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IL LAVORO DELLE DONNE - LE MOLESTIE SUL LUOGO DI LAVORO LE LEGGI PER LE DONNE CHE HANNO CAMBIATO L ITALIA

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A cura di Antonio Marchini

IL LAVORO DELLE DONNE - LE MOLESTIE SUL LUOGO DI LAVORO LE LEGGI PER LE DONNE CHE HANNO CAMBIATO L’ITALIA

PRIMA PARTE IL LAVORO DELLE DONNE – LE MOLESTIE SUL LUOGO DI LAVORO

• Parità di trattamento divieto di discriminazione nell’accesso al lavoro

• Azioni positive

• Rapporto sulla situazione del personale 2022

• Organismi per le pari opportunità

• Le dimissioni per giusta causa

• Molestie sul lavoro

• Come orientarsi

• Strumenti

• Molestie e mobbing

• I comitati unici di garanzia nel pubblico impiego

• Contratti collettivi nazionali di lavoro privati

• Tutele

• A chi rivolgersi

SECONDA PARTE LE LEGGI PER LE DONNE CHE HANNO CAMBIATO L’ITALIA

• Grandi donne del passato

• Pillole di storia

• Carte internazionali fondamentali

• Costituzione della repubblica italiana

• Le principali leggi delle donne che hanno cambiato l’Italia

• Azioni positive

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2

• Detenute madri

• Codice penale:

• Codice di procedura penale

• Congedo per donne vittime di violenza di genere

• Cittadinanza

• Comitati unici di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni

• Diritto di famiglia

• Disposizioni antidiscriminatorie

• Immigrazione

• Istituzioni e organismi di parità

• Medicina di genere

• Mutilazioni genitali femminili

• Quote di genere

• Parità di trattamento e non discriminazione

• Parità di trattamento in materia di sicurezza sociale

• Pari opportunità

• Pubblico impiego

• Tutela della maternità e paternità

• Tutela delle donne (femminicidio) APPENDICE

Congedo donne vittime di violenza di genere nei CCNL

PRIMA PARTE

LAVORO DELLE DONNE E LE MOLESTIE SUL LUOGO DI LAVORO

PARITÀ DI TRATTAMENTO DIVIETO DI DISCRIMINAZIONE NELL’ACCESSO AL LAVORO

Durante lo svolgimento del rapporto di lavoro opera il principio costituzionale di uguaglianza professionale tra i lavoratori (art. 3 Costituzione).

Il principio di parità di trattamento impone che il datore di lavoro non possa attuare discriminazioni - oltre che per motivi legati a razza, religione, orientamento politico, ecc. anche per ragioni legate al sesso. La Costituzione, infatti, riconosce alla lavoratrice gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore (art. 37 Costituzione).

Nel capitolo, dopo aver definito la nozione di discriminazione, esaminiamo gli obblighi del datore di lavoro, le attività esercitabili per attuare un'effettiva parità sul luogo di lavoro (con le relative sovvenzioni) e, infine, le conseguenze della violazione del divieto di discriminazione.

È vietata (D.Lgs. 11.2.2006, n. 198) ogni discriminazione basata sul sesso nell’accesso al lavoro anche autonomo e in qualsiasi altra forma oppure a iniziative di formazione, orientamento e selezione professionale.

Costituisce discriminazione qualsiasi atto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando anche in via indiretta i lavoratori e le lavoratrici in ragione del sesso e comunque il

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3 trattamento meno favorevole rispetto a quello di un’altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga (art. 25, D.Lgs. n. 198/2006).

La discriminazione è vietata anche se attuata:

• in riferimento allo stato matrimoniale

• di famiglia

• di gravidanza

• mediante accertamenti preassuntivi attraverso l’indicazione, nelle fasi di preselezione, di requisiti professionali collegati al sesso.

Sono ammesse deroghe al divieto in relazione a mansioni particolarmente pesanti individuate dalla contrattazione collettiva e quindi l’assunzione di personale esclusivamente maschile per queste mansioni deve essere suffragata da un accordo collettivo.

Costituisce discriminazione inoltre (D.Lgs. n. 5/2010):

• ogni trattamento meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti

• i trattamenti meno favorevoli subiti da una lavoratrice o da un lavoratore per il fatto di aver rifiutato i comportamenti molestatori.

Per discriminazione indiretta deve intendersi ogni trattamento pregiudizievole conseguente all’adozione di criteri che:

• svantaggino in modo proporzionalmente maggiore i lavoratori dell’uno o dell’altro sesso;

• riguardino requisiti non essenziali allo svolgimento del rapporto di lavoro.

Sono considerate discriminazioni:

• le molestie, ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo

• le molestie sessuali espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.

Discriminazione collettiva. Il datore di lavoro può realizzare delle discriminazioni collettive ossia riferite ad una pluralità di lavoratori, anche se non sono individuabili immediatamente i soggetti danneggiati (art. 37, D.Lgs. 198/2006). Il giudice, su ricorso del consigliere di parità, ordina all’autore di definire un piano per rimuovere le discriminazioni.

Azione in giudizio. Chi intende agire in giudizio per far dichiarare la discriminazione, e non intende promuovere il tentativo di conciliazione, può intraprendere l’azione an che tramite il Consigliere di parità (art. 36, D.Lgs. 198/2006).

L’azione per fare valere la discriminazione fa sorgere il diritto per la lavoratrice di chiedere il risarcimento dei danni extracontrattuali o contrattuali dovendo dimostrare nel primo caso la colpa o il dolo del datore di lavoro e nel secondo basandosi sulla presunzione di colpa di quest’ultimo.

Effetti su incentivi e contratti di appalto. L’accertamento di atti discriminatori può determinare la revoca di benefici economici concessi e dei contratti di appalto, attinenti all’esecuzione di opere pubbliche, di servizi o forniture.

Gli atti, i patti o i provvedimenti concernenti il rapporto di lavoro dei lavoratori o delle

lavoratrici vittime dei comportamenti discriminatori sono nulle se adottati in conseguenza del rifiuto o della sottomissione ai comportamenti medesimi.

Parità retributiva. È vietata qualsiasi discriminazione, diretta e indiretta, concernente un qualunque aspetto o condizione delle retribuzioni, per quanto riguarda uno stesso lavoro o un lavoro al quale è attribuito un valore uguale (art. 28, D.Lgs. 198/2006).

Qualifiche e mansioni. Il datore di lavoro non può discriminare donne da uomini nell’attribuzione di mansioni e qualifiche e nella progressione della carriera (art. 29, D.Lgs. 198/2006).

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4 Lavoro notturno. A norma dell’art. 11 del D.Lgs. 66/2003, è vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall’accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino.

Il lavoro notturno non deve essere obbligatoriamente prestato:

• dalla lavoratrice madre di un figlio con meno di 3 anni (in alternativa dal padre lavoratore)

• dalla lavoratrice (o dal lavoratore) unico genitore affidatario di un figlio convivente con meno di 12 anni;

• dalla lavoratrice (o dal lavoratore) che abbia a proprio carico un soggetto disabile (a norma della legge 104/1992)

Previdenza. Il D.Lgs. 5/2010 ha parificato la situazione pensionabile tra uomini e donne stabilendo che le lavoratrici in possesso dei requisiti per aver diritto alla pensione di vecchiaia hanno diritto di proseguire il rapporto di lavoro fino agli stessi limiti di età previsti per gli uomini da disposizioni legislative regolamentari e contrattuali.

Nei fondi pensione è vietata qualsiasi discriminazione diretta o indiretta, per quanto riguarda (art. 30-bis, D.Lgs. 198/2006):

• il campo d’applicazione e relative condizioni d’accesso

• l’obbligo di versare i contributi e il calcolo degli stessi

• il calcolo delle prestazioni, comprese le maggiorazioni da corrispondere per il coniuge e per le persone a carico, nonché le condizioni relative alla durata e al mantenimento del diritto alle prestazioni.

