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evinews numero unico 2020

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Academic year: 2022

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cevi numero news

unico

2020

(2)

**** | *****, ****** editoriale | Monica cucchiaro, Presidente del CeVI

Da quando le parole “Coronavirus”,

“pandemia”, “terapia intensiva”, sono entrate a far parte della nostra vita, ne sentiamo e leggiamo anche molte altre, tutte collegate: “lavarsi spesso e bene le mani” con acqua e sapone o con soluzioni alcoliche o come “mantenere la distanza di sicurezza dagli altri”.

Non è pensabile oggi entrate in un qualunque esercizio commerciale senza mascherina, i cartelli informativi sulla distanza interpersonale da mantenere e l’immancabile dispenser di gel a disposizione del pubblico.

Assenza di contatto fisico e igiene costante e profonda delle mani, sono forse le cose che più ci hanno condizionato.

La prima perché da stereotipo confermato, siamo culturalmente abituati al contatto umano, che sia una stretta di mano, un baciare le guance, un abbraccio. Tutti gesti per ora riposti in un romantico cassetto dei ricordi.

E l’igiene delle mani.

Qui entra prepotentemente nella discussione un tema a noi carissimo: l’acqua e il suo accesso come diritto umano fondamentale per la vita.

Senz’acqua salubre, la parola igiene non è neanche immaginabile.

L’acqua disponibile e di qualità è un diritto di tutti, da sempre, imprescindibile per condurre e sviluppare la vita.

L’acqua ai tempi della pandemia diventa un problema ancora più urgente per moltissime persone che non ne dispongono, per le ragioni più svariate.

Il virus, come una ghigliottina di

rivoluzionaria memoria, ha approfondito quelle differenze fra “chi ha” e chi “non ha” che già prima del virus si erano consolidate nella nostra società.

Questo non è il momento di mollare, ma quello di alzare ancora di più la voce per tutti quelli che non possono farlo.

La lotta del CeVI per il diritto all’acqua continua.

Da marzo 2020 la quotidianità è cambiata.

Molte cose che all’inizio ci sembravano strane o bizzarre, oggi sono la normalità, come l’uscire di casa senza mascherina o senza gel disinfettante.

Anche il solo ricordo delle lunghe settimane in quarantena, sembra qualcosa di un altro tempo: lontano ma allo stesso vicino e terribilmente tangibile. Perché se i numeri (almeno per l’Italia) restano al di sotto delle cifre allarmanti di altri Paesi dell’Unione, il Coronavirus c’è, e nessuno sa quale saranno le sue (e quindi le nostre) sorti.

sommario

nuMEro unico 2020 /// PEriodico dEl cEVi, cEntro di Volontariato intErnazionalE

Tutela dei dati personali I dati e le informazioni personali da lei forniti al CeVI sono registrati e memorizzati nella banca dati dell’Associazione. Nel rispetto della persona, i dati che la riguardano non verranno in alcun modo divulgati, né ceduti a terzi, senza il suo assenso. In conformità alla L. 675/96 sulla tutela della privacy, e successive modifiche, lei ha diritto di consultare i dati che la riguardano e chiederne eventualmente la variazione, integrazione o la cancellazione scrivendo a: CeVI, Via Torino 77, 33100 Udine, a mezzo e-mail all’indirizzo info@cevi.coop, a mezzo fax 0432 48 69 29

Pag.

3

Editoriale

da marzo 2020 la quotidianità è cambiata Monica Cucchiaro

5

BOLIVIA

la necessità di salvare le sementi tradizionali in Bolivia Margherita Tezza 6

Scheda progetto / BOLIVIA

Pachamama. Protagonismo delle donne rurali

per l’affermazione della sovranità alimentare in Bolivia

8

BrASILE

litio: l’oro della valle dello Jequitinhonha Federica Del Missier

9

Scheda progetto / BrASILE

Scambio: Sostenere e cooperare per l’agricoltura familiare

e i Mercati del Biologico

10

COStA D’AVOrIO

il sistema scolastico ivoriano Elena Lauriola

11

Scheda progetto / COStA D’AVOrIO

Futur Jeune et Femme-FJF

12

Scheda progetto / COStA D’AVOrIO

Bien vivre chez soi: un avenir pour les jeunes et les familles ivoiriennes

13

EtIOPIA

incontriamo i Gumuz di Galya rogda Estifanos Befekadu

14

Scheda progetto / EtIOPIA

Semi di futuro - intervento integrato di lotta alla malnutrizione

SPECIALE PANDEMIA SolidariEtà E cooPErazionE ai tEMPi dEl coVid-19

16 il mondo dopo il virus Marco Ciot

17 di fronte all’epidemia (non) siamo tutti uguali! Federica Del Missier

18 dipendiamo l’uno dall’altro Fundacìon Abril

20 il caV non si ferma durante la pandemia Federica Del Missier

21 l’insostenibilità del modello economico attuale: la nostra risposta è il ceVi chic charity Shop Teresa Cuttini

23 Pandemia e emergenza climatica Marco Ciot

24 anniversario dei 10 anni del diritto umano all’acqua Marco Ciot

26 Educazione alla cittadinanza Globale: una nuova strategia per un futuro migliore Teresa Cuttini

27 la scuola prima e dopo il covid-19 Teresa Cuttini

28 le Blue communities Teresa Cuttini

30 2019: un anno al ceVi

(3)

diritto all'acqua | MarGhErita tEzza, cooperante espatriata in Bolivia

?????? | StEFano archidiacono, cooperante espatriata in Bolivia

In un’America Latina in crescita e sempre più esposta ai mercati internazionali, è necessario riflettere sul significato di sviluppo e sulla sostenibilità del sistema alimentare e produttivo globale. Le pressioni economiche delle multinazionali nei paesi in via di sviluppo sono sempre più forti, tanto da riuscire a piegare leggi e normative ai propri interessi, a scapito del benessere e dello sviluppo collettivo. Un esempio è la Bolivia in cui, se da una parte la costituzione stava vietando l’ingresso a colture transgeniche, gli ultimi decreti ne facilitano l’ingresso e la diffusione.

I semi, in quanto detentori del potere della vita, sono da sempre stati considerati sacri fin dalle più antiche civiltà. Periodicamente venivano celebrati con rituali alla Pachamama per propiziare raccolti ricchi ed abbondanti. Oggi, la logica di mercato ha permeato la nostra tavola: la diffusione di sementi ibride o transgeniche promuove una produzione di grande scala, omogenea e pronta per la vendita, selezionando solo un numero molto ridotto di varietà, minacciando perciò l’incredibile biodiversità che il nostro pianeta possiede. Mentre i semi tradizionali venivano conservati come parte del processo di coltivazione, questi nuovi semi non

hanno la capacità di riprodursi e sono brevettati: la loro genetica è considerata legalmente una proprietà privata. Questo rende gli agricoltori dipendenti e apre nuove strade al controllo del nostro cibo a opera delle multinazionali. I semi tradizionali sono varietà uniche e specifiche di ogni regione che, portando con sé un’elevata diversità genetica, si convertono in elementi fondamentali di resilienza ai cambiamenti climatici che tanto minacciano le fasce della popolazione più vulnerabili.

