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CAPITOLO I

IL QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO

1. Il tributo come obbligazione di diritto pubblico; 2. Il dogma dell’indisponibilità; 3. Le teorie sul fondamento del principio; 3.1. La tesi dell’indisponibilità ontologica del credito tributario; 3.1.1. Critiche a questa impostazione. L’indisponibilità come attributo della (sola) potestà di imposizione; 3.1.2. L’insopprimibile matrice valutativa dell’accertamento tributario; 3.1.3. L’inadeguatezza della visione dell’imposta come “obbligazione di riparto” nei moderni sistemi di tassazione; 3.2. Le teorie sul fondamento normativo, finanche costituzionale, dell’indisponibilità del credito tributario; 3.2.1. Indisponibilità del tributo e art. 23 Cost.; 3.2.2. Indisponibilità del tributo e art. 53 Cost.; 3.2.3. Indisponibilità del tributo e art. 97 Cost.; 4. L’altra faccia dell’indisponibilità tributaria: la vincolatezza (o assenza di discrezionalità) della funzione impositiva.

1. Il tributo come obbligazione di diritto pubblico

È ampiamente condivisa in dottrina la teoria che qualifica il tributo come una

prestazione pecuniaria

1

, oggetto di un’obbligazione

2

avente la sua fonte,

1Per le poche eccezioni che si sono avute, in proposito, nella nostra legislazione tributaria,

cfr. ALLORIO, E., Diritto processuale tributario, Torino, 1953, 61 e nota 3. Fattispecie, anch’esse eccezionali, in cui l’obbligazione d’imposta, pur sorgendo come obbligazione pecuniaria, può essere adempiuta con mezzi diversi dal denaro si rinvengono, ad esempio, negli artt. 39 del d.lgs. n. 346/1990 e 28-bis del d.p.r. n. 602/1973, che consentono al contribuente l’assolvimento dell’imposta di successione e donazione e delle imposte sui redditi mediante la cessione di “beni culturali”, cioè di beni riconosciuti di rilevante interesse storico o artistico.

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diretta o indiretta, nel presupposto di fatto, economicamente rilevante, assunto

dalla legge quale indice di riparto di spese pubbliche

3

.

2Nel diritto civile il concetto di obbligazione viene intesa in due accezioni: il rapporto, detto

appunto obbligatorio, che intercorre tra due soggetti avente ad oggetto la prestazione che uno, detto debitore, deve eseguire per soddisfare l’interesse dell’altro, detto creditore; ma anche la posizione debitoria di tale rapporto, ossia lo specifico dovere in forza del quale il debitore è tenuto ad eseguire una data prestazione per soddisfare l’interesse del creditore. Trattasi di significati che affondano le loro origini nel diritto romano: cfr. ad es. WINDSCHEID, B., Diritto delle Pandette (traduz. it. C. Fadda, E. Bensa), II, parte prima, Torino, 1904, 5 ss.

Gli elementi del rapporto obbligatorio sono individuati: a) nel debito, ossia la posizione giuridica passiva del rapporto obbligatorio, comunemente indicata obbligazione; b) nel credito, ossia la posizione giuridica attiva del rapporto obbligatorio; c) nell’oggetto o contenuto, vale a dire la prestazione, ciò che è dovuto dal debitore al creditore; d) nell’interesse del creditore, che è l’elemento funzionale del rapporto obbligatorio, ossia ciò che giustifica la prestazione e in definitiva lo stesso rapporto obbligatorio. Così ad es. BIANCA, M., Diritto civile. IV. L’obbligazione, Milano, 1990, 21 ss.

Sull’obbligazione, il suo significato e la sua genesi, si vedano tra i tanti, anche per i riferimenti: BIANCA, M., op. cit., 1 ss.; BRECCIA, U., Le obbligazioni, in Iudica, G. - Zatti, P., (a cura di), Trattato di diritto privato, Milano, 1991, 1 ss.; RESCIGNO, P.,

Obbligazioni (dir. priv.): a) nozioni generali, in Enc. dir., XXIX, 1979, 134 ss.; CANNATA,

C.A., Le obbligazioni in generale, in AA. VV. Trattato di diritto privato, IX, Torino, 1999, diretto da P. Rescigno, 5 ss. Ma anche: TALAMANCA, M., Obbligazioni (storia): a) diritto

romano, in Enc. dir., XXIX, 1979, 1 ss.; ASTUTI, G., Obbligazioni (storia): b) diritto intermedio, in Enc. dir., XXIX, 1979, 78 ss.; SACCO, R., Alla ricerca dell’origine dell’obbligazione, in Riv. dir. civ., 1999, I, 609 ss.

3Tra le prospettive dogmatiche che, pur con diverse sfumature, adottano il concetto di

obbligazione come modello di riferimento per la descrizione del fenomeno impositivo, meritano di essere citate le ricostruzioni offerte da GIANNINI, A.D., Il rapporto giuridico

d’imposta, Milano, 1937, 57, il quale identifica il debito tributario in un’obbligazione di

diritto civile che, ancorché effetto giuridico fondamentale, non esaurisce il contenuto del complesso rapporto che si instaura tra i soggetti attivo e passivo dell’imposizione; ALLORIO, E., op. cit., 119 ss., 164, che esalta la matrice pubblicistica dell’obbligazione d’imposta ed il suo collegamento con una situazione di fatto rivelatrice di idoneità alla contribuzione, seppur in una cornice dogmatica che individua il momento genetico dell’obbligazione tributaria nella dichiarazione del soggetto passivo o negli atti sostitutivi o rettificativi di essa emanati dalla finanza; BERLIRI, A., Appunti sul rapporto giuridico

d’imposta e sull’obbligazione tributaria, in Giur. imp. 1954, III, 509, part. 510, il quale

propone il superamento della concezione unitaria del rapporto tributario senza rinnegare il ruolo centrale dell’obbligazione d’imposta ma ridimensionando l’importanza del dibattito attorno alla sua natura, privatistica o pubblicistica (BERLIRI, A., Principi di diritto

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Enc. dir., Vol. I, Milano, 1958, 246, 247, che mantiene fermo il concetto di obbligazione pur

ascrivendo la produzione di tale effetto al compiuto realizzarsi di una fattispecie complessa a formazione progressiva; MICHELI, G.A., Corso di diritto tributario, VIII, Utet, Torino, 1989, 161 ss, il quale ravvisa l’esistenza nell’ordinamento di un generico dovere contributivo a carico dei consociati, situazione suscettibile di assumere i connotati e la consistenza di un’obbligazione soltanto all’esito della sequenza procedimentale di atti volti all’attuazione della norma tributaria (in base a tale ricostruzione, l’obbligazione d’imposta perde il suo contenuto particolare e pubblicistico che secondo MICHELI, G.A., TREMONTI, G., Obbligazioni (dir. trib.), in Enc. dir., Milano, 1979, XXIX, 409 ss, part. 431 ss., 442, attiene invece alle “forme positive di esercizio della funzione amministrativa di imposizione”); in termini sostanzialmente analoghi, CONSOLO, C., Processo e

accertamento fra responsabilità contributiva e debito tributario, in Riv. dir. proc., 2000,

1035 e ss., part. 1048, 1049, il quale ritiene che prima della nascita del debito d’imposta sia configurabile un “rapporto giuridico pubblicistico di contribuzione tributaria”, da cui scaturiscono doveri di collaborazione come il dovere di compiere un’esatta dichiarazione del presupposto. È solo in seguito alla determinazione del tributo, attraverso la dichiarazione del contribuente o, in suo difetto e in caso di rettifica, gli atti autoritativi di accertamento, che sorge un’obbligazione di diritto comune.

