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Discrimen » La Giustizia Penale

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Academic year: 2022

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(1)

marzo 2019

anno cXXiV (LX della 7aSerie) Fascicolo iii

Fondata neLL’anno 1895

da Gennaro ESCOBEDO e già diretta da Giuseppe SABATINI

comitato ScientiFico

direttore

PIETRO NOCITA

LA GIUSTIZIA PENALE

comitato di redazione:

redazione:

00195 ROMA - Viale Angelico, 38 Telefono (06) 321.53.95 - Fax (06) 372.25.74

E-mail: giustpen@gmail.com

edizione digitale (ebook): www.lagiustiziapenale.org | webmaster: Spolia - info@spolia.it GuSTAVO BARBALINARDO, Magistrato; FRANCESCO CALLARI, Dottore di Ricerca procedura penale; ANTONELLA DE BENEDICTIS, Avvocato; FABIANA FALATO, Ricercatore procedura penale univ. di Napoli “Federico II”; MARIO GRIFFO, Ricercatore procedura penale “unisannio” Benevento; ALESSANDRO LEOPIZZI, Magistrato; ROBERTA MARRONI, Avvocato; IRENE SCORDAMAGLIA, Magistrato; CLAuDIA SQuASSONI, Presidente di Sezione della Corte di Cassazione; MELISSA TARSETTI, Avvocato.

ERCOLE APRILE, Magistrato; VITTORIO CORASANITI, Magistrato; DIANA CAMINITI, Magistrato; LuIGI CIAMPOLI, Magistrato; FRANCESCO FALCINELLI, Avvocato; MARCO MARIA MONACO, Magistrato; CARLO MORSELLI, Professore a contratto "unitelma Sapienza" Roma; GIuSEPPE NOVIELLO, Magistrato; ANTONIO uGO PALMA, Avvocato;

CATERINA PAONESSA, Ricercatore diritto penale univ. di Firenze; MARCO PIERDONATI, Ricercatore diritto penale univ. di Teramo; NICOLA PISANI, Professore associato diritto penale univ. di Teramo; ALESSANDRO ROIATI, Ricercatore diritto penale univ. di Roma

“Tor Vergata”; MARIA ISABELLA SCAMARCIO, Magistrato; PAOLO SIRLEO, Magistrato;

DELIO SPAGNOLO, Magistrato; TIZIANA TREVISSON LuPACCHINI, Ricercatore procedura penale univ. “Guglielmo Marconi”; ROBERTO ZANNOTTI, Professore associato diritto penale univ. “LuMSA”.

Rivista mensile di Dottrina, Giurisprudenza e Legislazione

Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento Postale

D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n°46) art. 1 comma 1, C/RM/21/2012

In caso di mancato recapito inviare al CMP Romanina per la restituzione al mittente previo pagamento resi.

pubblicità inferiore al 50%

IT 45 K 02008 05021 000401287612

FERRANDO MANTOVANI

Emerito di diritto penale

CORRADO CARNEVALE

Presidente di Sezione della Corte di Cassazione

ORESTE DOMINIONI

Ordinario di procedura penale

FAuSTO GIuNTA

Ordinario di diritto penale

ENRICO MARZADuRI

Ordinario di procedura penale

RENZO ORLANDI

Ordinario di procedura penale

VINCENZO SCORDAMAGLIA

Ordinario di diritto penale

LORENZO DELLI PRISCOLI

Consigliere della Corte di Cassazione, Ordinario abilitato

GIOVANNI ARIOLLI

Consigliere della Corte di Cassazione

GIuSEPPE RICCIO

Emerito di procedura penale

PAOLO DELL’ANNO

Ordinario di diritto amministrativo

ANGELO GIARDA

Emerito di procedura penale

CARLO FEDERICO GROSSO

Ordinario di diritto penale

OLIVIERO MAZZA

Ordinario di procedura penale

ANTONIO SCAGLIONE

Ordinario di procedura penale

FRANCESCO BRuNO

Ordinario di pedagogia sociale

FRANCESCO BuFFA

Consigliere della Corte di Cassazione

MARCO DE PAOLIS

Procuratore Generale Militare

(2)

Il Comitato scientifico e la Redazione de “La Giustizia Penale” per tradizione ultracentenaria si attengono ad una rigorosa selezione qualitativa dei lavori che pubblicano.

In ottemperanza alle modalità recentemente elaborate in sede universitaria sulla classificazione delle riviste giuridiche, i testi me- ritevoli di pubblicazione sono in forma anonima sottoposti all’ulteriore giudizio di valenti studiosi italiani e stranieri del mondo ac- cademico e dell’avvocatura, persone esterne alla Rivista di grande esperienza ed indipendenti.

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NOTE A SENTENZA

CONTI A., La gravidanza come legittimo impedimento tra orien- tamenti giurisprudenziali ed intervento del Legislatore, III, 164 ESPOSITO G., La «tempesta emotiva» e la sua rilevanza giu- diziaria. Riflessioni a margine di una sentenza, II, 187

TARALLO A., La disciplina interna del decreto di perquisi- zione domiciliare tra indipendenza della magistratura requi- rente ed esigenza di un controllo efficace: nota alla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo resa nel caso Brazzi contro Italia, I, 82

SOMMARIO

(4)

DIBATTITI

MAZZA O., La presunzione d’innocenza messa alla prova, III, 181

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 1) DECISIONI DELLA CORTE

MISURE DI PREVENZIONE – Misure di prevenzione perso- nali - Sorveglianza speciale di pubblica sicurezza - Violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale – Condotte pu- nibili come delitto o contravvenzione a seconda che la sorve- glianza speciale sia disposta con o senza obbligo o divieto di soggiorno - Indeterminatezza della condotta – Violazione degli artt. 7 CEDU e 2 del Protocollo n. 4 – Illegittimità costituzio- nale in parte qua, I, 65

2) CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PERQUISIZIONI – Perquisizione cui non consegua il sequestro di beni - Mancata previsione di un controllo giurisdizionale pre- ventivo o successivo sulla legittimità del decreto di perquisi- zione - Violazione dell’art. 8 CEDU - Fattispecie in tema di inammissibilità del ricorso per cassazione avverso il decreto di perquisizione per tassatività dei mezzi di impugnazione, I, 74

GIURISPRUDENZA INDICE PER MATERIA

CASSAZIONE (RICORSO PER) - Annullamento con rinvio - Annullamento della sentenza per l’accoglimento di una parte dei motivi di ricorso e assorbimento degli altri - Giudizio di rin- vio - Oggetto - Cognizione e decisione anche delle questioni oggetto dei motivi assorbiti - Condizione - Questioni ritual- mente devolute attraverso di motivi di appello - Fattispecie, III, 173, 38

CASSAZIONE (RICORSO PER) - Procedimento in camera di consiglio - Termini di decadenza per la presentazione di motivi nuovi e memorie - Violazione - Conseguenze - Inammissibilità degli atti tardivi e irrilevanza anche ai fini della liquidazione delle spese, III, 174, 39

CASSAZIONE (RICORSO PER) - Ricorso dell’imputato - Mo- tivi di ricorso inerenti al riconoscimento di circostanze atte- nuanti - Interesse della parte civile a partecipare al giudizio - Sussistenza - Ragioni - Fattispecie, III, 174, 40

CIRCOLAZIONE STRADALE - Comportamento in caso di in- cidente - Fuga o omissione di soccorso - Circostanza attenuante dell’avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno me- diante risarcimento di esso - Applicabilità - Esclusione - Ra- gioni, II, 134

CIRCOLAZIONE STRADALE - Guida sotto l’influenza del- l’alcool - Accertamento del tasso alcolemico del conducente - Prelievo ematico presso struttura sanitaria - Prelievo autonoma- mente richiesto dalla polizia giudiziaria e non compreso negli ordinari protocolli sanitari - Obbligo di avvertimento al condu- cente del diritto all’assistenza del difensore - Sussistenza - Fat- tispecie, II, 137, 30

