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Corso professionale. privato. Saldatore

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Corso professionale privato

di

Saldatore

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I MATERIALI METALLICI

Tutti i materiali metallici a temperatura ambiente si presentano allo stato solido (l’unica eccezione è costituita dal mercurio che si trova allo stato liquido).

In tale condizione gli atomi sono disposti in modo regolare formando una struttura ordinata e ripetitiva chiamato reticolo cristallino.

Esistono svariate tipologie di reticolo cristallino.

I vari reticoli cristallini uniti tra di loro formano una struttura chiamata grano.

La forma del reticolo cristallino e del grano conferisce ai metalli diverse caratteristiche di resistenza, durezza e in generale tutte le caratteristiche di interesse industriale, quindi dipende da questo l’utilizzo a livello industriale dei vari metalli.

Ad esempio un metallo che presenta un grano più fine è più

facilmente lavorabile di un metallo che ha un grano più

grosso, questo però potrà essere usato quando, in una

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particolare applicazione, siano richieste spiccate proprietà di durezza.

In definitiva possiamo dire che a secondo dell’utilizzo che noi dobbiamo fare del materiale, possiamo eseguire trattamenti che ci danno grano più o meno grande.

Proprietà comune a tutti i materiali metallici è la conducibilità termica ed elettrica.

Una prima classificazione che può essere fatta è tra :

Metalli puri: Quelli cioè formati da un unico elemento.

Es. Ferro, Alluminio, Rame, Zinco ecc.

Leghe metalliche : Quelli formati da più di un elemento, in cui quello in quantità maggiore costituisce

la matrice. Es. Acciaio e ghisa ( composti da ferro e carbonio) bronzo (rame e stagno) e ottone ( rame e zinco ) ecc.

Per formare una lega è importante vedere l’affinità

chimica tra i metalli, infatti non tutti i metalli possono

essere legati insieme per formare una lega di buona

qualità.

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Se ad esempio prendiamo due materiali non affini chimicamente il risultato sarà un effetto “granito”.

A livello industriale i metalli si suddividono in 2 grandi classi:

Materiali ferrosi: Quelli cioè a matrice ferrosa che sono principalmente acciaio e ghisa.

Materiali non ferrosi : Sono i materiali a matrice non ferrosa , principalmente a base di alluminio, zinco, rame e le loro leghe.

Vediamo ora i principali materiali ferrosi le caratteristiche e le applicazioni.

Come abbiamo detto la matrice di questi materiali è costituita dal ferro.

Non esiste un solo tipo di ferro ma abbiamo Feα , Feg e

Fed che si differenziano per il loro differente reticolo

cristallino e, a seconda del tipo di ferro che abbiamo il

materiale avrà diverse caratteristiche e proprietà

meccaniche.

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Si può passare da una tipologia di ferro ad un’altra sottoponendo il materiale ad un particolare trattamento termico .

Le principali leghe del ferro sono acciaio e ghisa costituiti come elementi base da ferro e carbonio .

Un acciaio può essere definito come une lega ferro- carbonio in cui il contenuto di carbonio non supera il 2,06%

, nella pratica però in un acciaio sono sempre presenti altri elementi in quantità non trascurabili, che vengono aggiunti per conferire all’acciaio proprietà speciali come ad esempio la resistenza alla corrosione.

Gli acciai possono essere classificati in base :

Alla tecnica di produzione

Composizione chimica

Alle caratteristiche chimiche e fisiche ( resistenza alla corrosione )

In base alle applicazioni ( acciai da costruzione , di uso

generale ecc.)

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Una ghisa può essere invece definita come una lega ferro- carbonio avente un contenuto di carbonio compreso tra il 2,06% e il 6,67%.

Le caratteristiche meccaniche ad un materiale non sono date però solo dalla composizione chimica ma un grande ruolo viene giocato dal trattamento termico a cui il materiale viene sottoposto.

Durante una lavorazione di saldatura il processo che è subito dal materiale può essere assimilato ad un trattamento termico.

Le trasformazioni da trattamento termico sono dette trasformazioni allo stato solido in quanto il materiale non viene mai portato alla temperatura di fusione ma a particolari temperature detti punti critici.

Le fasi principali di un trattamento termico sono costituite da :

• una fase di riscaldamento fino al raggiungimento di

una temperatura critica

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• mantenimento ad un temperatura superiore a quella critica per il tempo necessario a far avvenire le trasformazioni volute

• un raffreddamento che può essere più o meno veloce a secondo delle caratteristiche che vogliamo dare al nostro materiale.

Le temperature critiche sono denominate :

• A3 la temperatura in cui si ha il passaggio da ferro-α in ferro-g (circa 900 °C )

• A4 la temperatura in cui si ha il passaggio da ferro-d a ferro-g (circa 1400 °C )

Le temperature critiche comunque variano in funzione della quantità di carbonio presente.

Come abbiamo detto un fattore importantissimo in un

trattamento termico è rappresentato dalla velocità di

raffreddamento , infatti dopo aver riscaldato il materiale al

di sopra della temperatura critica se raffreddiamo

lentamente fino alla temperatura ambiente diamo il tempo

al materiale di riacquistare le caratteristiche che aveva

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prima del raffreddamento, invece se raffreddiamo più velocemente non diamo tempo al materiale di riassettarsi nella configurazione che aveva prima del riscaldamento e riusciamo quindi a “congelare “ nel materiale una determinata struttura ( ad esempio riusciamo ad avere ferro- g anche a temperatura ambiente ).

La velocità di raffreddamento a cui abbiamo o meno le trasformazioni volute è detta velocità critica.

Accenniamo ora i principali trattamenti termici sugli acciai

-Trattamenti ad una temperatura superiore ad A3:

Ricottura : Con questo termine si indica un trattamento

termico caratterizzato da un riscaldamento ad una

temperatura superiore alla A3, un prolungato mantenimento

a questa temperatura, raffreddamento lento a velocità molto

inferiore alla velocità critica (il raffreddamento molto

spesso avviene in forni speciali che abbassano molto

lentamente la temperatura).

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Lo scopo di questo trattamento è quello di aumentare la lavorabilità degli acciai, omogeneizzare la composizione di un determinato acciaio proveniente dalla fonderia.

Normalizzazione : Si ha un riscaldamento a temperatura superire ad A3, un mantenimento a questa temperatura per un tempo sufficiente a far avvenire le trasformazioni allo stato solido volute, ed un raffreddamento che questa volta viene effettuato in aria, quindi ad una velocità superiore a quella di prima ma sempre minore della velocità critica.

Con questo metodo si ottiene un acciaio a grano fine

(quindi abbiamo detto prima avente una buona lavorabilità), regolare ed omogeneo.

Rispetto alla ricottura vista prima abbiamo un notevole vantaggio economico in quanto la l’intero ciclo di operazioni termina molto più velocemente e si evita di immobilizzare il forno per troppo tempo.

Tempra: Abbiamo un riscaldamento ad una temperatura

superiore ad A3, mantenimento a questa temperatura per un

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tempo sufficiente per far avvenire le trasformazioni volute, raffreddamento ad velocità superiore alla velocità critica in modo di congelare a temperatura ambiente la struttura che avevamo a temperatura superiore alla temperatura critica.

L’elevata velocità di raffreddamento si ottiene immergendo il pezzo in bagno temprante che a secondo della severità del trattamento può essere olio, acqua o una miscela di acqua e sale.

Questo trattamento ci consente di avere un materiale estremamente duro, ma anche estremamente fragile.

Può essere utilizzato ad esempio per acciai da utensili in cui l’acciaio deve avere spiccate caratteristiche di durezza.

La tempra a secondo del tempo di mantenimento ad alta temperatura può essere sia totale che superficiale, la tempra superficiale si fa quando vogliamo un materiale che abbia una buona resistenza all’usura esternamente e conservi buone caratteristiche meccaniche all’interno.

-Trattamenti ad una temperatura inferiore ad A3:

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Rinvenimento : Solitamente questo è un processo che si accoppia con la tempra e serve a dare oltre alla durezza ottenuta tramite tempra, anche una buona lavorabilità al materiale.

Gli effetti che si possono ottenere sono generalmente funzione sia della composizione del materiale che della temperatura raggiunta, che comunque sarà sempre inferiore ad A3, ed il tempo di mantenimento a tale temperatura.

