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Università degli studi di Pisa Scuola di Ingegneria D E S T e C Dipartimento di Ingegneria dell’Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni Corso di Laurea Specialistica in Ingegneria Edile-Architettura

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Scuola di Ingegneria

D E S T e C

Dipartimento di Ingegneria dell’Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni

Corso di Laurea Specialistica in Ingegneria Edile-Architettura

Relatori

Prof. Ing. Valerio Cutini

Ing. Anna De Falco

Candidato

Davide Bordo

Anno Accademico 2014-15

Tesi di laurea

Recupero e conservazione del centro storico

di Montalto di Castro

Progetto di Piano di Recupero

(2)
(3)
(4)

Indice

Premessa 7

Introduzione 9

A. ANALISI

A.1 M

ONTALTO DI

C

ASTRO E IL SUO TERRITORIO 15

A.1.1 Montalto 17

A.1.2 Caratteri geomorfologici e geologici 18

A.2 G

ENESI INSEDIATIVA 21

A.2.1 L’epoca etrusca e romana. Il territorio: Vulci e Forum Aureli 22 A.2.2 L’Alto Medioevo. Da Vico Foro a Mons Altus 27 A.2.3 Il Basso Medioevo. La massima espansione e la crisi del Trecento 36 A.2.4 Il Rinascimento. Montalto e il Ducato di Castro 50 A.2.5 Dal XVII al XVIII secolo. Gli interventi dello Stato Pontificio 56 A.2.6 Dal XIX secolo ad oggi. Gli ultimi interventi 62

A.3 C

ONSIDERAZIONI SUL PROCESSO STORICO

-

INSEDIATIVO 75

A.3.1 Evidenze storico-insediative 75

A.3.2 Evidenze storiche dell’edificato 77

A.3.3 Evoluzione della consistenza demografico-abitativa 91

A.3.4 Evidenze strutturali 93

A.3.5 Ipotesi di sviluppo 97

A.4 S

TRUTTURA INSEDIATIVA 103

A.4.1 Premessa metodologica 104

A.4.2 Edificato. Analisi dei pieni 105

(5)

A.4.2.3. Schede UE 145

A.4.2.4. Aggregati edilizi 146

A.4.3 Spazi urbani. Analisi dei vuoti 154

A.4.3.1. Elementi costitutivi 155

A.4.3.2. Analisi degli spazi urbani 164

A.4.3.3. Analisi configurazionale 169

A.5 I

L

S

ISTEMA

I

NFORMATIVO

T

ERRITORIALE 181

A.5.1 Aspetti e finalità 181

A.5.2 Creazione del SIT 182

A.5.2.1. Descrizione delle fasi di sviluppo 182

A.5.2.2. Struttura del database 187

A.5.3 Utilizzo e gestione dei dati 196

B.

PROGETTO

B.1 M

ONTALTO E LE QUESTIONI SUI CENTRI STORICI MINORI 201

B.1.1 L’edilizia di base nei centri storici minori 202

B.1.2 Sintesi del quadro storico-normativo 203

B.1.2.1. Regolamento edilizio del 1877 203

B.1.2.2. Regolamento Edilizio del 1929 205

B.1.2.3. PPCS 1982 208

PIANO DI RECUPERO DEL CENTRO STORICO 213

B.2 R

ELAZIONE GENERALE 215

B.3 N

ORME

T

ECNICHE

A

TTUATIVE 237

Conclusioni 263

Ringraziamenti 265

(6)
(7)

Premessa

Il presente lavoro nasce dalla collaborazione con il Comune di Montalto di Castro, soprattutto l’Ufficio Urbanistica ed Assetto del Territorio, ed in particolare dall’esigenza per detto Ente di dotarsi di un nuovo Piano di Recupero del Centro Storico. Nell’affrontare la tematica del recupero e della conservazione del nucleo antico di Montalto, dunque, s’è potuto contare sulla massima disponibilità e partecipazione da parte del Comune, essendo questo direttamente interessato ai risultati dello studio in oggetto. Ciò ha indubbiamente rappresentato un grande vantaggio, specie per quanto riguarda il reperimento di molte e importanti informazioni in possesso del Comune, e allo stesso tempo ha costituito un forte stimolo ad affrontare tale tema nel modo più completo possibile, essendovi la prospettiva di una concreta applica-zione degli strumenti e delle metodologie definiti nell’ambito della corrente tesi.

Del resto, lo stesso tema del recupero di un centro storico è necessariamente stimolante per un allievo Ingegnere Edile-Architetto che è nato e ha studiato in Italia. Non si può negare, infatti, che uno dei tratti più distintivi e riconosciuti del territorio e dello stile di vita italiano consista proprio in quella miriade di piccoli centri antichi che, per quanto trascurati, costellano la Penisola. Questi, dunque, possiedono un valore inestimabile per la nostra Nazione sia da un punto di vista culturale sia sotto il mero profilo eco-nomico (aspetto che solo pochi ancora ignorano).

È un patrimonio fatto di piccole case addossate l’una sull’altra, di torri che si ergono su onde rosso cop-po, di palazzi e palazzotti che gonfiano il petto su un dedalo di stradine, di vicoli perennemente ombrosi dove il cielo è nascosto da ogni tipo di aggetto, di castellacci tremebondi con panni assai poco marziali stesi alle finestre. Il tessuto di un centro storico è un libro su cui hanno messo mano innumerevoli scrit-tori nel corso dei secoli; tutti a scrivere in lingue diverse, ma sempre per dire le stesse diversissime cose dettate dagli intramontabili bisogni dell’uomo civile occidentale: dal garantirsi un minimo riparo al dare un luogo ai commerci, dal manifestare la devozione dei cittadini al dimostrare il prestigio della tal fami-glia. Un centro storico, quindi, è un insieme organico di numerosi elementi eterogenei, che però derivano i propri tratti distintivi dal bagaglio di cultura ed esperienze della comunità locale.

È proprio questo prezioso bagaglio che si vuole riportare alla luce e proteggere quando si procede al recupero di un nucleo abitativo che affonda le radici in secoli remoti: è la storia di una comunità, in cui eccezionalmente predomina il racconto della vita del popolo. Appare dunque evidente che in un progetto di riqualificazione di un centro storico si debba considerare l’intero tessuto urbano: tanto gli agglomerati di “casette”, quanto le poche rilevanze urbane che attirano la nostra attenzione. La lettura di tutte que-ste componenti nel loro insieme, infatti, è essenziale per comprendere i motivi che hanno determinato la forma urbis attuale e così capire come meglio tutelare il tessuto insediativo. Leggere l’edificato di un centro storico dal punto di vista architettonico e strutturale, quindi, è una sfida affascinante, benché (o forse proprio perché) complicata: significa riconoscere i vari strati depositatisi nei secoli e rendersi conto delle relazioni che intercorrono tra le varie componenti urbane.

(8)
(9)

Introduzione

L

o scopo del presente lavoro è il recupero e la conservazione del centro storico del comune laziale di Montalto di Castro, tanto per mezzo della pianificazione urbanistica, quanto mediante un’anali-si di vulnerabilità un’anali-sismica dell’edificato mirata alla programmazione su scala urbana di interventi di mitigazione del rischio sismico.

Oltre a questo primo obiettivo, poi, il presente lavoro ha raggiunto lo scopo di produrre un importan-te strumento per la gestione del centro storico in esame: il Sisimportan-tema Informativo Territoriale del Centro Storico (SITeCS) in ambiente GIS. Com è noto, infatti, i SIT sono ormai strumenti imprescindibili per tutti quegli Enti che, a varie scale, si occupano di governo del territorio; si è dunque ritenuto opportuno creare un simile strumento per il Comune di Montalto di Castro, che attualmente ne è sprovvisto. Ciò risulterà sicuramente vantaggioso per la gestione dell’intero territorio comunale, poiché, sebbene il SITeCS in questione sia limitato al centro storico, esso è uno strumento dinamico, adattabile e ampliabile in modo rapido, qualora ve ne fosse la volontà.

Un altro importante prodotto del presente lavoro consiste nella formalizzazione del metodo di acquisi-zione e catalogaacquisi-zione dei dati necessari all’analisi dell’abitato in oggetto. Infatti, la volontà di coniugare l’aspetto della pianificazione urbana con quello della valutazione della vulnerabilità sismica, nonché l’estensione dell’oggetto di studio, ha reso necessaria una modalità di rilevamento speditiva, finalizzata al reperimento e all’organizzazione in tempi accettabili di una grande quantità di informazioni eteroge-nee. È quindi sorto il bisogno di identificare accuratamente gli elementi del tessuto urbano da analizzare, di scegliere il livello di dettaglio opportuno per il rilievo dell’edificato e di progettare apposite schede di rilevamento riferite sia all’ambito urbanistico sia a quello architettonico-strutturale. Si sono così ottenuti dati già organizzati in base agli elementi di analisi considerati e adatti al carattere “multidisciplinare” delle elaborazioni di seguito esposte. Nondimeno, la razionalizzazione a monte del rilievo ha reso più agevole l’accorpamento dei suddetti dati in ambiente GIS per la creazione del SITeCS, che a sua volta ne ha garantito una gestione più efficiente.