CIRCOSTANZE DEL REATO - Circostanze aggravanti comuni - Circostanza aggravante dell’aver agito per motivi abbietti o futili - Motivi futili - Nozione - Manifestazione di gelosia - Con- figurabilità della aggravante - Condizioni, II, 181

CIRCOSTANZE DEL REATO - Circostanze attenuanti generi- che - Criteri di applicabilità - Valutazione di tutti gli elementi di fatto positivamente emersi - Fattispecie in tema di omicidio, II, 181

COMPETENZA - Conflitto negativo di competenza - Conver- sione di pene pecuniarie irrogate dal Giudice di pace e non ese- guite per insolvibilità del condannato - Competenza in capo al magistrato di sorveglianza ex art. 660 C.p.p., III, 138

CONCORSO DI PERSONE NEL REATO - Circostanze atte- nuanti - Opera del concorrente di minima importanza - Nozione - Efficacia causale così lieve rispetto all’evento da risultare tra- scurabile nell’economia generale dell’iter criminoso - Fattispe- cie, II, 138, 31

CONCORSO DI PERSONE NEL REATO - Circostanze atte- nuanti - Opera di minima importanza del concorrente - Reperi- mento di un luogo in cui occultare sostanza stupefacente e partecipazione alla staffetta per il trasporto - Esclusione della circostanza attenuante - Fattispecie, II, 138, 32

CORRUZIONE IN ATTI GIUDIZIARI - Presupposti - Qualità di “parte nel processo civile” della persona in favore o in danno della quale è commessa la corruzione - Nozione - Parte in senso esclusivamente processuale - Esclusione - Estensione a tutti i soggetti nei cui confronti gli atti procedimentali sono destinati a produrre effetti - Fattispecie in tema di corruzione in atti giu- diziari posta in essere dal direttore di un istituto vendite giudi- ziarie, II, 139, 33

DIFESA E DIFENSORI - Termine per la difesa - Nomina del difensore di fiducia in limine litis - Diritto dell’imputato ad ot- tenere sempre il rinvio dell’udienza - Esclusione - Ragioni - Fat- tispecie, III, 175, 41

DISTURBO DELLE OCCUPAZIONI O DEL RIPOSO DELLE PERSONE - Reato di pericolo presunto - Prova dell’effettivo disturbo di una pluralità persone - Necessità - Esclusione - Ido- neità della condotta a disturbare un numero indeterminato di persone - Sufficienza, II, 132

DISTURBO DELLE OCCUPAZIONI O DEL RIPOSO DELLE PERSONE - Idoneità dei rumori ad arrecare pregiudizio al ri- poso ed alle occupazioni delle persone - Valutazione - Necessità di perizia o consulenza tecnica - Esclusione, II, 132

ELEMENTO PSICOLOGICO DEL REATO - Dolo eventuale - Nozione - Azione posta in essere nonostante la previsione del- l’evento in termini di certezza - Se previsione dell’evento in ter- mini di certezza avrebbe distolto dall’azione allora colpa cosciente, II, 142

ELEMENTO PSICOLOGICO DEL REATO - Dolo eventuale e colpa cosciente - Discrimen - Criteri, II, 142

ESECUZIONE - Computo della custodia cautelare e delle mi- sure espiate senza titolo - Determinazione della pena da espiare - Obbligo del p.m. di tener conto dei periodi di custodia caute- lare presofferti - Facoltà dell’interessato di scegliere tra il ristoro SOMMARIO

(5)

pecuniario e lo scomputo della custodia presofferta dalla pena da espiare - Esclusione, III, 175, 42

ESECUZIONE - Giudice dell’esecuzione - Applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato - Con- cessione della sospensione condizionale della pena - Possibilità - Limite - Espressa esclusione del beneficio da parte del giudice di cognizione, III, 175, 43

ESECUZIONE - Giudice dell’esecuzione - Applicazione della disciplina del reato continuato - Continuazione tra reati per i quali era stata disposta la sanzione sostitutiva del lavoro di pub- blica utilità - Revoca implicita della sanzione sostitutiva - Pos- sibilità - Esclusione - Revoca espressa della sanzione sostitutiva o estensione della durata della stessa per effetto dell’applica- zione della continuazione, III, 135

FURTO - Furto tentato aggravato dall’aver usato violenza sulle cose - Discrimen con il delitto tentato di danneggiamento - In- dividuazione - Finalismo specifico dell’azione - Fattispecie in tema di tentativo di furto di una colonnina telefonica, II, 129 IMPEDIMENTO A COMPARIRE DEL DIFENSORE - Stato di gravidanza - Legittimo impedimento a comparire del difen- sore - Condizioni - Fattispecie, III, 162

IMPUGNAZIONI - Impugnazione della parte civile - Impugna- zione della sentenza di assoluzione dell’imputato perchè il fatto non costituisce reato - Interesse ad impugnare della parte civile - Rimessione della questione alle Sezioni Unite, III, 129 IMPUGNAZIONI - Successione nel tempo di norme procedu- rali - Assenza di disposizioni transitorie - Applicazione del prin- cipio tempus regit actum - Applicazione della disciplina vigente al momento di emissione del provvedimento impugnato - Legge vigente al momento della proposizione della impugnazione - Ir- rilevanza - Fattispecie in tema di reclamo avverso il provvedi- mento di archiviazione nullo, III, 176, 44

MANCATA ESECUZIONE DOLOSA DI UN PROVVEDI- MENTO DEL GIUDICE - Pignoramento di titoli - Pignora- mento eseguito con sola annotazione nel libro soci - Mancata annotazione sul titolo - Cessione delle azioni da parte del debi- tore - Configurabilità del reato - Esclusione, II, 139, 34 MISURE CAUTELARI - Misure cautelari personali - Ricorso per cassazione - Annullamento con rinvio di provvedimento ap- plicativo o confermativo di misura cautelare - Decisione del giudice del rinvio entro il termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti - Applicabilità esclusivamente alle misure cautelari personali - Estensione alle misure cautelari reali - Esclusione, III, 176, 45

MISURE DI PREVENZIONE - Circostanza aggravante di cui all’art. 71 del d. lgs. 159 del 2011 - Ambito di applicazione - Delitti ivi tassativamente elencati - Applicabilità ai delitti tentati - Esclusione - Ragioni, II, 139, 35

OMICIDIO COLPOSO - Omicidio aggravato per la violazione delle norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro - Violazione degli obblighi di informazione e formazione dei lavoratori da parte del datore di lavoro - Responsabilità del datore di lavoro per colpa specifica - Sussistenza - Esonero di responsabilità del datore di lavoro per condotta negligente del lavoratore - Esclu- sione - Bagaglio di conoscenza personale del lavoratore o della

conoscenza derivante dalla collaborazione tra lavoratori - Irri- levanza - Fattispecie, II, 140, 36

ORDINAMENTO PENITENZIARIO - Misure alternative alla detenzione - Affidamento in prova al servizio sociale - Presup- posti applicativi - Giudizio prognostico in ordine al buon esito della prova - Valutazione - Criteri - Condotta del condannato successiva al reato - Rilevanza - Fattispecie, II, 140, 37 ORDINAMENTO PENITENZIARIO - Rimedi risarcitori con- seguenti alla violazione dell’art. 3 della CEDU nei confronti di soggetti detenuti o internati - Istanza del detenuto - Danni ri- sarcibili - Danni patiti fino alla presentazione dell’istanza - Ri- sarcibilità altresì dei danni patiti nel periodo successivo e fino alla decisione - Esclusione - Possibilità di presentazione di nuova istanza, III, 177, 46

PENA - Pene accessorie - Casi nei quali alla condanna consegue la incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione - Ap- plicabilità al pubblico agente oltrechè al privato autore del reato presupposto - Necessità - Ragioni, II, 141, 38

PENA - Ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive - Cri- terio di conversione - Differenza tra il criterio fisso di cui all’art.