Le applicazioni di acciai e ghise interessano i campi di uso più generale, si può andare dall’industria navale a quella edile ( che da sola copre circa l’80 % del mercato totale ) nella costruzione di navi, serbatoi, ponti.

L’acciaio è sfruttato soprattutto per le sue eccellenti

tecnologie meccaniche, la ghisa è sfruttata ad esempio nella

costruzione dei termosifoni, è meno resistente dell’acciaio

( la maggiore presenza di carbonio aumenta la fragilità del

materiale ) ed ha spiccate proprietà di capacità termica e

conducibilità termica.

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L’utilizzo che vogliamo fare dell’acciaio determina anche gli elementi che vengono aggiunti, ad esempio nell’

industria navale, essendo il materiale costantemente in contatto con l’acqua del mare che è altamente corrosiva, abbiamo bisogno di un acciaio resistente alla corrosione, aggiungiamo quindi elementi, tipo il cromo, che ci aumentano questa proprietà.

Vediamo ora le leghe a matrice non ferrosa e gli altri materiali che incontrano ampio utilizzo a livello industriale.

Tra questi grande importanza ha il rame, infatti questo ha delle proprietà che nel loro insieme nessun altro materiale di uso industriale può vantare e le principali sono :

• Elevata conducibilità termica ed elettrica (in particolare quest’ultima è sfruttata particolarmente per la costruzione di cavi elettrici).

• Facilità di formatura ed elevata deformabilità sia a caldo che a freddo.

• Facilità di entrare in lega con vari metalli.

• Buona resistenza alla corrosione.

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• Facilità di saldatura.

Le principali applicazioni del rame sono: in campo elettrico, in campo meccanico ( guarnizioni e chiodi ) , in campo civile ( tubazioni, tetti , e rivestimenti vari ), infine viene molto usato per fare dei contenitori in quanto , come abbiamo detto prima, è molto resistenze all’attacco di agenti esterni.

Il rame ha un costo indicativo che è circa 10 volte maggiore rispetto a quello di un acciaio comune.

Importanti dal punto di vista industriale sono anche le leghe di rame, in quanto attraverso l’aggiunta di diversi elementi , ne riusciamo a migliorare le caratteristiche.

In particolare i principali vantaggi sono dati da migliori caratteristiche meccaniche, migliore colabilità e lavorabilità alle macchine utensili , migliore resistenza alla corrosione.

Le più importanti leghe del rame sono :

• Ottoni: composti da rame e zinco, in percentuali che

possono essere variabili. Le principali applicazioni

sono in componenti elettrici e per scambio termico,

impieghi navali, in questo caso sfruttiamo le

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caratteristiche di leggerezza e di resistenza alla corrosione, infine per le spiccate proprietà di lavorabilità e formatura vengono utilizzate per fini ornamentali ed estetici, come ad esempio maniglie ed utensili vari.

• Bronzi : i più importanti sono quelli composti da rame e stagno, esistono comunque altri bronzi ad esempio quelli al silicio o all’alluminio. Questi hanno una resistenza alla corrosione maggiore rispetto agli ottoni e spesso sono utilizzati, proprio per questa loro spiccata proprietà ,per la costruzione di elementi a contatto con ambienti acidi altamente corrosivi.

Un altro metallo altamente utilizzato a livello industriale è l’alluminio.

La più nota caratteristica di un alluminio è il basso peso

specifico, proprietà che può essere sfruttata in svariati

campi, possiede inoltre elevata conducibilità termica ed

elettrica ( conducibilità che sono inferiori rispetto al rame e

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alle sue leghe, ma molto superiori ad esempio alla conducibilità dell’acciaio).

L’alluminio commerciale puro ha un basso carico di rottura, questo tuttavia può essere facilmente aumentato attraverso dei particolari trattamenti o attraverso l’aggiunta di elementi di lega, agendo però a discapito della lavorabilità.

Possiamo quindi dire che l’alluminio puro è utilizzato quando abbiamo bisogno di un materiale che sia facilmente formabile senza richiedere grandi valori di resistenza, ad esempio è impiegato in utensileria da cucina, in apparecchiature di stoccaggio e trattamento di sostanze alimentari e chimiche, mentre sottoponiamo l’alluminio a particolari trattamenti quando sono richiesti valori di resistenza più elevati, la resistenza alla corrosione delle leghe di alluminio è comunque inferiore rispetto all’alluminio puro.

Un altro materiale che oggi si sta affermando è il titanio

che ha però un costo elevatissimo e bisogna sottoporlo a

dei trattamenti speciali.

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Saldabilità dei materiali

Lo studio della saldatura per fusione è caratterizzato da una grandissima interdisciplinarietà, cioè interessa varie discipline.

Durante il processo di saldatura per fusione, i cicli termici prodotti dal movimento della sorgente di calore causano cambiamenti dello stato fisico, trasformazioni metallurgiche , e tensioni termiche residue.

Al termine della saldatura, il prodotto finito potrebbe contenere discontinuità fisiche, dovute ad esempio ad un raffreddamento troppo veloce oppure dovute al fatto che il materiale di partenza non era omogeneo.

Per sapere se un determinato processo di saldatura è adeguato o meno al materiale che dobbiamo saldare dobbiamo tener presente vari parametri:

Analisi termica, è funzione delle caratteristiche del

materiale quali ad esempio calore specifico,

temperature critiche.

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Fenomeni chimici, dobbiamo vedere cioè, se in seguito alla fornitura di energia si hanno reazioni chimiche con la creazione di un prodotto finale con caratteristiche molto diverse rispetto al materiale di partenza.

Analisi geometrica, in funzione della geometria del giunto possiamo avere diversi risultati nella saldatura, ad esempio può variare la dispersione del calore, inoltre la geometria ci può variare anche le tensioni residue nel materiale

In un operazione di saldatura si identificano 3 zone

principali : 1- zona fusa, cioè quella zona del materiale

che è a diretto contatto con la fonte di calore, 2- zona

termicamente alterata, cioè quella zona del materiale che

è posta subito affianco alla zona fusa, è la zona del

materiale che subisce il ciclo termico più severo, questo

perché la temperatura raggiunta è superiore a quella

critica, e si ha una velocità di raffreddamento molto alta

( è come se stiamo facendo al materiale un ciclo termico

di tempra ) ,3- c’è infine una terza zona che pur

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riscaldandosi non raggiunge temperature critiche, quindi non è soggetta ad importanti cicli termici.

La parte di una giunzione saldata più soggetta alla rottura è la zona termicamente alterata ( ZTA ).

Essendo la zona termicamente alterata quella più soggetta al rischio di rottura , bisogna cercare di limitare il più possibile l’ampiezza di questa zona.

La limitazione di questa zona può essere ottenuta in diversi modi, tra questi il principale è quello di aumentare l’apporto termico sul pezzo e quindi aumentare la velocità di saldatura.

Un indicazione sulla grandezza della zona termicamente

alterata e quindi sulla bontà della saldatura ci viene data

dal rapporto di forma, definiti come il rapporto tra la

profondità e la larghezza della saldatura.

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I cicli termici di saldatura sono dei veri e propri trattamenti termici, e da essi dipende la struttura microscopica finale, dei vari punti in prossimità del giunto saldato.

I parametri variabili sono dati dalla velocità di riscaldamento, massima temperatura raggiunta nel processo.

Il processo è influenzato ovviamente dalla composizione del materiale che vogliamo saldare, ad esempio negli acciai una discriminante è rappresentata dalla percentuale di carbonio presente, ci sono comunque altri fattori che ci determinano la bontà o meno del processo.

Il risultato finale dipenderà dalla distanza dal cordone di

saldatura, il processo di saldatura adottato e relativi

parametri tecnologici ( TIG, MIG, laser ecc.) ,geometria

della saldatura ( spessore del materiale da saldare, forma

del cordone da realizzare, angolo tra i giunti ),

temperatura iniziale del pezzo, capacità termica del

materiale ( ad esempio il rame ha una temperatura di

fusione che è inferiore a quella dell’acciaio però per

saldare due giunti di rame bisogna fornire molta più

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energia rispetto all’acciaio, questo si spiega con l’alta conducibilità termica del rame rispetto all’acciaio, quindi smaltisce più calore, in questo caso è utile effettuare un preriscaldamento del materiale per diminuire l’apporto termico ).

