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Diritti e doveri del dipendente malato

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Diritti e doveri del dipendente malato

Autore: Noemi Secci | 25/10/2018

Che cosa deve fare il lavoratore dipendente in caso di malattia: dal preavvertimento del datore di lavoro, al certificato medico, alla reperibilità per la visita fiscale.

Il dipendente che si ammala è tutelato dalla legge: nonostante la malattia

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sospenda il rapporto di lavoro, difatti, spetta un’indennità da parte dell’Inps ed un’integrazione da parte del datore di lavoro (in alcuni casi, come per i lavoratori domestici, è il datore di lavoro a dover corrispondere l’intera retribuzione). Il dipendente, però, in caso di malattia ha anche dei precisi doveri, oltre ai diritti:

deve infatti avvertire il datore di lavoro dell’assenza, farsi rilasciare e inviare all’Inps un certificato medico, restare a disposizione del medico dell’Inps durante le fasce di reperibilità per la visita fiscale, non ostacolare la guarigione. Se il dipendente non rispetta gli obblighi previsti in caso di malattia, rischia delle sanzioni disciplinari, sino al licenziamento. Facciamo allora il punto della situazione sui diritti e doveri del dipendente malato: alla luce dei recenti chiarimenti della Guida Inps sulla malattia, vediamo quali sono gli adempimenti obbligatori del lavoratore, dalla comunicazione al datore di lavoro al certificato medico telematico, dalla reperibilità alla visita fiscale al rientro in azienda, .

Preavvertire il datore di lavoro dell’assenza

Innanzitutto, la prima cosa che il dipendente deve fare appena si ammala è avvertire il datore di lavoro o la propria amministrazione. A questo proposito, è il contratto collettivo applicato a stabilire quanto tempo il dipendente ha per avvisare il datore di lavoro dell’assenza per malattia.

In particolare, il dipendente deve avvertire dell’assenza:

prima dell’inizio del turno di lavoro, se l’azienda applica uno dei seguenti contratti collettivi: Telecomunicazioni, Terziario e Commercio, Turismo, Gomma/Plastica, Carta, Tessile/Abbigliamento/Confezioni, Grafica /Editoria, Alimentare;

entro 2 ore dall’inizio del turno lavorativo, per le aziende che applicano il contratto collettivo Autotrasporto;

entro 4 ore dall’inizio del turno lavorativo, per le aziende che applicano i seguenti contratti collettivi: Autotrasporto (relativamente al personale viaggiante e soggetto a turni continui avvicendati), Legno/Arredamento, Chimica, Calzature;

entro il 1° giorno di assenza, per le aziende che applicano il contratto collettivo Metalmeccanica.

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Tutti i contratti, in ogni caso, prevedono che il lavoratore non sia soggetto all’obbligo di comunicazione nelle ipotesi di giustificato e comprovato impedimento.

Invio della comunicazione di assenza per malattia

Per comunicare la malattia al datore di lavoro devono essere rispettate le modalità indicate dal contratto collettivo applicato. L’importante, comunque, è che il dipendente adotti tutti gli accorgimenti possibili perché la comunicazione giunga tempestivamente all’azienda, e che si accerti che arrivi ai destinatari interessati (responsabile dei turni, preposto, datore di lavoro): l’ideale è dunque che la comunicazione avvenga con una telefonata, anche se in linea generale è possibile comunicare tramite messaggio, fax o email.

Visita dal proprio medico curante e certificato medico

Una volta avvertita l’azienda dell’assenza, il dipendente, se non ha già provveduto, deve recarsi dal proprio medico curante (o, se non è disponibile, dalla guardia medica o da una diversa struttura o un differente professionista, purché convenzionato col servizio sanitario nazionale), entro due giorni dal verificarsi della malattia. Il medico provvede, a seguito della visita, a inviare all’Inps il certificato medico telematico con la diagnosi e la prognosi (cioè i giorni di malattia assegnati).

Giorno di inizio della malattia

L’Inps, sulla base della normativa vigente, riconosce la prestazione di malattia soltanto dal giorno di rilascio del certificato. Il medico per legge non può giustificare giorni di assenza precedenti alla visita. Solo se si tratta di un certificato redatto a seguito di visita domiciliare, l’Inps riconosce anche il giorno precedente alla redazione (solo se feriale), quando indicato dal medico. Bisogna tener presente, inoltre, che il datore di lavoro potrebbe ritenere il dipendente assente ingiustificato nei giorni non riconosciuti dall’Inps.