135 C.p. e il criterio di cui all’art. 459, comma 1 bis, c.p.p. - Violazione dell’art. 3 Cost. - Esclusione - Ragioni, II, 141, 39 PRESCRIZIONE - Interruzione del corso della prescrizione - Decorso del termine ordinario di prescrizione del reato tra un atto interruttivo ed un altro - Estinzione del reato - Fattispecie, II, 142, 40

PROVE - Mezzi di prova - Perizia - Difformi opinioni dei con- sulenti tecnici di parte intervenuti nel processo - Valutazione del giudice - Valutazione ponderata che involge la validità dei differenti metodi scientifici utilizzati - Obbligo di specifica mo- tivazione - Sussistenza - Contenuto - Fattispecie, III, 177, 47 PROVE - Provvedimenti del giudice per le perizie che richie- dono il compimento di atti idonei ad incidere sulla libertà per- sonale - Prelievo di campioni biologici con tampone vaginale - Necessità di specifico consenso dei genitori, ulteriore rispetto a quello prestato per visita ginecologica - Esclusione - Fattispe- cie in tema di atti sessuali con minorenne, III, 178, 48 REVISIONE - Casi di revisione - Richiesta di revisione di sen- tenza di proscioglimento per prescrizione del reato emessa in grado di appello, con contestuale conferma della condanna al risarcimento del danno verso la parte civile - Revisione sia agli effetti penali che civili ex art. 630, lett. c) C.p.p. - Ammissibilità, III, 142

RIPARAZIONE PER L’INGIUSTA DETENZIONE - Condi- zioni ostative - Dolo o colpa grave dell’interessato - Valutazione - Dichiarazioni mendaci rese in sede di interrogatorio di garan- zia da soggetto sottoposto a misura custodiale - Rilevanza - Condizione - Fattispecie, III, 178, 49

RIPARAZIONE PER L’INGIUSTA DETENZIONE - Presup- posti ostativi - Dolo o colpa grave dell’interessato - Valutazione - Dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari da sog- getti che in dibattimento si siano sottratti all’esame o abbiano ritrattato - Utilizzabilità - Fattispecie, III, 179, 50

RIPARAZIONE PER L’INGIUSTA DETENZIONE - Procedi- SOMMARIO

(6)

mento - Entità della riparazione - Criteri valutativi - Colpa lieve - Rilevanza per la eventuale riduzione della entità dell’inden- nizzo - Condizione ostativa - Esclusione, III, 179, 51

TERMINI - Regole generali - Scadenza del termine di deposito della sentenza in un giorno festivo - Deposito nel giorno imme- diatamente successivo alla festività - Tempestività - Necessità di avviso di deposito - Esclusione, III, 179, 52

TESTIMONIANZA - Incompatibilità con l’ufficio di testimone - Verifica della qualità di testimone o di indagato di reato con- nesso ai fini della valutazione di utilizzabilità delle dichiara- zioni rese - Criteri - Sussistenza di cause di giustificazione evidenti e di immediata applicazione - Rilevanza - Fattispecie, III, 180, 53

SOMMARIO

(7)

codice etico

DOvERI DEI REDATTORI

Decisioni sulla pubblicazione

I redattori de La Giustizia Penale sono responsabili della deci- sione di pubblicare o meno gli articoli proposti. I redattori pos- sono consultarsi con i referee per assumere tale decisione.

Correttezza

I redattori valutano gli articoli proposti per la pubblicazione in base al loro contenuto senza discriminazioni di razza, genere, orientamento sessuale, religione, origine etnica, cittadinanza, orientamento politico degli autori.

Riservatezza

I redattori e gli altri componenti dello staff si impegnano a non rivelare informazioni sugli articoli proposti ad altre persone oltre all’autore, ai referee e all’editore.

Conflitto di interessi e divulgazione

I redattori si impegnano a non usare in proprie ricerche i conte- nuti di un articolo proposto per la pubblicazione senza il consenso scritto dell’autore.

DOvERI DEI REFEREE

Contributo alla decisione editoriale

La peer-review è una procedura che aiuta i redattori ad assumere decisioni sugli articoli proposti e consente anche all’autore di mi- gliorare il proprio contributo.

Rispetto dei tempi

Il referee che non si senta adeguato al compito proposto o che sappia di non poter svolgere la lettura nei tempi richiesti è tenuto a comunicarlo tempestivamente ai coordinatori.

Riservatezza

Ogni testo assegnato in lettura deve essere considerato riservato.

Pertanto, tali testi non devono essere discussi con altre persone senza esplicita autorizzazione dei redattori.

Oggettività

La peer review deve essere condotta in modo oggettivo. Ogni giudizio personale sull’autore è inopportuno. I referee sono tenuti a motivare adeguatamente i propri giudizi.

Indicazione di testi

I referee si impegnano a indicare con precisione gli estremi bi- bliografici di opere fondamentali eventualmente trascurate dal- l’autore. Il referee deve inoltre segnalare ai redattori eventuali somiglianze o sovrapposizioni del testo ricevuto in lettura con altre opere a lui note.

Conflitto di interessi e divulgazione

Informazioni riservate o indicazioni ottenute durante il processo di peer-review devono essere considerate confidenziali e non pos-

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DOvERI DEGLI AUTORI

Accesso e conservazione dei dati

Se i redattori lo ritenessero opportuno, gli autori degli articoli do- vrebbero rendere disponibili anche le fonti o i dati su cui si basa la ricerca, affinché possano essere conservati per un ragionevole periodo di tempo dopo la pubblicazione ed essere eventualmente resi accessibili.

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Nel caso di contributi scritti a più mani, l’autore che invia il testo alla rivista è tenuto a dichiarare di avere correttamente indicato i nomi di tutti gli altri coautori, di avere ottenuto la loro approva- zione della versione finale dell’articolo e il loro consenso alla pubblicazione in La Giustizia Penale.

Conflitto di interessi e divulgazione

Tutti gli autori sono tenuti a dichiarare esplicitamente che non sussistono conflitti di interessi che potrebbero aver condizionato i risultati conseguiti o le interpretazioni proposte. Gli autori de- vono inoltre indicare gli eventuali enti finanziatori della ricerca e/o del progetto dal quale scaturisce l’articolo.

Errori negli articoli pubblicati

Quando un autore individua in un suo articolo un errore o un’ine- sattezza rilevante, è tenuto a informare tempestivamente i redat- tori della rivista e a fornire loro tutte le informazioni necessarie per segnalare in calce all’articolo le doverose correzioni.

CODICE ETICO DELLE PUBBLICAZIONI

La Rivista La Giustizia Penale è una rivista scientifica peer-reviewed che si ispira al codice etico delle pubblicazioni elaborato da COPE: Best Practice Guidelines for Journal Editors.

È necessario che tutte le parti coinvolte - autori, redattori e referee - conoscano e condividano i seguenti requisiti etici.

(8)

LA GIUSTIZIA PENALE si pubblica in fascicoli divisi in tre parti: la prima parte (di almeno undici sedicesimi annui) è dedicata ai Presupposti del Diritto e della Procedura penale; la seconda parte (di almeno ventidue sedicesimi annui) è dedicata al Diritto penale (Codice penale e leggi penali speciali); la terza parte (di almeno ventidue sedicesimi annui) è dedicata alla Procedura penale (Codice di procedura penale e leggi penali speciali).

