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Posso vendere oggetti creati da me?

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Posso vendere oggetti creati da me?

Autore: Noemi Secci | 23/04/2020

È possibile mettere in vendita opere artigianali e opere dell’ingegno con adempimenti semplificati e senza aprire partita Iva?

Sei abile nella realizzazione di oggetti fatti a mano o di opere e vorresti iniziarli a vendere, ma non sai da che parte cominciare?

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Per vendere le proprie creazioni è obbligatorio aprire la partita Iva e ci si deve iscrivere alla gestione Inps dei commercianti o degli artigiani, oppure è possibile giustificare i compensi come cessione del diritto d’autore, in quanto si tratta di opere dell’ingegno? I compensi derivanti dalla vendita proprie creazioni possono essere considerati come prestazioni occasionali? E se si superano i 5mila euro annui?

In particolare, posso vendere oggetti creati da me oppure questo è vietato se non sono un artigiano o un commerciante? Vendere le proprie creazioni è consentito, ma sul regime fiscale da utilizzare per la vendita delle proprie creazioni c’è molta confusione.

In generale, per vendere oggetti in modo continuativo è richiesta l’apertura della partita Iva; l’apertura della posizione Iva non è invece richiesta per la vendita di oggetti in modo meramente occasionale.

La vendita delle proprie creazioni senza partita Iva, più precisamente, è consentita se le opere sono frutto del proprio ingegno creativo e l’attività è svolta in modo non professionale e non organizzata. Se, poi, l’interessato è inquadrato come hobbista o come creativo, ha la possibilità di vendere oggetti fatti a mano senza necessità di aprire la partita Iva anche avvalendosi di piattaforme online.

La normativa, però, è piuttosto complessa e disciplina diverse ipotesi: facciamo il punto della situazione.

Hobbisti e creativi

La normativa tratta in modo differente hobbisti e creativi [1]: proviamo a comprendere le differenze tra queste due categorie.

L’hobbista crea qualcosa di nuovo partendo da beni già esistenti: ad esempio, realizza una collana assemblando dei ciondoli acquistati da un grossista, oppure decora una cornice di legno grezzo con pietre dure, avendo acquistato da terzi sia il legno che le pietre.

In sostanza, l’hobbista è un artigiano che, in modo professionale oppure occasionale, mette in vendita creazioni frutto del proprio lavoro, ma realizzate a partire da oggetti creati da terzi.

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Il creativo, invece, è colui che realizza opere frutto del proprio ingegno (ad esempio, un quadro, ma anche un libro), che sono protette dal diritto d’autore:

in pratica, crea oggetti o opere “immateriali” su cui può vantare la paternità legale.

Quando l’hobbista non è obbligato ad aprire la partita Iva?

Non esiste una normativa generale a livello nazionale che disciplini la figura dell’hobbista: perché questi possa evitare di aprire la partita Iva, deve essere definito come operatore non professionale che vende, propone o espone, in modo sporadico ed occasionale, prodotti di modico valore, per lo più opere della propria creatività o del proprio ingegno.

In sostanza, l’hobbista:

vende, baratta, scambia o espone creazioni di poco valore: il costo, in base alle previsioni delle normative locali, non può superare 250 euro per singola creazione; in alcune Regioni il limite si abbassa a 100 euro per gli oggetti venduti in appositi mercatini;

svolge l’attività in modo occasionale e non professionale: l’attività non deve, cioè, essere svolta in modo continuativo ed organizzato; il requisito dell’occasionalità può essere comunque qualificato in maniera diversa, in base alla normativa regionale [2]: determinate regioni, ad esempio, qualificano come hobbista occasionale chi partecipa a non più di due mercatini all’anno;

percepisce compensi non superiori a 5mila euro annui in seguito alla vendita dei propri prodotti; se il limite è superato, l’interessato è obbligato all’iscrizione presso la gestione Separata Inps.

Venditore professionista delle proprie creazioni

Se l’hobbista non soddisfa le condizioni elencate, non è più qualificato come tale ma come venditore professionista: quest’ultimo, pur realizzando i propri

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prodotti in maniera autonoma e artigianale, svolge un’attività di vendita continuativa ed organizzata, indipendentemente dalla natura dei beni commercializzati. È dunque soggetto ai seguenti obblighi:

apertura della partita Iva;

iscrizione presso la Camera di Commercio ed iscrizione all’Inps (gestione speciale commercianti o artigiani);

presentazione della segnalazione certificata di inizio attività (Scia) al Comune in cui svolge l’attività;

tenuta delle scritture contabili (salvo opzione per il regime fiscale forfettario).