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Dati da indicare nel certificato medico

Per garantire la correttezza delle informazioni riportate nel certificato, è necessario che il medico ponga la massima attenzione nell’inserimento di tutti i dati.

In particolare, il medico è tenuto ad inserire correttamente, se ne ricorrono i presupposti, le seguenti informazioni:

deve innanzitutto indicare se si tratta di un evento traumatico:

l’informazione è indispensabile affinché l’Inps possa valutare se vi sono le condizioni per attivare un’azione surrogatoria verso i terzi responsabili; nel caso in cui si riconosca la responsabilità di terzi, per il lavoratore c’è il vantaggio che le giornate di indennità di malattia in tal modo recuperate dall’Inps non rientrano nel computo del periodo massimo indennizzabile per malattia;

deve poi segnalare le eventuali agevolazioni per le quali il lavoratore privato o pubblico è esonerato dall’obbligo del rispetto delle fasce di reperibilità per la visita fiscale:

deve anche specificare se l’assenza è dovuta a una patologia grave che richiede terapie salvavita;

deve inoltre specificare se si tratta di una malattia per la quale sia stata riconosciuta la causa di servizio (solo per alcune categorie di dipendenti pubblici) [1];

infine, deve indicare se la malattia è collegata alla situazione di invalidità già riconosciuta maggiore o uguale al 67%.

Il medico può anche inserire eventuali ulteriori dettagli nelle note di diagnosi al fine di completare o caratterizzare meglio la diagnosi stessa.

Al riguardo, l’Inps ha fornito alcuni indirizzi operativi in merito all’applicazione della normativa relativa alle esenzioni dalla reperibilità per i lavoratori del settore privato [2].

Comunicazione del protocollo del certificato medico

Il dipendente deve poi fornire, se gli accordi lo prevedono, il numero di protocollo

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di trasmissione del certificato medico al datore di lavoro, che può così verificare all’interno del sito dell’Inps la prognosi stabilita.

A seconda delle disposizioni del contratto collettivo applicato, o degli accordi individuali, la comunicazione del protocollo del certificato medico di malattia può avvenire telefonicamente, tramite email, messaggio o fax.

Mancata comunicazione dell’assenza per malattia

Se la comunicazione di assenza non è inviata nei termini prescritti dal contratto collettivo, o è inviata in ritardo, è necessario che il dipendente giustifichi l’inadempimento, pena l’applicazione di una sanzione disciplinare.

La sanzione disciplinare può essere inflitta anche se il lavoratore ha comunque inviato il certificato medico giustificativo dell’assenza nei termini [3]. La segnalazione dell’assenza prima dell’inizio del turno lavorativo è infatti imposta per tutelare la corretta esecuzione dell’attività: si tratta di un interesse del datore di lavoro (e degli utenti dell’azienda o dell’ente) differente da quello della verifica dell’effettività della malattia.

Per evitare conseguenze, è allora necessario provare l’esistenza di un giustificato impedimento all’invio della comunicazione.

Giustificazione per la mancata comunicazione dell’assenza per malattia

Le situazioni che consentono di giustificare il mancato avvertimento del datore di lavoro, in caso di assenza per malattia, sono molto più ristrette rispetto a quelle che consentono di giustificare l’assenza alla visita fiscale. Un conto, difatti, è risultare assenti dalla propria abitazione in un determinato arco di tempo, un conto è risultare totalmente impossibilitati ad effettuare una comunicazione, anche con una semplice telefonata o un messaggio.

Di conseguenza, risulta sicuramente giustificata la mancata comunicazione dovuta a casi di forza maggiore: un incidente, un grave malore, o comunque una malattia o un infortunio che comporti immediati accertamenti o il ricovero. In

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questo caso, è ovviamente il personale sanitario ad attestare la gravità della situazione.

In assenza di casi di forza maggiore, non è semplice dimostrare di non aver potuto effettuare comunicazioni telefoniche: questo sarebbe possibile solo nel caso in cui il lavoratore dimostri di non avere utenze telefoniche “fisse”, di aver esaurito il credito sul cellulare, di non coabitare con nessuno e di non aver avuto la possibilità di effettuare una chiamata con addebito al destinatario o di ottenere un credito per le emergenze. Peraltro, non è detto che l’assenza di credito giustifichi il lavoratore dalla sua dimenticanza, in quanto è sua precisa responsabilità mettere in atto tutti gli accorgimenti possibili per comunicare tempestivamente l’assenza all’azienda.