Quanto appena detto, fa capire che una delle principali problematiche legate al recupero e alla conser-vazione di un centro storico consiste nella grande quantità e nella natura eterogenea dei dati da rilevare e da gestire. Ciò ha reso necessaria la creazione di un gruppo di lavoro composto dall’autore del presente elaborato e dal collega laureando Mattia Galli. Questa collaborazione ha riguardato esclusivamente la fase preliminare della presente opera: il rilievo, l’indagine storica, le ricerche d’archivio e la creazione del SITeCS. Ciascuno dei due soggetti sopra menzionati ha poi utilizzato autonomamente le informazioni così ottenute e organizzate, per produrre due elaborati finali distinti ed indipendenti. Entrambi questi lavori, comunque, sono stati sviluppati nell’ottica di fornire un supporto concreto al Comune di Montalto di Castro nel recupero e nella conservazione del suo centro storico e, in prospettiva, dell’intero territorio comunale. Altresì, si è voluto definire una procedura operativa valida in generale per affrontare il

(10)

deli-cato tema della tutela dell’edifideli-cato storico di base, sia dal punto di vista urbanistico sia dal lato della vulnerabilità sismica.

Per una migliore chiarezza, il presente lavoro è stato diviso in due parti principali.

La prima parte, denominata A, è stata elaborata e redatta dall’autore del presente lavoro e dal La prima parte, denominata A, è stata elaborata e redatta dall’autore del presente lavoro e dal collega laureando Mattia Galli e riguarda l’analisi del centro storico.

collega laureando Mattia Galli e riguarda l’analisi del centro storico. Qui sono esposti tutti le in-formazioni reperite, nonché i metodi di acquisizione delle stesse, e viene illustrata la procedura di creazione del SITeCS e l’utilizzo di tale strumento per la gestione dei dati territoriali.

La seconda parte, denominata B, riguarda più direttamente lo scopo del presente lavoro: una La seconda parte, denominata B, riguarda più direttamente lo scopo del presente lavoro: una proposta di Piano di Recupero per il centro storico di Montalto di Castro.

proposta di Piano di Recupero per il centro storico di Montalto di Castro. Tale strumento urbani-stico, introdotto dalla legge 457/1978, fa parte di quella molteplicità di piani attuativi che, lungi dall’essere esclusivamente strategici e direttivi, disciplinano in maniera dettagliata e definitiva l’attività edilizia in una zona specifica dell’insediamento, individuata solitamente dal Piano Re-golatore Generale. Nel caso in esame, il PRG del 2009 di Montalto individua e perimetra la zona del centro storico destinata alla conservazione ed al risanamento, prescrivendo inoltre la neces-sità di redigere un Piano Particolareggiato del Centro Storico per disciplinare gli interventi sul patrimonio edilizio esistente.

Lo scopo del presente lavoro è quindi subito chiaro: conservare e risanare. Più difficile è sicuramente definire il “come” ed il “cosa”. Per quanto possa sembrare scontato (e, in linea generale, lo è) l’oggetto da recuperare, ossia il patrimonio edilizio esistente del centro storico, in realtà nasconde già di per sé una sua complessità. Non è infatti tutto che si vuole conservare, né tutto che si vuole risanare: l’entità costituita da quel groviglio di vie e viuzze, da quell’ammasso apparentemente disordinato di edifici, è sì la manifestazione di un processo storico che lo ha portato alla configurazione attuale, ma è questa configurazione che si intende conservare? La risposta non può essere che negativa. La motivazione, o almeno parte di essa, risiede nella definizione del processo storico stesso. Lo sviluppo degli insedia-menti ha avuto nella storia quasi sempre un carattere organico, ossia avvenuto compatibilmente con lo strato preesistente, modificando ed alterando la struttura precedente per crearne una sempre nuova e, appunto, organica, avente una propria e riconoscibile identità. Tale continuità di sviluppo, come ormai è generalmente riconosciuto, ha caratterizzato la civiltà occidentale quantomeno dal medioevo fino alla città pre-industriale. Emblematiche in questo senso sono le parole del Benevolo:

“L’assetto del paesaggio europeo nell’ultima fase pre-industriale vale come riferimento e come stimolo per il compito che ci spetta: rimediare agli squilibri delle trasformazioni recenti e recuperare, almeno in parte,

l’equilibrio perduto”.1

Le modifiche, le aggiunte, le sottrazioni alle strutture urbane ed architettoniche esistenti verificatesi successivamente a questa fase, sono classificabili per lo più come superfetazioni, distorsioni, altera-zioni, contraffazioni guidate spesso da interessi speculativi, che hanno introdotto entità estranee negli organismi esistenti, minacciandone, a volte, l’identità. Non è questa la sede per addentrarsi nelle cause che hanno provocato questa soluzione di continuità, sicuramente molteplici e complesse. Quanto detto, comunque, basta a definire in linea generale l’oggetto da conservare: l’identità del centro storico, forma-tasi dal primo insediamento fino al XIX secolo.

Il “come” attuare questo recupero è, a sua volta, una questione complessa. Soprattutto, bisogna sot-tolineare come intervenire su un insediamento al fine di conservarlo non comporta solamente “pulire” e “custodire” come se si trattasse di un singolo manufatto, quale una scultura o un’opera d’arte, ma necessita di qualcosa di più, di una disciplina; scrive il Benevolo:

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“Per la conservazione degli oggetti inanimati basta il restauro del manufatto ed il ricovero in un museo, ma per la conservazione delle città bisogna recuperare l’equilibrio degli interessi e delle scelte, che fanno vivere in

modo equilibrato lo scenario fisico e il corpo sociale”.2

Il centro storico è, oltre al “contenitore” fisico dei valori culturali e storici, anche un insieme di beni godibili ed usufruibili dai legittimi proprietari (si potrebbe dire un’eredità) che, susseguitisi nel tempo, hanno formato l’identità stessa dell’insediamento e di questa fanno parte. Per le stesse cause viste in precedenza, le azioni di queste persone giuridiche devono essere controllate: il processo identitario, per il momento, è concluso, si necessita di mantenere o ripristinare l’equilibrio. La nostra civiltà ha ora la ne-cessità di preservare l’eredità tramandataci, a seguito soprattutto della presa di coscienza degli effetti deturpanti che hanno avuto luogo nell’ultimo mezzo secolo. In linea generale, si può quindi dire che il piano di recupero dovrà disciplinare gli interventi sul patrimonio esistente al fine di non comprometterne l’identità acquisita nei secoli oltre che, per quanto possibile, risanare le parti già compromesse.

Un ultimo aspetto da considerare, assolutamente non secondario, ma spesso trascurato, è la gestio-ne del patrimonio esistente. Nel termigestio-ne “conservare”, infatti, è implicitamente espressa la volontà di “mantenere nel tempo”: questa volontà si deve manifestare sicuramente in uno strumento di gestione dinamico e duraturo, capace di adattarsi alle esigenze di una società, quale quella odierna, sempre in cambiamento. Inoltre, per rendere efficace tale strumento, deve essere definito, a priori, uno stato di fatto, tale da costituire una “fotografia” del bene da conservare, capace di esprimere il più dettagliata-mente possibile l’immagine attuale del centro storico, da utilizzare come riferimento incontestabile per le presenti e le future amministrazioni.

Concludendo, il presente lavoro ha quindi come obiettivo finale la creazione di uno strumento urbani-stico di tipo attuativo, volto alla conservazione ed al risanamento del centro storico di Montalto, tenendo ben presente che non si può conservare ciò che non si conosce.

(12)
(13)
(14)
(15)

A.1

Montalto di Castro e il suo territorio

A

l confine settentrionale della Maremma laziale si trova il territorio del Comune di Montalto di Castro, che dalla costa tirrenica penetra nell’entroterra per una decina di chilometri. Delimita-to latitudinalmente dai Delimita-torrenti Chiarone, a Nord, ed Arrone, a Sud, copre un’area vasta circa 20.000 ettari, affacciati su un litorale di quasi 18 km.

I paesaggi che si susseguono muovendosi dalla costa verso l’interno sono vari ed articolati: le coste sabbiose del litorale tirrenico lasciano spazio a vaste campagne agricole ed alla macchia mediterranea attraversate dalla valle fluviale del Fiora. Ciò che predomina, comunque, è sicuramente il paesaggio antropizzato, che si concretizza nelle vaste distese di campi coltivati, soprattutto con prodotti cereali-coli, e nei numerosi casali sparsi per la campagna. Proprio in questo contesto fortemente caratterizzato dall’agricoltura e solcato da fiumi e torrenti, è collocato il sistema urbano del Comune di Montalto di Castro.

Questo non è strutturato come un organismo unico, ma presenta tre differenti nuclei insediativi1 sparsi

sul territorio, tutti in prossimità della costa. Il centro amministrativo di questo sistema è il nucleo storico di Montalto, collocato in un ansa del fiume Fiora a circa 4 km dalla costa, attraversato dall’antica via Au-relia, storica ed importante arteria di collegamento di tutta la costa tirrenica, oggi deviata appena fuori dal paese. Sulla riva sinistra della foce dello stesso fiume, si trova invece la colonia marina, ovvero Mon-talto Marina, che corre a Sud lungo la costa per circa 1,5 km, fino a lambire il torrente Sanguinaro. Una decina di chilometri più a Nord, rientrando nell’interno per circa 3,5 km, si trova, infine, l’insediamento urbano più settentrionale del territorio di Montalto, al confine con la Toscana, Pescia Romana; questa è costituita da due nuclei: il più antico, Borgo Vecchio, si è sviluppato presumibilmente nel XVIII secolo, attorno alla chiesa di S. Ignazio, il più recente, Borgo Nuovo, è stato invece inaugurato a seguito della riforma agraria del 1961.