Certificazione della parità di genere. Dal 1° gennaio 2022 è istituita la certificazione della parità di genere al fine di attestare le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione:

- alle opportunità di crescita in azienda;

- alla parità salariale a parità di mansioni;

- alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità.

Sono stabiliti con appositi DM:

a) i parametri minimi per il conseguimento della certificazione da parte delle aziende con particolare riferimento alla retribuzione corrisposta, alle opportunità di progressione in carriera e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (anche con riguardo alle lavoratrici in gravidanza);

b) le modalità di acquisizione e di monitoraggio dei dati trasmessi dai datori di lavoro al ministero del Lavoro;

c) le modalità di coinvolgimento delle RSA e dei consiglieri di parità nel controllo e nella verifica del rispetto dei parametri;

d) le forme di pubblicità della certificazione.

Alle aziende che, al 31 dicembre dell'anno precedente a quello di riferimento, siano in possesso della certificazione è riconosciuto un punteggio premiale ai fini della partecipazione ai progetti europei nazionali e regionali per la concessione di aiuti di Stato

DISPOSIZIONI ANTIDISCRIMINATORIE

• Decreto Presidente del Consiglio dei ministri 21/06/2007

• "Associazioni ed enti legittimati ad agire per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità, vittime di discriminazioni."

• Legge - 01/03/2006 n. 67

• Normativa di riferimento

• Art. 21 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

• Art. 14 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali

• Art. 3 e 37 Costituzione della Repubblica italiana

• Art. 15 Legge 300/1970, Statuto dei lavoratori, artt. 15 e 18

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5

• Legge 903/1977

• Legge 125/1991

• D.Lgs. 198/2006 (Codice delle pari opportunità)

• D.Lgs. 286/1998 (Testo Unico in materia di immigrazione)

• D.Lgs. 215/2003 in attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento fra persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica

• D.Lgs. 216/2003 in attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro

• D.Lgs. 5/2010 in attuazione della direttiva 2006/54/CE relativa al principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego

• Legge 28 giugno 2012 n. 92

AZIONI POSITIVE

Per azioni positive si intende l’insieme di misure positive finalizzate a rimuovere le differenze e gli ostacoli che di fatto impediscono la pari opportunità tra i due sessi nell’ambito del posto di lavoro (art. 42, D.Lgs.

198/2006).

Lo scopo delle azioni positive è quello di:

• eliminare le differenze di fatto nei confronti delle donne in tema di formazione, accesso al lavoro, carriera, nel lavoro e durante la mobilità

• diversificare le scelte professionali

• superare condizioni, organizzazione e distribuzione del lavoro che determinano effetti diversi a seconda del sesso

• favorire l’equilibrio del ruolo lavoro/responsabilità familiare mediante una diversa organizzazione dei tempi di lavoro.

I datori di lavoro possono richiedere il finanziamento per azioni positive, si tratta dei contributi a favore delle imprese fino a 50 dipendenti che hanno concluso accordi sindacali finalizzati a realizzare interventi a favore della flessibilità (part time, telelavoro, orari flessibili ecc.); della formazione del personale;

sostituzione del personale in congedo parentale.

Modalità di attuazione. Possono promuovere progetti per azioni positive le imprese, le cooperative, i loro consorzi, le associazioni sindacali dei lavoratori, i centri di formazione professionale.

I progetti concordati tra datori di lavoro e organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale hanno precedenza nell’accesso dei benefici (D.Lgs. n. 198/2006).

I progetti devono essere iniziati entro 2 mesi dal rilascio della autorizzazione e l’erogazione dei con tributi avviene dopo aver verificato l’attuazione dei progetti. La mancata realizzazione del progetto comporta la restituzione dei contributi accordati.

Adempimenti dei soggetti promotori. Il termine per la presentazione dei progetti è stato fissato al 30 novembre dell’anno precedente a quello in cui è prevista la realizzazione del progetto sulla base del programma formulato (entro il 31 maggio di ogni anno) dal comitato nazionale.

RAPPORTO SULLA SITUAZIONE DEL PERSONALE 2022

la legge n. 162 del 5 novembre 2021 che introduce la certificazione di parità e modifica adempimenti e premialità spettanti ai datori di lavoro pubblici e privati. Il provvedimento prevede la compilazione di un modello, pubblicato nel sito internet istituzionale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Lo stesso Ministero pubblica, in un'apposita sezione del proprio sito internet istituzionale, l'elenco delle aziende che hanno trasmesso il rapporto e l'elenco di quelle che non lo hanno trasmesso.

Rapporto di parità. Il rapporto, obbligatorio per le aziende che occupano almeno 50 dipendenti, deve indicare:

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6 - il numero dei lavoratori occupati di sesso femminile e di sesso maschile

- il numero dei lavoratori di sesso femminile eventualmente in stato di gravidanza

- il numero dei lavoratori di sesso femminile e maschile eventualmente assunti nel corso dell'anno - le differenze tra le retribuzioni iniziali dei lavoratori di ciascun sesso

- l'inquadramento contrattuale e la funzione svolta da ciascun lavoratore occupato, anche con riferimento alla distribuzione fra i lavoratori dei contratti a tempo pieno e a tempo parziale

- l'importo della retribuzione complessiva corrisposta, delle componenti accessorie del salario, delle indennità, anche collegate al risultato, dei bonus e di ogni altro beneficio in natura ovvero di qualsiasi altra erogazione che siano stati eventualmente riconosciuti a ciascun lavoratore.

Sanzioni. Nel caso di rapporto mendace o incompleto si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 5.000 euro.

Certificazione della parità di genere. A decorrere dal 1° gennaio 2022 è istituita la certificazione della parità di genere al fine di attestare le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità.

A tal fine viene istituito, presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, un Comitato tecnico permanente sulla certificazione di genere nelle imprese, costituito da rappresentanti del medesimo Dipartimento per le pari opportunità, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero dello sviluppo economico, delle consigliere e dei consiglieri di parità, da rappresentanti sindacali e da esperti.

Premialità di parità. Per l'anno 2022, alle aziende private in possesso della certificazione della parità di genere è concesso un esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro in misura non superiore all'1 per cento e nel limite massimo di 50.000 euro annui per ciascuna azienda, riparametrato e applicato su base mensile.

ORGANISMI PER LE PARI OPPORTUNITÀ Comitato nazionale:

– Formulazione di proposte per il miglioramento della legislazione in materia – Promozione di adozione di azioni positive da parte di istituzioni pubbliche – Pareri sul finanziamento delle azioni positive

– Proposta di soluzioni alle controversie collettive

– Richiesta all’Ispettorato di acquisizione di informazioni in azienda sullo stato delle assunzioni e della formazione

Consigliere di parità

– Intraprende iniziative per far rispettare il principio di non discriminazione – Promuove i progetti di azioni positive

– Collabora con le direzioni del lavoro

– Verifica i risultati delle azioni positive intraprese

– Elabora e presenta ai rispettivi organismi di riferimento un rapporto annuale sulla situazione delle pari opportunità: tale rapporto deve essere presentato entro il 31 dicembre di ogni anno da parte dei consiglieri regionali e provinciali, mentre il consigliere nazionale redige il suo rapporto al Ministero del lavoro entro il 31 marzo di ciascun anno.

Permessi per il consigliere di parità. Ai consiglieri di parità spettano (art. 6, D.Lgs. 196/2000), se lavoratori subordinati, sono concessi permessi specifici per attuare i compiti di loro competenza previa comunicazione scritta al datore di lavoro almeno 3 giorni prima:

a) massimo di 50 ore medie mensili retribuite per il consigliere nazionale e regionale;

b) massimo di 30 ore medie mensili retribuite per il consigliere provinciale.

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7 I predetti soggetti hanno poi diritto a ulteriori permessi non retribuiti, con diritto però ad una indennità da determinarsi periodicamente da parte di decreto ministeriale.

Gli oneri per i permessi retribuiti sono a carico degli enti di riferimento (regione o provincia) a cui il datore di lavoro deve inoltrare domanda per ottenere il rimborso.

