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LO STUDIO DEL DNA ANTICO: IL CASO DELLA TB DELLA NECROPOLI DEI MONTEROZZI DI TARQUINIA

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IL CASO DELLA TB. 5859 DELLA

NECROPOLI DEI MONTEROZZI DI TARQUINIA

In anni recenti, grazie al notevole sviluppo delle applicazioni biotecnologiche, è emersa la possibilità di analizzare il DNA conservato nei resti umani antichi.

Questa nuova alternativa ha consentito finora di apportare numerosi contri- buti chiarificatori in diversi contesti sia di tipo archeologico sia antropologico* 1. In particolare attraverso questo approccio è stato possibile determinare il sesso d’in- dividui infanti o subadulti, o in quei casi in cui i resti ossei fossero troppo scarsi o frammentari, superando in tal modo i limiti propri dell’analisi morfologica2 3. Inol- tre attraverso lo studio del DNA mitocondriale (mtDNA) è stato possibile com- piere studi di tipo popolazionistico e, in casi limitati e ben circostanziati, indivi- duare possibili relazioni di parentela in linea materna’.

Questa ricerca è stata realizzata grazie al finanziamento n. 01.00510.PF36, assegnato al professor BrunettoChiarellinell’ambitodelProgettoFinalizzatoBeni Culturali’ delCNR egrazieal finanzia- mento della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze.La borsa di studio per il corso di Dottorato in Scienze Antropologiche assegnata a Enrico Cappellini è cofinanziata daU’Università degliStudidi To- rino. L’assegnodi ricerca afavoredi David Caramelli ècofinanziatodalla fondazione ‘Dino Terra’.

1 Si veda a tal propositoKr in g s et al. 1997;Ko l ma n et al. 2000; Ra o u l t etal. 2000.

2 Fa e r ma n et al. 1998;Ma y s-Fa e r ma n 2001.

3 Ric k a r d s et al. 2001.

4 Ve r n e s iet al. 1999a;Ve r n e s i et al. 1999b;Ca r b o n e l l ISa l a 1999.

5 II contesto in questioneè uno di quelle tombedi età ellenistica,indagate nel1974 e tempesti- vamentepubblicatedallaCavagnaro Vanoni nelvolumedel 1977di Notizie degli Scavi(Ca v a g n a r o

Va n o n i 1977,inparticolare pp. 184-195).

6 Ca v a g n a r o Va n o n i 1977,p. 157 ecosìanche Mo r e t t i 1977,p. 157.

Tra le prime applicazioni di questa metodica su campioni antichi provenienti da contesti della penisola italiana vanno ricordati alcuni studi per la determinazio- ne del sesso condotti sui resti di un nutrito campione di individui provenienti da diverse necropoli dell’Etruria propria4.

Rientra nell’ambito dell’applicazione di queste nuove metodiche lo studio del- la tomba 5859 della necropoli dei Monterozzi di Tarquinia5. Tale contesto, rinve- nuto intatto6, ha restituito i resti di quattro individui inumati, con i relativi corre-

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di, deposti su banchine ricavate nella parete tufacea della camera {fig. 1). I reperti ossei furono oggetto di un accurato studio antropologico da parte del Mallegni immediatamente dopo il recupero7. Lo studioso nel 1977 giungeva a stabilire che gli occupanti della tomba fossero un infante - 5859/14 (1)8 - di circa undici o do- dici anni, un uomo - 5859/15 (2) - di circa trentacinque anni e due individui di sesso indeterminabile - 5859/16 e 17 (4 e 3) - entrambi di circa trenta-trentacin- que anni9. Mentre per l’individuo 5859/14 (1), non era stato possibile definire

7 Ma l l e g n i 1977, p. 208 sg.; Ma l l e g n i et al. 1979, p. 191.

8 La numerazione delle sepolture utilizzata in questa sede riprende quella adottata in Ma l l e g n i 1977, p. 208 sg.

9 Ma l l e g n i 1977, p. 208 sg. Peraltro, nella pubblicazione del contesto tombale la Cavagnaro

Vanoni, basandosi anche sui risultati dello studio antropologico, avanzava la possibilità di identificare