Nelle saldature per fusione l’unione si ottiene apportando un liquido con composizione sostanzialmente simile al metallo base.

Bisogna prestare attenzione alla presenza di ossidi sulle superfici da saldare.

Prendendo in considerazione solo gli acciai si può dire che se saldiamo un acciaio a basso contenuto di carbonio (chiamato acciaio dolce ) come risultato nella zona di saldatura abbiamo un materiale con caratteristiche simili a quello di partenza, mentre se abbiamo un acciaio ad alto contenuto di carbonio (acciaio duro) come risultato possiamo avere un materiale fragile in quanto l’alta presenza di carbonio lo rende facilmente temprabile.

Di conseguenza le ghise presentano ancora più problemi

di saldabilità, in quanto darebbero un giunto

estremamente fragile, e in effetti le ghise vengono

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raramente saldate in quanti sono sempre ottenuti come getti di fonderia.

A titolo indicativo riportiamo ora le temperature di fusione di alcuni dei principali materiali :

Acciaio : 1300-1500 C , e prima di fondere mostrano una tendenza a rammollire acquisendo una consistenza pastosa.

Ghisa : Circa 800 C , fondono senza passare dallo stato pastoso, grazie alla loro caratteristica di essere facilmente fusibili sono usati in fonderia.

Rame : 1084 C , viene poco usato in fonderia perché allo stato fuso è poco scorrevole.

Bronzo : 800-1150 C.

Alluminio: 658 C.

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Pr eparazione e forma del giunto

Il risultato di un operazione di saldatura prende il nome di giunto saldato, il metallo base è quello costituente i due pezzi da saldare, il materiale di apporto è quello che può essere aggiunto a quello base per la formazione del giunto.

I vari tipi di giunti di saldatura possono essere classificati secondo vari aspetti:

• In base alla posizione reciproca dei pezzi da saldare

• In base alla lavorazione effettuata sulle parti da far combaciare

• In base alla forma esterna del cordone

• In base alla lunghezza dei tratti da saldare ( saldatura continua o per punti).

Esaminiamo ora nel dettaglio la prima forma di classificazione ;

Classificazione in base alla reciproca posizione dei pezzi da saldare - saldatura di testa rappresentato nella figura seguente :

In questo caso abbiamo che i due pezzi vengono uniti facendo combaciare le estremità in modo che uno di essi venga a costituire il prolungamento dell’altro.

- Giunto d’orlo , in questo caso i due pezzi sovrapposti hanno in comune uno dei bordi lungo il quale viene praticata la saldatura come indicato in figura.

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- Giunto a spigolo, i due pezzi sono perpendicolari tra di loro ( o hanno un angolo che si discosta di poco da quello retto ) e si toccano in un solo lungo uno spigolo; un caso particolare di questa tipologia di giunto è il Giunto a L, in questo caso però entrambi gli spigoli del pezzo si sovrappongono alla superficie dell’altro ( vedi figura ).

- Giunto a T i pezzi formano sempre un angolo retto ( o prossimo ad essere retto ) ma l’unione di essi avviene congiungendo le estremità di una sulla parte intermedia dell’altro.

- Giunto di sovrapposizione i due pezzi si sovrappongono per un certo tratto proseguendo poi uno da un lato e uno dall’altro.

Classificazione in base alla lavorazione dei bordi da unire

L’operazione di preparazione del giunto lungo dei bordi da saldare si rende necessaria per facilitare l’operazione di saldatura seguente.

Le varie tecniche di preparazione possono prevedere:

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- Saldatura su orli rilevati, questa tipologia può essere eseguita su lamiere, i bordi delle lamiere vengono piegati ad angolo retto, come indicato in figura:

Lo spessore della piegatura sarà circa 2 volte lo spessore della lamiera, i due pezzi non si mettono a contatto ma si lasciano ad una distanza che è circa metà dello spessore, durante la saldatura si fa fondere la parte in rilievo che colando riempie lo spazio vuoto che avevamo lasciato.

Lo spessore delle lamiere è in genere inferiore a 2 mm e viene solitamente usata una saldatura a gas in quanto utilizzando l’arco elettrico è richiesta una grande abilità del saldatore per la facilità con cui le lamiere possono essere perforate dall’arco elettrico.

- Saldature ad un solo vertice, sono quelle in cui il materiale di apporto è introdotto da un solo lato. In una saldatura con il termine vertice si intende la parte più profonda rispetto al saldatore; possono essere semplici o con ripresa al rovescio , intendo con ripresa al rovescio un ripasso della saldatura nella zona opposta al cordone.

A secondo della forma che diamo durante la preparazione dei bordi possono assumere vari nomi, ad I , V , U , mezza V e J:

La saldatura ad I rappresentata in figura ha i bordi tagliati perpendicolarmente alla lamiera, anche in questo caso i bordi non devono essere a diretto contatto, questa tipologia di preparazione si presta bene per lamiere di spessore da 1 a 4 mm, e si può usare sia saldatura a gas che ad arco elettrico.

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Nelle saldature a V la preparazione dei bordi viene fatta a smusso mediante asportazione meccanica di pialla o di fresa. I due pezzi vanno affiancati come indicato in figura in modo da formare tra di essi un vano a forma di V per facilitare la fusione del metallo base su tutta la superficie da saldare e consentire la sua intima unione con il metallo di apporto. È evidente che tutto il vano a forma di V deve essere riempito con materiale di apporto e quindi maggiore sarà l’apertura a V e tanto maggiore sarà il quantitativo di metallo da aggiungere e quindi maggiore sarà il costo della saldatura.

Per saldature elettriche l’angolo è variabile tra i 60 e 70 º mentre per le saldature a gas può arrivare a 90º, gli spigoli inferiori non devono essere a contatto ma separati di 1-2 mm, è usata per spessori di lamiere variabili dai 5 ai 16 mm, per spessori maggiori si preferisce la preparazione del giunto ad X. Può essere usata sia per saldature a gas che elettriche , solitamente il gas si usa con spessore fino ad 8 mm , elettrico per spessori maggiori , se non è possibile usare l’arco elettrico si usa il gas anche per spessori maggiori ma preparando il giunto ad X.

Nelle saldature di spessore compreso tra i 20 e 30 mm , nel caso in cui non si possa lavorare da entrambi i lati si effettua una preparazione ad

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U, questa presenta un vano più piccolo rispetto alla V consentendo quindi un risparmio di tempo ed economico.

Esistono due tipologie generali di preparazione ad U indicate in figura.

La saldatura ad U viene praticata esclusivamente mediante processi di saldatura ad arco.

Altra tipologia è la saldatura a mezza V, lo smusso viene fatto come nella V intera ma solo su una delle 2 lamiere, è usata soprattutto per giunture a T o L.

Per giunti a T o L con spessori maggiori si passa dalla mezza V alla preparazione a J che sarebbe una mezza U.

-Saldature a vertici contrapposti , sono quelle nelle quali , dato il notevole spessore della lamiera , si è riscontrato più conveniente praticare cordoni di saldatura su entrambi i lati.

In questa categoria abbiamo saldature ad X, che sono usate per spessori variabili dai 12 ai 40 mm, la preparazione della X può anche essere asimmetrica.

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Ci sono poi le saldature a doppia U, che funzionano sullo stesso principio della doppia V con spessori che però sono maggiori, avendo il vantaggio di ridurre il quantitativo di materiale che deve essere apportato.

Abbiamo infine saldature a doppia J per saldature a T o L di grandi spessori.

-Saldature ad angolo, in questo caso non abbiamo preparazione del giunto, i pezzi da unire si incontrano perpendicolarmente, possono essere semplici, con ripresa al rovescio e simmetriche.

Classificazione a seconda della forma del cordone d’angolo

A secondo della forma esterna di un cordone di saldatura possiamo avere cordone piano , in cui la superficie esterna della saldatura è piana o ha al massimo una leggerissima bombatura,non si può avere concavità in quanto si indebolirebbe la saldatura;

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Abbiamo poi il cordone convesso(detto anche cordone rinforzato) in cui si ha la superficie esterna della saldatura è ad arco di cerchio.