Ecco perché in un paese come la Bolivia, che tuttavia salvaguarda le sue forti radici ancestrali, è urgente generare spazi in cui recuperare pratiche di conservazione delle sementi tradizionali. Il loro recupero, una pratica antica, cuore dell’agricoltura, è diventato un atto di resistenza. Salvare i semi autoctoni significa salvare l’agrobiodiversità, la cultura e l’identità di un popolo, garantendo la sua sovranità e rafforzando l’economia locale e l’alimentazione sana. I semi creano legami tra le comunità e ci chiamano a tornare alle pratiche ancestrali di aiuto reciproco e rispetto per la Madre Terra. Infine ci invitano a tornare a considerare un alimento, una pianta ed un seme come esseri vivi, e non come oggetti di mercanzia.

la nEcESSità di SalVarE lE SEMEnti tradizionali in BoliVia Tra cultura ancestrale, diritto e

multinazionali agro ecologiche

(4)

OBIETTIVO

SOVrANITà ALIMENTArE, PArITà DI gENErE E DIrITTO ALL’ACquA

SCHEDA

BOLIVIA

PrOgETTO

PACHAMAMA. PrOTAgONISMO DELLE

DONNE rurALI PEr L’AffErMAzIONE DELLA SOVrANITà ALIMENTArE IN BOLIVIA

LOCALITà dipartimento di cochabamba: Provincie di ayopaya, carrasco, Mizque, campero, Esteban arze dipartimento di la Paz: Provincia di larecaja

151

OBIETTIVO

Realizzare la sicurezza alimentare e una migliore nutrizione, promuovere l’agricoltura sostenibile; promuovere la parità di genere e l’empowerment delle donne e delle ragazze; garantire la disponibilità e la gestione sostenibile di acqua e dei servizi igienico- sanitari

PArTNErS

ITALIANI:

COSPE Onlus / A Sud / Università di Udine – Dipartimento di Scien- ze Agro Alimentari, Ambientali e Animali

BOLIVIANI:

Fundación Abril / Coordinadora de Integración de Organizaciones Económicas / Campesinas de Cochabamba (CIOEC Cochabamba) / Centro de Capacitación y Servicio para la Mujer (CECASEM) Servizio Dipartimentale di Salute di La Paz (SEDES La Paz) / Centro de apoyo a la gestión sustentable del agua y medioambiente

“Agua Sustentable”

PrOBLEMI AffrONTATI

I problemi delle donne rispetto alla sicurezza alimentare, riguardano limitazioni e discriminazioni rispetto all’accesso e gestione dell’acqua, aggravate da siccità e cambiamenti climatici;

all’accesso a input agro-zootecnici, tecnologia, formazione e servizi all’agricoltura; all’accesso ai servizi delle unità di salute;

all’autonomia di accesso ai mercati locali per generare entrate proprie, al riconoscimento dei loro diritti.

fINALITà DEL PrOgETTO

Il progetto si propone di dare avvio a processi sostenibili di centralità delle donne rurali per la sicurezza alimentare.

La sostenibilità economico-finanziaria del progetto, ha l’obiettivo di generare empowerment economico e sociale delle donne nelle 20 comunità d’intervento aumentando almeno del 25% il loro potere d’acquisto.

SOVrANITà ALIMENTArE , PArITà DI gENErE E DIrITTO ALL’ACquA

ATTIVITà rEALIzzATE fINOrA

Costruzione di 15 sistemi familiari e comunitari per la raccolta dell’acqua piovana a

Cochabamba per incrementare la disponibilità d’acqua dove la sua scarsità è stata dichiarata emergenza.

Costruzione di una piccola diga con la capacità di irrigare 10 ettari di pascolo per l’alpaca.

Costruzione di 10 sistemi familiari di irrigazione ad alta efficienza (ad aspersione e a goccia)

per migliorare la produzione degli orti familiari a La Paz e Cochabamba.

Riforestazione di area di riserva acquifera e realizzazione di una serie di workshop

scolastici per sensibilizzare alla protezione dei bacini idrografici.

Formazione su agro-ecologia e zootecnia sostenibile diretta alle donne, per favorire la

qualità e varietà delle colture, l’allevamento e l’apicoltura per migliorare la qualità e la varietà delle produzioni agricole e zootecniche, facilitando processi e sistemi produttivi nei quali siano le donne le prime garanti della sicurezza alimentare.

Dotazione di tecnologie e input agricoli e zootecnici necessari per il miglioramento e

la differenziazione dei processi produttivi alle donne delle comunità di progetto (semi, fertilizzanti organici, serre familiari e comunitarie per la produzione agroecologica, arnie per apicoltura, materiali per l’allevamento delle cavie domestiche a La Paz) e implementazione di attrezzature per la lavorazione della lana di alpaca.

Workshop comunitari su nutrizione e preparazione di alimenti sani e Fiere municipali

di Salute come strategia di intervento per il miglioramento delle abitudini alimentari delle famiglie delle comunità.

Attività per il consolidamento ed il rafforzamento dell’iniziativa EcoMujer

nelle Comunità di Cochabamba, marchio che certifica le iniziative autogestite dalle donne per la trasformazione di prodotti agricoli, la preparazione e commercializzazione di prodotti sani e locali. Tuttora esistono 3 iniziative di trasformazione e marketing garantite dal certificato EcoMujer: la commercializzazione di verdure, miele e prodotti lattei.

Facilitazione di spazi autonomi di riflessione e costruzione per le donne rurali per l’analisi

dei diritti riconosciuti nella Costituzione e l’elaborazione di linee guida per la sicurezza alimentare (Agenda delle donne) per per promuovere la loro partecipazione negli spazi decisionali e nei processi di pianificazione e gestione locale.

COME CONTrIBuIrE ALL’INIzIATIVA:

20 € si acquistano 250 kg di cemento per la costruzione delle cisterne;

50 € si garantisce la distribuzione di piante da frutto autoctone presso una singola famiglia;

90 € si finanzia il sostegno materiale e formativo di una singola beneficiaria nella coltivazione di un orto familiare;

150 € si sostiene l’organizzazione un evento per l’introduzione di nuove varietà orticole nelle abitudini alimentari.

(5)

Il progetto che promette di rendere il Brasile un attore di livello internazionale nel settore e di avviare un “processo di trasformazione della realtà socioeconomica” della regione, nota come Valle della Miseria, è della società canadese Sigma Lithium Resources. A detta dell’azienda, si tratta di

“un progetto di estrazione mineraria verde e lavo- razione pulita del litio” dato che si impiegheranno le più avanzate tecniche di estrazione sostenibile e l’uso finale sarà la costruzione di batterie elettriche.

Tuttavia, secondo il Movimento dos Atingidos por Barragens (MAB), la realtà è ben diversa.

L’estrazione di litio ha costi ambientali e sociali:

espropriazioni, aumento del costo della vita, dei tassi di violenza e di malattie, contaminazione di acqua, suolo, aria e inquinamento acustico. La malafede di Sigma è esemplificata dal tentativo di ottenere una concessione per la Chapada do

Lagoão, un’area di preservazione ambientale con- siderata “il serbatoio d’acqua” della regione, una zona semiarida soggetta a lunghi periodi di siccità.

La contropartita dovrebbero essere le opportunità di sviluppo e la creazione di occupazione.

L’impresa usufruirà però di vari incentivi fiscali mentre la produzione sarà venduta ad azien- de straniere, tra cui case produttrici di veicoli elet- trici come Tesla, limitando quindi i benefici per la regione. Inoltre, la notizia che la prima fabbrica di batterie al litio-zolfo del mondo sarà costruita in un’altra regione dello stato suggerisce che verrà disattesa anche la speranza dei sindaci della Valle di creare un polo industriale in loco.

Queste contraddizioni sono emblematiche di una regione che storicamente è stata espropriata, sfruttata e stigmatizzata come povera. Afflitta dalla mancanza di investimenti pubblici, le sue ricchezze sono sfrut- tate solo per l’esportazione e a vantaggio di una mino- ranza, lasciando gli abitanti a farsi carico del degrado ambientale e di crescenti disparità sociali.

Un’esponente del movimento “O Lítio é do Jequitinhonha” ha efficacemente osservato: “mal- grado tutta la ricchezza naturale della regione, con- tinuiamo a sentirci come dei mendicanti seduti su sacchi d’oro”.

OBIETTIVO

DIrITTO ALL’ALIMENTAzIONE

SCHEDA

BrASILE

PrOgETTO

SCAMBIO: SOSTENErE E COOPErArE

PEr L’AgrICOLTurA fAMILIArE E I MErCATI DEL BIOLOgICO

LOCALITà Brasile, regione Stato del Minas, regione dell’alta Valle dello Jequitinhonha, comuni di turmalina, Veredinha, Minas Novas e chapada do Norte

155

PArTNErS

In loco: Centro de Agricultura Alternativa “Vicente Nica (CAV), Istituto Federale Sud del Minas Gerais In Italia: Comune di Mereto di Tomba, CeVI, AIAB FVG

PrOBLEMI AffrONTATI

La produzione agricola in una regione semi arida come quella dei comuni coinvolti nel progetto è fortemente condizionata dalla disponibilità di risorse idriche. I prodotti alimentari provenienti dall’agricoltura su grande scala e distribuiti dalla grande distribuzione, concorrono con le produzioni locali, quest’ultime ancora non adeguatamente valorizzate. I problemi emersi dagli agricoltori riguardano la sicurezza alimentare ma anche il miglioramento delle produzioni locali, la mancanza di assistenza tecnica, il miglioramento della qualità dei prodotti, l’approccio ai mercati locali.

fINALITà DEL PrOgETTO

Rendere l’agricoltura familiare economicamente e ambientalmente sostenibile e migliorare la qualità della vita degli agricoltori/trici nella regione dell’Alto Jequitinhonha - Minas Gerais.

