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Academic year: 2021

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38 1.2.2 PRESENZA-ASSENZA DI CULTO

Su un altro punto Bougainville è costretto a ricredersi o comunque a rivedere le prime posizioni. La tranquillità psicologica con la quale i tahitiani affrontano le loro giornate, induce Bougainville a pensare che non vi sia praticata in quell’isola alcuna forma di culto religioso a parte l’adorazione verso Venere. Ammettere l’esistenza di una qualsiasi forma di credo rafforzava la tesi ciceroniana dell’insopprimibile propensione verso le pratiche religiose e quindi, in pratica, dava argomenti alla battaglia anti-illuministica; continuare, invece, a sostenere l’idea di un popolo selvaggio privo di religione o di riferimenti spirituali, aiutava ad avallare e incentivare le tesi materialistiche e filosofiche settecentesche. Nella solita fase iniziale del Voyage, Bougainville accenna all’estraneità dei tahitiani verso le pratiche di culto, ma in seguito si ricrede forse perché aiutato dalle letture del Culte des dieux

fétiches del presidente de Brosses:

Nous y remarquâmes un cylindre d’osier, long de trois ou quatre pieds et garni de plumes noir, lequel était suspendu au toit, et deux figures de bois que nous prîmes pour des idoles. L’une c’était le dieu, était debout contre un des piliers ; la déesse était vis-à-vis, inclinée le long du mur, qu’elle surpassait en hauteur, et attachée aux roseaux qui le forment. Ces figures mal faites et sans proportions avaient environ trois pieds de haut, mais elles tenaient à un piédestal cylindrique, vidé dans l’intérieur, et sculpté à jour1.

Bougainville non riesce a definire un quadro chiaro circa le pratiche religiose presenti o meno all’interno di quei gruppi sociali, egli ammette palesemente la difficoltà di fornire

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dei chiarimenti a riguardo: «Nous avons vu chez eux des statues de bois que nous avons prises pour des idoles; mais quel culte leur rendent-ils?»2.

Il navigatore francese afferma che la sola rappresentazione religiosa cui essi hanno avuto modo di presenziare durante il corso della loro breve permanenza, è stata la celebrazione delle cerimonie funebri. Fesche, nel suo diario di bordo, descrive molto dettagliatamente tutto il processo di cura e attenzione per il defunto e in maniera particolare fornisce i dettagli della sepoltura. I loro corpi freddi e maleodoranti vengono unti dalle donne con olio di cocco e sono posti su delle strutture simili a dei catafalchi. Quando non rimane altro che lo scheletro, i cadaveri vengono riportati alle abitazioni di origine e lì rimarranno per molto tempo ancora. Interessante, a riguardo, è l’opinione di Fesche:

Plusieurs de nos Messieurs ont entendu dire à un gardien d’un cadavre : Emoe, qui dans leur langue veut dire dormir ; ce qui ferait croire qu’ils regardent la mort comme un sommeil, mais en tout cas, ils doivent trouver ce sommeil bien long, car je ne crois pas que la résurrection soit plus fréquente chez eux que chez nous3.

In queste cerimonie funebri i francesi hanno avuto modo di verificare l’esistenza delle figure dei prêtres, personaggi di rilievo all’interno dell’organizzazione sociale tahitiana, i quali raggiungono il corpo del defunto per esercitare il loro sacro mistero, recando in quell’occasione degli ornamenti piuttosto importanti e ricercati. Durante il viaggio di ritorno che il navigatore francese compì con il selvaggio Aotourou, egli ebbe occasione di capire quanto i tahitiani fossero superstiziosi: le figure sacerdotali esercitano su di loro un’importante influenza, e oltre ad un essere superiore denominato Eri-t-Era, le Roi du Soleil

2 Cfr. Ibidem, pp. 256-257.

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ou de la Lumière, entità che non rappresentano con nessuna immagine materiale, essi,

inoltre, ammettono più divinità o génies dal nome Eatoua.

