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Biblioteca digitale sella Società Ligure di Storia Patria

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(1)

A T T I D E L L A R . D EPU TA ZIO N E DI STORIA PATRIA PER LA LIGURIA ( N u o v a S e r ie d eg li A tti d ella Società Ligure di Storia Patria)

V O L U M E V ( L X I X D ELLA RACCOLTA)

EUGENIO DALLEGGIO D’ALESSIO

LE PIETRE SEPOLCRALI DI ARAB GIAMI

(A ntica Chiesa di S. Paolo a Galata)

G E N O V A

K E L L A SEDE DELLA R. DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER LA LIGURIA PALAZZO ROSSO

M C M X L I I - X X

(2)
(3)

ATTI DELLA il DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER LA LIGURIA (Nuova Serie degli A tti della S ocietà Ligure di Storia Patria)

VOLUM E V (LX1X D E L L A RACCOLTA)

EUGENIO DALLEGGIO D’ALESSIO

LE PIETRE SEPOLCRALI DI ARAB GIAMI

(Antica Chiesa di S. Paolo a Calata)

G E N O V A

SELLA SEDE DELLA li. DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA I*EK LA IJDGUKCA

PALAZZO ROSSO

M C M X L II-X X

(4)

Sc u o l a Tip o g r a f ic a Don Bosc o - Gknova-Sam piku d ak kn a 1042-XX

(5)

A nome della li. Deputazione di Storia P a tria per la Liguria sono lieto di esprimere la p iù viva gratitudine aW’Eccellenza Prof.

R o b e r t o P a r e b e n i ,

Accademico d’Italia, che ha procurato a questa pubblicazione Vappoggio morale e finanziario della Reale Accademia d ’Italia e della Direzione delle Missioni Scientifiche Italiane in Levante e ne ha sorvegliato con amorosa cura la stampa.

J1

Presidente

M . M o r e s c o

(6)

*3

Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012

(7)

IL CONVENTO E LA CHIESA

DEI SANTI PAOLO E DOMENICO A GALATA

In mezzo al popoloso quartiere d ’Azab-Kapu, com presa nei lim iti dell’antica città genovese si trova Arab-Giam ì (1) la più

(1) Secondo una tradizione riportata dagli scrittori orientali la m osch ea di Arab-Giamì sarebbe stata fondata nell’anno 97 della Egira (A n n o 717) d a ll’Em iro Moslem Generale del Califfo Omiade-Ualid-Ibn-Abdul-M élik d urante l’a ssed io di Costantinopoli da parte degli Arabi (cfr. K a u a C é l é b i Z a d é e H a g i C a l f a . II.

p. .‘51; IVO sson, Tableau (renerai de l ’Empi re Ottoman, t. II. p. 482; H AM MER, Hi Ht. de V Empire Ottoman, t. X V III. B e l i n , Hist. de la L a tin ité de

{'ontitantinople 2C Ed. 185)4, p. 215. CARBOGNANO, Descrizione topografica dello

stato presente di Costantinopoli, Bassano 1758. p. 53). PASPATI, S tu d i bizantini (in greco) Costantinopoli 1877 p. 220, pensa che si tratti di una ch iesa greca occupata più tarili dai Latini. G iustam ente lo E b e r s o l d , Mission archéologique de Constantinople. 1920 (Paris 1921, p. 39 n. 2), scrive: « la tradition su iv a n t laquelle celte mosquée a été bâtie par l’émir Moslein dans la 97m e an n ée de l'égire doit être réléguée au nombre des légendes ». L’iscrizione m etrica incisa su una lastra di marmo incastrata nel muro destro della n av ata, e ch e rac­

conta la storia della erezione di questa moschea da parte d egli A rabi, non ha valore alcuno, perchè è stata scritta a Costantinopoli nel 1222 d ell’h égira (1807) dal capo dei cantori e scrivano A li, dopo i grandi lavori di riparazione fatti eseguire dalla sultana Saliha. Questo com ponim ento poetico si trova per in ­ iero nel Kadikat (pp. 31-33). Noi sappiamo da Théophanes (Chronograpliia, éd.

C. de Boor. Leipzig 1883, p. 395-396) che l’assedio di C ostantinopoli da parte degli Arabi durò un po’ più di un anno cf. U s p k n s k y - istoria d e l l ’impero bi­

zantino (in russo) Leningrad 1927, I. II. p. 10 e VASSILIEY (H ist. de VEmp.

byzantin. Paris 1932. t. I. p. 313. È diflìcile pertanto am m ettere, che in così breve tempo gli assediati abbiano potuto elevare 1111 editicio sp ecialm en te con il rigoroso inverno che imperversò in quell’anno, con le privazioni ch e d o vette sopportar l’esercito arabo; tu tfa l più durante il tempo che essi dim oravano a Calala poterono trasformare in moschea una qualche chiesa b iza n tin a . Tra gli autori che ricordano la moschea di Arab-Giamì citerem o ancora: T o u r k e f o r t .

(8)

s — ___________________

grande e la p iù bella m oschea di Galata (1). Essa era conosciuta altre v o lte so tto il nom e di chiesa dei SS. Dom enico e Paolo, e ap p a rten ev a ai Frati Predicatori che tra gii anni 1225-1228, eressero in C ostantinopoli un Convento (2). È possibile, che questa C hiesa sia sta ta d ed icata da principio a S. Paolo, più. tardi fu a g giu n to il nom e di S. D om enico, e questo in seguito ebbe a prevalere; tu tta v ia a partire dal Secolo XVI ritroviamo di nuovo la C hiesa so tto l’unica denom inazione di S. Paolo. D ’altra parte il fa tto che i più antichi docum enti designano il Convento Dom e­

nicano com e esisten te a Costantinopoli, può far domandare, se non si tra tta in essi della città stessa di Bisanzio, dove forse sarebbe sta to fondato il primo convento domenicano: non essendo in fa tti d esig n a ta la località di Pèra-Galata, si potrebbe avanzare questa ipotesi.

Il fondatore del primo convento dom enicano è probabilmente il B eato F rate Giacomo H uronius di Milano. Per lo meno questi nel 1219 si recò in Oriente (3) avendo per compagno frate Angelo de B a silica P etri, e fondò la Missione Domenicana di Grecia la

Voyage du Levant. A m sterdam 1 7 1 8 . t. 1 p. 7; De s i m o n i, I Genovesi ed i loro quartieri in Costantinopoli nel sec. X I I I . Estratto dal Giornale ligustico a im o I I I , p p . 262 265, 2 7 0 2 7 2 . Ha s l u k, Tlie Mosque o f thè Arabs in Constali- tinopie ili A n n u a l o f thè Uritish School at Athens X X II. X X III p. 157.

1) G u k l i t t iu Baule unst Con stanti nopels, 1907 tav. II. dà una pianta della m oschea e una sezion e trasversale come pin e la pianta del Portico ohe si apre so tto il cam p an ile. G j e l a l E s s a d-E ski Galata - in turco - Stamboul 1321) de l’h. - riproduce l’esterno della moschea, la sezione trasversale e una veduta della fa ccia ta principale d ell’edificio, pag. 49-50. A ggiunge anche una veduta fotografica d e ll’esterno del m onum ento e del passaggio eli** si apre sotto il cam pan ile. E bersold (o. c.) dà la stessa veduta esterna della moschea, un af­

fresco scoperto sul muro dell’abside principale e il disegno di dieci plutei b iza n tin i trovasi nel Santuario Tav. X X III, X X IV e X X X \- X X X I X .

