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Capitolo 1

Capitolo 1

Capitolo 1

Capitolo 1

Il Fenomeno Sismico

Il Fenomeno Sismico

Il Fenomeno Sismico

Il Fenomeno Sismico

1 1 1

1.1.1.1 Origine dei terremoti.1Origine dei terremotiOrigine dei terremoti Origine dei terremoti

I terremoti sono la conseguenza di un'improvvisa emissione di energia che, a partire da un punto nel sottosuolo, detto ipocentro, viene trasmessa attraverso onde circolari agli strati superficiali della Terra.

Con la Teoria della Tettonica a Zolle riusciamo a spiegare le cause dei terremoti. Secondo questa teoria la Terra è composta al suo interno da rocce disomogenee per densità, temperatura e caratteristiche dei materiali che ne influenzano il comportamento meccanico; all’interno della Terra, solo gli strati più superficiali, crosta e mantello superiore, sono sede di attività sismica. Infatti a profondità superiori ai 700 km non si ha la possibilità di fenomeni sismici in quanto il materiale ha un comportamento plastico: non possono quindi originarsi fratture e l’energia viene rilasciata in maniera progressiva. La crosta si divide in oceanica e continentale, e le due presentano notevoli diversità: mentre la crosta oceanica è sottile e pesante, la crosta continentale è più spessa ma di densità minore, quindi più leggera. In particolare la parte superiore della terra è considerata suddivisa in due strati con diverse proprietà de formative:

− LITOSFERA, la parte solida ed inorganica della Terra che comprende la crosta terrestre e la porzione più superficiale del mantello superiore, per uno spessore complessivo variabile tra i 70-75 km in corrispondenza dei bacini oceanici e i 110-113 km al di sotto dei continenti.

− ASTENOSFERA, lo strato sottostante che si estende sino a 700 km di profondità ed è caratterizzato da rocce meno fragili, cioè meno deformabili in confronto a quelle della litosfera.

L’Agenzia Scientifica del Dipartimento degli Interni statunitense (USGS) ha elaborato una mappa in cui sono evidenziati gli spessori della crosta per l’intera superficie della Terra rappresentata in Figura 1-1.

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4 Fig. 1

Fig. 1 Fig. 1

Fig. 1....1111.1.1.1 Stratificazione della crosta terrestre. .1

La litosfera è frammentata in una serie di placche tettoniche o litosferiche, ai cui margini si concentrano i fenomeni geologici endogeni, come il magmatismo (incluso il vulcanismo), la sismicità e l’orogenesi; le placche, dette anche zolle, sono suddivise in 7 zolle continentali (grandi) e 14 zolle di dimensioni sub-continentali (perciò più piccole), che hanno avuto origine circa 230 milioni di anni fa, quando la crosta terrestre, che fino a quel momento costituiva un unico blocco, cominciò a rompersi in più pezzi. In Fig. 1.1.2 sono rappresentate le 7 zolle continentali.

Fig. 1 Fig. 1 Fig. 1

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5 Queste placche non sono stazionarie, al contrario esse galleggiano sullo strato di rocce "soffici" della sottostante astenosfera; questo strato, non essendo un substrato rigido, permette alle zolle di muoversi ed è proprio questo il concetto che sta alla base della cosiddetta Teoria della Deriva dei Continenti, presentata dal Alfred Wegner nel 1915.

Le zolle, muovendosi, interagiscono le une con le altre tramite i loro punti di contatto chiamati margini; a seconda del tipo di moto che si verifica fra due zolle interagenti, si distinugono vari tipi di margini:

a) Margini di SUBDUZIONE b) Margini di DISTENSIONE

Fig. 1.1.3Fig. 1.1.3Fig. 1.1.3Fig. 1.1.3 Margine di subduzione. Fig. 1.1.Fig. 1.1.Fig. 1.1.Fig. 1.1.4444 Margine di distensione.

c) Margini CONCORRENTI d) Margini TRASCORRENTI

Fig. 1.1.Fig. 1.1.Fig. 1.1.Fig. 1.1.5555 Margini concorrenti. Fig. 1.1.Fig. 1.1.Fig. 1.1.Fig. 1.1.6666 Margini trascorrenti.

Ad una velocità media di 5 cm l’anno, ogni placca scivola lungo il fianco dell’altra o vi spinge contro ed ognuna oppone resistenza al movimento dell’altra. Lungo le zone di contatto e per una fascia che di solito è larga un centinaio di chilometri, si creano fratture, crepe e smagliature che prendono il nome di faglie. . . .

I movimenti delle zolle determinano in profondità condizioni di sforzo e di accumulo di energia; quando lo sforzo a cui sono sottoposte le rocce supera il loro limite di resistenza, l’enorme energia accumulata si libera sotto forma di intense e rapide vibrazioni che si propagano in tutte le direzioni sotto forma di onde elastiche chiamate onde sismiche: avviene così il terremoto.

Il punto in cui ha origine il terremoto è detto ipocentroipocentroipocentro e la sua proiezione sulla superficie è ipocentro detta epicentroepicentroepicentroepicentro; rispetto ad un punto d’osservazione stabilito, si definiscono distanza

ipocentrale e distanza epicentrale rispettivamente la distanza dall’ipocentro e dall’epicentro;

la distanza dall’ipocentro all’epicentro è invece detta distanza focale. Si ritrova la rappresentazione delle suddette distanze nella Fig. 1.1.7.

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6 Fig. 1

Fig. 1Fig. 1

Fig. 1....1111....7777 Definizione di epicentro ed ipocentro.

La profondità dell’ipocentro può variare da pochi chilometri a molti chilometri, ovviamente più esso è vicino alla superficie, più la zona sottoposta al movimento tellurico è ristretta ma, purtroppo, i danni aumentano considerevolmente.

I terremoti più devastanti sono quelli il cui fuoco è posto di poco al di sotto la superficie terrestre: in questi casi l’energia liberata rappresenta una quota dominante di quella totale rappresentativa dei terremoti di tutto il mondo. La frattura, generata in corrispondenza dell’ipocentro, si propaga in maniera radiale in tutte le direzioni; la rottura procede però in maniera non omogenea a causa delle diverse proprietà delle rocce interessate. La propagazione si manifesta quindi a scatti, anche a seguito delle diverse condizioni di pressione e di temperatura assunte dalla massa rocciosa attraversata, e terminerà laddove il materiale non ha subito deformazioni tali da provocare l’innesco.

In base alla profondità alla quale ha origine il terremoto, ci sono almeno tre suddivisioni degli stessi, e sono:

1) terremoti superficiali in cui l’ipocentro è tra 0 e 70 km di profondità (circa l’80%); 2) terremoti medi in cui l’Ipocentro è tra 70 e 300 km di profondità (circa il 15%); 3) terremoti profondi in cui l’Ipocentro è oltre i 300 km di profondit (circa il 5).

La propagazione delle onde sismiche dall’ipocentro alla superficie è influenzata da vari fattori: le caratteristiche della sorgente sismica, il processo di rottura della faglia, le stratificazioni e le caratteristiche geologiche del terreno; questi ed altri fattori determinano onde di caratteristiche diverse.

Le onde che si propagano dall’ipocentro all’epicentro sono di due tipi: le onde primarie che, come suggerisce il nome, sono le prime che si propagano verso la superficie, e le onde

secondarie. Una volta arrivate in superficie le onde, che prendono il nome di onde

superficiali o onde lunghe L, continuano a propagarsi. Queste, sono caratterizzate da grandi periodi e sono perciò le responsabili dei maggiori spostamenti del terreno; a causa della loro ampiezza, producono infatti dei gravi danni alle strutture.