Alla dipendente nominata Consigliere di parità nazionale sono riconosciuti permessi non retribuiti per l’espletamento dell’incarico nella misura massima stabilita annualmente con decreto ministeriale.

In alternativa, il dipendente può richiedere il collocamento in aspettativa non retribuita per la durata del mandato. In tal caso compete un’indennità annua stabilita per decreto.

ISTITUZIONI E ORGANISMI DI PARITÀ

• D.M. 4 dicembre 2012, Organizzazione interna del Dipartimento per le Pari Opportunità

• D.M. 30 settembre 2004, Riorganizzazione del Dipartimento per le pari opportunità

• D.P.C.M. 28 ottobre 1997, n. 405, Regolamento recante istituzione ed organizzazione del Dipartimento per le pari opportunità nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei Ministri

• Direttiva P.C.M. 27 marzo 1997, "Azioni volte a promuovere l'attribuzione di poteri e responsabilità alle donne, a riconoscere e garantire libertà di scelte e qualità sociale a donne e uomini" (c.d.

"Direttiva Prodi-Finocchiaro")

• Art. 12, comma 20, del Dl 6 luglio 2012, n. 95, recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini. Convertito in legge, con modificazioni, dalla L.

7 agosto 2012, n. 135

LE DIMISSIONI PER GIUSTA CAUSA

La/il dipendente, ha diritto di recedere immediatamente dal rapporto, senza obbligo di dare il preavviso, in presenza di un grave inadempimento del datore di lavoro tale da non permettere la prosecuzione, neppure provvisoria, del rapporto.

Fra le casistiche che la giurisprudenza ha individuato come legittime le dimissioni per giusta causa, rientrano le molestie sessuali perpetrate dal datore di lavoro.

In caso di dimissioni per giusta causa sussiste il diritto:

• all'indennità sostitutiva del preavviso

• a richiedere l'indennità di disoccupazione, sussistendone i presupposti

• al reddito di cittadinanza, sussistendone i presupposti

MOLESTIE SUL LAVORO

Definizioni. Molestia sul lavoro: quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni anche connesse al sesso e aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.

Costituisce circostanza aggravante il fatto che la molestia sessuale è accompagnata da minacce implicite od esplicite o da ricatti da parte di superiori gerarchici o di persone che possano comunque influire sulla costituzione, lo svolgimento e l’estinzione del rapporto di lavoro.

Violenza sul lavoro: riguarda gli “incidenti” in cui il personale è abusato, minacciato o aggredito in circostanze relative al lavoro, incluso il pendolarismo da e verso il lavoro, con esplicite o implicite conseguenze su salute, sicurezza e benessere.

NORMATIVE DI RIFERIMENTO IN AMBITO EUROPEO.

DIRETTIVA 2002/73/CE.

Molestie”: situazione nella quale si verifica un comportamento indesiderato connesso al sesso di una persona avente lo scopo o l’effetto di violarne la dignità e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante umiliante o offensivo;

“molestie sessuali”: situazione nella quale si verifica un comportamento indesiderato a connotazione sessuale, espresso in forma fisica, verbale o non verbale, avente lo scopo o l’effetto di violare la

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8 dignità di una persona, in particolare, creando un clima intimidatorio, ostile, degradante umiliante o offensivo.

CONVENZIONE OIL DEL 22/06/1981 N.155 Sulla salute e sicurezza dei lavoratori.

RACCOMANDAZIONE 92/131/CEE DEL 27/11/1991. Più volte richiamata dalla giurisprudenza, che sollecita gli Stati membri affinché si adoperino per promuovere la consapevolezza che qualsiasi comportamento a connotazione sessuale che offenda la dignità degli uomini e delle donne sul lavoro è inammissibile; quindi li esorta a rivedere e, se del caso, a completare la legislazione vigente sulla lotta al mobbing e le molestie sul luogo di lavoro; esorta le parti sociali ad elaborare strategie di lotta contro il mobbing e la violenza sul luogo di lavoro.

ACCORDO QUADRO EUROPEO SULLO STRESS NEI LUOGHI DI LAVORO DELL’08/10/2004, RECEPITO CON L’ACCORDO INTERCONFEDERALE STRESS LAVORO-CORRELATO 9 GIUGNO 2008. Lo scopo dell’accordo è migliorare la consapevolezza e la comprensione dello stress da lavoro da parte dei datori di lavoro, dei lavoratori e dei loro rappresentanti, attirando la loro attenzione sui sintomi che possono indicare l’insorgenza di problemi di stress da lavoro.

L’obiettivo di questo accordo è di offrire ai datori di lavoro e ai lavoratori un modello che consenta di individuare e di prevenire o gestire i problemi di stress da lavoro.

In questo ambito la sopraffazione e la violenza sul lavoro sono fattori definiti “stressogeni”.

Convenzione OIL del 15/06/2006 n.187 Convenzione sul quadro promozionale per la salute e la sicurezza sul lavoro,

ACCORDO QUADRO EUROPEO SULLE MOLESTIE E SULLA VIOLENZA SUL LUOGO DI LAVORO DEL 26/04/2007, RECEPITO CON L’ACCORDO CGIL CISL UIL E CONFINDUSTRIA IL 25 GENNAIO 2016.

Le molestie e la violenza fisica sul luogo di lavoro sono tutte le forme di molestia e di violenza con conferma del dovere del datore di lavoro di tutelare i lavoratori contro tali rischi. Sul luogo di lavoro possono presentarsi differenti forme di molestie e di violenza che possono:

essere di natura fisica, psicologica e/o sessuale

costituire episodi isolati o comportamenti più sistematici

avvenire tra colleghi, tra superiori e subordinati o da parte di terzi

andare da casi minori di mancanza di rispetto ad atti più gravi che costituiscono reati

L’Accordo ha, tra gli altri, l’obiettivo di fornire ai datori di lavoro, ai lavoratori ed ai loro rappresentanti un quadro di azioni concrete per individuare, prevenire e gestire le situazioni di molestie e di violenze sul luogo di lavoro.

CONVENZIONE DEL CONSIGLIO D’EUROPA DI ISTANBUL DELL’11/05/2011 SULLA PREVENZIONE E LOTTA CONTRO LA VIOLENZA NEI CONFRONTI DELLE DONNE E LA VIOLENZA DOMESTICA. Ratificata dall’Italia con legge 27 giugno 2013 n. 77, rappresenta uno strumento dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, e le politiche nazionali dovrebbero tenere in considerazione nel disporre in materia di salute e sicurezza sul lavoro con particolare riguardo alla violenza e alle molestie sul lavoro.

CONVENZIONE OIL DEL 21/06/2019 N. 190. ELIMINAZIONE DELLE VIOLENZE E LE MOLESTIE SUL LUOGO DI LAVORO. Costituisce un rafforzamento degli strumenti anche giuridici affinché cambino i comportamenti socioculturali sia degli uomini che delle donne al fine di eliminare pregiudizi, costumi e prassi fondati su modelli stereotipati di genere. La Convenzione è entrata in vigore a giugno 2021.

RACCOMANDAZIONE DELL’OIL DEL 21/06/2019 N. 206. Giuridicamente non vincolante, fornisce proposte e linee guida sull’applicazione della suddetta convenzione integrandola.