2l Con una bolla d el 29 agosto 1407, Gregorio X II concede delle indul­

gen ze alla ch iesa dei Frati Predicatori di Péra che chiama Ecclesia Sancti D om inici (B ullarium Ordinis Praedicatorum Ed. Th. Bipoli. Boina 1730. t. II.

]>. 483) B e l g r a d o , Doc., pp. 153, 215, 376.

3) Le o n a r d o Al b e r t i. De viris illustribus. Bologna L“>I7. Iil>. \ . toi.

185 r.; Pi e, Delle vite degli uomini illustri di >S. Domenico 2a parte Pavia 1613, col. 213. La tradizione vede in S. Giaciuto il fondatore del convento g a la tio ta , ma n ulla conferm a questo dato,

Ï 0

(9)

— i)

cui costituzione giuridica rim onta al 1228 (1). A q u esta m ission e sembra debba essere attribuito il convento co sta n tin o p o lita n o . Giacomo Iluronius infatti è il più antico dom enicano che p ossiam o incontrare a Costantinopoli. Delegato nel 1235 con P ierre de Se- zanne per l’affare della Santa Spina, nell’atto che lo d eleg a presso l’imperatore latino, è designato come antico priore del co n v en to domenicano (2). Egli morì nell’isola di Candia nel 1244 (3). Si può stabilire, che al momento del capitolo generale del 1 2 2 8 l ’Or- dine era già stanziato a Costantinopoli (4).

D ov’era dunque situato il primo convento dom enicano? Era in Bisanzio propriamente detta o a Péra che d’altra parte fa cev a già parte della città, e ne costituiva la tredicesim a regione? I fatti coincidono per collocare la casa dei Frati P red icatori in questo ultimo quartiere.

Grazie al racconto che fa Pierre de Sezanne in occasion e del suo soggiorno in questo convento sappiamo, che entro i co n fin i della proprietà dei religiosi si trovava un’antica ch iesa greca ab ­ bandonata, nella quale nel 1235 un dervisc in viato ai P ad ri P re­

dicatori dai Frati Minori loro vicini fece un ritiro di 40 giorni (5) e di poi battezzato nel giorno della conversione di S. P a o lo ricevette il nome di Paolo. Ora nel recinto di S. P a o lo tro v ia m o precisamente una chiesa greca, quella di Santa Irene p osta verso il golfo vicino al mare a circa 140 m etri dalla chiesa francescana.

E levata da Giustiniano, la consacrazione di questa ch iesa greca

(1) Acta Cupit. Generai. (Ed. Reicliert), I. 3.

(-) K ia n t, Exuviae merae ConxtantinopoUtanae. G en ève 1S77-187S. P a ris 187.1; Sa l v i, Cose della Missione (manoscritto in S. Pietro di G a lata I, p. 164).

(3) T o u r o n , Vie de Saint-Dominique. Paris 1739. - H isto ire abrégée des premiers disciples de t^aint-Dominique, pag. 556-557.

(4) M O R TIER, Histoire des Maîtres Généraux de l’Ordre des F rères P r ê ­ cheurs. Paris 1903, t. I. ]). 214.

(•>) Per A L dies in horto domus nostrae, in quadam retere Graecarum eccle­

siarum (Vitae Fratrum, IV. 24 § X III. éd. Reichert. pp. 218-220). 11 P ad re Pietro de Sezanne giunse a Costantinopoli dopo il 20 gen n aio 1234 nel m ese di aprile o maggio. E siccome il dervisc fu battezzato dopo 40 giorn i d ’istr u ­ zione nel giorno della conversione di 8. Paolo clie cade il 25 gen n a io , la co n ­ versione stessa deve porsi nel 1235.

(10)

eb b e lu ogo n el 552 (1). N e ll’atto di delim itazione di Galata del 1303 (2) si tr o v a ugualm ente m enzione del pozzo della Chiesa di S. Iren e pressò la quale era altre volte il cimitero dei Geno­

vesi. (3) L a ch iesa latin a costruita presso di quella più tardi p ro b a b ilm en te la incorporò. D i questo primo periodo della storia di S. P a o lo abbiam o una iscrizione scoperta nel monumento stes­

so, e che rim o n ta al 13 novem bre 1260 (1). Possiamo tuttavia supporre, che in seguito a ricostruzioni subite dall’antico edificio alcu n e iscrizion i più antiche possono essere sparite, come è scom­

parso l ’a n tico cim itero genovese che si trovava in questo luogo.

Il fa tto ch e alcu n e delle nostre iscrizioni sono incise sulle due facce ossia im p ieg a te una seconda volta può far supporre, che le

(1) Pr o c o p i u s, D e A edi/. P aris, p. li»; EBERSOLT, Sanctuaires de liyzance, Recherches su r Ics anciens trésors des églises de Constantinople. Paris 101'1, p. 14; Ni o e p h o r o s Ca l l i s t o s, t. V I I I , C. \ I. ed. MiGjNE, Patrologia Greca-, t. C X L Y I. p. 30; E . I ) ALLEGGIO D’ALESSIO, Nomenclature des eglises latines de Galata in Échos d*Orient, t. X X \ . 192(5. pp. 24-2I».

(2) SAULI, D e lla colonia dei Genovesi in Galata. Torino 1831, voi. 2 , pag. 209-210.

(3) P arten do d all’antico arsenale di Azab-Kapu la frontiera di b alata dei G en ovesi p a ssa a l di là della porta Harib-Kapu ancora esistente tino alla strada di Jo lg i-Z a d e, dove con una lin ea diritta si dirige verso Levante; al­

l’an golo form ato d a ll’incontro dei due confini noi abbiamo la vigna di Perdi- carios che è racch iu sa nel quartiere genovese; viene poi la chiesa di S. Teo- d ula a sin istr a , e per conseguenza fuori della concessione imperiale, mentre in v e ce in faccia a questa ch iesa e appresso alla vigna di Perdicarios si trova l’altra v ig n a del m onastero di L ipsi racchiusa in parte nel quartiere latino;

q u esta second a vigna è lim itata da un’altra detta Macropita, e dopo di essa v ie n e la C hiesa di S. Irene il cui pozzo si tro v a al confine del nuovo trac­

ciato. S eg u e u n ’altra vign a d etta del Logoteta Stratioticos, davanti alla quale p assava il co n fin e gen ovese, ma la vigna poteva esser situata fuori del quar­

tiere così lim itato; di fronte a q u est’ultim a vigna si elevava la chiesa di San G iorgio, e di fronte a questa, dentro i limiti del terreno della concessione un’altra v ig n a d ello stesso L ogoteta. Essa si estendeva fino alla estremità d ella linea di frontiera ossia a una quarantina di metri al di la della via I la n ic c i-A li, d ond e essa sboccava in mare presso Ivara-Koy. La chiesa di San G iorgio, fu sp esso identificata con quella di Santa Irene, ma come lo indica l’a tto ch e noi com m entiam o, si tratta di due edifici d i\e is i.