Il paesaggio è inoltre costellato da altri insediamenti, di natura diversa, che ne caratterizzano, nel bene o nel male, il territorio. Tra questi spicca per mole ed impatto visivo la centrale termoelettrica “Alessan-dro Volta”2, vera e propria cittadina industriale situata in mezzo alla costa del territorio montaltese.

Occupando un’area di quasi 230 ettari, con uno skyline caratterizzato dalle alte ciminiere a strisce bian-che rosse, è visibile da quasi ogni punto del territorio, alterandone l’immagine storica e paesaggistica.

1 Ai tre nuclei insediativi che in seguito verranno descritti, si aggiunge, infine, la piccola e recente frazione di Montalto Scalo, situata a circa 2 km da Montalto, lungo la linea ferroviaria Roma-Pisa.

2 Centrale termoelettrica a policombustibile da 3.600 MW, la più potente d’Italia, nata nel 1989 a seguito della conversione del precedente progetto della centrale elettronucleare “Alto Lazio”.

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MontaltoMontalto

TARQUINIATARQUINIA

Montalto MarinaMontalto Marina

Le Mur elle S . Ag ostino S . Ag ostino Ve c c h io Castello della Badia

Centrale elettricaCentrale elettrica

Alessandr o V olta Alessandr o V olta Par co Naturalistico Ar cheologico Par co Naturalistico Ar cheologico di V ulci di V ulci P escia Romana P escia Romana M A R T I R R E N O Fiume F iora Fiu m e Fio ra To rre nte C hia rone Torre nte A rrone To rre nte A rron e Fiume Fiora S.S . 1 - A ure lia Torrente C hiarone S.S. 1 - Au relia S.S . 1 - A ur eli a Fe rr ov ia R o m a-Pis a Fe rr o via R o m a-Pis a Fe rro via R om a-Pi sa S.S. 3 12 - C ast rense S.S. 312 Ca stren se S.P. 10 5 S.P. 105 S.P. 105 S. P. 4 S.P . 4 RO M A ROMA TUSC ANIA TUSC ANIA C ANINO C ANINO ISCHIAISCHIA ORBETELLOORBETELLO GR OSSET O GR OSSET O Fo sso de l Ta fon e

Fosso del Tafone

Fosso d el Tafone Foss o S . Ago stin o F ig. 1 . A s se tt o at tu a le d e l t e rr it or io c o m u n a le d i M o nt a lto d i C a s tr o .

(17)

Di tutt’altra natura è l’importante insediamento che segna da più di 2.000 anni il territorio di Montalto di Castro: l’antico sito etrusco di Vulci, ora parco naturalistico e archeologico, situato nell’entroterra, al confine con il territorio comunale di Canino su area di circa 900 ettari. Qui e nelle aree limitrofe, tra le rovine archeologiche e il paesaggio naturale, emergono importantissime testimonianze storiche, quali le numerose tombe etrusche, il Ponte della Badia di origine etrusco-romana ed il medievale Castello della Badia. Un territorio, quindi, disegnato dalla storia, formatosi con il passare dei secoli insieme alle civiltà che, tra guerre e pace, vi si sono susseguite, pur mantenendo, fino ad ora, sempre un valore identitario e riconoscibile. Ne sono un’ulteriore testimonianza i numerosissimi toponimi storici, molti dei quali ormai spariti, che si riscontrano nella cartografia antica; tra questi devono essere menzionati il porto di Raege, nell’attuale località “Le Murelle”, il celeberrimo Forum Aureli, di non certa collocazione, ma sicuramente nei pressi dell’attuale Montalto e la già citata via Aurelia, nelle due forme di Aurelia vetus e Aurelia nova, anch’esse con delle incertezze sul tracciato. Le profonde radici storiche del territorio non sono visibili soltanto nei segni lasciati da civiltà ormai scomparse, ma persistono tuttora nella struttura insediati-va dell’attuale centro storico di Montalto, in parte celate sotto lo strato di alterazioni e superfetazioni dell’epoca post-industriale.

A.1.1

Montalto

Il paese di Montalto presenta al margine settentrionale dell’insediamento urbano attuale il suo centro storico. Questo si arrocca su una piccola altura di 42 m s.l.m., delineata dallo scorrere del fiume Fiora, che con il passare dei millenni ha scavato il terreno alluvionale dell’area lasciando emergere lo sperone di materiale più compatto. L’agglomerato disordinato di edifici, tutti differenti fra loro, creano nel loro insieme un complesso organico ben definito e concluso, nel quale, percorrendone le strade strette e tortuose, se ne percepiscono i valori storici e culturali. Nella porzione nord-occidentale del centro sto-rico, emerge mole ed altezza la chiesa di Santa Maria Assunta con il suo campanile, fuoriscala urbano dall’aspetto neoclassico, punto di riferimento storico sia del paese che del territorio circostante. A Sud, nei due angoli occidentale ed orientale del nucleo antico, si trovano due edifici strategici e storici che, anche grazie alle relative torri, spiccano nel profilo urbano: rispettivamente il Palazzo Comunale e il Castello Orsini-Guglielmi. Immerso nel cuore della massa edilizia, invece, si trova l’antico complesso dell’Oratorio di Santa Croce, piccola chiesa medievale, pesantemente modificata nel settecento, con re-lativo campanile, posizionata su uno dei punti più elevati del centro storico. Tra le piazze sono da anno-verare sicuramente piazza Matteotti, subito all’ingresso del centro storico, dove vi si affaccia il Palazzo Comunale, Piazza della Vittoria, che ospita la chiesa di Santa Maria Assunta e piazza Felice Guglielmi, ampio spazio articolato su cui è inserito l’antica Rocca.

Il nucleo storico è collegato al resto del paese esclusivamente mediante due porte: la principale, situa-ta a Sud-Ovest, è chiamasitua-ta Porsitua-ta Romana e collega il centro storico con il ressitua-tante paese; la secondaria, si apre nella porzione nord-orientale della cortina muraria ed è detta “Porticina”. Subito a Sud della porta principale si trova l’edificato di Terra Vecchia che, come dice il nome, è una delle parti più antiche del paese, dove si rileva la presenza del Centro Culturale dell’Ex Mattatoio e le famose Fontana delle Tre Cannelle e Fontana del Mascherone, entrambi splendidi esempi di scultura settecentesca; proseguendo verso Sud si raggiunge il complesso di San Sisto, altro nodo storico dell’insediamento, nato come com-plesso ecclesiastico e trasformato successivamente prima in ospedale e di recente in biblioteca ed uffici comunali. La porzione rimanente di paese è un prodotto dell’urbanistica e dell’architettura novecente-sca, concretizzata in lottizzazioni speditive ed incuranti degli aspetti paesaggistici, spesso collegate all’edilizia popolare, ed in architetture altrettanto trasandate e spesso frutto dell’attività speculativa post-bellica italiana.

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A.1.2

Caratteri geomorfologici e geologici

Come già accennato, il centro storico di Montalto è collocato su un’altura, simile ad un piccolo altopia-no, che si affaccia sulla valle del Fiora. Proprio lo scorrere di questo fiume, con il passare del tempo, ha eroso gli strati meno consistenti di terreno, lasciando affiorare il deposito di arenaria compatta, futuro sito di Montalto.

L’origine geomorfologica dell’intero territorio montaltese è segnata dai due principali fenomeni che hanno caratterizzato il paesaggio dell’area della Tuscia Laziale, il vulcanesimo e l’attività marina3.

L’alter-nanza di quest’ultima, dovuta alla regressione ed all’ingressione del mare, ha portato alla formazione di una successione di distese subpianeggianti, simile a terrazzi, costituite prevalentemente da depositi di terreno vulcano-sedimentari. In particolare, la terrazza di cui fa parte l’altura di Montalto si è formata alla fine di un’era glaciale che ha portato il mare a quota 45 m s.l.m. e che ha avuto il suo picco circa 200.000 anni fa. La stesso sottosuolo dell’abitato storico di Montalto si è sviluppato a seguito deI compattamento dei depositi limosi-sabbiosi depositatesi in questo periodo, formando un litotipo ricorrente nel territorio, molto leggero ma, allo stesso tempo, poco consistente se paragonato ai depositi affioranti della Tuscia, spesso costituiti da tufo (Canino) o da roccia calcarea (il “macco” di Tarquinia). Questo materiale, di co-lore grigio antracite, è chiamato dagli studiosi locali “siltite”.

Le principali caratteristiche fisico-meccaniche, riassumibili in leggerezza ed inconsistenza, hanno di-stolto le popolazioni locali ad utilizzarlo come materiale da costruzione, essendo totalmente inidoneo, se non in sporadiche inserzioni in murature disordinate. Al contrario, la sua poca consistenza lo rende facilmente scavabile, caratteristica che ha favorito nel passare dei secoli la creazione di numerose ope-re ipogee, tra cui numerose tombe etrusche, grotte e cantine. Le prime sono tuttora visibili nella loro

3 Tutte le informazioni riguardanti i caratteri geomorfologici e geologici sono state prese dalla pubblicazione COZZOLINO G., MENGHINI A.,

L’assetto geomorfologico, in: Montalto di Castro, storia di un territorio, FALZETTI C. A. e MATTEI D. (a cura di), Vol. I - Dalle origini al Medioevo,

Tarquinia, ZETACIDUE, 2007.

