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Ferrovie: Sonego, sono per privatizzazione FSI, rete pubblica e scorporo. Le questioni irrisolte (1)

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Senato della Repubblica Commissione VIII Lavori pubblici, trasporti e comunicazioni

Senatore Lodovico Sonego

Intervento sull’Atto Governo 251 sottoposto a parere parlamentare

Schema di de creto del Presidente del Consiglio dei ministri recante definizione dei criteri di privatizzazione e delle modalit à di dismissione della partecipazione detenuta dal Ministero dell’e conomia e delle finanze nel capit ale di Ferrovie dello Stato SpA

Gennaio 2016

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Premessa

L’Atto Governo n. 251 è lo schema di DPCM che inizia il processo di privatizzazione del Gruppo ferrovie dello Stato SpA.

Si tratta della vera e propria privatizzazione, ancorchè non maggioritaria, di un importantissimo gruppo industriale italiano che nella storia del Paese è sempre stato totalmente pubblico, comprensibile quindi che il proposito del Governo susciti molta attenzione; stiamo infatti trattando di un gruppo del trasporto e della logistica la cui attività esercita un grande impatto economico e sociale.

Nel corso degli ultimi quindici anni FSI ha dato prova di vitalità implementando una più che lodevole politica di risanamento economico e finanziario parallela mente allo sviluppo della positiva esperienza dell’alta velocità ferroviaria sulla base di una strategia specificamenmte itraliana. Il ramo cargo e il trasporto regionale costituiscono invece una nota dolente ed irrisolta.

L’odierno processo di parziale privatizzazione è funzionale ad una nuova fase di crescita dell’Azienda di Stato. Il Gruppo è infatti chiamato ad una ulteriore sfida di evoluzione industriale per meglio contribuire ad una strategia Paese nel trasporto e nella logistica, giova rammentare che FSI è chiamato a tale compito in un contesto regolatorio comunitario che sempre più mette in discussione i presupposti, monopolistici e di assenza di competizione di mercato, su cui le ferrovie del Regno e della Repubblica hanno sempre fondato la loro missione. Questa nuova sfida è esiziale per l’Azienda nonchè per l’economia e la società italiana e non può essere vinta senza metter e in discussione l’ultracentenaria cultura monopolistica e di estraneità al mercato di cui la Società è tutt’ora impregnata in ogni sua azione. Il mantenimento del presente assetto totalmente pubblico porterebbe al declino di FSI.

Il cambio di attitudine aziendale richiesto dalle necessità del Paese ed imposto dalla regolazione comunitaria potrà essere invece implementato efficacemente con l’aiuto della cultura gestionale di azionisti privati che stimolino, anche sulla base dell’aspettativa della remunerazione del loro investimento, la trasformazione di FSI in un soggetto capace di competere in Italia e all’estero in un contesto di mercati aperti e da contendere. Questo cambio farà bene all’Azienda perchè le consentirà di crescere in uno scenario nel quale le vecchie culture monopolistiche sarebbero un impedimento, farà bene all’Italia e a gli italiani perchè permetterà di avvia re una stagione di modernizzazione del trasporto non più rinviabile. La motivazione profonda della privatizzazione è principalmente questa e si tratta di una ragione industriale e di politica economica ; il ricavato della cessione, per quanto consistende e da perseguire per il beneficio al bilancio dello Stato, finisce per assumere un ruolo ancillare. Dunque la privatizzazione deve essere ad un tempo una rilevante leva di politica industriale e una manovra di finanza pubblica.

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Sostegno al Governo

Il Governo che vara la privatizzazione merita il pieno sostegno del Parlamento e , sempre per le ragioni della premessa, è bene che l’utile cessione ai privati avvenga contemperando l’esigenza della rapidità e le accortezze necess arie alla strategia industriale di cui si detto.

Il De creto

Lo schema di provvedimento varato dal Governo è costituito dalla consueta premessa e da una parte dispositiva raccolta in un articolo unico. Entrambe le parti sono rilevanti ai fini della manifes tazione degli orientamenti strategici dell’esecutivo e per la definizione delle scelte operative.