(4) Q uesta iscrizion e è quella che porta il nostro numero I.

t . I

Î

Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012

(11)

più antiche siano sparite (1). Nel 1315 un incendio distrusse quasi com pletam ente Péra e Galata, nell’anno seg u en te gli ed i­

fìci pubblici sono ricostruiti; (2) tra questi non è ricordato S. P a o ­ lo, figurando nella lista soltanto m onum enti che ap p arten evan o al Comune.

L’Impero latino circondato da nem ici al di fuori e m in a c­

ciato all’interno era destinato a scomparire, com e di fa tto a v v en n e nel 1261. I latini dovettero abbandonare tu tte le chiese e i m on a­

steri fondati nell’interno della città. Ignoriam o la sorte che fu riservata a quelli dei sobborghi di Galata. In ogni m odo il pos­

sesso da parte dei Genovesi del quartiere ven eziano e d ella loro chiesa di S. Maria di Costantinopoli che essi ricevettero in prem io della loro neutralità, non ebbe lunga durata. M ichele P a léologo una volta stabilito sul trono rifiutò di m antener fed e a lle sue parole, e collocò i genovesi a Eraclea di Tracia. Ciò n on dim eno nel 1263 questi ottennero di tornare e di occupare il territorio tanto desiderato. Le chiese e i m onasteri che si tro v a v a n o n el­

l'interno della concessione continuarono a v iv ere e a prosperare avendo ricevuto nuovi contingenti di nazionalità g en ovese. Il quartiere in mezzo al quale si elevava la chiesa e il co n v en to di S. Paolo, portava il nome di S. D om enico (3). Il co n v en to era amministrato da un Vicario generale, e la ch iesa era parroc­

chiale. Nel secolo XIV essa figurava com e la prim a d elle ch iese latine di Péra (4).

In questo stesso periodo un frate dom enicano, G uglielm o Bernardo di Gaillac, uomo di grande austerità e zela n te predi­

catore, partito da Roma nel 1298, era in Grecia n ell’anno segu en te, e proseguiva insieme ad altri confratelli per C ostantinopoli, o v e otteneva un luogo per abitarvi e fondarvi un m onastero. Q ueste notizie ci sono date dal Gui, il quale aggiunge che Bernardo di Gaillac insegnò il greco, e in questa lingua tradusse le opere di

(1) Le lastre di Arab-Giamì iscritte su lle due facce son o le segu en ti:

numeri ó e (i.

(12) Belgrano, 1 )oc., p. 11 (i.

(3) Belgi-ano, I)oc., p. 37(5.

(4) Ibid. j). 374.

(12)

S an T om aso, in fin e si trasferì a Pera, ove ottenne un locale per a b ita re con v en tu a lm en te con dodici frati (1). Lo scrittore Pacliy- m eres a g g iu n g e qualche ragguaglio sull’avvenim ento dicendo, che l’im peratore A ndronico Paleologo dette ai frati l ’autorizzazione d i costruire un m onastero nella capitale, e che i religiosi com­

prarono un terreno presso l’agora, e vi costruirono la loro casa.

P erò i frati avevan o m olti nem ici, e tra essi vi era il patriarca A tan asio che riuscì ad ottenere dall’im peratore l’espulsione dei fra ti predicatori. Ciò avven n e nel 1307.

Il co n v en to fu dem olito; gli oggetti dei religiosi furono tra­

sp ortati nella chiesa di San Pietro dei Pisani, e malgrado le pro­

te ste dei frati il terreno fu donato all’ammiraglio della Cotta. I religiosi si rifugiarono a Pera (Galata) (2), e frate Guglielmo Bernardo de G aillac riparò nel già esistente convento galatiota ch e prosperò in seguito, e divenne celebre in tutto l’Oriente. La v e n u ta a Pera del frate Guglielmo Bernardo coincide con la allora recen tissim a fondazione dei frati peregrinanti per il Cristo.

Q uesta congregazione, form ata per i paesi d’Oriente, si stabilì

(1) Be r n a r d o Giti, H istoria fundationis conventuum O. P. Tolosanae pro­

vinciae; Ma r t e n e Du r a n d, V eter. Script, amplissima collect.; VI. <••>]. 509-510;

K. Lo e n e r t z. Les Missions dominicaines en Orient au A I 1 " siècle et la Société des F rères Pérégrinants pour le Christ, n ell’Archivum Fratrum Praedicatorum. II.

193 2 , pp. 7 e 66. - cfr. anche Échos d ’Orient, t. X X X V , 1936 pp. 84-86, (2) G heorgh ios Pachym ères ed. B onn II p. 563 segg.

(13)

— 13

al principio di quest’epoca nel monastero g a latiota che ebbe così nuova vita.

Dagli inizi del secolo XIV la chiesa di San D o m en ico d iv ien e una delle chiese più importanti della città genovese. I d ocu m en ti della cancelleria del podestà la qualificano anzi com e la prim a fra- tutte. In occasione delle principali feste d ell’anno il com une com ­ piva una distribuzione di elem osine, nelle quali San D o m en ico figurava per un iperpero d’oro (1).

Durante questo secolo il vicario generale d ell’ordine dei frati predicatori era incaricato dall’am m inistrazione delle ch iese di San Michele e Sant Antonio di Pera (2), le quali erano anche officiate dai Domenicani.

Nel 1347 Giovanni da Fiorenza, Vescovo di Tiflis, m oriva in Pera ed era sepolto in San Dom enico e Paolo. La pietra sepolcrale che ricoprì le sue spoglie, ritrovata nel santuario, è oggi n ella collezion e del Museo. Essa è ornata dell’im m agine del vescovo riv estito dei suoi paramenti sacerdotali (3).

(1) Be l g r a n o, Documenti, pp. 153, 215 e 370.

(2) Per queste due chiese ved. DALLEGGIO, Nomenclatures des églises latines de Constant inopie. Il Les anciennes églises de (lalata in Échos d ’Orient, t. X X V . 1926, ]>. 31.

(3ì Ved. in seg. pag. 53.

(14)

F rate Baldassarre Yezio, o Y ezetti, nominato sostituto del vica­

rio generale Tom aso di Gubbio, è confermato nella carica di am­

m in istratore d elle due chiese di San Michele e S ant’Antonio con gli stessi a ttrib u ti, gli em olum enti e le rendite casuali (1). Nel 1410 è ricordato un frate Lodovico Luxardo che sembra essere il par­

roco dei SS. D om enico e Paolo (2).

II.

D e s c r i z i o n e d e l C o n v e n t o e d e lla C h ie sa .

Il co n v en to e la chiesa dei Santi Paolo e Domenico occupa­

va n o un assai vasto spazio di terreno. Esso si estendeva: a nord, verso le m ura di terra ovvero a ll’angolo delle attuali vie Yanik ed H ezarène, d ove a cavallo di quest’ultima si apriva nel muro di cin ta una porta, Y anik K apu (la porta incendiata) ricordata

(1) B e l g r a n o , D o c u m e n ti, pp. 215 e 220. L o e n e r t z , 1. c., pag. 55.

(2) B e l g r a n o , D o c u m e n ti, p. 370.