Non sono mancate impostazioni dottrinali che hanno criticato l’utilità del riferimento al concetto di obbligazione nella sistemazione della materia tributaria, proponendo l’abbandono di tale nozione, perché suscettibile di offrire una visione distorta degli schemi di attuazione del prelievo. Al riguardo sono stati valorizzati i casi di anticipato incasso del tributo (tramite ritenute d’acconto, acconti d’imposta, versamenti periodici) rispetto all’avverarsi del presupposto, evidenziando, in tal modo, come il fatto indice non possa configurarsi fonte di un’obbligazione in senso tecnico, ma semmai evento generatore di un diverso effetto, consistente nella definitiva acquisizione delle somme anticipatamente percepite da parte dell’ente pubblico e nella giuridica impossibilità del loro rimborso (FEDELE, A., Il presupposto del tributo nella giurisprudenza della Corte costituzionale, in

Giur. cost., 1967, II, 965, richiamato, in confronto dialettico, da FALSITTA, G., Obbligazione tributaria, in Dizionario di diritto pubblico, diretto da S. Cassese, Milano,

2006, IV, 3837). In senso critico si è, inoltre, posta la dottrina, autorevole ma minoritaria, che ha ritenuto di rifiutare la nozione di obbligazione, sia in prospettiva sostanziale che processuale, per l’inidoneità di essa a formare oggetto di un processo costitutivo o di accertamento, in quanto tipicamente correlata ad una pronuncia di condanna (GLENDI, C.,

L’oggetto del processo tributario, Padova, 1984, 131 ss. e 145 ss.). Proposte di superamento

del concetto di obbligazione tributaria vengono, inoltre, da quanti ritengono che il tributo non costituisca oggetto di un unitario rapporto obbligatorio, ma il risultato del “modo in cui di volta in volta si sono combinati i molteplici obblighi di versamento e diritti a detrazioni e deduzioni, derivanti dal verificarsi dei singoli fatti fiscalmente rilevanti”, nei quali si risolve compiutamente la disciplina sostanziale delle imposte (LA ROSA, S., Accertamento

tributario e situazioni soggettive del contribuente, in Riv. dir. trib., 2006, I, 747; Id., Principi di diritto tributario, Giappichelli, Torino, 2006, 32 ss., 211 ss.).

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In base a tale ultimo orientamento, nel diritto tributario difficilmente può parlarsi di situazioni di debito e di credito che siano correlate tra loro, vale a dire di un rapporto obbligatorio (anche innestantesi nell’ambito di un procedimento amministrativo). Ciò essenzialmente perché i rapporti tra contribuente ed ente impositore sono connotati da profili che esulano dalle normali obbligazioni pecuniarie: infatti l’Amministrazione finanziaria, a differenza del normale creditore, può azionare ex se le sue pretese, esercitando i poteri autoritativi di cui dispone (come è noto, essa determina l’esistenza di un eventuale debito, lo quantifica e lo riscuote, anche contro la volontà del “debitore”); inoltre, essa stessa punisce l’inadempimento del contribuente con l’applicazione di una sanzione (amministrativa), che di regola non si riscontra nei normali rapporti di debito-credito. E ancora, delle obbligazioni mancano connotati importanti. Manca innanzitutto la pariteticità, almeno sul piano formale, del rapporto tra le parti, ma piuttosto si constata una posizione di supremazia dell’Amministrazione (cfr. ad es. BRECCIA, U., op. cit., 12 ss., per il quale il modello di obbligazione assunto dal legislatore si basa su “simmetria delle situazioni reciproche” e “parità” delle parti).

Piuttosto, dalla disciplina dei vari tributi, la dottrina, già da tempo, ha rilevato la sussistenza di una pluralità di situazioni giuridiche soggettive dal contenuto eterogeneo (Cfr. ad es. BERLIRI, A., Principi, cit., 37 ss., ma anche Id., Appunti, cit. 509 ss., per il quale le diverse situazioni giuridiche discendenti dalle varie leggi tributarie sostanziali confluirebbero nel rapporto giuridico d’imposta, che, per l’appunto, sarebbe un rapporto complesso; su posizioni analoghe, sia pure più sfumate, già GIANNINI, A.D., op. cit., 22 ss.; TESORO, G., Principii di diritto tributario, Bari, 1938, 48). Così, in capo al contribuente, si hanno situazioni quali obblighi (di dichiarazione, di versamento, ecc.), diritti (a detrazioni, a deduzioni, ecc.), soggezioni (alle varie potestà amministrative), interessi legittimi (a fronte di alcuni provvedimenti dell’Amministrazione), opzioni (per regimi contabili, regimi di determinazione del tributo, ecc.), e solo raramente veri rapporti bilaterali di debito-credito, riconducibili alle obbligazioni: per un quadro organico delle situazioni giuridiche tributarie facenti capo ai contribuenti si veda LA ROSA, S., Principi di diritto tributario, cit., 29 ss., 203 ss., 223 ss., ove si identificano situazioni veramente bilaterali, essenzialmente, nei crediti vantati dal contribuente nei confronti dell’Amministrazione finanziaria. Dello stesso Autore si veda anche Accertamento tributario e situazioni soggettive del contribuente, cit., 743 ss. Parallelamente, si constatano una pluralità di atti amministrativi (avvisi di accertamento, avvisi di liquidazione, iscrizioni a ruolo, ingiunzioni fiscali, provvedimenti sanzionatori, ecc.), i quali sono espressione di molteplici funzioni amministrative, essendo diversi i poteri espressi, ma anche le norme di riferimento, le situazioni coinvolte, gli interessi perseguiti (si vedano in special modo LA ROSA, S., Principi, cit., 30 s. e 276 s., ove si distinguono le attività di indirizzo, conoscitiva, di accertamento in senso stretto, di riscossione, sanzionatoria, con la precisazione comunque che l’autonomia funzionale di queste attività è soltanto relativa; FALSITTA, G., Manuale di diritto tributario. Parte

generale, Milano, 2008, 317 ss.; VANZ, G., L’attività conoscitiva dell’Amministrazione finanziaria, Torino, 2005, 5 ss.; GARBARINO, C., Imposizione ed effettività nel diritto tributario, Padova, 2003, 102 ss.).

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Nel momento in cui il tributo diventa dovuto

4

, tra ente impositore e

contribuente si configura un rapporto che ha gli stessi tratti fisionomici delle

Il descritto dibattito non è privo di ricadute pratiche, in particolare rispetto alla possibilità o meno di integrazione della disciplina del tributo con le norme del codice civile in materia di obbligazioni (cfr. ALLENA, M., Sull’applicabilità dei principi civilistici al diritto

tributario, in Dir. prat. trib., 1999, I, 1776 ss.).

4 Il momento della nascita dell’obbligazione tributaria – ossia la fonte del rapporto

obbligatorio di imposta – è al centro di uno storico dibattito dottrinale che ha visto emergere due concezioni antitetiche del fenomeno impositivo. Secondo una prima impostazione, definibile come “dichiarativista”, l’obbligazione tributaria sorge ex lege per effetto del semplice verificarsi del presupposto di fatto del tributo (RUSSO, P., L’obbligazione

tributaria, in AA.VV., Trattato di diritto tributario, Amatucci, A., diretto da, II, Padova,

1994, 4). In tale prospettiva, gli atti strumentali all’attuazione del prelievo, come la dichiarazione d’imposta del contribuente e gli atti di imposizione della Finanza, hanno efficacia meramente dichiarativa (da qui il nome della teoria), essendo volti all’accertamento di un effetto giuridico – la nascita dell’obbligazione tributaria, appunto – che si è già prodotto ex lege. In un’ottica “costitutivista”, al contrario, la realizzazione del presupposto non è sufficiente a far nascere l’obbligazione tributaria; quest’ultima è l’effetto che scaturisce dal compimento degli atti con cui vengono determinati l’an e il quantum del tributo: in caso di autoliquidazione e di versamento spontaneo, il momento genetico è identificabile nella dichiarazione del contribuente, mentre nei casi in cui questa manchi ovvero sia oggetto di rettifica, l’effetto costitutivo è affidato, in tutto o in parte, all’atto di recupero dell’Amministrazione finanziaria (ALLORIO, E., op. cit., 579-580; TESAURO, F., Il rimborso dell’imposta, Torino, 1975, 95 ss.; 127 ss., il quale, alla pagina 108, evidenzia come il fondamento dell’obbligazione non possa essere reperito nel solo presupposto, né nella sola dichiarazione, ma nella congiunta esistenza dell’uno e dell’altra, sicché in assenza e prima della dichiarazione non può esservi obbligazione). Per tale via è stata affermata la possibile configurabilità di una pluralità di obbligazioni d’imposta, come nel caso in cui alla dichiarazione seguano controlli formali, ovvero accertamenti parziali, integrativi, modificativi, oppure prelievi suppletivi o complementari (FALSITTA, G.,

Manuale di diritto tributario, cit., 296-297, ma v. contra, in prospettiva dichiarativa,

RUSSO, P., Manuale di diritto tributario. Parte generale, Milano, 2007, 151). Va precisato che il descritto contrasto teorico si poneva soltanto per i cosiddetti “tributi con accertamento”, vale a dire per quei tributi il cui meccanismo applicativo contemplava la necessaria esplicazione della fase di accertamento, definibile come il complesso di atti posti in essere dal contribuente e dall’Amministrazione finanziaria in vista dell’attuazione del prelievo. Restava fuori dalla discussione, invece, la categoria dei “tributi senza accertamento”, nei quali il concretarsi della fattispecie imponibile determinava ex se la necessità di eseguire la prestazione, salvo il successivo controllo dell’adempimento da parte dell’ufficio: in questi casi risultava, infatti, condiviso l’assunto secondo cui la realizzazione della fattispecie imponibile comportava direttamente la nascita dell’obbligazione in capo al soggetto passivo del tributo (RUSSO, P., L’obbligazione tributaria, loc. ult. cit.). È certo

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obbligazioni disciplinate, in generale, sotto il titolo primo del libro quarto del

codice civile.