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7 Si possono distinguere due tipi di onde superficiali: le onde di Love e le onde di Rayleigh; nelle onde di Love le particelle si muovono perpendicolarmente alla direzione di propagazione, nelle onde di Rayleigh le particelle si muovono nella direzione di propagazione ed in senso verticale descrivendo un’ellisse nel piano verticale. La propagazione delle onde superficiali non sempre avviene in condizioni di campo libero (freefield) ma spesso è influenzata dalla presenza di rilievi o dalla presenza di edifici che ne alterano le caratteristiche. Lo studio delle onde sismiche è utile per la determinazione dell’epicentro di un terremoto.

L’effetto di un terremoto profondo e di uno superficiale è molto diverso; ed è diverso anche in base al contenuto in frequenza. Ogni terremoto può essere visto come un segnale random che, scomposto in tante sinusoidi, avrà frequenze più importanti e frequenze (più piccole) di minore importanza.

Ad esempio, se l’oscillatore (nel caso civile, una struttura) è molto rigido, avrà una frequenza molto alta (molti cicli al secondo), avendo presente la definizione di frequenza:

f =2π =ω 2π ×1 k M

Se questo tipo di costruzione viene sollecitato da un’onda sismica ad alta frequenza, essi andranno in risonanza e si avranno danni gravi.

1.2 La misura del terremoto 1.2 La misura del terremoto 1.2 La misura del terremoto 1.2 La misura del terremoto

Le onde sismiche manifestano i loro effetti sotto forma di accelerazioni, velocità e spostamenti del suolo; tali effetti si misurano con appositi strumenti: i sismometrisismometrisismometrisismometri e gli accelerometri

accelerometri accelerometri

accelerometri. Il sismometro è uno strumento di misura che risponde alla variazione temporale del moto del terreno; il sismografo inoltre ne effettua la registrazione. Analogamente, l’accelerografo, è uno strumento di misura che risponde alla variazione temporale dell’accelerazione del terreno e ne effettua la registrazione. I tipi di strumenti più antichi sono quelli analogici basati sul principio di inerzia e per questo detti anche inerziali. Per capire l’entità del terremoto è necessario utilizzare degli indici; i più comuni metodi di misurazione sono due:

1) l’IIIIndice Richterndice Richterndice Richterndice Richter, misura la magnitudo. Quest’indice fornisce la misura fisica del terremoto, ossia la magnitudo, la quale si misura attraverso la registrazione degli strumenti (sismogrammi) ed esprime l'energia sprigionata da un terremoto; infatti dalla magnitudo, tramite formule empiriche, si può risalire all'energia rilasciata da un sisma. La scala è basata su 8 gradi di magnitudo ed essendo una misura logaritmica, ogni grado di magnitudo corrisponde ad un incremento di energia di circa 30 volte.

2) la Scala MercalliScala MercalliScala Mercalli, misura gli effetti sulle costruzioni e sul sito. In questo caso il Scala Mercalli terremoto viene misurato in senso empirico, secondo gli effetti sull'uomo, sulle

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8 costruzioni e sull'ambiente. Tali effetti sono suddivisi in 12 livelli - dal I al XII -, secondo i gradi della scala introdotta all'inizio del secolo dal sismologo Giuseppe Mercalli. La misura dell’intensità macrosismica ha però lo svantaggio di essere dipendente dal sito d’osservazione, basandosi sugli effetti del terremoto infatti, ha senso parlare di intensità di grado x nel sito y ma non ha alcun senso parlare di intensità di grado x senza specificare il sito in cui questa è stata rilevata; non ci fornisce perciò informazioni in termini fisici.

La Scala Mercalli è connessa a quello che viene chiamato Rischio Sismico, ed interessa quindi principalmente alla Protezione Civile ed allo Stato.

In ingegneria sismica invece si utilizza l’Indice Richter, il quale è strettamente connesso a quella che viene definita Pericolosità Sismica.

1.3 Rischio 1.3 Rischio 1.3 Rischio

1.3 Rischio Sismico e Pericolosità SSismico e Pericolosità SSismico e Pericolosità SismicaSismico e Pericolosità Sismicaismicaismica

Si può affermare che, allo stato attuale delle conoscenze, i terremoti non sono prevedibili, né sono prevedibili la durata e l'intensità delle scosse di assestamento dello sciame sismico. Sono state avanzate svariate teorie sui precursori sismici, quali improvvise modifiche di radioattività ambientale, di campo elettrico o magnetico, variazioni repentine dei livelli delle falde acquifere, nervosismo di animali, influenza della Luna e dei pianeti del sistema solare sulla crosta terrestre, affioramento in superficie del gas radon intrappolato nel sottosuolo e liberato a causa delle fratturazioni delle rocce. Nessuna di tali ipotesi è attualmente riconosciuta ed adottata quale previsione di un sisma. Finora le previsioni dei terremoti si basano prevalentemente su mappe di pericolosità che riportano osservazioni di lungo periodo sulla ubicazione degli epicentri e sulle intensità di eventi sismici pregressi. Tale impostazione, di natura prevalentemente statistica, consente di ipotizzare intervalli di tempo piuttosto estesi, dell'ordine di decine di anni, in cui si ritiene più probabile il verificarsi del terremoto; non è quindi utilizzabile per l'adozione di interventi di prevenzione, quali ad esempio l'evacuazione di una popolazione. Ai fini della prevenzione degli effetti dei terremoti, si sono sviluppate tipologie costruttive secondo un'ingegneria antisismica in grado di progettare edifici che possano resistere a scosse di maggiore entità.

Per poter mettere in pratica tali soluzioni l’ingegnere ha la necessità di passare all’estrapolazione di un modello che gli consenta di gestire l’azione sismica, da valutare poi per le verifiche strutturali. Bisogna quindi andare considerare le definizioni seguenti.

Rischio Sismico Rischio Sismico Rischio Sismico Rischio Sismico:

è la probabilità che, un certo terremoto, produca in una certa zona, in un determinato tempo, certi danni. Il rischio, legato alla correlazione tra evento sismico e ambiente, è misurato

attraverso la stima di perdite umane e del danno agli edifici e alle infrastrutture. Il rischio dipende quindi dalla specifica tipologia di evento che in questo caso è rappresentato dal sisma; è correlato inoltre alla tipologia di beni esposti sui quali valutare il danno subito; da tenere in considerazione è anche l’intervallo di tempo a cui la perdita si riferisce: tanto più il periodo è lungo, maggiore sarà il rischio.

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9 Il calcolo del Rischio Sismico è necessario per valutare la priorità di intervento.

Il rischio sismico dipende però da altre tre grandezze: la pericolosità sismica, la vulnerabilità e l’esposizione.

Pericolosità Sismica Pericolosità Sismica Pericolosità Sismica Pericolosità Sismica:

è la probabilità che un fissato valore di scuotimento del suolo, in un certo intervallo temporale e in una certa area, venga superato a seguito di un evento sismico. Questo parametro

dipende moltissimo dalle caratteristiche del terremoto, dalla distanza tra area colpita dal terremoto ed epicentro, dalle condizioni geologiche del sito (qualità del terreno, soffice o rigido, e sua stratificazione). Il calcolo della Pericolosità Sismica è utile per capire quale sia il modello di calcolo più idoneo da utilizzare per le verifiche strutturali.

Vulnerabilit Vulnerabilit Vulnerabilit

Vulnerabilità Sismicaà Sismicaà Sismica: à Sismica

è la propensione di una struttura a subire un danno di un determinato livello a fronte di un evento sismico di una data intensità.