Ad un buono o ad un cattivo genio attribuiscono ogni evento importante della loro vita, evento al quale il génie presiede decidendo l’esito dell’azione in senso positivo o negativo. Altra peculiarità che emerge dalle pagine del Voyage è che quando la luna assume, a loro dire, l’aspetto che essi definiscono Malama Tamaï, Lune en état de guerre, sebbene agli occhi della truppa la luna non presentasse un aspetto particolarmente diverso dal normale, essi si sentivano autorizzati a immolare vittime umane4. Ma già il Journal de

navigation proponeva degli spunti interessanti nel momento in cui si assiste alla

rappresentazione di una scena di scherno, piuttosto umiliante, che palesava il desiderio di verificare una presenza-assenza di credenze religiose all’interno di questi gruppi sociali:

Ont-ils une religion, n’en ont-ils point ? Je n’ai vu aucun temple, aucune pratique extérieure d’adoration, celles que nous avons faites devant eux, ne les ont ni frappés, ni intéressées. Dans les maisons des principaux, on trouve deux grandes figures de bois, une de chaque sexe : pour savoir si ce sont des idoles, on s’est mis à genoux devant, ensuite on a craché dessus, on les a foulé aux pieds ; ces actes différents ont également attiré la risée des Indiens spectateurs5.

Samuel Wallis, era dello stesso parere, nel suo diario si legge: «Io cercai diligentemente di vedere se i tahitiani avessero un culto e non ne potei scoprire traccia veruna». Wallis parla di «certi loggiati chiusi» con «figure scolpite assai grossolanamente», luoghi in cui i tahitiani «entravano di tratto in tratto a passi lenti e in aria addolorata; e

4 Cfr. Voyage, ed. Proust, pp. 256-257.

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pensiamo vi fossero sepolti de’ morti»: è la descrizione di una cerimonia di rito mortuaria cui si riferisce anche Bougainville.

La posizione dei compagnons a riguardo, invece, è intrisa di punti di vista differenti e divergenti. Il principe di Nassau, proprio grazie al background culturale proteso verso studi enciclopedici, nega la possibilità di una guida spirituale alla quale i tahitiani possano rivolgersi: «Nous ne vîmes chez ces peuples que de foible traces de religion et leurs mœurs semblent annoncer qu’ils n’ont d’autres dieux que l’amour et le plaisir auxquels ils sacrifient sans cesse et vers qui toutes leurs idés se rapportent»6. Anche Fesche, racconta la propria impressione a riguardo:

Je ne connois aucun culte à ce peuple. J’ay vu dans quelque cases des statues d’hommes et des femmes. Pour savoir si c’étoit effectivement des idoles qu’ils adoraient, on s’est prosterné devant, ils se sont mis à rire, on leur a donné des coups de pied et plusieurs autres signes de mépris, même ris de leur part […] S’ils avoient quelques divinité à qui ils rendissent hommage, ce seroit sans doute au plaisir qui les occupe sans cesse, ne se croyant heureux que lorsqu’ils lui sacrifient ou qu’ils participent au sacrifice des autres. Ils ont cependant des prêtres, mais dont l’unique fonction est d’avoir soin des morts7.

Differente è la teoria di Vivez, altro compagno di avventure di Bougainville, egli sostiene che i tahitiani adorino il sole:

J’ai cru reconnoitre qu’ils adoroist le soleil card ils nous ont demandé si nous en estions les enfants et tous les soir, lorsque le soleil se couché ils se prosterne puis se retire

6 Cfr. Bougainville et ses compagnons, t. II, p. 398. 7 Cfr. Ibidem, t. I, p.85.

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tous chez eux pour addorer leurs foetiche qui sont de plateau rond entrelassé de branche d’arbre sur lequel ils mette des coquilles cassée, coupée et cousue ensemble leurs donnant assé généralement la forme d’un oiseau avec une longue queu8.

Si assiste quindi, ad una descrizione contrastante rispetto a quanto affermato sin ora dagli altri compagnons poiché siamo di fronte a dei veri e propri rituali evidentemente ignorati da Bouganiville e dai membri della spedizione. Il comandante francese è inizialmente miope verso queste dimostrazioni, probabilmente perché accecato dai pregiudizi filosofici settecenteschi. Ben diverso sarà l’atteggiamento di Cook, egli dedicherà ampio spazio all’aspetto religioso: il navigatore inglese, fornirà i nomi utilizzati dagli abitanti di Tahiti per riferirsi alle divinità supreme, il dio marino, solare, le divinità inferiori, parlerà anche dei sacrifici umani, degli esseri malefici, il culto della luna cui le donne dedicano molte melodie e la divinità dell’essere «separato» che è nel cuore di ogni uomo.