L’agricoltura familiare praticata nel contesto rurale di questa regione riguarda una fascia di popolazione (agricoltori) vulnerabile in quanto residente in aree con scarsità di servizi di base e particolarmente esposta agli effetti dei cambiamenti climatici. Contribuire al rafforzamento del sistema dell’agricoltura familiare agendo sulle potenzialità che ha dimostrato di avere è un obiettivo strategico per il

miglioramento della qualità della vita della popolazione locale.

ATTIVITà DA rEALIzzArE

- Riunioni con le associazioni comunali per la costruzione di strategie di approccio ai segmenti di mercato, con conseguente mappatura della domanda delle scuole pubbliche e dei flussi dei prodotti nei supermercati locali monitorando la produzione agricola familiare e fornendo assistenza tecnica per la fornitura di prodotti ai mercati locali;

- Pianificazione produttiva per le famiglie, corsi di formazione per agricoltori/trici, microcredito tramite il Fondo Rotativo Solidale e realizzazione di visite tecniche per il monitoraggio del processo di certificazione biologica.

- Seminari sul tema dei mercati locali e nei Comuni del Distretto di Economia solidale del Medio Friuli, attività didattiche nelle scuole in Brasile e in Italia.

COME CONTrIBuIrE ALL’INIzIATIVA:

con 30 € si sostengono le attività di assistenza tecnica presso le famiglie rurali;

con 70 € si realizza un corso di formazione per gli agricoltori;

con 200 € si acquista un kit di produzione agricola sostenibile.

In Sud America si concentrano i maggiori giacimenti del cosiddetto “oro bianco”, il litio, risorsa chiave per la transizione energetica. Il Brasile ha iniziato ad affacciarsi sul mercato globale del minerale quando, nel 2017, ne sono state scoperte significative riserve nella Valle dello Jequitinhonha, nel nordest dello stato del Minas Gerais.

LITIO: l’oro dElla VallE dEllo JEQuitinhonha

il lato oscuro delle nuove tecnologie

“amiche” dell’ambiente

SoVraNità aliMeNtare | FEdErica dEl MiSSiEr, servizio civilista del CeVI in Brasile

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iStruzioNe | ElEna lauriola, Servizio Civilista del CeVI in Costa D’Avorio

In Costa d’Avorio il Governo ha deciso di investire nell’educazione migliorandone la qualità, rendendola accessibile a tutti e adeguata ai bisogni del mercato del lavoro. Ma le cose stanno veramente così? Osservando da vicino il contesto sociale e con i dati alla mano, emergono delle contraddizioni: “in materia di educazione e di formazione i progressi sono lenti nella realizzazione di un’istruzione universale o risultano incompiuti nella parità di genere e nell’alfabetizzazione. La più parte dei giovani che esce da scuola non ha accesso al mercato del lavoro”(PND 2016-2020). Accessibilità all’istruzione per tutti e qualità dell’insegnamento restano quindi le maggiori sfide per la scuola ivoriana.

Uno studio sull’indice di sviluppo della prima infanzia nei settori di lettura-calcolo, fisico, socio- emotivo e di apprendimento (2016-MICS5) mostra che i bambini sulla buona via di sviluppo nella lettura-calcolo sono il 7,4%, mentre negli altri settori il 95,2%, il 68,8% e l’87,2%. Inoltre, se si considera anche l’indice di benessere economico, solo l’1%

dei bambini della popolazione più povera sviluppa le capacità di lettura e calcolo. L’accesso scolastico non è ancora garantito in modo equo a tutti: non

hai le stesse possibilità di andare a scuola se sei una bambina o un bambino (45,1% e 58,5%), se fai parte delle fasce meno abbienti o di quelle più abbienti (61,9% e 93,6%), né se vivi al Nord (57,2%), in Centro (82,2%) o nel Sud (82,8%), in una zona rurale (70,9%) rispetto a un centro urbano (85,3%).

Per questo motivo dal 2007 il CeVI si impegna in prima linea per garantire alfabetizzazione e istruzione ai minori di Daloa, con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita e sociali delle fasce più svantaggiate. Grazie al progetto Tous à l’école!, nell’anno 2019/2020 60 minori hanno potuto iscriversi a scuola e di questi 14 hanno terminato i corsi “passarella”, inserendosi nella prima classe di ciclo medio. In più, da quest’anno il CeVI ha avviato uno sportello di ascolto psicologico e di mediazione familiare per i minori detenuti nella Maison d’Arrêt di Daloa, per permettere anche a loro di ricevere un’educazione di base e facilitarne il reinserimento in società, offrendo inoltre prospettive di continuità scolastica.

Un’istruzione di qualità e inclusiva resta infatti l’arma più potente per ridurre le disuguaglianze e garantire un mondo più equo per tutti.

OBIETTIVO

SViluPPo localE E SuPPorto ai Minori in diFFicoltà

SCHEDA

COSTA D'AVOrIO

PrOgETTO

futur Jeune et femme-fJf

LOCALITà daloa, regione dell’alta Sassandra e djèbonoua, regione di Gbeke, in costa d’avorio.

153

PArTNErS

In Costa d’Avorio: ONG Progrès Universel; VIF – Vivre, Informer, Fraterniser; UJCD - Union de la Jeunesse Communale de Daloa, Direzione regionale del Ministero della Donna, della Protezione del Bambino e della Solidarietà, Municipalità di Djébonoua

In Italia: CVCS – Centro Volontari Cooperazione allo Sviluppo; Associazione di Solidarietà Internazionale Jobel Onlus;

PrOBLEMI AffrONTATI

La Costa d’Avorio affronta ormai da diversi anni le contraddizioni della crescita senza sviluppo.

Il miglioramento degli indici economici si riververbera nel peggioramento delle condizioni delle condizioni sociali ed educative della popolazione locale : disoccupazione, bassa scolarizzazione e sacche di analfabetisimo infantile ed adulto. Tutto questo si riverbera nell’incremento della criminalità giovanile, della disoccupazione e della migrazione illegale.

fINALITà DEL PrOgETTO

Il progetto, che si avvia alla conclusione a fine 2020 ha permesso di contribuire all’incremento dell’accesso al lavoro e allo sviluppo socio-economico di giovani e donne svantaggiati, promuovendo lo sviluppo socio-economico attraverso l’attività di formazione professionale ed imprenditoriale, il supporto all’educazione di minori svantaggiati e un’azione pilota a favore dei bambini in carcere.

ATTIVITà rEALIzzATE

• Creazione di opportunità di formazione, di lavoro ed il sostegno della micro-imprenditoria giovanile e femminile nelle regioni dell’Alta Sassandra e di Gbêkê”: l’attività ha permesso di incrementare il numero di giovani e donne della fasce svantaggiate inseriti/ coinvolti in azioni di formazione e sviluppo delle competenze economiche e di auto imprenditorialità;

• Migliorata diffusione di buone prassi tra le OSC/AL ivoriane sulla gestione delle attività di sviluppo locale come strumenti di contrasto alla marginalità socio economica e alla violenza di genere;

ampliata presa di coscienza da parte delle comunità di Daloa e Djébonoua sui rischi e conseguenze della migrazione irregolare, della microcriminalità giovanile e della violenza di genere;

• Realizzazione di uno studio di fattibilità di azioni a favore dei minori in conflitto con la legge per il loro reinserimento sociale e professionale.

COME CONTrIBuIrE ALL'INIzIATIVA

Con 50 € si può permettere di sensibilizzare 4 famiglie sui rischi della migrazione clandestina.

Con 100 € si può favorire l’inserimento di una ragazza o un ragazzo negli atelier di formazione

professionale.

Con 150 € all’anno si può sostenere l’inserimento scolastico di un minore in carcere nelle scuola

• ivoriana, dotandolo del materiale obbligatorio per l’iscrizione.

il SiStEMa ScolaStico iVoriano Promuove veramente

un’istruzione di qualità

e inclusiva?

(7)

SoVranità aliMEntarE E Parità di GEnErE | EStiFanoS BEFEkadu, addetto alla comunicazione dell’EmCS-Emdibir Catholic Secretariat (Etiopia)

IncOnTrIamO I Gumuz 1 dI GaLya rOGda

Galya Rogda è uno dei kebele (villaggi) nella regione dell’Oromia, una regione dell’Etiopia a 145 km a sud-ovest di Addis Abeba. La zona climatica è composta da “dega” (altopiano), “woinadega” (medio) e “kolla” (pianura) che coprono rispettivamente il 16%, il 55% e il 39% dell’area.