«quasi sicuramente» in un uomo l’individuo 5859/16 (4), propendendo la studiosa a riconoscere nel contesto una deposizione a carattere familiare, ove gli individui 5859/16 (4) e 5859/17 (3) costituisse- ro la coppia di sposi (Ca v a g n a r o Va n o n i 1977, p. 185 sg.). La stessa non mancava di evidenziare co- me l’identificazione dell’individuo 5859/16 (4) come maschio contribuisse a definire, in termini ar- cheologici, un contesto «strano» visto che ai lati del cranio di questo stesso individuo era stato rinve-

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con sicurezza il sesso a causa della giovane età, per gli individui 5859/16 e 17 (4 e 3) l’incertezza era dovuta alla incompletezza dei resti e alla presenza di tratti mor- fologici misti10 11.

nutounpaio dianelliniinbronzo, riconosciuti comeorecchini, seppuredisemplicefattura (Ca v a-

g n a r o Va n o n i 1977, p. 186).

10 Ma l l e g n i 1977, p. 208.

11 Ma l l e g n i et al. 1979, tabella1, p.191.Infatti lo studioso precisa come per l’attribuzione defi- nitiva del genere sia sempre stato «tenuto presente anche il tipo di corredo funebreche ogni inumato possedeva;per gli Etruschi,infatti, inlinea dimassima,il corredosembrapossa differireaseconda delsessodeldefuntoacuieradestinato» (Ma l l e g n i et al. 1979,p. 189). Vedremonelprosieguodi questa ricercacome l’affidarsi a un principio di questo tipo possa in realtà portare aconclusionispes- so imprecise.

12 Be t t in i 1986,p.271.

13 Ve r n e s i et al. 1999a;Ve r n e s i etal. 1999b;Ve r n e s iet al. 1999c.Ilgene dell’amelogenina, si- tuatosui due eterocromosomi (Xe Y), mostrainunasua specifica porzione un dimorfismodilun- ghezza caratterizzatodalla presenzasulcromosoma Ydi un’inserzione di sei paiadi basirispettoalla sequenza sul cromosoma X. Nellecondizioni sperimentali qui adottate l’analisi del gene dell’ameloge- nina presente sul cromosomaXporta ad ottenere un tratto di DNA della lunghezza di 106 paia di ba- si,mentrel’analisi dello stesso trattosulcromosoma Y portaaduntrattodi 112paiadi basi.

Vistoche nel corredo cromosomico di un una donna la coppia eterocromosomica è costituita da due cromosomi X, l’analisi del genedell’amelogenina,evidenzieràsoloframmentidellalunghezzadi Tuttavia, a seguito di una successiva revisione dei risultati dell’indagine mor- fometrica, nel 1979 il Mallegni attribuiva agli individui 5859/16 (4) e 5859/17 (3) sesso femminile, probabilmente anche sulla scorta delle evidenze archeologi- che n.

Queste le basi da cui si sono prese le mosse per condurre la nostra ricerca. Lo studio del DNA ottenibile dai resti ossei degli occupanti della tomba 5859 si pro- filava infatti come un utile approccio per appurarne il sesso, per vagliare l’ipotesi che fossero legati da relazioni di parentela e per osservare quanto i diversi dati molecolari fossero coerenti tra loro, con quelli antropologici tradizionali e con quelli archeologici.

Le condizioni di deposizione verificatesi nella tomba 5859 hanno favorito la conservazione dei resti umani e del DNA. Il tipo di struttura tombale - una came- ra ipogea - e le modalità della deposizione - su banchine ricavate nel banco tufa- ceo - hanno fatto sì che il materiale osseo venisse in contatto solo con scarsi detri- ti, caduti dalla volta. Inoltre i parametri ambientali, aU’interno di strutture di que- sto tipo, variano di poco nel corso del tempo, con ridotte oscillazioni stagionali della temperatura tra i 13° e i 18° C circa e un tasso di umidità pressoché costante dell’80% circa12. Tali condizioni hanno limitato l’azione dei diversi agenti diagene- tici, di natura biologica e non.