In particolare si prevede che:

gli Stati Membri dovrebbero trattare le violenze e le molestie sul lavoro nella legislazione relativa al lavoro ed all’impiego, alla salute e sicurezza sul lavoro, all’uguaglianza ed alla non discriminazione e,

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9 se del caso, nel diritto penale;

gli Stati Membri dovrebbero adottare misure appropriate al fine di:

promuovere la Contrattazione Collettiva a tutti i livelli quale modalità per prevenire la violenza e le molestie sul lavoro e, ove possibile, attenuare l’impatto della violenza domestica nel mondo del lavoro;

sostenere tale contrattazione collettiva con raccolta e diffusione di informazioni di buone pratiche nei processi di negoziazione e nel - contenuto dei contratti collettivi;

nella valutazione dei rischi sul luogo di lavoro si dovrà tenere conto dei fattori che aumentano le probabilità di violenza e molestie, ivi compresi i pericoli ed i rischi psicosociali;

gli Stati Membri dovrebbero adottare misure adeguate per i settori o le professioni o le modalità di lavoro che presentino maggiori possibilità di esposizione a violenze o molestie come il lavoro notturno, il lavoro svolto in maniera isolata, il settore sanitario, i servizi sociali, i servizi di emergenza, il lavoro domestico, il settore dei trasporti, dell’istruzione o dell’intrattenimento;

gli Stati Membri dovrebbero “finanziare, sviluppare, attuare e diffondere, a seconda dei casi:

programmi che intervengano sui fattori che aumentano la probabilità della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro, inclusi la discriminazione, l’abuso dei rapporti di potere e le norme sul genere, quelle culturali e sociali che favoriscono la violenza e le molestie;

linee guida e programmi di formazione che tengano conto della prospettiva di genere e che supportino i giudici, gli ispettori del lavoro, gli agenti di polizia, i pubblici ministeri e altri funzionari pubblici nell’adempimento del proprio mandato in materia di violenza e molestie nel mondo del lavoro, oltre a supportare i datori di lavoro del settore pubblico e privato, i lavoratori e le rispettive organizzazioni nella prevenzione e negli interventi relativi alla violenza e alle molestie nel mondo del lavoro;

modelli di codici di condotta e di strumenti di valutazione del rischio in materia di violenza e molestie nel mondo del lavoro, di natura generale e specifici per settore, che tengano conto delle situazioni specifiche dei lavoratori e di altri soggetti appartenenti ai gruppi di cui all’articolo 6 della Convenzione;

campagne pubbliche di sensibilizzazione nelle diverse lingue del paese, incluse quelle dei lavoratori migranti residenti, che trasmettano il messaggio dell’inaccettabilità della violenza e delle molestie, in particolare della violenza e delle molestie di genere, affrontino gli atteggiamenti discriminatori e prevengano la stigmatizzazione delle vittime, dei querelanti, dei testimoni e degli informatori;

programmi e materiali didattici sulla violenza e sulle molestie, inclusi la violenza e le molestie di genere, che tengano conto della prospettiva di genere, per tutti i livelli di istruzione e formazione professionale, in conformità con la legislazione e le circostanze nazionali;

materiale per giornalisti e altri operatori dei mezzi di comunicazione sulla violenza e le molestie di genere, che includa le cause all’origine e i fattori di rischio, nel pieno rispetto della loro indipendenza e libertà di espressione;

campagne pubbliche miranti alla promozione di luoghi di lavoro sicuri, salubri armoniosi, e liberi dalla violenza e dalle molestie”.

CONVENZIONE OIL 190 SULL’ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA E DELLE MOLESTIE NEL MONDO DEL LAVORO. La Convenzione n. 190 sull’eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro è in fase di ratifica da parte dell’Italia, con la legge 15 gennaio 2021 n. 4.

La convenzione e la relativa Raccomandazione del 21/06/2019 n. 206 arricchiscono il codice internazionale del lavoro e promuovono il rafforzamento della legislazione, delle politiche e delle istituzioni nazionali al

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10 fine di rendere effettivo il diritto ad un mondo del lavoro libero da violenza e molestie.

Viene riconosciuto che la violenza e le molestie nel mondo del lavoro sono inaccettabili e incompatibili con il lavoro dignitoso (OIL).

Tra le principali novità della Convenzione, figurano la definizione di violenza e molestie nel mondo del lavoro, l’individuazione dei soggetti protetti, la specifica degli ambiti lavorativi di applicazione e l’identificazione delle misure di prevenzione e contrasto da adottare, nonché i soggetti responsabili per la loro attuazione. (OIL)

La convenzione richiede agli Stati un approccio inclusivo, integrato e incentrato sulla prospettiva di genere per la prevenzione e l’eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro, in base ai diversi ruoli e funzioni svolti da governi, datori di lavoro, lavoratori e rispettive organizzazioni, tenendo conto della diversità della natura e della portata delle rispettive responsabilità.

La convenzione e la raccomandazione si articolano su tre pilastri principali:

1. protezione e prevenzione;

2. verifica dell’applicazione e meccanismi di ricorso e di risarcimento;

3. orientamento, formazione e sensibilizzazione.

L’attuale contesto pandemico sta evidenziando che il rischio da violenza e molestie può acutizzarsi in periodi di crisi; il completamento dell’iter di ratifica della Convenzione e l’attuazione delle politiche e delle azioni da essa previste può aiutare ad affrontare e prevenire questo fenomeno, contribuendo quindi alla ripresa dalla crisi e ad affrontare al meglio le nuove modalità organizzative del lavoro quali ad esempio il lavoro agile.

Nella tabella che segue viene evidenziato come la Convenzione e la Raccomandazione, possano incidere efficacemente, se attuate, sulle problematiche connesse alle modifiche dell’organizzazione del lavoro introdotte a seguito della pandemia da Covid-19.

CONVENZIONE N.190 E RACCOMANDAZIONE N. 106. IMPATTO SULLE POTENZIALI PROBLEMATICHE CAUSATE DALLA NUOVA ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO. La Convenzione si basa su un concetto ampio di “mondo del lavoro” che tiene conto del fatto che oggi il lavoro non si svolge solamente in un luogo fisico.

Tale definizione ricomprende la violenza e le molestie che si verificano, nei viaggi di lavoro, ma anche nel tragitto casa-lavoro e viceversa e include quelle rese possibili dalle tecnologie informatiche.

NORMATIVE DI RIFERIMENTO IN AMBITO NAZIONALE

ARTICOLO 2087 DEL CODICE CIVILE. Il codice del 1942 prevede “un generale obbligo di sicurezza sul lavoro, imponendo all'imprenditore di adottare tutte le misure necessarie per proteggere non solo l'integrità fisica, ma anche il benessere psicologico del lavoratore”.

DECRETO LEGISLATIVO DEL 30 MARZO 2001 N.165. NORME GENERALI SULL'ORDINAMENTO DEL LAVORO ALLE DIPENDENZE DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE. All’articolo 30 comma 1 bis prevede percorsi di protezione per lavoratrici/lavoratori vittime di violenze o molestie di genere.

DECRETO LEGISLATIVO DELL’11 APRILE 2006 N. 198 MODIFICATO CON LEGGE 162/2021. CODICE DELLE PARI OPPORTUNITÀ TRA UOMO E DONNA). Sancisce una equiparazione tra molestie sessuali e discriminazioni di genere.

La L. 162/2021 introduce diffuse modifiche al Codice delle pari opportunità tra uomo e donna (D.Lgs.

198/2006), nel tentativo di rilanciare un impianto normativo nato per prevenire, prima ancora che contrastare e reprimere, le conseguenze di comportamenti discriminatori nell'ambiente di lavoro in ragione del genere di appartenenza.

Già il Codice delle pari opportunità conteneva una norma destinata a contrastare i comportamenti discriminatori nei confronti dei lavoratori anche in ragione del sesso, ricomprendendo non soltanto la discriminazione diretta, intesa come immediata causa di effetti pregiudizievoli in ragione del sesso, ma pure

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11 quella indiretta, che si ha quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o comportamento, apparentemente neutri, determinano condizioni di svantaggio per i lavoratori di un determinato sesso.

Per effetto degli interventi ad opera della L. 162/2021, la categoria dei soggetti all'attenzione del legislatore si amplia, includendo tra i destinatari del regime di tutela non soltanto i lavoratori già in forza, ma anche le candidate ed i candidati. Pertanto, l'attenzione del legislatore - peraltro adesso rivolta anche all'organizzazione dell'orario di lavoro, dalla quale neppure devono derivare conseguenze discriminatorie indirette - si estende non soltanto alla costanza del rapporto di lavoro, ma fin dalla fase di selezione del personale che (anche questa) deve essere informata a princìpi di parità e non può causare effetti discriminatori.

inserisce all'art. 25 D.Lgs. 198/2006 il comma 2 bis, contenente un'ulteriore specificazione del concetto di discriminazione ai fini di tutela, per la quale “costituisce discriminazione ogni trattamento o modifica dell'organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro che, in ragione del sesso, dell'età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell'esercizio dei relativi diritti, pone o può porre il lavoratore in almeno una delle seguenti condizioni:

a) posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri lavoratori;

b) limitazione delle opportunità di partecipazione alla vita o alle scelte aziendali;

c) limitazione dell'accesso ai meccanismi di avanzamento e di progressione nella carriera”.