Nella sua struttura elementare, infatti, il rapporto tributario è costituito da un

soggetto attivo, di norma identificabile con un ente pubblico, titolare di un

diritto di credito, da un soggetto passivo, generalmente un privato, gravato del

che la distinzione tra tributi con e senza accertamento ha perso gran parte della sua rilevanza nel contesto della fiscalità di massa, ove ha più senso parlare di “forme di imposizione” con e senza accertamento, rispettivamente quando intervengono atti provvedimentali e quando l’adempimento si attua spontaneamente (cfr. LA ROSA, S.,

Accertamento tributario e situazioni soggettive del contribuente, cit., 735).

Il confronto dogmatico ha evidenziato criticità e punti di forza di ciascuna teoria, le cui contrapposizioni dipendono non tanto da diverse interpretazioni di specifici dati di diritto positivo quanto da visioni complessive del fenomeno tributario che portano con sé divergenze anche in punto di situazioni giuridiche sottese al prelievo e di natura del giudizio promosso avverso i relativi atti applicativi (così FRANSONI, G., Giudicato tributario e

attività dell’amministrazione finanziaria, Milano, 2001, 107).

Del dualismo tra teorie dichiarative e costitutive si è proposto il superamento nell’ambito di un’elaborazione che pone l’accento sulla fase procedimentale di esercizio della potestà impositiva. Si è affermato, infatti, (cfr. PERRONE, L., Riflessioni sul procedimento

tributario, in Rass. trib., 2009, 43 ss., part. nota 16, il quale in questi termini illustra il

pensiero di MICHELI, G.A., Considerazioni sul procedimento tributario d’accertamento

nelle nuove leggi d’imposta, in Riv. dir. fin., 1974, 620) che, alla luce della fungibilità dei

moduli di attuazione del tributo, il problema della fonte dell’obbligazione d’imposta cede il passo rispetto alla configurazione di una pluralità di situazioni giuridiche soggettive, attive e passive, in capo a soggetti diversi, tese, in uno schema appunto procedimentale, all’attuazione della potestà di imposizione ed al prelievo tributario, ciò che permette di pervenire ad un esame analitico della portata dei singoli atti, dei loro effetti e delle reciproche implicazioni, in vista dello scopo unitario del prelievo. Tale impianto concettuale appare conforme all’evoluzione normativa che ha reso sempre più evidente la crescente complessità “delle sequenze e dei meccanismi impositivi” (PERRONE, L., op. loc. ult. cit., il quale a sostegno richiama alcune pronunce giurisprudenziali ed, in particolare, Cass., 25.11.1980, n. 6262), spostando il baricentro dal rapporto obbligatorio d’imposta al procedimento tributario, espressione della funzione amministrativa di imposizione (FANTOZZI, A., Il diritto tributario, Utet, Torino, 2003, 247). Quest’ultima, diretta alla determinazione quali-quantitativa del presupposto e all’applicazione del giusto tributo, risulta in questo modo estranea all’obbligazione tributaria, che assume rilievo piuttosto nell’ambito della riscossione, derivando da fatti ed atti che si collocano temporalmente in una fase antecedente ovvero successiva al verificarsi della situazione indice. D’altra parte, l’accertamento si estende, proprio per ciò, al controllo dei diversi comportamenti imposti dalla legge al contribuente e finalizzati alla corretta applicazione del tributo (FANTOZZI, A., Diritto tributario, Torino, 2012, 402).

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correlativo debito, e da un oggetto, la prestazione di contenuto patrimoniale

che il secondo (il debitore) è tenuto ad eseguire per soddisfare un interesse del

primo (il creditore) meritevole di tutela

5

.

La sussunzione del rapporto obbligatorio d’imposta nello schema

dell’obbligazione privatistica

6

, se da un lato consente di colmare le lacune

della legislazione fiscale mediante l’applicazione, in via analogica, delle

norme del codice civile

7

che risultano compatibili con le peculiarità del diritto

tributario – come avviene in tema di solidarietà, prescrizione e decadenza,

privilegi, garanzie fideiussorie, successione nel debito d’imposta, ripetizione

dell’indebito e via dicendo – dall’altro mette in risalto il carattere speciale

delle norme tributari

8

che regolano vicende e modo di essere dell’obbligazione

5BIANCA, M., Diritto civile, IV, L’obbligazione, cit., 10; GALGANO F., Trattato di diritto

civile, II, Padova, 2010, 8. In verità, anche l’interesse del creditore viene considerato

elemento costitutivo del rapporto obbligatorio, nel senso che l’obbligazione di diritto privato è essenzialmente strumento di soddisfacimento dell’interesse del creditore; il che trova conferma nella formula normativa secondo la quale la prestazione deve corrispondere all’interesse del creditore (art. 1174 c.c.), ma anche nella formula secondo la quale il venir meno dell’interesse del creditore a conseguire la prestazione determina l’estinzione dell’obbligazione (art. 1256, 2° co., c.c.) (amplius sull’interesse del creditore e sulla sua rilevanza cfr. per tutti, BIANCA, M., Diritto civile, IV, L’obbligazione, Milano, 1993 (ristampa aggiornata al 1997), 41 ss.; RESCIGNO, P., op. cit., 194 ss.). Nel rapporto obbligatorio d’imposta, tuttavia, si constata l’assenza di un interesse esclusivo o preminente del “creditore” alla prestazione (e, secondo alcuni, del correlato potere di disposizione), giacché l’interesse dell’Amministrazione o dello Stato-apparato è servente rispetto all’interesse pubblico alla percezione dei tributi, al punto che la stessa Amministrazione, a differenza del normale creditore, non può sottrarsi dal far valere le sue pretese, come anche dal sanzionare eventuali comportamenti del contribuente difformi dalla legge.

6 Propugnata da quella parte della dottrina, assolutamente prevalente, che configura

l’obbligazione tributaria come species del genus obbligazione compiutamente disciplinata dal diritto civile (cfr. ALLORIO, E., op. cit., 119 ss., 164; più recentemente, TINELLI, G.,

Istituzioni di diritto tributario, Padova, 2010, 54).

7Per un’indagine approfondita sull’argomento v. FREGNI, M.C., Obbligazione tributaria e

codice civile, Torino, 1998.

8In questi termini, MELIS, G., Lezioni di diritto tributario, Torino, 2016, 234, secondo cui,

muovendo dalla prospettiva dell’autonomia del diritto tributario rispetto alle altre branche dell’ordinamento “sembra tuttora preferibile l’impostazione tradizionale che vede le norme del diritto tributario che disciplinano l’obbligazione tributaria quali norme speciali rispetto

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d’imposta, il che le rende applicabili in deroga alle disposizioni civilistiche

contrastanti con esse

9

.

alle norme del codice civile, considerate quali norme generali del diritto delle obbligazioni applicabili nel diritto tributario per quegli aspetti dell’obbligazione d’imposta privi di disciplina specifica e sempre che, naturalmente, la disciplina civilistica non risulti incompatibile con la particolare natura dell’obbligazione tributaria”.

9Paradigmatica, da questo punto di vista, è la compensazione annoverabile tra i meccanismi

estintivi delle obbligazioni. La regolamentazione dell’istituto in ambito fiscale, contenuta nell’art. 17 del d.lgs. n. 241/1997, si discosta per molti aspetti dalla disciplina delineata dagli artt. 1241 e segg. c.c. (RUSSO, P., La compensazione in materia tributaria, in Rass.

trib., 2002, 1856). Basti pensare che quest’ultima presuppone l’identità fra i soggetti

reciprocamente obbligati che procedono alla compensazione dei rispettivi debiti e crediti, mentre la compensazione tributaria ha un ambito di operatività ben più ampio, potendo interessare crediti e debiti attinenti ad una pluralità di prestazioni pecuniarie disomogenee (l’elencazione, dai più ritenuta tassativa, è racchiusa nell’art. 17 cit.), facenti capo, da una parte, ad un determinato contribuente, e dall’altra, a diversi enti pubblici (Erario, Regioni, Enti locali, Inps, Inail, Camere di commercio, etc.).

