• Non ci sono risultati.

2.2 Ruolo del surfactante

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "2.2 Ruolo del surfactante "

Copied!
79
0
0

Testo completo

(1)

1

1. RIASSUNTO

La transizione dalla vita fetale a quella extra-uterina, in particolare il passaggio alla respirazione polmonare, non sempre avviene in maniera fisiologica e spontanea; in circa il 2% delle nascite c’è bisogno di una rianimazione neonatale in sala parto. I neonati pretermine di alto grado, per la loro estrema immaturità, necessitano più frequentemente di questo indispensabile aiuto dopo la nascita.

La ventilazione è la manovra basilare per un’efficiente rianimazione neonatale;

negli ultimi anni attraverso molteplici ricerche scientifiche è stato compreso come una ventilazione non corretta, cioè con volumi e pressioni troppo elevate e con alte percentuali di ossigeno, è un cofattore importante per l’instaurarsi di danno a livello polmonare, associandosi all’immaturità anatomica e funzionali degli stessi.

Operare in sala parto, fin dai primi minuti di vita (golden minutes), con una gestione respiratoria del neonato critico meno “aggressiva” potrebbe ridurre la mortalità e soprattutto la morbilità dei neonati pretermine di alto grado, come l’incidenza della broncodisplasia polmonare.

Solo da pochi anni in alcune Neonatologie è stata introdotta la “Sustained Lung Inflation” (SLI), particolare modalità di ventilazione in sala parto che consiste in un’insufflazione prolungata polmonare della durata di circa 15-20 secondi. Questa peculiare manovra viene inserita come tappa iniziale della rianimazione dei

(2)

2

neonati che alla nascita presentano difficoltà nella transizione alla respirazione polmonare, perciò riguarda la maggioranza dei neonati con età gestazionale inferiore alle 32 settimane.

La letteratura scientifica sta discutendo in questi anni se la SLI, attraverso un più efficace reclutamento alveolare e riassorbimento del liquido intrapolmonare, possa ridurre la necessità di prolungata ventilazione meccanica e ossigenoterapia, migliorando così l’outcome respiratorio di questi neonati, i dati finora presenti sembrano essere promettenti.

Lo studio oggetto di questa tesi si propone di valutare la nostra esperienza in merito. E’ uno studio retrospettivo su 225 neonati pretermine di alto grado, con cui abbiamo cercato di verificare l’effetto che ha avuto l’introduzione della SLI nella nostra Unità Operativa. Confrontando i neonati che avevano ricevuto questa manovra in sala parto con un gruppo di controllo, abbiamo potuto constatare che la SLI è innanzitutto una manovra sicura perché non si sono verificati aumenti d’incidenza di pneumotorace o altre patologie ascrivibili a baro-volutrauma e stress ossidativo. Comparando molteplici parametri correlati alla funzione polmonare abbiamo osservato come i neonati che avevano ricevuto la SLI abbiano avuto mediamente minore necessità di ventilazione meccanica convenzionale, di assistenza ventilatoria non invasiva, di ossigeno-terapia e d’incidenza di broncodisplasia polmonare, senza però raggiungere significatività statistica.

Statisticamente significativa è invece risultata la riduzione del trattamento con surfactante per i neonati sottoposti a SLI in sala parto.

(3)

3

2. INTRODUZIONE

2.1 Dalla placenta al polmone, il primo respiro

La placenta umana è un organo deciduo, cioè temporaneo, che si forma in utero durante la gravidanza per mettere in rapporto la madre e il feto, due entità biologiche distinte, ma in continua relazione tra loro. La placenta è costituita da una parte di origine materna (endometrio uterino modificato o decidua), mentre la rimanente ha origini fetali (formata dai villi coriali). La funzione primaria della placenta è di permettere gli scambi metabolici e gassosi tra il sangue fetale e quello materno. Il sangue materno e fetale non vengono mai a contatto diretto tra loro perché sono separati dalla barriera ematoplacentare, spessa 5-6 μm, ed estesa circa 15 m2 [62].

Durante la vita intrauterina l’ossigeno necessario al feto per il metabolismo cellulare aerobio proviene dalla circolazione materna, diffondendo, attraverso tale barriera, con un gradiente di concentrazione caratterizzato dalla bassa pO2

presente nel comparto vascolare fetale. Nel circolo fetale infatti si osserva una pO2 di 30-35 mmHg nella vena ombelicale, 20 mmHg nelle arterie ombelicali, che è stata definita anche “effetto Everest in utero”. La crescita fetale è tuttavia possibile per la presenza dell’emoglobina fetale (HbF) che ha una maggiore avidità di O2

(4)

4

rispetto all’emoglobina adulta, e per la tendenziale policitemia del feto (circa 17 g/dl di Hb, con un numero di G.R. > 5 milioni/mm3).

Il consumo feto placentare di O2 è stato quantificato di circa 4-5 ml/kg/min, la delivery dell’ossigeno a livello placentare è dello stesso ordine di grandezza, cosicché il quoziente respiratorio feto-placentare è prossimo all’unità.

Il sangue ossigenato a livello della placenta raggiunge il feto attraverso la vena ombelicale; la maggior parte di questo sangue salta il distretto epatico, attraverso il dotto venoso di Aranzio, per raggiungere direttamente la vena cava inferiore. Il 30-40% del sangue giunto nell’atrio destro con la vena cava inferiore è deviato dalla valvola di Eustachio in atrio sinistro attraverso il forame ovale.

Durante la vita intrauterina il polmone non funziona come organo della respirazione, il flusso ematico nel distretto polmonare infatti è ridotto al 10%

rispetto a quello di un adulto, questo per le elevate resistenze che trova nel circolo polmonare. Infatti il 90% della gittata del ventricolo destro raggiunge attraverso il dotto arterioso di Botallo l’aorta discendente; questo dotto, che mette in comunicazione l’arteria polmonare con l’aorta, è mantenuto pervio dagli elevati livelli di prostaglandine che sono prodotte principalmente dalla placenta. Dai tessuti periferici, il sangue povero di O2 e ricco di cataboliti e CO2 ritorna alla placenta tramite le due arterie ombelicali.

Al momento della nascita, i gradienti pressori sistemici e polmonari si invertono drasticamente a causa dell’espansione del polmone con il primo respiro: le resistenze vascolari polmonari crollano e portano alla chiusura immediata del forame ovale, le resistenze periferiche si alzano per la perdita, dovuta al

(5)

5

clampaggio del cordone ombelicale, della circolazione placentare a bassa pressione. L’aumento della pO2 nel circolo polmonare è un potente stimolo per la vasodilatazione attraverso la produzione di NO (monossido d’azoto). Anche l’altro shunt fetale, il dotto di Botallo, dopo la nascita, per il mutamento pressorio e l'entrata in funzione del polmone che metabolizza le prostaglandine, va incontro ad un meccanismo di inversione del flusso e di vasocostrizione progressiva e si chiude completamente dopo alcune ore di vita.

Lo stimolo al primo respiro [8, 31] è dato da una molteplicità di fattori: in primis, l’abbassamento della pO2 e del pH e il rialzo della pCO2 come risultato dell’interruzione della circolazione placentare, questi sono riconosciuti come i più potenti input per l’attivazione dei centri respiratori bulbo pontini.

Affinchè ci sia la transizione dalla respirazione placentare a quella polmonare è necessario però che i fluidi all’interno delle vie aeree vengano rimossi e sostituiti con i gas in un tempo brevissimo di pochi secondi.

Lo stimolo più potente e veloce, è quello surrenalico che, attraverso lo stress del travaglio, le stimolazioni tattili / dolorifiche e l’attivazione dei termocettori (per il calo della temperatura dai 37°C intrauterini ai 26°C teorici della sala parto), rilascia in circolo una quota importante di catecolamine e ormoni corticosteroidei che permettono il riassorbimento nell’interstizio e infine nel capillare dei fluidi contenuti nelle vie aeree. La restante parte di liquido viene rimossa attraverso i linfatici, le vie aeree superiore e la pleura. In passato si credeva che una notevole importanza nel riassorbimento dei fluidi polmonari avessero le compressioni della

(6)

6

gabbia toracica durante progressione del feto nel canale del parto, in realtà ciò influisce solo minimamente.