Ogni parte ha una numerazione autonoma: l’Indice è comune alle tre parti. Ai dodici fascicoli mensili segue un Indice generale annuale, con riferimento ai singoli articoli dei Codici e delle leggi speciali nonché un elenco cronologico delle sentenze riprodotte per esteso o per massima, con indice alfabetico delle parti a cui si riferiscono le sentenze, con indice analitico alfabetico delle parti a cui si riferiscono le sentenze, con indice analitico alfabetico e della bibliografia.

A) La Prima parte (I presupposti del diritto e della Procedura penale) contiene:

a) articoli originali, memorie e studi relativi alla criminologia, alla psichiatria, alla medicina legale, all’antropologia criminale, al diritto penitenziario, alle discipline ausiliarie del diritto e della procedura penale, al diritto internazionale, costituzionale, ammini- strativo e civile;

b) sentenze con note critiche;

c) recensioni e bollettino bibliografico della dottrina italiana e straniera, relativi alle scienze sopra ricordate e alle scienze giuridiche e sociali in genere;

d) resoconti e commenti;

e) varietà

B) La Seconda parte (Diritto Penale) e la Terza parte (Procedura Penale) contengono:

a) articoli originali di dottrina;

b) le principali sentenze per esteso, della Corte Suprema di Cassazione, del Tribunale Supremo Militare e dei giudici di merito, con note critiche e di commento;

c) massimario completo della giurisprudenza penale della Corte Suprema di Cassazione e massimario della giurisprudenza civile re- lativa ai rapporti fra giudizio civile e giudizio penale, alla responsabilità civile, alla circolazione stradale, con note di richiami;

d) massimario di giurisprudenza della Corte di cassazione interna di diritto e procedura penale militare;

e) dibattiti sui più importanti problemi e sulle questioni controverse in materia penale;

f) recensioni delle opere giuridiche italiane e straniere;

g) bollettino bibliografico delle pubblicazioni giuridiche con speciale riguardo alla duplice parte della dottrina;

h) sunti degli articoli pubblicati nelle Riviste italiane e straniere.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE

*

1) DECISIONI DELLA CORTE

Sentenza n. 25 - 23-24 gennaio 2019 Pres. Lattanzi - Rel. Amoroso

Misure di prevenzione – Misure di prevenzione personali - Sorveglianza speciale di pubblica sicurezza - Violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale – Condotte punibili come delitto o contravvenzione a seconda che la sorveglianza speciale sia disposta con o senza obbligo o divieto di soggiorno - Indeterminatezza della condotta – Violazione degli artt. 7 CEDU e 2 del Protocollo n. 4 – Illegittimità costituzionale in parte qua (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentai, firmata a Roma il 4 no- vembre 1950 e ratificata con l. 4 agosto 1955, n. 848, art. 7; Pro- tocollo CEDU n. 4, art. 2; Cost. artt. 117, 25, comma 2; D. Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 75, commi 1 e 2)

Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 75, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011, in relazione all’art. 117 della Costi- tuzione, con riferimento all’art. 7 CEDU e all’art. 2 del relativo Protocollo n. 4, ritenuta assorbita la violazione dell’art. 25, comma 2, Cost., nella parte in cui punisce come delitto l’inosser- vanza delle prescrizioni di “vivere onestamente” e di “rispettare le leggi” da parte del soggetto sottoposto alla misura di preven- zione della sorveglianza speciale con obbligo o divieto di sog- giorno, per violazione del canone di prevedibilità della condotta sanzionata con la limitazione della libertà personale.

In via consequenziale e per le stesse ragioni va dichiarata l’il- legittimità costituzionale dell’art. 75, comma 1, cod. antimafia, nella parte in cui prevede come reato contravvenzionale la viola- zione degli obblighi inerenti la misura della sorveglianza speciale senza obbligo o divieto di soggiorno, ove consistente nell’obbligo di “vivere onestamente” e di “rispettare le leggi”.

Ritenuto in fatto (omissis)

Considerato in diritto

1.- La Corte di cassazione, sezione seconda penale, con ordi- nanza del 26 ottobre 2017, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 75, comma 2, del decreto legislativo 6 set- tembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di docu- mentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), in riferimento agli artt. 25 e 117 della Co- stituzione - quest’ultimo in relazione all’art. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamen- tali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e all’art. 2 del Proto- collo n. 4 della stessa Convenzione, adottato a Strasburgo il 16

settembre 1963, reso esecutivo con d.P.R. 14 aprile 1982, n. 217, interpretati alla luce della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, grande camera, 23 febbraio 2017, de Tommaso contro Italia - nella parte in cui sanziona penalmente la violazione degli obblighi di «vivere onestamente» e «rispettare le leggi» connessi all’imposizione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno.

Il dubbio di costituzionalità si fonda essenzialmente sulla va- ghezza, indeterminatezza e non prevedibilità di tale prescrizione - «vivere onestamente» e «rispettare le leggi» - imposta «[i]n ogni caso» con la misura della sorveglianza speciale con conseguente violazione del principio di legalità prescritto in materia penale dalla Costituzione e del canone di prevedibilità sancito dalla CEDU.

La disposizione censurata (comma 2 dell’art. 75) prevede, come delitto, l’inosservanza degli «obblighi» e delle «prescrizioni» ine- renti alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo o divieto di soggiorno, tipica misura di prevenzione applicabile ai soggetti elencati nell’art. 4 dello stesso codice delle leggi anti- mafia – essenzialmente soggetti indiziati di determinati gravi reati – ove ricorra il presupposto della loro pericolosità. Parallelamente il comma 1 dell’art. 75 prevede come contravvenzione la viola- zione delle prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale senza obbligo o divieto di soggiorno.

Le specifiche prescrizioni della sorveglianza speciale sono de- terminate dal tribunale e sono sia a contenuto non normativamente determinato (art. 8, comma 2, cod. antimafia), ma tali comunque da rispondere a un criterio di ragionevole proporzionalità rispetto all’obiettivo di contrastare il pericolo che il soggetto destinatario della misura commetta reati, sia elencate in un catalogo più pun- tuale (art. 8, commi 3 e 4).

In ogni caso - precisa il comma 4 del medesimo art. 8 - il tribu- nale prescrive, in generale, «di vivere onestamente, di rispettare le leggi», nonché, in particolare, di tenere altri comportamenti elencati dalla stessa disposizione (non allontanarsi dalla dimora senza preventivo avviso all’autorità locale di pubblica sicurezza;

non associarsi abitualmente alle persone che hanno subito con- danne e sono sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza, non rincasare la sera più tardi e non uscire la mattina più presto di una data ora e senza comprovata necessità e, comunque, senza averne data tempestiva notizia all’autorità locale di pubblica si- curezza, non detenere e non portare armi, non partecipare a pub- bliche riunioni).

Il comma 4 dell’art. 8 è stato successivamente modificato dal decreto legge 4 ottobre 2018, n. 113 (Disposizioni urgenti in ma- teria di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pub- blica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confi- scati alla criminalità organizzata), convertito, con modificazioni, nella legge 1 dicembre 2018, n. 132, che ha inserito come ulteriore prescrizione quella di «non accedere agli esercizi pubblici e ai lo- cali di pubblico trattenimento, anche in determinate fasce orarie».

Questo affiancamento di una prescrizione di carattere generale ad altre di contenuto più specifico risale all’originaria formula- zione delle prescrizioni della misura di prevenzione della sorve- glianza speciale prevista dall’art. 5, terzo comma, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità), che all’obbligo di vivere onestamente e di rispettare le leggi ag- giungeva anche quello di «non dare ragione di sospetti», più non riprodotto nell’art. 8, comma 4, citato.