Risulta piuttosto difficile anche dimostrare che la mancata comunicazione è dovuta a un improvviso allontanamento dalla propria abitazione, perché questa potrebbe essere comunque considerata una negligenza del dipendente, sebbene il recarsi dal proprio medico o in farmacia sia considerata, quando indifferibile, una causa di giustificazione per l’assenza alla visita fiscale: le due situazioni sono trattate in modo differente, in quanto l’invio di una comunicazione è un obbligo più immediato e semplice da adempiere rispetto alla reperibilità all’interno di un’ampia fascia oraria.

Deve essere comunque valutata diversamente, ai fini della sanzione disciplinare, la comunicazione inviata con un leggero ritardo, rispetto a quella inoltrata con forte ritardo o, naturalmente, non inoltrata.

Fasce orarie di reperibilità per la visita fiscale

Per quanto riguarda le fasce orarie di reperibilità per la visita fiscale, la recente riforma Madia, che ha istituito il Polo unico per le visite fiscali, prevede la loro unificazione per il settore pubblico e privato. Attualmente, il lavoratore assente per malattia deve farsi trovare al proprio domicilio per la visita del medico fiscale nei seguenti orari, 7 giorni su 7:

dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19 se dipendente del settore privato;

dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18 se dipendente pubblico.

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Lavoratori esonerati dalla visita fiscale

Per quanto riguarda i dipendenti del settore privato, il medico certificatore può segnalare l’agevolazione che esonera dalla reperibilità nei casi previsti, secondo le regole stabilite nell’apposita circolare dell’Inps [2].

È bene sapere, comunque, che può essere disposta una visita di controllo previo appuntamento.

In assenza di agevolazione, il dipendente non può assentarsi dall’indirizzo di abituale dimora durante le fasce orarie di reperibilità in cui viene effettuato il controllo, se non per:

necessità di sottoporsi a visite mediche generiche urgenti e ad accertamenti specialistici che non possono essere effettuati in orari diversi da quelli compresi nelle fasce orarie di reperibilità;

provati gravi motivi personali o familiari;

cause di forza maggiore.

Per quanto riguarda i dipendenti pubblici, i casi di esonero dal rispetto delle fasce di reperibilità sono indicati da un apposito decreto del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione [4]:

patologie gravi che richiedono terapie salvavita;

malattia per la quale sia stata riconosciuta la causa di servizio (solo per alcune categorie di dipendenti pubblici) [1];

malattia collegata all’invalidità riconosciuta, pari o superiore al 67%.

Visita fiscale dal primo giorno di malattia

Per quanto riguarda i dipendenti pubblici, la visita fiscale deve essere richiesta obbligatoriamente dal datore di lavoro (dirigente) sin dal primo giorno, se l’assenza si verifica nelle giornate precedenti o successive a quelle non lavorative.

Ad ogni modo, anche per i dipendenti del settore privato il medico dell’Inps potrebbe passare sin dal primo giorno, dietro richiesta del datore di lavoro o d’ufficio.

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Visita fiscale due volte nella stessa giornata

In base alla recente riforma, la visita fiscale, discrezionalmente, può essere anche disposta più volte durante il medesimo periodo di prognosi. Può addirittura essere disposta due volte nell’arco della stessa giornata.

Chi manda la visita fiscale?

La visita fiscale può sia essere richiesta dall’amministrazione o dall’azienda da cui il lavoratore dipende, sia essere disposta d’ufficio: a questo fine, l’Inps programma preventivamente un determinato numero di visite d’ufficio e razionalizza gli incarichi da assegnare ai medici fiscali. Per saperne di più: Visita fiscale, chi è a rischio?

Il datore di lavoro può conoscere l’esito della visita fiscale?

Effettuata le visita medica di controllo, l’Inps mette a disposizione l’esito del verbale tramite la propria piattaforma, quindi il datore di lavoro può verificarlo. Le informazioni fornite riguardano comunque la prognosi e non la diagnosi.

La visita fiscale è prevista in caso d’infortunio sul lavoro o malattia professionale?

Nei casi di eventi determinati da infortunio sul lavoro o malattia professionale, non possono essere disposte visite di controllo da parte dell’Inps per non interferire nell’attività di competenza esclusiva dell’Inail in materia.