L’infrastruttura

La premessa compie una prima rilevante scelta strategica, la “proprietà dell’infrastru ttu ra ferroviaria riferita alla rete è assegnata allo Stato”. L’opzione non era scontata, infatti il dibattito ufficioso che ha impegnato l’esecutivo nei mesi passati prevedeva anche l’ipotesi di una cessione dell’intero Gruppo, fino al 40%, infrastruttura inclusa. Ciò avrebbe significato anche la privatizzazione di una quota della rete. Al contrario oggi si opta per la totale proprietà statale con lo scopo “di garantire a tutti gli opera tori l’accesso equo e non discriminato rio dell’infrastruttu ra ferroviaria ”. La scelta è positiva per tre ragioni: i) è bene che un asset di tale rilevanza strategica per l’interesse nazionale rimanga pubblico; ii) l’infrastruttura ferroviaria ha una redditività talmente modesta da non consentire una ragionevole remunerazione di capitali privati e pertanto lo sviluppo della rete, ma anche il suo semplice mantenimento, implicherebbe comunque la necessità di investimenti pubblici che verrebbero peraltro utilizzati da un’azienda che potrebbe essere privata sino al 40%. E’ ben vero che l’Autorità di Regolazione del Trasporto ha stabilito che il gestore della rete non può chiedere agli utilizzatori il corrispettivo per la quota degli investimenti sovvenzionata dallo Stato, ma anche in assenza di tale addebito non vi è dubbio che la società di rete, quindi anche i suoi azionisti privati, finirebbe comunque per trarre un vantaggio economico dalle assegnazioni statali e pertanto si aprirebbe la problematica degli aiuti di Stato; iii) la totale proprietà pubblica garantisce meglio l’accesso equo e non discriminatorio che il DPCM si prefigge.

La premessa del Decreto aggiunge anche la possibilità di una ulteriore opzione. In fase di definizione delle procedure di privatizzazione il Governo si riserva di perseguire le finalità indicate “valutando per tale fine anche l’evoluzione verso una completa indipendenza societaria del gestore ” dell’infrastruttura. Si tratta di un passaggio cruciale che conviene approfondire. Quella riserva di successiva valutazione implica due possibilità: la completa indipendenza societaria del gestore con lo scorporo di Rete Ferroviaria Italiana dal Gruppo FSI ma anche l’altra soluzione nella quale al contrario non si preveder ebbe “una completa indipendenza societaria del g esto re”.

Prima conclusione politica

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Quando il governo si riserva di valutare l’evoluzione verso la completa indipendenza societaria del gestore, evidentemente dal Gruppo in cui è consolidato, ipotizza la soluzione di gran lunga preferibile al fine di una politica delle infrastrutture ferroviarie in grado di promuovere servizi passeggeri e cargo corrispondenti alle necessità del Paese. É bene pertanto che il Senato si esprima sull’Atto Governo 251 chiedendo l’indipendenza societaria.

E’ utile investigare il significato della seconda ipotesi governativa, la non “completa indipendenza societaria d el gestore”. Oggi il Gruppo FSI concolida undici società e fra queste, di gran lunga le più significative, vi sono Trenitalia e RFI: la prima è la società che svolge il servizio, la seconda è la società proprietaria della rete dell’infrastruttura che gode anche della concessione alla gestione della medesima.

Il 31 ottobre 2000 l o Stato assegnò la concessione sessantennale per la gestione dell’Infrastruttura ferroviaria nazionale al Gruppo Ferrovie dello Stato-Società di trasporti e servizi per azioni , l’anno successivo il concessionario costituì la totalmente controllata società Rete Ferroviaria Italiana a cui venne trasferita la concessione precedentemente assegnata alla controllante. Oggi RFI, controllata al 100% da FSI che è la sopravvenuta denominazione di Gruppo Ferrovie dello Stato, è ad un tempo proprietaria della rete e concessionaria della sua gestione sino al 30 ottobre 2060. RFI è concessionaria di sè stessa.