Il giudizio a quo ha ad oggetto la condotta di un sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno che ha commesso un reato co- mune (nella specie, una rapina), del quale è stato ritenuto respon-

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* a cura di Lorenzo Delli Priscoli

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sabile; la stessa condotta poi - hanno affermato i giudici di merito - ha integrato la fattispecie del reato previsto dalla disposizione censurata (art. 75, comma 2) perché il sottoposto alla misura, nel commettere la rapina, ha - parimenti (e inevitabilmente, con la stessa condotta) - violato anche l’obbligo di vivere onestamente e di rispettare le leggi e quindi ha commesso anche il reato di cui all’art. 75, comma 2. Con la sentenza di condanna per i due reati (quello comune e quello ex art. 75, comma 2) i giudici di merito, in particolare, hanno applicato un aumento di pena (ai sensi del- l’art. 81, primo comma, del codice penale) su quella ritenuta con- grua per il reato comune in ragione del concorso formale con il reato di cui all’art. 75, comma 2.

Tale sentenza è oggetto del ricorso per cassazione, della cui co- gnizione è investita la Corte rimettente. La quale ritiene che - ferma la definitiva responsabilità dell’imputato per il reato co- mune, stante la ritenuta inammissibilità, per manifesta infonda- tezza e genericità, delle censure mosse nel ricorso - l’aumento di pena per il concorso formale dei due reati potrebbe essere contra legem in ragione della denunciata illegittimità costituzionale del- l’art. 75, comma 2, che prevede il reato concorrente con quello comune.

2.- Preliminarmente deve essere dichiarata l’inammissibilità dell’intervento di M.S., in quanto intervenuto oltre il termine pre- visto dall’art. 4, comma 4, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costi- tuzionale).

3.- Si pone innanzi tutto un sottile problema di rilevanza - e quindi di ammissibilità - delle sollevate questioni di costituziona- lità, che è oggetto di una puntuale eccezione dell’Avvocatura ge- nerale.

4.- La Corte rimettente conosce bene il recente arresto giuri- sprudenziale costituito dalla sentenza della Corte di cassazione, sezioni unite penali, 27 aprile-5 settembre 2017, n. 40076 (cosid- detta “sentenza Paternò”), sopravvenuto dopo la pronuncia della Corte d’appello impugnata con ricorso per cassazione. Le Sezioni unite, innovando la precedente giurisprudenza, hanno affermato il seguente principio di diritto: «L’inosservanza delle prescrizioni generiche di “vivere onestamente” e “rispettare le leggi”, da parte del soggetto sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno, non integra la norma incriminatrice di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011». Da ciò consegui- rebbe che la condotta, di cui l’imputato ricorrente è stato ritenuto responsabile, non costituisce reato.

La Corte rimettente non dubita dell’esattezza di questa più re- cente giurisprudenza, di cui la Corte d’appello, che ha emesso la sentenza impugnata con ricorso per cassazione, non ha potuto tener conto perché successiva e che può qualificarsi come attuale diritto vivente in ragione della provenienza dalle Sezioni unite, le cui pronunce sono ora assistite dal particolare vincolo processuale di cui all’art. 618, comma 1 bis, del codice di procedura penale (secondo cui, se una sezione della Corte ritiene di non condividere il principio di diritto enunciato dalle Sezioni unite, rimette a queste ultime, con ordinanza, la decisione del ricorso). Sicché, nella spe- cie - alla luce di tale giurisprudenza - non sussisterebbe il reato ai sensi dell’art. 75, comma 2, concorrente con il reato comune; però - osserva la Corte rimettente - non si tratta di una sopravvenuta abolitio criminis per successione della legge nel tempo, ma di un’interpretazione giurisprudenziale che risulta essere più favo- revole per l’imputato ricorrente. La non assimilabilità di tale orientamento giurisprudenziale a uno ius superveniens fa sì che - secondo la Corte rimettente - non è possibile tenerne conto perché il ricorso, nella specie, muove solo censure manifestamente in- fondate, e quindi inammissibili, alla sentenza impugnata e, per- tanto, è destinato a una pronuncia di inammissibilità. Invece, ove l’art. 75, comma 2, fosse dichiarato costituzionalmente illegittimo,

si avrebbe una situazione assimilabile all’abolitio criminis, che sarebbe rilevabile d’ufficio ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.

La stessa situazione si riproduce in sede di esecuzione della condanna passata in giudicato perché l’art. 673 cod. proc. pen.

prevede la revoca della sentenza per abolizione del reato; rimedio questo non esperibile dal condannato deducendo una giurispru- denza sopravvenuta secondo cui il fatto per cui è stata pronunciata la condanna non costituisce reato.

Di qui la ritenuta rilevanza delle questioni: la Corte rimettente chiede una pronuncia di illegittimità costituzionale per poter rile- vare d’ufficio che il fatto contestato come delitto ai sensi dell’art.

75, comma 2, non costituisce reato ed evitare così che si formi un giudicato non più emendabile in sede esecutiva e quindi ingiusta- mente pregiudizievole per l’imputato ricorrente.

5.- Tale predicata rilevanza effettivamente sussiste.

Va innanzi tutto condivisa l’affermazione della Corte rimettente secondo cui l’abolitio criminis - per ius superveniens o a seguito di pronuncia di illegittimità costituzionale - è cosa diversa dallo sviluppo della giurisprudenza, essenzialmente di legittimità, che approdi all’esito (simile) di ritenere che una determinata condotta non costituisca reato.

In un ordinamento in cui il giudice è soggetto alla legge e solo alla legge (art. 101, secondo comma, Cost.), la giurisprudenza ha un contenuto dichiarativo e nella materia penale deve conformarsi al principio di legalità di cui all’art. 25, secondo comma, Cost., che vuole che sia la legge a prevedere che il fatto commesso è pu- nito come reato.

L’attività interpretativa del giudice, anche nella forma dell’in- terpretazione adeguatrice costituzionalmente orientata, può sì pe- rimetrare i confini della fattispecie penale circoscrivendo l’area della condotta penalmente rilevante. Ma rimane pur sempre un’at- tività dichiarativa, non assimilabile alla successione della legge penale nel tempo.

Questa Corte (sentenza n. 230 del 2012) - in una situazione si- milare che vedeva la sopravvenienza di un orientamento delle Se- zioni unite penali secondo cui non costituiva reato la condotta oggetto di una sentenza di condanna passata in giudicato, di cui era chiesta la revoca ex art. 673 cod. proc. pen. per abolizione del reato - ha sottolineato che, pure in presenza di un orientamento giurisprudenziale che abbia acquisito i caratteri del «diritto vi- vente», il giudice rimettente ha soltanto la facoltà, e non già l’ob- bligo di uniformarsi a esso. E ha ribadito che «[a]l pari della creazione delle norme, e delle norme penali in specie, anche la loro abrogazione - totale o parziale - non può, infatti, dipendere, nel disegno costituzionale, da regole giurisprudenziali, ma sol- tanto da un atto di volontà del legislatore (eius est abrogare cuius est condere)». In tal senso, pur con qualche distinzione, si è pro- nunciata anche la giurisprudenza di legittimità (Corte di cassa- zione, sezioni unite penali, sentenza 29 ottobre 2015-23 giugno 2016, n. 26259).

Inoltre, si è affermato che l’ordinamento nazionale «conosce ipotesi di flessione dell’intangibilità del giudicato, che la legge prevede nei casi in cui sul valore costituzionale ad esso intrinseco si debbano ritenere prevalenti opposti valori, ugualmente di di- gnità costituzionale, ai quali il legislatore intende assicurare un primato» (sentenza n. 210 del 2013). E, con riferimento al proce- dimento di adeguamento dell’ordinamento interno alla CEDU, originato da una pronuncia della Grande camera della Corte EDU, ha aggiunto che «il giudicato non costituisce un ostacolo insupe- rabile che […] limiti gli effetti dell’obbligo conformativo ai soli casi ancora sub iudice».