Esposizione Esposizione Esposizione Esposizione:

in riferimento ad un territorio indica la maggiore o minore presenza di beni (culturali ed economici) a rischio e, dunque, la conseguente possibilità di subire un danno (economico, in vite umane, ai beni culturali, ecc...); in riferimento ad un edificio indica la maggiore o minore presenza di persone che affollano l’edificio e, dunque, la conseguente possibilità di subire danni prodotti dal crollo dell’edificio stesso. In particolare sono classificati ad alta

esposizione gli edifici per il commercio, per l’istruzione e quelli che in particolari periodi sono suscettibili di alto affollamento. Si attribuisce quindi, un valore economico, il cosiddetto “valore esposto”, ai manufatti esistenti all’interno del centro urbano. In sostanza esso rappresenta la misura dell’importanza, in termini di valore, assunta dall’oggetto esposto al rischio nell’eventualità di una sua alterazione dovuta al sisma.

1.4 1.4 1.4

1.4 Stima della Pericolosità SiStima della Pericolosità SiStima della Pericolosità SismicaStima della Pericolosità Sismicasmicasmica

A partire dagli anni ’90, il Gruppo nazionale per la Difesa dai Terremoti, GNDT, nell'ambito di un progetto di ricerca “Pericolosità Sismica del Territorio Nazionale”, si è posto quale obiettivo quello di ottenere una nuova stima della pericolosità sismica dell’Italia utilizzando metodologie statistiche internazionalmente convalidate: è stato quindi privilegiato un metodo probabilistico consolidato e preso a riferimento anche da numerosi progetti internazionali, il metodo elaborato da C. Cornell nel 1968 che si articola in quattro fasi.

1) la prima fase consiste nella ricostruzione della sismicità storica di un determinato sito e nell’individuazione di quelle zone che sono omogenee dal punto di vista della sismicità. 2) la seconda fase permette di esplicitare, per ogni zona sismogenetica, la distribuzione

della magnitudo FM(m).

3) la terza fase consiste nel costruire un modello che rappresenti la variazione dell’intensità macrosismica con la distanza dall’epicentro.

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10 4) Per ciascuna zona del territorio in esame si calcola la curva di pericolosità costituita da una funzione che rappresenta la frequenza annua di superamento dei parametri considerati, per esempio l’accelerazione di picco al suolo.

Nota la curva di pericolosità di un sito è immediato passare ad una stima probabilistica della pericolosità infatti se si ipotizza che:

− un evento sismico può accadere in qualunque istante di tempo

− l’intervallo di tempo durante il quale un evento si verifica è assolutamente indipendente dall’intervallo di tempo durante il quale si verifica un qualunque altro evento

− la frequenza di ricorrenza di un evento in un intervallo limitato di tempo “Td” è

proporzionale a Td e può essere espressa come “λ·Td” dove “λ” è la frequenza media

di ricorrenza di quell’evento ed è assunta costante

è possibile utilizzare la distribuzione della probabilità di Poisson per definire la pericolosità sismica di un’area; questa esprime la probabilità che si verifichi un numero “n” di eventi in un periodo di tempo fissato “Td” se questi eventi si ripetono nel tempo con

una data frequenza di ricorrenza media “λ” e se sono indipendenti dal tempo che intercorre fra l’uno e l’altro.

La probabilità quindi è:

 = =  ×  

! × × cosicché la probabilità che si verifichi un unico evento è

=  ×  × × la probabilità che non si verifichi alcun evento è

= × la probabilità che si verifichi almeno un evento è

= 1 − = 1 − × ESEMPIO

Si consideri una frequenza di ricorrenza media λ=0,0021 ed un periodo di riferimento Td=50 anni, la probabilità che si verifichi un evento = 1 − = 1 − × è pari

al 10%. Questa prende il nome di probabilità di eccedenza nel periodo di riferimento Td; è

quindi possibile esprimere la probabilità di eccedenza per diversi periodi di riferimento e per diverse frequenze di ricorrenza; anziché utilizzare la frequenza di ricorrenza si può utilizzare il suo inverso che prende il nome di periodo di ritorno T =, e perciò per una frequenza pari a λ=0,0021 risulta di TR=475 anni.

L’esito del progetto di ricerca del Gruppo nazionale per la Difesa dai Terremoti (GNDT) è riportato nella normativa vigente, il Decreto Ministeriale del 14 Gennaio 2008, nel quale è

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11 stata abbandonata la classificazione sismica per categorie e si è passati ad una descrizione della pericolosità sismica puntuale.

Il territorio italiano è stato diviso secondo una maglia di 5 km in 10571 punti per ognuno dei quali sono state costruite apposite carte di pericolosità sismica. Le mappe di pericolosità sismica sono fornite in termini di massima accelerazione di picco al suolo in funzione della probabilità di superamento, a titolo esemplificativo in Figura è riportata la mappa di pericolosità in termini di accelerazione di picco al suolo (PGA), per una probabilità di superamento del 10%, per un periodo di riferimento di 50 anni.

Da queste MAPPE DI PERICOLOSITA’ SISMICA, tabellate, che seguono la legge di Poisson, dobbiamo trovare un modello ingegneristico, ossia dobbiamo cercare un’azione esterna corrispondente. Il modello più sofisticato è quello che cerca di riprodurre nel modo più esatto l’accelerogrammma che si manifesta in quel punto, istante per istante

Il più semplice modello di struttura utilizzato nell’analisi sismica è l’oscillatore ad un grado di libertà. E’ ben noto invece che le strutture reali sono schematizzabili come sistemi complessi a molti gradi di libertà. L’impiego dello spettro di risposta nell’analisi dinamica riveste tuttavia notevole importanza nell'Ingegneria Sismica perché, tramite l'Analisi Modale, la risoluzione di strutture più complesse, a N gradi di libertà, può in generale essere ricondotta alla risoluzione di N sistemi, ciascuno a un grado di libertà. Per ognuno di questi sistemi è possibile poi valutare la risposta massima applicando una certa procedura. Nella progettazione è dunque fondamentale conoscere il valore massimo della risposta al fine di ricavare le sollecitazioni massime agenti sulla struttura. E’ necessario quindi costruire delle curve che individuano, per ogni accelerogramma, il luogo dei punti rappresentativi della massima risposta dell’oscillatore al variare della pulsazione naturale e del fattore di smorzamento. Tali curve sono dette spettri di risposta: esse variano in funzione del periodo dell’oscillatore una volta assegnato il valore dello smorzamento.

1.5 Spettri di Risposta 1.5 Spettri di Risposta 1.5 Spettri di Risposta 1.5 Spettri di Risposta

1.5.1 Spettro di Risposta Elastico 1.5.1 Spettro di Risposta Elastico 1.5.1 Spettro di Risposta Elastico 1.5.1 Spettro di Risposta Elastico

Andiamo a vedere innanzitutto il significato di Spettro di Risposta Elastico.

Per il calcolo degli effetti dell’azione sismica sulle strutture non è sempre necessario conoscere l’intera storia temporale dello spostamento, spesso è sufficiente valutare il massimo effetto del sisma che, nel caso del sistema ad un grado di libertà, corrisponde al raggiungimento del massimo spostamento relativo. Si supponga di voler calcolare lo spostamento massimo per diversi oscillatori, caratterizzati ognuno da un proprio periodo di vibrazione e da un proprio fattore di smorzamento ma soggetti allo stesso accelerogramma. I valori degli spostamenti di ogni oscillatore possono essere calcolati risolvendo di volta in volta l’equazione di moto ottenendone in questo modo l’andamento temporale. Questa operazione comporta però un elevato onere computazionale e un grande dispendio di tempo. Poiché, nella maggioranza dei casi, è sufficiente la sola conoscenza del massimo

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12 valore di spostamento, si può pensare di diagrammare tale spostamento in funzione del periodo di vibrazione per un assegnato fattore di smorzamento e accelerogramma: tale diagramma prende il nome di spettro di risposta elastico in termini di spostamento “Sd”. Oltre al diagramma “spostamento massimo – periodo”, può essere calcolato lo spettro di risposta elastico in termini di velocità “Sv” e lo spettro di risposta elastico in termini di accelerazione “Sa”.