Come negli altri casi, Bougainville ritornerà sulle proprie affermazioni aggiungendo le correzioni dovute: i tahitiani hanno un culto, le superstizioni e le loro pratiche religiose prevedono anche i sacrifici umani ma ad ogni modo le informazioni fornite da Bougainville a riguardo sono meramente generiche e lo stesso comandante francese ne ammette l’insufficiente povertà e approssimazione.

Alla luce dei ripensamenti bougainvilliani, estremamente interessante è la pagina del

Journal de navigation nella quale si redige il bilancio del soggiorno nell’isola, in cui viene

offerta un’immagine completa e a tutto tondo della Nouvelle Cythère9. Bougainville fornisce, nel diario di bordo, un’accurata e dettagliata descrizione dell’isola che si protrae per più di una pagina in cui oltre a esprimere il rammarico per l’imminente partenza, egli rinnova gli

8 Cfr. Ibidem, t. II, p. 241.

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elogi verso quei luoghi: parla della Nouvelle Cythère come di un’île fortunée in cui le persone che vi albergano conoscono la distinzione tra le mien et le tien solo nella misura necessaria al bon ordre; continua asserendo che l’île de Vénus è molto vicina allo stato di natura poiché lì si vive dei frutti che la natura concede abbondantemente; l’esistenza vissuta dagli isolani è improntata al puro soddisfacimento del piacere dei sensi e non si evidenziano, in potenza, lotte o guerre intestine capaci di disturbare l’equilibrio creato o demolire il clima di estrema fiducia che regna sull’isola10. Questa è la posizione iniziale da cui parte il navigatore, ma sempre all’interno del medesimo discorso, ad un certo punto, frena, indietreggia e prende le distanze dall’immagine che egli stesso ha offerto di Tahiti. Prima di tutto, Bougainville si limita a descrivere ciò che ha effettivamente visto senza perdersi in astratte discettazioni, e soprattutto sembra concedere un piccolo spazio ad una riserva probabilistica caratterizzata da varie espressioni come mi pare, mi è parso, mi sbagliavo.

Attraverso queste pagine del Journal, ma anche in altri passi contenenti i vari

ripensamenti più volte anticipati dal navigatore francese, è possibile cogliere un’ambivalenza che è essenziale in Bougainville, da un lato egli si lascia trasportare da un sentimento di abbandono ai rêves utopici, e dall’atro, invece, si trova a dover fare i conti con delle istanze scettiche e critiche nei confronti di quelle stesse utopie precedentemente tanto sostenute. È alla luce di tali incongruenze che andrebbero interpretate le oscillazioni e le discrepanze all’interno del Journal ma anche all’interno delle pagine dedicate all’idillio tahitiano nel Voyage.

Si trova nel testo del Voyage, una lettura che si potrebbe definire sincronica proprio in base all’immagine duplice che viene fornita di Tahiti, in cui da una parte l’utopia è posta, ma dall’altra è negata: si tratta di un’interpretazione che fa barcollare il navigatore francese

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in una situazione che oscilla tra esperienza tangibile e concreta, e sogni utopici e astratti. Ma accanto a tale visione delle cose caratterizzate da frizioni, contraddizioni e ripensamenti, si potrebbe pensare ad un’interpretazione che miri a descrivere la doppiezza della realtà tahitiana come un glissement graduel che tende a creare delle interpolazioni che si succedono da immagini positive a negative: una sorta di evoluzione naturale tra una visione e l’altra11. Bougainville, tra l’altro, rende espliciti i suoi ripensamenti giustificando l’esistenza di un prima e un dopo nella sua visione di cambiamento della realtà tahitiana: «J’ai dit plus haut que les habitants de Taiti nous avaient paru vivre dans un bonheur digne d’envie […]. Je me trompais ; la distinction des rangs est fort et marquée à Taiti et la disproportion cruelle»12. Bougainville parrebbe ricondurre le ragioni dei suoi indietreggiamenti in seguito al lungo dialogo avvenuto con il selvaggio Aotourou, ma le motivazioni dei suoi cambi di rotta sono molto più profondi di un semplice, seppur significativo, materiale informativo apportato da

Louis Poutavery13, in realtà, infatti, c’è dell’altro.