A maggior ragione è rilevante un dubbio di legittimità costitu- zionale della norma incriminatrice in tutti i casi in cui il giudicato non si è ancora formato, ma sta per formarsi proprio in ragione della pronuncia di inammissibilità del ricorso per cassazione che LA GIUSTIZIA PENALE 2019 (Parte Prima: I Presupposti)

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la Corte rimettente ritiene debba essere emessa, a meno che non sia accolta la questione di costituzionalità e sia dichiarata l’ille- gittimità della norma incriminatrice.

6.- Risponde poi al canone di plausibilità l’ulteriore afferma- zione della Corte rimettente secondo cui nella strettoia processuale determinata da un ricorso manifestamente infondato, avviato per- tanto a una pronuncia di inammissibilità, la Corte possa rilevare d’ufficio ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. l’abolitio criminis, ma non anche la sopravvenienza di una giurisprudenza che esclude la rilevanza penale della condotta per cui è stata pronun- ciata la sentenza di condanna.

L’affermazione trova le sue radici in un risalente, ma sempre seguito, arresto delle Sezioni unite penali (Corte di cassazione, sezioni unite penali, sentenza 22 novembre-21 dicembre 2000, n.

32) che, inaugurando un filone giurisprudenziale più volte riba- dito, hanno affermato che l’inammissibilità del ricorso per cassa- zione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, per- tanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibi- lità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen.

Di questo principio si è fatta ripetuta applicazione soprattutto in caso di prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso. Più recentemente tale non ri- levabilità d’ufficio ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. è stata af- fermata anche con riferimento alla prescrizione maturata in data anteriore alla pronuncia della sentenza di appello, ma non rilevata né eccepita in quella sede e neppure dedotta con i motivi di ricorso (Corte di cassazione, sezioni unite penali, sentenza 17 dicembre 2015-25 marzo 2016, n. 12602).

Dibattuta è la rilevabilità, ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., della sopravvenuta introduzione di una causa di non punibilità, quale la particolare tenuità del fatto (art. 131 bis cod. pen.), pre- valentemente esclusa in caso di ricorso inammissibile (Corte di cassazione, sezione quarta penale, sentenza 1 febbraio-28 febbraio 2018, n. 9204). Anche la rilevabilità della sopravvenuta abolitio criminis in caso di ricorso inammissibile, più volte affermata dalla giurisprudenza (ex plurimis, Corte di cassazione, sezione quinta penale, sentenza 2 maggio-18 ottobre 2016, n. 44088), non è del tutto pacifica (in senso contrario, Corte di cassazione, sezione quinta penale, sentenza 14 aprile-28 settembre 2016, n. 40290).

In questo contesto giurisprudenziale la valutazione che fa la Corte rimettente è certamente plausibile, anche se corre sul crinale scivoloso della distinzione tra manifesta infondatezza e mera in- fondatezza dei motivi di ricorso e della conseguente costituzione, o no, del rapporto processuale di impugnazione.

Solo se il ricorso fosse stato ammissibile, ancorché infondato, le questioni di costituzionalità avrebbero potuto essere risolte in via interpretativa e sarebbero risultate prive di rilevanza perché il giudice di legittimità ben avrebbe potuto rilevare che, secondo il mutato orientamento giurisprudenziale, la condotta contestata non costituiva reato (in tal senso, Corte di cassazione, sezione sesta penale, sentenza 21 settembre 2017-21 giugno 2018, n. 28825).

Invece, contenendo il ricorso solo censure manifestamente in- fondate, il giudice di legittimità non può rilevare d’ufficio l’insus- sistenza del reato secondo il nuovo orientamento giurisprudenziale e da ciò consegue la rilevanza - e quindi l’ammissibilità - delle questioni di costituzionalità dal momento che solo un’eventuale pronuncia di illegittimità costituzionale della disposizione incri- minatrice consentirebbe al giudice di legittimità di annullare la sen- tenza impugnata limitatamente al concorrente reato di cui al censurato art. 75, comma 2, e quindi all’aumento di pena ai sensi dell’art. 81, primo comma, cod. pen.

7.- Nel merito, la questione è fondata, nei termini che seguono, con riferimento agli artt. 7 CEDU e 2 del Protocollo n. 4 della stessa Convenzione.

8.- La Corte di cassazione rimettente ha posto le questioni di costituzionalità in riferimento sia al parametro nazionale (art. 25 Cost.) sia a quelli convenzionali (art. 7 CEDU e art. 2 del Proto- collo n. 4 della stessa Convenzione), questi ultimi interposti per il tramite dell’art. 117, primo comma, Cost. E ciò ha fatto con- frontandosi puntualmente con la giurisprudenza di questa Corte, della Corte EDU e delle Sezioni unite della stessa Corte di cassa- zione.

Le questioni si pongono infatti nel punto di confluenza della giurisprudenza delle tre Corti e segnatamente della sentenza n.

282 del 2010 di questa Corte, della sentenza de Tommaso della Corte EDU, e della sentenza della Corte di cassazione, sezioni unite penali, n. 40076 del 2017.

9.- Il parametro nazionale evocato è il principio di legalità in materia penale (art. 25, secondo comma, Cost.), che vuole che sia la legge a prevedere che il fatto commesso sia punito come reato.

Da ciò discende il principio di tassatività e determinatezza della fattispecie penale.

Questa Corte (sentenza n. 282 del 2010) ha valutato la confor- mità a tale principio della fattispecie penale prevista dall’art. 9 della legge n. 1423 del 1956, all’epoca vigente dopo le modifiche apportate con l’art. 14 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144 (Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale), convertito in legge 31 luglio 2005, n. 155, che disponeva nel comma 1 che il «contravventore agli obblighi inerenti alla sorve- glianza speciale è punito con l’arresto da tre mesi ad un anno» e nel comma 2, allora censurato, che se «l’inosservanza riguarda gli obblighi e le prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale con l’obbligo o il divieto di soggiorno, si applica la pena della re- clusione da uno a cinque anni». Tra le prescrizioni della sorve- glianza speciale la cui violazione poteva integrare il reato era già previsto - dall’art. 5 della stessa legge n. 1423 del 1956 - l’obbligo di vivere onestamente e rispettare le leggi. Tali disposizioni (l’art.

5 e l’art. 9) si ritrovano riprodotte negli stessi termini, in parte qua, nell’art. 8 e nel censurato art. 75 cod. antimafia.

La Corte ha ricordato che per verificare il rispetto del principio di tassatività o di determinatezza della norma penale occorre non già valutare isolatamente il singolo elemento descrittivo dell’ille- cito, bensì collegarlo con gli altri elementi costitutivi della fatti- specie e con la disciplina in cui questa s’inserisce. E, in particolare, ha ribadito che «l’inclusione nella formula descrittiva dell’illecito di espressioni sommarie, di vocaboli polisensi, ovvero di clausole generali o concetti elastici, non comporta un vulnus del parametro costituzionale evocato, quando la descrizione complessiva del fatto incriminato consenta comunque al giudice - avuto riguardo alle fi- nalità perseguite dall’incriminazione ed al più ampio contesto or- dinamentale in cui essa si colloca - di stabilire il significato di tale elemento mediante un’operazione interpretativa non esorbitante dall’ordinario compito a lui affidato: quando cioè quella descri- zione consenta di esprimere un giudizio di corrispondenza della fattispecie concreta alla fattispecie astratta, sorretto da un fonda- mento ermeneutico controllabile; e, correlativamente, permetta al destinatario della norma di avere una percezione sufficientemente chiara ed immediata del relativo valore precettivo» (ex plurimis, sentenze n. 327 del 2008, n. 5 del 2004, n. 34 del 1995 e n. 122 del 1993).