Stando alla bozza di decreto l a seconda implicita ipotesi, ossia la non completa separazione societaria dell’infrastruttura da FSI, dovrebbe comunque rispettare il criterio della “assegnazione allo Stato della p roprietà dell’infrastruttura ferroviaria relativa alla rete” che l’Atto Governo 251 non indica come ipotesi di lavoro bensì quale scelta già consolidata e fondativa che precede la questione della separazione.

La coesistenza delle due opzioni è una non trascurabile aporia.

Su questi aspetti è bene che il Governo interloquisca con il Parlamento precisando ulteriormente i suoi orientamenti di fondo e anche qualche tecnicalità. Si tratta di chiarire come possa coesistere l’ipotesi della non separazione con la scelta consolidata della totale proprietà statale dell’infrastruttura. Sono argomenti dirimenti per il pronunciamento delle commissioni parlamentari.

Gli investitori

L’articolo unico del Decreto dispone che la cessione azionaria di FSI rispetti comunque il vincolo di una partecipazione statale non inferiore al 60%. Misura condivisibile.

Il secondo comma stabilisce che l’OPV “potrà essere rivolta al pubblico dei risparmiatori in Italia, ai dipendenti del Gruppo Ferrovie dello Stato, a investito ri istituzionali italiani e internazionali”.

La scelta di proporre l’azionariato ai dipendenti è positiva.

Merita approfondimento la partecipazione degli investitori istituzionali; non perchè essa susciti perplessità, piuttosto perchè pare utile che il Governo non si accontenti di sollecitare un generico investimento decidendo invece di privilegiare investitori dal profilo industriale. In premessa ci si è diffusi sul fatto che la partecipazione di privati può aiutare la trasformazione di FSI in un soggetto capace Seconda conclusione politica

Terza conclusione politica

Quarta conclusione politica Il Governo chiarisca

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di competere in Italia e all’estero in un contesto di mercati aperti e da contendere , ciò sarà maggiormente possibile quanto più la partecipazione privata non avrà natura meramente finanziaria ma esplicitamente industriale. Si tratta di un’opzione che naturalmente implica la non trascurabile capacità di scegliere partner adeguati.

Del resto ad essere rilevanti sono anzitutto le sfide della strategia Paese cui Governo e FSI vengono chiamati.

La privatizzazione e l’auspicabile scelta di prediligere investitori industriali offre anche un’altra opportunità. Può essere l’occasione per scambi azionari con partner industriali stranieri che se scelti con accortezza possono offrire la possibilità di multinazionalizzare il profilo industriale FSI più di quanto non accada già ora.

Quelle acquisizioni estere possono essere una leva di grande valore per la crescita di FSI, cosa necessaria.

Dunque il Governo va incoraggiato a stabilire criteri di cessione del Gruppo FSI che prediligano, almeno per una quota significativa della cessione, investitori industriali. In questo modo la privatizzazione del Gruppo acquisirebbe ancor di più il significato di una rilevante misura di politica industriale tout court alla quale si accompagnerebbe il noto beneficio per il bilancio dello Stato.

Trenitalia

E’ da ultimo opportuno richiamare che Trenitalia, l ’azienda dedicata al servizio, è stata negli anni inopportunamente oggetto di conferimento di asset di natura infrastrutturale la cui collocazione appropriata è RFI, si tratta cioè di beni che secondo le finalità dello schema di decreto dovranno rimanere di proprietà statale perchè oggettivamente funzionali alla rete. Ed è del pari inopportuno che la società del servizio ferroviario sia proprietaria di beni che afferiscono all’infrastruttura. Va rammentato infatti che se una società del servizio ferroviari o è proprietaria di un’officina per il rotabile finirà per disporre di un artificioso vantaggio competitivo rispetto ad altri operatori del servizio privi di tale opportunità e contro i quali gareggia in un bando pubblico. Le procedure di privatizzazione dovranno pertanto provvedere a sanare tale impropria organizzazione del Gruppo FSI nel rispetto della Direttiva UE 34/2012, del Regolamento UE 2015/909, del D.Lgs. 112/2015 e sotto la vigilanza dell’Autorità di Regolazione del Trasporto.

ooooo Quinta conclusione politica

Sesta conclusione politica conclusione politica

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