(19)

interezza nel Parco Naturalistico di Vulci, sono scavate con facilità direttamente nella siltite, ma spesso ricoperte con materiali più resistenti, quali il travertino. Come particolare eccezione, deve essere citato il così detto “Tumulo della Cuccumella”, opera ipogea con una copertura a cupola di 65 m di diametro realizzata interamente con blocchi di siltite e sorretta da pareti in ”nenfro”4. Le grotte e le cantine,

inve-ce, sono tuttora presenti al di sotto dell’abitato del nucleo antico di Montalto, scavate interamente nel terreno creano una fitta trama di cunicoli, attualmente, però, non rilevati.

L’altura su cui sorge l’abitato antico di Montalto, riassumendo, si presenta come un affioramento omo-geneo di terreno limoso-sabbioso ben addensato, chiamato siltite. Dalla rappresentazione orografica si nota come i versanti più ripidi siano quelli che si affacciano sulla valle del Fiora, ossia quelli nord-occidentali ed una porzione di quello orientali; la parte a sud, invece, presenta un dislivello minore tra l’altura ed il terreno a valle di questa, colmato attualmente da una cortina di edifici.

La porzione interna di questa altura si presenta abbastanza pianeggiante; sono presenti due leggeri rilievi, aventi i picchi nei luoghi dove sorgono attualmente le due chiese, e due avvallamenti in corrispon-denza delle due porte cittadine che raccordano l’altura con il territorio circostante.

4 Il nenfro è una ignimbrite del tipo dei tufiti, tipica della zona vulcente, avente una coloritura grigio-violastra con buona consistenza.

Alluvionali e misti Sabbie e conglomerati

Formazioni prevalentemente arenacee Argille

Complessi sedimentari caotici

Unità prevalentemente flyschoidi, torbidi

Fig. 3. Geolitologia del territorio comunale di Montalto di Castro (©Geoportale del Ministero dell’Ambiente - www.pcn.minambiente.it).

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(21)

A.2

Genesi insediativa

A

i fini del presente lavoro è parso opportuno procedere ad un’indagine storica con l’intento di meglio comprendere le vicende legate alla genesi e, soprattutto, allo sviluppo del centro storico di Montalto di Castro nel corso della sua storia. Formarsi un’idea chiara e precisa delle fasi di sviluppo di un insediamento storico, infatti, è un primo passo fondamentale per aspirare a una corretta lettura del tessuto urbano attuale, indispensabile alla tutela dello stesso. In particolare, con la presente indagine si sono ricercate informazioni utili alla ricostruzione dei processi di formazione ed evoluzione degli aggregati edilizi del centro storico. Il riconoscimento di tali meccanismi, infatti, è essenziale non solo da un punto di vista urbanistico, permettendo di comprendere i tipi edilizi del tessuto urbano, ma anche sotto l’aspetto dell’analisi delle strutture, poiché consente di individuare più chiaramente le Unità Strutturali costituenti detti aggregati.

In quest’ottica, la ricerca s’è incentrata sul reperimento di fonti bibliografiche e documentarie da cui fosse possibile dedurre le principali modificazioni del tessuto insediativo, senza addentrarsi nell’inda-gine dettagliata delle vicende storiche dei singoli fabbricati. Le poche rilevanze urbane del centro in esame, infatti, non hanno di per sé una rilevanza storico-artistica tale da giustificare un’approfondita analisi storica dedicata; tanto più nell’ambito del presente lavoro, il cui oggetto è il centro storico nella sua interezza, considerato come organismo unitario.

Anche procedendo in tal modo, tuttavia, l’indagine storica sull’insediamento in esame s’è rivelata tutt’altro che agevole. Nonostante le sue antiche origini, infatti, non vi è mai stato un grande interes-se nello studio dell’abitato storico di Montalto, evidentemente per la preinteres-senza sul territorio comunale dell’importante sito etrusco di Vulci: è su quest’ultimo che fin dal XV secolo1 si concentrano le attenzioni

di storici e archeologi. Per questi motivi, le fonti bibliografiche specificatamente riferite a Montalto cui s’è fatto riferimento sono essenzialmente due: il lavoro di Cobianchi-Petrucci del 19822 incentrato

segna-1 La “storia delle ricerche su Vulci è stata suddivisa in tre grandi periodi. Il primo va dalla fine del Quattrocento ai decenni finali del XVIII secolo e si potrebbe definire delle ricerche di tipo erudito-antiquario. [...] Il secondo periodo coincide con l’intensa stagione dell’archeologia

romantica in maremma [...]. Con l’età del Positivismo si entra nel terzo periodo, quello che arriva fino ai nostri giorni [...]”. (ROMEO L., URBANETTI

P. E., Vulci: storia delle ricerche archeologiche, in: Montalto di Castro, storia di un territorio, FALZETTI C. A. e MATTEI D. (a cura di), Vol. I - Dalle

origini al Medioevo, Tarquinia, ZETACIDUE, 2007, p. 147).

2 COBIANCHI M. T., PETRUCCI G., Montalto di Castro. Formazione e sviluppo del territorio e del centro antico, Comune di Montalto di Castro -

Re-gione Lazio, Roma ?, 1982?. L’opera consiste nella pubblicazione, patrocinata dal Comune di Montalto di Castro e dalla ReRe-gione Lazio, di due tesi di laurea in Architettura e costituisce l’unico tentativo di ricostruire l’evoluzione della struttura insediativa in una trattazione organica e ordinata.

(22)

tamente sulla struttura urbana del centro storico e due volumi editi nel 20073, che raccolgono numerosi

saggi di studiosi locali a formare una summa storico-culturale dell’intero territorio comunale.

Per quanto riguarda la ricerca archivistica, purtroppo dalle fonti documentarie conservate nell’Archivio Storico Comunale di Montalto di Castro si sono potute ricavare alcune interessanti notizie delle modifica-zioni del centro storico, ma limitatamente alla fase post-unitaria fino agli anni ‘50 del Novecento. I pochi documenti dei secoli XVI e XVII ivi conservati, infatti, sono per la maggior parte illeggibili, mentre quelli restaurati e in parte pubblicati4 non riportano informazioni interessanti ai fini del presente lavoro, così

come quelli datati tra il XVIII secolo e la metà dell’Ottocento5. Per quanto riguarda le fonti documentarie

dagli anni ‘50 ad oggi, poi, alcune interessanti informazioni circa i più recenti interventi sull’edificato del centro storico si sono ricavate dalle pratiche edilizie depositate nell’Archivio Comunale presso l’Ufficio Urbanistica ed Assetto del Territorio. Per quanto riguarda la ricerca d’archivio, infine, visto lo scopo della presente ricerca storica, le informazioni più interessanti si sono ricavate dalla successione delle plani-metrie del centro di Montalto datate tra il 1818 del primo Catasto Gregoriano e i giorni nostri6. La loro

sovrapposizione, infatti, ha permesso di capire quali sono state le principali modificazioni del tessuto urbano occorse negli ultimi due secoli.

A.2.1

L’epoca etrusca e romana.

Il territorio: Vulci e Forum Aureli

L’area della valle del fiume Fiora7, l’antico Armenita flumen (Armine), fu dominata, tra la metà dell’VIII

secolo a.C. e gli inizi del III secolo a.C., dalla potente città etrusuca di Vulci. Quest’importante e antico insediamento, come già accennato, ormai da alcuni secoli è oggetto di numerosi e approfonditi studi, di cui però in questa sede non è possibile né opportuno rendere conto. Ai fini del presente lavoro, infatti, interessa solo fornire un quadro sintetico circa l’assetto del territorio vulcente, in particolare il bacino del Fiora, sia durante il periodo etrusco sia nell’ambito della successiva “romanizzazione”, in modo da meglio comprendere alcune dinamiche legate alla genesi insediativa di Montalto di Castro.

Nel periodo di sua massima ricchezza, la seconda metà del VI secolo a.C.8, si ritiene che la città di

Vulci ospitasse circa 15.000 abitanti, occupando un’area di quasi 90 ettari su di un pianoro lungo il

cor-3 FALZETTI C. A. e MATTEI D. (a cura di), Montalto di Castro, storia di un territorio, Vol. I - Dalle origini al Medioevo, Tarquinia, ZETACIDUE, 2007.

MATTEI D. (a cura di), Montalto di Castro, storia di un territorio, Vol. II - Dal Cinquecento al Settecento, Tarquinia, MASTARNA, 2012. I due

vo-lumi, patrocinati tra gli altri dal Comune di Montalto di Castro e dalla Regione Lazio, sono raccolte di numerosi saggi redatti da vari storici e studiosi locali. Vi vengono trattati differenti ambiti disciplinari e periodi temporali, arrivando a coprire la storia dell’intero territorio comu-nale dall’età etrusca al Settecento. Tuttavia, tanto il carattere spiccatamente multidisciplinare, quanto la volontà di affrontare un intervallo temporale così grande per mezzo di studi specifici elaborati da molti autori diversi, generano una trattazione delle vicende storico-culturali del territorio decisamente inorganica e dispersiva, specie per quanto riguarda il secondo volume. Inoltre, sebbene queste opere siano ri-sultate fondamentali per avere un inquadramento storico generale del territorio nel suo complesso, in entrambi i volumi viene dato poco spazio all’evoluzione del tessuto urbano del centro storico, che viene preso in considerazione quasi solo in riferimento alle poche emrgenze ivi presenti.