Era probabilmente alla fine del diciannovesimo secolo o all’inizio del ventesimo quando l’imperatore Menelik II chiese il servizio dei Gumuz per combat- tere contro gli Afar, che rifiutavano di presentarsi all’imperatore e di pagare le tasse. Gli afar stavano creando problemi nella zona uccidendo coloro che si avventuravano nel loro territorio. Atse Menelik prese 7.700 Gumuz, uomini e donne, da Benishangul – regione di Gumuz, zona di Kamashi, Yaso Wereda e li trasportò alla zona di Afar armandoli con 60 pistole.

Combatterono con successo, gli Afar si sottomisero all’imperatore e fuggirono.

Le cronache narrano che al ritorno dalla guerra contro gli Afar, l’imperatore offrì un generoso banchetto in onore dei Gumuz.

In seguito gli chiesero di poter tornare a Kamashi o ricevere un pezzo di terra vicino ad Addis Abeba dove stabilirsi. Menelik diede loro la terra dove si trovano ora, nel margine meridionale del fiume Walga, approssimativamente a metà strada tra Woliso e Wolkite.

Il loro kebele si chiama oggi Galiya Rogda. Sono distribuiti in 4 villaggi: Lugo, Makado, Dependa e Tapo, ognuno con circa 250-300 persone. Così il numero totale non supera i mille.

La diminuzione riguardante il numero iniziale era dovuto ai morti nella guerra.

Oggi i Gumuz combattono una nuova battaglia:

questa volta contro la siccità, la povertà e il covid.

Stagionalmente, la scarsità di cibo e di acqua e la conseguente malnutrizione sono un problema critico che colpisce molte famiglie, causando gravi traumi ai bambini sotto i cinque anni e alle madri che allattano.

I bambini sono i più colpiti dalle crisi alimentari.

La mancanza di cibo impedisce loro di svilupparsi fisicamente e mentalmente.

Quando i bambini in età di sviluppo non sono in grado di assimilare i nutrienti necessari, sono più inclini ad ammalarsi.

OBIETTIVO

EducazionE, sviluppo socio Economico E riabilitazionE dEi minori in carcErE

SCHEDA

COSTA D'AVOrIO

PrOgETTO

Bien vivre chez soi: un avenir pour

les jeunes et les familles ivoiriennes

LOCALITà daloa, regione dell’alta Sassandra e djébonoua, regione di Gbeke, in costa d’avorio.

156

PArTNErS

In Costa d’Avorio: ONG Progrès Universel; Comune di Djébonoua, Association Notre Dame des Sources (Bouaké)

In Italia: CVCS – Centro Volontari Cooperazione allo Sviluppo; Associazione di Solidarietà Internazionale Jobel Onlus; direzione regionale del Ministero della Donna, della Protezione del Bambino e della Solidarietà.

PrOBLEMI AffrONTATI

Le carenze scolastica, educativa e di formazione professionale che impediscono ai giovani ivoriani

di contribuire attivamente allo sviluppo del loro contesto di vita e sono alla base del loro disagio umano, sociale e civile;

La carenza di opportunità di impegno lavorativo e di auto imprenditorialità per crearsi le condi-

zioni di un futuro senza ricorrere a vie illegali o all’immigrazione;

fINALITà DEL PrOgETTO

Aumentare le opportunità di impiego per giovani potenziali vittime della migrazione, ma in partico- lare favorire la tutela dell’infanzia attraverso il sostegno all’educazione di base, l’accompagnamento delle famiglie e/o strutture di accoglienza per minori in stato di particolare fragilità, azioni per la prevenzione e il contrasto della devianza giovanile.

ATTIVITà DA rEALIzzArE

Il progetto è partito ad ottobre 2020; stiamo lavorando per alfabetizzare 1.220 giovani e donne

• a Daloa e Djebonoua; interveniamo nelle carceri minorili di Daloa e Bouaké con interventi di animazione e percorsi educativi di prevenzione e contrasto delle devianza e della recidiva, sosteniamo iscrizione e frequenza scolastica di 400 studenti della scuola ivoriana, accompagnano 50 famiglie di minori in conflitto con la legge del territorio di Djébonoua.

COME CONTrIBuIrE ALL'INIzIATIVA

Con circa 150 € è possibile assicurare ad una bambina o bambino di poter frequentare la scuola e di disporre del materiale scolastico per un anno di studio.

Prioritarie sono le azioni di sostegno educativo per i minori in carcere, che versano in condizioni di profonda marginalità e con scarse prospettive di recupero se non vengono offerti loro percorsi adatti di reinserimento sociale ed educativo. Le donazioni verranno impiegate per questo scopo.

1 I Gumuz sono un gruppo etnico di origine nilo sahariano che abita la regione Benishangul-Gumuz nella woreda di Qwara, in Etiopia occidentale ed alcune altre zone sparse per l’Etiopia come l’Oromia e ovviamente il Sudan meridionale. A differenza degli altri gruppi linguistici ed etnici dell’Etiopia, che parlano prioritariamente l’amarico o l’oromo, i Gumuz hanno mantenuto la loro lingua di origine nilo sahariana. Si differenziano dai ceppi etnici etiopi anche per il colore della pelle, sensibilmente più scura. L’origine della loro presenza storica in Etiopia e la differenza coi gruppi etnici e linguistici originari del paese sono alla base del loro isolamento ed della loro condizione di ostracizzazione da parte delle etnie locali. (ndr)

Storia e

testimonianza

dall’Etiopia

(8)

OBIETTIVO

accessO aLL’acqua e sIcurezza aLImenTare In OrOmIa

SCHEDA

ETIOPIA

PrOgETTO

Semi di futuro – Intervento integrato di lotta alla malnutrizione (AID 011880)

LOCALITà oromia – zona South West Shewa, villaggi di Galya rogda e Guagure Bora

157

PArTNErS

In loco: EmCS – Ethiopian Catholic Church Social and Development Commission Branch Coordination Office of Emdibir Eparchy, South West Shewa Zone Health Department

In Italia: Capofila: CEFA Comitato Europeo per la Formazione e l’Agricoltura Onlus, Fondazione di Religione “Opera San Francesco Saverio” – Medici con l’Africa Cuamm, Fondazione L’Albero della Vita Onlus – FAdV, Cittadinanza Onlus, Climate and Development Foundation, CSB Centro per la Salute del Bambino Onlus

PrOBLEMI AffrONTATI

1. Sistema alimentare fragile che non consente l’accesso a cibo sano in quantità, qualità e varietà adeguate: scarsa produttività per tecniche inefficienti; scarsa varietà e stabilità delle produzioni a causa di conoscenze e input agricoli limitati; perdite post-raccolto e scarso accesso al mercato.

2. Scarso accesso a redditi agricoli per le donne.

3. Pratiche igienico-sanitarie, nutrizionali e di cura del bambino non adeguate ed insufficienti servizi sanitari per prevenzione, identificazione, trattamento e follow-up dei pazienti malnutriti.

fINALITà DEL PrOgETTO

1. Garantire alimentazione adeguata attraverso il rafforzamento del sistema alimentare;

2. Ottenere un buono stato di salute dei bambini attraverso il rafforzamento dei servizi sanitari;

3. Promuovere protezione attraverso formazione dei caregiver e consapevolezza comunitaria;

4. Dare opportunità di apprendimento precoce attraverso Early Child Development nelle UNT;

SOVrANITà ALIMENTArE , PArITà DI gENErE E DIrITTO ALL’ACquA

ATTIVITà DA rEALIzzArE

CeVI ed EmCS sono impegnate specialmente nel supporto alle comunità rurali dei villaggi di:

1. Galya Rogda: villaggio della minoranza gumuz, storicamente isolata ed ostracizzata, presenta un situazione di gravissima malnutrizione infantile. CeVI ed EmCS sono impegnati nel miglioramento dell’accesso all’acqua irrigua, nella formazione delle comunità rurali e nella distribuzione di sementi per incrementare, diversificare e migliorare quantità e qualità dei raccolti e raggiungere migliorare la sicurezza alimentare nel villaggio. Strategico a questo è la creazione di un sistema di irrigazione che possa stabilizzare la disponibilità d’acqua irrigua per la comunità rurale di Galya Rodga.

