo nel quale si preparano le basi della salu- te fisica,

alorenzon@provincia.treviso.it Moduli disponibili nel sito della Regione Veneto/ Formazione Anna Lorenzon.