La notevole differenza esistente tra l’istituto delineato dal codice civile e la compensazione disciplinata in materia fiscale ha spinto parte della dottrina a ritenere che tale modo di estinzione delle obbligazioni operi, in ambito tributario, solo nei casi in cui è espressamente previsto, non potendo essere introdotto in via analogica, applicando le norme civilistiche o quelle tributarie che eccezionalmente lo prevedono (cfr. FREGNI, M.C., op. cit., 432). Per altro verso, l’affermazione della generale estinguibilità dell’obbligazione tributaria per compensazione ad opera dell’art. 8, co.1, l. 27.7.2000, n. 212 (il quale, peraltro, al co. 8, rinvia ad appositi regolamenti l’attuazione del principio più generale) ha indotto ad interrogarsi sul fatto che detto richiamo implichi un riferimento ai principi in tema di obbligazioni civili o debba comportare l’estensione all’intero sistema tributario del regime attualmente disciplinato dall’art. 17, d.lgs. 9.7.1997, n. 241 (su questo dibattito, v. FALSITTA, G., Obbligazione tributaria, in Diz. dir. pubbl., cit., 3840; FEDELE, A., L’art.

8 dello Statuto dei diritti del contribuente, in Riv. dir. trib., 2001, I, 883 ss., part. 887; in

generale, cfr. CORDEIRO GUERRA, R., La compensazione, in AA.VV., Lo statuto dei

diritti del contribuente, MARONGIU, G., a cura di, Torino, 2004, 23 ss.; MESSINA, S.M., La compensazione nel diritto tributario, Milano, 2006; GIRELLI, G., La compensazione tributaria, Milano, 2010).

Deve ascriversi al medesimo ordine di problemi anche la questione dei limiti di legittimità dell’accollo del debito d’imposta, disciplinato dall’art. 8, co. 2, l. n. 212/2000 (cfr. PAPARELLA, F., L’accollo del debito d’imposta, Giuffrè, Milano, 2008, 145 ss., che ne esamina le peculiarità nell’ordinamento tributario con particolare riguardo ai rapporti con la disciplina della rivalsa obbligatoria).

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L’elemento che più di ogni altro caratterizza il rapporto di debito-credito che

si instaura tra contribuente e Fisco è la natura pubblica del fine perseguito da

quest’ultimo.

Alla base dell’obbligazione tributaria, infatti, non vi è un interesse particolare,

come quello che fa capo, normalmente, al creditore di diritto comune, bensì

l’interesse generale – poiché riferibile allo “Stato-comunità”, inteso come

collettività organizzata soggetta alla potestà impositiva dell’ente pubblico cui

compete il tributo – alla pronta e perequata attuazione del prelievo

10

.

È da questa spiccata connotazione pubblicistica

11

che discendono i seguenti

concetti fondamentali, tra loro intimamente connessi, elaborati dalla dottrina

tradizionale:

- l’inderogabilità delle norme che regolano il rapporto obbligatorio d’imposta;

10 L’“interesse fiscale” non è definibile come interesse dell’apparato pubblico al

conseguimento del maggior gettito fiscale, ma come interesse alla riscossione dei tributi in base ad una corretta ed equilibrata applicazione delle norme tributarie, nell’ambito dell’efficiente e imparziale esercizio del potere impositivo. Il punto è bene espresso da FEDELE, A., Appunti dalle lezioni di diritto tributario, Torino, 2003, 177.

Il delicato rapporto tra l’esigenza di massimizzazione delle entrate tributarie e la necessità di ripartizione dei carichi pubblici secondo criteri rispettosi del principio di uguaglianza sostanziale è oggetto di ampia disamina in BERLIRI, L.V., La giusta imposta, Roma, 1945, 336 ss., nonché in FALSITTA, G., Giustizia tributaria e tirannia fiscale, Milano, 2008.

11GIANNINI, M.S., Le obbligazioni pubbliche, Roma, 1964, 6 ss. Per la riconducibilità

dell’obbligazione tributaria alla categoria delle obbligazioni pubbliche o di diritto pubblico, si vedano anche TESORO, G., op. cit., 48 ss.; ALLORIO, E., op. cit., 60 ss.; FREGNI, op. cit., 82 ss. Parte della dottrina dubita dell’esistenza delle obbligazioni pubbliche, propendendo al più per una valenza descrittiva della relativa nozione o comunque restringendone notevolmente l’ambito di operatività: cfr. GIANNINI, M.S., op. cit., in part. 10 ss. e 52 ss.; FALCON, G., Obbligazioni pubbliche, in Enc. Giur. Treccani, 1990; CERULLI IRELLI, V., Corso di diritto amministrativo, Torino, 2002, 681 s.; BENEDETTI, G., Obbligazioni della pubblica amministrazione, in Diz. dir. pubbl., cit., 3848 s. Del resto, quanti ammettono la figura delle obbligazioni pubbliche non riescono a delinearne una nozione precisa (cfr. BARETTONI ARLERI, A., Obbligazioni pubbliche, in Enc. dir., XXIX, 1979, 383 ss., 403 s.); cfr., più di recente, STIPO, M., L’accertamento con adesione

del contribuente ex D.lgs. 19 giugno 1997, n. 218, nel quadro generale delle obbligazioni di diritto pubblico e il problema della natura giuridica, in Rass. trib., 1998, 1235 ss.

(10)

~ 14 ~

- la tendenziale vincolatezza e non discrezionalità dell’agire amministrativo

diretto all’attuazione del tributo;

- l’indisponibilità (o irrinunciabilità) della potestà di imposizione e della

pretesa creditoria derivante dal suo esercizio.

Il primo profilo è chiaramente assorbente rispetto agli altri due, i quali, del

resto, si atteggiano quasi a conseguenze necessitate, se non a veri e propri

corollari, della disciplina legale dell’obbligazione tributaria

12

.

Il vincolo della riserva di legge di cui all’art. 23 della Costituzione si traduce,

infatti, nella circostanza che tutte le “prestazioni imposte” (o, più

propriamente, le fattispecie impositive) devono essere individuate dal

legislatore, quantomeno nei loro elementi essenziali

13

, mentre la definizione

12 PORCARO, G., Riflessioni sulla natura del potere amministrativo nell’ambito

dell’attività istruttoria tributaria, in Dir. prat. trib., 2004, 11111.

13Premessa la possibilità di integrare la disciplina della prestazione imposta ad opera di

fonti secondarie, occorre individuare quale sia il contenuto minimo della fattispecie impositiva definita dalla legge, tenendo conto che esso “può variare in dipendenza della natura della prestazione patrimoniale imposta e, soprattutto, della sua giustificazione e funzione: distributiva della spesa, piuttosto che redistributiva della individuale ricchezza” (così FANTOZZI, A., Riserva di legge e nuovo riparto della potestà normativa in materia

tributaria, in Riv. dir. trib., 2005, I, 9).

Per lungo tempo, dottrina e giurisprudenza costituzionale hanno affermato che dovessero essere individuati e disciplinati con legge in senso formale, o con altri atti avente forza di legge, gli elementi essenziali identificativi della prestazione patrimoniale imposta, e dunque: il presupposto, cioè il fatto al verificarsi del quale la prestazione è dovuta; i soggetti passivi, cioè i soggetti cui quel presupposto è riconducibile; i criteri oggettivi per la determinazione del quantum della prestazione (base imponibile e aliquota).

La disciplina dell’attuazione dell’imposta (accertamento e riscossione) si è ritenuto che potesse essere invece rimessa dal legislatore a fonti subordinate, purché con l’indicazione di principi e criteri volti a evitare l’arbitrio dell’Amministrazione e ad assicurare la congruità e la corrispondenza della capacità contributiva astrattamente colpita dalla legge con quella concretamente assoggettata al tributo.

Se, in linea generale, soggetti passivi, presupposto e indici di contribuzione continuano ancor oggi a costituire il nucleo essenziale e irrinunciabile che realizza quel criterio di riparto delle spese pubbliche che è valore costituzionalmente tutelato e affidato alla riserva di legge, entità, generalità ed effettività del prelievo rappresentano, invece, aspetti che a determinate condizioni possono essere demandati, anche secondo la giurisprudenza costituzionale, a scelte locali per il tramite di fonti normative non legislative.

(11)

~ 15 ~

degli aspetti di dettaglio e di quelli strettamente procedimentali può essere

affidata a fonti secondarie

14

. In sostanza, qualunque elemento che attiene alla

struttura e alla dinamica di attuazione del tributo (presupposto, soggetti

passivi, criteri di determinazione della base imponibile, aliquota, forme di

accertamento e di riscossione, ecc.) è disciplinato da norme imperative – ora

Nel tempo, il vincolo sancito dall’art. 23 Cost. sembra essersi progressivamente allentato anche nella giurisprudenza della Corte costituzionale, che ha finito per relativizzare la portata del principio. In alcuni casi la Corte (v. sentenze: 26.1.1957, n. 4; 13.7.1963, n. 127; 29.3.1972, n. 56; n. 10.7.1981, n.127) ha, infatti, riconosciuto la possibilità di rimettere ad atti diversi dalla legge anche l’individuazione del presupposto o dei soggetti. Ancor più ampi sono stati i casi in cui ad atti diversi dalla legge è stata demandata la quantificazione della prestazione, o si è svalutato il criterio dei limiti in senso stretto per effetto del suo concorso e del suo bilanciamento col criterio del fabbisogno finanziario: considerato - specie per i tributi dovuti agli enti locali - parametro utile a determinare il tributo.