4 MATTEI D. (a cura di), Il Passato e le Fonti. Documenti e studi storici sul territorio, Tarquinia, COMUNE DI MONTALTO DI CASTRO e

FONDAZIO-NE SOLIDARIETÀ E CULTURA, 2011.

5 La quasi totalità dei documenti datati tra il XVIII e la seconda metà del XIX secolo è costituita dalla corrispondenza pontificia.

6 Le planimetrie rinvenute nel corso della ricerca d’archivio sono, in ordine cronologico: Catasto Gregoriano del 1818 (gentilmente fornito dall’Ufficio Tecnico del Comune di Montalto di Castro), Aggiornamento del Catasto Gregoriano del 1872 (gentilmente fornito in formato digitale dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Montalto), Mappa dei fondi urbani compresi nel comune di Montalto del 1901 in cui è ta-gliata la porzione occidentale del centro storico (ASCoMC, RGN5, b. 31, fasc. 160, 1901) Planimetria catastale del 1921 (gentilmente fornita in formato digitale dall’Assessorato alla Cultura), Planimetria catastale del N.C.E.U. posteriore al 1940 (gentilmente fornita in formato cartaceo dall’Ufficio Tecnico Comunale), Pianta dei piani terra dell’intero centro storico del 1982 (gentilmente fornita in formato digitale dall’Ufficio Tecnico del Comunale), Planimetria catastale attuale del C.d.F. posteriore al 1993 (gentilmente fornita in formato digitale dall’Ufficio Tecnico Comunale), Carta Tecnica Regionale (gentilmente fornita in formato digitale dall’Ufficio Tecnico Comunale).

7 Precisamente, l’ambito geografico dominato da Vulci “si articolava lungo le due contigue valli del Fiora e dell’Albegna, delimitato a Nord

dai Monti dell’Uccellina e dal massiccio del Monte Amiata, a Sud dal Fiume Arrone, ad est dal Lago di Bolsena e ad Ovest dal Tirreno” (EUTIZI

E., Vulci, in: Montalto di Castro, storia di un territorio, FALZETTI C. A. e MATTEI D. (a cura di), Vol. I - Dalle origini al Medioevo, Tarquinia,

ZETACI-DUE, 2007, p. 147).

8 La nascita di Vulci deriva presumibilmente dalla fusione di alcuni di quei primitivi nuclei insediativi fondati in punti spesso molto rav-vicinati tra loro dalle genti protovillanoviane, a partire dagli inizi del I millenio a.C.. Infatti, “il vasto pianoro vulcente di origine vulcanica poco distante dal mare, date le sue caratteristiche e in conseguenza della presenza del Fiora, ben si prestò ai bisogni di questi agglomerati protourbani”. “Fra la fine del IX secolo a.C. e la metà del secolo successivo”, poi, l’intera valle del Fiora venne a gravitare intorno a Vulci, i

(23)

so del Fiora. Attorno a questo centro predominante, esistevano e prosperavano numerosi insediamenti satelliti, anche di un certo rilievo, distribuiti su di un’area di circa 200.000 ettari che costituiva l’ambito geografico sotto la diretta influenza vulcente. Questo territorio era fortemente popolato e antropizzato, specie in virtù delle imponenti opere di bonifica, livellamento e rassodamento, necessarie a mutare la naturale conformazione paludosa dei terreni e renderli adatti all’agricoltura. Proprio questa, infatti, era la principale fonte di sostentamento dell’area vulcente, insieme ai traffici marittimi che, dalla metà del VI secolo a.C., si estesero fino al bacino orientale del Mediterraneo e determinarono l’affermazione di una vitale classe imprenditoriale, a discapito della vecchia aristocrazia terriera.

L’intensità di tali commerci, tra l’altro, conferì una grande importanza agli approdi principali che face-vano capo a Vulci: quello alla foce del fiume Armine (Fiora), che ha giocato un ruolo molto importante sia per la storia di Vulci, sia per le successive vicende di Montalto di Castro almeno sino alla fine del ‘500, il porto di Regae in località Le Murelle, legato all’insediamento di Regisvilla, e l’emporio sulle coste dell’at-tuale Pescia Romana9. Questa condizione, dunque, fa si che nella fitta rete viaria che segnava il territorio

si possano individuare due direttrici principali: quella da ovest a est individuata dal fiume Armine, che collegava la costa con l’entroterra (dirigendosi ovviamente verso Vulci), e il tracciato nord-sud parallelo al litorale che congiungeva i porti suddetti.

L’assetto appena descritto entra in crisi nella prima metà del V secolo, soprattutto a causa della scon-fitta navale di Cuma del 474 a.C., che determina la fine dell’egemonia etrusca sui traffici tirrenici10. Ciò

determina uno sconvolgimento non solo economico, ma anche politico-sociale che investe l’intera Etru-ria: la classe imprenditoriale, che prosperava grazie ai commerci e alla produzione artigiana, perde il predominio conquistato nel secolo precedente e lo riconsegna alla risorta aristocrazia terriera. A Vulci, poi, si assiste alla diffusione di piccoli centri agricoli e di numerose fattorie isolate, secondo un meccani-smo di decentramento funzionale al migliore sfruttamento agricolo del territorio. Questo nuovo assetto induce una certa ripresa economica, che tuttavia si esaurisce entro il primo decennio del IV secolo, di fronte alla politica espansionista di Roma11. La resistenza contro l’invasore romano è accanita e si protrae

per circa un secolo fino al 280 a.C., quando Vulci viene definitivamente conquistata.

“L’occupazione romana stravolge il territorio: modifica i tracciati viari, altera i luoghi di gravitazione so-cio-economica e le gerarchie territoriali”12. L’assetto dell’area vulcente venne stravolto da due importanti

fattori: la fondazione di nuove colonie romane, la più importante delle quali fu Cosa13, e la costruzione

della via Aurelia. Per quanto riguarda il primo aspetto, con la realizzazione delle colonie costiere di Cosa a nord e Gravisca a sud, i Romani sostituirono la sconfitta Vulci come polo dominante dell’area compresa

cui commerci marittimi già si estendevano alla Sardegna e all’Italia meridionale. Si svilupparono le attività artigianli, specie nella lavora-zione della ceramica e del bronzo, e si affermò una classe aristocratica che beneficiò tanto della ricca produlavora-zione agricola, quanto degli scambi commerciali marittimi. Di conseguenza, vennero fondati numerosi insediamenti satelliti “che rivelano un forte interesse della classe aristocratica finalizzato sia al possesso del territorio per lo sfruttamento agricolo, che al controllo delle importanti vie commerciali”, che s’irradiano da Vulci. “Tra la fine dell’VIII secolo e gli inizi del VII l’importazione di materiali pregiati provenienti dal bacino orientle del Me-diterraneo s’intensifica anche se, almeno in questo momento, la città non sembra assurgere ai livelli di ricchezza raggiunti da Tarquinia, Caere e Preneste.” Infatti, la vera e propria “svolta” per la città di Vulci è segnata dalla distruzione, intorno al 620 a.C., del ricco centro rivale di Marsiliana, la cui potenza fino ad allora aveva rappresentato un ostacolo all’espansionismo vulcente. A partire dagli inizi del VI secolo, quindi, Vulci entra nel suo periodo più florido: il cosiddetto Orientalizzante Recente (dal 610 a.C.). La “città cresce rapidamente divenendo

uno dei più importanti centri dell’Etruria Marittima.” (EUTIZI E., Op. cit., pp. 61-64).

9 “Il Fiora, durante la buona stagione, è percorso da imbarcazioni leggere colme di mercanzie che fanno la spola dalla foce al porto fluviale situato sotto la città (di Vulci n.d.a.). Strutture murarie di contenimento del fiume, magazzini, moli, strade, costituiscono il complesso por-tuale di una città che, nel momento del suo apogeo, commercia con buona parte dei paesi del bacino del Mediterraneo. L’altro porto, quello di Regae, non disponendo di protezioni naturali, rappresenta un approdo di sosta momentanea rispetto alla foce, di certo più adatta ale

soste prolungate”. (FALZETTI C. A. e MATTEI D., I caratteri generali, in: Montalto di Castro, storia di un territorio, FALZETTI C. A. e MATTEI D. (a cura di),

Vol. I - Dalle origini al Medioevo, Tarquinia, ZETACIDUE, 2007, p. 23).

10 Nel 474 a.C. “Siracusani e Cumani, sconfiggendo gli Etruschi nella battaglia navale nelle acque antistanti Cuma, interrompono do fatto il flusso dei commerci fra i mercati etruschi e quelli del Mediterraneo. Inoltre, dopo appena un ventennio, esattamente nel 453 a.C., i Siracu-sani, divenuti ormai padroni incontrastati delle rotte che, dal Tirreno meridionale facevano affluire merci ai porti dell’Etruria, effettuarono

incursioni vittoriose nell’area mineraria dell’Etruria settentrionale e posero un blocco navale ai porti di Caere, Tarquinia e Vulci.” (EUTIZI E.,

Op. cit., p. 68).