2. Guagure Bora: EmCs e Cevi sono impegnati nella formazione agli agricoltori per incrementare quantità e qualità dei raccolti, fornendo contestualmente conoscenze agronomiche, materiali e sementi per sostenere questo processo di stabilizzazione alimentare.

Il progetto agirà sulle produzioni agricole di circa 90 donne e su una nuova consapevolezza sul valore del cibo, del lavoro agricolo e dell’uguaglianza di genere per 1100 minori.

COME CONTrIBuIrE ALL'INIzIATIVA

Ogni contributo è benvenuto e verrà utilizzato prioritariamente per due obiettivi ovvero assicurare il completamento del sistema irriguo a Galya Rogda e le formazioni agricole con distribuzione di input e sementi a Galya Rogda e Guagure bora.

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Marco ciot, volontario del CeVI e Ex - International Peace Observer in Colombia FEdErica dEl MiSSiEr, Servizio civilista del CeVI in Brasile

dI FrOnTe

aLLa PandemIa (nOn) sIamO

TuTTI uGuaLI!

Se la retorica secondo la quale siamo tutti uguali di fronte al virus può essere utile a risvegliare la coscienza e il senso di responsabilità degli individui nei confronti della collettività, allo stesso tempo nasconde la realtà. Mai come ora è evidente che così non è.

La pandemia ha esacerbato le diseguaglianze e le condizioni di partenza in ambito socio

economico, abitativo, familiare e di accesso alla sanità hanno un ruolo fondamentale nel determinare l’impatto degli effetti diretti e indiretti del virus su ciascuno.

In situazioni estreme, che si tratti di un’emergenza sanitaria o della crisi climatica, a pagare il prezzo più salato è chi gode di minori tutele. In entrambi i casi, infatti, le fasce più svantaggiate della popolazione sono più esposte e più vulnerabili agli impatti negativi e meno resilienti e capaci di far fronte ai danni subiti.

Se a livello biologico il virus colpisce tutti indistintamente, è innegabile che i gruppi marginalizzati siano più a rischio, al Nord così come al Sud del mondo. La possibilità di “stare a casa” è preclusa, oltre a chi una casa non ce l’ha, a chi è impiegato in lavori che non possono essere svolti da remoto o in settori considerati essenziali.

Queste persone appartengono solitamente a categorie sociali più vulnerabili.

Similmente, in molti paesi dove prevale l’occupazione informale, il divario sociale è ampio e la previdenza sociale praticamente assente, la scelta di uscire per andare a lavorare è mortifera tanto quanto quella di restare a casa.

In un sistema contrassegnato da persistenti disuguaglianze strutturali, anche un evento

“orizzontale” come la pandemia diventa un fattore di ulteriore discriminazione. Anche le soluzioni e le misure adottate per rispondere all’emergenza hanno contribuito ad acuire anziché appianare le disparità. Dalle donne costrette a doppi turni di lavoro, retribuito e di cura non retribuito, o esposte alla violenza domestica fino alla decisione di far ripartire alcune attività economiche dando priorità al profitto invece che alla salute pubblica.

La pandemia ha evidenziato problemi irrisolti che riguardano tutti. Se è preoccupante che ci sia bisogno di una catastrofe per mettere in discussione la società in cui viviamo, non possiamo però lasciarci sfuggire la possibilità di ripensare il sistema e rifondarlo su principi di redistribuzione e su rapporti di reciprocità. Fondamentale in questo senso è il ruolo della società civile e l’impegno di tutti noi nel fare la nostra parte.

il Mondo doPo

il ViruS

Verso una diversa e forse

migliore “normalità”

Durante le settimane della pandemia, moltissimi hanno pen- sato, detto e scritto di aspettare con ansia il “ritorno della normalità”.

Il Ritorno della Normalità.

La “Normalità”, prima della pandemia, cos’era?

Era lo stesso mondo di prima, con le stesse logiche, gli stessi squi- libri, ma con la libertà di uscire di casa. Certo. Questo non valeva per tutti. Durante la pandemia ce ne siamo accorti per forza.

Perché se per molti e molte la pandemia ha significato una dura permanenza forzata tra applicazio- ni per il delivery, Netflix, Amazon, TV, libri, panificazione e workout su YouTube, per altrettanti è signi- ficato la perdita del lavoro. Per molti l’acqua calda o la sola acqua corrente, l’elettricità, un tetto, un bagno, non sono la triste condanna della quarantena, anzi rappresente- rebbero un sogno di una vita.

Il mondo prima era forse

“normale” perché era il mondo a cui eravamo abituati, per questo lo consideravamo tale. Ma non lo era affatto. Soprattutto non era per niente equo.

Il mondo durante la pande- mia è stato ancora peggiore per moltissime persone: fra l’impossi- bilità di spostarsi, la repressione delle forze dell’ordine, difficoltà nel reperire viveri, malattia, impossibi- lità di cura.

Non siamo ancora nel dopo.

Ma niente ci vieta di pensarci.

Se il dopo sarà come il prima, potremmo tranquillamente dire di non averla capita, la “normalità” e quello che rappresentava.

La pandemia ha evidenziato tutto quello che non funziona della nostra società: ingiustizia sociale, violenza di genere, familiare, diva- rio dei sistemi sanitari, accesso alle cure, conflitti ambientali, insicu- rezza alimentare… Abbiamo visto all’opera la parte migliore di noi, accorsa in aiuto degli ultimi.

È anche stata un’occasione per verificare l’importanza e la peri- colosità dell’informazione e delle sue fonti. Caso emblematico quello del Brasile e del suo Presidente,

fortemente negazionista sul coro- navirus all’inizio dell’emergenza.

Il Brasile è tutt’ora uno dei paesi con il maggior numero di contagi e morti nel mondo.

La pandemia è anche servita ad abbattere alcune differenze, non solo a farle risaltare.

Perché se è vero che non ha risparmiato nessuno, è anche vero che la pandemia ha raggiunto tutti i continenti (meno l’Antartide) tramite i voli aerei e il commercio internazionale. Ha colpito presiden- ti, ministri, calciatori e non solo chi non poteva proteggersi.

Ci ha messo di fronte alla nostra vulnerabilità, in un momen- to storico senza precedenti dove certamente non pensavamo potesse succedere una cosa del genere.

Il mondo dopo la pandemia, dovrà dimostrare di aver capito la lezione. Dovremo essere pronti a rivedere molti comportamenti, a rispettare il nostro ambiente, i nostri vicini, noi stessi.

Soprattutto, non possiamo dimenticare il 2020.

Perché ci saranno per un bel po’ un prima e un dopo.

L’emergenza sanitaria non colpisce tutti allo stesso modo

SolidariEtà E cooPErazionE

ai tEMPi dEl coVid-19 SolidariEtà E cooPErazionE

ai tEMPi dEl coVid-19

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il tEaM dElla Fundacion aBril (cochaBaMBa, BoliVia)

Si può affrontare l’emergenza del coronavirus senza aver diritto all’accesso all’acqua? Dalla città boliviana di Cochabamba, dove nell’aprile di 20 anni fa, la gente ha combattuto e vinto una storica guerra dell’acqua contro le multinazionali, l’esercito nazio- nale e il potere politico corrotto, una breve riflessione sulle disuguaglianze, la proprietà collettiva dei beni comuni e la ricchezza del poter contare gli uni sugli altri. “Stiamo imparando a vivere senza il superfluo, ma oggi comprendiamo più che mai l’importanza di mangiare bene, dell’acqua e del cibo che garantiscono la nostra sopravvivenza, e la necessità di riconnettersi con la terra”, dicono alla Fundación Abril.

Alcune mattine, molti di noi ci svegliamo sentendo letteralmente che tutto è stato un incubo.

Da un giorno all’altro la vita è cambiata da come la conoscevamo e ci troviamo di fronte a qualcosa di completamente sconosciuto. Il nemico invisibile, lo chiama qualcuno, ma sembrerebbe piuttosto che per anni abbiamo rifiutato di vedere la realtà in cui vivevamo.

Se c’è una cosa che questa pandemia ha rivelato, è l’enorme disuguaglianza delle nostre società. Molti di noi sono stati colpiti dalla doppia tragedia di dover affrontare l’emergenza sanitaria senza avere acqua in casa, o senza avere accesso al sistema sanitario, una casa sicura in cui poterci proteggere e riparare dalla malattia. Molti di noi vivono alla giornata, mentre ci sono altri che, nonostante o grazie alla crisi, continuano a vivere bene e accumulando profitti.