(15)

— ir»

anche da Lubenau (1). Verso nord-est la proprietà d ei D o m en ica n i era delim itata dall’opera di difesa quadrilaterale ch e c h iu d e v a il monastero da questa parte. Esso era circoscritto a S u d d a lla via Dogru, e ad est dal Kutu-Tehikmasi (il vicolo K u tu ). In q u esto vasto rettangolo, tracciato in modo approssim ativo, vi era a nord

il cortile del monastero con una porta vicino a q u ella di Y anik- Kapu. Poi veniva la chiesa, alla quale seguiva un altro co rtile. Il porticato dietro la chiesa comunicava col convento che si in n a lza v a parallelo alla chiesa. Un piccolo edificio dell’epoca b iza n tin a ornato di colonne di marmo e di capitelli corinzi, esiste ancor oggi, di fron te alla moschea; pare sia un avanzo dell’antico m on astero che

(l) W . Su AM, Kesclireiibwug Aer Reisen des Reinhold Lubenau in Mittcihiu- geìi itus der StodtMbUothelì. su Konigsberg, 1!)14. p. 211-212. In un a n tico piano della proprietà domenicana di San Pietro a Galata, conservato n eg li arch iv i di q u e­

sto convento, si trova il muro di cinta con questa porta.

(16)

era in quel lu ogo. P iù in basso v ’erano un terzo cortile ed altre costru zion i annesse. Il portico, che noi abbiamo segnalato dietro la ch iesa, era sostenuto da pilastri costituenti una loggia a tre arcate, ora m urata. Essa era ornata di iscrizioni e di stemmi; (un ar­

c h iv o lto di stile bizantino, le cui armi sono: un leone rampante, è ancora sul posto) (1) e di affreschi raffiguranti dei Santi, di cui si può v ed ere qualche traccia sull’antico intonaco. Le tre absidi d ella ch iesa finivano con un muro diritto, conti ai iamente agli edi“

(1) La su a som iglianza con quello di Kahriyc-Oiami lo fa attribuire al X R secolo, (cfr. C. G u b l i t t , op. cit., p. 41).

(17)

fìci bizantini nei quali le absidi, semi-circolari, sono tra ccia te spor­

genti dalla navata centrale (1).

L ’interno del santuario misurava m. 47,20 di lunghezza*

su m. 14,08 di larghezza. Ma la Sultana Saliha nel .1734-1735 ingrandì la moschea, come noi vedremo più avanti, dan d ole q uelle proporzioni ch’essa ha attualm ente. La chiesa la tin a si co m p o ­ neva di una navata con abside centrale e di due p iccole absidi la te ­ rali. L’entrata principale di questa chiesa era riv o lta ad occid en te.

Tuttavia si poteva accedere al temjjio per un’altra porta ajjerta nella facciata a sud. I suoi muri erano ricoperti di affreschi sino alle vetrate delle ogive (2). Dietro a ll’abside di sinistra v i era la sacristia, e, vicino a questa, la cappella della M adonna (Capella Beatae Virginis Mariae) (3), alla quale si accedeva d a ll’in terno d ella chiesa ed anche da una porta che si apriva sul cortile. In que­

sta cappella si trovava, fra l’altro, la tom ba che A n ton io de Via aveva fatto costruire per sé e per i suoi (4). D ’altra parte,

(1) E assai difficile poter precisare il genere di edificio b izan tin o che sorgeva sull’area di questa chiesa, come pure la prim itiva d estin azione del p orticato che si inizia dietro l’abside, e che sostiene il cam panile. Q uanto a ll’edificio a t­

tuale diremo, che l’apparecchio del muro della facciata sud è form ato per m età della sua altezza da tre file di mattoni alternate a due di pietra. La parte superiore di questo muro è formata da due file di m attoni e u n a di p ietra, fin dove s’inizia il secondo piano di finestre, sorm ontate da un’o g iv a in is tile gotico.

Eb e r s o l d, (op. cit. tav. X X X IV , p. 40) parlando di un affresco scop erto su l m uro dell’abside, pone in base a questo la fondazione latina sulle rovin e di u n a ch iesa bizantina. Tuttavia potrebbe darsi con m olta probabilità, ch e q u esti affre­

schi fossero stati dipinti all’epoca dei L atini; poiché le o g iv e g o tich e, son o ancli’esse ricoperte di affreschi, come diremo più avanti. I L atini facevan o grande uso dell’affrescò di tipo bizantino nelle loro chiese, con la differenza ch e le iscrizion i erano in lingua latina.

(2) In occasione dell’ultimo restauro dell’edificio noi abbiamo v isto u n affresco sulla crociera dell’ogiva del fronte della cupola di destra. T raccie erano v isib ili sopra l’invetriata dell’ogiva vicina.

(3) B e l g r a n o , Doc., p. 376.

(4) Questo importante personaggio, la cui pietra sepolcrale n on figura nella collezione del Museo, era nel 1387 notaio e vicario della Curia del P od està . Nel 1300 fu nominato ambasciatore di Genova presso l’im p eratore. N e l 1403 noi lo -ritroviamo in qualità di Sindaco del Comune. (Cfr. B e l g r a n o , Doc. p. 151, 160 e :??(•; X. Io EGA, Notes et Extraits- nella R e m e d e V Orient L a tin , t. IV , 1806, p. 00). Xoi abbiamo erroneamente attribuito questa tom ba alla ch iesa di

(18)

tom b e, e si sep p ellivan o in fosse com uni i resti che si trovavano

San M ichele (Cfr. Échos d ’Orient, t. X X X I . 1932, p. 203). In quest’ultima. chiesa f u red atto il testam en to di A n ton io de V ia il 25 Settembre 1410, Be l g r a n o

o p . c i t . , p . 370).

(19)

1!»

in quelle, ponendo delle lapidi com m em orative sui m uri sia a ll’in ­ terno sia all’esterno del santuario (1).

Nel convento stesso si trovava un’altra cappella, q u ella di San

(1) Lo stesso si può dire per la vicina chiesa di San F ran cesco. (Cfr. R e la ­ tione, p. 50) ove è detto: « Quello finalmente elie di. notabile si ritrova in questa chiesa sono gli antichi monumenti, quali fin h om sono rimasti, de' quali non solo è piena la chiesa, ma anche il primo claustro, e perchè sono in gran numero, sola­

mente ne. ho scielto quali si può cavare qualche memoria e p i ù , ad litteram g l’ho riportati secondo l’ordine del tempo per soddisfattione del lettore ».

(20)

N ico la , fo n d a ta da P etru s de Persio o da uno dei suoi antenati. Nel 1441 i fra ti D o m en ica n i non si occupavano del servizio religioso di q u esta ca p p ella , e perciò gli Spinola trovandosi a Costantinopoli s’in ca rica n o di p rovved ervi. La sostituzione degli stemmi ( di Ile in seg n e d ei Persio con quelli degli Spinola, avvenuta sull i difìt io in seg u ito a qu esti fa tti, dà luogo ad una protesta di Gabriele de P ersio, e ad essa il V icario patriarcale dà giudizio favorevole.

I D o m e n ic a n i p rotestano, e si rivolgono al Papa, il quale incarica l ’A rciv esco v o di M itilene di rivedere il processo (1).

Il ca m p a n ile della chiesa, di stile italiano, aveva la sua som­

m ità tra fo ra ta da arcate sostenute da piccole colonne in marmo oggi m u rate. L ’interno di questo cam panile presenta una notevole a ccu ra tezza di esecuzione. Si sale alla cella campanai ia pei mezzo di u n a scala in legno (^).