La determinazione del sesso per via molecolare è stata quindi effettuata at- traverso l’indagine combinata dei geni dell’amelogenina e dell’SRY13. E stata inol-

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tre analizzata la prima regione ipervariabile (HVR-I) del DNA mitocondriale (mtDNA). L’mtDNA è ritenuto dagli specialisti il materiale ereditario più adatto allo studio nei campioni antichi, in quanto, tra le altre caratteristiche utili per que- sto genere di indagini, è trasmesso alla progenie solo in linea materna ed è presen- te in un elevato numero di copie per cellula]4.

Queste indagini sono state precedute da analisi chimiche, per valutare la quantità e il degrado delle macromolecole biologiche recuperate dai campioni os- sei. In particolare è stato valutato il grado di racemizzazione degli aminoacidi ed è stata effettuata una misura termogravimetrica (TGA)* Il * * 1415. Il primo è ritenuto un pa- rametro indicativo della possibilità o meno di riuscire ad amplificare DNA antico (aDNA). La TGA è in grado di fornire una stima della quantità di materiale orga- nico conservatosi nel frammento osseo.

106 paia di basi. Al contrario in un uomo la coppia eterocromosomica è costituita da un cromosoma X e da un Y, quindi amplificando il gene delTamelogenina si otterranno frammenti della lunghezza di

106 e 112 paia di basi. Per una descrizione più approfondita si veda Ma n n u c c i et al. 1994.

Il gene SRY è presente esclusivamente sul cromosoma Y e nelle condizioni sperimentali qui adottate la sua analisi porta a ottenere dei frammenti di 93 paia di basi.

In breve quando Tanalisi combinata dei geni delTamelogenina e dell’SRY è condotta su cam- pioni di individui di sesso femminile viene rilevato solo il frammento delTamelogenina di 106 paia di basi. Al contrario quando il campione proviene da un individuo di sesso maschile sono rilevati tre frammenti: i due delTamelogenina - di 106 e 112 paia di basi - e quello del gene SRY lungo 93 paia di basi.

14 Per informazioni più dettagliate sul DNA mitocondriale e sulle sue potenzialità nello studio dei campioni antichi si veda Ric k a r d s 1999.

15 II grado di racemizzazione degli aminoacidi, in particolare dell’acido aspartico, è considerato un indicatore del degrado chimico subito dalle macromolecole biologiche, tra cui il DNA, nel corso della giacitura. Gli aminoacidi possono assumere due forme diverse, denominate ‘L’ e ‘D’. Negli orga- nismi superiori viventi è presente quasi esclusivamente la forma ‘L’. Dopo la morte prende il via un lento processo di conversione degli aminoacidi dalla forma ‘L’ alla forma ‘D’ che procede finché la quantità della due forme non si equivale. In base a diversi riscontri alcuni ricercatori (Po in a r et al.

1996) sostengono che, in un campione antico, la racemizzazione dell’acido aspartico procede di pari passo con il degrado del DNA ed è stato osservato che le possibilità di studiare DNA antico si ridu- cono notevolmente quando il rapporto tra le quantità della forma D e della forma L dell’acido aspar- tico, misurate nel campione (rapporto D/L), supera il valore di 0,1.

La termogravimetria valuta il decremento della massa di un campione al crescere della tempera- tura. Riscaldando progressivamente un campione di osso si assiste inizialmente all’allontanamento del- l’acqua sotto forma di vapore e poi (tra 200 e 500° C circa) all’ossidazione del materiale organico sotto forma di anidride carbonica. Per una descrizione più approfondita si veda Mic h e l et al. 1996.

Il presente lavoro è quindi un tentativo di valutare le potenzialità dell’approc- cio biomolecolare su resti umani in contesti archeologici situati nell’area mediter- ranea, risalenti al I millennio a.C., nell’eventualità di una sua più ampia applicazio- ne all’interno dell’indagine archeologica.

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Ma t e r ia l i e m e t o d i 16

16 Per una descrizione più estesa e dettagliata degli aspetti metodologici si rimanda a Ca ppe l l in i et al. c.s.

17 I resti in questione sono conservati presso il Dipartimento di Archeologia dell’Università degli Studi di Pisa. I campioni sono stati cortesemente forniti dal professor Francesco Mallegni, a cui va il nostro ringraziamento per la sua disponibilità.