Questa realtà ci fa riflettere sull’importanza di avere servizi pubblici per tutti e organizzati per il bene comune, il bene di tutti, e non privatizzati a beneficio di pochi.

Le strade sono state militarizzate.

L’isolamento silenzioso e obbediente è ciò che ci si aspetta da noi per affrontare la crisi.

I tentativi dello Stato di attutire l’impatto economico sono insufficienti, lenti ad arrivare e sono diseguali.

I lavoratori nelle fabbriche non hanno sicurezza e continuano a produrre senza guanti, antisettici o maschere. I contadini non possono portare i loro prodotti nelle città.

Gli applausi e i ringraziamenti non bastano per coloro che, rischiando la vita e quella delle loro famiglie, sono in prima linea, spingendo la catena della sussistenza: lavoratori di supermercati e ospedali, netturbini, ecc.

Per molti anni hanno ricevuto stipendi scadenti e ora li chiamiamo semplicemente

“essenziali”.

Una campagna internazionale per la giustizia sull’acqua al tempo del coronavirus

Abbiamo capito quanto dipendiamo l’uno dall’altro per sopravvivere. Recentemente ci siamo resi conto delle migliaia di cose che siamo soliti dare per scontate. La paura ci ha paralizzato.

Ma tutti abbiamo imparato che anche la malattia, il fallimento, i disturbi e la sofferenza sono un messaggio. Quel messaggio è spietatamente chiaro e diretto, ci dice che dobbiamo fermarci, riposare, cambiare le nostre abitudini, cambiare rotta. Tuttavia, alcuni di noi resistono ancora all’ascolto e cercano una “cura” per eliminare ciò che la nostra vulnerabilità ha rivelato, per tornare rapidamente alla “normalità”, quando la normalità era precisamente l’origine del problema, dei problemi.

Come continuare?

Eppure sono emerse reti di solidarietà in alcuni quartieri, condivisione di generi alimentari, strategie delle persone per sopravvivere, aiutarsi a vicenda. La paura e l’isolamento non sono riusciti a schiacciare la solidarietà.

Possiamo anche vedere come la natura intorno a noi sta fiorendo man mano che noi umani ci ritiriamo per stare nelle nostre case. L’aria e le acque tornano limpide, rivendicano i loro diritti, recuperano la loro capacità di rigenerarsi e decontaminarsi.

Gli animali riprendono possesso dei loro ambienti e avanzano verso le città deserte e silenziose. Un messaggio potente che ci parla dell’interconnessione e dell’armonia degli elementi e dei cicli naturali, di come ne facciamo parte e di come abbiamo distorto e adulterato questa relazione.

Non possiamo smettere di ascoltare questo messaggio.

Nutrire e nutrirci in modo sano. Stiamo imparando a vivere senza il superfluo, ma oggi comprendiamo più che mai l’importanza di mangiare bene, dell’acqua e del cibo che garantiscono la nostra sopravvivenza, e la necessità di riconnetterci con la terra.

Ritrovare e ritrovarsi l’un l’altro sono compiti per il futuro immediato.

Che la distanza sociale è quella che alla fine può unire le individualità in una comunità. Solo l’organizzazione può superare la paura.

Tempo di recupero, relazioni familiari e umane, formazione e crescita personale, spiritualità e connessione con la natura sono le risorse che possono aiutarci a immaginare e costruire un futuro diverso quando usciamo da casa.

Cochabamba, Bolivia 15 aprile 2020, venti anni dopo la guerra dell’acqua

diPEndiaMo

l’uno dall’altro

A 20 anni dalla guerra per l’acqua in Bolivia

SolidariEtà E cooPErazionE ai tEMPi dEl coVid-19

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Come tutte le organizzazioni, anche il CAV ha dovuto adattare e rimodulare le sue attività a causa del distanziamento sociale imposto dalla diffusione del COVID-19. Lo ha fatto investendo nei canali virtuali così da non lasciare le famiglie di agricoltori senza assistenza. Una linea telefonica è stata messa a disposizione per consulenze tecniche e per raccogliere dubbi e commenti.

Un’altra strategia adottata è stata la

registrazione di brevi video-tutorial diffusi tramite il canale YouTube con lo scopo di orientare la produzione agroecologica.

Inoltre, a causa della chiusura delle feiras livres, i tradizionali mercati del sabato, agricoltori e agricoltrici della Valle dello Jequitinhonha hanno dovuto trovare modalità alternative per vendere i propri prodotti. Il CAV ha contribuito, assieme ad alcuni comuni della regione, alla creazione di piattaforme di feira online in cui gli agricoltori possono inserire i loro contatti e informazioni sui prodotti disponibili alla consegna in modo da facilitare l’incontro tra domanda e offerta.

Il CAV ha poi collaborato a progetti emergenziali in risposta alle difficoltà create dal virus a popolazione e istituzioni. Alcuni esempi sono la fornitura di prodotti ortofrutticoli provenienti dall’agricoltura familiare locale all’ospedale di Turmalina e la distribuzione di ceste di prodotti alimentari e igienici di base alle comunità vulnerabili.

Attraverso iniziative di questo tipo è stato possibile non solo fornire frutta e verdura variegata e di buona qualità ai beneficiari ma anche aiutare gli agricoltori locali che, in questo periodo, vedono ridotte le proprie fonti di reddito. Per di più, gran parte dei prodotti alimentari proviene da agricoltori con certificazione biologica. A questo proposito, il

CAV è riuscito a garantire la continuità del processo di certificazione biologica con il metodo partecipativo.

In questi mesi, infatti, le visite collettive di verifica di conformità sono avvenute in forma virtuale e i gruppi di agricoltori coinvolti hanno potuto così mantenere i rapporti di fiducia e condivisione che sono alla base del sistema stesso.

Infine, a giugno è stata inaugurata la Radio Web CAV che va in onda con una trasmissione tematica settimanale. La radio si è rivelata uno strumento importante per fornire informazioni e orientamento produttivo alle famiglie di agricoltori di tutta la regione e per ripercorrere la storia e approfondire i vari ambiti di azione dell’organizzazione.

il caV

non Si FErMa durantE

la PandEMia

FEdErica dEl MiSSiEr, Servizio Civilista del CeVI in Brasile

Nuovi canali di aiuto alle comunità rurali dello Jequitinhonha durante l’emergenza

SolidariEtà E cooPErazionE ai tEMPi dEl coVid-19

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Marco ciot, volontario del CeVI e Ex - International Peace Observer in Colombia

Cosa hanno di simile l’attuale pandemia di coronavirus e il cambiamento climatico?

Entrambe sono state sottovalutate all’inizio.

Il clima è tutt’ora una preoccupazione per un numero troppo piccolo di persone.

Entrambe interessano e coinvolgono

pesantemente tutta la popolazione mondiale, ma in modo diverso.

Come la pandemia, il cambiamento del clima colpirà (già se ne vedono gli effetti) per prime e più duramente le fasce più deboli ed indifese della popolazione, e solo successivamente chi ha il potere (economico, politico, sociale) di trovare soluzioni efficaci ai problemi che man mano si presentano soffrendo in maniera minore le conseguenze.

Entrambe necessitano di un’azione politica pronta e decisa.

Per la pandemia c’è la possibilità di trovare una soluzione in un vaccino.

Per l’emergenza climatica, questa soluzione

“decisiva” non esiste.

L’unica possibilità è una pronta azione virtuosa su più fronti e a tutti i livelli: individuale, regionale, nazionale, globale; proprio perché l’emergenza climatica, come le sue cause e conseguenze, sono elementi profondamente complessi e in gran parte imprevedibili.

In mancanza di una tale coordinazione e sinergia, il mondo per come molti di noi lo hanno conosciuto non durerà che alcuni decenni.

Dieta, stile di vita, abitudini d’acquisto, tutto ciò che anima la nostra giornata e la nostra vita ha profonde conseguenze sull’ambiente e in definitiva sull’equilibrio climatico, che di per sé è molto fragile

e che già sta subendo le conseguenze dell’eccessiva emissione di inquinanti nell’atmosfera: il cosiddetto effetto serra.

Estati torride, incendi incontrollati diffusi (Brasile, California), scioglimento senza precedenti dei ghiacciai artici, migrazioni massive, crisi alimentari, eventi climatici estremi.