L’hobbista deve rilasciare lo scontrino?

L’hobbista, quando non è qualificato come venditore professionista, non ha l’obbligo di rilasciare ricevuta o scontrino fiscale.

Se, però, il cliente o committente ha la partita Iva, o più precisamente è sostituto d’imposta, questi deve rilasciare una ricevuta per prestazione occasionale con ritenuta d’acconto (una trattenuta fiscale) pari al 20% del compenso, nella quale possono essere indicati anche eventuali rimborsi spese. Sulla ricevuta deve essere applicata una marca da bollo di 2 euro, se l’importo supera 77,47 euro.

Com’è tassato l’hobbista?

Il reddito occasionale dell’hobbista deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi, all’interno del quadro redditi diversi (quadro D del modello 730 o quadro RL del modello redditi persone fisiche).

Il reddito fa difatti parte dell’imponibile Irpef (cioè del reddito da sottoporre all’imposta sul reddito delle persone fisiche). All’hobbista spettano le stesse detrazioni (la detrazione è un importo che si sottare dall’imposta) alle quali hanno diritto i lavoratori autonomi con partita Iva. In particolare, il lavoratore occasionale ha diritto alle seguenti detrazioni, che non devono essere ragguagliate su base annua:

104 euro, se il reddito complessivo annuo non supera i 4.800 euro;

per reddito superiore a 4.800 euro e sino a 55.000 euro annui, la

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detrazione è calcolata con la seguente formula: 1.104 × [(55.000 – reddito complessivo) / 50.200].

Questa detrazione non può essere cumulata con quella per redditi di pensione o di lavoro dipendente e assimilati: se il reddito annuo non supera 4800 euro, la presentazione della dichiarazione dei redditi non è obbligatoria (a meno che non siano stati percepiti altri redditi), in quanto le detrazioni superano l’imposta, quindi il lavoratore, di fatto, non deve pagare le tasse.

Dove posso vendere le mie creazioni come hobbista?

L’hobbista può vendere le proprie creazioni in appositi mercatini, dopo aver effettuato i seguenti adempimenti:

aver compilato la denuncia di inizio attività per esposizione e vendita di proprie opere d’arte e/o frutto del proprio ingegno a carattere creativo;

aver ottenuto il rilascio del tesserino degli hobbisti, in base alla normativa della Provincia o del Comune in cui si svolgono gli eventi; il tesserino ha una validità annuale ed è rilasciato per un massimo di 5 anni, anche non consecutivi (con possibilità di rinnovo) ad un costo che può variare in base alla Regione di appartenenza;

aver compilato/ ottenuto il rilascio di eventuale altra documentazione aggiuntiva richiesta dal Comune, dalla Regione o dalla Provincia (ad esempio relativa al possesso dei requisiti morali) ed effettuato ulteriori eventuali adempimenti;

aver effettuato il pagamento per l’occupazione del suolo pubblico, se previsto.

L’hobbista può vendere le proprie creazioni anche:

in un temporary shop, un negozio temporaneo, aperto per meno di 30 giorni all’anno, per la cui apertura gli adempimenti amministrativi e fiscali sono molto ridotti;

attraverso il conto vendita: con questo tipo di contratto, l’hobbista può consegnare degli oggetti ad un negozio, che cercherà di vendere questi oggetti ai suoi clienti; solo se venduti, riconoscerà all’hobbista la somma pattuita, in caso contrario restituirà gli oggetti dopo un periodo di tempo

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stabilito;

su una piattaforma online, o marketplace, come Ebay, Subito.it, etc.

Tuttavia, anche in queste ipotesi, se la vendita è organizzata ed abituale, è necessaria l’apertura della partita Iva.

Note

[1] In Italia non esiste una disciplina generale che regolamenti la figura dell’hobbista: l’art. 28, D.lgs. 114/1998 rimanda alle normative regionali che a loro

volta definiscono gli hobbisti come “Operatori non professionali che vendono, propongono o espongono, in modo sporadico ed occasionale, prodotti di modico valore, per lo più opere della propria creatività o del proprio ingegno” [2] In alcune

regioni l’attività hobbistica viene definita come un’attività in cui si vende, si permuta o si propone ed espone in modo saltuario e occasionale oggettistica di modico valore rientrante nel settore merceologico dell’usato e/o dell’antiquariato

minore, escluso il settore dell’abbigliamento. Potrebbe dunque rientrare nella categoria dei redditi diversi di cui all’art. 67, co. 1, lett. i), TUIR (Redditi derivanti

da attività commerciali non esercitate abitualmente).

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