(Vedi sopra rapporto sulla situazione del personale).

DECRETO LEGISLATIVO DEL 9 APRILE 2008 N. 81. TESTO UNICO IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO. All’articolo 28, assorbe e valorizza il generale obbligo di cui all’articolo 2087 del codice civile in quanto colloca, fra i rischi lavorativi oggetto della valutazione che ogni datore di lavoro è obbligato ad effettuare, quelli “riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui (...) quelli connessi alle differenze di genere”.

Sempre l’articolo, 28 al comma 2, nel prevedere che la valutazione del rischio deve riguardare “tutti i rischi”

che si profilano, non necessariamente a causa dell’attività lavorativa, bensì “durante l’attività lavorativa”.

Ne consegue che la valutazione dei rischi deve comprendere anche la situazione ambientale e di sicurezza intesa anche come “security”, oltre all’analisi dei rischi molestie e violenza, deve contenere l’individuazione delle misure di prevenzione e protezione adottate contro tali rischi.

Esempio di queste ultime il codice aziendale (codice di comportamento o etico) del tipo prospettato dall’Accordo Europeo del 26/04/2007.

LEGGE DEL 23 APRILE 2009 N. 38. MISURE URGENTI IN MATERIA DI SICUREZZA PUBBLICA E DI CONTRASTO ALLA VIOLENZA SESSUALE, NONCHÉ IN TEMA DI ATTI PERSECUTORI”. STALKING”. Con questa legge il cd. “stalking” è entrato a far parte dell’ordinamento italiano, che ha introdotto all’articolo 612 bis del codice penale il reato di “atti persecutori”.

Perché sussista il reato, i comportamenti di minacce e di molestie devono determinare nella persona offesa un ”perdurante e grave stato di ansia o di paura”, ovvero un fondato timore per la propria incolumità o per quella di persone a lei vicine, oppure costringerla ad alterare le proprie abitudini di vita.

LEGGE DEL 15 OTTOBRE 2013 N. 119. DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI SICUREZZA E PER IL CONTRASTO DELLA VIOLENZA DI GENERE. Arricchisce il codice penale di nuove aggravanti e amplia al contempo le misure a tutela delle vittime di maltrattamenti e violenza domestica.

DECRETO LEGISLATIVO DEL 15 GIUGNO 2015 N. 80. MISURE PER LA CONCILIAZIONE DELLE ESIGENZE DI CURA, DI VITA E DI LAVORO. Introduce il congedo retribuito per le donne vittime di violenza. (Vedi CCNL)

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12 ACCORDO QUADRO SULLE MOLESTIE E LA VIOLENZA NEI LUOGHI DI LAVORO” SIGLATO IL 25/01/2016.

Recependo l’accordo quadro sulle molestie e la violenza nei luoghi di lavoro raggiunto nel 2007, afferma, tra l’altro, che ogni atto o comportamento che si configuri come molestie o violenza nei luoghi di lavoro, secondo le definizioni dell'Accordo, è inaccettabile e che i comportamenti molesti o la violenza subiti nel luogo di lavoro vanno denunciati.

LEGGE DEL 27 DICEMBRE 2017, N. 205. Ha modificato l'articolo 26 del codice delle pari opportunità di cui al d.lgs.198/2006 inserendovi due nuovi commi:

Il comma 3-bis che “prevede una specifica tutela per chi agisce in giudizio per aver subito una molestia o molestia sessuale in azienda. La lavoratrice o il lavoratore che agisce in giudizio per discriminazioni, per molestia o molestia sessuale sul luogo di lavoro non può essere: sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro se tale misura è la conseguenza della denuncia stessa. L’eventuale licenziamento ritorsivo o discriminatorio nei confronti della lavoratrice o del lavoratore denunciante è nullo e questi ha diritto non già al risarcimento del danno, ma alla reintegra sul posto di lavoro. Allo stesso modo sono nulli anche il mutamento di mansioni nonché qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del denunciante”.

Tutela che invece non è garantita “nei casi in cui sia accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale del denunciante per i reati di calunnia o diffamazione ovvero l’infondatezza della denuncia”. E relativamente alla distinzione tra le ipotesi della “calunnia” e quella della “infondatezza della denuncia” si rileva “come la calunnia scatti solo in caso di malafede, ossia nel caso in cui chi agisce ben conosce l’altrui innocenza; l’infondatezza invece sembra voler richiamare le ipotesi di assenza totale di condizioni che rendano credibile la denuncia stessa”.

Il comma 3-ter che precisa come obbligo del datore di lavoro, ai sensi del ricordato articolo 2087 c.c., sia quello di assicurare condizioni di lavoro tali da garantire l’integrità fisica e morale e la dignità dei lavoratori, anche concordando con le organizzazioni sindacali dei lavoratori le iniziative, di natura informativa e formativa, più opportune al fine di prevenire il fenomeno delle molestie sessuali nei luoghi di lavoro.

Aggiunge, inoltre, che le imprese, i sindacati, i datori di lavoro e i lavoratori e le lavoratrici si impegnano ad assicurare il mantenimento nei luoghi di lavoro di un ambiente di lavoro in cui sia rispettata la dignità di ognuno e siano favorite le relazioni interpersonali, basate su princìpi di eguaglianza e di reciproca correttezza.

NORMA PRINCIPALI CONTENUTI D.LGS. 198/2006. Sancisce una equiparazione tra molestie sessuali e discriminazioni di genere

LEGGE DEL 23/4/2009 N. 38. Lo stalking è entrato a far parte dell’ordinamento italiano, che ha introdotto all’art. 612 bis del codice penale il reato di “atti persecutori”.

Perché sussista il reato, i comportamenti di minacce e di molestie devono determinare nella persona offesa un” perdurante e grave stato di ansia o di paura”.

LEGGE 205/2017. Prevede una specifica tutela per chi agisce in giudizio per aver subito una molestia o molestia sessuale in azienda.

Obbligo del datore di lavoro, di assicurare condizioni di lavoro tali da garantire l’integrità fisica e morale e la dignità dei lavoratori.

Imprese, sindacati, datori di lavoro e lavoratori e lavoratrici si impegnano ad assicurare il mantenimento di un ambiente di lavoro in cui sia rispettata la dignità di ognuno e siano favorite le relazioni interpersonali, basate su princìpi di eguaglianza e di reciproca correttezza.

COME ORIENTARSI

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13 Come riconoscere situazioni di molestie e violenza in quali luoghi possono verificarsi?

Nel posto di lavoro, ivi compresi spazi pubblici e privati laddove questi siano un luogo di lavoro.

In luoghi in cui la lavoratrice o il lavoratore riceve la retribuzione, in luoghi destinati alla pausa o alla pausa pranzo, oppure nei luoghi di utilizzo di servizi igienico-sanitari o negli spogliatoi.

Durante spostamenti o viaggi di lavoro, formazione, eventi o attività sociali correlate al lavoro.

A seguito di comunicazioni di lavoro, incluse quelle rese possibili dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Durante gli spostamenti per recarsi al lavoro e per il rientro dal lavoro.

Dove finisce il complimento e inizia la molestia?

In primo luogo, è necessario sottolineare che, mentre alcuni gesti o proposte sono considerate chiaramente inaccettabili, certi comportamenti a volte non sono considerati univocamente inappropriati.

Ciò che per alcuni può essere considerato un complimento o una battuta, per altri può risultare offensivo; ciò si verifica soprattutto in luoghi di lavoro in cui ci sono differenze culturali, sociali o di provenienza significative o con un alto turnover, che comporta la scarsa conoscenza a livello personale.