Un meccanismo molecolare, a livello dell’epitelio alveolare, fondamentale per il riassorbimento del liquido è l’attivazione dei canali del sodio (Epithelial sodium channel = ENaC), tale processo però non sembra avere un ruolo immediato nei primi secondi, ma solo più tardivamente nell’arco di ore .

Figura 1. Curve pressione volume dei primi tre respiri

La pressione negativa intratoracica richiama nelle vie aeree e negli alveoli un flusso di aria che entra attraverso le coane nasali; già con i primi tre, quattro respiri (figura 1) si forma nel polmone una capacità funzionale residua (CFR, volume di aria presente alla fine dell’espirazione, circa 20-30 ml/kg nel neonato)

(7)

7

che promuove il riassorbimento dei fluidi e permette lo scambio per diffusione di O2 e CO2, attraverso la sottile membrana alveolo-capillare di circa 0,4 μm.

La pressione che si instaura immediatamente dopo i primi respiri nelle vie aeree e negli alveoli del neonato è fondamentale perché si contrappone ai liquidi dell’interstizio impedendone così il ritorno negli alveoli, ma soprattutto perché opponendosi alla tensione superficiale delle pareti alveolari ne impedisce il collasso. Per questo ultimo ruolo però è necessario la presenza del surfactante.

2.2 Ruolo del surfactante

Il surfactante (“SURFace ACTive AgeNT”) è un complesso tensiottivo fosfolipoproteico prodotto dai pneumociti di tipo II, cruciale per la fisiologia respiratoria, infatti riducendo la tensione superficiale degli alveoli, diminuisce la pressione richiesta per distendere il polmone [3]. I componenti principali del surfactante (figura 2) sono i fosfolipidi per l’80-85%, tra cui il maggior rappresentato è la dipalmitoil-fosfatidilcolina, il restante 15-20% è costituito da lipidi neutri (come il colesterolo) e apo-proteine [8]. Le molecole di fosfolipidi, per la loro peculiare struttura anfipatica (cioè la contemporanea presenza di un gruppo idrofilo e uno idrofobo), formano un sottile film lipidico nell’interfaccia aria acqua all’interno dell’alveolo (figura 3), permettendo così la riduzione della

(8)

8

tensione superficiale. Il surfactante ha la capacità di preservare il reclutamento alveolare (“stabilizzazione alveolare”) prevenendo durante la fase espiratoria il collasso degli alveoli più piccoli e il trasferimento dell’aria contenuta dentro di essi negli alveoli di raggio maggiore. Il surfactante nella transizione dalla respirazione placentare a quella alveolare ha un il ruolo fondamentale di permettere il raggiungimento di un’espansione polmonare adeguata attraverso il mantenimento della capacità funzionale residua.

Figura 2. Composizione del surfactante. Figura 3. Disposizione del surfactante

Il surfactante ha anche una funzione immunitaria attribuita principalmente a due proteine (SP-A e SP-D) che hanno la capacità di legarsi agli zuccheri presenti sulla superficie dei patogeni e quindi causarne l'opsonizzazione facilitandone la fagocitosi; infatti un deficit di surfactante può anche contribuire ad una maggiore suscettibilità alle infezioni ed alla flogosi polmonare.

A partire dalla 18a settimana dell’età gestazionale viene sintetizzato dai pneuomociti di tipo II una quantità crescente di surfactante, la cui secrezione nel

(9)

9

lume ritarda fino alla 28a settimana; i livelli ottimali sono presenti usualmente non prima della 35a settimana. Il deficit di surfactante è quindi una condizione da dover sempre considerare nel neonato pretermine, in particolare VLBW, il quale a causa dell’immaturità anatomica e funzionale del polmone, non è stato in grado di produrlo in quantità adeguate; ciò porta il neonato deficitario di surfactante ad un distress respiratorio conosciuto come Malattia delle membrane ialine o Respiratory Distress Syndrom (RDS). E’ oggi possibile valutare prima della nascita lo stato di maturità polmonare con una serie di test laboratoristici sul liquido amniotico materno, come il rapporto lecitina/sfingomielina (L/S normale ≈ 2/1), il dosaggio della dipalmitoilecitina e la presenza di fosfatidilinositolo e fosfatidilglicerolo. E’ inoltre possibile, prima di un parto atteso come pretermine, attraverso la somministrazione di cortisonici alla madre, aumentare la produzione fetale di surfactante.

Nel neonato con meno di 32 settimane di gestazione la somministrazione endotracheale precoce (entro 15-30 minuti dalla nascita) di 200 mg/kg di surfactante estrattivo con modalità INSURE (INtubation SURfactant Extubation) riduce sensibilmente la frequenza delle complicanze respiratorie [22, 52]. Secondo alcuni studi [50] la profilassi con surfactante nei neonati < 31 settimane, se confrontata con la somministrazione rescue (al bisogno), riduce la mortalità e la comparsa di pneumotorace, ma questo comporta in quei neonati che non ne avrebbero avuto bisogno un overtreatment alquanto invasivo, visto la necessità di intubazione. Senza dubbio il surfactante estrattivo deve essere somministrato a tutti i neonati con età gestazionale ≤ 26 settimane.

(10)

10

2.3 Embriogenesi polmonare

Il polmone ha una doppia origine embrionaria: endodermica, in riferimento all’epitelio, mesodermica per quanto riguarda cartilagine, muscolatura liscia e sistema vascolare. Il suo sviluppo, che inizia dalla 3a settimana dalla fecondazione come un’escrescenza (diverticolo respiratorio) della parete ventrale dell’intestino anteriore, può essere distinto in varie tappe [8, 62] :

- periodo embrionario: fino alla 6a settimana; caratterizzato da una estroflessione dell’intestino primitivo, da cui si sviluppa la trachea e progressivamente i bronchi principali, lobari e segmentari attraverso divisioni dicotomiche.

- periodo pseudoghiandolare: fino alla 16a settimana; ulteriori divisioni delle vie aeree portano alla formazione dei bronchioli terminali, i quali a loro volta si dividono in dotti alveolari. In questo periodo l’albero bronchiale non è cavo, assumendo un aspetto pseudoghiandolare .

- periodo canalicolare: fino alla 25a settimana; le vie respiratorie si cavitano e si arricchiscono degli elementi cartilaginei, muscolari e vascolari. Il lume delle vie aeree è ripieno di un fluido viscoso (20-30 ml/kg alla fine della gestazione, paragonabile alla capacità funzionale residua di un polmone normale), con molte proteine, ricco di cloro e povero di bicarbonato, derivato dal liquido amniotico e dai secreti cellulari. Durante la vita fetale il polmone non funziona come organo di scambio di gas respiratori, ma già in questo periodo gestazionale numerose

(11)

11

osservazioni ecografiche hanno abbondantemente documentato la presenza di movimenti respiratori del diaframma (FBM, fetal breathing movements), che determinano uno spostamento dei liquidi polmonari e favoriscono l’espansione dell’albero respiratorio. Sul polmone fetale agiscono due forze: la pressione positiva all’interno delle vie aeree che impedisce la fuoriuscita del liquido, e la pressione intrapleurica negativa, prodotta dai movimenti respiratori fetali. La comparsa di movimenti deboli e occasionali avviene già nella 12a settimana di gestazione, ma solo alla 25a settimana raggiungono una forza e frequenza tale (circa il 40% del tempo) da essere considerati un segno di parziale maturità dei drive nervosi a livello centrale.