Ha, quindi, concluso ritenendo che la prescrizione di vivere onestamente e di rispettare le leggi non violasse il principio di le- galità in materia penale. Da una parte, le «leggi» sono tutte le norme a contenuto precettivo, non solo quelle la cui violazione è sanzionata penalmente; d’altra parte, l’obbligo di «vivere onesta- mente» va «collocat[o] nel contesto di tutte le altre prescrizioni previste dal menzionato art. 5» e quindi ha il valore di un monito rafforzativo di queste ultime senza un autonomo contenuto pre- scrittivo.

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10.- Dei due parametri convenzionali, evocati nell’ordinanza di rimessione, che però esprimono lo stesso canone di prevedibi- lità della condotta prevista dalla norma nazionale perché possa giustificarsi una limitazione della libertà personale, è stato preso in considerazione dalla sentenza de Tommaso della Corte EDU, in particolare, l’art. 2 del Protocollo n. 4 della Convenzione, nella parte in cui pone il principio di legalità con riferimento specifico alla libertà di circolazione che può subire solo le restrizioni «pre- viste dalla legge».

La Corte EDU ha ritenuto che «la loi n. 1423/1956 était libellée en des termes vagues et excessivement généraux. Ni les personnes auxquelles les mesures de prévention pouvaient être appliquées (article 1 de la loi de 1956) ni le contenu de certaines de ces me- sures (articles 3 et 5 de la loi de 1956) n’étaient définis avec une précision et une clarté suffisantes. Il s’ensuit que cette loi ne rem- plissait pas les conditions de prévisibilité telles qu’elles se déga- gent de la jurisprudence de la Cour». Ossia il sistema nazionale delle misure di prevenzione - quanto ai presupposti soggettivi e al loro contenuto - è stato censurato per essere formulato «in ter- mini vaghi ed eccessivamente ampi» tali da non rispettare il cri- terio della «prevedibilità», come enunciato dalla giurisprudenza di quella Corte. La quale in particolare - pur dando atto della (non collimante) interpretazione accolta da questa Corte nella citata sentenza n. 282 del 2010 con riferimento all’omologo principio di legalità dell’art. 25, secondo comma, Cost. - ha ritenuto, all’op- posto, che gli obblighi di «vivere onestamente e rispettare le leggi» (oltre che di «non dare ragione alcuna ai sospetti», prescri- zione questa non più rilevante perché non riprodotta nel citato art.

8 cod. antimafia) non fossero delimitati in modo sufficiente e che, pertanto, fosse violato il principio di prevedibilità della condotta da cui consegue la limitazione della libertà personale, segnata- mente quello posto dall’art. 2 del Protocollo n. 4.

11.- La pronuncia della Corte EDU è stata decisiva nell’orien- tare la puntualizzazione giurisprudenziale espressa dalla sentenza della Corte di cassazione, sezioni unite penali, n. 40076 del 2017 (cosiddetta “sentenza Paternò”).

Le Sezioni unite penali si sono pronunciate con riferimento alla fattispecie penale di violazione delle prescrizioni della sorve- glianza speciale con obbligo di soggiorno, del tutto analoga a quella oggetto dell’ordinanza di rimessione: il sorvegliato spe- ciale, nel commettere un reato comune, aveva (con la stessa con- dotta) violato anche l’obbligo di vivere onestamente e rispettare le leggi.

La Corte di cassazione si confronta con la sentenza de Tom- maso, avendo ben presente che - come affermato da questa Corte (sentenza n. 239 del 2009) - compete al giudice di assegnare alla disposizione interna un significato quanto più aderente alla CEDU. Considera, in particolare, che «la Corte europea, riferen- dosi al contenuto del “vivere onestamente nel rispetto delle leggi”, sottolinea, quindi, come tali prescrizioni non siano state sufficien- temente delimitate dall’interpretazione della Corte costituzionale, in quanto permane una evidente indeterminatezza dei comporta- menti che si pretendono dal sorvegliato speciale, soprattutto nella misura in cui possono integrare la fattispecie penale di cui all’art.

9 legge n. 1423 del 1956 (ora art. 75, comma 2, d.lgs. 159 del 2011)». La Corte procede quindi a una «rilettura del diritto interno che sia aderente alla CEDU» e perviene alla conclusione che «il richiamo “agli obblighi e alle prescrizioni inerenti alla sorve- glianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno” può essere riferito soltanto a quegli obblighi e a quelle prescrizioni che hanno un contenuto determinato e specifico, a cui poter attribuire valore precettivo. Tali caratteri difettano alle prescrizioni del “vivere one- stamente” e del “rispettare le leggi”».

La conclusione è che «le prescrizioni del vivere onestamente e rispettare le leggi non possono integrare la norma incriminatrice

di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs. 159 del 2011». Aggiungono le Sezioni unite: «ad esse tuttavia può essere data indiretta rilevanza ai fini dell’eventuale aggravamento della misura di prevenzione della sorveglianza speciale».

Quindi, la giurisprudenza di legittimità ha già compiuto il pro- cesso di adeguamento e maggiore conformità ai principi della CEDU proprio con riferimento alla fattispecie oggetto dell’ordi- nanza di rimessione: non sussiste il reato previsto dal censurato art. 75, comma 2, allorché la violazione degli obblighi e delle pre- scrizioni della misura della sorveglianza speciale consista nel- l’inosservanza dell’obbligo di vivere onestamente e di rispettare le leggi.

12.- Orbene, la convergenza delle Sezioni unite verso la citata pronuncia della Corte EDU segna l’arresto ultimo del diritto vi- vente, ben posto in risalto dall’ordinanza di rimessione: l’inosser- vanza dell’obbligo di vivere onestamente e di rispettare le leggi, quale prescrizione della misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, non integra la fattispecie di reato di cui al censurato art. 75, comma 2.

Però - per quanto sopra ritenuto in ordine alla rilevanza e al- l’ammissibilità delle questioni - non si è di fronte a un’abolitio criminis per successione nel tempo della legge penale; ciò com- porta che, proprio per l’affermata non riconducibilità dell’orien- tamento giurisprudenziale sopravvenuto a uno ius superveniens, sussiste non di meno una limitata area in cui occorre ancora do- mandarsi se la fattispecie penale suddetta, schermata solo dall’in- terpretazione giurisprudenziale, sia conforme, o no, al principio di legalità in materia penale, vuoi costituzionale che convenzio- nale. Area questa costituita - come già sopra rilevato - sia dall’ese- cuzione del giudicato penale di condanna, sia dalla rilevabilità ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. in caso di ricorso per cassazione recante solo censure manifestamente infondate e quindi inammis- sibili.

13.- In questi stretti limiti si pone, in sostanza, la questione di costituzionalità come possibile completamento dell’operazione di adeguamento dell’ordinamento interno alla CEDU, già fatta dalle Sezioni unite nei limiti in cui l’interpretazione giurisprudenziale può ritagliare la fattispecie penale escludendo dal reato condotte che prima si riteneva vi fossero comprese.

L’interpretazione del giudice comune, ordinario o speciale, orientata alla conformità alla CEDU - le cui prescrizioni e principi appartengono indubbiamente ai vincoli derivanti da obblighi in- ternazionali con impronta costituzionale (quelli con «vocazione costituzionale»: sentenza n. 194 del 2018) - non implica anche necessariamente l’illegittimità costituzionale della disposizione oggetto dell’interpretazione per violazione di un principio o di una previsione della CEDU, quale parametro interposto ai sensi dell’art. 117, primo comma, Cost.

È ricorrente che gli stessi principi o analoghe previsioni si rin- vengano nella Costituzione e nella CEDU, così determinandosi una concorrenza di tutele, che però possono non essere perfetta- mente simmetriche e sovrapponibili; vi può essere uno scarto di tutele, rilevante soprattutto laddove la giurisprudenza della Corte EDU riconosca, in determinate fattispecie, una tutela più ampia.