Queste sono solo alcune delle conseguenze del clima che sta cambiando sotto i nostri occhi.

Eventi drammatici, tali da cambiare le vite di milioni di persone.

L’emergenza sanitaria ha offuscato praticamente tutti gli altri temi e il clima, come sempre, resta indietro. Troppo e da troppo tempo.

Il clima cambia lentamente, molti potranno pensare che sia addirittura una “bufala”, ma quando ce ne accorgeremo tutti, significa che sarà troppo tardi per fare qualsiasi cosa.

Il momento di agire è già passato ma siamo ancora in tempo, tutti insieme, di limitare le conseguenze peggiori.

Il clima, il pianeta, hanno la capacità di ristabilire nuovi equilibri ed andare avanti della vastità di tempo a loro disposizione.

Noi non potremmo vivere in un mondo caldo come un forno, senza acqua potabile e senza terra coltivabile. Non preoccuparsi del clima è miope negligenza dettata da una profonda ignoranza ed incapacità di visione nel lungo periodo.

PandEMia Ed EMErGEnza cliMatica 1

analogie e differenza fra due eventi tanto diversi quanto simili

1 https://www.internazionale.it/opinione/annamaria- testa/2020/05/11/emergenza-climatica-altra-pandemia

SolidariEtà E cooPErazionE

ai tEMPi dEl coVid-19 SolidariEtà E cooPErazionE

ai tEMPi dEl coVid-19

Come ha scritto Will Hutton sul Guardian: “Oggi una forma di globalizzazione senza regole del libero mercato, con la sua propensione per crisi e pandemie, sta morendo. Però ne sta nascendo un’altra, che riconosce l’interdipendenza e il primato dell’azione collettiva basata sull’evidenza dei fatti. Quella che ancora predomina è la posizione

“ogni paese per sé”, spiega Hutton, e “ci sono divieti nazionali alle esportazioni di prodotti cruciali come le forniture mediche, con paesi che si affidano alle proprie analisi della crisi tra penurie e metodi improvvisati di contenimento.”

L’epidemia di Covid-19 non dimostra solo i limiti della globalizzazione dei mercati, ma anche quelli ancora più letali del populismo nazionalista che insiste sulla piena sovranità dello stato: è la fine di “Prima l’America (o qualunque altro paese)!”, perché gli Stati Uniti si possono salvare solo con il coordinamento e la collaborazione globale. Non sono un utopista, non invoco una solidarietà idealizzata tra esseri umani. Ma la crisi attuale dimostra chiaramente che la solidarietà e la collaborazione globale sono nell’interesse di tutti e di ciascuno di noi, e sono l’unica cosa razionale ed egoista da fare.

E noi cosa facciamo nel nostro piccolo?

Il CeVI Chic ha tre obiettivi:

la riduzione, il riuso, il riciclo;

l’incontro tra persone e tra culture;

la raccolta fondi per i progetti del CeVI.

Ci trovate in Via Caccia 55, Udine ed è possibile ricevere maggiori informazioni telefonando al numero 0432 548886 Per rimanere sempre aggiornati sulle novità e gli orari di apertura vi consiglia- mo di seguire la pagina Facebook del CeVI-Chic.

Che cos’è l’Economia Circolare?

Secondo la definizione della Ellen MacArthur Foundation, l’economia circo- lare «è un termine generico per definire un’economia pensata per potersi rigene- rare da sola. In un’economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera e quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera».

L’economia circolare è dunque un siste- ma economico pianificato per riutilizzare i materiali in successivi cicli produttivi, riducendo al massimo gli sprechi.

Il modello economico lineare ‘take- make-dispose’ si basa sull’accessibilità di grandi quantità di risorse ed energia ed è sempre meno adatto alla realtà in cui ci troviamo ad operare.

Le iniziative a sostegno dell’efficienza – che lavorano per la riduzione delle risorse e dell’energia fossile consumata per unità di produzione – da sole possono ritardare la crisi del modello economico, ma non sono sufficienti a risolvere i problemi causati dalla natura finita degli stock.

Si pone quindi come necessaria la transizione dal modello lineare ad un modello circolare, che nella considerazione di tutte le fasi – dalla progettazione, alla produzione, al consumo, fino alla destinazione a fine vita – sappia cogliere ogni opportunità di limitare l’apporto di materia ed energia in ingresso e di minimizzare scarti e perdite, prestando attenzione alla prevenzione delle esternalità ambientali negative e alla realizzazione di nuovo valore sociale e territoriale.

Un nuovo modo di pensare l’Economia!

Una nuova maniera di immaginare prodotti e processi di produzione virtuosi, poco impattanti, equi e ad alto valore sociale e territoriale.

Un sistema economico pensato per auto-rigenerarsi e pochi, semplici principi per fare una grande differenza.

L’insostenibilitá del modello economico attuale:

la nostra risposta è il CeVI Chic Charity Shop

tErESa cuttini, Referente Educazione alla Cittadinanza Globale del CeVI

Non possiamo tornare alla normalità,

perché la normalità

era proprio il nostro

problema!

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Da mesi conviviamo con l’emergenza sanitaria del

Coronavirus, che ha cambiato la nostra quotidianità sotto molti punti di vista, primo fra tutti:

l’igiene delle nostre mani.

Leggiamo e sentiamo ogni giorno relativamente all’importanza cruciale che l’igiene delle mani ha nella prevenzione della diffusione della pandemia: sappiamo quanto sia importante lavarle spesso e bene con acqua e sapone oppure utilizzando gli ormai onnipresenti gel disinfettanti. Questa situazione rende fondamentale l’accesso a una sufficiente quantità d’acqua di qualità.

l’importanza di una risorsa oggi più che mai indispensabile a 10 anni dal riconoscimento del diritto all’acqua.

annIversarIO 10 annI

dIrITTO umanO aLL’acqua

SolidariEtà E cooPErazionE

ai tEMPi dEl coVid-19 Marco ciot, volontario del CeVI e Ex - International Peace Observer in Colombia

Ma chi l’acqua non ce l’ha?

Secondo l’UNESCO il 50%1 della popolazione mondiale non ha accesso adeguato a sufficiente acqua e, quando ce l’ha, spesso si tratta di un’acqua che porta più problemi di quanti non ne risolva a causa della sua qualità, adulterata dalle più svariate motivazioni di sia antropica che ambientale.

Queste situazioni si verificano soprattutto nelle zone rurali remote e nei quartieri meno serviti (favelas) che formano le grandi e grandissime città del pianeta, che già in condizioni normali sono sprovviste di acqua adatta per cucinare, bere e per prendersi cura della propria persona. Le conseguenze nel contesto della Covid-19, sono drammatiche.

Diritti umani

L’acqua non è solo un bene pubblico inestimabi- le ma è anche un diritto umano ufficialmente ricono- sciuto dalle Nazioni Unite, il 28 luglio 2010.

Dieci anni dopo, in un contesto quasi fanta- scientifico, il virus che ha messo il mondo in ginoc- chio ci ha messo anche di fronte ai moltissimi con- trasti della nostra società: sanità, scuola, disoccupa- zione, trasporti, cibo e soprattutto l’accesso all’acqua.

Fondamentale per la vita, ma purtroppo in tanti paesi ancora, un lusso per pochi e una condanna per molti.

Nella sua lotta per il diritto all’acqua il CeVI da vent’anni si impegna con progetti sia in Italia che all’estero (Bolivia, Brasile, Etiopia ), perché non esi- stano più disparità: perché ognuno, soprattutto l’ulti-

mo, possa godere di questa risorsa inestimabile.

1 https://www.thelancet.com/journals/lanplh/article/PIIS2542-5196(20)30084-X/fulltext

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Scuola | tErESa cuttini, Referente Educazione alla Cittadinanza Globale del CeVI.

L’Educazione alla

Cittadinanza Globale (o planetaria o mondiale, secondo terminolo- gie in parte sovrapposte), come definita dalla Strategia italiana per l'Educazione alla Cittadinanza Globale, testo di riferimento per la promozione dell’educazione, sen- sibilizzazione e partecipazione di tutti i cittadini al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sosteni- bile, trova nell’Organizzazione delle Nazioni Unite, ed in particolare nell’UNESCO, la sua principale cor- nice di riferimento.

La Dichiarazione univer- sale dei diritti umani ONU 1948 recita: “L’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforza- mento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e reli- giosi, e deve favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace” (art. 26).