18 II DNA che si recupera da un campione antico risulta essere frammentato e presente in un numero di copie estremamente ridotto. Per effettuare le successive analisi è quindi necessario incre- mentare - ‘amplificare’ -, per via chimica, il numero di copie originali del frammento d’interesse. Ciò è possibile grazie ad una reazione enzimatica nota come 'reazione a catena della polimerasi’ (‘Polime- rase Chain Reaction’ o più brevemente ‘PCR’). Il pregio di questa tecnica è la sua estrema sensibilità, che consente di giungere a produrre quantità utili di DNA a partire da un numero ridottissimo di co- pie di partenza. Il rischio connesso a questo pregio però, nel caso in cui una quantità anche minima di DNA estraneo di origine moderna contamini quello antico prima della PCR, è che venga amplificato il DNA contaminante e non quello antico. La conseguenza indesiderata è che si ottengono dei risulta- ti assolutamente falsati. In breve per evitare quanto più possibile le contaminazioni da parte di DNA moderno occorre manipolare il campione con opportune precauzioni sin dalle prime fasi di recupero in sede di cantiere di scavo.

Dai resti17 18 di ciascun individuo sono stati prelevati due frammenti ossei della lunghezza di circa cinque centimetri, nonché, per l’individuo 5859/16 (4), un pre- molare superiore.

Racemizzazione degli aminoacidi

Alcuni milligrammi di polvere d’osso sono stati sottoposti ad una serie di rea- zioni (derivatizzazione) per rendere gli aminoacidi idonei all’analisi di gascromato- grafia abbinata a spettrometria di massa (GC-MS). E stato impiegato un gascro- matografo HP 6890 Series GC SYSTEM abbinato a 5973 Mass Selective Detector (Hewlett-Packard Company, Palo Alto, CA). Le analisi sono state eseguite utiliz- zando una colonna capillare Chirasil-L-Val® 7495 Chrompack (25 mx250 µπιχ 0,12 µm d. i.).

Prevenzione delle contaminazioni w

Le diverse fasi sperimentali in cui si è articolato il lavoro (estrazione, purifica- zione, amplificazione e analisi dei prodotti di PCR) sono state compiute in stanze separate, dedicate esclusivamente all’indagine del DNA antico. Ogni superficie di lavoro è stata lavata con ipoclorito di sodio prima di ogni passaggio. Sono stati im- piegati reagenti sterili in dosi monouso. Tanto l’estrazione che l’amplificazione so- no state compiute sotto cappe irradiate quotidianamente con raggi UV a 254 nm.

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Sono stati inoltre utilizzati camici, mascherine, cuffie per capelli e guanti monouso sterili di tipo chirurgico.

Estrazione del DNA e purificazione

Per eliminare eventuali tracce di DNA contaminante, dopo rimozione con carta abrasiva di uno strato superficiale di circa 1 mm, ciascuna superficie dei frammenti ossei è stata irradiata ortogonalmente per 45 min con raggi UV a 254 nm. I campioni sono stati quindi polverizzati e da ciascuno dei frammenti di osso è stata effettuata l’estrazione di DNA con il metodo ‘fenolo-cloroformio’ opportu- namente modificato. Il DNA così estratto è stato concentrato e purificato, utiliz- zando una matrice di silice, per giungere a ottenere 50 uL di filtrato contenenti il DNA pronto per l’amplificazione.

Amplificazione del DNA

Per determinare il sesso sono state condotte sei differenti reazioni. Sono stati amplificati simultaneamente i geni dell’amelogenina e del SRY (sex determining Y region gene). La co-amplificazione di questi due loci consente di incrementare l’af- fidabilità dei risultati, che sono stati visualizzati tramite elettroforesi su gel di aga- rosio.

Per determinare la sequenza mitocondriale della HVR-1 è stato ‘letto’ un trat- to di DNA della lunghezza complessiva di 360 paia di basi a partire da due estratti di DNA ricavati da due distretti ossei differenti. La sequenza finale è stata rico- struita a partire da tre frammenti parzialmente sovrapposti ciascuno di lunghezza non superiore a 200 paia di basi. Ciascun frammento amplificato è stato clonato e per ciascun tratto è stata ‘letta’ la sequenza di cinque ampliconi.