11 “La lotta tra Roma e le città etrusche si intensifica a partire dal 390 a.C. (sacco di Roma da perte dei Galli). È uno scontro durissimo. Una eco profonda di quanto fosse vivo il sentimento antiromano si può rinvenire proprio a Vulci”, nel “grande ciclo pittorico della tomba

François.” (FALZETTI C. A. e MATTEI D., Op. cit., p. 24).

12 FALZETTI C. A. e MATTEI D., Op. cit., p. 24.

13 Cosa fu fondata nel 273 a.C. sulla costa a nord-ovest di Vulci, in corrispondenza dell’attuale Ansedonia, e vi vennero insediati ben 4000

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tra l’Arrone e l’Albegna14: la posizione della città etrusca risultava adesso del tutto marginale rispetto

alla fascia costiera compresa tra le due fiorenti colonie.

In merito alla costruzione della via Aurelia nell’area tra Tarquinia e Cosa, numerose sono le questioni storico-archeologiche tuttora irrisolte, in particolare riguardo l’identificazione del tracciato principale e le modificazioni dello stesso occorse nei secoli. Neppure si sono individuati con certezza il promotore e la data di avvio della costruzione, sebbene su questi aspetti gli studi concordino nel porre il 241 a.C. come anno post quem iniziò la realizzazione, su iniziativa dell’allora console Caio Aurelio Cotta15.

Comunque, è generalmente accettato che la realizzazione di questa fondamentale arteria viaria con-tribuì, al pari della deduzione di Cosa, alla marginalizzazione della città di Vulci e, dunque, al decadi-mento del suo ruolo di guida per il territorio. Tuttavia, alcuni studiosi ritengono che il tracciato principale originario della strada, la cosiddetta Aurelia vetus, passasse proprio per l’insediamento etrusco, mentre solo in seguito la strada, denominata Aurelia nova, venne deviata in modo da procedere parallela alla costa, attraversando l’area dell’attuale Montalto16. Vi sono però anche altri autorevoli studi che

propon-gono sempre due tracciati storicamente successivi, ma entrambi con andamento parallelo alla costa nel tratto tra il Fiora e il Chiarone. In particolare, secondo quest’ipotesi l’Aurelia vetus sarebbe passata più vicina al litorale dell’Aurelia nova; il nuovo tracciato modificato, infatti, avrebbe deviato verso l’interno circa all’altezza di Regae, arrivando ad attraversare il Fiora proprio alle falde occidentali del pianoro di Montalto. Entrambi i percorsi di quest’ultima tesi, comunque, tagliavano fuori fin da subito l’insediamen-to vulcente; esso dunque era sempre stal’insediamen-to raggiunl’insediamen-to solo da una diversione secondaria del percorso principale17. In ogni caso, in tempi differenti a seconda delle ipotesi proposte, la via Aurelia andò di certo

a costituire un ulteriore fattore di attrazione lontano da Vulci, così che il ruolo dell’antico centro etrusco si ridimensionò sempre più per tutta l’età repubblicana; nel contempo, la città pervenne via via ad una completa romanizzazione18.

Sempre riguardo all’antica via Aurelia, è opportuno ora concentrarsi su alcuni aspetti che riguardano direttamente la genesi insediativa di Montalto di Castro. Come si capisce da quanto appena detto, in-fatti, è generalmente accettato che l’Aurelia, quantomeno nella sua versione nova, passasse nei pressi del luogo in oggetto. Molti studiosi, poi, ritengono che, proprio nelle vicinanze dell’attuale Montalto, la via consolare passasse per un piccolo centro amministrativo di fondazione romana, noto come Forum

14 In questo senso, occorre notare che circa un quarto del territorio un tempo sotto il diretto dominio vulcente, segnatamente la fascia settentrionale tra l’Albegna e il Chiarone, fu debitamente centuriato ed entrò a far parte dell’ager Cosanus. “L’effetto di tutto questo fu un

esodo della popolazione etrusca verso i territori dell’interno.” (FALZETTI C. A. e MATTEI D., Op. cit., p. 24).

15 FALZETTI C. A. e MATTEI D., Op. cit., p. 28; CORSI C., La via Aurelia e la “Romanizzazione” del territorio, in: Montalto di Castro, storia di un

territorio, FALZETTI C. A. e MATTEI D. (a cura di), Vol. I - Dalle origini al Medioevo, Tarquinia, ZETACIDUE, 2007, p. 109.

16 Il riferimento è allo scritto di Falzetti e Mattei. Questi premettono che le “interpretazioni fornite nel corso degli anni sono autorevoli, tut-tavia permane l’incertezza circa il tracciato principale, le sue varianti nel tempo (Aurelia vetus, Aurelia nova), le datazioni della costruzione, il nome del promotore della costruzione.” I due autori, comunque, accolgono l’ipotesi secondo cui l’Aurelia vetus, “proveniente da Tarquinia, superato l’Arrone (Pian d’Arcione), lambisce il Casalino dei Francesi e giunge ad uno snodo dove la stessa Aurelia s’incrocia con la via etrusca che dal porto di Regae conduce a Vulci”, proseguendo poi proprio su questo antico tracciato. “In altri termini, il primo tracciato dell’Aurelia mirava a stabilire un collegamento con il grande centro etrusco[...]. Raggiunta Vulci, l’Aurelia proseguiva il suo tracciato “a monte” [...] per giungere alla stazione itineraria di Ad Nonas in prossimità del Chiarone. Tutto questo accadeva nel 241 a.C. attraverso l’operato del console Caio Aurelio Cotta, ovvero a 39 anni di distanza dalla sconfitta di Vulci ed a 32 anni dalla fondazione di Cosa”. Gli studiosi, poi, ritengono che “in un successivo momento, a partire dallo snodo del Casalino dei Francesi la strada principale abbia invertito la rotta di 90° e piegato verso l’attuale Montalto percorrendo quel tracciato che per molti autori è il naturale ed unico proseguimento dell’Aurelia Nova dopo che la stessa

ha superato lo snodo citato.”(FALZETTI C. A. e MATTEI D., Op. cit., p. 28).

17 Si rimanda allo scritto di C. Corsi, in cui viene fornita un’ampia panoramica dei vari studi sui tracciati della via Aurelia tra Tarquinia e C0sa. Ciò che più di tutto traspare dal lavoro citato, comunque, è l’attuale carenza di dati documentari e archeologici che possano chiarire i

vari aspetti della questione. (CORSI C., La via Aurelia e la “Romanizzazione” del territorio, in: Montalto di Castro, storia di un territorio, FALZETTI

C. A. e MATTEI D. (a cura di), Vol. I - Dalle origini al Medioevo, Tarquinia, ZETACIDUE, 2007).

18 Verso l’inizio del I secolo a.C., a circa due secoli dalla conquista dei Romani, Vulci “diviene municipium ed è ascritta alla tribù Sabatina ed i suoi abitanti ottengono la cittadinanza romana. È una città di provincia in posizione decentrata rispetto alla grande arteria stradale dell’Aurelia. Ciò che un tempo costituiva l’asse portante del sistema viario vulcente (la strada Regae-Vulci n.d.a) è ora solo un percorso secondario. Penetrando in città l’antica via ha ancora il suo ruolo di decumano massimo, ma fuoriuscendo ha soltanto la funzione ausiliaria

di collegarsi con la via principale dell’area: l’Aurelia, nel suo percorso, ormai definitivo,parallelo alla costa.” (FALZETTI C. A. e MATTEI D., Op.

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Aureli19. Questo, infatti, compare come tappa itineraria dell’Aurelia sia nella Tabula Peutingeriana20, sia

nell’Itinerarium Antonini21, dove invece non è fatto alcun riferimento a Montalto. I due documenti,

tut-tavia, appaiano discordanti circa la precisa localizzazione del Foro22. Ciò, comunque, ha portato molti

studiosi ad affermare, per dirla con Falzetti e Mattei23, che “il passaggio della via Aurelia e la costruzione

del Foro hanno rappresentato il momento aurorale del luogo che stiamo indagando, anche se è possibile considerare la presenza di precedenti insediamenti etruschi24.” Difatti, l’inserimento vicino al sito di

Montalto di un’arteria viaria di così grande importanza può sicuramente aver dato una spinta significati-va al popolamento della zona, o magari al ripopolamento di antichi insediamenti etruschi abbandonati a causa del conflitto contro i romani. Più complicato, invece, è comprendere il rapporto intercorso tra il Forum Aureli e il sito montaltese. I dati in nostro possesso, infatti, non permettono nemmeno d’indi-viduare l’esatta ubicazione del Foro; quest’aspetto, dunque, è stato oggetto delle più svariate ipotesi, da considerare come semplici congetture di chi le ha proposte, ciascuna delle quali comporta differenti letture della genesi insediativa di Montalto.