- periodo sacculare: fino alla 37a settimana; questa fase è caratterizzata da una marcata dilatazione delle vie aeree terminali che, tramite un processo di settazione primaria, vanno a formare delle cavità nominate sacculi, con un considerevole aumento del volume polmonare e della superficie di scambio. L’epitelio respiratorio di rivestimento delle ultime diramazioni bronchiali si modifica da cilindrico a cubico, fino a diventare piatto a livello sacculare, a questo ultimo livello si ha la differenziazione delle cellule alveolari in pneumociti di tipo I, più sottili e responsabili dopo la nascita dello scambio dei gas, ed i pneumociti di tipo II che producono il surfactante. I sacculi (figura 4.1- 4.2) però hanno un interstizio nettamente più spesso rispetto a quello della membrana alveolo capillare adulta, questo perché è presente un doppio strato capillare nel setto che separa un sacculo dall’altro; ciò comporta, nel caso di un neonato pretermine, una maggiore difficoltà nello scambio dei gas tra il sacculo e il capillare.

(12)

12

Figura 4.1 Schema della fase saccualre Figura 4.2 Microscopia ottica, polmone in fase sacculare 1: pneumociti di tipo I;

2: pneumociti di tipo II;

3: capillari.

- periodo alveolare: ultimo stadio, che va dalla fine della gestazione (37a-38a settimana) all’inizio della seconda infanzia (2-3 anni). Il processo che porta alla formazione degli alveoli definitivi, definito anche “alveolarizzazione”, ha come meccanismo principale la settazione secondaria, cioè la formazione di setti all’interno dell’interstizio tra i sacculi, nel doppio strato di capillari, in modo da creare delle cavità con una parete spessa circa la metà di quella del sacculo di partenza. Gli alveoli aumentano progressivamente di numero, dai circa 100 milioni presenti in un neonato a termine, ai 250-300 milioni dell’adulto; gli alveoli definitivi hanno uno spessore parietale di solo 0,4 μm (perché presente un singolo strato di capillari) e una superficie alveolare di circa 1 m2/kg, tale da permettere il migliore scambio di O2 e CO2.

In questo processo di settazione secondaria, attraverso studi di microscopia elettronica, è stato dimostrato che l’elastina ha un ruolo basilare, infatti solo dopo il suo deposito ai lati del setto primario, si può formare il setto secondario che andrà a costituire la sottile parete di un alveolo.

(13)

13

2.4 Il neonato pretermine di alto grado

L’organizzazione Mondiale della Sanità definisce neonato pretermine quel neonato di età gestazionale stimata inferiore alle 37 settimane (259 giorni completi). La maturità del neonato è determinata dalla lunghezza della gravidanza, e la severità e la frequenza dei problemi correlati alla immaturità è quindi direttamente connessa all’età gestazionale.

Le cause di una nascita pretemine possono essere fetali (gravidanza gemellare, distress fetale, eritroblastosi, alcune malformazioni), materne (diabete gestazionale, nefropatie, numerose malattie infettive, pre-eclampsia, infezioni cervico-vaginali, traumi contusivi, abuso di droghe), uterine (alterazioni strutturali, come utero ipoplasico, bicorne, incopetenza cervicale) e placentari (distacco intempestivo di placenta, rottura prematura delle membrane, placenta previa).

La definizione di neonato pretermine deve essere distinta, anche se spesso è in correlazione diretta, da quella di neonato di basso peso, Low Birth Weight (LBW), che comprende tutti i neonati con peso alla nascita inferiore a 2500g, indipendentemente dall’età gestazionale [3]. Quando il neonato pesa meno di 1500g, si definisce di peso molto basso, Very Low Birth Weight (VLBW); quando il peso è inferiore a 1000g si parla di peso estremamente basso, Extremely Low Birth Weight (ELBW).

(14)

14

In Italia la percentuale dei nati pretermine è circa il 7-8% del totale, la prematurità può avere vari gradi in base al peso alla nasciata ed all’età gestazionale; un

“neonato pretermine di alto grado” è considerato quel neonato VLBW nato prima della 32a settimana di gestazione, questa categoria di neonati corrisponde all’1-2%

della popolazione [20] ; solo lo 0,4% dei neonati nasce al di sotto della 28a settimana. Il rischio di mortalità tra i LBW e i VLBW, a differenza dei neonati di peso appropriato nati a termine, aumenta rispettivamente di circa 40 e 200 volte.

Ad oggi, per l’estrema immaturità, la sopravvivenza alla 22a settimana non è possibile, mentre grazie alle cure intensive neonatali, migliorate enormemente negli ultimi due decenni, riescono a sopravvivere il 15% dei neonati di 23 settimane (con un peso di circa 400-600g) e il 55 % dei neonati a 24 settimane.

Nei paesi occidentali, nonostante l'assistenza sanitaria nei reparti di Neonatologia abbia raggiunto livelli eccellenti, la prematurità risulta essere la causa più importante di mortalità e morbilità perinatale, essendo responsabile, direttamente o indirettamente, di circa la metà delle morti neonatali.

L’adattamento alla vita extrauterina per un neonato pretermine di alto grado è nettamente più difficoltoso per la notevole immaturità degli organi e apparati [8, 31]. Le complicanze, tanto più frequenti quanto più è il grado di prematurità, possono essere immediate, già presenti come emergenze in sala parto, che tardive, e manifestarsi nei giorni e nelle settimane successive alla nascita.

Il deficit della termoregolazione (per l’ampio rapporto tra superficie e massa corporea, il minor spessore cutaneo e una ridotta scorta di glicogeno), l’incapacità

(15)

15

di mantenere un’omeostasi idroelettrolitica adeguata, la depressione della funzionalità cardiorespiratoria, la tendenza all’ipoglicemia, la difficoltà ad alimentarsi, il rischio di anemia, l’immaturità del sistema immunitario che predispone alla sepsi, il maggior rischio emorragico a livello del SNC sono solo alcuni dei motivi che indirizzano necessariamente il neonato pretermine di alto grado verso cure intensive, fin subito dopo il momento della nascita.

Per l’incompleto sviluppo delle unità respiratorie terminali, l’assenza o insufficiente produzione di surfactante, l’immaturità dei centri respiratori a livello del SNC, l’elevata deformabilità della gabbia toracica con una ridotta forza muscolare e l’incapacità di eliminare il liquido fetale intrapolmonare, la prematurità risulta essere il maggior fattore di rischio nel neonato per sviluppare disturbi respiratori acuti e cronici.

Il neonato con un distress respiratorio si presenta con dispnea, alitamento delle pinne nasali, rientramenti giugulari, movimento paradosso del torace rispetto all’addome, tachipnea (FR > 60/min), retrazioni dei muscoli respiratori accessori, gemiti (espirazione a glottide parzialmente chiusa) e cianosi. La conferma di un’insufficienza respiratoria si ha anche con l’emogasanalisi che rileva ipercapnia (PaCO2 > 55-60 mmHg), ipossiemia (PaO2 < 50 mmHg con FiO2 > 0,4) e acidosi (pH < 7,25). La bassa pressione inspiratoria dovuta alla ridotta forza muscolare e l’elevata compliance della gabbia toracica, rendono più difficoltoso il riassorbimento dei liquidi. Essendo ancora nella fase sacculare (o addirittura canalicolare se < 25 sett.) dello sviluppo polmonare, il neonato pretermine VLBW non è in grado di possedere un appropriato scambio gassoso, da ciò consegue un

(16)

16

rischio maggiore di avere dopo la nascita ipossiemia e ipercapnia con successiva ipossia tissutale, estremamente dannosa a livello cerebrale.

Il deficit del surfactante, insito nella prematurità di alto grado, porta ad un collasso di unità sacculari ad ogni atto espiratorio andando a configurare il quadro della Respiratory Distress Syndrom (RDS) o Malattia delle membrane ialine, denominata così per l’accumulo di materiale proteinaceo essudativo e detriti cellulari nelle vie aeree. La RDS è causa di quasi il 20% di tutte le morti neonatali, però questa malattia è un disturbo acuto dell’apparato respiratorio, che, se adeguatamente trattato, si risolve nel 90% dei casi nelle 48-96 ore successive al parto.

In una percentuale di casi, nei neonati che sopravvivono [21], questo distress respiratorio porta ad esiti permanenti più o meno gravi sui polmoni, andando a configurare una patologia respiratoria cronica: la displasia broncopolmonare.