14“Intendendo che il fondamento del prelievo, ma non ogni suo elemento, debba trovarsi

nella legge”; così FORTE, F., Note sulla nozione di tributo, in Riv. dir. fin., 1956, 279. La scelta costituzionale di prevedere, in materia tributaria, una riserva relativa e non assoluta trova facile spiegazione ove si rifletta sulla necessità di disciplinare anche aspetti estremamente tecnici o specifici, per i quali la legge formale o altro atto di pari grado potrebbero apparire poco indicati.

Proprio per questa ragione, l’art. 23 Cost., se “vieta che le prestazioni personali o patrimoniali siano imposte direttamente da una fonte secondaria”, “non esclude”, invece, “che il precetto legislativo possa essere da detta fonte integrato” “essendo anche ammissibile il rinvio a provvedimenti amministrativi diretti a determinare elementi o presupposti della prestazione, purché risultino assicurate, mediante la previsione di adeguati parametri, le garanzie in grado di escludere un uso arbitrario della discrezionalità amministrativa” (così Cass., 28.5.2003, n. 16498; 20.11.2003, n. 17602; 10.9.2004, n. 18262): in altre parole, l’integrazione ad opera di fonti secondarie è ammessa a condizione che la legge stabilisca criteri idonei a disciplinare gli eventuali margini di discrezionalità lasciati alla pubblica Amministrazione nella determinazione in concreto della prestazione e ne individui almeno l’oggetto.

La giurisprudenza costituzionale ha individuato gli strumenti idonei a delimitare la discrezionalità delle fonti subordinate nella fissazione del limite massimo dell’aliquota (si vedano Corte cost. 18 giugno 1963, n. 93, in Giur. cost., 1963, 774; Id., 23 giugno 1964, n. 58, ibid., 1964, 660), nel riferimento al fabbisogno finanziario dell’ente per la gestione di un certo servizio (Corte cost., 26 gennaio 1957, n. 4, in Giur. cost., 1957, 22; Id., 6 luglio 1960, n. 51, ibid., 1960, 707), nella previsione dell’intervento di un organo tecnico (Corte cost., 9 aprile 1969, n. 72, in Giur. cost., 1969, 1070).

(12)

~ 16 ~

di fonte legislativa, ora di fonte regolamentare

15

– vincolanti sia per l’ente

impositore sia per il privato

16

.

In siffatto contesto, l’esercizio del potere impositivo non è libero, ma

vincolato al conseguimento di un fine normativamente predeterminato: la

realizzazione dello scopo della funzione tributaria che, come già sottolineato,

consiste nella celere e perequata ripartizione dei carichi pubblici tra i

consociati.

L’Amministrazione finanziaria si trova quindi nella condizione di attuare la

disciplina legale del tributo

17

; di verificare, cioè, se sia stata realizzata la

fattispecie impositiva legalmente prevista e, in caso affermativo, di verificare

15Finanche da atti amministrativi generali, stante la recente tendenza dell’esecutivo a

“vestire” contenuti normativi di una forma non normativa (sul tema v. NUCERA, V., I

provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate ed i confini della normatività, in Riv. dir. trib., 2011, I, 961 ss.) solo al fine di sottrarsi ai vincoli, formali e procedimentali,

imposti dall’art. 17 della l. n. 400/1988: è il caso dei decreti di natura non regolamentare, atti amministrativi generali frequentemente utilizzati, non solo nell’ordinamento tributario, per veicolare contenuti sostanzialmente normativi (cfr. BATISTONI FERRARA, F., Le

deleghe per l’emanazione di disposizioni di attuazione con decreto ministeriale di natura non regolamentare, in Perrone, L.-Berliri C., a cura di, Diritto tributario e Corte Costituzionale, Napoli, 2006, 553-554).

16GIANNINI, A.D., Circa la inderogabilità delle norme regolatrici dell’obbligazione

tributaria, in Riv. dir. fin. sc. fin., 1953, 291. In termini analoghi, RUSSO, P., L’obbligazione tributaria, loc. cit., in cui si afferma che “il carattere pubblicistico

dell’obbligazione (tributaria) implica che la sua attuazione debba avvenire nei modi, termini e forme indicati in maniera tassativa ed inderogabile dalla legge”.

17La visione dell’Amministrazione finanziaria relegata al ruolo di “mero esecutore” della

disciplina legale dell’obbligazione d’imposta è, in verità, assai approssimativa. Nell’ambito di un’opera di interpretazione, quale è comunque quella di applicazione di una certa disciplina legale, è sempre ravvisabile un carattere valutativo dell’interpretazione stessa. Il riferimento alla “mera esecuzione” della norma significa allora solamente che, in tale opera, è sottratta quella attività di contemperamento tra interessi pubblici, ovvero tra questi e gli interessi privati, in quanto già compiuta dal legislatore con la costruzione della fattispecie impositiva (tale profilo è ampiamente trattato da LUPI, R., Manuale giuridico professionale

(13)

~ 17 ~

che sia stato adempiuto il dovere del concorso alle spese pubbliche in ragione

della capacità contributiva palesata da ciascun soggetto passivo

18

.

Ecco quindi confermata la principale differenza tra le obbligazioni di diritto

pubblico – categoria nella quale i tributi rientrano a pieno titolo – e le

obbligazioni di diritto privato: le prime sono interamente regolate da norme

inderogabili

19

, onde limitare il rischio di abusi o di deviazioni dalle finalità di

primaria rilevanza pubblica ad esse sottese; le seconde, invece, trovano

disciplina principalmente nella volontà negoziale delle parti del rapporto che,

dotate di autonomia, sono sostanzialmente libere di regolare i loro interessi

come meglio credono

20

.

18PORCARO, G., op. cit., evidenzia che la vincolatezza della funzione impositiva non

riguarda soltanto l’an, ma anche il quantum del rapporto giuridico d’imposta. Così, se non è configurabile, per l’Amministrazione finanziaria, una libera scelta rispetto al perseguimento o meno degli interessi di cui è istituzionalmente portatrice, deve ritenersi ugualmente preclusa la possibilità di determinare l’ammontare del tributo in misura difforme da quella risultante dall’applicazione dei criteri stabiliti, in via inderogabile, dalla legge.

19FALSITTA, G., Natura e funzione dell’imposta con speciale riguardo al fondamento della

sua “indisponibilità” (relazione al convegno “Profili autoritativi e consensuali del diritto

tributario” tenutosi a Catania il 14-15 settembre 2007, confluita) in AA.VV., Profili

autoritativi e consensuali del diritto tributario, a cura di S. La Rosa, Milano, 2008, 49-50.

L’Autore, al riguardo, riporta un passo di GIANNINI, A.D., op. ult. cit. - in cui, in definitiva, si sostiene: - che le norme che disciplinano l’obbligazione tributaria sono di regola “norme imperative” (art. 1418 cod. civ.) (op. cit., 300); - che in tutti i casi in cui si realizza il presupposto di fatto di un tributo, previsto dalla legge, il tributo stesso va accertato e riscosso in conformità alla imperativa volontà della legge (op. cit., 292); - che “solo la stessa legge tributaria può disporre in modo diverso, stabilendo espressamente delle esenzioni totali o parziali a favore di coloro che si trovano in una determinata condizione; ma in mancanza di una norma siffatta, l'applicazione immediata del tributo in tutti i casi, nei quali si realizza il presupposto previsto dalla legge, non consente alcuna eccezione” (op. cit., 293, dove, in nota 2, si precisa che il principio è uno dei canoni fondamentali del diritto tributario, saldamente radicato nella tradizione e nella nostra legislazione).

20Nelle obbligazioni privatistiche la disciplina legale è in larga parte dispositiva, essendo

per lo più derogabile per via pattizia e destinata a trovare applicazione solo in via suppletiva, cioè in mancanza di un diverso accordo tra i soggetti del rapporto. Si vedano, a titolo esemplificativo, le disposizioni sul luogo e sul tempo dell’adempimento contenute, rispettivamente, negli articoli 1182 e 1183 del codice civile.

(14)

~ 18 ~

2. Il dogma dell’indisponibilità

Restringendo l’angolo visuale al lato attivo del rapporto obbligatorio

d’imposta, notiamo come la posizione giuridica dell’ente impositore sia

paragonabile a quella di qualunque creditore di diritto comune, se non fosse

per il carattere pubblicistico della funzione che il tributo svolge e del correlato

interesse che si realizza per mezzo della sua attuazione.