III.

C onquista di C ostantinopoli da parte dei Turchi - Trasformazione di San P aolo in Moschea eoi nom e di Arab-Giami. I Religioni Dome­

nicani si ritirano a San Pietro

A l m om en to della conquista di Costantinopoli da parte di Mao­

m e tto II, i L atini stab iliti a Galata ottennero dal nuovo Impera­

tore il p riv ileg io di costituirsi in comunità, secondo il costume d e ll’ep oca, e di conservare le loro chiese ed i loro beni. Il testo della

(1) E u g en io IV ordina al V escovo di Chio di giudicare in appello una cau sa d ib a ttu ta dinanzi a N icola Moynet, Vicario patriarcale di Costantino- p o li, dai D om en ican i di Pera e da Gabriele de Persio. (Archivi 1 aticam, Reg.

L at. 3 8 4 fol. 111-112). N oi dobbiamo la conoscenza di questo documento a R . P . L oen ertz O. P . al quale esso è stato segnalato dal suo sapiente confratello, il R. P . L oren zo, cui noi dobbiamo i più vivi ringraziam enti per averci reso noto q u e sto d ocum ento che m ette in luce l’esistenza della Cappella di San N ico la n el co n v en to di San Dom enico.

(2) La su a architettura è perfettam ente uguale a quella del campanile del co n v e n to D om enicano di Cliieri in Piem onte vinchi dalla quale dipendono o<r<ri i R e lig io si Dom enicani residenti in Turch.

(21)

capitolazioneprevedeva l’interdizione di suonare le cam p an e e di rico­

struire quelle chiese che fossero cadute in rovina (1).

Conformandosi a questa imperiale costituzione, i D om en ican i, come pure i Benedettini ed i Francescani loro vicini, continuarono ad abitare i loro conventi ed a celebrare nelle loro chiese. A l di fuori intanto la guerra continuava. Genova aveva nel bacino del Mar Nero altri importanti possedimenti che non p o tev a n o sfuggire alla preponderanza militare dei Turchi. Per tal m o tiv o Caffa, in Crimea, cadde in potere del generale A hm et Jedih P a scià nel 1475, e la sua popolazione venne trapiantata nella n u ova ca p ita le.

E in quell’anno stesso noi vediam o, che la chiesa di San P aolo a Galata viene anch’essa trasformata in moschea, sotto il nom e di Arab-Giami (La moschea degli Arabi) (2).

Gli avvenim enti che cagionarono ai D om enicani la p erdita della chiesa e del convento ci sono ignoti. È probabile, che la con ­ fisca si debba ai Mori, i quali, cacciati dalla Spagna, m ostrarono sin dal loro arrivo un forte spirito di rivincita ed una in cessan te cu p id i­

gia. Pare che già prima della loro cacciata essi si rifugi*ssero in folti gruppi, e si stabilissero a Galata. Ma dopo la presa di C ostan­

tinopoli incominciarono ad affluire in massa nella città , ed una volta stabiliti a Galata, essi provocarono la trasform azione di questa chiesa in moschea (3). Cosa certa è, che i F ra ti P r e ­

_ _ _______ _________________________________________________________ — 21

fi) Per questa capitolazione, vedi: Ha m m e b, istoria à elP I m p . Ott.. t. II.

p. 523; San<u IMCTTI, Xuora serie di documenti sulle relazioni di Genova con l ’impero bizantino. Atti dello Soc. Lig. di Storia Patria, G enova, 1 Sì)7. pag. 50 0 e seg.; Mic’HLOkich et Mc l l e iì. Acta, t. 111. pp. 2S7-2S8; X . Io r g a, Le p r i v i ­ lège de Mahomet IT pour In riile de 1‘era (1 (Ungilo 1453) in A cadém ie Romane, bulletin de lo Section Historique, X. 1. 1 Gennaio 11114, pag. 11 e seg .

(2) TalisiN <)z., Z\vei Stiftìingsurl'unden d es Sultans Mchmct I I Fatili, in Istanbulcr Mittcilungen rom Archiilog. Istituì des Deutaclien Reiches. h e fl. 4.

1935, p. XI.

(3) Non appena Maometto II fu padrone della grande c ittà , si occupò del ripopolamento della sua capitale. Ala vent’anni dopo q u esto problem a non era ancora definitivamente risolto. Nella capitale doveva esservi gran d e q u a n tità di mussulmani venuti dai più disparati paesi del Mediterraneo. La v o ce della favorevole accoglienza che vi s> riceveva si era estesa tino alla S p agn a, ed i Mori incominciarono a reca .«1 Istambul a piccoli gruppi, m olto tem po prima della loro espulsione in massa dalla penisola iberica. E vliya C èlebi dichiara

(22)

au torizzati a non tollerare in mezzo a loro degli infedeli... Questi abitanti, a g g iu n g e, son o per la m aggior parte dei .Mori cacciati dalla Spagna ed em igrati a G alata, IIa m m e b X II, 51-53; W. Ha sl u o e:, op. cit., pag. 102.

(23)

— 23

dicatori dovettero lasciare il loro convento e cercare

1111

asilo altrove (1). In prossimità di San Dom enico, sul pendio d ella co l­

lina ove sorge la torre genovese di Galata, vi era il co n v en to di San Pietro, già delle religiose Dom enicane e divenuto poi in seguito alla conquista mussulmana e al ritiro delle suore, proprietà d ella fa­

miglia Zaccaria (2). Raccolti dal Patrono del luogo, P ietro Zaccaria, o dal padre di lui Antonio, i Dom enicani vi si stabilirono, stringendo col Patrono una convenzione rinnovabile di dodici in dodici anni.

Questi lasciava ai Religiosi il libero uso della chiesa e del con ven to conservando per sè e per i suoi discendenti il diritto di patronato e di procura. Più tardi, il 20 aprile 1535, Angelo Zaccaria ced ev a definitivamente all’Ordine di San D om enico la chiesa, il co n v en to ed i suoi annessi, riservandosi tu tti i diritti precedentem ente sta b iliti dai suoi avi.

La prima trasformazione della vecchia chiesa di San D om en ico e Paolo data senza dubbio dalla presa di possesso della località da parte dei Turchi. Ma la storia ci ha conservato il ricordo d elle m odificazioni compiute in seguito, e in particolare negli anni 1595-3 605. P u ò darsi, che durante l’incendio che distrusse quella parte della città , al tem po del Sultano Ahmet III (1602-1603), anche Arab-Giami sia sta ta rag­

giunta lai fuoco. Tuttavia è certo, che in quest’epoca l ’edificio fu restaurato. Mezzo secolo dopo la Sultana, m oglie di M aom etto IV e madre dei Sultani Mustafà II e A hm et ITT, negli anni che in ter­

corsero fra il 1648 ed il 1687 fece demolire tu tte le case che circondavano la moschea « affinchè il luogo di preghiera non fosse macchiato dalla loro immediata vicinanza » (3). T u tta v ia , q u esti lavori non sembra abbiano recato alcun notevole cam b iam en to all’interno dell’edificio. Il Tournefort (4), che lo v isitò verso il 1700,

(1) E. I)a l l e g g io in Échos d’Orient, X X I X - 1930, pag. 407. 11 Pe r t u s i e r, Promenades pittoresques, Parigi 1815, t. 11. p. 239, racconta qualche leg g en d a sulla trasformazione di San Paolo in moschea.