Lo stesso principio viene ripreso nel 1974 dall’UNESCO nelle

“Raccomandazioni sull’educazione per la comprensione, la coopera- zione e la pace internazionali e sull’educazione relativa ai diritti umani e alle libertà fondamentali”.

Come sottolineato nel 1996 dalla Commissione UNESCO sull’Educazione per il

Ventunesimo Secolo nel rap- porto “Nell’educazione un tesoro”, è necessario rimette- re al centro dell’educazione la tensione ad imparare a vivere insieme, a coopera- re, a progettare in comune:

un’educazione che sappia prestare attenzione ai diritti sia della persona, sia della comunità locale ed internazionale dovrebbe quindi considerare fra i suoi fondamenti la capacità di:

“vivere insieme, sviluppando la comprensione degli altri e della loro storia, delle loro tradizioni e dei loro valori spirituali, e creando su questa base un nuovo spirito che, guidato dal riconoscimento della nostra crescente interdipen- denza e da una comune analisi dei rischi e delle sfide del futuro, possa indurre l’umanità ad attuare progetti comuni e ad affrontare i conflitti in maniera intelligente e pacifica. Utopia potrebbe pensare qualcuno; ma si tratta di un’utopia necessaria, anzi vitale, se vogliamo sfuggire a un pericoloso ciclo ali- mentato dal cinismo o dalla rasse- gnazione”.

Le tematiche di riferimento sono:

Diritti umani

Intercultura

Comprensione e Cooperazione

internazionale Pace

Sostenibilità

L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, approvata dall’As- semblea Generale delle Nazioni Unite nel 2015, rappresenta un quadro di riferimento interna- zionale con obiettivi specifici. In particolare l'Obiettivo 4 di Sviluppo Sostenibile (SDG) sull’Istruzione di qualità presenta una specifica meta in chiave di cittadinanza globale:

Garantire entro il 2030 che tutti i discenti acquisiscano la conoscenza e le competenze necessarie a pro- muovere lo sviluppo sostenibile, anche tramite un’educazione volta ad uno sviluppo e uno stile di vita sostenibile, ai diritti umani, alla parità di genere, alla promozione di una cultura pacifica e nonviolenta, alla cittadinanza globale e alla valo- rizzazione delle diversità culturali e del contributo della cultura allo sviluppo sostenibile.

L’Educazione alla

Cittadinanza Globale non è una delle educazioni, né una materia aggiuntiva.

È un approccio trasversale a tutte le discipline.

Da sempre le grandi crisi (guerre, catastrofi naturali, epidemie, carestie) costituiscono il terreno di coltura di innovazioni che, in seguito, entrano a far parte della vita quotidiana. A solo titolo di esempio: la Vespa nacque sulle macerie della Seconda Guerra Mondiale e la Protezione Civile su quelle del terremoto del 1976 in Friuli.

L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo e che ha imposto la sospensione delle attività didattiche in presenza, sta imprimendo una accelerazione a processi innovativi attesi da anni ma che non riuscivano a farsi sistema. Tra questi, per ovvie ragioni, emerge con evidenza l’impiego del digitale per realizzare percorsi didattici efficaci anche a distanza. Dopo i primi entusiasmi però emergono anche i limiti: impossibilità di sostituire la didattica in presenza con quella digitale, difficoltà a raggiungere tutti, riprodursi e accentuarsi di differenze sociali (chi può se la cava anche in questa situazione, chi vive in contesti disagiati non può trarre vantaggio dalla didattica digitale), difficoltà tecniche, e altro.

La sensazione però è che il momento, pur nella

sua drammaticità, sia occasione per un profondo e diffuso ripensamento delle pratiche didattiche anche, ma non solo, attraverso l’uso del digitale.Ci si è chiesti, giustamente, “cosa” stia accadendo nella scuola italiana. Credo però sia necessario chiedersi anche “come” questo stia avvenendo. Il COVID-19 sta drammaticamente mettendo alla prova il nostro Paese ma, al contempo, si sta rivelando un’occasione di innovazione profonda del sistema scolastico italiano. Ritengo, che tra gli elementi maggiormente interessanti emerga con forza da questa situazione, il bisogno di ridisegnare il profilo dell’educazione che vogliamo dare alle giovani generazioni. Auspichiamo che, finita la crisi determinata dall’epidemia, se ne facciano carico i decisori politici, le organizzazioni sindacali e soprattutto gli insegnanti stessi. La scuola ha bisogno di una rivoluzione. Il CeVI, che dal canto suo da anni si propone alle scuole per condividere strumenti critici per orientarsi nella complessità della società globale, per vivere positivamente le differenze e formare persone capaci di comprendere e valorizzare le interdipendenze tra Nord e Sud del mondo, ha dovuto reinventarsi proponendo alternative online e a distanza, usando i più potenti mezzi della tecnologia coinvolgendo le famiglie, gli animatori dei centri estivi e i ragazzi più grandi.

la Scuola PriMa E doPo il coVid-19 Grandi opportunità

ed altrettante sfide

per insegnanti e studenti

educazioNe alla cittadiNaNza GloBale | tErESa cuttini, Referente Educazione alla Cittadinanza Globale del CeVI.

Educazione

alla Cittadinanza Globale PorrE lE BaSi PEr

un Futuro MiGliorE

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ParteciPazioNe attiVa | tErESa cuttini, Referente Educazione alla Cittadinanza Globale del CeVI.

Le Blue Community sono un progetto nato grazie all’impegno dell’Associazione Council of Canadians. In poco tempo hanno riunito 49 comunità in tutto il mondo (città, parrocchie, chiese, ordini e università) che si sono impegnate nei principi della Blue Community.

Ma che cos’è una Blue Community?

Una Blue Community, per essere considerata tale, deve impegnarsi a:

Riconoscere l’acqua e i servizi

igienico-sanitari come diritti umani;

Rifiutare la privatizzazione

dell’acqua in tutte le sue forme;

Vietare o eliminare gradualmente

l’acqua in bottiglia negli edifici governativi e in occasione di eventi comunali.

La città di Burnaby nella British Columbia, in Canada, è diventata la prima comunità blu nel 2011. Nel 2013, la città e l’Università di Berna e la parrocchia Johannes a Berna sono diventate le prime comunità blu al di fuori del Canada. Da allora, la rete delle comunità blu si è diffusa sempre di più.

Lo scorso novembre 2019 una piccola delegazione del CeVI è volata a Bruxelles, capitale d’Europa, centro politico dell’UE e mosaico di lingue e culture, per partecipare al primo incontro su suolo europeo dell’iniziativa.

È stato molto emozionante attribuire un volto e incontrare per la prima volta persone con cui si era fino a quel momento solo interloquito tramite e-mail o grazie ad un piccolo schermo.

Il primo incontro delle Blue Community europee ha riunito rappresentanti di una vasta gamma di gruppi tra cui gestori dell’acqua, attivisti, associazioni no profit, università e leader locali provenienti da Spagna, Francia, Belgio, Svizzera, Germania, Irlanda, Italia e altrove nel continente.

Hanno partecipato anche membri della rete dell’America Latina che hanno condiviso le loro esperienze ed esplorato opportunità di solidarietà internazionale.

Noi del CeVI abbiamo presentato il nostro progetto nazionale “Le città e la gestione sostenibile dell’acqua e delle risorse naturali” (finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo- AICS) e la Carta delle Città per il diritto umano all’acqua, uno strumento fondamentale per concretizzare il Diritto umano all’acqua a livello locale, nazionale e di governance che si propone di realizzare diverse azioni per raggiungere la gestione pubblica, sostenibile, e partecipata di questa risorsa così preziosa.

La finalità dell'incontro era quella di condividere esperienze e espandere il numero di Blue Communities presenti in Europa e noi

del CeVI ci proponiamo come soggetto di collegamento e veicolo di scambio.

Dall’incontro è scaturito un pensiero comune: la concretizzazione del diritto umano all’acqua per tutti a

livello di accesso gratuito a un minimo vitale, è una modalità necessaria per rafforzare la solidarietà, ridurre le disparità fra cittadini e comunità locali, rafforzare le relazioni di partenariato, contribuire allo sradicamento della povertà e per diminuire i flussi di profughi ambientali, ridurre le disuguaglianze e promuovere la pacifica convivenza dei popoli.

Le Blue Co mmunities

Un progetto fondamentale come la risorsa che difendono: l’acqua

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