Tale rilievo, se da una parte giustifica la previsione di cautele patrimoniali

“rafforzate” a garanzia del credito tributario (privilegia fisci)

21

, dall’altra

induce a ritenere che l’Amministrazione finanziaria sia destituita dei poteri

dispositivi normalmente connaturati alla titolarità di un diritto di credito.

L’intenzione del legislatore è evidentemente quella di incrementare, attraverso

l’utilizzo di vari strumenti giuridici

22

, la probabilità di soddisfacimento del

credito d’imposta e, al contempo, evitare che l’Amministrazione finanziaria

venga meno, mediante negozi abdicativi, al suo potere-dovere di accertare e

riscuotere il “giusto tributo”, alterando in tal modo i criteri di riparto dei

carichi pubblici prefissati dalla legge

23

.

21Per un’ampia trattazione sull’“interesse fiscale” quale giustificazione per un sistema

normativo tendenzialmente favorevole alla parte pubblica del rapporto giuridico d’imposta, si rinvia a BORIA, P., L’interesse fiscale, Torino, 2002, passim., spec. 201 ss.

22Senza pretesa di esaustività, si possono citare i privilegi che assistono i crediti tributari (v.

artt. 2752, 2758, 2759, 2771 e 2772 c.c.), le numerose ipotesi di solidarietà dipendente (per la cui illustrazione critica, CASTALDI, L., Solidarietà tributaria, Postilla di aggiornamento, in Enc. giur. Treccani, Roma, 2007, § 1), le fideiussioni richieste a garanzia del restituzione delle somme indebitamente rimborsate a titolo di eccedenza d’imposta ex art. 38-bis del d.p.r. n. 633 del 1972, l’ipoteca e il sequestro conservativo di cui all’art. 22 del d.lgs. n. 472 del 1997, la sospensione dei rimborsi di cui all’art. 23 dello stesso decreto, il fermo amministrativo di cui all’art. 69, ult. co., del r.d. n. 2440 del 1923, il blocco dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 48-bis del d.p.r. n. 602 del 1973 e, sempre all’interno del decreto sulla riscossione, l’iscrizione ipotecaria di cui all’art. 77 ed il fermo dei beni mobili registrati di cui all’art. 86, misure, queste ultime due, adottabili dall’agente della riscossione.

23Per tale ricostruzione, in particolare, FALSITTA, G., Natura e funzione dell’imposta con

(15)

~ 19 ~

Entra dunque in scena il concetto di indisponibilità, principio che,

tradizionalmente, ha assunto centralità nella ricostruzione teorica del

fenomeno tributario, non senza profonde implicazioni sul versante applicativo

con riguardo a molteplici istituti

24

.

24In particolare, il carattere dell’indisponibilità comporta il divieto di rinunciare al prelievo

sia da parte del legislatore (con conseguenti dubbi di legittimità di condoni ed istituti affini) sia a carico dell’ufficio (escludendosi transazioni o abdicazioni in fase di accertamento e riscossione). Il principio trova riscontri normativi non univoci: cfr., ad es., l’accertamento con adesione e la conciliazione giudiziale, la cui ricostruzione teorica può condurre a soluzioni divergenti in punto di irrinunciabilità (BATISTONI FERRARA, F., Accertamento

con adesione, in Enc. dir. Agg., II, Milano, 1998, 22 ss.; Id., Conciliazione giudiziale, ivi,

229 ss.; MICCINESI, M., Accertamento con adesione e conciliazione giudiziale, in AA.VV.,

Commento agli interventi di riforma tributaria (a cura di M. Miccinesi), Padova, 1999;

MARELLO, E., L’accertamento con adesione, Torino, 2000; VERSIGLIONI, M., Accordo

e disposizione nel diritto tributario. Contributo allo studio dell’accertamento con adesione e della conciliazioni giudiziale, Giuffrè, Milano, 2001); la mediazione tributaria (art. 17-bis,

co. 8, d.lgs. 31.12.1992, n. 546), la cui disciplina sembra introdurre nella fase decisoria elementi di valutazione dell’economicità dell’azione amministrativa che parrebbero consentire giudizi di opportunità conducenti a forme di transazione della lite (MARINI, G.,

Profili costituzionali del reclamo e della mediazione, in Corr. trib., 2012, 853 ss.;

PISTOLESI, F., Il reclamo e la mediazione nel processo tributario, in Rass. trib., 2012, 65 ss., part. 67; in generale, cfr. TURCHI, A., Reclamo e mediazione nel processo tributario, in

Rass. trib., 2012, 898 ss.; CORASANITI, G., Commento all’art. 17-bis d.lgs. 31.12.1992, n. 546, in Commentario breve alle leggi del processo tributario, Consolo, C. - Glendi, C., a

cura di, Padova, 2012, 223 ss.); la transazione fiscale di cui all’art. 182-ter, R.d. 16.3.1942, n. 267 che consente, a certe condizioni, il pagamento solo parziale dei tributi nel quadro della disciplina del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione (cfr., per il dibattito in relazione all’indisponibilità, FALSITTA, G., Funzione vincolata di riscossione

dell’imposta e intransigibilità del tributo, in Riv. dir. trib., 2007, I, 1047 ss., part. 1069 ss.;

DEL FEDERICO, L., La nuova transazione fiscale nel sistema delle procedure concorsuali, in Riv. dir. trib., 2008, I, 216 ss., part. 217; BEGHIN, M., Giustizia tributaria e

indisponibilità dell’imposta nei più recenti orientamenti dottrinali e giurisprudenziali. La transazione concordataria e l’accertamento con adesione, in Riv. dir. trib., 2010, II, 679 ss.,

part. 701 ss); la tutela dell’affidamento ex art. 10, co. 2, l. n. 212/2000, che pare espressione della voluntas legis di limitare la salvaguardia delle aspettative legittime, a fronte del

revirement interpretativo dell’Amministrazione, all’esclusione di sanzioni e interessi

moratori, assicurando il pagamento del tributo (CAPOLUPO, S., Tutela dell’affidamento e

della buona fede, in Il fisco, 2000, 10535 ss.; MARONGIU, G., Statuto del contribuente, affidamento e buona fede, in Rass. trib., 2001, 1283); l’onere per la parte pubblica del

processo tributario di contestare specificatamente i fatti allegati dal contribuente, pena la non necessità della prova in ordine ai fatti medesimi (art. 115 c.p.c., regola, questa, ritenuta

(16)

~ 20 ~

L’indisponibilità costituisce una figura giuridica di solida tradizione nel diritto

civile

25

, tanto da essere menzionata in numerose disposizioni codicistiche, ove

è impiegata (soprattutto) con riferimento ai diritti

26

.

I richiami più significativi all’indisponibilità sono contenuti nell’ambito degli

artt. 1966, comma 2, c.c., 2731 c.c., 2733, comma 2, c.c., 2739, comma 1, c.c.,

2934, comma 2, c.c., 2937 c.c., 2968 c.c. e 806, comma 1, c.p.c.

Il testo dell’art. 1966, comma 2, c.c., in materia di transazione, menziona i

“diritti (...) sottratti alla disponibilità delle parti”; quello degli artt. 2731 e

2733, comma 2, c.c., in tema di confessione, richiama il concetto di

“disposizione dei diritti”; quello dell’art. 2739, comma 1, c.c., relativo al

giuramento, parla di “diritti di cui le parti non possono disporre”; quello

dell’art. 2934, comma 2, c.c., in materia di prescrizione, contiene

l’espressione “diritti indisponibili”; quello dell’art. 2937 c.c., concernente la

rinunzia alla prescrizione, si riferisce a coloro che non possono “disporre

validamente” di un diritto; quello dell’art. 2968 c.c., in materia di decadenza,

richiama il concetto di indisponibilità dei diritti; quello dell’art. 806, comma 1,

c.p.c., in tema di arbitrato rituale, si riferisce ai “diritti indisponibili”.

inapplicabile ove oggetto della controversia siano diritti indisponibili, cfr. SORRENTINO, F., Il principio di non contestazione nel processo tributario, in Il fisco, 2010, 5163).

25Un riferimento alla nozione di indisponibilità compare già nel Codice Civile del 1865,

all’art. 1765, in materia di transazione, che richiama la c.d. capacità di “disporre”. La norma costituisce il prodromo dell’art. 1966, comma 1, c.c., che, ugualmente, rimanda alla capacità di “disporre”.