Nella pratica è spesso più semplice fare riferimento a spettri di risposta in pseudo-accelerazione piuttosto che a spettri di risposta in pseudo-accelerazione totale essendo direttamente collegati al valore dello spostamento massimo dell’oscillatore.

Lo spettro di risposta elastico è quindi un grafico che diagramma, al variare del periodo “T” e per un fissato smorzamento “ξ”, un determinato parametro di risposta di un oscillatore semplice.

La conoscenza dello spettro di risposta di un dato terremoto permette di ottenere informazioni rilevanti sugli effetti del terremoto in esame sulle costruzioni.

E’ facile osservare che, se la pulsazione naturale dell’oscillatore semplice è abbastanza elevata (e quindi il periodo è basso), l’oscillatore, molto rigido, segue i movimenti del terreno: l’accelerazione assoluta, per T=0, coincide quindi con quella del terreno, mentre spostamento, velocità ed accelerazione relativi sono nulli, come si vede dalla Fig. 1.5.1.1.

Fig. 1.5.1.1 Fig. 1.5.1.1Fig. 1.5.1.1

Fig. 1.5.1.1 Oscillatore rigido.

Viceversa se la pulsazione naturale dell’oscillatore semplice tende a zero (e quindi il periodo tende a valori sempre più grandi), l’oscillatore risulta molto deformabile e la massa non risente degli spostamenti del terreno: lo spostamento relativo coincide, in modulo, con quello assoluto, come nella Fig. 1.5.1.2.

Fig. 1.5.1. Fig. 1.5.1.Fig. 1.5.1.

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13 Vi è poi una zona intermedia di periodi per i quali il rapporto tra velocità dell’oscillatore semplice e quella del terreno si può considerare approssimativamente costante e la massima accelerazione subita dalla massa M, supera notevolmente la massima accelerazione del terreno.

Sulla base delle osservazioni appena fatte, è possibile suddividere lo spettro di risposta elastico in tre zone: la prima (con periodo T0<T<T1) in cui la risposta strutturale è collegata

all’accelerazione del suolo, una seconda (per periodi T>T2) in cui la risposta strutturale è

collegata agli spostamenti del suolo e una terza (con periodo T1<T<T2) in cui la risposta

strutturale è collegata alla velocità del suolo.

Fig. 1 Fig. 1 Fig. 1

Fig. 1....555....1.51.1.31.33 Spettro di risposta in accelerazione suddiviso in tre zone, in base al periodo. 3

1.5.2 Spettro di Risposta di Normativa 1.5.2 Spettro di Risposta di Normativa 1.5.2 Spettro di Risposta di Normativa 1.5.2 Spettro di Risposta di Normativa

Da quanto già detto lo spettro di risposta elastico di un dato terremoto permette di ottenere informazioni sugli effetti di quel particolare terremoto sulle costruzioni. E’ chiaro che per avere una caratterizzazione significativa dell’azione sismica su una costruzione edificata su un determinato sito, non è sufficiente far riferimento allo spettro di risposta di un solo terremoto ma piuttosto è necessario definire uno spettro di riferimento stabilito in modo appropriato; ai fini della progettazione è quindi significativo utilizzare spettri generalizzati ottenuti come media di spettri relativi a diversi eventi registrati in una certa zona. Gli spettri così ottenuti sono normalizzati rispetto all’intensità e regolarizzati.

Lo strumento che permette di definire tale spettro è costituito dalla già citata pericolosità sismica la cui stima è basata sull’analisi della storia locale degli effetti prodotti dai terremoti passati ed è calcolata mediante un metodo probabilistico.

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14 La pericolosità sismica di un determinato sito viene definita in termini di accelerazione orizzontale massima “ag”,attesa in condizioni di campo libero, su sito di riferimento rigido,

nonché di ordinate dello spettro di risposta elastico in accelerazione, con riferimento a prefissati periodi di ritorno “TR”. L’attuale fonte di riferimento per il reperimento dei dati di

pericolosità sismica è il sito dell’Istituto Italiano di Geofisica e Vulcanologia: da tale sito è possibile ricavare i valori dell’accelerazione “ag”per varie probabilità di superamento “P” in

50 anni, corrispondenti a diversi periodi di ritorno (TR = 30, 50, 72, 101, 140, 201, 475, 975,

2475 anni); inoltre, per gli stessi periodi di ritorno, è possibile scaricare anche i dati relativi alle forme spettrali Sa(T) corrispondenti.

L’intero territorio nazionale è suddiviso mediante una griglia di calcolo (con passo pari a 0,05° in latitudine e longitudine corrispondenti a circa 5,5 km); per ciascuno dei punti della griglia, ognuno individuato da un codice numerico (ID), è fornito il valore dell’accelerazione orizzontale massima “ag”e le ordinate delle corrispondenti forme spettrali.

Poiché i valori della pericolosità sismica dipendono dalla probabilità di superamento, per la definizione dello spettro di riferimento è necessario fissare tale probabilità e quindi il relativo periodo di ritorno dell’azione sismica. Fissata la probabilità di superamento “PVR”, secondo

la distribuzione della probabilità di Poisson già illustrata, il periodo di ritorno “TR” è legato al

periodo di riferimento “VR” della costruzione in esame, secondo l’espressione seguente:

! = 1 −  !!

dalla quale si ricava l’espressione per il calcolo del Peiordo di Ritorno “TR” riportata in

normativa:

" = −ln 1 − #"

!

dove “PVR” è la probabilità di superamento e “VR” è il periodo di riferimento della costruzione:

#" = #&× '(

in cui “VN” è la vita nominale della costruzione e “CU” è la classe d’uso, definite

rispettivamente nelle N.T.C. 2008 ai §.2.4.1, §.2.4.2 e §.2.4.3.

Determinato il periodo di ritorno “TR”, per la caratterizzazione dello spettro di riferimento, si

procede con la definizione dei parametri “F0” e “TC*”che vengono determinati imponendo

che la forma dello spettro di riferimento scarti al minimo dalla corrispondente forma spettrale prevista dalla pericolosità sismica relativa al già fissato periodo di ritorno (vedi Fig. 1.5.2.1).

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15 Fig. 1

Fig. 1Fig. 1

Fig. 1....555....2.152.12.12.1 Spettro di pericolosità, e di riferimento, in accelerazione.

Lo spettro di risposta fornito dalle Norme Tecniche per le Costruzioni fornisce quindi al progettista, in modo diretto e con uno sforzo relativamente modesto, connesso alla valutazione del periodo proprio e dello smorzamento, una variabile, come lo spostamento o l’accelerazione, che risulta utile per ricavare le sollecitazioni di progetto.

Lo spettro di riferimento, per come è stato definito finora, è calcolato su un sito orizzontale, in condizioni di campo libero e per un suolo rigido; per una corretta caratterizzazione dell’azione sismica è quindi necessario considerare anche gli effetti di amplificazione locale e completare la definizione della forma dello spettro di riferimento con tali informazioni. Il D.M. 14 Gennaio 2008, nella definizione dello spettro di riferimento, fornisce le espressioni per il calcolo della forma lo spettro elastico in accelerazione e dello spettro elastico in spostamento, distinguendo, in entrambi i casi, tra componente orizzontale e componente verticale.

1.6 1.6 1.6

1.6 Progettazione antisismicaProgettazione antisismicaProgettazione antisismica Progettazione antisismica 1.6.1

1.6.1 1.6.1

1.6.1 Filosofia di ProgettazioneFilosofia di ProgettazioneFilosofia di ProgettazioneFilosofia di Progettazione

Nel caso della progettazione e realizzazione in chiave antisismica, dove le variabili sono molte e possono combinarsi in maniera differente, l’approccio al problema diventa di carattere esigenziale-prestazionale e devono essere valutate risposte e performance diverse in funzione del mutare delle condizioni al contorno e delle specifiche richieste.