Questa Corte ha già affermato che, quando viene in rilievo un di- ritto fondamentale, «il rispetto degli obblighi internazionali […]

può e deve […] costituire strumento efficace di ampliamento della tutela stessa» (sentenza n. 317 del 2009). È quanto si è verificato da ultimo (sentenza n. 120 del 2018) con riferimento al diritto di associazione sindacale, tutelato sia dalla Costituzione (art. 39) che dalla CEDU (art. 11).

Non c’è però, nel progressivo adeguamento alla CEDU, alcun automatismo, come risulta già dalla giurisprudenza di questa Corte, stante, nell’ordinamento nazionale, il «predominio assio- logico della Costituzione sulla CEDU» (sentenza n. 49 del 2015).

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Da una parte, la denunciata violazione del parametro conven- zionale interposto, ove già emergente dalla giurisprudenza della Corte EDU, può comportare l’illegittimità costituzionale della norma interna sempre che nelle pronunce di quella Corte sia iden- tificabile un «approdo giurisprudenziale stabile» (sentenza n. 120 del 2018) o un «diritto consolidato» (sentenze n. 49 del 2015 e, nello stesso senso, n. 80 del 2011). Inoltre, va verificato che il bi- lanciamento, in una prospettiva generale, con altri principi pre- senti nella Costituzione non conduca a una valutazione di sistema diversa - o comunque non necessariamente convergente - rispetto a quella sottesa all’accertamento, riferito al caso di specie, della violazione di un diritto fondamentale riconosciuto dalla CEDU.

Va infatti ribadito che, «[a] differenza della Corte EDU, questa Corte […] opera una valutazione sistemica, e non isolata, dei va- lori coinvolti dalla norma di volta in volta scrutinata, ed è, quindi, tenuta a quel bilanciamento, solo ad essa spettante» (sentenza n.

264 del 2012); bilanciamento in cui si sostanzia tra l’altro il «mar- gine di apprezzamento» che compete allo Stato membro (sentenze n. 193 del 2016, n. 15 del 2012 e n. 317 del 2009).

14.- Nella fattispecie in esame ricorrono entrambi tali presup- posti per completare, con riferimento alla norma oggetto delle questioni di costituzionalità, l’adeguamento alla CEDU in con- cordanza con quello già operato, in via interpretativa, dalla citata sentenza delle Sezioni unite.

14.1.- Sotto il primo profilo - anche se inizialmente tra i giudici di merito vi sono stati orientamenti non concordanti, in ragione soprattutto della circostanza che la sentenza della Corte EDU de Tommaso si presentava come un nuovo approdo giurisprudenziale (come riconosciuto in quella stessa sentenza: «La Cour note qu’à ce jour elle n’a pas eu à examiner en détail la prévisibilité de la loi n. 1423/1956»), recava plurime opinioni parzialmente dissen- zienti e riguardava un caso in cui il rimedio impugnatorio interno aveva portato all’annullamento ex tunc della misura di preven- zione - la giurisprudenza di legittimità si è indirizzata nel senso di valutare tale sentenza come idonea a fondare l’interpretazione convenzionalmente orientata di cui si è detto (“sentenza Paternò”

delle Sezioni unite).

Da ultimo, questa Corte (sentenza n. 24 del 2019) ha tenuto conto proprio della sentenza della Corte EDU e dell’esigenza di conformità al principio di prevedibilità, quale espresso da tale pro- nuncia, per dichiarare l’illegittimità costituzionale, in parte qua, dell’art. 1 della legge n. 1423 del 1956, dell’art. 19 della legge 22 maggio 1975, n. 152 (Disposizioni a tutela dell’ordine pubblico) e degli artt. 4, comma 1, lettera c), e 16 cod. antimafia.

14.2.- Sotto l’altro profilo, si ha che la valutazione di sistema all’interno dei parametri della Costituzione e il possibile bilancia- mento con altri valori costituzionalmente tutelati non è affatto di- stonica, nella fattispecie, rispetto al pieno dispiegarsi dei parametri interposti.

L’esigenza di contrastare il rischio che siano commessi reati, che è al fondo della ratio delle misure di prevenzione e che si rac- corda alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza, come va- lore costituzionale, è comunque soddisfatta dalle prescrizioni specifiche che l’art. 8 consente al giudice di indicare e modulare come contenuto della misura di prevenzione della sorveglianza speciale con o senza obbligo (o divieto) di soggiorno.

Vi è poi da considerare, all’opposto, che la previsione come reato della violazione, da parte del sorvegliato speciale, dell’ob- bligo «di vivere onestamente» e «di rispettare le leggi» ha, da una parte, l’effetto abnorme di sanzionare come reato qualsivoglia vio- lazione amministrativa e, dall’altra parte, comporta, ove la viola- zione dell’obbligo costituisca di per sé reato, di aggravare indistintamente la pena, laddove l’art. 71 cod. antimafia già pre- vede come aggravante, per una serie di delitti, la circostanza che il fatto sia stato commesso da persona sottoposta, con provvedi-

mento definitivo, a una misura di prevenzione personale durante il periodo previsto di applicazione della misura.

Può, pertanto, pervenirsi alla conclusione che la norma censu- rata viola il canone di prevedibilità della condotta sanzionata con la limitazione della libertà personale, quale contenuto in generale nell’art. 7 CEDU e in particolare nell’art. 2 del Protocollo n. 4, e rilevante come parametro interposto ai sensi dell’art. 117, primo comma, Cost.

15.- In conclusione - assorbito il parametro interno dell’art. 25, secondo comma, Cost. - va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 75, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011, nella parte in cui punisce come delitto l’inosservanza delle prescrizioni di “vivere onestamente” e di “rispettare le leggi” da parte del soggetto sot- toposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno.

16.- Le questioni sollevate dall’ordinanza di rimessione riguar- dano il delitto previsto dall’art. 75, comma 2.

Ma gli stessi dubbi di costituzionalità possono porsi con riferi- mento al reato contravvenzionale di cui al comma 1 della mede- sima disposizione che prevede analogamente la violazione degli obblighi inerenti la misura di prevenzione della sorveglianza spe- ciale, ma senza obbligo né divieto di soggiorno, allorché le pre- scrizioni consistono nell’obbligo di vivere onestamente e di rispettare le leggi; reato che parimenti la giurisprudenza di legit- timità ritiene in via interpretativa non più configurabile dopo la richiamata pronuncia delle Sezioni unite (ex plurimis, Corte di cassazione, sezione settima penale, 6 ottobre 2017-13 marzo 2018, n. 11171).

Pertanto, in via consequenziale e per le stesse ragioni va dichia- rata l’illegittimità costituzionale dell’art. 75, comma 1, cod. anti- mafia, nella parte in cui prevede come reato contravvenzionale la violazione degli obblighi inerenti la misura della sorveglianza spe- ciale senza obbligo o divieto di soggiorno, ove consistente nel- l’obbligo di “vivere onestamente” e di “rispettare le leggi”.

(omissis)

2) CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO

SEZIONE I - 27 settembre 2018 Pres. Sicilianos - causa Brazzi c. Italia

Perquisizioni – Perquisizione cui non consegua il sequestro di beni - Mancata previsione di un controllo giurisdizionale preventivo o successivo sulla legittimità del decreto di perqui- sizione - Violazione dell’art. 8 CEDU - Fattispecie in tema di inammissibilità del ricorso per cassazione avverso il decreto di perquisizione per tassatività dei mezzi di impugnazione (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata con l. 4 agosto 1955, n. 848, art. 8; Cod. proc. pen. artt.

247, 252, 251, 257)

In tema di perquisizioni, sussiste la violazione dell’art. 8 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo

73 LA GIUSTIZIA PENALE 2019 (Parte Prima: I Presupposti) 74

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