26Oltre che alle situazioni giuridiche, l’indisponibilità (può essere e) viene anche riferita,

più o meno espressamente, ai beni. Gli esempi sono molti, ma, limitandosi alle ipotesi più note, si pensi al patrimonio indisponibile o alle quote o porzioni indisponili dell’eredità; e analogamente può dirsi laddove ricorrano riferimenti a beni inalienabili, incommerciabili o impignorabili, trattandosi di qualificazioni che esprimono limitazioni riconducibili pur sempre alla più ampia nozione dell’indisponibilità. In tali ipotesi, però, non viene in essere una diversa nozione dell’indisponibilità né si vuole dare rilievo a qualità intrinseche delle cose o, addirittura, proporre un nuovo criterio di classificazione dei beni. Piuttosto, riferire l’indisponibilità ai diritti come anche ad altre situazioni giuridiche o ai beni che ne sono oggetto può dirsi nella sostanza la stessa cosa, cambiando soltanto l’angolazione dalla quale si guardano gli stessi fenomeni.

(17)

~ 21 ~

L’analisi del significato da attribuire alla nozione di indisponibilità si rende

necessaria poiché essa, sebbene sia utilizzata spesso dal legislatore, non è mai

stata definita espressamente. La dottrina è depositaria della funzione di

elaborare il concetto e di delimitarne l’ambito di operatività, in virtù di quanto

stabilito dai lavori preparatori al codice civile del 1942. L’individuazione della

fattispecie, pertanto, si fonderà “essenzialmente su valutazioni fattuali in

ordine alla natura e al modo di estrinsecarsi” dei diritti qualificati come

indisponibili e “il mutamento della realtà fattuale non può non incidere anche

sulle conseguenze giuridiche”

27

.

Muovendo dagli insegnamenti offerti dalle migliori elaborazioni di teoria

generale

28

, l’indisponibilità si presenta come una categoria concettuale

autonoma

29

connotata dall’assenza, all’interno del contenuto di una

27ZENO-ZENCOVICH, V., I diritti della personalità e gli atti di disposizione del proprio

corpo, in De Giorgi, M.V., Giardina, F., Lipari, N., Rescigno, P., Zeno-Zencovich, V. (a cura

di), Le fonti e i soggetti, tomo I, in AA.VV., Fonti, soggetti, famiglia, vol. I, in Lipari, N., Rescigno, P. (diretto da), Trattato di diritto civile, Giuffrè, Milano, 2009, 510.

28Si vedano, principalmente, PIRAS, A., Sull’esercizio della facoltà di disporre, in Nuova

riv. dir. comm., 1947, 27 ss.; REALMONTE, F. – MAGRÍ, A., Indisponibilità, in Enc. dir., Agg. III, 1999, 685 ss.; NEGRO, P., Indisponibilità giuridica, in Noviss., dig. it., 1965, 605

ss.; BINNI, A., Potere di disposizione, in Noviss. dig. it., 1966, 452; MOSCATI, E., Vincoli

d’indisponibilità, in Noviss. dig. it., 1975, 821 ss.; FRANCARIO, L., Indisponibilità (vincoli di), in Enc. giur. Treccani, XVI, 1987, 685.

29Benché molti ritengano la nozione utile solo sul piano descrittivo (cfr.: FRANCARIO, L.,

cit., loc. cit.; MOSCATI, E., cit., 819 ss.; REDI, M., Appunti sul principio di indisponibilità

del credito tributario, in Dir. prat. trib., 1995, 425 ss.; LUCARELLI, F., Solidarietà ed autonomia privata, Napoli, 1970, 212 ss.; GIORGI, Fattispecie anomale di indisponibilità giuridica, in Giur. it., 1961, IV, 250 ss. Contra: NEGRO, P., cit., loc. cit.; Id., Lineamenti di un trattato dell’indisponibilità giuridica, Padova, 1957, passim). Talvolta all’indisponibilità

vengono accostati gli aggettivi parziale, relativa, soggettiva, spesso in contrapposizione all’indisponibilità totale, assoluta, oggettiva. Ma tali distinzioni colgono singoli profili, peraltro non facilmente definibili e comunque meramente descrittivi; il che unitamente alla varietà di opinioni espresse e all’incertezza e all’evanescenza delle conclusioni formulate al riguardo, rendono preferibile evitare tali distinzioni. Opinando diversamente si finirebbe col dilatare enormemente il significato dell’indisponibilità fino quasi a renderla priva di utilità, anche dal punto di vista descrittivo: probabilmente non esistono diritti o potestà che non soffrano limitazioni (di varia intensità) al potere di disposizione e che quindi possano essere definiti tout court (in)disponibili.

(18)

~ 22 ~

determinata situazione giuridica (comunemente un diritto soggettivo), di una o

più delle facoltà in cui si articola il cosiddetto “potere dispositivo”

30

.

Essa si risolve, in definitiva, nella limitazione – se non già nella privazione – a

seconda dei casi, della facoltà di cessione e/o delle facoltà di rinuncia, rifiuto,

remissione, transazione, compromissione, ecc.

31

, con la conseguenza che gli

atti di disposizione del diritto eventualmente posti in essere dal titolare sono

improduttivi di effetti giuridici ab origine, in quanto nulli

32

.

Quanto alla sua fonte, l’indisponibilità può derivare dalla legge, da contratto o,

infine, dalla natura del diritto

33

.

Dunque, essa può costituire o un attributo naturale della situazione giuridica

soggettiva cui pertiene (così, ad esempio, nel caso dei cosiddetti diritti della

personalità o degli status personali), oppure l’effetto della presenza di vincoli

normativamente (o convenzionalmente) apposti alle concrete modalità di

esercizio di un diritto

34

.

30Il termine “indisponibilità” ha un’evidente valenza negativa, riferendosi a ciò di cui non si

può disporre. Disporre di un diritto equivale a trasferirlo in tutto o in parte come pure a rinunciarvi. Intesa in questi termini la facoltà di disposizione costituisce una qualità intrinseca al diritto soggettivo. Ciò unitamente ad altra importante facoltà, che è quella di godimento. E talvolta si rileva che, mentre quest’ultima rappresenta l’aspetto statico del diritto soggettivo, la prima ne rappresenta l’aspetto dinamico. In dottrina, a titolo esemplificativo, si vedano: PUGLIATTI, S., L’atto di disposizione e il trasferimento dei

diritti, in Diritto civile. Metodo, teoria, pratica, Milano, 1951, 1 ss.; Id., Esecuzione forzata e diritto sostanziale, Milano, 1935, 89 ss.; FALZEA, A., Il soggetto nel sistema dei fenomeni giuridici, Milano, 1939, 195 ss.; NATOLI, U., Il diritto soggettivo, Milano, 1943,

in part. 125 ss.; CARNELUTTI, F., Teoria generale del diritto, Roma, 1951, 154 ss.; ANASTASI, A., Facoltà e diritti facoltativi, in Enc. dir., XVI, 1967, 212 ss.; MONATERI, P. G., Diritto soggettivo, in Dig. priv., VI, Torino, 1990, 421; RUSSO, E., Diritto soggettivo:

I) Teoria generale, in Enc. giur. Treccani, 2005, 6 s., 11 ss. (ma anche Id., Il concetto di diritto soggettivo, Riv. dir. civ., Supplemento studi e ricerche, 2008, 16 s., 30 ss.).

31Cfr. FALSITTA, G., Natura e funzione dell’imposta, con speciale riguardo al fondamento

della sua “indisponibilità”, cit., 64-65.

32Arg. ex art. 1966, comma 2, c.c.

33FALSITTA, G., op. ult. cit., 65.

34Cfr. RUSSO, P., Indisponibilità del tributo e definizioni consensuali delle controversie, in

(19)

~ 23 ~

E, in effetti, è giustappunto questa l’alternativa che si riscontra passando in

rassegna le norme che in vario modo pongono limitazioni alla libera

disposizione dei diritti da parte dei rispettivi titolari

35

.

Come accennato, tale ordine di idee vale anche per altre situazioni giuridiche

di vantaggio, che al più studiato diritto soggettivo possono essere accostate; il

riferimento è essenzialmente ai poteri, o potestà, della Pubblica

amministrazione

36

.

Entrambe le situazioni considerate, il diritto e la potestà, esprimono una

volontà in grado di produrre effetti giuridici, tra i quali quelli traslativi e

abdicativi, che si ricomprendono appunto nella facoltà di disposizione.

Catania il 14 e 15 settembre 2007 e confluita in La Rosa (a cura di), Profili autoritativi e

consensuali del diritto tributario, Giuffrè, Milano, 2008, 110 ss.

35Cfr., in specie, art. 1966 del codice civile: “Per transigere le parti devono avere la capacità

di disporre dei diritti che formano oggetto della lite.