Come cambiare l’indirizzo di reperibilità

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per la visita fiscale

Se il dipendente deve variare l’indirizzo di reperibilità durante la malattia, deve seguire puntualmente queste regole:

se lavoratore del settore privato, assicurato per la malattia presso l’Inps:

avvertire preventivamente la sede Inps di competenza, anche tramite il portale web dell’istituto;

avvisare immediatamente anche il datore di lavoro e attenersi alle disposizioni del proprio contratto di lavoro in materia di assenze per malattia;

se si ritiene necessario trasferirsi presso un domicilio estero in un Paese U.E., durante l’evento di malattia, bisogna informare preventivamente la sede Inps di competenza, che valuta l’opportunità di effettuare un controllo medico legale preventivo;

se lavoratore del settore privato, non assicurato per la malattia presso l’Inps:

avvertire immediatamente solo il proprio datore di lavoro e attenersi alle disposizioni del contratto di lavoro in materia di assenze per malattia;

se lavoratore pubblico:

avvertire immediatamente la propria amministrazione, che deve provvedere a sua volta ad informare tempestivamente l’Inps per mezzo degli appositi canali.

Modifica del periodo di malattia

Se il lavoratore vuole rientrare al lavoro prima della fine prognosi indicata sul certificato, deve chiedere al medico che ha redatto il certificato la rettifica della prognosi, da inoltrare all’Inps attraverso il servizio di trasmissione telematica.

Se si tratta di un dipendente pubblico, è possibile rivolgersi, nei soli casi di assenza o impedimento assoluto del medico che ha redatto il certificato, ad un altro medico per ricevere un certificato rettificativo della prognosi.

Nessun certificato può essere rettificato se è finito il periodo di prognosi originariamente assegnato.

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Lavoratore assente alla visita fiscale

Se il dipendente si deve assentare durante le fasce orarie di reperibilità, deve avvertire immediatamente la propria amministrazione (che provvede ad avvertire l’Inps) o il datore di lavoro, fornendo la motivazione (che dovrà essere supportata da idonea documentazione).

Se il dipendente è trovato assente in occasione della visita fiscale, viene invitato con apposito avviso a presentarsi in data specifica presso gli ambulatori della Struttura territoriale Inps di competenza.

Se nel giorno della prevista visita ambulatoriale il dipendente ha ripreso l’attività lavorativa, non è tenuto a sottoporsi a quella visita, ma deve comunque comunicarlo alla sede Inps.

In ogni caso, bisogna presentare idoneo giustificativo per l’assenza alla visita di controllo domiciliare per non incorrere nelle sanzioni amministrative previste dalla legge ed in eventuali azioni disciplinari da parte del datore di lavoro.

Sanzioni per assenza alla visita fiscale

Nel dettaglio, il dipendente assente alla visita fiscale perde:

il 100% dell’indennità per massimo 10 giorni, in caso di 1° assenza;

il 50% dell’indennità nel restante periodo di malattia, in caso di 2° assenza;

il 100% dell’indennità dalla data della 3° assenza.

La sanzione viene irrogata al massimo fino al giorno precedente la ripresa dell’attività lavorativa, considerando tale ripresa come una dichiarazione

“di fatto” della fine prognosi (avvenuta nella giornata immediatamente precedente) dell’evento certificato.

Dipendente che svolge un altro lavoro durante la malattia

Se il dipendente svolge un’altra attività lavorativa durante la malattia e il lavoro svolto è compatibile con la convalescenza, non pregiudicando i tempi di guarigione, il datore di lavoro non può licenziarlo: è quanto chiarito da una recente

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sentenza della Cassazione [5], secondo la quale non si violano i doveri di correttezza e buona fede se l’attività non comporta il posticipo del rientro in azienda.

Se, invece, l’attività è tale da pregiudicare lo stato di salute, comportando il ritardo nella guarigione, il datore di lavoro può irrogare una sanzione disciplinare al dipendente, sino al licenziamento nei casi più gravi [6]. Ovviamente lo stesso vale nei casi in cui lo stato di malattia sia soltanto simulato.

Per evitare il licenziamento, il lavoratore deve dimostrare la compatibilità tra l’attività extra e la malattia, oltre all’impossibilità che l’attività pregiudichi il recupero delle energie psico-fisiche. Inoltre, secondo la Suprema Corte, non è sufficiente che l’attività, in concreto, non abbia pregiudicato la ripresa, ma si chiede invece al dipendente di adottare tutte le cautele necessarie per scongiurare una prosecuzione della malattia.

Note

[1] patologia ascritta alle prime tre categorie della TABELLA A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, n. 834, ovvero a patologie rientranti nella TABELLA E del medesimo decreto. [2] Circolare Inps n. 95 del 7 giugno 2016. [3] Cass. sent. n. 2023 del 04.02.2015. [4] DM n.206/2017. [5] Cass.

sent. n. 21667 del 19 settembre 2017 [6] Cass. sent. n. 6047/2018.

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