Anche la normativa si è mossa in tal senso, secondo un principio che non impone norme inderogabili in tutti i casi, ma verifica le prestazioni ottenibili da metodi di calcolo e tecniche

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16 che possono adattarsi alle differenti necessità, assicurando livelli di protezione variabili al variare dell’importanza dell’edificio ed avendo sempre come obiettivo principale la salvaguardia della vita. Secondo questa filisofia, è nato e si sta sviluppando già da alcuni anni il Performance Based Seismic Design (PBSD) cioè “il progetto basato sulla prestazione”. Pertanto, più che pensare ad un edificio resistente a qualsiasi condizione di carico e terremoti di forte intensità e lunga durata, si cerca di massimizzare la risposta delle costruzioni ottenendo i migliori risultati possibili per l’operatività dell’edificio e la protezione degli occupanti.

E’ chiaro che, da questo punto di vista, non tutti gli edifici sono uguali. Il costo, sia in termini economici che sociali, dell’inoperatività o addirittura del crollo di un edificio scolastico non è uguale a quello di un edificio residenziale e comunque sarà, a sua volta, inferiore a quello di una struttura ospedaliera o operativa, che proprio nei momenti di massima allerta devono essere perfettamente funzionanti. Considerando tutte le variabili, l’approccio progettuale di una residenza, una scuola, un ospedale o una caserma cambia proprio in funzione delle prestazioni che si vogliono ottenere in caso di sisma.

Le valutazioni fatte dai progettisti devono quindi tener conto, oltre che delle funzioni per quel tipo di edificio, anche delle modalità con cui il danneggiamento della struttura deve progressivamente evolvere.

Il progettista, per ottimizzare la risposta della struttura in funzione dell’azione sismica, deve perciò eseguire un progettazione multilivello (multi obiettivo), associando ad una prestazione un certo livello dell’azione sismica e quindi un determinato Stato Limite: questo porterà a stabilire una strategia progettuale e dunque alla verifica.

Fig. 1 Fig. 1Fig. 1

Fig. 1....666....1.161.11.11.1 Spettro di pericolosità, e di riferimento, in accelerazione.

Una delle applicazioni pratiche di calcolo è quella del Capacity Design, attraverso la quale si riesce a programmare la risposta strutturale dell’edificio e a indurre la formazione di cerniere plastiche in punti specifici della struttura, favorendo, in tal modo, il comportamento duttile dell’insieme. Il nome di Capacity Design deriva dal fatto che con questo criterio si va a progettare per la "capacità" degli elementi e non per le sollecitazioni che derivano dall'analisi. Questo concetto è strettamente legato a quello di Gerarchia delle Resistenze, che approfondiremo in seguito (Cap.1.6.5).

Avendo preso coscienza della reale entità delle azioni dovute ai terremoti violenti, possiamo affermare che è quasi impossibile progettare, in modo economicamente accettabile, strutture antisismiche che restino elastiche. Per questo motivo è necessario adottare una filosofia di progettazione che accetti l'entrata in campo plastico della struttura e la utilizzi come tecnica di protezione passiva dal sisma; la plasticizzazione riduce la rigidezza e

Prestazione Livello Azione

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17 aumenta l’energia dissipata per isteresi, riducendo così le forze d'inerzia sperimentate dalla struttura. Vedremo in seguito come la Normativa riduce le azioni di progetto purché la struttura sia capace di entrare in campo plastico senza collassare, ossia purché la struttura sia duttile.

Bisogna progettare consentendo che la struttura esca dal campo elastico per terremoti di forte entità. In occasione di eventi di intensità modesta la struttura dovrà invece esibire un comportamento pressochè elastico quindi l’energia trasmessa dal sisma sarà assorbita dalla stessa in forma di energia di deformazione ed energia cinetica.

Per un approccio prestazionale alla progettazione in campo sismico è quindi necessario conoscere il comportamento strutturale sia in campo elastico sia in campo anelastico individuando le grandezze che caratterizzano tale comportamento.

La capacità di una struttura di dissipare energia aumenta con l’ampiezza del campo di comportamento anelastico (duttilità disponibile).

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1.6.2 Duttilità, Rigidezza e Resistenza 1.6.2 Duttilità, Rigidezza e Resistenza 1.6.2 Duttilità, Rigidezza e Resistenza 1.6.2 Duttilità, Rigidezza e Resistenza

Andiamo a derinire le tre grandezze fondamentali che caratterizzano una struttura soggetta all’azione sismica: duttilità, rigidezza e resistenza.

Ci serviamo di un diagramma Forza spiegazione. Fig. 1 Fig. 1 Fig. 1 Fig. 1 Rigidezza (k) Rigidezza (k) Rigidezza (k) Rigidezza (k)::::

è la pendenza del ramo elastico iniziale idealizzato Resistenza (Fy):

Resistenza (Fy): Resistenza (Fy): Resistenza (Fy):

è la forza massima “Fy”che l’intera struttura può sopportare, rimanendo in campo elastico. Duttilità

Duttilità Duttilità Duttilità ((((µ):

è il rapporto tra lo spostamento limite elastico “∆y”:

) =

Con il termine duttilità si intende la capacità di una struttura di deformarsi in campo plastico (anelasticamente) e quindi anche la sua capacità di dissipare energia: più la struttura è in grado di subire spostamenti al di là del limite elastico, tanto più

oscillatorio del terreno, la sua risposta sarà caratterizzata da cicli isteretici, che saranno piò o meni ampi in funzione delle caratteristiche del materiale.

Una struttura si dice duttile

deformazioni; nel caso opposto è detta fragile al livello di materiale, sezione, elemento e struttura

1.6.2 Duttilità, Rigidezza e Resistenza 1.6.2 Duttilità, Rigidezza e Resistenza 1.6.2 Duttilità, Rigidezza e Resistenza 1.6.2 Duttilità, Rigidezza e Resistenza

Andiamo a derinire le tre grandezze fondamentali che caratterizzano una struttura soggetta all’azione sismica: duttilità, rigidezza e resistenza.

Ci serviamo di un diagramma Forza – Spostamento, in Fig. 1.6.2.1, per rendere più chiara la

Fig. 1 Fig. 1 Fig. 1

Fig. 1....666....2.162.12.1 Diagramma forza-spostamento. 2.1

è la pendenza del ramo elastico iniziale idealizzato:

+ =

,

-∆-

.

forza massima “Fy”che l’intera struttura può sopportare, rimanendo in campo elastico.

è il rapporto tra lo spostamento “∆” raggiunto in un generico istante e lo spostamento al

∆ ∆-

.

intende la capacità di una struttura di deformarsi in campo plastico (anelasticamente) e quindi anche la sua capacità di dissipare energia: più la struttura è in grado di subire spostamenti al di là del limite elastico, tanto più, per effetto del moto llatorio del terreno, la sua risposta sarà caratterizzata da cicli isteretici, che saranno piò o meni ampi in funzione delle caratteristiche del materiale.

duttile se è in grado di mantenere la propria resistenza per grandi

l caso opposto è detta fragile. Il concetto di duttilità deve essere applicato al livello di materiale, sezione, elemento e struttura.