La transazione è nulla se tali diritti, per loro natura o per espressa disposizione di legge, sono sottratti alla disponibilità delle parti”; nonché, tra le altre disposizioni, l’art. 1260 c.c.

36I termini potere e potestà, specie se riferiti alla Pubblica amministrazione, possono anche

essere utilizzati come sinonimi, visto che le distinzioni che taluni studiosi propongono sono spesso soggettive e comunque non mettono d’accordo gli interpreti. Significative della varietà del dibattito, per cogliere gli aspetti salienti del quale è sufficiente rinviare ai principali manuali di diritto amministrativo, sono, ad es., le parole di GIANNINI, M.S. (Diritto amministrativo, II,

Giuffrè, Milano, 1993, 68 ss.), il quale evidenzia che “la nozione di potestà è stata sempre particolarmente confusa, perché la dottrina del diritto privato e quella del diritto pubblico non si sono mai messe d’accordo, neppure sul vocabolario. Molti preferiscono al nome di potestà quello di potere: “potere giuridico” precisano altri, per distinguerlo dal potere naturalistico, o dal potere politico; altri ancora ritiene sinonimi potestà e potere e impiega promiscuamente i due sostantivi. Più grave è il dissenso tra quei privatisti che vedono nella potestà una situazione di potere, individuabile nella finalità di realizzare interessi alieni, e quei pubblicisti che vedono nella potestà un “potere di svolgimento della capacità giuridica”, la capacità in atto in una delle sue “direzioni generiche”. La discussione è, come si vede, per un aspetto terminologica, per un altro è condizionata alla teorizzazione generale delle situazioni soggettive …”.

(20)

~ 24 ~

Tuttavia, mentre nei diritti soggettivi la “signoria della volontà” è

tendenzialmente assoluta (finalizzata alla cura di interessi di parte in rapporti

tra pari), nelle potestà pubbliche essa è sempre limitata

37

.

Più esattamente lo è nel fine, il perseguimento del pubblico interesse, in

funzione del quale la potestà nasce ed esiste; si ha riguardo a questa

caratteristica quando si dice, spesso tralatiziamente, che tutte le potestà

pubbliche sono vincolate (nel fine), irrinunciabili o indisponibili

3839

.

37La nozione di potestà si differenzia da quella di diritto soggettivo poiché, mentre

quest’ultimo consiste in una situazione soggettiva di potere che viene attribuita per consentire il perseguimento di un interesse del titolare, nella potestà i poteri non vengono attribuiti al singolo al fine di consentire il perseguimento di un interesse proprio, bensì al fine di tutelare un interesse altrui. Esiste in altri termini una funzionalizzazione del potere, nel senso che questo deve essere diretto a finalità determinate. La figura, propria del diritto amministrativo, è tuttavia conosciuta anche nel diritto privato. In dottrina, proprio al fine di sottolineare come il potere insito nella potestà, al contrario di quanto si possa dire in tema di diritto soggettivo, non sia libero, si è soliti parlare variamente di potere vincolato (GAZZONI, F., Manuale di diritto privato, Napoli, 1996, 69) di potere-dovere (TORRENTE, A. - SCHLESINGER, P., Manuale di diritto privato, Milano, 1985, 65; BARBERO, D., Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, 69), di potere-funzione (BIGLIAZZI GERI, L. - BRECCIA, U. - BUSNELLI, F.D. - NATOLI, U., Istituzioni di

diritto civile, Genova, 1978, 351).

38 In questi termini, GUIDARA, A., Indisponibilità del tributo e accordi in fase di

riscossione, Giuffré, 2011, 110, il quale rimarca che la volontà dell’amministrazione è

limitata anche nell’individuazione di ulteriori interessi meritevoli e nella loro composizione con l’interesse primario: accanto alle regole proprie di settori dell’azione amministrativa esistono e rilevano anche regole generali, spesso elaborate in sede interpretativa e poi recepite dal legislatore, come ad es. i “criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza” che reggono l’azione amministrativa (di cui all’art. 1, co. 1, della legge n. 241/90, come modificato da ultimo nel 2009). Trattasi di limiti, più o meno penetranti, che possono finanche eliminare ogni margine di scelta della Pubblica amministrazione, come accade ad es. alla potestà punitiva nella quale l’amministrazione è chiamata a qualificare dei fatti e ad adeguare ad essi la volontà astratta del legislatore. Avendo riguardo a individuazione e composizione degli interessi coinvolti dall’azione amministrativa si definiscono le potestà discrezionali o vincolate e i loro contenuti disponibili o indisponibili. Comunque, la presenza del potere di disposizione, più o meno limitato, non sembra consentire una sovrapposizione di diritto soggettivo e potestà pubblica. Infatti i limiti evidenziati non sono soltanto “quantitativi” o di “misura” ma esprimono il diverso fondamento di tali situazioni, rispettivamente la libertà nell’uno e l’autorità nell’altra; alla potestà pubblica, inoltre, non è riferibile la facoltà di godimento, espressione

(21)

~ 25 ~

di libertà e tipica del diritto soggettivo (del quale costituisce contenuto insopprimibile); i diversi atti di esercizio della potestà, specialmente quando vi è discrezionalità amministrativa, rappresentano pur sempre disposizione degli interessi pubblici e privati coinvolti. Considerazioni analoghe a quelle espresse per la potestà possono farsi per l’attività amministrativa, consistente in una pluralità di similari potestà e atti accomunati da medesime finalità (per una definizione dell’attività già AULETTA, G., Attività (dir. priv.), in

Enc. dir., III, 1958, 981 ss.; GIANNINI, M.S., Attività amministrativa, ivi, 988 ss.) o per la

funzione amministrativa, equivalente alla potestà o al potere amministrativo visti però nel loro dispiegarsi, nel loro trasformarsi in atti (cfr. BENVENUTI, F., L’ordinamento

repubblicano, (a cura di) L. Benvenuti, Padova, 1996, 190 ss.; nonché, Id., Eccesso di potere per vizio della funzione, in Rass. dir. pubbl., 1950, I, 1 ss.; Id., Funzione amministrativa, procedimento e processo, in Riv. trim. dir. pubbl., 1952, 118 ss.); peraltro i

termini potestà, attività e funzione, riferiti all’azione amministrativa, sono non di rado usati come sinonimi o comunque considerati fungibili.

39Come afferma condivisibilmente GUIDARA, A., op. ult. cit., 114 ss., il fatto che

l’indisponibilità sia riferibile alle potestà amministrative, non significa per ciò stesso che esse siano indisponibili, dovendosi piuttosto guardare ai loro contenuti; più esattamente l’indisponibilità si atteggia a limite dell’azione amministrativa e la sua intensità non può essere prestabilita, ma va determinata in relazione al contenuto di ciascuna potestà. Ciò vale naturalmente anche per le potestà che esercita l’Amministrazione finanziaria (di indirizzo, conoscitive, di accertamento, di riscossione, sanzionatorie), delle quali si impone una cernita.

In proposito, non può che guardarsi alle potestà di cui il tributo rappresenta in tutto o in parte il contenuto, sicché rilevano le potestà di accertamento e di riscossione, e più in generale le corrispondenti attività amministrative, tendenti, come è noto, alla determinazione di quanto dovuto e alla sua acquisizione coattiva. Non rilevano invece le funzioni conoscitive o sanzionatorie, le quali esprimono rispettivamente le potestà di acquisire dati e notizie fiscalmente rilevanti, anche contro la volontà del contribuente e con eventuali limitazioni di libertà personali e riservatezza, e le potestà punitive degli uffici con finalità di prevenzione e repressione dell’evasione fiscale. Ossia coinvolgono interessi ed hanno referenti costituzionali non specificamente tributari, quali le libertà personali e il diritto alla difesa da un lato, la prevenzione e la repressione delle condotte illecite dall’altro. Né può dirsi che l’esercizio dei poteri conoscitivi sia finalizzato alla determinazione dei tributi e all’irrogazione di sanzioni (perdendo con ciò autonomia funzionale), ma piuttosto, come si è detto, all’acquisizione di dati e notizie fiscalmente rilevanti, suscettibili poi di essere utilizzati ai fini della determinazione dei tributi dovuti e all’irrogazione delle sanzioni nei confronti dei soggetti responsabili. Né possono considerarsi le sanzioni un accessorio del tributo, visto che con la riforma del 1997 è definitivamente invalsa una concezione personalistica, di tipo penale, sul modello di quanto già avvenuto per le sanzioni amministrative. Non rileva neppure l’attività di indirizzo, non certo perché essa non possa avere ad oggetto il tributo, quanto perché gli interpelli, che poi sono gli unici atti di indirizzo esterni ai quali talora viene ricondotto un potere di disposizione del tributo, non sono altro che pareri resi dall’Amministrazione circa interpretazione e applicazione di

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