Bougainville molto scrupoloso e attento al problema della focalizzazione della realtà, è in particolar modo sensibile alle distorsioni, e alle inversioni create dai cambi di prospettiva: ad esempio, nei casi riguardanti i selvaggi Pécherais o le riduzioni dei Gesuiti, la vicinanza è essenziale per inquadrare la verità; nel caso della messa a fuoco tahitiana,

11 Cfr. G.Goggi, op cit., pp. 89-94. 12 Cfr. Voyage ed Proust, pp. 267.

13Cfr. J.-E Martin Allanic, Bougainville navigateur, pp. 966-968. A Parigi le prime personalità a interessarsi di

Atourou sono i sapienti e tra tutti La Condamine e Pereire, quest’utlimo era un interprete, definito tale per la sua capacità di insegnare ad articolare le parole soprattutto ai sordomuti. La Condamine, amico di Bougainville, si dedicherà allo studio particolareggiato della lingua della Nouvelle Cythère servendosi anche delle espressioni che Bougainville ha appreso sull’isola e durante il viaggio di ritorno con Aotourou. Inoltre, i due esperti, effettuano dei veri e propri colloqui con il selvaggio, nel corso dei quali ebbero modo di studiare più da vicino il meccanismo della lingua tahitiana. La Condamine spiega attentamente che i tahitiani pronunciano la lettera P al posto della B; usufruiscono della consonante T e non della D; sono capaci di articolare la lettera R e non la L, che in potenza sarebbe un suono più facile da emettere.

Gli insulari non riescono a far utilizzo delle consonanti che iniziano con le sillabe ca, da, fa, ga, sa, ra e non conoscono la differenza esistente tra le articolazioni cha e ja. Il termine Poutavery, infatti, è l’esempio vivido della mal riuscita pronuncia di Bougainville e si tratta del nominativo che il selvaggio aveva dato a se stesso volendo in realtà utilizzare, senza successo, quello del navigatore francese.

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invece, la situazione è inversa, l’aspetto della visione diretta deve essere filtrato dalla distanza affinché si possa arrivare a definire i contorni del reale.

Nel movimento di trasformazione, evoluzione, progresso, straniamento della

Nouvelle Cythère o come ancora lo si voglia definire, un ruolo di estrema essenzialità viene

ricoperto dalle discussioni e dai dibattiti che si sviluppano nei mesi in cui Bougainville attende alla stesura del testo per la pubblicazione. Sono dibattiti caratterizzati dai più forti toni scettici e anti-utopici come quelli rappresentati dai principi dell’abate Galiani. La distanza netta che separa la scrittura del Voyage dal Journal de navigation, è la chiara testimonianza del divario temporale che separa i due testi.

Lo sgranamento che l’immagine di Tahiti subisce nelle pagine conclusive del III capitolo della seconde partie è frutto non solo del discorso con Aotourou ma soprattutto del fatto che i principi filosofici generali come il realismo cinico di Mandeville, da una parte, e il realismo galianeo di stampo machiavellico dall’altra, finiscono per sottoporre la visione di Bougainville ad un vero e proprio processo di scissione.

Se si prendono in considerazione i tre principi su cui il navigatore francese retrocede e cioè il comunismo primitivo, l’assenza di pratiche religiose, e la libertà sessuale, si constata che essi rappresentano gli elementi essenziali in ogni discussione sullo stato di natura. Lo stravolgimento di tali principi comporta anche il rinvio a concezioni generali filosofiche paragonabili a quelle di Mandeville o Galiani.

È indubbio, quindi, che dalle pagine conclusive del Voyage emergano delle teorie e concezioni filosofiche che combattono ogni tipo di illusione utopica. Il caso tahitiano è particolarmente significativo: in una fase iniziale esso costituisce un vero e proprio esempio di utopia, in seguito, esso rappresenterà, invece, un modello di società travagliata da forze e meccanismi che agiscono sullo sfondo di tutte le società umane.

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