18 Andiamo a derinire le tre grandezze fondamentali che caratterizzano una struttura soggetta

, per rendere più chiara la

forza massima “Fy”che l’intera struttura può sopportare, rimanendo in campo elastico.

raggiunto in un generico istante e lo spostamento al

intende la capacità di una struttura di deformarsi in campo plastico (anelasticamente) e quindi anche la sua capacità di dissipare energia: più la struttura è in , per effetto del moto llatorio del terreno, la sua risposta sarà caratterizzata da cicli isteretici, che saranno piò o

se è in grado di mantenere la propria resistenza per grandi Il concetto di duttilità deve essere applicato

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19

1.6.3 Correlazione tra Sistema Elastico 1.6.3 Correlazione tra Sistema Elastico 1.6.3 Correlazione tra Sistema Elastico

1.6.3 Correlazione tra Sistema Elastico e e e e Sistema AnelasticoSistema Anelastico Sistema AnelasticoSistema Anelastico

Per chiarire il concetto studiamo il comportamento di un edificio facendo riferimento ad un oscillatore semplice con comportamento elastico (vedi Fig. 1.6.3.1).

Fig. 1 Fig. 1 Fig. 1

Fig. 1....6666....3.13.13.13.1 Oscillatore semplice con comportamento elastico.

In campo elastico la struttura (quindi l'oscillatore) dovrà sopportare una certa forza massima Fmax e quindi assorbire una certa quantità di energia (area A1 in blu sul grafico).

Seguendo la filosofia della progettazione antisismica, possiamo decidere di far sopportare alla struttura un’azione “F” minore; se vogliamo considerare che la risposta del sistema anelastico (struttura) sia equivalente a quella del sistema elastico (oscillatore semplice), allora la struttura dovrà assorbire la stessa quantità di energia dell’oscillatore semplice (principio di conservazione dell'energia A1 = A2). Quindi per un primo tratto ci muoveremo sul ramo elastico, dopo lo snervamento si entrerà in campo plastico (area A2 in rosso in figura).

Si osserva dunque un comportamento diverso della struttura, rispetto all’oscillatore elastico: essa ha una minore resistenza, ma stessa energia dissipata, quindi più sarà bassa la forza Fy sopportabile dalla struttura in campo elastico, più dovrà essere alta la duttilità dell'oscillatore equivalente.

Analiticamente abbiamo:

.=/012× ∆2 012 .3= /4× ∆5−/4× ∆2 4 Uguagliando le aree (conservazione dell’energia) si ha:

/012× ∆012

2 = /4× ∆5−

/4× ∆4 2

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20 /012

/4 =

2∆5− ∆4 ∆012

Introduciamo adesso la duttilità “µ”, capacità della struttura di deformarsi in campo plastico, come il rapporto tra la deformazione ultima e la deformazione di snervamento:

) =∆5 4 1.6.4 Fattore di Struttura 1.6.4 Fattore di Struttura 1.6.4 Fattore di Struttura 1.6.4 Fattore di Struttura

Adesso possiamo perciò spiegare come si passa dal concetto di duttilità “µ” dell’oscillatore semplice al Fattore di Struttura “q” di una struttura reale.

Il Fattore di Struttura “q” riassume le proprietà di una struttura che caratterizzano la sua maggiore o minore capacità di deformarsi in campo plastico. Esso dipende da:

1) materiale

2) tipologia strutturale

3) morfologia strutturale (regolarità)

4) progetto (dettagli costruttivi più o meno duttili)

Il fattore di struttura è uno dei concetti chiave delle Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M. 14 Gennaio 2008). Come abbiamo visto in precedenza, una struttura adeguatamente progettata e che conseguentemente ha capacità di andare in campo non lineare, dissipando plasticamente energia, può resistere ad accelerazioni sismiche ben maggiori di quelle relative alla prima plasticizzazione. Da un punto di vista progettuale, quindi, si può ridurre l'accelerazione che la struttura subirebbe in campo indefinitamente elastico, mediante l'introduzione del fattore di struttura, pervenendo così alle accelerazioni di progetto.

Il fattore di struttura quindi è un artificio introdotto dalla normativa che consente al progettista di determinare le sollecitazioni sulla struttura rimanendo in campo elastico e quindi utilizzare gli usuali metodi di analisi strutturale.

E’ importante sottolineare che non si va a progettare la struttura in campo elastico, ma si va a progettare elasticamente la struttura per le sollecitazioni di progetto (ridotte del fattore di struttura q) e si affida la restante parte dell’azione sismica alla capacità dissipativa degli elementi strutturali, in particolare alla duttilità di tali elementi, cioè alla capacità di escursione in campo non lineare.

Ovviamente tanto maggiore è la duttilità che presenta la struttura, tanto più alto sarà il fattore di struttura e di conseguenza più basse le sollecitazioni di progetto.

In fase di progettazione la duttilità della struttura non è nota ma è possibile effettuare solamente una stima.

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21 Analiticamente, riconducendoci alle formule citate nel Paragrafo 1.6.3, e definendo “q” come il fattore riduttivo della forza “Fmax” per ottenere la forza al limite di snervamento “Fy”,

abbiamo: 6 =/012 /4 Ricordando che: /012 ∆012= /4 ∆4 /012 /4 = ∆012 ∆4 ∆012= 6 × ∆4 6 =/012/ 4 = 2∆5− ∆4 ∆012 = 2∆5− ∆4 6 × ∆4 63=2∆5− ∆4 ∆4 = 2 ∆5 ∆4− 1

Perciò, volendo trovare una correlazione con la duttilità “µ”, avremo: ) =∆5

4 63= 2∆5

∆4− 1 = 2) − 1 ed arriviamo dunque alla seguente espressione chiave:

6 = 72) − 1

Questa relazione racchiude in sè tutta la differenza tra duttilià e fattore di struttura. Come visto quindi la duttilità è implicita nell'utilizzo del fattore di struttura.

1.6.5 Gerarchia delle Resistenze 1.6.5 Gerarchia delle Resistenze 1.6.5 Gerarchia delle Resistenze 1.6.5 Gerarchia delle Resistenze

La progettazione di edifici in zona sismica deve seguire la filosofia delle nuove Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M. 14-01-08), che ci porta, nella fase progettuale a dare per scontato che, per gli Stati Limite di Salvaguardia della Vita e di Collasso, la struttura vada largamente in campo plastico: dunque si devono utilizzare metodi che consentano di tenere in conto la capacità della struttura di dissipare energia in campo plastico, introducendo il "fattore di struttura" per ridurre le accelerazioni elastiche e pervenendo allo spettro di progetto.

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22 Per ottenere il previsto fattore di struttura e, dunque, un'adeguata capacità dissipativa si deve intervenire mediante un insieme di regole sulle caratteristiche dei materiali, sulla geometria degli elementi e sui dettagli costruttivi, più o meno restrittive a seconda che si progetti in classe di duttilità "Alta" o "Bassa". In funzione della classe, la richiesta di duttilità sarà differente e dovrà essere in accordo con la quella che viene chiamata Gerarchia delle

Resistenze.

Il concetto di Gerarchia delle Resistenze è di fondamentale importanza nell'ambito di una progettazione antisismica. Esso può essere espresso sinteticamente nel modo seguente:

"qualora sussista la possibilità di rotture alternative, deve sempre avvenire prima quella caratterizzata da meccanismo duttile, rispetto a quelle caratterizzate da meccanismi fragili".

In altri termini il progettista deve innalzare in modo opportuno la soglia di resistenza di possibili rotture di meccanismi fragili. In tal modo il comportamento della struttura è governato dal meccanismo duttile, poichè il meccanismo fragile, lontanto dalla soglia di resistenza, non si può attivare. Questo garantisce globalmente un comportamento duttile. In un qualsiasi problema strutturale vanno esaminati tutti i possibili meccanismi di rottura; questi vanno ordinati a seconda della loro duttilità e va assegnata gerarchicamente la maggiore resistenza al meccanismo resistente più fragile. Da qui la definizione di Gerarchia

delle Resistenze.

In merito a quanto detto, spesso, alcuni elementi strutturali vanno progettati non in base alle sollecitazioni di calcolo ma in relazione alle loro resistenze; in altre parole si progetta per la

capacità degli elementi e non per le sollecitazioni che derivano dall'analisi, secondo il criterio

del Capacity Design, prima citato.