Ris u l t a t i

Racemizzazione degli aminoacidi e analisi termogravimetrica

I risultati della valutazione del tasso di racemizzazione di acido aspartico, ri- portati in tabella 1, sono espressi come rapporto enantiomerico D/L. Tutti i valori sono minori di 0,1: valore soglia al di sopra del quale viene ritenuta esigua la pos- sibilità di recuperare aDNA19. Inoltre tali valori sono distribuiti in un intervallo molto ristretto, compatibilmente con l’ipotesi verosimile che tutti gli individui, es-

19 Po in a r et al. 1996.

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sendo sepolti nel medesimo ambiente, siano stati sottoposti alle medesime condi- zioni diagenetiche.

Campione D/L Asp

5859/14 (1) 0,056 5859/15 (2) 0,059 5859/16 (4) 0,055 5859/17 (3) 0,055

tab. 1 - Valori di racemizzazione espressi come rapporto enantiomerico D/L. Asp: acido aspartico.

Nel corso dell’analisi termogravimetrica (tabella 2) la perdita di massa osser- vata (weigth loss: ‘W.L.’) tra 200 e 500° C (W.L.2oo-5oo)> attribuita all’ossidazione del materiale organico20, è compresa tra 6,22% e 12,95%, mentre per un campio- ne di origine moderna è pari a 23,69%.

20 Mic h e l et al 1996.

tab. 2 - Risultati dell’analisi termogravimetrica (TGA). I valori riportano in percentuale la perdita di massa (W.L.) nei diversi intervalli. Nell’intervallo tra 200 e 500° C circa si verifica l’allontanamento

della massa organica.

Campione W.L. 50-200° C W.L. 200-500° C W.L. 500° C Total W.L. 50-900° C

Moderno 8,85% 23,69% 32,54% 37,86%

5859/14 (1) 8,13% 9,23% 17,36% 21,48%

5859/15 (2) 5,74% 9,51% 15,25% 22,57%

5859/16 (4) 4,65% 6,22% 10,87% 18,03%

5859/17 (3) 8,57% 12,95% 21,52% 24.16%

Determinazione del sesso

tab. 3 - Profili dei geni dell’amelogenina e dell’SRY dei diversi campioni. Per chiarimenti sull’attribu- zione del sesso in base ai profili allelici si veda la nota 13.

1° prova 2° prova 3° prova 4° prova 5° prova 6° prova sesso

5859/14 (1) 106 106 / / 106 106 F

5859/15 (2) 106/112 93

/ 106/112

93

/ 112

93

93 M

5859/16 (4) 106 106 / / 106 106 F

5859/17 (3) / 106/112

93

/ / 106/112

93

106-93 M

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I risultati dell’analisi dei geni delTamelogenina e del SRY, riportati in tabel- la 3, hanno mostrato che Tindividuo 5859/14 (1), al quale non era stato possibile attribuire precedentemente il sesso su base morfologica, risulta essere femmina.

Per l’individuo 5859/15 (2) l’indagine molecolare conferma pienamente attribuzio- ne su base morfologica, l’unica ben definita sin dalTinizio. Le prove effettuate per Tindividuo 5859/16 (4) hanno evidenziato un profilo femminile. Per Tindividuo 5859/17 (3) infine il risultato molecolare non è in accordo con quello morfologico, in quanto supporta Tipotesi che si tratti di un maschio.

Sequenze mitocondriali

1 6 1 2 6

1 6 1 9 3

1 6 2 2 8

1 6 2 2 9

1 6 2 7 8

ANDERSON T C C T C

5859-14 (1) C T T C T

5859-15 (2) C T T C T

5859-16 (4) C T T C T

5859-17 (3)

tab. 4 - Profili allelici della HVR-I dei quattro individui. Sono evidenziate le posizioni in cui le se- quenze dei campioni analizzati differiscono da quella di riferimento ‘CRS’ di Anderson21. Le posizioni

indicate con ’ sono identiche a quella di riferimento.