(2) E . Da l l e g g i o D’ALESSIO. Les origines du courent et de Vegline de bts. Pierre et Paul a Galata, in Échos d ’Orient, t. XXI X. 1 93 0 , p. 407 e seg.

Dello stesso: Ijc couvent et Veglise des Sts. Pierre et Paul a G alata, Istam - bul, 1935, p. 9.

(3) H a m m er, (lonstantinopel und d e r B o sp h o ru s, P est, 1882» t. II. p. 84.

(4) Pi t t o n DE To u r n e f o r t, Voyage du Levant, A m sterdam . 1 71S.

(24)

p otè scrivere ch e « gli Arabi non v i hanno fatto cambiamento a lcu n o , ed i v etri e le iscrizioni sono ancora sulle porte ».

L a M oschea di Arab-G iam i fu, in ogni epoca, protetta dalle donne: a lm en o noi ved iam o parecchie Sultane prender cura della sua b u o n a con servazion e. D el resto,

11011

vi è una leggenda secondo cui l ’a cq u a m iracolosa del pozzo che si trova neH’interno del Santuario fa c ilita il parto delle donne? In seguito ad un violentissim o incendio, che nel 1731 distrusse tu tto il quartiere, la Sultana Salilia, madre di M ahm ut I, restaurò la m oschea « da cim a a fondo » (1). Essa la in gran d ì dal lato del cortile (2). Così trentaquattro anni dopo la v is ita del viaggiatore francese l’edifìcio era trasformato. 1 vetri, p ro b a b ilm en te le in vetriate di cui parla il Tournefort, sono tolte, ed a lle finestre gotiche viene sostitu ita l’ogiva araba. Così pure, dal la to d ella corte, si costruisce una grande porta in marmo di­

stile arabo; e queste trasform azioni sono per Arab-Giami come la con sacrazion e del suo nome. P iù tardi, il 14 luglio 1807 (1225 dell’e- gira), q u ella parte della m oschea ch ’era in legno fu ancora preda del fuoco. La sultana A dilé, figlia del Sultano M ahmut l i , la fece quindi riparare. A ltri restauri vennero ancora eseguiti verso il 1855. Infine un restauro generale del m onum ento, incom inciato nel 1913, si co m p ì nel 1918. Fu in occasione di questi ultim i restauri, che le p ietre sepolcrali ornanti il suolo d ell’antico santuario, e che for­

m ano l ’o g g etto di questo lavoro, videro la luce.

Il suolo p rim itivo del m onum ento, ricoperto da

1111

assito di legno e da stu oie e tappeti, rim aneva celato, conservando gelosamente

il suo segreto. Quando il ta v o la to fu tolto, ci si trovò in pre­

senza di m arm i istoriati che lastricavano la vecchia chiesa.

La D irezion e del Museo delle Antichità di Stambul, si affrettò a farli estrarre e a trasportarli nel suddetto Museo, ove essi sono oggi con servati.

(1) IIa d l k a t-u l-Ge v a m i (il giardino delle Moschee) (in turco) f. II. p. 30.

(2) Cfr. É c l m d ’Orient, (t. X X X , 1!>2(>, p. 27: iscrizione clic orna la fon­

tana p osta nel centro del cortile della Moschea, letta dal Dr.

E. Rossi,

(25)

P I E T R E S E P O L C R A L I

DI A R A l ì G l A M I

(26)

A tti dei notari:

B e lin , H istoire:

DOC.

L ibro d'O ro :

R ela tio n e :

JO RG A, N otes

G. L . I> r a t i AN U, Actes des notaires Génois de Vera et de Caffa de la fin du treizième siècle. (Accadèmie roumaine II).

B u c a rest 1927.

H istoire de la Latinité de Constanti nople p a r M. A. Belili 2e éd. préparée et considérablement accrue p a r l ’auteur. Revue, aug­

mentée ju s q u ’à notre temps p a r le R. P. Arsène de Chatel.

Avec deux plans et des gravures. P aris, 1894.

L. T. BELGRANO, Documenti riguardanti la colonia genovese di P e ra con X X I I tavole. Genova 1887.

An g e l o Al. G. Sc o r z a, Libro d ’Oro della nobiltà di Genova.

G enova 1920.

Relatione dello stato della Cristianità di Pera e Costantinopoli obbediente al Sommo Pontefice Romano. .M anoscritto della prima metà del XVI I secolo annotato e pubblicato da E. D alleggio d’A le ssio , C ostantinopoli 1925.

: Notes et E x tr a its p o u r servir à l’histoire des Croisades au X V e siècle in Revue de VOrient Latin; 1896 e seguenti.

(27)

tì(’]ìHlcrn(m) D(omi)ni Guilli- (elmi) de Candoflji et her]edu(m) suo ni (di) qui ob(i)it an(n)o D(omi)ni MC- C L X die X I I I novembris, cuius ani­

ma requiescat in pace.

Grande pietra sepolcrale rettan­

golare circondata per tre lati da una fa­

scia ove si intrecciano dei viticci con foglie stilizzate e disposte in senso contrario. La parte superiore della pietra è occupata da una iscrizione a due righe in caratteri gotici. N el­

lo spazio così circoscritto, vi è al

N. 1 - Data 12(10, 13 Novembre.

Marmo bianco, spezzato nella sua parte superiore e restaurato a cu ­ ra del Museo; l’incisione è leggermen­

te evanida; alt. m. 0,85, lungh.m . 2,51, spess. m. 0,055; esposto nella sala del Museo; jST. d’inv. 2891; fot. del Museo jST. 2782 (1).

l a riga + S E P U L C R V ^ D N I^

G V ILLI^D E i CAND.... ! ED Y

! S V Ô Ë Y ^ Q Y I ! O B Y I T •

a n o

: D N f :

m c c

;

l x

; 2a riga: D IE ; X III i NOVEM­

BRIS : CVIVS ; ANIMA ; RE­

QUIESCAT :

i n

:

p a c e

(1) Q uesta iscrizio n e è sta ta p u b b li­

cata da noi n eg li lìdio* d ’Orient, t. X X X II, 1933, pp, 341, |e g .

P ie tr a sep o lc ra le co l nom e di G u g lie lm o de G a n d o lfi N . (Vinv. del M useo 2891,

(28)

cen tro u n quadro lobato, nel quale appare l’A gnus Dei recarne lo stendardo su cu i è tracciata u n a croce (l). D alle due parti: le armi della famiglia che porta­

va: una fascia caricata di tre rose (o fiori a sei petali) accompagnata in cima e in fondo da u n a stella a otto raggi (2). Attorno a questi scudi, di qua e di la, q uattro fo g lie di p ervinca.

Q u esto m onum ento data d all’epoca dell’im pero Latino d’Oriente. L’iscrizione p resen ta una lacu n a, là ove la pietra è stata spezzata, e proprio al punto ove ricorre il nom e della fam iglia, di cui non restano altro che le cinque prime let­

tere. N oi crediam o di averlo com pletato proponendo di leggere: Candoltt.