Ogni persona, nell’ambiente di lavoro, deve però sentirsi libera di dire che trova un comportamento offensivo o inappropriato ed aspettarsi che gli altri la rispettino.

Un comportamento che offende qualcuno involontariamente può essere rapidamente corretto senza causare danni.

L'obiettivo è creare una cultura del lavoro in cui tutti si sentono ascoltati e rispettati.

La molestia sessuale, invece, viola la dignità della persona, creando sul luogo di lavoro un ambiente intimidatorio, ostile, degradante o umiliante.

La molestia sessuale spesso mette a repentaglio la salute, la carriera, ecc., di una persona vulnerabile per la sua posizione (a causa del genere, dell’età, dello status sociale, della disabilità, ecc.).

Sono di fronte ad una molestia a sfondo sessuale quando si verificano:

Contatti fisici fastidiosi e indesiderati;

apprezzamenti indesiderati, verbali o non verbali;

commenti inappropriati con riferimenti alla sessualità della persona;

scritti ed espressioni verbali sulla presunta inferiorità della persona in quanto appartenente a un determinato sesso o denigratori in ragione della diversità di espressione della sessualità;

gesti, proposte o “scherzi” a sfondo sessuale;

domande invadenti su relazioni personali;

invio di immagini o e-mails inappropriate;

un approccio fisico di natura sessuale, o la richiesta di un rapporto fisico quando l’altro/a non mostra alcun interesse;

intimidazioni, minacce e ricatti subiti per aver respinto comportamenti finalizzati al rapporto sessuale.

Quando si verifica una molestia psicologica?

La molestia psicologica deve essere distinta dai problemi relazionali o dai conflitti personali tra due persone.

I conflitti si verificano in ogni luogo di lavoro e, entro un certo limite, possono risultare anche costruttivi.

Sono di fronte ad una molestia psicologica quando un collega o un gruppo di colleghi tengono in modo continuato un comportamento scorretto nei confronti di un altro lavoratore, di un gruppo di colleghi, di un superiore o di un sottoposto individuato come vittima, umiliato, offeso, minacciato.

Alcuni esempi:

urlare;

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usare un linguaggio offensivo o sarcastico;

offendere;

criticare continuamente il/la lavoratore/trice;

escludere il/la lavoratore/trice da eventi sociali o dai coffee breaks;

nascondere informazioni importanti;

assegnare al/alla lavoratore/trice troppi compiti, troppo difficili, degradanti o troppo facili.

Come accorgersi del rischio di atti di violenza sul mio luogo di lavoro?

Un atto di violenza insorge generalmente in situazioni caratterizzate da forte tensione o tensione repressa oppure da pressione, nonché laddove siano in gioco questioni personali.

I contrasti che non sono stati risolti nel modo appropriato possono degenerare in atti di violenza.

Cambiamenti nel comportamento del/della mio/a collega?

Le conseguenze per il singolo possono variare notevolmente:

• demotivazione per il lavoro;

• stress (ciò vale anche per chi è indirettamente vittima, chi assiste all'atto o all'episodio di violenza);

• danni alla salute fisica o psicologica;

• sintomi post traumatici come paure, fobie e disturbi del sonno;

• incremento, apparentemente immotivato, delle assenze.

Fonte: EU-OSHA, infografica “Third-party violence in the workplace” (2015).

Cosa fare nell’immediato?

Per prevenire ulteriori danni e limitare le conseguenze negative è importante:

• collaborare all’instaurarsi e al consolidarsi di un ambiente di lavoro privo di pregiudizi, nel rispetto della professionalità dei colleghi e dei soggetti terzi con cui si viene a contatto nello svolgimento dei propri compiti,

• non lasciare solo/a il/la lavoratore/trice che ha subito o che ha assistito a un atto di violenza nelle ore successive all’avvenimento;

• la partecipazione, la solidarietà e l'appoggio del personale dirigenziale alla vittima;

• fornire un sostegno alla vittima nell'immediato e nelle fasi successive in caso di sindrome post traumatica;

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• offrire sostegno alla vittima per il disbrigo delle formalità amministrative e giuridiche (denuncia, azioni legali, ecc.);

• informare gli altri lavoratori per evitare che si diffondano voci infondate;

• riesaminare la valutazione dei rischi per individuare le misure aggiuntive da adottare.

Cosa può fare il datore di lavoro?

• Attuare quanto previsto dal d.lgs. 81/2008 e s.m.i., con particolare riferimento alla valutazione di tutti i rischi ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato;

• Formare e informare i lavoratori sui temi della legalità, trasparenza, correttezza, indipendenza, dignità e rispetto nei rapporti interpersonali, comunicazione non violenta, diffondendo la conoscenza degli strumenti adottati dall’Istituto quali i codici di comportamento ed etico;

• creare una cultura del lavoro basata sul rispetto reciproco;

• dare il buon esempio e richiedere atteggiamenti e comportamenti rispettosi dei lavoratori;

• affrontare precocemente i conflitti tra lavoratori.

• per quanto attiene i rischi psico-sociali (in particolare lo stress lavoro- correlato), nella valutazione dei rischi prevista ai sensi del d.lgs.81/2008 e

s.m.i. questi devono essere considerati e analizzati sia per gli uomini che per le donne, e riportati nel Documento di valutazione dei rischi in modo disaggregato, tenendo anche conto dei fattori previsti all’art.28 del suddetto decreto: età, paese di provenienza e tipologia contrattuale.

Inoltre, vanno debitamente considerati elementi attinenti all’equilibrio vita privata-lavoro, agli orari di lavoro, alle possibilità di carriera, a eventuali episodi di molestie e violenze, a fenomeni di discriminazione

In ogni caso, è importante fornire al soggetto vittima di aggressioni, minacce o violenze la possibilità di ricorrere a un’attività di riflessione allo scopo di eliminare o alleviare le conseguenze emotive spesso generate da questo tipo di esperienza.

Il ciclo della riflessività di Gibbs, schematizzato nel box nelle sue parti più rilevanti, può rappresentare una traccia utile da seguire, anche indipendentemente dalla presenza di uno psicologo.

Si compone di una serie di domande che servono a contestualizzare e rielaborare l’accaduto, tenendo in considerazione l’impatto dell’evento traumatico su tutto il gruppo di lavoro.

Il ciclo della riflessività di Gibbs

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16 Cosa fare e a chi rivolgersi se subiamo o siamo testimoni di un evento di molestia o violenza?

La reazione delle persone agli atti di violenza, siano esse vittime o testimoni, può dipendere dalla loro personalità, dai loro vissuti individuali, dai meccanismi di reazione basati sull’esperienza, dalle caratteristiche fisiche dell’ambiente in cui si trovano e dalle norme e regole organizzative.

La loro risposta può essere passiva (accettazione o fuga) o attiva (negoziazione o autodifesa sul piano fisico).

La violenza sul luogo di lavoro rappresenta di fatto un concreto fattore di rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori, non è un problema individuale, va affrontato in maniera strutturale all’interno del sistema di prevenzione ed impone l’adozione di un modello organizzativo che si avvalga di adeguati strumenti di rilevazione, di monitoraggio e di gestione degli eventi avversi.

Per rivelarsi efficace, il modello organizzativo deve dotarsi di un sistema che registri episodi anche non conclamati di violenza, incoraggiando, ovviamente, la denuncia di eventuali atti conclamati, ma anche la segnalazione di fatti o comportamenti subdoli, reiterati e meno rilevanti che siano comunque offensivi della dignità della persona.

L’attuale quadro normativo di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, costituito dal d.lgs. 81/2008 e s.m.i., ha specificamente individuato lo stress lavoro- correlato come uno dei rischi oggetto di valutazione obbligatoria da parte del Datore di Lavoro e frutto della collaborazione degli attori della prevenzione:

Medico Competente,

Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione

Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

Nei casi di violenza fisica, i fatti sono facili da accertare, mentre è più difficile prevedere come la potenziale vittima reagirà ad atti reiterati di molestia e/o violenza psicologica, peraltro più difficili da riconoscere anche da parte di eventuali testimoni.