Molti studiosi ritengono che il Forum Aureli fu fondato proprio sul pianoro montaltese, taluni suppo-nendo anche una preesistenza etrusca25. Giontella26, invece, basandosi su documenti altomedievali e

ammettendo la trasformazione del toponimo da Forum Aureli in Vico Foro, pone in evidenza che in età carolingia questo centro e Montalto di Castro sono menzionati come abitati ben distinti. In virtù di ciò, l’autore nega la possibilità che il Forum Aureli fosse ubicato sull’altura montaltese. Al contrario, ipotizza che, intorno alla metà del IX secolo, gli abitanti del Foro si siano lentamente spostati sul pianoro di Mon-talto, fino al completo abbandono del centro di origine romana. Quest’ultima ipotesi, del resto, è sup-portata anche da considerazioni più generali, che saranno esposte nella sezione successiva. In tal caso, si può ritenere che il Forum sia stato fondato in uno dei quattro siti generalmente proposti dagli studiosi in alternativa al pianoro montaltese: il Casale dell’Oliveto a sud-ovest di Montalto, Sant’Agostino a nord

19 Nonostante l’assenza quasi completa di notizie circa il Forum Aureli, in base al toponimo esso è stato compreso nella “categoria” dei fora: una tipologia insediativa romana di cui ancora si sa poco. Nella “totalità delle fonti antiche [...], entro i confini delle XI regioni dell’Ita-lia augustea, sono menzionate circa 35 località che contengono la parola forum nel toponimo”; tuttavia, le scarse notizie documentarie e archeologiche non hanno finora permesso di conoscere la struttura insediativa dei fora, né i loro tratti peculiari. Anche riguardo alle attività cui erano demandati questi centri permangono forti dubbi: scambi commerciali o cerimonie pubbliche o amministrazione della giustizia o un insieme di queste funzioni. Comunque, è generalmente accettato che “nella gerarchia amministrativa dei centri abitati i fora, come probabilmente i conciliabula, occupavano una delle posizioni più basse”. Circa il rapporto tra questi centri e la rete viaria romana, è da escludere una stretta dipendenza: “solo 5 fora (tra questi, il nostro Aureli) dei sopra menzionati 35 su suolo italico appaiono dislocati lungo l’omonima arteria viaria. Inoltre, dobbiamo mettere in discussione la simultaneità di cronologia nella costruzione della via e del foro lungo essa, dato che nessuna fonte la supporta.” Del resto, evidenze archeologiche hanno mostrato come i luoghi di alcuni fora fossero sede di insediamenti pre-romani, In conclusione, è interessante notare che molti dei fora romani erano collocati “quasi al centro tra i territori di due colonie; questa pare propri la condizione del Forum Aureli, situato in posizione quasi mediana nell’arco costiero tra Gravisca (a sud) e Cosa

(a nord), (CORSI C., op.cit., pp. 97-98).

20 La Tabula Peutingeriana è una ”carta itineraria romana, a colori, elaborata a quanto pare nel sec. III, aggiornata nel secolo IV/V, e rico-piata nel sec. XI/XIII.” L’originale della copia medievale si trova nella Biblioteca Nazionale di Vienna, ma risulta anche utile, per una migliore lettura, la “chiara e precisa incisione in rame pubblicata dal Mannert nel 1824”. In particolare, il riferimento a Foro aureli si trova nel

segmen-to V della Tabula, secondo quest’ultima edizione. (FRUTAZ P.A., Le carte del Lazio. Vol.1, Istituto di Studi Romani, Roma, 1972, tavv. 1-4, pp. 1-3)

21 L’Itinerario Antonino è una “compilazione erudita tradizionalmente attribuito all’età di Caracalla”, che “presenta, sulla base di un crite-rio di selezione non sempre chiaro, la scansione miliaria tra le varie tappe lungo numerosi tronconi stradali compresi tra due capita viarum”.

(CORSI C., op.cit., pp. 96-97).

22 Nel “tratto di nostro interesse è descritta una sola via Aurelia, ed è assodata la sequenza tra le tappe di Martha - Forum Aureli e Cosa dell’Itinerario Antoniniano, sequenza integrabile con le tappe di Armenta/Armine e Ad Novas tra Forum Aureli e Cosa, sulla base della Tabu-la”. Tuttavia, le distanze parziali tra le tappe itineriare suddette non coincidono nei due documenti; tanto che la Tabula pone esplicitamente il Foro a sud dell’Armenita flumen, mentre l’Itinerarium Antonini, affermando che esso dista XIIII miglia dal Marta, lo colloca a nord del Fiora.

(CORSI C., op.cit., pp. 97-98).

23 FALZETTI C. A. e MATTEI D., Op. cit., p. 28

24 A tal proposito si può fare riferimento allo studio di Corsi e Pocobelli, i quali ipotizzano la nascita di un insediamento etrusco sul pianoro

di Montalto nel corso del VII secolo a.C.. (CORSI C., POCOBELLI G. F., Popolamento rurale nella fascia costiera tra Marta e Fiora: il periodo etrusco,

in Informazioni, Anno II, n. 9, giugno-dicembre 1993, pp. 19-33).

25 La Corsi, oltre a fornire in nota un elenco degli autori che hanno sostenuto la fondazione del Foro sull’altura montaltese, pare essa stessa

propendere per detta tesi, in base a recenti ricerche topografiche, rinvenimenti di epigrafi e alla toponomastica altomedievale. (CORSI C.,

op.cit., pp. 98-99).

26 GIONTELLA G., Le origini di Montalto tra leggenda e storia, in: Montalto di Castro, storia di un territorio, FALZETTI C. A. e MATTEI D. (a cura di),

(26)

del Fiora, la Lestra Dasti, posta addirittura a sud dell’Arrone27, o la cosiddetta Terravecchia, ossia l’area

ai piedi dell’altura del centro storico in esame.

L’ultima delle localizzazioni appena elencate, in particolare, è sostenuta da Falzetti e Mattei28. Per

introdurre la loro tesi, inoltre, occorre porre l’attenzione su un altro sito di dubbia individuazione: uno scalo fluviale, di probabili origini etrusche, posto sull’Armine (l’odierno Fiora). I due studiosi, infatti, ritengono che “il nome Armenita (talvolta mutato in Armine o Armenta o Arnine) [menzionato dalle fonti storiche n.d.a] potrebbe riferirsi non soltanto al fiume ma indicare anche un agglomerato portuale”29.

Accanto ad esso sarebbe stato fondato il Forum Aureli, così da avere nella stessa zona un centro ammi-nistrativo e una struttura portuale fluviale. Anche la localizzazione precisa dello scalo di Armenita, però, si può stabilire solo attraverso congetture. In particolare, i due autori lo identificano con il porto che nei documenti medievali, a partire dal 85230, è chiamato Arenula (o talvolta Arientula). Detto porto si

trova-va in un’ansa del Fiora a poca distanza dal pianoro montaltese verso nord-ovest, nei pressi dell’antica chiesa di San Sebastiano31, e viene citato nelle fonti medievali come scalo fluviale sotto il controllo di

Montalto32. In quest’ottica, Falzetti e Mattei ritengono possibile che l’insediamento di Forum Aureli sia

27 “La Lestra Dasti presenta il dubbio di apparire più una villa rustica che l’area ospitante un Foro. Il casale dell’Oliveto non presenta tracce consistenti che possano far pensare a strutture, certo complesse, come quelle di un Foro. Per le altre due località le strutture prodotte in

epoche successive hanno alterato notevolmente il sito [...]. Dunque grava su tutto un’incertezza.” (FALZETTI C. A. e MATTEI D., Op. cit., p. 39).

28 FALZETTI C. A. e MATTEI D., Op. cit., p. 29

29 FALZETTI C. A. e MATTEI D., Op. cit., p. 29

30 Il documento è un privilegio di papa Leone IV per il vescovo di Tuscania del 23 febbraio 852, giunto a noi tramite una copia duecentesca; si tratta della prima fonte in cui compare il nome di Montalto e, tra le altre cose, è menzionata la pieve di San Sebastiano in Arenula. A tal proposito, Giontella interpreta detta localizzazione come un “evidente riferimento all’arenile del fiume Fiora presso il quale dovette sorgere

uno dei porti di Montalto”, senza però proporre alcun collegamento con il Forum Aureli. (GIONTELLA G., Op. cit., pp. 265-266)

31 Vedi nota precedente.

32 Ad esempio, nella ratifica di un accordo tra Tuscania e Montalto del 1230 vengono menzionati i quattro porti montaltesi: Murelle, Foce, Voltone e, appunto, Arientula. (GIONTELLA G., Op. cit., pp. 273-274)

Fig. 4. Tabula Peutingeriana, sec. III, IV/V - Lazio Occidentale, segmento IV, ricostruzione del 1824 di Corrado Mannert (FRUTAZ P.A. , Le carte del Lazio, vol. I, 1972). Nell’ingrandimento, si nota la

(27)

stato fondato nelle vicinanze di Arenula, in particolare nell’area “ai piedi dell’altura di Montalto, oggi denominata Terra Vecchia o, con termine più antico Poggio delle Forche.”33

D’altro canto, ciò potrebbe ricollegarsi all’ipotesi di Giontella: gli abitanti del Foro situato ai piedi del pianoro, per ragioni difensive sorte in periodo alto medievale, si sarebbero trasferiti sull’altura; per un’ov-via successione, il porto fluun’ov-viale di Armine avrebbe continuato a svolgere il ruolo di scalo commerciale per il nuovo centro fortificato. Allo stato attuale degli studi, specie archeologici, è comunque impossibile esprimere un giudizio definitivo in favore di una specifica ipotesi, tra quelle fin qui viste.

Riprendendo il filo cronologico della sintetica storia del territorio vulcente, il periodo di dominazione romana può essere schematicamente suddiviso in quattro fasi34. La prima va dalla sconfitta di Vulci nel

281 a.C., fino a metà del II secolo a.C.. In questa fase , l’agro vulcente è caratterizzato da una fitta co-stellazione di fattorie medio-piccole, abitate sia da coloni sia da etruschi superstiti, che si distribuiscono uniformemente su tutto il territorio.