2.5 La displasia broncopolmonare

La displasia broncopolmonare (Bronchopulmonary dysplasia, BPD) è una patologia polmonare cronica (in età pediatrica la 3° per frequenza dopo asma e fibrosi cistica), ad esordio neonatale, caratterizzata da processi infiammatori che

(17)

17

conducono ad alterati meccanismi respiratori e arresto dello sviluppo polmonare per la ridotta alveolarizzazione.

La prevalenza della BPD è nettamente superiore nei neonati pretermine, in particolar modo in quelli ELBW. Le moderne acquisizioni [8, 31] ne considerano affetti i neonati pretermine di alto grado che necessitano, per mantenere una pO2 sopra 50 mmHg, di ventilazione meccanica e supplementazione di ossigeno oltre la 36a settimana post-concezionale, oppure i neonati che richiedono tali sussidi per più di 28 giorni consecutivi; il neonato con BPD si presenta clinicamente con tutti i sintomi e segni di un distress respiratorio, più peculiare è la comparsa di tosse e sibili. La conferma diagnostica viene fatta con esame radiologico standard del torace (figura 5), che dimostra inizialmente un’opacizzazione polmonare, seguita dallo sviluppo di aree atelectasiche associate ad aree di iperdistensione e enfisema interstiziale (“polmone a spugna”) .

Figura 5. Radiografia del torace di un neonato con displasia broncopolmonare

(18)

18

Molteplici sono le cause che conducono a questo quadro clinico, ma la prematurità estrema, associata ad una predisposizione genetica, è sicuramente il fattore più significativo; l’incidenza di BPD, e la mortalità ad essa associata (10%

complessivamente), è infatti inversamente correlata all’età gestazionale e al peso;

il rischio di sviluppare la displasia broncopolmonare è di circa il 70% nei neonati ELBW (< 1 kg) [33]. La BPD nel prematuro spesso è la conseguenza di un quadro di grave RDS non risoltosi (si sviluppa nel 90% dei VLWB affetti da RDS), ma la BPD può interessare anche nati a termine che presentano problematiche di vario genere che si ripercuotono a livello respiratorio: infezioni prenatali, polmoniti congenite o acquisite, ernie diaframmatiche, aspirazione massiva di meconio, dotto arterioso pervio.

L’associazione tra estrema prematurità, ventilazione meccanica ed elevata FiO2 porta al rischio più elevato di sviluppo della displasia broncopolmonare [10]. Il barotrauma e il volutrauma, associati ad un’elevata concentrazione di ossigeno [56], originati da una ventilazione talora aggressiva (molto più frequente in passato rispetto ad oggi), hanno un’azione pro-infiammatoria sui tessuti polmonari;

l’eccessivo uso di ossigeno induce uno stress ossidativo che produce radicali liberi, i quali non potendo essere metabolizzati dai sistemi antiossidanti immaturi di un neonato VLBW, portano ad un insulto lesivo sulle cellule epiteliali ed endoteliali che vanno incontro alla morte apoptotica.

Il danno flogistico che si crea a livello dei sacculi e dei bronchioli terminali ne induce un arresto dello sviluppo maturativo; l’assenza del normale rimodellamento vascolare, la mancata formazione degli alveoli, la produzione di

(19)

19

citochine e altri fattori che sostengono l’infiammazione, e l’instaurarsi di processi fibrotici, di necrosi e rigenerazione aggravano il distress respiratorio del neonato, che rende indispensabile perciò una ventilazione prolungata e l’ossigenoterapia, instaurando così una sorta di circolo vizioso [7],.

La BPD può essere classificata in lieve, moderata e severa a seconda della supplementazione di ossigeno necessaria per ottenere una SaO2 adeguata.

Attualmente si osservano più comunemente forme lievi di malattia polmonare cronica, nella maggioranza dei casi questi pazienti vanno incontro ad un lento miglioramento della funzione polmonare. La forma più severa di BPD, che richiede una ventilazione prolungata con FiO2 ≥ 30%, spesso si associa a complicanze respiratorie persistenti come aumentata resistenza delle vie aeree (risolvibile con broncodilatatori), crisi di cianosi al pianto e all’allattamento, ipertensione polmonare con rischio di sviluppo di insufficienza cardiaca destra, maggior rischio di gravi infezioni delle basse vie aeree (specialmente virali, come bronchiolite da RSV) e necessità di terapia domiciliare con ossigeno per lunghi periodi.

Sono importanti nel prevenire o almeno limitare la gravità della malattia: la somministrazione precoce di surfactante, il trattamento del dotto arterioso pervio, l’alimentazione parenterale precoce, la tecnica di ventilazione meccanica, una terapia steroidea sistemica nei neonati ventilati per lungo tempo e il tipo di assistenza in sala parto.

(20)

20

3. DRICU

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità circa 800.000 bambini muoiono ogni anno per complicazioni durante il parto o nei minuti successivi; i dati dell’OMS individuano nell’asfissia alla nascita la causa di circa il 19% dei 5 milioni di neonati che muoiono ogni anno nel mondo.

DRICU è l’acronimo inglese di Delivery Room Intensive Care Unit, che indica l’assistenza intensiva del neonato in sala parto, fin da subito dopo il clamping del cordone ombelicale (cioè il momento in cui un feto diventa neonato). Sebbene la maggior parte dei neonati completino la transizione dal sistema placentare a quello polmonare senza difficoltà, con un adattamento immediato alla vita extra- uterina, il 5-10% ha bisogno di qualche forma di assistenza per far iniziare la respirazione, e solamente nell’1-2% c’è necessità di manovre rianimatorie avanzate.

Da ciò, la presenza in sala parto, al momento della nascita, di personale medico e infermieristico addestrato nella rianimazione del neonato, risulta essere un’esigenza inderogabile della medicina moderna.

(21)

21

3.1 Golden minutes

Nonostante un consistente miglioramento della sopravvivenza dei neonati prematuri negli ultimi 50 anni, nei più recenti 10 anni non ci sono stati significativi avanzamenti della sopravvivenza e soprattutto della morbilità dei pretermine di alto grado, specialmente per gli “extremely low gestational age neonates” (ELGAN, definite come i neonati con età gestazionale ≤ 28 settimane).

Ricerche recenti e evidenze cliniche [40] suggeriscono che l’incidenza di alcune delle severe morbilità associate alla estrema prematurità, come la displasia broncopolmonare, potrebbero potenzialmente essere condizionate dalla gestione del neonato nei primi minuti dopo la nascita; da qui il passaggio dal concetto di

“golden hours” a quello di “golden minutes”, cioè la necessità di intervenire fin dai primi secondi di vita di un neonato, con manovre adeguate, conformi alle linee guida internazionali, volte a ristabilire il prima possibile lo scambio di gas, per evitare in primis l’asfissia (ipossia, ipercapnia e acidosi), ma anche per ridurre l’incidenza di molte complicanze peculiari del pretermine [58].

E’ necessario, per migliorare l’outcome a breve e lungo termine di questi neonati estremamente prematuri, applicare già in sala parto, quei principi di cura presenti nelle Unità di Terapia Intensiva Neonatale, in particolare per quanto riguarda la gestione respiratoria [57].

Per il neonatologi, infatti, la più temibile emergenza in sala parto da affrontare è l’assenza prolungata della respirazione spontanea dopo la nascita, non responsiva

(22)

22

alla stimolazione tattile, con conseguente apnea secondaria, che richiede quindi una rianimazione efficace per ristabilire il prima possibile l’attività cardiorespiratoria. Nella sala parto le cause che portano ad una“respiratory faliure” del nuovo nato, possono essere distinte in due tipologie: centrali e periferiche; nel neonato pretermine di alto grado, per la notevole immaturità sia polmonare che dei circuiti neuronali bulbo pontini che regolano la respirazione, spesso coesistono entrambe.

3.2 Algoritmo rianimazione neonatale

La Società Italiana di Neonatologia (SIN) ha adottato e promosso le raccomandazioni dell’intervento in sala parto contenute nel noto "Textbook of Neonatal Resuscitation" edito nel 2010 dall’American Heart Association (AHA) e dall’American Academy of Pediatrics (AAP) [43].