Cordone concavo comunemente chiamata anche saldatura leggera, non viene mai usata su saldature di testa perché troppo debole, ma si usa su giunti a T o L.

Si possono anche avere tipologie miste:

Classificazione a secondo della lunghezza dei tratti di saldatura Se la saldatura si presenta senza interruzioni su tutta la lunghezza viene chiamata continua ,se invece è costituita da tratti saldati intercalati da tratti non saldati è detta interrotta o discontinua o per punti.

Infine in funzione della posizione in cui si salda abbiamo saldature in piano, verticali, frontali e sopratesta.

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Tecniche di saldatura

Una prima classificazione che può essere fatta tra i vari tipi di saldatura è la seguente:

• Saldature per fusione : - con gas

-ad arco elettrico - con plasma - laser

• Saldature per pressione o resistenza termica: - Per punti - a rulli -A scintillio

Le saldature per pressione si ottengono riscaldando i pezzi da unire fino allo stato pastoso, e comprimendo o percuotendo fortemente questi tra di loro fino ad ottenere l’unione, generalmente non si fa uso di materiale di apporto.

I processi per fusione che sono i più utilizzati si possono classificare anche in base alla densità di energia che danno, avremo quindi:

- processi ad alta densità di energia ( laser , plasma )

- processi a bassa densità di energia ( gas e arco elettrico )

I processi ad alta intensità di energia danno un rapporto di forma più elevato rispetto ai sistemi a bassa intensità di energia e sono adatti ad applicazioni altamente automatizzati avendo bisogno di attrezzature molto ingombranti , mentre le saldature a gas e ad arco elettrico sono adatti per saldature manuali, in quanto ci sono attrezzature meno ingombranti e quindi più facilmente manovrabili, per questo sono molto utilizzate in cantiere.

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Esistono più tipi di saldatura a gas , il principio di funzionamento è comune a tutti, con questa tecnica il calore necessario alla fusione dei lembi da saldare viene fornito dalla fiamma prodotta dalla combustione di un gas in presenza di ossigeno puro.

Si adopera ossigeno puro invece di aria perché la temperatura della fiamma così ottenuta è più elevata.

La miscela tra il gas e l’aria avviene in un dispositivo detto cannello.

Il combustibile più comunemente usato è l’acetilene, che riesce a raggiungere una temperatura di fiamma di 3200 C.

Quando si usa come gas l’acetilene, la saldatura è detta OSSIACETILENICA, possono essere usati comunque anche altri gas al posto dell’acetilene tra cui l’idrogeno, otteniamo quindi la saldatura ossidrica, vapori di benzina , da cui la saldatura ossibenzilica .

Questi gas sono però meno utilizzati dell’acetilene in quanto raggiungono una temperatura di fiamma più bassa, ci soffermeremo quindi solo sulla studio della saldatura ossiacetilenica.

Si dicono saldature all’arco elettrico quelle in cui il calore necessario alla fusione dei lembi da collegare viene prodotto da un arco voltaico ( effetto fulmine ) stabilito tra l’oggetto da saldare ed un conduttore detto elettrodo.

L’elettrodo può essere “fusibile” e quindi diventare il materiale di apporto, oppure non “fusibile “, in questo caso la saldatura può essere senza materiale di apporto oppure il materiale di apporto deve essere fornito diversamente con apposita bacchetta.

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SALDATURA OSSIACETILENICA

La saldatura ossiacetilenica è un processo di saldatura a gas che utilizza ossigeno e acetilene per la produzione della fiamma. Questi gas prodotti e tenuti separati ( in bombole diverse ) vengono convogliati in un apparecchio detto cannello, dal quale escono perfettamente mescolati e in proporzione adatta.

La saldatura ossiacetilenica per l’elevata temperatura di fiamma , consente di saldare anche i materiali più resistenti come l’acciaio.

Manovrando in maniera opportuna il cannello, si possono fondere bene i bordi del materiale base prima di introdurvi il materiale di apporto in modo da ottenere così un’ottima penetrazione.

Questa tecnica di saldatura viene preferita alla saldatura elettrica nella saldatura di piccoli spessori, in quella di recipienti e soprattutto nella saldatura di metalli non ferrosi quali rame, ottone, bronzo, alluminio.

Con l’impiego di cannelli di grande potenza si potrebbero saldare spessori fino a 30 mm, ma la maggiore economia conseguibile con la saldatura elettrica ne limita l’uso a spessori ridotti.

Con la fiamma ossiacetilenica può anche essere eseguito il taglio, riuscendo ad avere taglio di forme molto complicate con minima spesa.

Vediamo ora i materiali occorrenti per eseguire una buona saldatura ossiacetilenica:

- ACETILENE –OSSIGENO – MATERIALE D’APPORTO -SOLVENTI Una buona saldatura non deve presentare differenze nelle caratteristiche sia meccaniche che chimiche tra materiale e cordone, questo non è facile

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da ottenere , anche usando un materiale di apporto uguale al materiale base, questo perché durante la fusione, una parte dei componenti bruciano e si volatilizzano.

Si cerca quindi di impiegare barrette di composizione speciale che nel caso dell’acciaio possono essere arricchite con carbonio e manganese per compensare le eventuali perdite.

In questa tecnica non c’è protezione con gas inerte, quindi il metallo fuso è a contatto diretto con l’aria, ed essendo estremamente sensibile si ossida;

questi ossidi devono essere eliminati perché altrimenti si verrebbe a ridurre la resistenza della saldatura.

Per alcuni metalli, come per gli acciai, gli ossidi sono più leggeri del metallo fuso , quindi galleggiano sulla superficie e vengono facilmente eliminati.

Per altri metalli invece, gli ossidi sono più pesanti e fondono a temperatura più elevata ( questo è il caso dell’alluminio il cui ossido, l’allumina, fonde ad una temperatura maggiore ) , in questo caso bisogna ricorrere all’uso di particolari solventi, che si trovano in commercio sotto forma di polveri, paste o liquidi, che combinandosi con gli ossidi, formano quindi composti più leggeri che quindi galleggiano, e diventano quindi facilmente asportabili.

In funzione del materiale da saldare viene scelto il solvente più appropriato.

Questi solventi si usano spalmandone i bordi della superficie da saldare o immergendo di tanto in tanto la punta calda della bacchetta che costituisce il materiale di apporto.

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Ossigeno

L’ossigeno è l’elemento più diffuso in natura, l’aria ne contiene circa il 20%, tenuto isolato da altri elementi l’ossigeno non è ne infiammabile, ne esplosivo, ma è stabile a qualsiasi temperatura e pressione.

Si combina con quasi tutti gli elementi generando calore, questo fenomeno è detto combustione,e viene sfruttato per fondere il materiale di apporto nelle saldature e per praticare taglio al cannello dei metalli.

L’ossigeno puro solitamente è ricavato separando dall’aria gli altri elementi , l’ossigeno puro al 100% però è difficilmente ottenibile, ci si accontenta di livelli di purezza che possono arrivare al 98%.

L’ossigeno è posto in commercio in bombole di acciaio dentro le quali viene compresso a pressione variabile tra 125 e 150 atmosfere.

La costruzione il collaudo e il trasporto di queste bombole sono regolate dalla legge in modo da garantire la pubblica incolumità, queste bombole devono avere un’incisione in cui si riporta il nome del gas contenuto, il nome della ditta che ha costruito la bombola, la data di fabbricazione e collaudo, pressione massima a cui può essere utilizzata e il volume in litri della bombola .

Il saldatore deve contribuire alla buona manutenzione della bombola, per garantire la propria incolumità e quella degli altri operatori, se le bombole sono piene devono essere tenute lontane da fonti di calore di qualsiasi genere, e nella stagione estiva bisogna tenerle al fresco in modo da evitare che l’aumento di volume provochi l’esplosione della bombola.

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Bisogna evitare che le bombole subiscano urti, sia durante il trasporto che durante l’uso, sia che esse siano piene sia che siano vuote.

A volte si rende necessario valutare il contenuto in volume di una bombola riportato alla pressione atmosferica, questo si riesce a fare con un calcolo semplice.

Si moltiplica il volume della bombola impresso sulla bombola per la pressione che ci viene data dal manometro.