In una struttura la gerarchia delle resistenze deve essere garantita a tutti i livelli strutturali: dei materiali, delle sezioni, degli elementi e dell'intera struttura. Per ogni livello si deve verificare quale sia il meccanismo fragile e quale quello duttile in modo da effettuare una progettazione in cui si sovradimensionano i meccanismi fragili1

. 1.7 La Vulnerabilità Sismica degli edifici esistenti

1.7 La Vulnerabilità Sismica degli edifici esistenti 1.7 La Vulnerabilità Sismica degli edifici esistenti 1.7 La Vulnerabilità Sismica degli edifici esistenti

La vulnerabilità sismica, come abbiamo già visto nel Cap.1.3, è la propensione di una struttura a subire un danno di un determinato livello a fronte di un evento sismico di una data intensità.

Una delle cause principali di morte delle persone durante un terremoto è il crollo degli edifici. Per ridurre le perdite di vite umane è necessario rendere sicure le strutture edilizie, per evitare che subiscano danneggiamenti a causa di un forte terremoto. Bisogna, tuttavia, stabilire anche quali costi siamo disposti ad affrontare per costruire case sicure. Oggi, le norme per le costruzioni in zone sismiche

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23

prevedono che gli edifici non si danneggino per terremoti di bassa intensità, non abbiano danni strutturali per terremoti di media intensità e non crollino in occasione di terremoti forti, pur potendo subire gravi danni. Questi criteri sono finalizzati innanzi tutto alla protezione degli occupanti e poi degli edifici, nei limiti di un costo economicamente ragionevole.

Durante un terremoto un edificio si può danneggiare in diversi modi e riportare danni strutturali (agli elementi portanti dell’edificio, come pilastri, travi, setti murari) e danni non strutturali (agli elementi che non determinano l’instabilità dell’edificio, come camini, cornicioni, tramezzi, tamponature). E’ difficile prevedere quale sia il tipo di danno che si può verificare durante un terremoto, poiché esso dipende dal tipo di struttura dell'edificio (muratura, calcestruzzo armato, acciaio), dall’età, dalla configurazione della struttura, dai materiali di costruzione, dalle condizioni del luogo dove è stato costruito, dalla vicinanza con altre costruzioni e da altri elementi non strutturali.

Quando si verifica un terremoto, mentre il terreno si muove orizzontalmente e/o verticalmente, un edificio subisce delle spinte in avanti e indietro in modo simile a quelle che subisce un passeggero dentro ad un autobus che accelera e frena alternativamente. L’edificio inizia così a oscillare, deformandosi. Se la struttura è capace di subire grandi deformazioni, potrà anche subire gravi danni, ma non crollerà. Si dice in tal caso che la struttura è duttile. Il danno degli edifici dipende anche dalla durata e dall’intensità del terremoto: più questo è forte, più tende a scuotere a lungo e più forte il terreno e, quindi, a causare danni alle strutture. Dopo che si è verificato un terremoto è abbastanza semplice valutare la vulnerabilità degli edifici: è sufficiente rilevare i danni che sono stati provocati, associandoli all’intensità della scossa subita. Molto più complessa è invece la valutazione della vulnerabilità degli edifici prima che si verifichi un evento sismico. Per quest’ultima sono stati messi a punto diversi metodi: di tipo statistico, di tipo meccanicistico, o i giudizi esperti.

I metodi di tipo statistico classificano gli edifici in funzione dei materiali e delle tecniche con cui sono costruiti. La valutazione della vulnerabilità è basata sui danni osservati in precedenti terremoti su edifici appartenenti alla tipologia in esame. Questa tecnica è relativamente semplice nell’applicazione, ma richiede dati di danneggiamento da passati terremoti non sempre disponibili e non può essere utilizzata per valutare la vulnerabilità del singolo edificio, dato che la valutazione ha carattere statistico e non puntuale.

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24

I metodi di tipo meccanicistico utilizzano, invece, modelli teorici che riproducono le principali caratteristiche degli edifici da valutare, su cui vengono studiati i danni causati da terremoti simulati. Generalmente sono modelli semplici e possono essere utilizzati per valutare singoli edifici o gruppi di edifici simili. In ogni caso l’utilizzabilità di questi metodi è limitata alle costruzioni di cui si conoscono le caratteristiche costruttive.

Infine, alcuni metodi utilizzano dei giudizi esperti per valutare il comportamento sismico e quindi la vulnerabilità di predefinite tipologie strutturali o per individuare i fattori che determinano il comportamento delle costruzioni e valutarne, in termini qualitativi e quantitativi, la loro influenza sulla vulnerabilità2.

1.7.1 1.7.1 1.7.1

1.7.1 Edifici esistenti in muraturaEdifici esistenti in muraturaEdifici esistenti in muraturaEdifici esistenti in muratura

Nello studio di vulnerabilità degli edifici, di primaria importanza è la conoscenza della resistenza meccanica della muratura. In particolare lo studio deve interessare il sistema costruttivo, inteso come modalità di disposizione degli elementi (siano essi naturali o artificiali) che costituiscono la tessitura e lo spessore del paramento, e la qualità. I diversi materiali costituenti gli elementi, la loro forma e dimensione, la tecnica costruttiva variabile da zona a zona e la capacità costruttiva di chi opera rendono la muratura un vero e proprio prodotto artigianale che presenta caratteristiche meccaniche estremamente variabili, ossia un materiale composito.

Considerata la notevole varietà di materiali e tecniche, sia a livello geografico che storico, la qualità di una muratura è individuata attraverso le cosiddette regole dell’arte. L’osservazione e la sperimentazione del comportamento di edifici realizzati precedentemente ha portato, nel corso degli anni, ad un perfezionamento delle tecniche esecutive e di proporzionamento geometrico e all’impiego di materiali reperibili in zona. La constatazione che l’ edificio è stato realizzato a regola d’arte è sicuramente un’informazione preziosa nella valutazione della sicurezza.

Un altro elemento altrettanto importante da tenere in considerazione è la testimonianza offerta dall’esistenza stessa della costruzione ovvero il “collaudo” del tempo trascorso che ci fornisce informazioni sull’opera. Bisogna però tenere presnete che i terremoti più violenti, quelli di maggiore intensità, hanno un periodo di ritorno pari a 475 anni ed è dunque probabile che la costruzione non ne abbia ancora subito gli effetti. Perciò quest’ultimo non può essere considerato un elemento affidabile nei confronti della prevenzione del rischio sismico.

Un altro aspetto da non sottovalutare che concorre nella valutazione della vulnerabilità sismica dell’edificio è la qualità e la tipologia delle connessioni degli elementi costituenti la struttura muraria. Un edificio ben progettato presenta collegamenti lungo le intersezioni verticali tra i paramenti murari e connessioni tra pareti e solaio attraverso cordoli in c.a. in

(23)

25 modo da realizzare il cosiddetto funzionamento scatolare. Attraverso un buon grado di ammorsamento o incatenamento la parete investita dal sisma chiama a collaborare le pareti ad essa perpendicolari, che asolveranno la funzione di controventamento, trasferendo loro un’azione agente nel proprio piano e così riducendo il meccanismo di ribaltamento fuori piano. In questo modo la capacità di resistere alle azioni orizzontali è affidata ad un sistema di pareti verticali (disposte nelle due direzioni principali della pianta dell’edificio) che esplicano la loro naturale resistenza a taglio. La necessità di collegare efficacemente la parete muraria alle pareti ortogonali è conseguenza della sua scarsa resistenza alle azioni ortogonali al proprio piano quando essa risulta isolata. Nel collegamento l’azione del sisma viene trasferita alle pareti ortogonali con resistenze di natura flessionale e tagliante con comportamento sicuramente migliore, in quanto la rottura nel piano si manifesta per azioni molto più elevate rispetto al raggiungimento del meccanismo di ribaltamento fuori piano, il quale invece è attivato con azioni sismiche di modesta entità. Non sono da ritenere efficaci le pareti di controvento che sono poste a notevole distanza fra loro o che, seppur ravvicinate, presentano aperture poco distanti dall’incrocio delle pareti. L’altro contributo al funzionamento scatolare deriva dal comportamento a diaframma dei solai: in questo modo le azioni sismiche sono ripartite correttamente tra le pareti d’ambito.