Tale linee guida per la rianimazione del neonato in sala parto hanno la loro scelta strategica fondamentale nell’attuazione di manovre rianimatorie standardizzate il più precocemente possibile, ritenendosi troppo lunga l’attesa di 1 minuto necessaria per la valutazione dell’indice Apgar. Si basano infatti su uno schema di valutazione rapida di presenza o assenza di segni clinici, e su tale base stabilire la necessità o meno di specifiche manovre rianimatorie.

(23)

23

L’algoritmo “A-B-C-D” della “neonatal resuscitation” è universalmente riconosciuto come ripartibile in quattro tappe fondamentali:

A: identificazione dei neonati da rianimare e mantenimento della pervietà delle vie aeree;

B: assistenza respiratoria C: assistenza al circolo D: farmaci.

Nella rianimazione neonatale, al contrario di quella di un adulto, si predilige la ventilazione al massaggio cardiaco, perché quasi sempre (eccetto rari casi di cardiopatie congenite o aritmie maligne) la compromissione della respirazione è la causa primaria della depressione cardiaca.

Per la rianimazione neonatale il concetto di Team è estremamente rilevante, le manovre rianimatorie sull’Isola Neonatale richiedono un minimo di due persone, tra il personale medico e infermieristico di neonatologia, che siano in grado di lavorare insieme in modo veloce, coordinato e produttivo.

Fasi della rianimazione (figura 6):

- Step A. La prima fase di 30 secondi consiste nell’individuare i neonati che devono essere rianimati attraverso la valutazione della frequenza cardiaca (FC, il cut-off tra normalità e bradicardia è 100 bpm) e della frequenza respiratoria (FR),

(24)

24

il tono muscolare non è presente nelle attuali linee guida 2010. Il neonato che non respira, con o senza una compromissione del circolo, una volta messo sul piano operatorio dell’Isola Neonatale, sotto la lampada termica per evitare l’ipotermia (nei neonati < 28 settimane è consigliato anche l’uso di una plastic bag), deve essere posizionato adeguatamente con il capo leggermente esteso e aspirato nelle vie aeree superiori.

- Step B. Nel neonato in apnea (non rispondente alle stimolazioni tattili) che presenta una FC < 100 bpm (quindi anche in arresto cardiaco), si esegue esclusivamente la ventilazione a pressione positiva con maschera. Non esiste un indicazione univoca all’intubazione oro-tracheale, sicuramente è una manovra operatore dipendente che deve essere attuata nel caso la ventilazione con maschera risulti difficoltosa; nei neonati ELBW l’intubazione è consigliata fin da subito anche in previsione di un’eventuale somministrazione di surfactante in modalità INSURE [35, 36]. Dopo 30-40 secondi di ventilazione attiva, con una frequenza di 40-50 atti/minuto, si rivaluta FR, FC (determinabile velocemente moltiplicando x 10 i battiti presenti in 6 secondi) e in più si aggiunge il parametro della saturazione (SaO2), tenendo presente che la saturazione anche dopo un parto non complicato può impiegare più di 10 minuti per superare il 90% [5, 30, 47]

. L’instaurarsi del respiro spontaneo e il miglioramento della FC sono indici di un efficace ventilazione.

(25)

25

- Step C. Se il neonato presenta una FC > di 60 bpm si ripete il 2°step con solo la ventilazione, altrimenti con una FC < 60 bpm, si passa alla successiva fase di 30 secondi, in cui viene introdotto il massaggio cardiaco per provvedere alla perfusione periferica, in rapporto di 3 compressioni toraciche con 1 ventilazione (ciò equivale a circa 90 compressioni e 30 ventilazioni in 1 minuto). Per questa manovra è indispensabile la presenza di almeno due medici; è consigliabile poi effettuare il massaggio cardiaco solo dopo aver intubato il neonato.

A questo punto si rivaluta in 6 secondi la FC, FR e SaO2.

- Step D. Nel caso in cui il neonato con una ventilazione e massaggio cardiaco adeguati, non sia ancora riuscito a raggiungere una FC maggiore di 60 bpm (1 caso su 1200 parti), si deduce che l’ipossiemia abbia in qualche misura depresso il tessuto miocardico, perciò risulta necessario un intervento farmacologico, sostanzialmente epinefrina in bolo, normalmente nella vena ombelicale precedentemente incanulata: 0,2 ml/kg/dose di una soluzione 1:10.000, ripetibile dopo 3-5 minuti se la FC non risponde. Se l’accesso in vena ombelicale risulta difficoltoso, è possibile la somministrazione di adrenalina nel tubo tracheale, a più alte dosi (0,05-0,1 mg/kg).

(26)

26

Figura 6 Algoritmo rianimazione neonatale, American Academy of Pediatrics, 2010

(27)

27

3.3 Ventilazione a pressione positiva

Ormai da diversi anni nelle Terapie Intensive Neonatali è aumentato l’interesse dei neonatologi ad applicare una ventilazione meccanica meno traumatica e sempre più protettiva per il polmone [55] , in modo da evitare un peculiare tipo di danno, indicato con l’acronimo “VILI”, ventilator induced lung injury correlato con l’insorgenza di bronco displasia polmonare. Sebbene la ventilazione sia il più comune intervento di rianimazione neonatale eseguito in sala parto, fino a pochi anni fa non era stata data la giusta considerazione alla ricerca delle migliori strategie ventilatorie immediatamente dopo la nascita.

Lo scopo della ventilazione [43] in un neonato apnoico in sala parto non è solo quello di assicurare un afflusso di aria a livello polmonare, ma anche quello di reclutare più unità alveolari possibili e mantenere tali alveoli reclutati nel tempo, conservando quindi una capacità funzionale residua atta a garantire gli scambi gassosi. Una gestione ventilatoria ottimale nei primi minuti è quindi il fondamento di una rianimazione neonatale adeguata innanzitutto perché nell’immediato va a ristabilire la funzione cardiorespiratoria scongiurando l’asfissia, ma anche nel lungo periodo perché si possono evitare le possibili conseguenze negative sul polmone, e probabilmente anche sistemiche, di una ventilazione ritardata, inefficace o scorretta. Il reclutamento alveolare (“alveolar recruitment”) è un processo dinamico, normalmente spontaneo con i primi respiri, altrimenti provocato dalla ventilazione artificiale, che ha come obbiettivo il riempimento

(28)

28

d’aria e l’espansione di unità alveolari (o sacculari nel pretermine), sostenendo così la transizione dalla respirazione placentare a quella polmonare [38]. L’assenza di recruitment comporta in pochi secondi la formazione di aree atelectasiche nel polmone del neonato, con la riduzione del rapporto ventilazione / perfusione polmonare, questo perché il sangue continua a passare nei capillari ma non viene ossigenato per un meccanismo di shunt [6] . Qualunque sia la tecnica e l’attrezzatura usata per la ventilazione lo scopo è quello di generare una pressione positiva (PPV, positive pressure ventilation) all’interno delle vie aeree che permetta il riassorbimento dei liquidi, la formazione di un volume tidalico (6-8 ml/kg nel neonato a termine, 4-6 ml/kg nel pretermine) e la creazione di una capacità funzionale residua in modo da garantire lo scambio gassoso ed impedire il collasso di unità respiratorie funzionali alla fine di ogni ciclo espiratorio.

I parametri più rilevanti da valutare in una ventilazione sono: le pressioni, i volumi e la frazione inspirata di ossigeno (FiO2).

Il volume tidalico (o corrente) da insufflare nelle vie aeree oscilla in un range di 4- 8 ml/kg; volumi tidalici superiori possono causare volutraumi del polmone, soprattutto in un neonato prematuro di alto grado, volumi troppo bassi portano ad atelectasia e quindi inadeguato scambio di gas [2].