Ad esempio se su una bombola di 40 litri contenente ossigeno a 125 atmosfere conterrà :

40 x 125 = 5000 litri

Se vogliamo conoscere il volume di ossigeno consumato per un determinato lavoro , basterà calcolare la differenza tra volume iniziale e il volume a lavorazione ultimata.

Esempio: ad inizio lavorazione il manometro da una pressione di 100 atmosfere, a fine lavorazione abbiamo 75 atmosfere, il volume di ossigeno consumato riportato alla pressione atmosferica sarà :

volume iniziale ossigeno : 40 x 100 = 4000 litri volume finale ossigeno : 40 x 75 = 3000 litri ossigeno consumato : 4000- 3000 = 1000 litri

Questi calcoli sono ovviamente approssimati perché i manometri istallati sugli estintori normalmente non sono troppo precisi, ci danno comunque un’indicazione sull’ossigeno che abbiamo a disposizione.

Volendo un’indicazione più precisa si ricorre al metodo della pesata , in questo caso bisogna tener presente che 1000 litri di ossigeno pesano 1,380 Kg.

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Esempio: prima della lavorazione la bombola pesava 68,5 Kg alla fine pesa 64,85Kg , la differenza della pesata sarà quindi 3,650 Kg, per avere il contenuto in litri si dovrà moltiplicare per 1000 e dividere 1,380 in questo caso il risultato è di 2645 litri.

Tutte le bombole sono provviste di una valvola che ha lo scopo di aprire e chiudere il passaggio dell’ossigeno, non si deve usare mai grasso , olio o altre sostanze combustibili per lubrificare la valvola.

Come abbiamo visto, le bombole di ossigeno sono poste in commercio alla pressione di 125 - 150 atmosfere, ma per saldare occorre che il gas effluisca ad una pressione assai più bassa, compresa tra le 0,5 e le 2 atmosfere per saldare.

Per abbassare la pressione si usano appositi riduttori di pressione ,che hanno il compito di fare uscire dalla bombola il gas alla pressione di lavoro e mantenere questa pressione costante, mentre la pressione interna della bombola diminuisce pian piano.

In figura sono rappresentati i due manometri, uno ci da indicazione della pressione interna ( chiamato manometro di alta pressione ) mentre l’altro ci indica a che pressione stiamo lavorando.

Anche il riduttore di pressione non deve essere lubrificato con sostanze infiammabili.

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Se abbiamo grosse officine di saldatura l’ossigeno è distribuito alle varie utenze mediante tubazioni che partono da una centrale dell’ossigeno.

Acetilene

Acetilene è un idrocarburo in forma gassoso, è incolore e se ben depurato è inodore. Alla pressione atmosferica pesa 1,117 Kg per 1000 litri, puro e a temperatura ambiente non è esplosivo.

Se viene mescolato con aria , e ancora di più se viene mescolato con ossigeno , forma delle miscele esplosive , per questo motivo i locali dove avvengono le saldature devono essere ben areati per impedire concentrazioni pericolose di miscela esplosiva.

È un gas molto solubile nell’acetone , e così disciolto non è più esplosivo fino a 20 atmosfere di pressione. Questa proprietà consente il trasporto in bombole senza nessun pericolo.

Alla pressione atmosferica l’acetone scioglie 24 litri di acetilene per ogni litro, con l’aumentare della pressione la solubilità cresce di circa 24 litri per ogni atmosfera ( a 10 atmosfere riuscirebbe a sciogliere 240 litri ).

In impianti dove le saldature ossiacetileniche sono molto utilizzate la produzione dell’acetilene è fatta in cantiere in appositi mezzi detti gasogeni.

Nelle officine dove la saldatura non viene praticata in maniera costante si usano apposite bombole che contengono acetilene disciolto in acetone, le bombole che si usano sono molto simili a quelle per il trasporto dell’ossigeno.

Aprendo la valvola della bombola, la pressione diminuisce, e l’acetilene si sviluppa come avviene per l’anidride carbonica nelle bibite gasatte.

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Normalmente le bombole sono fornite ad una pressione di 15 atmosfere, ed è una buona norma non superare mai le 20 atmosfere, tenere le bombole lontane da qualsiasi fonte di calore, mentre non hanno rischio di congelamento, non devono mai essere disposte orizzontalmente perché altrimenti al primo utilizzo ci sarebbe l’uscita di acetone (anche se oggi ci sono delle speciali valvole che impediscono la fuoriuscita di acetone), la perdita di acetone costituisce sia una perdita economica, e sia un rischio per il saldatore in quanto l’acetone è nocivo se ispirato in grandi quantità.

La fuoriuscita di acetone ci può essere anche quando si richiedono grandi portate di acetilene, infatti se la richiesta supera gli 800-1000 litri all’ora, si procederà ad usare più bombole in serie.

Le valvole e i riduttori di pressione sono gli stessi di quelli utilizzati per le bombole di ossigeno.

La valutazione dell’acetilene consumato in questo caso si fa per doppia pesata , sapendo che il peso di 1000 litri di acetilene è 1,11 Kg.

L’acetilene disciolto è assai puro e consente di ottenere buone saldature senza bisogno di effettuare la depurazione.

In questo caso l’impianto si riduce a sole 2 bombole una per l’ossigeno e una per l’acetilene, che si distinguono dalle altre perché hanno nella parte superiore una fascia di colore arancione.

Sulle bombole di acetilene ci sono delle valvole di sicurezza che servono per impedire che l’ossigeno trovando un’ostruzione nel cannello possa risalire e entrare nella bombola dell’acetilene creando una pericolosa miscela esplosiva.

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Cannelli ossiacetilenici

La combustione completa dell’acetilene richiede un volume di ossigeno due e mezzo superiore a quello del gas combustibile, nella saldatura ossiacetilenica non ci serviamo però solo dell’ossigeno che ci viene fornito dalla bombola, ma per completare la combustione utilizziamo anche l’ossigeno presente nell’aria, riducendo così il consumo di ossigeno fornito dalle bombole a circa 1,1 volte la quantità di acetilene.

Abbiamo quindi 2 fasi della combustione: nella prima fase brucia l’ossigeno effluente dal cannello formando la parte più luminosa della fiamma, detta DARDO , nella seconda fase la combustione procede bruciando l’ossigeno dell’aria, formando la parte diffusa della fiamma detta FIOCCO.

Dall’analisi della grandezza delle due zone possiamo analizzare la quantità di ossigeno che esce dal cannello, se la quantità è piccola la fiamma è detta riducente, mentre se la quantità di ossigeno è alta la fiamma è detta ossidante, sia la saldatura riducente sia la saldatura ossidante sono di scarsa resistenza, una buona saldatura deve essere ottenuta con una fiamma neutra che si ottiene partendo con una fiamma riducente ed aumentando pian piano la quantità di ossigeno , fino a far sparire il pennacchio luminoso che circonda il dardo, immediatamente dopo il dardo si formerà una piccola zona riducente di colore azzurro nella quale i prodotti della combustione assorbono l’ossigeno circostante proteggendo il bagno fuso dall’ossidazione.

In questa terza zona si raggiungono le temperature più alte ed è quella che si sfrutta per saldare.

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Il cannello ossiacetilenico è l’apparecchio entro il quale i due gas, acetilene ed ossigeno, si mescolano nelle proporzioni più appropriate per dare una fiamma ad elevata temperatura.

Si intende per erogazione o potenza del cannello il suo consumo orario di acetilene espresso in litri, questo può variare da 10 a 4000 litri all’ora.

Esistono due tipi fondamentali di cannelli : - cannelli ad alta pressione

- cannelli a bassa pressione

Nei cannelli ad alta pressione i gas entrano direttamente dalle bombole ad alta pressione da due condotti differenti, ed escono intimamente mescolati dalla punta del cannello. Da uno stesso cannello si possono ottenere diverse erogazioni cambiando solamente la punta.

Ci sono cannelli ad alta pressione di tipo leggero, che hanno cioè un’erogazione fino a 1000 litri a ora, o di tipo pesante che vanno da 1500 a 4000 litri ad ora.

Nei cannelli a bassa pressione l’acetilene arriva ad una pressione più bassa di quella dell’ossigeno, abbiamo quindi bisogno di un dispositivo (eiettore) che consenta all’ossigeno di aspirare l’acetilene, in questa tipologia avremo quindi che i due condotti sono uno concentrico all’altro.