Molte vittime (uomini e donne) spesso non parlano delle loro esperienze di molestie ricevute, per vergogna, per mancanza di fiducia nei confronti dell’interlocutore, per paura del giudizio.

Figure di riferimento alle quali potersi rivolgere sono:

Il/la Consigliere/a di Fiducia (se presente)

il Dirigente

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il Medico Competente

il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza

la RSU e la RSA

Numero verde antiviolenza e stalking 1522 (gratuito, attivo H24). Promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri

Numero di pubblica utilità. Dal 2006 il Dipartimento per le pari opportunità ha sviluppato, mediante l’attivazione del numero di pubblica utilità 1522, un’ampia azione di sistema per l’emersione e il contrasto del fenomeno della violenza intra ed extra familiare a danno delle donne.

Nel 2009 il Numero ha iniziato un’azione di sostegno anche nei confronti delle vittime di stalking.

Il 1522 è attivo h 24 tutti i giorni dell’anno ed è accessibile dall’intero territorio nazionale gratuitamente, sia da rete fissa che mobile, con un’accoglienza disponibile nelle lingue italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo.

Le operatrici telefoniche forniscono una prima risposta ai bisogni delle vittime di violenza di genere e stalking, offrendo informazioni utili e un orientamento verso i servizi sociosanitari pubblici e privati presenti sul territorio nazionale.

STRUMENTI

Strumenti per incentivare le buone pratiche per prevenire molestie e violenza sul lavoro: i codici aziendali. Efficaci misure per prevenire molestie e violenze nei luoghi di lavoro possono derivare dalla efficace adozione di codici aziendali, siano essi codici etici o di condotta, intesi comunque come atti di autonormazione all’interno di un ente o di una azienda, pubblica o privata che sia.

La Comunità Europea li ha incentivati sin dai primi anni ’90, per reprimere e punire le molestie sessuali, allargandone successivamente l’oggetto alle discriminazioni e al mobbing.

Tali strumenti si inseriscono nella gerarchia delle fonti in posizione sussidiaria, poiché integrano, affiancano e supportano le regole contenute nei contratti collettivi e nelle leggi, specialmente nell’ambito del pubblico impiego, nella normativa interna (circolari, regolamenti (ecc ).

I Codici etici e/o di condotta esistenti oggi nelle Pubbliche Amministrazioni, come in molte grandi aziende private, sono stati redatti a partire dagli anni 90 e hanno subito nel tempo una profonda evoluzione in termini di ambiti di tutela, di competenze e di effettiva prevenzione.

I Codici di fine secolo scorso sono rivolti in via prioritaria, se non esclusiva, alla tutela contro le molestie sessuali e le discriminazioni di genere, in particolare contro le discriminazioni su sesso, razza, etnia, religione, handicap e orientamento sessuale. L’evoluzione normativa e giurisprudenziale ha portato a “codici di seconda generazione” che partendo da un più generale concetto di protezione della dignità umana prevedono l’estensione della tutela dei lavoratori e delle lavoratrici anche contro le molestie morali e psicologiche e al mobbing.

I codici per essere efficaci devono però essere frutto di vera riflessione e definizione delle norme riconosciute come essenziali e proprie dalla comunità che le adotta, non devono essere redatti per assolvere a obblighi formali, magari copiati da modelli standard.

L’effettiva operatività dei codici dipende dalla capacità di superare casistiche astratte, trascendendo dall’aspetto meramente repressivo e negativo (divieto di operare azioni quali molestie, discriminazioni o mobbing) per disciplinare invece azioni positive volte a realizzare, quanto più possibile, un clima favorevole rispetto alla dignità delle lavoratrici e dei lavoratori.

I codici etici e/o di condotta più moderni prendono in considerazione tutte le fattispecie di possibile turbamento della vita lavorativa e promuovono le modalità con le quali ricercare e correggere le situazioni che incidono negativamente sul clima aziendale, costituendo un supporto normativo per

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18 l’azienda che ricerca il benessere psicosociale del dipendente. In questi codici è implicita l’inclusione, con procedure di intervento mirate, delle fattispecie più critiche quali, appunto, molestie sessuali o mobbing.

I codici etici o di condotta prevedono normalmente anche strumenti di attuazione della prevenzione o repressione delle violenze o molestie: in molti casi i Codici fanno espresso riferimento a soggetti con competenze specifiche quali i/le Consiglieri/e di fiducia, figura prevista dalla normativa europea e in particolare dalla Risoluzione del Parlamento Europeo A3/0043/94.

Questa figura nasce nell’ambito della tutela dalle molestie sessuali e delle discriminazioni di genere, quale “professionista di fiducia della azienda” (pubblica o privata) chiamato ad attuare il Codice di condotta con l’obiettivo di eliminare i fattori negativi e di promuovere un clima favorevole nel luogo di lavoro, secondo precise procedure (prevalentemente attraverso una procedura informale, diretta a prevenire, mediare e risolvere i conflitti).

Anche il TU per la sicurezza individua i codici etici e di condotta tra gli strumenti di prevenzione art 15 c1 lett h “la programmazione delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, anche attraverso l’adozione di codici di condotta e di buone prassi.

Infatti codici di condotta, di comportamento e buone prassi possono prevenire i rischi di infortuni e di malattie professionali anche in considerazione del fatto che sono divenuti uno degli strumenti che deve essere valorizzato dalla Commissione Consultiva permanete presso il Ministero del Lavoro di cui all’art. 6 del decreto legislativo 81/2008.

Come sostenere le colleghe o i collegi molestati Come vi comportate se, nel vostro ambiente, osservate delle molestie sessuali

→ Potete sostenere la persona molestata con le seguenti misure:

→ Non ridete anche voi se qualcuno fa osservazioni sessiste o racconta barzellette sessiste.

→ Parlate con la vittima se pensate o vi accorgete che subisce molestie sessuali.

→ Incoraggiatela a difendersi attivamente.

→ Accompagnatela ai colloqui con l’interlocutrice o l’interlocutore della vostra azienda o presso un consultorio esterno.

→ Non intraprendete nulla contro la volontà della vittima.

→ Richiamate l’attenzione dei superiori e delle superiore sulle molestie.

→ Mettetevi a disposizione come testimone. Godete della protezione contro i licenziamenti pronunciati per ritorsione.

→ Impegnatevi affinché anche nella vostra azienda vengano prese misure preventive contro le molestie sessuali.

MOLESTIE E MOBBING

Il fenomeno delle molestie va tenuto ben distinto da quello, pur così diffuso, del mobbing, quantunque, nei singoli casi concreti, possano sicuramente esservi dei punti di contatto fra l’uno e l’altro.

Innanzi tutto, v’è una differenza sul piano del riconoscimento giuridico: le molestie sono state fatte oggetto di una definizione e di una disciplina specifiche da parte del legislatore; il mobbing resta ancora oggi privo di una disciplina legale espressa e riconosciuto soltanto da parte dei giudici (con tutte le conseguenti incertezze anche in termini di esito della controversia).

Anche il mobbing si caratterizza come un fenomeno persecutorio che incide sulla sfera morale e comporta una lesione della dignità della persona.

Stando alle ricostruzioni giurisprudenziali, peraltro, il mobbing rileva quando i comportamenti persecutori si manifestano con carattere di ripetitività e sistematicità, mentre l’illiceità delle molestie è suscettibile di emergere anche in relazione a vicende isolate.

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19 Il mobbing, infine, si caratterizza per la finalità del soggetto agente, i cui comportamenti vessatori sono tipicamente diretti ad emarginare la vittima dall’ambiente di lavoro, al limite inducendola a rassegnare le dimissioni; mentre obiettivi del genere non sono affatto necessari per poter considerare giuridicamente illecite le molestie.