La pressione positiva di fine espirazione (PEEP, positive end expiratory pressure) e la pressione di picco inspiratorio (PIP, peak inspiratory pressure ) sono i due parametri pressori fondamentali da valutare nella ventilazione in sala parto. La PIP è la pressione positiva massima che si genera nelle vie aeree durante l’inspirazione; una PIP troppo elevata può danneggiare il polmone, esempio

(29)

29

inducendo un barotrauma o l’insorgenza di un pneumotorace. Una PIP troppo bassa o di breve durata va invece a ridurre la pressione media delle vie aeree (MAP, Mean Airwy Pressure) e quindi peggiora la ventilazione. La PEEP è invece una pressione presente durante tutto l’atto respiratorio ma che agisce fondamentalmente alla fine di ogni espirazione facendo in modo che la pressione dentro gli alveoli non scenda a zero, con questo sistema si migliora l’ossigenazione aumentando la MAP, ma soprattutto viene contrastato il collasso dei sacculi, facilitando anche la riapertura di quelli atelectasici; una PEEP troppo elevata però va a comprimere il circolo capillare, peggiorando la perfusione (il Q del rapporto V/Q) e quindi l’ossigenazione. Il Volume corrente è uguale al prodotto tra ∆P e C, dove il ∆P è la differenza tra PIP e PEEP e C è la compliance polmonare. I valori ottimali di PEEP e PIP per il miglior reclutamento alveolare, senza comportare danni a livello polmonare sono rispettivamente 4-8 cmH2O e 20-40 cmH2O [43] .

Sull’Isola Neonatale della sala parto possiamo trovare tre sistemi, che applicati alla mascherina facciale del neonato o al tubo endotracheale (se effettuata un intubazione oro-tracheale), sono in grado di generare una pressione positiva nelle vie aeree:

- Pallone di Ambu o auto-espandibile (self-inflating bag): si tratta di un dispositivo, il più usato in passato e ancor oggi nei Paesi poveri, che ha la capacità di riempirsi di aria senza necessità di flusso di gas e che prescinde per ri- espandersi da eventuali perdite aeree tra mascherina e neonato [41]. Per erogare

(30)

30

ossigeno necessita di un reservoir supplementare, non è possibile comunque arrivare a FiO2 del 100%. I problemi più rilevanti di questo tipo di ventilazione sono: l’incapacità di regolare la pressione di picco inspiratorio (PIP) che può essere troppo elevata nonostante la valvola di sicurezza di pop-off (tarata normalmente a 40 cmH2O), causando così un barotrauma, il tempo inspiratorio ridotto e l’assenza della PEEP, che comporta un collabimento di una certa quota di alveoli alla fine di ogni espirazione, non garantendo quindi un efficace recruitment [18].

- Pallone da anestesista o va e vieni (flow-inflating bag): questo dispositivo è flusso dipendente e può erogare anche il 100% di ossigeno. Il pallone di circa 400 ml, genera una pressione di picco inspiratorio dipendente dalla forza di compressione del pallone e da quanto viene disteso dai gas in entrata, quindi espone al rischio di barotraumi. Permette di valutare la compliance polmonare ma richiede una discreta esperienza e manualità per essere usato correttamente. Il “va e vieni” è in grado di generare una PEEP incostante, irregolare e operatore dipendente [14].

- T-Piece ventilator, “Neopuff Infant Resuscitator ® ” (figura 7): è un respiratore semiautomatico di piccole dimensioni flusso dipendente (normalmente si usano flussi di 10-15 litri/minuto), in cui è possibile settare con precisione, attraverso delle semplici manopole, i valori pressori che si intendono usare; la PEEP e la PIP, in questo modo prima dell’inizio della rianimazione vengono impostate a

(31)

31

valori ideali rispettivamente di 4-8 cmH2O e 20-40 cmH2O, tali pressioni restano sempre costanti ad ogni respiro, al contrario dei dispositivi precedenti. La pressioni da impostare come PEEP e PIP dipendono dal peso del neonato: in un neonato pretermine di alto grado, si usano PIP di 20 cmH2O e PEEP di 5 cmH2O;

una pressione di picco di 40 cmH2O data ad un pretermine ELBW sarebbe estremamente pericolosa per il barotrauma che essa comporterebbe, mentre tale PIP è necessaria per una buona ventilazione dei neonati apnoici di peso > 4 Kg.

L’operatore decide la fase inspiratoria semplicemente chiudendo il circuito con un dito, e la fase espiratoria disoccludendolo; essendo quindi le pressioni già impostate, occorre solo prestare attenzione alla frequenza respiratoria ed al tempo inspiratorio della ventilazione.

L’unico aspetto negativo è la dipendenza da un flusso di ossigeno. Esiste un dispositivo, T-device, a minor costo, che ha le stesse capacità di regolare la PIP e la PEEP come il Neopuff ® senza aver bisogno però dell’apparecchio, ma con solo una fonte di gas e un sistema pressumetrico di tubi.

Figura 7. Apparecchio Neopuff Infant Resuscitator, Fishel and Paykel, New Zeland

(32)

32 Secondo alcuni studi [4, 19, 27]

che comparano i vari metodi di ventilazione su manichini dotati di pressurometri, il T-Piece risulta essere migliore degli altri due per la capacità di usare una PIP controllata, non troppo elevata, di durata adeguata ed una PEEP costante, come si può vedere dalla figura 8 che confronta su un grafico le pressioni generate dall’ Ambu e quelle del Neopuff ®.

Figura 8. Grafico delle pressioni durante la ventilazione, in blu con il pallone di Ambu, in rosso con il T-piece

Già nel 2000 gli studi di Clark et al. [9] sottolinearono l’importanza dei volumi e delle pressioni controllate durante la rianimazione. Negli ultimi anni un numero crescente di evidenze scientifiche vanno definendo una ventilazione in sala parto sempre meno aggressiva e più protettiva (“gentle approach”) sul polmone, in

(33)

33

particolare per i neonati pretermine di alto grado, che miri allo steso tempo sia a non sovradistendere che a non dereclutare gli alveoli [48]. Lo stiramento eccessivo (overstretching) di un polmone immaturo subito dopo la nascita innesca un processo infiammatorio del polmone che va ad incrementare la mortalità e la morbilità dei neonati pretermine di alto grado [28, 29]

In numerosi esperimenti su animali appena nati [1, 11, 12, 24, 26, 44]

è stato mostrato che il barotrauma e il volutrauma sono responsabili dell’attivazione di specifici geni che rilasciano mediatori pro infiammatori e citochine; in questi studi è stato dimostrato che poche insufflazioni di alti volumi tidalici immediatamente dopo la nascita portavano a dei cambiamenti patologici sul polmone, come un danno epiteliale, la fuoriuscita di proteine nel lume alveolare e l’inibizione della funzione del surfactante. Nonostante i meccanismi molecolari che portano all’infiammazione e infine al danno polmonare, non siano ancora stati chiariti completamente, è comunque condivisa la necessità di andare verso una ventilazione meno aggressiva e equamente efficace.

La ventilazione in modalità n-CPAP (nasal Continuous Positive Airway Pressure), tecnica di supporto respiratorio non invasivo usata sempre più frequentemente nelle TIN, prevede l’uso di una pressione positiva continua (in genere 4-8 cm H2O) durante il respiro spontaneo per distendere il polmone di un neonato con distress respiratorio. La n-CPAP già in sala parto riduce la necessità di una successiva ventilazione meccanica e di un trattamento con surfactante [39]. Quindi in tutti i neonati pretermine di alto grado che non necessitano immediatamente dopo la nascita di ventilazione meccanica, è comunque

(34)

34

consigliato l’uso già in sala parto della n-CPAP per ridurre l’incidenza di complicanze respiratorie acute e croniche [17, 52].

La problematica dell’impiego di percentuali variabili di ossigeno o dell’aria ambiente [46, 61] durante la rianimazione in sala parto risale ormai ad oltre 20 anni fa, ma non si conosce ancora quale sia il trattamento ottimale da proporre. Nei neonati a termine le linee guida del 2010 [43] consigliano di iniziare la ventilazione con aria ambiente, nei pretermine di alto grado poiché spesso non raggiungono adeguate SaO2 con l’aria ambiente è consigliato iniziare con una supplementazione di ossigeno. Sempre più studi sui neonati pretermine, tra cui quello di Dawson et al.[15], dimostrano che la maggior parte dei neonati con età gestazionale < 30 settimane possono essere efficacemente stabilizzati in sala parto con una FiO2 del 30%, solo raramente, per il permanere della bradicardia o per valori insufficienti della SaO2, c’è reale necessità di raggiungere FiO2 più elevate.