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I cannelli a bassa pressione si distinguono in due categorie : -cannelli a spillo – cannelli a testa intercambiabile.

Nei cannelli a spillo l’erogazione viene modificata cambiando la punta, le varie punte di una determinata serie hanno il forellino di uscita del gas proporzionato alle varie erogazioni che risultano incise sulla stessa punta, è prevista una regolazione dell’eiettore.

Nei cannelli a testa intercambiabile l’erogazione è controllata cambiando tutta la parte che dall’eiettore compreso arriva fino alla punta, non è previsto alcun sistema di regolazione, questo perché ogni volta viene sostituito l’intero sistema di erogazione, esistono solo dei volantini per regolare la fiamma. Questa tipologia serve per lavorazioni più pesanti.

La scelta della punta o della testa da impiegare può essere fatta tenendo presente sia lo spessore del metallo da saldare che la sua qualità.

A titolo di esempio per saldare l’acciaio l’erogazione della punta deve essere di circa 100 litri all’ora per ogni mm da saldare, per l’alluminio

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occorrono da 75 litri per spessori di 1 mm, fino a 1200 litri per spessori di 10 mm, abbiamo che spessore ed erogazione non variano in maniera proporzionale, questo vale anche nel caso del rame, ed è dovuto alle crescenti dispersioni termiche che si hanno all’aumentare dello spessore.

In definitiva le attrezzature necessarie per effettuare una saldatura ossiacetilenica sono :

- acetilene ( in bombole o proveniente da gosogeni per grossi impianti ,in questo caso abbiamo anche bisogno di un depuratore)

- la bombola di ossigeno, il riduttore di pressione

- una serie di cannelli con punte intercambiabili e tubi di gomma - il metallo d’apporto in bacchette o fili

- i solventi più idonei alla lavorazione - posto di saldatura

- occhiali e guanti protettivi per saldatore

Per spazio di saldatura si intende lo spazio riservato ad un operaio per l’esecuzione della saldatura, consiste in un banco con i piedi in acciaio ed il piano in mattoni, nelle cui vicinanze ci sono tutte le attrezzature necessarie, per lavori da eseguire all’aperto tutta l’attrezzatura deve essere resa portatile.

Durante la saldatura si possono avere diverse tipologie di inconvenienti, vediamo le principali:

- la fiamma si spegne producendo uno scoppio sonoro: vuol dire che il cannello è sporco, quindi si deve procedere ad un’accurata pulizia del cannello.

- Il cannello produce una serie di scoppi secchi ad intervalli: questo succede dopo un lungo periodo di utilizzo, il saldatore deve spegnere

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la fiamma ed immergere il cannello in una vaschetta di acqua, lasciando però il rubinetto dell’ossigeno leggermente aperto, se gli scoppi avvengono ad intervalli più brevi la causa può essere dovuta all’esaurimento della bombola, o all’eccessivo allargamento del foro del cannello.

L’utilizzo degli occhiali serve a proteggere il saldatore dall’intensa luce emessa dal dardo e dal metallo incandescente, l’oscurimento deve essere scelto in funzione dalla vista del saldatore in modo da ottenere la protezione della vista senza limitarla, per lavorazioni con dardi di grossa potenza si preferisce usare maschere intere in modo da avere una protezione maggiore da schizzi incandescenti di metallo, l’utilizzo di guanti protegge anche dalle scottature , e rende più agevole maneggiare i pezzi che dopo la saldatura sono ancora caldi.

Procedimenti tipici di saldatura a gas

Ci sono particolari tipi di saldatura con cui si realizza la massima economia, i principali sono : 1) saldatura classica ( a sinistra ) 2) saldatura all’indietro ( a destra ) 3) saldatura montante ( a doppio cordone).

Il procedimento si sceglierà in funzione del materiale, dello spessore, e della posizione di saldatura, per saldature di testa ci sono 3 tipologie principali.

Il metodo della saldatura classica a sinistra è il più conosciuto e può essere usato per la saldatura di tutti i metalli e di tutti gli spessori, viene però usata solo per piccoli spessori, fino a 4 mm, infatti per spessori maggiori le altre due tipologie ci danno una maggiore economia. In questo metodo il saldatore procede da destra verso sinistra, tenendo presente che

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il saldatore tiene il cannello con la mano destra e la bacchetta con la mano sinistra, quindi abbiamo che la bacchetta precede il cannello.

Fino a 3 mm viene effettuata una saldatura ad I, il dardo non ha movimenti trasversali sensibili, la punta del dardo non deve toccare la superficie della lamiera, punta della bacchetta ed il bagno fuso si devono trovare sempre sotto la protezione del fiocco.

Per spessori maggiori di 3 mm il giunto deve essere preparato a V con angolo di 90º, in questo caso bisogna dare un piccolo movimento trasversale al cannello allo scopo di fondere completamente tutta la superficie del vano di saldatura.

Il metodo di saldatura all’indietro o da destra da ottimi risultati e una migliore economia rispetto alla saldatura a sinistra per le lamiere aventi spessore superiore ai 4mm.

I bordi in questo caso si preparano con smussi a V a 70º, durante la saldatura si procede da sinistra verso destra, in questo caso la bacchetta segue il cannello, nell’avanzamento

si fanno con la punta dei piccoli mo- vimenti trasversali che vanno da una parte all’altra dello smusso, alternan- doli con movimenti verticali in modo da dare una buona penetrazione alla saldatura fino al vertice,anche la punta

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della bacchetta fa dei piccoli movimenti trasversali senza mai staccarsi dal bagno fuso. Con questo metodo si possono fare saldature fino a 12mm in una sola passata, per spessori maggiori bisogna passare alla doppia passata come mostrato in figura.

Quando gli spessori diventano troppo elevati si può ricorrere ad una saldatura ad X con due passate separate che devono essere fatte quando il giunto si è completamente raffreddato, prima della seconda passata bisogna pulire il bordo dalle eventuali scorie derivanti dalla prima passata, solitamente utilizzando un giunto ad X si ottengono risultati migliori rispetto ad una profonda V.

La saldatura a doppio cordone è la tipologia più utilizzata per gli spessori più grandi ma riesce a saldare anche lamiere più sottili e presenta rispetto agli altri un economia di gas e un’alta velocità di saldatura.

Questa saldatura si esegue in verticale dal basso verso l’alto ed una volta eseguita presenta un cordone continuo su entrambe le facce del giunto.

A secondo dell’esecuzione abbiamo tre diverse tipologie : -Tipo A : il doppio cordone viene ottenuto

Saldando da un solo lato e senza ripresa , i bordi da unire vengono lasciati dritti ad I e scostati da un intervallo di circa la metà dello spessore da saldare, i due materiali si

mescolano intimamente tra di loro nel bagno di fusione che raffreddandosi si distribuisce uniformemente dando l’aspetto del doppio cordone.

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Questo è applicabile per lamiere tra i 2 e 6 mm.

-Tipo B: è ottenuto eseguendo contemporaneamente la saldatura dai due lati, si ha quindi bisogno della presenza di 2 saldatori, ed è quindi applicabile quando il giunto è accessibile dai due lati, si applica per spessori tra i 5 e 12 mm senza bisogno di preparare i bordi, i due saldatori devono procedere ad uguale velocità per dare una saldatura omogenea, e sfruttare meglio i gas.

- Tipo C : simile al tipo B dal quale differisce principalmente per la preparazione dei bordi, i quali sono

smussati a X, e nell’avanzamento si deve dare un moto trasversale per fon- dere completamente il bordo, fino a spessori di 25 mm ( 12,5 mm per lato)

si fa una sola passata, per spessori maggiori invece si deve ricorrere a più passate.

Non sempre però si può effettuare una saldatura di testa, per problemi di realizzazione o se vogliamo un giunto di forma diversa, avremo quindi : - saldature ad angolo : può essere ad angolo interno o ad angolo esterno, la saldatura ad angolo esterno può presentare qualche difficoltà in quanto a volte non si riesce a fondere fino al vertice e quindi si ha un incollaggio delle parti invece della saldatura, inconveniente che non si verifica invece con un angolo esterno. La saldatura può essere eseguita sia con la tipologia a sinistra( per spessori inferiori ai 6 mm) che con tipologia a destra.