Esistono poi una serie di fattori che influiscono negativamente sulla risposta sismica dell’edificio, quali: la mancata regolarità in pianta e in altezza della struttura, la disposizione eccentrica degli elementi resistenti, la disposizione articolata delle aperture nelle pareti, la presenza di piani sfalsati che inducono fenomeni di martellamento, la presenza di elementi spingenti.

Gli edifici esistenti in muratura costituiscono quindi un insieme molto complesso; di conseguenza la valutazione della sicurezza risulta complicata e non priva di incertezze. 1.7.1.1

1.7.1.1 1.7.1.1

1.7.1.1 VVValutazione dellValutazione dellalutazione delle proprietà dei materialialutazione delle proprietà dei materialie proprietà dei materialie proprietà dei materiali

Le Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M. 14-01-08), nell’Appendice C8A, a tal proposito scrivono questo:

“Particolare attenzione è riservata alla valutazione della qualità muraria, con riferimento agli aspetti legati al rispetto o meno della “regola dell’arte”.

L’esame della qualità muraria e l’eventuale valutazione sperimentale delle caratteristiche meccaniche hanno come finalità principale quella di stabilire se la muratura in esame è capace di un comportamento strutturale idoneo a sostenere le azioni statiche e dinamiche prevedibili per l’edificio in oggetto, tenuto conto delle categorie di suolo, opportunamente identificate, secondo quanto indicato al § 3.2.2 delle NTC.”

L’analisi dello stato di fatto della qualità della muratura rappresenta perciò uno studio importante allo scopo di individuare le caratteristiche meccaniche dei suoi componenti quali malta e blocchi. Al fine di individuare la tessitura, è necessario procedere ad effettuare indagini volte a stabilire la disposizione dei blocchi e la presenza di giunti verticali opportunamente sfalsati. Altra operazione da effettuare è quella di controllare la presenza di

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26 elementi trasversali (denominati diatoni) di collegamento tra due fogli di muratura di uno stesso panello murario attraverso elementi lapidei continui da una faccia all’altra del paramento. E’ da tenere presente poi che le caratteristiche meccaniche della malta influiscono notevolmente sulla monoliticità dell’intero pannello murario e fanno da elemento discriminante tra una muratura buona ed una cattiva: è necessario quindi provvedere ad effettuare saggi al fine della loro valutazione e della stima della resistenza caratteristica a taglio della parete; bisogna poi rilevare lo stato di conservazione della malta che nel corso degli anni ha subito gli effetti degli agenti atmosferici.

Negli edifici esistenti va posta particolare attenzione su quegli elementi che hanno subito interventi di recupero quali solai e coperture. In molti casi è possibile che nella sostituzione siano stati messi in opera materiali con rigidezza superiore, a danno delle murature sottostanti chiamate poi a resistere a carichi verticali superiori rispetto a quelli per i quali erano state originariamente progettate: in presenza di sisma esse possono essere sollecitate da forze d’inerzia che superano la loro resistenza a taglio e provocare quindi dannosi effetti di martellamento. Nella tendenza ad ottenere un comportamento a diaframma del solaio in modo da permettere così la ridistribuzione delle azioni orizzontali sulle singole pareti resistenti, si può commettere l’errore di intervenire con materiali che si discostano da quelli originari per la loro maggiore rigidezza e resistenza. E’ buona regola effettuare indagini conoscitive sulla qualità dei materiali presenti e progettare l’intervento in modo da non creare discontinuità strutturali rispetto alla muratura originaria.

1.7.1.2 Valutazione delle caratteristiche dei dettagli costruttivi 1.7.1.2 Valutazione delle caratteristiche dei dettagli costruttivi 1.7.1.2 Valutazione delle caratteristiche dei dettagli costruttivi 1.7.1.2 Valutazione delle caratteristiche dei dettagli costruttivi

Le Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M. 14-01-08), nell’Appendice C8A, a tal proposito indicano questo:

“I dettagli costruttivi da esaminare sono relativi ai seguenti elementi: a) qualità del collegamento tra pareti verticali;

b) qualità del collegamento tra orizzontamenti e pareti ed eventuale presenza di cordoli di piano o di altri dispositivi di collegamento;

c) esistenza di architravi strutturalmente efficienti al di sopra delle aperture;

d) presenza di elementi strutturalmente efficienti atti ad eliminare le spinte eventualmente presenti;

e) presenza di elementi, anche non strutturali, ad elevata vulnerabilità;

f) tipologia della muratura (a un paramento, a due o più paramenti, con o senza riempimento a sacco, con o senza collegamenti trasversali, etc.), e sue caratteristiche costruttive (eseguita in mattoni o in pietra, regolare, irregolare, etc.).”

Nella valutazione dell’efficace presenza di collegamenti tra le pareti, è opportuno innanzitutto valutare l’esistenza di ammorsamenti nei cantonali e nell’eventualità, valutarne la tecnica costruttiva; a tal fine devono essere previsti dei saggi che interessino sia la parte esterna sia quella interna dell’angolata, in modo da indagare sull’intero spessore della parete muraria. In

(25)

27 particolare è necessario procedere, in corrispondenza degli spigoli dell’edificio, con la rimozione dell’intonaco dove presente al fine di mettere a nudo gli elementi, siano essi naturali o artificiali, che vanno a costituire il cantonale. Anche la presenza di catene metalliche fornisce un prezioso apporto ai collegamenti tra pareti: è necessario pertanto che esse siano disposte adeguatamente senza presentare frecce di inflessione a significare l’assenza di tiro e che sino ancorate a pareti verticali funzionanti da elementi di contrasto. E’ opportuno effettuare anche dei saggi per sondare la tipologia del dettaglio costruttivo di collegamento tra pareti e orizzontamenti. Il collegamento deve trasferire l’azione orizzontale di piano a tutte le pareti verticali, sia a quelle su cui poggia il solaioc che a quelle in direzione parallela all’orditura. Vanno quindi messe a nudo le zone di contatto con rimozione di intonaco a livello del solaio. Nel caso di cordoli in c.a. lo studio è rivolto alla disposizione dell’armatura sia longitudinale che trasversale nonchè al loro diametro e passo e all’individuazione della qualità del calcestruzzo impiegato. E’ importante capire l’estensione del cordolo nello spessore della muratura e se esso sia presente lungo tutti i lati del solaio: spesso negli edifici esistenti manca del tutto il collegamento tra il solaio e la parete verticale e in tal caso è opportuno verificare, attraverso saggi, la lunghezza di appoggio sulla muratura della struttura del solaio.

Infine deve essere considerata l’eventuale presenza di strutture spingenti, sulle quali è di particolare importanza il controllo sull’esistenza e l’efficacia di elementi atti ad eliminare la spinta, nei casi ricorrenti di tetti a padiglione, archi e volte; nelle indagini è necessario effettuare saggi per l’individuazione del tipo e della qualità dei materiali, del loro collegamento alla muratura e per il controllo sullo stato di conservazione.

Figura

Fig. 1....1 1 1 1.1 .1 .1  Stratificazione della crosta terrestre.  .1
Fig. 1 Fig. 1
Fig. 1.5.1.1  Oscillatore rigido.
Fig. 1Fig. 1Fig. 1
+5

Riferimenti

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