L’utilizzo di ossigeno puro (FiO2 = 1) durante la rianimazione porta ad iperossia e quindi un maggior rischio di stress ossidativo, con danno a livello non solo polmonare ma anche sistemico, con conseguente aumento delle morbilità del neonato.

Il neonato pretermine di alto grado per l’immaturità dei sistemi antiossidanti, è il soggetto più a rischio di un danno da iperossigenazione [16, 42, 45, 59]

, ciò è dimostrato anche dalla maggiore frequenza in questi neonati di patologie (“Free Radical Deseases”, FRDs) dove i radicali liberi sono fortemente implicati nella patogenesi: displasia broncopolmonare (BPD), retinopatia del prematuro (ROP), enterocolite necrotizzante (NEC) e emorragia intraventricolari (IVH).

(35)

35

Il neonato pretermine di alto grado, in particolare ELGAN, presenta una serie di fattori, discussi precedentemente, che lo rendono particolarmente a rischio di dover essere rianimato in sala parto e quindi sottoposto ad una ventilazione a pressione positiva [51]. Circa il 90% dei neonati pretermine di alto grado infatti riceve già in sala parto una qualche forma di supporto ventilatorio a pressione positiva. Per le caratteristiche di estrema immaturità risente maggiormente degli effetti negativi di una ventilazione scorretta, cioè una ventilazione con assenza di PEEP, con pressioni di picco e volumi troppo elevati e con eccessive e prolungate supplementazioni di ossigeno.

3.4 SLI: Sustained Lung Inflation

La SLI, sustained lung inflation, “insufflazione prolungata del polmone”, è una particolare tecnica di ventilazione con cui iniziare le manovre rianimatorie e il reclutamento alveolare in sala parto.

Le manovre di reclutamento alveolare sono comunemente utilizzate nell’adulto e in età pediatrica per le patologie con disomogeneità polmonare, nell’ipossia da ARDS, nella ventilazione polmonare selettiva e nel trattamento delle atelettasie post operatorie, comuni negli interventi toraco-addominali di lunga durata.

(36)

36

L’applicazione della metodica in età neonatale è relativamente recente e si basa sul presupposto che un reclutamento alveolare più veloce e marcato, rispetto a quello ottenuto con la ventilazione a pressione positiva intermittente od unicamente con n-CPAP, possa migliorare ulteriormente il destino della patologia respiratoria neonatale, andando ad incidere sui peculiari aspetti della fisiologia cardiorespiratoria di transizione dalla vita fetale a quella neonatale.

L’introduzione della SLI in epoca neonatale risale allo studio pubblicato nel 1981 su Journal of Pediatrics di Vyas, Milner et al. [60], ma solamente in questi ultimi anni è stata presa seriamente in considerazione come tecnica da poter sfruttare in sala parto nei neonati prematuri, in particolare in quelli con meno di 32 settimane di gestazione, per migliorarne l’outcome respiratorio.

La SLI tecnicamente consiste nel mantenimento all’inizio della rianimazione (Step B dell’algoritmo) di una pressione positiva costante nelle vie aeree (circa 15-25 cmH2O) per un tempo prolungato, in media 15-20 secondi, seguita poi dal ritmo di ventilazione classico nel caso sia necessario continuare la rianimazione, altrimenti seguita da una n-CPAP. Tale metodica è possibile solo tramite dispositivi semiautomatici, come il T-piece, capaci di generare flussi di aria costanti nel tempo.

Venne dimostrato, già con il primo studio di Vyas et al, che attraverso una insufflazione prolungata nei polmoni di un neonato asfittico, si ha una più efficiente rimozione dei liquidi all’interno delle vie aeree, un aumento del volume tidalico e un ampliamento della capacità funzionale residua, con conseguente miglioramento degli scambi gassosi.

(37)

37

Questa tecnica di reclutamento alveolare risulta essere quindi più efficiente nel migliorare la capacità funzionale residua del polmoni dei neonati asfittici rispetto alle ripetitive insufflazioni di una ventilazione intermittente.

Nel 1999 Linder et al. [35] introdussero una serie di interventi in sala parto tra cui una SLI di 15 secondi, essi rilevarono una drastica riduzione di intubazioni in sala parto dall’84% al 40% e una aumento dal 7% al 25% della percentuale di neonati pretermine mai intubati.

Tali risultati positivi non sono stati riconfermati dallo stesso autore in un differente studio effettuato sei anni dopo [34], nel quale venne applicata una SLI in sala parto ai neonati pretermine senza ottenere però una riduzione, statisticamente significativa, della durata della ventilazione meccanica rispetto ad una ventilazione intermittente (nasal-intermittent mandatory ventilation NIMV).

Nello studio del 2007 di Te Pas e Walther [54] attraverso un trial randomizzato su 207 neonati pretermine, venne concluso che il gruppo che aveva ricevuto la SLI (20cmH2O per 10 secondi) seguita da nasal-CPAP rispetto al gruppo che era stato rianimato con il pallone autoespandibile seguito da nasal-CPAP, aveva un’incidenza minore di intubazioni nelle 72 ore seguenti il parto, un minor numero di dosi di surfactante eseguite e la durata del supporto ventilatorio meccanico era minore; questo comportava un’incidenza ridotta di broncodisplasia polmonare nei neonati che avevano ricevuto la SLI + n-CPAP (22% versus 34%).

Questi dati suggerirebbero che nel neonato pretermine di alto grado le manovre di reclutamento alveolare con SLI seguita da n-CPAP siano le più efficaci. Con la SLI le pressioni si scaricano così lentamente all’interno delle vie aeree che non è

(38)

38

stato rilevato in questo studio un rischio statisticamente significativo di aumentata incidenza di pneumotorace.

Questi risultati sono in accordo con una più recente ricerca eseguita dagli stessi specialisti [53] che prese una popolazione di cuccioli di coniglio nati pretermine e dimostrò, attraverso la radiografia del torace, che la capacità funzionale residua (quindi la trasparenza del radiogramma) era maggiore nel gruppo che aveva fatto una ventilazione con PEEP preceduta da una SLI di 20 secondi rispetto ai gruppi che avevano ricevuto una ventilazione senza queste tecniche. La SLI, rendendo più uniforme l’areazione del polmone, fa in modo che il volume corrente della successiva ventilazione tidalica con PEEP sia più equamente distribuito tra tutti i sacculi del polmone. E’ possibile quindi, che la combinazione di queste due tecniche (SLI seguita da una ventilazione con PEEP) durante la rianimazione del pretermine, accresca le chance di stabilire fin da subito una respirazione efficace, con una ventilazione polmonare più uniforme che migliori la diffusione dell’ossigeno, senza la necessità di dover intubare il neonato in sala parto e poi ventilarlo in TIN per lunghi periodi.

In questo lavoro del 2011 [49] è stato valutato l’effetto emodinamico della SLI, esaminando i flussi in arteria polmonare e in carotide (PBF e CBF) su due gruppi di agnelli pretermine. Venne dimostrato chiaramente che il gruppo che aveva ricevuto un’insufflazione prolungata alla nascita (40cmH20 per 1 minuto) presentava una migliore transizione respiratoria e cardiovascolare del gruppo senza SLI: il flusso in arteria polmonare era più alto nel gruppo SLI (p<0,05), i feti non SLI erano ipossiemici e avevano un più alto flusso carotideo, la

(39)

39

compliance polmonare era migliore nel gruppo SLI. Probabilmente il maggior riassorbimento di liquidi endoalveolari (dovuta alla pressione continua mantenuta nel tempo) e quindi un raggiungimento di un livello di aereazione polmonare complessivamente più alto, contribuisce al miglioramento della funzione cardiaca.

Anche un’altra ricerca, del maggio 2013 [32], dimostra che negli agnelli asfittici vicino al termine della gravidanza, una SLI di 30 secondi migliora notevolmente l’efficienza cardiovascolare e la compliance polmonare.