21 An d e r s o n 1981.

22 Ca r a me l l i 2001.

L’analisi del DNA mitocondriale evidenzia, tabella 4, che tre individui 5859/14 (1), 5859/15 (2), e 5859/16 (4) condividono la medesima sequenza del- THVR-I, il che avvalora Tipotesi che possano essere stati legati da relazioni di pa- rentela in linea materna. E interessante notare che tale sequenza non compare in nessun altro individuo tra i 30 soggetti sottoposti alla medesima analisi, che pro- vengono da diverse necropoli etrusche22. L’individuo 5859/17 (3) presenta invece una sequenza diversa dalle altre tre.

Co n c l u s io n i e pr o s pe t t iv e

Grazie alle analisi chimiche è stato possibile appurare che i campioni in esame presentavano i prerequisiti necessari per lo studio del DNA antico. Alla valutazio-

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ne del tasso di racemizzazione degli aminoacidi è stata affiancata la TGA per otte- nere un quadro più ampio sullo stato di conservazione del materiale organico pre- sente all’interno del campione da esaminare.

La determinazione del sesso ottenuta per via molecolare fornisce spunti per utili riflessioni.

In primo luogo è stato possibile determinare come femminile il sesso dell’indi- viduo subadulto 5859/14 (1), andando oltre i limiti imposti all’indagine morfologi- ca. Il risultato molecolare inoltre concorda pienamente con l’unica attribuzione ben definita sin dall’inizio su basi morfologiche, quella maschile dell’individuo 5859/15 (2). Il sesso dell’individuo 5859/16 (4), di particolare importanza per l’in- terpretazione del contesto, risulta essere femminile. L’individuo 5859/17 (3) infi- ne, a differenza di quanto precedentemente sostenuto in base agli studi morfologi- ci, risulta essere maschio.

Da questa ricerca emerge dunque che l’approccio molecolare può fornire un utile contributo chiarificatore agli studi di contesti funerari. In particolare è facil- mente dimostrabile come le tradizionali attribuzioni del sesso sulla base delle sole evidenze archeologiche, per quei casi in cui la determinazione morfologica risulti incerta, possano indurre in più di un caso a conclusioni non rispondenti alla real- tà. Specialmente in mancanza di dati epigrafici chiaramente riferibili al defunto si è costretti infatti a basarsi esclusivamente sullo studio del corredo, partendo dal presupposto che determinati oggetti siano di pertinenza esclusiva (o prevalente) di uno dei due sessi. Tuttavia da più parti si è cercato, anche in anni recenti, di por- tare l’attenzione su come non sempre sia corretto procedere ad attribuzioni certe di contesti tombali a individui di sesso femminile o maschile, sulla scorta dei soli reperti presenti nel corredo23 24. E questo ad esempio il caso di oggetti quali lo spec- chio e lo strigile. E una consuetudine piuttosto ben attestata sostenere che lo spec- chio, oggetto strettamente connesso con la bellezza e la cura del corpo, sia in con- testi tombali attributo femminile, mentre lo striglie viene generalmente considera- to di pertinenza maschile. Tuttavia, soprattutto nel corso degli ultimi decenni, si è posto fortemente l’accento da più parti sulla diffusa presenza di strigili in contesti femminili e di specchi in corredi maschili2·*. In base a quanto appena detto è quin- di evidente che tale tipo di attribuzione può solo essere considerato orientativo, ma non dirimente, nel momento in cui le analisi sui resti ossei giungano a conclu-

23 Si veda, a titolodi esempio,l’interessante ‘riflessione diCherici, proposta inAppendice al suo intervento suicorredi con armi delle necropoli orvietane eincentrata su oggetti comunemente considerati attributi femminili, le fuseruole, e altri ritenuti tipicamente maschili, le armi (Ch e r ic i

1999,pp.209-211).

24 Th u il l ie r 1989,p.340sg.; Ca s s ima t is 1991,p. 194 sg. per lapresenza di specchio estrigile nellambitodiunasepoltura maschile;Ma s s a Pa ir a u l t 1991, p. 201 sgg. per unospogliodeicontesti femminili nell’ambito della penisola italiana,nei quali sono presenti strigili; Jo l iv e t 1995, p. 446 e no- ta 2.Daultimosi veda anche Co l iv ic c h ic.s.