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Nell’angolo interno la larghezza del cordone deve essere circa due volte e mezzo lo spessore , e lo spessore circa uguale allo spessore della lamiera.

Per la saldatura ad angolo esterno il cannello si deve muovere molto lentamente in modo da avere una buona penetrazione e la bacchetta non si deve mai staccare dal bagno fuso, inoltre si deve sempre curare il sovra spessore per evitare il difetto dell’assottigliamento dello spessore, questa tipologia di saldatura può applicarsi solo in saldature di scarsa resistenza perché il cordone lavora a flessione e quindi ha una scarsa resistenza.

- Saldatura in posizione orizzontale: tecnica difficile da eseguire specie per spessori maggiori di 5 mm, e si applica solo quando non è assolutamente possibile saldare il pezzo. La preparazione dei bordi più conveniente è quella a V con angolo di circa 70º,

si usa sempre il metodo a sinistra, spesso si effettuano passate multiple per effettuare una buona saldatura.

-Saldatura sopratesta : è quella che si deve eseguire su parti che si trovano al di sopra della testa del saldatore, presenta quindi diverse difficoltà sia dal punto di vista operativo e sia dal punto di vista della sicurezza (bisogna proteggersi dalle scorie che cadono.

Per spessori fino a 4 mm non occorre preparare i bordi.

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Fino a 10mm si può effettuare la saldatura in una sola passata, per spessori maggiori invece si rendono necessarie due o più passate.

Si usa una potenza del cannello leggermente inferiore in quanto non si deve sciogliere troppo il metallo che tenderebbe a colare.

- Saldatura con ripresa al rovescio: può essere effettuato sia da due saldatori in cui quello che effettua la ripresa segue di pochi secondi la saldatura principale, tipologia che da i migliori risultati, oppure da un solo saldatore che dopo aver eseguito la lavorazione principale fa la ripresa, le riprese vengono fatte generalmente senza l’aggiunta di materiale di apporto.

Per lamiere al di sotto dei 2mm, si può effettuare la saldatura senza materiale di apporto, il metodo praticato è quello a sinistra e i bordi possono essere rilevati o anche dritti, con il secondo metodo più rapido ed economico.

Quando la flessibilità della lamiera lo consente si preferisce iniziare la saldatura tenendo una delle lamiere

leggermente alzata ed accostandola poi man mano che si procede nella saldatura, questa tipologia è detta tipo carrozzeria.

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Deformazioni indotte dalla saldatura

Le deformazioni sono dovute al fatto che il riscaldamento del pezzo da saldare non è uniforme ma localizzato lungo il cordone di saldatura,si ha quindi che la parte calda non può liberamente dilatarsi perché trattenuta dalla parte circostante fredda.

Si possono adottare diversi accorgimenti per prevenire la deformazione dei pezzi ad esempio dare una deformazione primitiva al pezzo da saldare in modo che a ritiro ultimato il pezzo abbia la forma da noi desiderata, effettuare la saldatura con una successione particolare che ci consenta di equilibrare le deformazioni, per pezzi piccoli si può pensare di preriscaldare l’intero pezzo in modo da non concentrare troppo la deformazione termica.

Vediamo più nel dettaglio i vari accorgimenti adottati;

Questi accorgimenti sono validi quando i pezzi da saldare sono relativamente corti, per pezzi più lunghi si ha anche il fenomeno di rotazione della lamiera, perché anche il riscaldamento del cordone non avviene in maniera simultanea.

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Per le lamiere sottili questo inconveniente viene risolto mediante una preventiva puntatura , il primo punto viene dato al centro della lamiera da saldare, ed i successivi n maniera alternata uno a sinistra ed uno a destra.

Per lamiere più spesse si preferisce divaricare leggermente le lamiere, in questo caso non essendoci la puntatura il saldatore avrà bisogno di un aiutante che mantenga a livello i due lembi.

Anche le deformazioni longitudinali possono essere prevenuti con lo stesso metodo, deformando preventivamente i pezzi da saldare.

A volte per prevenire la deformazione si procede creando uno sbalzo sulla lamiera, quindi per effetto della forza peso la lamiera tende a rimanere nella posizione di partenza, se non è possibile posizionare i pezzi a sbalzo si possono apporre dei pesi o dei morsetti che tengono ferma la lamiera.

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Saldatura dei diversi metalli

Tutte le regole che sono state viste finora si riferiscono principalmente alla saldatura dell’acciaio, e le principali precauzioni devono essere prese per compensare le eventuali perdite dei materiali più volatili, attraverso l’uso di bacchette arricchite di vari elementi.

Per quanto riguarda la ghisa abbiamo detto che raramente si procede alla sua saldatura, a volte questa si effettua per fare delle riparazioni( in questo caso i bordi della frattura devono essere comunque preparati a V o per spessori maggiori a X) o per fare dei riporti di materiale qualora i getti siano usciti dal getto di colata incompleti.

Per saldare il rame abbiamo solitamente un cannello di maggiore potenza,questo per compensare la grande conducibilità termica del rame rispetto all’acciaio.

Per spessori di circa 4mm si usano cannelli speciali per il preriscaldo della lamiera, per spessori ulteriormente più grandi si procede con il metodo a doppio cordone con due operatori, se questo non è possibile si salda in due passate. Un’altra difficoltà che ci viene data dal rame è la sua estrema fragilità a temperature superiori a 500º, per questo per impedire eventuali strappi della lamiera si evita di puntare ma si preferisce tenere le lamiere ferme nella posizione di saldatura con l’utilizzo di particolari pinze, data la grande fruibilità dell’alluminio c’è anche il rischio di sfondare le lamiere e quindi non riuscire ad eseguire la saldatura, in questi casi si può mettere sul lato opposto della saldatura un sostegno, in materiale alto fondente, che impedisca il gocciolamento della lamiera.

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La saldatura del rame va sempre migliorata mediante martellatura, che va sempre eseguita a freddo data la fragilità del rame a caldo, la zona di martellatura va estesa anche oltre il cordone di saldatura.

Prima di iniziare la saldatura i bordi vanno puliti per bene, raschiando via eventuali impurezze e ossidi presenti.

La saldatura del bronzo è limitata come per la ghisa solo per l’apporto di altro materiale in caso di getti in completi, o per le eventuali riparazioni, data l’eccessiva fragilità a caldo del materiale, il materiale di apporto deve essere nelle stesse percentuali del materiale di partenza o al massimo deve contenere una percentuale maggiore di stagno.

Per saldare l’ottone è indispensabile l’uso di particolari solventi, questo per le particolari reazioni che ha lo zinco ad alta temperatura, inoltre essendo lo zinco molto volatile una volta fuso le bacchette devono essere arricchite con una percentuale maggiore di zinco, la potenza del cannello deve essere circa uguale a quella che si ha nella saldatura dell’acciaio.

Il saldatore deve prestare molta attenzione quando esegue questa saldatura, in quanto i fumi bianchi provenienti dal bagno fuso sono tossici, c’è quindi la necessità di utilizzare maschere protettive.

Nella saldatura dell’alluminio la principale difficoltà è data dal fatto che questo non assume colore rosso all’aumentare della temperatura, quindi non abbiamo della indicazioni precise, inoltre esso acquisisce una grande fluidità a temperature poco al di sopra della temperatura di fusione, questo ci può portare facilmente allo sfondamento della lamiera senza riuscire a saldare, le precauzioni da adottare sono l’utilizzo di occhiali blu per il miglior controllo del bagno fuso,e di un sostegno di acciaio per evitare il gocciolamento del bagno fuso.

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Avendo un ossido pericoloso i bordi di saldatura vanno trattati con dei solventi, per impedire che la saldatura perda di resistenza, a volte a lavorazione ultimata bisogna procedere con la lavatura del solvente utilizzato .

Il materiale di apporto deve essere costituito da alluminio avente un grosso grado di purezza, con un diametro della bacchetta di circa la metà dello spessore.

La potenza richiesta al cannello per effettuare la saldatura, aumenta con lo spessore, e questo per l’aumentata dispersione termica.

I bordi devono essere completamente puliti da ogni residuo di grasso o di vernice, per l’alluminio si può procedere tranquillamente con la puntatura, e la forma da dare al giunto dipende dallo spessore della lamiera.