Nella fase successiva, tra la metà del II e la metà del I secolo a.C, la popolazione rurale rimane sui livelli del periodo precedente, ma muta la tipologia di insediamento dominante sul territorio. Nella seconda metà del II secolo a.C., infatti, il passaggio a una produzione agricola di tipo latifondista determina la riduzione del numero di piccole fattorie, in favore della nascita di più grandi ville schiavili. La piccola produzione comunque non scompare del tutto, così che molte zone dell’agro vulcente appaiono ancora capillarmente occupate: è questo il caso dell’area di Montalto di Castro. Questa, in età tardo-repubblia-na, risulta densamente popolata, con insediamenti rustici principalmente distribuiti intorno ai due poli di attrazione dell’area: l’Aurelia e il Forum Aureli.

La terza fase, che comprende la seconda metà del I secolo a.C. e tutto il I secolo d.C., costituisce il periodo di massima espansione demografica per il territorio vulcente. La convivenza tra piccoli fondi e grandi ville schiavili permane dal periodo precedente; l’unica novità è costituita dalla nascita di ville marittime lungo la costa. Nel passaggio tra repubblica e impero, però, la fascia costiera a nord del Fiora, ossia la parte meridionale dell ager cosanus, inizia un lento processo di spopolamento, legato alla pro-gressiva scomparsa delle aziende agricole ivi stabilitesi; da questa dinamica, comunque, pare rimanere estraneo il territorio vulcente a sud dell’Armenita flumen.

La quarta fase, estesa dal II secolo alla fine dell’Impero Romano d’Occidente, vede accentuarsi il feno-meno appena descritto; così che, nel III secolo, la differenza in termini di popolamento tra la zona a nord e quella a sud del Fiora appare ormai molto marcata. Nella prima, infatti, le indagini archeologiche hanno rivelato una netta diminuzione della popolazione rurale e un generale degrado del territorio, che ritorna alla naturale condizione di palude. “Al contrario, nella fascia compresa tra il Fiora e l’Arrone [che com-prende dunque anche l’area montaltese e il Forum Aureli n.d.a.] continua l’insediamento: piccoli villaggi sparsi che presto vengono ad acquisire ruoli funzionali per il mercato”35. Sempre in questo contesto, poi,

Vulci rimane vitale e, pur non potendo rivivere i fasti dell’epoca etrusca, ritrova un ruolo di centro guida per il suddetto territorio. Con la crisi sempre più profonda di Roma, la città etrusca torna gradualmente ad esercitare la sua influenza sui piccoli insediamenti rurali disseminati nella zona, presentandosi alle soglie del medioevo come caposaldo ritrovato della regione tra il Chiarone e l’Arrone.

A.2.2

L’Alto Medioevo.

Da Vico Foro a Mons Altus

Con la definitiva caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476, per Vulci giunge a compimento il pro-cesso di riacquisizione della perduta importanza a scala territoriale. Durante il regno gotico di Teodorico, infatti, l’antica città etrusca esercitava il proprio controllo sulla Regio Aureliae: un’area della provincia di

33 FALZETTI C. A. e MATTEI D., Op. cit., p. 29.

34 CORSI C., Op.cit., pp. 111-116; FALZETTI C. A. e MATTEI D., Op. cit., pp. 24-28.

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Tuscia et Umbria, che si estendeva dalla via Clodia al mare ed era compresa tra l’ager Cosanus (a nord) e l’ager Tarquinienses (a sud)36.

La rinnovata vitalità di Vulci si riflette anche sul territorio37: nei principali porti vulcenti (foce del Fiora,

Arenula o Armine e Regae) continuano a svolgersi le attività commerciali, “le strade ed in particolare i due rami dell’Aurelia [Aurelia vetus e Aurelia nova n.d.a] vengono rimessi in efficienza attraverso inter-venti nelle stazioni e nei punti di sosta”38. Sono selezionati e ristrutturati i centri di produzione agricola

più redditizi: “al loro interno e attorno ai nuclei coincidenti con le antiche ville, o con le nuove sedi consa-crate al culto cristiano, si sviluppano molteplici agglomerati, che si aggiungono a quelli distribuiti lungo la costa e serviti da una rete stradale impostata sul duplice tracciato della via Aurelia.”39 A proposito

dell’altura di Montalto, poi, Falzetti e Mattei pongono l’attenzione su come quest’opera di ristrutturazio-ne territoriale, promossa da Vulci in epoca ostrogota, possa aver portato a una prima fortificazioristrutturazio-ne del pianoro montaltese. “Avendo presente questo quadro è, difatti, possibile pensare ad uno sfruttamento strategico della rupe per il controllo dall’alto dell’Aurelia. Inoltre, la fortificazione dell’altura può, all’in-terno di un’intensa opera di ristrutturazione territoriale, rivestire lo scopo ulteriore di proteggere lo scalo fluviale di Armine [o Arenula n.d.a.] e lo scalo marittimo di Regae.”40 Quest’ipotesi, dunque, farebbe

risalire a quest’epoca il primo nucleo del centro storico di Montalto; tuttavia, vi è una totale assenza di riscontri, sia archeologici sia documentari.

Intorno alla metà del VI secolo, comunque, lo scatenarsi della guerra greco-gotica (535-553) muta l’as-setto del territorio, almeno per quanto riguarda la fascia costiera lungo il tracciato dell’Aurelia nova. Infatti, mentre Vulci e l’entroterra della Regio Aureliae paiono non essere direttamente interessati dalle manovre belliche, le armate si muovono lungo il più agevole percorso litoraneo dell’Aurelia, che viene quindi dotato di più avamposti fortificati da parte dei bizantini. In quest’ottica, rifacendosi all’ipotesi sopra esposta, Falzetti e Mattei41 ritengono probabile che anche il pianoro di Montalto sia stato

interes-sato da tale dinamica. Infatti, la sua posizione strategica per il controllo dell’importante arteria viaria, in particolare del ponte sul Fiora, rendeva il sito in esame estremamente adatto a divenire un caposal-do bizantino; ciò, d’altronde, potrebbe essere avvenuto sia a partire da una preesistente fortificazione ostrogota, sia ex novo negli anni della guerra greco-gotica. Tuttavia, dalle fonti a nostra disposizione non abbiamo alcuna informazione circa quest’insula fortificata bizantina sul pianoro montaltese; inse-diamenti di questo tipo, del resto, non possedevano nemmeno una denominazione precisa: ciò potrebbe spiegare la mancanza di un nome documentato per il sito in esame fino al IX secolo. Falzetti e Mattei42,

però, ritengono che l’occupazione bizantina abbia lasciato “una forte traccia proprio nel cuore del nuovo insediamento in cima alla rupe: il culto della S. Croce.”43 È questa, infatti, l’intitolazione della chiesa

“tra-dizionalmente [ma senza alcun riscontro documentario n.d.a.] indicata dai montaltesi come il più antico luogo di culto dell’intero paese”44. Quest’ultimo aspetto, comunque, rimane una semplice congettura dei

due studiosi, essendo la stessa datazione della chiesa di Santa Croce assolutamente dubbia.

In ogni caso, terminata la guerra greco-gotica con la vittoria bizantina, la situazione nella Regio Aure-liae pare tornare quella di prima del conflitto, probabilmente con la presenza di alcune nuove postazioni fortificate lungo l’Aurelia, come quella sull’altura montaltese. Tuttavia, già intorno al 570 la guerra torna

36 I confini settentrionale e meridionale della Regio Aureliae sono quelli consolidatisi nella ormai millenaria storia del territorio vulcente. “Quello a sud è il confine storico di sempre, quel confine che separa l’area vulcente dall’area tarquiniese: il torrente Arrone. Quello setten-trionale è il limes fissato dai vincitori romani dopo la deduzione di Cosa: il torrente Tafone.

37 Falzetti e Mattei adducono come esempio delle buone condizioni economico-sociali del territorio vulcente l’accordo, stipulato tra 510 e 511, con cui i mercanti della Tuscia s’impegnavano a soccorrere gli abitanti della costa provenzale colpiti dalla carestia. Inoltre, verso il 532 “vengono intrapresi interventi per la regimazione dei fiumi ed è possibile che uno degli interventi di maggiore importanza sia stato quello

riguardante gli argini del Fiora”.(FALZETTI C. A. e MATTEI D., Op. cit., p. 32.)

38 FALZETTI C. A. e MATTEI D., Op. cit., p. 32.

39 DEL LUNGO S., Vulci e il suo territorio negli assetti dei secoli dal V all’XI, in: Montalto di Castro, storia di un territorio, FALZETTI C. A. e MATTEI

D. (a cura di), Vol. I - Dalle origini al Medioevo, Tarquinia, ZETACIDUE, 2007, pp. 217-218.

40 FALZETTI C. A. e MATTEI D., Op. cit., p. 38.

41 FALZETTI C. A. e MATTEI D., Op. cit., pp. 38-39.

42 FALZETTI C. A. e MATTEI D., Op. cit., p. 38.

43 FALZETTI C. A. e MATTEI D., Op. cit., p. 38.

44 SUSI E., Le chiese, le confraternite e i culti, in: Montalto di Castro, storia di un territorio, MATTEI D. (a cura di), Vol. II - Dal Cinquecento al

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