In origin e noi troviam o il nome di Candoltì, ed anche un certo Guglielmo G andolfi, n otaio a Pera, che esercitava la sua professione in questa città nel 1 2 8 1 , (3) d iverso per con segu en za dal nostro personaggio, che non viveva più a q uesta data.

N. 2 - Data 1 3 0 0 ,... Agosto.

M armo bianco; due fram m enti di una pietra spezzata da una frattura orizzontale; la parte destra u gualm ente spezzata da una linea irregolare verticale;

P ie tr a se p o lc r a le co n il nom e di R oland o A rch erii.

X. (l’inv. «lei Miihpo 29f>8

(1 ) L ’A g n u s D e i si r itr o v a so p ra u n ’a ltr a p ietra (li Arai. G iam i, (v . appresso, N.ri 50 e 7 5 ;, c o m e p u r e s p l ’E p ita ffio d i A n d r io lo d i P a g a n a , in d a ta 15 G iu gno 133», a el cim itero la t i­

n o d i F é r c lio y (cf. Ke i.g u a n o, o p . c it ., T a v . V I; Be l in, p . 190 e T av. tr a le p a g in e 192 -1 9 3 ).

(2 ) L o sc u d o è r o to n d o , ed è l ’u n ico di ta le forma in q u esta collezion e.

(3 ) A t t i d e i N o t ., p . 130.

(29)

l’angolo inferiore sinistro manca; la superficie è incisa con m olta cura; a lt. in. 0 ,4 9 , largii, m. 0,50, spese, in. 0,05; fot. del Museo N. 2787; N. d’iuv. d el M useo: 2 958.

+ S E P ’L C R v r r f . 't-. ...

ARCHERII ET [ . ...

Q.OBIITMCCC [...

AYG

Sep(u)lcru(m) l)[omini Iiolandi] / Archerii et[heredu(,m) / <](ui) obiit

il/

C CC[ ...

die...] / aug(usti).

Pietra sepolcrale di cui non sussiste che una parte del te sto ep igrafico, ed uno stemma su due.

L’iscrizione, di quattro righe in caratteri gotici accu ratam en te tr a ccia ti, è incompleta; essa occupa la metà della pietra. Nel supplem ento ch e noi diam o qui, supponiamo debba trattarsi di Rolando Archerio che troviam o a G a lata nel 1281, fra altri personaggi dello stesso nome. Ci sembra, che q u esto co n v en g a meglio degli altri alla nostra iscrizione.

Tuttavia la lettura che noi proponiamo non è che una co n g ettu ra .

Sotto l’iscrizione, decorante l’altra metà della pietra, si trovava a l centro una croce fiorata, il cui tronco inferiore era ornato di due foglie d ’aca n to stiliz z a te , poste in voluta attorno alla croce, mentre due nastri con m o vim en to sin u o so si dirigono sotto i blasoni. Quello che esiste tuttora si com pone di un b isa n te bandato di tre pezze.

(ìli Archerii che si incontralio a Pera, sono, oltre il sum m enzionato Is o l a n d o: Be r t o l in o Ar o h e r io, Mercante in panni; Gio v a n n i, figlio di Gh e r a r d o, Commerciante.

20

N. 3 - Data: 1300, 2 0 Ottobre.

Marmo bianco spezzato in due da una frattura orizzontale per m ezzo di una linea irregolare circa la metà della pietra; la parte d estra è slabbrata;

due angoli inferiori sono spezzati; l’iscrizione, parte è corrosa e p arte è m a rtel­

lata; la stessa cosa è della croce; la superficie dei b la son i è consum ata;

alt. m. 0,70, largii, m. 0,80; fot. del Museo ÏT. 2693.

+ ... ] : y s e p v l c r v m ; d ; ... ] DTOLIECARI. i

ET [ ... ] ERODO i ET i HEDS Mi CCC D IE ! X X : OTOB

S(e)pu1(c)rum D(omini) / ... d(c) Toliecari / et[...M jcrodo et / he(re)d(um) s(uorum) MCCC die X X octob(ris).

1) Atti dei Not. pp. 74, 302, 325.

(30)

P ietra sep olcrale. L ’iscrizion e, incisa nella parte superiore della pietra si com pone di quattro righ e in caratteri gotici. T en gono in seguito, al centro:

una croce col tronco superiore ed inferiore pom ettato. A destra ed a sinistra

P ie t r a s e p o lc r a le co n i n o m i d i.... D e T oliecari e ... M erodo.

vi è uno stem m a, rappresentante un leone alato dalla coda ripiegata in dentro.

L o sta to d e ll’in cision e del testo epigrafico non ci ha permesso di restituire l ’iscriz io n e per intero. N otiam o solam ente che si tratta di due personaggi risp on d en ti ai n om i, l ’uno di T oliecari e l ’altro di Merode.

R igu ard o al prim o di q uesti due nomi, noi non abbiamo trovato nulla tra le fo n ti co n su ltate; quanto al secondo, noi crediamo si debba distinguere fra le fam ig lie Merode, Dem erode (1) e D e Merudi che si incontravano a Galata

(1) P e r D e m er o d e , v e d . Doc. pp . 126-129, 141, 166: F. W . H a s lu c k , D r ., Govel’s notes on G a la ta (1 6 6 9 -1 6 7 7 ), n e g li A nn. o f thè B ritish school at Atliene, X I, 1904-05, p. 60; E. R o s s i, L e L a p id i Genovesi delle m ura di G alata, p. 16. U n o stem m a di q u esta fa m ig lia si tro v a a G alata so p ra la p o r ta H a rib Q apu. Q ueste ste ss e a rm i si tr o v a v a n o n e lla sala d el co n sig lio del p alazzo d e i p o d e s tà (C f. D e L a v n a Y , N otice, e tc ., p . 107).

(31)

3 l nel Medioevo e, secondo il parere di H asluck, si riferiscono alla fam iglia brabantina D e Merode (1).

A Costantinopoli si trova ai giorni nostri la fam iglia M erodi (2).

N. 4 - Data: 1 3 0 2 , ...

Marmo bianco spezzato in due; gli angoli inferiori m u tila ti, l’iscrizion e martellata; alt. m. 0,83, largii, in. 0,97, spess. in. ().0<S; esposto n ella sala X I X del Museo, X. d’inventario 2903; fot. del Museo X. 2724.

P ietra sepolcrale con lo stem m a dei D e M arnis.

X. d ’inv. del Museo 2003

+ SEPULCRUM DNIRjT . . . ]0[. . . ]SR V . G[... ] EN

Pietra forse lavorata in età bizantina, trasformata in pietra sepolcrale, circondata da una modi natura per tre lati; l’interno del rettangolo è leggerm en te abbassato. A l centro di questo è un rosone formato da cinque cornici lobate;

quella del centro, con gli angoli rientranti e riuniti da un anello form ante quattro

(1) H a s lu c k , op. cit., p. 60. Per quest’ultim a fa m ig lia , ved i E. R i c h a r d s o n , tìcschiclite der Familie Merode.

(2) A rch ivi parrocchiali della B asilica-C attedrale di S a n to S p irito , S tarnim i.

Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012

(32)

di q u esto rettan golo sono riem piti da quattro scudi, due dei quali, in basso, di forma ovoidale e portanti le ste sse armi d ie sono: brindato, innestato, ondato di due pezze. E sse hanno carattere analogo a quelle dei D e Marnis (1).