Il procedimento adottato è sempre a sinistra, e il saldatore deve prestare attenzione a dare pochissime oscillazioni trasversali, la punta della bacchetta deve sempre essere immersa nel bagno fuso.

La martellatura solitamente migliora la qualità del giunto, questa va effettuata dopo aver lavato il giunto e dopo aver asportato il sovrametallo in eccesso.

Le leghe leggere di alluminio si possono distinguere in due grandi categorie: leghe usate sotto forma di lamiere o profilati, e leghe impiegate quasi esclusivamente per getti.

Per le leghe di alluminio a volte prima di saldare si rende necessario procedere al trattamento termico di ricottura, la lega più importante che fa parte di questa categoria è l’anticorodal ( infissi, finestre).

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Per le leghe di alluminio che si usano esclusivamente per getti la saldatura è limitata, come per la ghisa unicamente a riparazioni o riporti di materiale.

Per il resto si seguono le stesse indicazioni operative valide per l’alluminio.

SALDATURA ELETTRICA

Principi fondamentali di elettrotecnica

L’energia elettrica è una forma di energia, questa viene ricavata attraversa altre forme di energia, si ha quindi una trasformazione ad esempio da energia termica ad energia elettrica (centrali termoelettriche), oppure si può sfruttare l’energia idraulica per trasformarla in energia elettrica, dando vita a energia idroelettrica.

L’energia elettrica può essere usata per avere diversi effetti, effetti luminosi, meccanici (azionamento di diverse macchine ), calore ( attraverso stufe).

Non tutti i corpi si lasciano attraversare facilmente dall’energia elettrica, i corpi che si lasciano attraversare facilmente sono detti conduttori, altri che si oppongono al suo passaggio sono detti isolanti.

Sono conduttori, tutti i metalli in varia misura, il carbone, il corpo umano, sono invece isolanti il vetro,la plastica, la porcellana, la gomma, l’aria e gli olii.

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Gli isolanti sono in genere utilizzati per impedire che l’elettricità abbandoni il corpo su cui è stata convogliata ( rivestimento plastico dei fini metallici ).

Si definisce corrente elettrica il movimento dell’elettricità nei conduttori, la quantità di elettricità che attraversa il conduttore nell’unità di tempo è detta intensità di corrente, che ha come unità di misura l’ampere, indicato con il simbolo A, l’intensità di corrente si misura con un apparecchio detto amperometro, per distinguere l’amperometro da altri strumenti elettrici, questi sono contrassegnati dalla lettera A o da Amp.

L’amperometro misura esclusivamente la quantità di corrente dal quale viene attraversato, deve quindi essere inserito all’interno del circuito elettrico su cui vogliamo effettuare la misura.

Questo si ottiene tagliando il conduttore nel punto dove vogliamo effettuare la misura e collegando gli estremi tagliati agli estremi dell’apparecchio.

Definita l’intensità di corrente, e la corrente bisogna descrivere cosa ci causa il movimento della corrente, come per i fluidi il moto da un recipiente ad un altro può essere causato da un dislivello, per i gas attraverso una differenza di pressione, per l’energia elettrica abbiamo che il flusso della corrente è generato dalla tensione elettrica.

La tensione elettrica è quindi l’elemento che ci produce il movimento dell’elettricità all’interno dei conduttori, quindi in un conduttore tanto maggiore sarà la tensione tra i suoi estremi e tanto più grande sarà l’intensità di corrente elettrica, unità di misura della corrente è il Volt comunemente indicato con la lettera V.

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Per misurare la tensione ci serviamo di un apparecchio che viene detto Voltmetro, che ha la stessa forma degli amperometri da cui si distinguono dalla presenza della lettera V.

A differenza dell’amperometro il voltmetro non deve essere attraversato da nessun flusso di corrente, si monta quindi in derivazione agli estremi di cui vogliamo conoscere la tensione.

In realtà non ci interessano le tensioni assolute ma noi andiamo a misurare la differenza di tensione tra i due estremi su cui abbiamo installato il voltmetro.

Il lavoro che può essere sviluppato o assorbito da una macchina è chiamato potenza, in elettrotecnica l’unità di misura della potenza è il Watt, simbolo W, i Watt sviluppati da un generatore o assorbiti da una macchina elettrica possono essere calcolati moltiplicando il valore della tensione per l’intensità della corrente, per misurare grandi potenze si è soliti usare come unità di misura i KW, un KW corrisponde a 1000 W.

Una macchina di determinata potenza consumerà una quantità di energia proporzionale al tempo di funzionamento.

Dicesi chilowattora (KWh) la quantità di energia elettrica consumata in un ora da una macchina che assorbe la potenza di un chilowatt. Per sapere quanti chilowatt ora consuma una certa macchina in un determinato tempo si moltiplica la potenza assorbita dalla macchina in KW per il tempo del suo funzionamento valutato in ore: KW x ora = KWh

Tutti i materiali per quanto siano conduttori presentano sempre un certo valore di resistenza, questa varia a seconda del materiale e a seconda delle dimensioni del conduttore. Per conduttori dello stesso materiale la

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resistenza è direttamente proporzionale alla lunghezza del conduttore ed in maniera inversamente proporzionale alla sua sezione.

I conduttori devono essere di metallo assai puro perché anche piccole percentuali di impurità aumentano notevolmente la resistenza elettrica del materiale, di conseguenza le leghe in generale hanno una resistenza più alta rispetto al materiale che ne costituisce la matrice. Il rame è l’elemento, di utilizzo industriale, che presenta una maggiore conducibilità elettrica, ad esempio a parità di lunghezza un conduttore di acciaio per avere la stessa conducibilità di un conduttore di rame deve avere una sezione 8,5 volte maggiore. Il risparmio nell’acquisto dell’acciaio rispetto al rame sarebbe quindi superato dalla maggiore spesa per la sistemazione dell’impianto (in quanto servono strutture più resistenti). L’unità di misura della resistenza è l’ohm che viene comunemente indicato con il simbolo W.

Dicesi circuito elettrico un percorso chiuso in cui la corrente elettrica dopo aver attraversato un certo numero di conduttori ed apparecchi utilizzatori ritorna alla stessa macchina che l’ha generata, il circuito può essere chiuso o aperto. Aprendo il circuito sul quale siano inserite macchine o apparecchi elettrici si interrompe il loro funzionamento e volendolo ripristinare occorre richiudere il circuito, l’apertura e chiusura del circuito viene fatta mediante speciali apparecchi detti interruttori.

La legge di Ohm è la legge fondamentale dei circuiti elettrici. Essa definisce il valore della intensità della corrente circolante in un circuito in

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funzione della tensione creata dal generatore ed in funzione della resistenza elettrica del tratto considerato e della corrente che lo percorre:

I = V/R

Ad esempio, un circuito avente una resistenza di 10 ohm al quale è stata applicata una tensione di 80V sarà percorso da una corrente:I=80V/10 ohm.

Per effetto joule si intende la proprietà per cui un conduttore percorso da una corrente si riscalda ed il suo riscaldamento è tanto maggiore quanto più grande è la sua resistenza e quanto più elevato è il valore della intensità di corrente che lo attraversa. Viene quindi creato calore a spese di energia elettrica. La corrente elettrica può essere continua o alternata. Se la corrente percorrerà il conduttore secondo un’unica direzione avremo corrente continua, se invece la tensione di cui disponiamo varia ripetutamente ad intervalli regolari di tempo invertendo il senso della corrente nel conduttore avremo corrente alternata. Per convenzione si chiama polo positivo il capo del conduttore dove la corrente entra e lo si indica col segno + ; polo negativo il capo del conduttore dal quale la corrente esce e lo si indica col segno - .

Nella corrente alternata si ha che le polarità si scambiano continuamente quindi non si potrà più parlare di polo positivo e polo negativo.

L’intervallo che intercorre nel cambio da polo positivo a polo negativo si chiama periodo, a volte essendo questo molto piccolo ( nell’ordine di millesimi di secondo) si preferisce parlare di frequenza cioè quante volte si ripete il ciclo in un secondo.

La frequenza con cui viene distribuita la corrente in Italia è fissata dall’ente distributore, ed è fissa.

Riferimenti

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