I COMITATI UNICI DI GARANZIA NEL PUBBLICO IMPIEGO

L'art. 21 della Legge 4 novembre 2010 n.183, novellando l'art. 57 del Decreto Legislativo n. 165/2001, ha previsto la costituzione, presso le Pubbliche Amministrazioni di cui all'art. 2 del D.lgs. 165/2001, del

"Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni", che sostituisce, unificandone le competenze, i Comitati per le Pari Opportunità e i Comitati Paritetici sul fenomeno del mobbing.

Il 4 marzo 2011 sono state emanate linee guida sulle modalità di funzionamento dei Comitati Unici di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni.

Composizione del CUG. Il CUG ha composizione paritetica, e deve essere composto da un componente designato da ciascuna delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello di amministrazione ai sensi degli art. 40 e 43 del d. lgs 165/2001, e da un pari numero di rappresentanti dell’amministrazione, nonché da altrettanti componenti supplenti.

Il presidente è designato dall’Amministrazione, e deve essere una/un dipendente scelta/o tra gli appartenenti ai ruoli della stessa amministrazione, deve possedere elevate capacità organizzative e comprovata esperienza maturata anche in analoghi organismi o nell’esercizio di funzioni di organizzazione e gestione del personale.

Il CUG deve assicurare nel complesso la presenza paritaria di entrambi i generi.

Nomina. Il CUG è nominato con atto del Dirigente preposto al vertice dell’Amministrazione, in base a quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e nel caso in cui al vertice vi siano più dirigenti la competenza è del Dirigente cui compete la gestione delle risorse umane.

Competenze. I componenti del CUG devono possedere adeguate conoscenze nelle materie di competenza del CUG, adeguate esperienze nell’ambito delle pari opportunità e/o del mobbing, del contrasto alle discriminazioni, rilevabili attraverso il percorso professionale, adeguate attitudini relazionali e motivazionali.

Mandato. Le/i componenti durano in carica 4 anni e gli incarichi possono essere rinnovati una sola volta.

Funzionamento del CUG. Il CUG assorbe e unifica in una logica di continuità tutte le funzioni che la legge, i contratti collettivi e altre disposizioni attribuivano ai C.P.O. Comitati per le pari opportunità volti al contrasto alle discriminazioni di genere e alle molestie sessuali e ai Comitati paritetici sul fenomeno del mobbing, già previsti dai contratti nazionali di lavoro , volti alla tutela del benessere dei lavoratori e delle lavoratrici e dalle molestia/violenza di carattere psicologico nei luoghi di lavoro.

A titolo semplificativo il CUG ha:

Funzioni propositive in materia di predisposizione di piani di azioni positive, per favorire l’uguaglianza sostanziale sul lavoro tra uomini e donne;

promozione e/o potenziamento delle iniziative che attuano le politiche di conciliazione, le direttive comunitarie per l’affermazione sul lavoro della pari dignità delle persone e azioni positive al riguardo;

temi che rientrano nella propria competenza ai fini della contrattazione integrativa; analisi e programmazione di genere che considerino le esigenze delle donne e quelle degli uomini (es bilancio di genere);

diffusione delle conoscenze ed esperienze sui problemi delle pari opportunità e sulle possibili soluzioni adottate da altre amministrazioni o enti, anche in collaborazione con la Consigliera di parità del territorio di riferimento; azioni atte a favorire condizioni di benessere lavorativo;

azioni positive, interventi e progetti, quali indagini di clima, codici etici e di condotta, idonei a prevenire o rimuovere situazioni di discriminazioni o violenze sessuali, morali o psicologiche – mobbing- nell’Amministrazione pubblica di appartenenza.

Il CUG propone agli organismi competenti piani formativi per tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici. Funzioni

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20 consultive su progetti di riorganizzazione dell’Amministrazione di appartenenza:

→ sui piani di formazione del personale; sull’orario di lavoro, le forme di flessibilità lavorativa e gli interventi di conciliazione; sui criteri di valutazione del personale;

→ sui temi della contrattazione integrativa che rientrano nelle proprie competenze.

Funzioni di verifica sui risultati delle azioni positive, dei progetti e delle buone pratiche in materia di pari opportunità:

→ sugli esiti delle azioni di promozione del benessere organizzativo e prevenzione del disagio lavorativo;

→ sugli esiti delle azioni di contrasto alle violenze morali e psicologiche nei luoghi di lavoro –mobbing;

sull’assenza di ogni forma di discriminazione, diretta e indiretta, relativa al genere, all’età, nell’accesso, nel trattamento e nelle condizioni di lavoro, nella formazione professionale, nella promozione e negli avanzamenti di carriera e sicurezza del lavoro.

Gli obblighi. Il CUG entro 60 giorni dalla sua costituzione deve adottare un Regolamento che disciplini le modalità di funzionamento (periodicità delle riunioni, validità delle stesse, verbali, rapporti sulle attività, diffusione delle informazioni, casi di dimissioni, decadenza e cessazione della/del Presidente e dei/delle componenti, audizione di esperti etc.)

Il CUG entro il 20 febbraio di ogni anno deve redigere insieme con la Direzione del personale la relazione di sintesi indicata nella Direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 2007, in precedenza di competenza dei Comitati Pari Opportunità.

Il CUG entro il 30 marzo di ogni anno deve redigere e trasmettere ai vertici politici ed amministrativi dell’Amministrazione di appartenenza una relazione dettagliata riferita all’anno precedente riguardante l’attuazione dei principi di parità, pari opportunità, benessere organizzativo, e di contrasto ai fenomeni di mobbing, cioè alle discriminazioni e alle violenze morali e psicologiche nei luoghi di lavoro. La relazione tiene conto anche dei dati e delle informazioni forniti sui predetti temi: dall’amministrazione e dal datore di lavoro ai sensi del D.Lgs n. 81/2009; dalla relazione redatta dall’Amministrazione ai sensi della direttiva 23 maggio 2007 della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Il ruolo delle Amministrazioni. L’Amministrazione è invitata a consultare preventivamente il CUG ogni qualvolta debba adottare atti interni nelle materie di competenza del CUG, ad esempio in materia di congedi, formazione, flessibilità e orario di lavoro, progressioni di carriera ecc.; l’Amministrazione fornisce al CUG tutti i dati e le informazioni necessarie a garantirne l’effettiva operatività, mette a disposizione le risorse umane e strumentali idonee a garantire le finalità previste alla legge.

La mancata costituzione del CUG comporta responsabilità dei dirigenti incaricati della gestione del personale, da valutare anche al fine del raggiungimento degli obiettivi. Pertanto, se siete dipendenti pubblici e nella vostra Amministrazione il CUG non è stato ancora costituito o, pur essendo stato costituito, non si è ancora riunito potete inoltrare una segnalazione agli OIV ed ai competenti organi di controllo anche regionali o nazionali.

Ciascuna Amministrazione realizza sul proprio sito web un’apposita area dedicata alle attività del CUG, periodicamente aggiornata a cura dello stesso.

IL RUOLO DEL SINDACATO NEI C.U.G

Il CUG ha composizione paritetica ed è formato da componenti designati da ciascuna delle OO.SS.

rappresentative, e da pari numero di rappresentanti dell’Amministrazione, assicurando nel complesso la presenza paritaria di entrambi i generi, auspicando che i componenti provengano dalle diverse aree geografiche funzionali.

il ruolo del sindacato non è immediatamente individuato, ma va ricercato nell’ambito della disciplina generale disposta dai contratti collettivi nazionali in materia di partecipazione sindacale e deve essere correlato ai compiti attribuiti appunto dalla normativa vigente ai CUG.

La nuova visione del ruolo sindacale, determinata dalla condivisione degli obiettivi e delle risorse con gli altri componenti - quelli nominati dalle amministrazioni, deve portare ad una maggiore “concertazione”, condivisa dalle OO.SS. e dalle R.S.U/RSA, al fine di individuare misure atte a favorire l’effettiva cultura della conciliazione, delle pari opportunità e del miglioramento delle condizioni di lavoro.

L’azione sindacale deve sollecitare politiche aziendali verso una maggiore flessibilità che rispondano non

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