L ’iscrizion e, di tre righe in caratteri gotici, che occupa la stretta fascia alla som m ità della pietra, è stata m artellata in modo tale che gli elem enti da noi p otuti decifrare su questa pietra sono insufficienti per poterci perm ettere una restitu zio n e del testo. Noi crediam o tu ttavia, che la data sia precisa- m ente quella che noi diam o, e cioè: 1302. Q uesta data può essere com pletata dal m ese che ci sem bra fosse uno dei quattro ultimi mesi d ell’anno.

N. 5 - D ata: 1307, 3 Aprile.

Marmo bianco sp ezzato nel m ezzo, verticalmente;' su ssiste la parte sinistra in d ue fram m enti; quello in b asso è assai mutilato; l’angolo inferiore sinistro, frastagliato, perm etteva alla pietra vicin a di ricongiungersi a questa; l’iscrizione è m artellata; alt. m. 0.77, largii, ni. 0.42, spess. in. 0,05; fot. del M useo X. 2089;

X . d’in v . del Museo: 2849.

+ S : Ì3N ]M B E R T H [ ...

D . . STANO S P [ ...

H[ . . . . ]S[ . . ]R V M [...

m [ . . . ] v n : [.] i E : n i ; a [

AIM REQVIESCAT

S(epulcrum) D(omi)ni BerthJolotiJ / d[e Ca]stano Sp[elta et] / h(eredum) s(uo) rum [qui obiit] / M [C C G ] V I I [d jie I I I [aprili*]/ a(n)im(a) requiescat [in p a ce ].

P ietra funeraria. Essa contiene una parte della iscrizione, ed uno stemma invece di due. L’iscrizione è di cinque righe in caratteri gotici.

È difficile restitu ire i nomi m ancanti dal testo. Il primo, nella prima riga, ci dà le prim e cinque lettere che sono: Berth. La sesta lettera sembra essere una O; noi supponiam o per conseguenza, che si debba leggere: Bertli[oloti].

X ella second a riga si arrivano a leggere le ultim e cinque lettere che formano la fin ale di un nome. F ra la 1) del principio della riga e la 8, vi è posto per altre q uattro lettere. Siccom e dopo la I) sembra che vi fosse una E, rimangono due lettere da aggiu n gere al principio di questo nome; noi proponiamo di leggeie.

Castano. Q uesto nom e era seg u ito da un altro, di cui le due prime lettere HP su ssisto n o su lla pietra. A lla v ista di queste due lettere, viene subito in mente

(1) P er le arm i «lei l i e M a ra is a G a la ta e p er i p e rso n a g g i «li «piesto nom e che iti essa v is s e r o , v e d i il N . 55.

(33)

il nome ben conosciuto di Spinola, assai noto in Oriente nel M edioevo. M a nella pietra spezzata si nota, in quel punto, la traccia di una le tte r a (traccia assai lieve, però) che parrebbe essere non tanto u n a I, n ecessa ria per formare il nome della celebre fam iglia genovese, quanto una (), oppure

P ietra sepolcrale con il nome di B ertlio lo ti di C astano S p e lta . N. (l’inv. del Museo 2840

una E. Cosi, noi proponiamo di leggere Spelta, in m ancanza di m eglio e per l’assenza del blasone, clte avrebbe potuto, forse, trarci d’im paccio.

Lo scudo che tuttora esiste sulla pietra, porta: una f a s c ia caricata di 3 margherite. Esso non figura nel Libro d’Oro di Genova. T uttavia il nom e di

3

(34)

S p elta non è ig n oto in O riente. Nel 1402-03 noi troviam o a L'era un et i lo Imotino S p elta (1).

N. 6 - Dato: 1 8 0 8 ...

Marmo spezzato verticalm ente da una linea irregolare; manca la metà della pietra dal lato sinistro; ciò che rimane si compone di due frammenti

P ie tr a se p o lc r a le c o n i n o m i (li J a c o b u s B on tein p i; A m edens (le C ostagna et . . . . 1*a ln i.

X. d ’inv. (lei Museo 2849.

(1) JouG A , X otes, 1, p. 98.

(35)

mutilati che combaciano. Alt. in. 0,77, largii, m. 0,42, spess. ni. 0,05: fot; «lei Museo N. 2088; N. d’inv. del Museo: 2849.

] ACOBi ; b o n t e m p i ] EI ; D ’ COSTAG'VA * ] : FABRI ; ET : H E RE

. ] ’ m : eoe; v ili

S(epulcrum) D(omi)ni IJacobi Bontempi / [A m edjei d(e) Castagna ...

l'abri et here/fdu(m)] MCMC V i l i I [ d i e ...].

l ’arte rovescia della pietra precedente, della quale non rim an e eb e la m età sinistra con una parte del testo e un blasone. L’iscrizione o ccu p ava cin q u e righe. Noi crediamo di averla supplita per intero, salvo ciò ch e riguarda il nome di battesimo del Fabri e la data.

La parte decorativa di questa pietra si componeva, al centro, di u n a croce recante due chiodi della Passione, croce il cui tronco inferiore la scia v a sfu g g ire de'le foglie di acanto stilizzate, poste simmetricamente. Lo stem m a ch e e siste tuttora si compone di un’aquila o falco dalle ali abbassate caricato di una fascia in sovrapiù (1).

Un borghese di Pera dal nome di Jacobus Bop tempi è u gu alm en te ricor­

dato nel 1396 (2).

Nelle fonti da noi consultate non troviamo affatto m enzionato il nom e di Costagua. Per ciò d ie concerne quello di Fabri, noi lo ritroviam o in u n ’altra iscrizione (3).

N. 7 -

Marmo bianco: quattordici frammenti riordinati esattam ente; m ancano altri fi annuenti per completare la pietra; i lati di questa sono leggerm en te corrosi, l ’angolo inferiore destro è spezzato; l’incisione dell’A gn u s D ei logora; i b lason i e la croce mutilati; alt. m.0.85, largii, m. 0,97, spess. m. 0,035; fot. d el M useo

jST. 2698; N. d’inv. del Museo 2925.

Placca di marmo bianco rettangolare. Essa contiene in altezza in u n a ruota VAgnus Dei e ai due lati di questa una margherita a otto petali. S otto l’A g n ello Pasquale è una croce patente, la quale ha pure ai due lati un id en tico b laso­

ne. Queste armi sono: un’aquila caricata di una fascia di soprappiù.

La iscrizione dell’anno 1308, coi nomi di Iacobus B ontem pi, A m edeo de Costagua e Fabri (Vedi indietro N. 6), reca uno stemma che rassom iglia a questo;

con questa differenza: che l’aquila figurante- in quest’ultima ha le ali ab bassate.

(1) Vodi il N. oegneuto.

(2) Doc, p. 373.

(3) Vedi il N. 65.

(36)
(37)

N. 8 - Data: 1323, 15 Luglio.

Manno bianco; la superficie c logorata; l ’angolo inferiore d estro sp ezzato; lo stesso lato leggermente mutilato; alt. ni. 0,7."), largii, ni. 0,57 , sp ess. ni. 0,10;

fot. del Museo N. 2098; N. d’inv. del Museo: 2870.

P ietra sepolcrale con il nom e di O donus Salvai»»).

N. d ’inv. ilei Museo 2870

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