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sioni incerte. D’altra parte proprio la tomba 5859 fornisce un’ulteriore conferma a questa affermazione: ai piedi dell’individuo 5859/17 (3) - identificato come ma- schio - sono stati infatti rinvenuti sia uno specchio, sia uno striglie25. Inoltre ai lati del cranio dell’individuo 5859/16 (4) - identificato come femmina - sono stati sì rinvenuti due anellini in bronzo identificati come orecchini, seppur di semplice fattura, ma nel corredo è presente anche uno striglie26. Inoltre, stando ai dati resi pubblici in anni recenti dalla Cavagnaro Vanoni, un’ulteriore interessante confer- ma dell’attribuzione non univoca di certi elementi di corredo sembra riscontrabile ancora una volta proprio nell’ambito della necropoli dei Monterozzi - loc. Calva- rio. Si tratta della tomba 595727. Infatti la studiosa, rifacendosi alle analisi condot- te dal Mallegni28, riconosce come certamente maschile la deposizione 1, sulla ban- china di sinistra, caratterizzata, tra gli altri elementi di corredo, dalla presenza di due orecchini in bronzo «uno trovato nei pressi dell’omero, il secondo presso il te- schio»29 * * *. Proprio in questo contesto l’applicazione delle indagini molecolari ha di- mostrato la propria utilità confermando il sesso maschile di entrambi gli individui rinvenuti in tale tomba50. Anche in questo caso siamo di fronte a un ornamento generalmente riconosciuto come femminile, come testimonia anche l’affermazione della Cavagnaro Vanoni nell’ambito della pubblicazione del contesto in questione:

«Resta il problema degli orecchini, normalmente considerati ornamento muliebre, qui pertinenti a un individuo certamente di sesso maschile»51.

25 Ca v a g n a r o Va n o n i 1977. Rispettivamente lo specchio è p. 190, n. 19, e lo striglie è p. 187, n.

11. Si veda anche fig. 1 di questo contributo.

26 Ca v a g n a r o Va n o n i 1977. Rispettivamente gli orecchini sono i nn. 43, 44, p. 194 e lo striglie è p. 193, n. 33, Si veda anche fig. 1 di questo contributo.

27 Ca v a g n a r o Va n o n i 1996, pp. 319-324.

28 Ma l l e g n i 1979, p. 191, tabella 1.

29 Ca v a g n a r o Va n o n i 1996, p. 321. Il fatto che gli orecchini appaiano non strettamente in ‘po- sizione d’uso’ in questo caso ci sembra possa essere stato causato dallo spostamento, con ogni proba- bilità accidentale, che anche alcune delle ossa hanno subito. Gli orecchini in questione corrispondono ai nn. inv. 5 e 6 (Ca v a g n a r o Va n o n i 1996, p. 324 e fig. 103).

50 Ca r b o n e l l I Sa l a 1999, fig. 9, p. 117 sg.

51 Ca v a g n a r o Va n o n i 1996, p. 321. La studiosa prosegue ricordando come un caso simile fosse stato riscontrato nell’ambito della tb. 5859. Tuttavia, a seguito dei risultati esposti in questo studio, bisogna correggere tale lettura, essendo stato identificato l’individuo 5859/16 (4) come una donna.

52 Ca v a g n a r o Va n o n i 1977, p. 194.

Invece, sul versante della possibilità di stabilire l’esistenza di relazioni di pa- rentela tra gli occupanti della tomba a camera, dall’analisi mitocondriale appare che gli individui 5859/14 (1), 5859/15 (2) e 5859/16 (4), possono essere legati da relazioni in linea materna. Non essendo possibile “apprezzare la differenza cro- nologica fra una deposizione e l’altra, in particolare fra le deposizioni 3 e 4, es- sendo le altre due praticamente prive di corredo”52, si può comunque ipotizzare

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che i diversi individui appartenessero alla stessa generazione o a generazioni prossime33.

33 L’analisi deimaterialicomponenti i corredisuggerisceinfattiuna datazione dell’intero com- plesso tra la finedel IV e laprima metàdel III sec. a.C. (Ca v a g n a r o Va n o n i 1977,p. 194sg.).