“Does Sustained Lung Inflation at Birth Improve Outcome of Preterm Infants?”, studio del 2011 di Lista et al. [37], conclude affermando che l’utilizzo della SLI (25cm H2O per 15 secondi) nei neonati pretermine con distress respiratorio alla nascita riduce il bisogno di dover usare la ventilazione meccanica (51% versus 75%), di somministrare steroidi post natali (10% versus 25%) e surfactante (45%

versus 61%), inoltre abbassa la durata e la quantità della ossigenoterapia (21 versus 31 giorni), senza provocare effetti collaterali evidenti.

Accertato che la SLI migliori l’areazione e quindi la CFR del polmone, alcuni specialisti si chiedono se possa anche ridurre il rischio di danno infiammatorio polmonare, in questo caso andrebbe a limitare anche in tale modo l’insorgenza di alcune gravi morbilità dei bambini prematuri, principalmente la broncodisplasia polmonare.

Il principio sarebbe che con la sustained lung inflation si eviterebbe un particolare tipo di danno meccanico indicato con il termine inglese “atelectrauma”, cioè il

(40)

40

ripetitivo e rapido alternarsi di collassi e riaperture nelle unità respiratorie terminali del polmone.

Lo studio del 2005 di Harling et al. [23] però asseriva che durante la rianimazione di 52 neonati pretermine di alto grado l’uso di sustained lung inflation per 5 secondi non aveva ridotto il danno flogistico polmonare, misurato attraverso il dosaggio di marker infiammatori (IL6, IL1β, IL10 e TNFα) nel liquido di broncolavaggio a 12 ore dalla nascita e non aveva influito sull’incidenza di broncodisplasia. C’è però da riflettere se i soli 5 secondi di SLI usati in tale studio siano stati effettivamente sufficienti nel generare una differenza con il gruppo ventilato in modo standard.

Al riguardo della possibile ridotta “attività pro-flogistica” della SLI, nemmeno il recentissimo studio del Luglio 2013 di Hillman et al.[25] presenta risultati positivi:

sui cuccioli di pecora pretermine la sustained lung inflation, aumenta, come già dimostrato, la CFR, ma non protegge il polmone dal danno infiammatorio perché anch’essa, come la ventilazione meccanica, rilascia proteine di fase acuta nel fluido endoalveolare e stimola l’espressione di mRNA che codifica per citochine proinfiammatorie.

(41)

41

4. STUDIO SPERIMENTALE

4.1 Scopo della tesi

Nell’Unità Operativa di Neonatologia dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Pisa, ogni anno vengono ricoverati circa 2200-2400 neonati (compresi i fisiologici), di cui mediamente solo 50-70 hanno un’età gestazionale alla nascita inferiore alle 32 settimane, necessitando spesso, per tale immaturità, un supporto ventilatorio immediato già in sala parto.

Il personale medico della Neonatologia di Pisa ha introdotto da Ottobre 2010 la sustained lung inflation, come nuova manovra di reclutamento alveolare nella rianimazione dei neonati pretermine in sala parto.

Preso atto dei risultati delle ricerche sulla SLI presenti ad oggi nella letteratura scientifica, con questo lavoro abbiamo voluto verificare gli effetti che ha avuto l’introduzione di tale metodica sulla nostra casistica di neonati pretermine di alto grado.

(42)

42

Andando ad esaminare il decorso clinico di questi neonati durante l’intera degenza, abbiamo voluto prima di tutto controllare la sicurezza della sustained lung inflation, rilevando l’incidenza di gravi patologie ascrivibili al baro- volutrauma e allo stress ossidativo, come il pneumotorace, la pervietà del dotto arterioso di Botallo, l’emorragia cerebrale, l’enterocolite necrotizzante e la retinopatia del prematuro.

Aspettandoci, come descritto in letteratura, un più efficace reclutamento alveolare e una più omogenea areazione del polmone, lo scopo di tale lavoro è dimostrare come la SLI condizioni l’outcome respiratorio del neonato pretermine di alto grado; ciò è stato realizzato andando ad esaminare la differenza di alcuni basilari parametri correlati alla funzione polmonare (ventilazione meccanica, ossigenoterapia, surfactante) tra i neonati rianimati con un’insufflazione prolungata polmonare iniziale (SLI) e quelli che non avevano ricevuto tale manovra in sala parto.

Infine, ottenuti tali dati, abbiamo confrontato l’incidenza di displasia broncopolmonare, differenziando le forme lievi da quelle più severe.

(43)

43

4.2 Pazienti e Metodi

Per analizzare l’effetto che ha la SLI sull’outcome respiratorio dei neonati pretermine di alto grado, abbiamo realizzato uno studio retrospettivo esaminando la popolazione di neonati con età gestazionale inferiore alle 32 settimane, nati a Pisa da Gennaio 2010 a Giugno 2013.

Sono stati presi in considerazione ed analizzati anche i neonati di tale età gestazionale nati in Ospedali limitrofi (outborn) e poi trasportati subito dopo la nascita a Pisa, questo perché i neonati pretermine di alto grado richiedono cure intensive avanzate, possibili solo nei centri dotati di Terapia Intensiva Neonatale (TIN), come Pisa, che è centro di riferimento di 3° livello per l’assistenza neonatale dell’area vasta nord-ovest della Toscana.

Sono stati esclusi da questo studio:

- Neonati con età gestazionale inferiore alle 32 settimane con severe alterazioni genetiche e patologie congenite incompatibili con la vita, che sono andati incontro per tali cause ad exitus generalmente nelle prime ore di vita.

I casi che si sono presentati nella nostra Unità Operativa sono: trisomia 13, idrocefalo congenito, severa ipoplasia cardiaca sinistra, grave idrope fetale per MEN.

(44)

44

- Neonati con età gestazionale minore di 23 settimane, in quanto ad oggi la sopravvivenza di questi bambini si attesta praticamente allo 0%.

Nella nostra casistica abbiamo avuto 7 neonati, nati vivi, con età gestazionale inferiore alle 23 settimane: 5 sono morti in sala parto o entro 48 ore dalla nascita, gli altri 2 casi, entrambi di 22 settimane + 5 giorni, sono riusciti a sopravvivere rispettivamente 8 giorni e 19 giorni.

Escludendo i casi sopraindicati, sono stati esaminati i dati clinici di 225 neonati, i quali sono stati suddivisi in due gruppi:

► Gruppo SLI

Comprende quei neonati, tutti con età gestazionale inferiore alle 32 settimane, che in sala parto come prima manovra rianimatoria, dopo l’aspirazione delle alte vie aeree, hanno ricevuto la sustained lung inflation.

► Gruppo di controllo

All’interno di questo gruppo sono presenti i neonati, anch’essi di età gestazionale minore di 32 settimane, che in sala parto non hanno ricevuto tale manovra di reclutamento alveolare SLI.

Riferimenti

Documenti correlati

We show that a test statistic, which is widely used for out-of-sample forecast comparisons of nested regression models, is equal in probability to the difference between two

These days, the emphasis on the study of Education Technology focuses on the observation of learners’ participation to the educational process together with the

In the case of a one-time transfer, the model of risk sharing with limited commitment predicts that consumption by eligible households increases by 15.88 with heterogeneity in both

In realtà quello che si sta facendo, si fa teatro con dei ragazzi migranti che non conoscono la lingua, che magari non hanno neanche mai fatto teatro, quindi c’è tutto un lavoro prima

Le banche italiane devono sostenere dei costi in tale ambito molto più elevati rispetto alle tedesche, costi che sono significativamente più alti solo nel

Oggi più che mai il gemellaggio Milano - Shanghai si dimostra strategico per il nostro paese, infatti con Expo 2015 si è sancito un vero e proprio passaggio di

La scelta del verbo dolēre (costruito con l‘accusativo della cosa per la quale si prova sofferenza, in questo caso il pronome relativo quam), dell‘avverbio inmodice, e

A number of polities in the modern states system did not form as clearly around one of the dominant models of the polity, for one or more of the following reasons : * because