34 Ca v a g n a r o Va n o n i 1977,p. 186.

35 Sequestainterpretazionecoglienelsegno,bisognerebbe modificare ulteriormentel’interpre- tazione propostadallaCavagnaro Vanoni, laquale sosteneva che «potrebbe trattarsidi una coppia di sposi (deposizioni 3 e4), di un loro figlio morto ragazzo (dep. 1)edi una quartapersona (dep. 2) le- gato'loro da vincoli particolari ma non al loro stesso livello,data l’assoluta mancanza di corredo» (Ca-

v a g n a r o Va n o n i1977,p. 186).

36 Imarcatoriin questione, caratterizzati daun piùaltopotererisolutore,sonoquelli comune- mente studiati nelle indagini medico-legali per lindividiazione di relazioni di parentela o nei casi di ri- conoscimento individuale.La possibilità di studiare con successo questi marcatori in campioni antichi è ancora controversa, inquantol’analisi diqueste porzionidigenoma può essereinficiatadaunde- gradoancheminimodelcampione.Èopportuno quindivalutare con cautela lariprodicibilitàdeiri- sultati ottenuti.Peraltro un utilizzo,anche se limitato,dei microsatelliti in studi su campioni antichi è già statosperimentatoin passato, conrisultatisoddisfacenti (Gil l et al. 1994; Ge r s t e n b e r g e r et al.

1999).

L’insieme dei dati presentati in questa sede, basati su risultati sperimentali, permette di sostenere, come per altro asserito già dalla Cavagnaro Vanoni, seppu- re scambiando i ruoli tra 5859/16 (4), ritenuto dalla studiosa un uomo e 5859/17 (3), identificato come donna34, che ci troviamo di fronte a una sepoltura a caratte- re familiare, i cui occupanti potrebbero costituire un singolo nucleo, composto dai genitori 5859/16 (4) - la madre - e 5859/17 (3) - il padre - e figli 5859/14 (1), 5859/15 (2)35. A rigore, l’analisi mitocondriale non consente di formulare ipotesi in merito alle relazioni dell’individuo 5859/17 (3) nei confronti degli altri occu- panti della sepoltura. In questo caso l’analisi di un altro tipo di marcatore geneti- co, i cosiddetti microsatelliti o ‘short tandem repeats’ (STR)36 sarebbe stata parti- colarmente utile a evidenziare possibili relazioni di parentela. L’indagine su tali marcatori è stata effettuata, ma i risultati non sono stati tenuti in considerazione nella formulazione delle conclusioni in quanto non riproducibili. Un approccio co- me quello proposto in questo lavoro potrebbe apportare interessanti contributi nel campo degli studi archeologici: infatti un riesame quanto più ampio e sistematico possibile dei contesti, alla luce dei progressi delle conoscenze acquisite, potrebbe portare a una revisione e a una rilettura di tutta una serie di convinzioni, divenute tali a seguito della consuetudine interpretativa.

Specialmente la possibilità di poter risalire a legami di parentela tra i compo- nenti di una necropoli permetterebbe di giungere a stilare interessanti quadri d’in- sieme di una comunità, dandoci la possibilità di allargare quindi le nostre cono- scenze anche in merito all’organizzazione della società presa in esame.

Infine, dal punto di vista metodologico, bisogna sottolineare che, per garanti- re quanto più possibile l’affidabilità dei risultati, devono essere attuate le misure

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274 E. Cappellini-Μ. C. Biella-B. Chiarelli-D. Caramelli

necessarie a evitare la contaminazione dei campioni in ogni fase operativa: dal re- cupero in sede di cantiere di scavo, alla conservazione, alla manipolazione in labo- ratorio, verificando sia i requisiti del campione sia gli standard operativi.

Fondamentale appare dunque la necessità di un approccio interdisciplinare, basato sulla stretta collaborazione tra archeologi e antropologi, quando possibile, sin dalla fase di recupero dei materiali ossei, seguita dalla condivisione e dal con- fronto dei risultati ottenuti tramite i diversi approcci (quello archeologico, quello antropologico classico e quello biomolecolare).

En r ic o Ca ppe l l in i - Ma r ia Cr is t in a Bie l l a

Br u n e t t o Ch ia r e l l i - Da v id Ca r a me l l i

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